Comune di Padova Mantegna, esplosione culturale L`arte come
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Comune di Padova Mantegna, esplosione culturale L`arte come
Inserzione a pagamento Il successo della mostra al Museo Eremitani, in due mesi 70 mila visitatori Comune di Padova Comune di Padova Comunicazione istituzionale Mantegna, esplosione culturale L’arte come acceleratore dello sviluppo economico Il grande evento della mostra del Mantegna al Museo degli Eremitani riscalda ancora il cuore della città. L’assessorato alla Cultura proprio in questi giorni ha registrato il giro di boa. E’ stato già tagliato il traguardo dei 70 mila visitatori in due mesi di rassegna: il sipario, infatti, è stato alzato il 16 settembre. L’assessore Monica Balbinot spiega che il respiro temporale della mostra era stato fissato in 4 mesi e l’obiettivo previsto, con una stima prudenziale, era di 75 mila visitatori che avrebbero potuto diventare 100 mila. “Con i numeri che abbiamo oggi – continua l’assessore – possiamo puntare molto più in alto, alzare la posta della scommessa”. L’assessorato sta sondando la possibilità di prolungare i prestiti, di fermare qui più a lungo le opere provenienti da altri musei. “Bisogna vedere se Berlino, Londra o San Paolo – dice Balbinot – ci concederano di protrarre il prestito, rinunciando per un tempo più lungo a pezzi pregevoli delle loro collezioni. Il prolungamento è meno complesso della concessione perché tutti i parametri sulla sicurezza e la conservazione delle opere da noi garantiti sono già stati accertati dai concedenti”. Insomma, cavalcando un successo magari sperato con il cuore, ma razionalmente inatteso, la splendida vetrina allestita dall’architetto Mario Botta al museo per incorniciare degnamente le opere potrebbe essere più longeva del previsto. A spiegare la grande felicità dell’evento ci sono alcune considerazioni: il restauro degli Scrovegni con lo straordinario ciclo giottesco ha acceso una fiammata culturale che ha investito la città con una crescente sensibilizzazione nei confronti del nostro patrimonio d’arte e di storia; la mostra del Mantegna ha goduto di una serie di coincidenze: l’inaugurazione di altri restauri di grande prestigio come la gran- Laboratorio scientifico de sala dei vescovi nel palazzo della diocesi; la scoletta del Santo, una teca stupendamente affrescata con opere del Tiziano; la convivenza con il recupero artistico e tecnologico di Cappella Ovetari, in sostanza una sinapsi della mostra. Ciò ha fatto sinergia, ha mostrato tutta la forza della città, capitale d’Italia dell’affresco, cosa già nota, con una successione formidabile che va da Giotto a Campigli, ma mai messa in luce con tanta evidenza, quasi con prepotenza. Giotto e Mantegna hanno acceso i fari anche sulle collezioni del Museo degli Eremitani facendolo conoscere meglio. Va sottolineato che Scrovegni e Museo attirano in città 200 mila visitatori l’anno. Per Balbinot la nostra città, nel suo sviluppo secolare, ha mostrato doti di permeabilità al nuovo, è stata luogo di elaborazione di idee, di teorie e fucina di realizzazioni. Basti pensare al secolo d’oro della Medicina, basti pensare alla presenza di uomini come Pietro D’Abano, Erasmo da Rotterdam, Marsilio, al Teatro Anatomico di Fabrici d’Acquapendente, agli studi anatomici del Vesalio, a Harvey, allievo dell’Università di Padova che nel 1628 dimostra le affermazioni del Cesalpino sulla circolazione del sangue. Soprattutto a Galileo va prestata attenzione, alla sua rivoluzione che scardina il sistema tolemaico, alla scoperta dei pianeti, agli anni padovani fecondi di ricerca e liberi, forse i più felici della sua vita. E, più vicino a noi, l’automobile del Bernardi e gli studi affascinanti di quel vagabondo delle stelle che fu l’astrofisico Giuseppe Colombo. Medicina, fisica, astronomia sono le punte di un tridente della ricerca che l’Ateneo padovano stringe in pugno. Ma questa sensibilità al nuovo si nota anche in settori più alla mano, come la moda, per esempio, dai vestiti ai gioielli. Più resistenza, invece, si trova in campo architettonico e urbanistico. Forse anche per le brucianti esperienze degli anni Cinquanta, con l’interramento dei navigli e l’abbattimento di palazzo Arnholdt per costruire Largo Europa e il suo grattacielo. I cento, i mille fiori sbocciati nei secoli, pezzi d’arte e scoperte scientifiche hanno come comune denominatore la straordinaria libertà di pensiero che questa città e questa Università hanno sempre garantito. Il 2009 sarà lo zenit delle celebrazioni galileiane quattrocentesimo anniversario dell’osservazione delle stelle fatta a Padova dallo scienziato pisano. Sarà anche istituito dal Comune un premio nazionale per le migliori opere di divulgazione scientifica. Cultura, volano dello sviluppo Qualcuno ricorderà la teoria del moltiplicatore in economia, spiegata mirabilmente da Samuelson. Investire in edilizia comporta un indotto potente: la casa è fatta di mattoni, ma c’è anche il metallo delle grondaie, gli impianti dell’acqua, del gas, dell’elettricità, i mobili, i pavimenti. Ebbene, l’effetto di moltiplicazione in cultura è ancora più vistoso. Sorprende uno studio effettuato dall’Università di Torino: 1 euro investito in cultura provoca, a livello di Pil, un indotto di 21 euro. Per vederne gli effetti di trasformazione basta un viaggio a Bilbao o a Barcellona o al Mart di Rovereto. Quello che ha fatto la differenza in questa sfida vincente, secondo Balbinot, è stato il gioco di squadra che ha coinvolto molti saperi, ma anche l’alleanza tra pubblico e privato. Non solo, è stato passato al pettine fitto il mondo degli stakeholders: operatori culturali e turistici, ma anche negozi, ristoranti, il mondo composito dell’accoglienza. La “freccia nell’occhio”, logo della rassegna, campeggia su molte vetrine, alla stazione ferroviaria c’è addirittura un arco trionfale con scampoli della pittura mantegnesca. Tutti i punti nevralgici della città in cui c’è un’alta frequenza di studenti o di pazienti, nell’area ospedaliera, sono stati posti segnali della mostra coinvolgendo così un gran numero di persone. Per cui si è ottenuto un risultato eccezionale con un investimento di base non eccessivo. L’Odeo Cornaro e gli animali in Salone, segnaletica dei giudizi Francesca Fantini D’Onofrio, direttore dell’Archivio di Stato di Padova, presenta all’Odeo Cornaro documenti che svelano inediti retroscena privati di Andrea Mantegna. Questo corollario alla mostra fa emergere dati nuovi sulla vita e l’attività giovanile del grande pittore, tali da offrire spunto ad una riscrittura della storia. Le due fonti di indagine dell’archivista sono l’antico archivio notarile e l’antico tribunale di Padova. Questi ultimi documenti riportano sotto i nostri occhi un pezzo del medioevo padovano. Nell’archivio di Stato, 25 chilometri di scaffali distribuiti su 6 piani, ci sono faldoni spessi come un vocabolario, contenenti fogli che il tempo ha alleggerito e reso diafani come fantasmi. Sui libroni che contengono le sentenze del tribunale che giudicava in Sala della Ragione è impresso il marchio dell’ufficio. Rappresenta un animale che è affrescato sulle pareti del Salone ad indicare il luogo del giudizio a una popolazione che per il 90 per cento analfabeta ha bisogno di immagini più che di scritti. E così c’è l’ufficio del cammello, quello della volpe, c’era il giudice del grifone e quello dell’orso. All’insegna degli animali dipinti si giudicavano le cause civili in un mondo fittissimo di contenziosi (confini prediali, debiti, eredità, transazioni commerciali contestate, ecc.). Le cause penali invece erano competenza del giudice dei Malefizi che aveva la sua sede a ridosso del Salone. Da un’apertura mascherata, ancora esistente, poteva osservare tutti i movimenti di coloro che si trovavano nella Sala della Ragione.
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