Le obbligazioni Cirio
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Le obbligazioni Cirio
Le obbligazioni Cirio Si tratta di corporate bond (obbligazioni societarie) che impegnano l’emittente (in questo caso la Cirio) a restituire a scadenze ed interessi prestabiliti il capitale preso in prestito dagli investitori che hanno acquistato le obbligazioni. Gli investitori diventano così obbligazionisti e vantano un diritto di credito nei confronti della società emittente gravato dal correlato rischio d’insolvenza della stessa. Le vicissitudini della Cirio vedono come protagonista l’allora patron Sergio Cragnotti. Agli inizi degli anni 90 Cragnotti costituisce insieme ad una serie di primari istituti di credito, italiani e non, una società con sede operativa in Lussemburgo, la Cragnotti and Partners (C & P). Successivamente compra la Cirio- De Rica e la Lazio. Ben presto le banche abbandonano il progetto e nel periodo compreso tra il 1994 ed il 2001 escono dal capitale sociale della C & P rivendendo allo stesso Cragnotti le loro quote di partecipazione. Contestualmente la situazione del gruppo Cirio, controllato dalla C & P, peggiora a causa di un’impennata del livello d’indebitamento, tra il 1999 ed il 2002, infatti, il gruppo emette obbligazioni per oltre 1,1 miliardi di Euro. Sin dai primi mesi del 2000 la Consob (l’istituzione che controlla le società quotate in Borsa) richiede alla Cirio informazioni circa la sua situazione economica finanziaria anche in considerazione di alcune rilevanti operazioni di finanziamento, davvero poco trasparenti, effettuate dalla Cirio in favore di altre società facenti capo allo stesso Cragnotti. Le richieste di chiarimenti e informazioni della Consob si fanno sempre più insistenti ed incalzanti, ma nessun provvedimento viene adottato dalla stessa, che, evidentemente, ritiene sufficienti le rassicurazioni di Cragnotti e le relazioni delle società di revisione dei bilanci. Nel Novembre del 2002 la Cirio dichiara lo stato d’insolvenza, che significa non rimborsare € 1.125.000,00 di obbligazioni. E chi detiene questi titoli? circa 35.000 piccoli risparmiatori. E a loro chi li ha venduti? le banche. Come e perché? Ora lo vediamo. Le obbligazioni sono state emesse nel periodo compreso tra il 1999 ed il 2002, quindi, a ridosso del default (l’insolvenza) e collocate da banche italiane su mercati esteri, il cosiddetto euromercato. Tali particolari collocamenti sono riservati a investitori istituzionali (istituti di credito, fondi comuni, compagnie di assicurazione etc…). I piccoli risparmiatori, pertanto, non possono partecipare al collocamento ma, su loro espressa richiesta, possono successivamente acquistare le obbligazioni dagli investitori istituzionali che le hanno comprate in prima istanza. Caso strano volle che la richiesta dei clienti sia stata molto sostenuta visto che questi titoli, attraverso il metodo della contropartita diretta, sono passati quasi totalmente dal portafoglio delle banche a quello dei piccoli risparmiatori che si sono visti, quindi, scaricare su di loro il rischio della probabile insolvenza dell’emittente. Come dire, a questo punto manca solo il movente. Che interesse hanno avuto le banche ad acquistare i titoli all’estero, in fase di collocamento, per poi rivenderli, subito dopo, a famiglie ed investitori non professionali residenti in Italia? In fin dei conti avrebbero potuto semplicemente non partecipare al collocamento, e non sarebbero proprio entrate nel giro, quindi, a che pro? Le banche in realtà erano esposte verso la Cirio perché avevano concesso alla stessa linee di credito e finanziamenti. I finanziamenti bancari rappresentavano nel 1999 il 94% dei debiti verso terzi contratti dalla Cirio, nel 2002 tale percentuale è scesa al 28%. Nello stesso periodo le obbligazioni sono passate dal 6% al 72% della consistenza complessiva dei debiti verso terzi. Vuol dire che i soldi raccolti dalle banche, vendendo le obbligazioni a ridosso del default, sono stati utilizzati per consentire alla Cirio di estinguere buona parte dei debiti nei confronti degli stessi istituti di credito. Credo venga spontaneo a tutti dire che: i soldi avrebbero dovuti essere restituiti subito fino all’ultimo centesimo, i banchieri arrestati e buttata via la chiave, il presidente della Consob…... Ma noi siamo in un Paese di diritto, quindi accertare le responsabilità non è mai né semplice né veloce. Cos’è successo sul fronte giudiziario e delle richieste di risarcimento? Partiamo dalle condanne penali, per il momento in primo grado e quindi ribaltabili, come facilmente avviene nel nostro Paese. Sergio Cragnotti è stato condannato a 9 anni di reclusione, mentre i figli Andrea a 4 anni, Elisabetta e Massimo a 3. Cesare Geronzi, noto banchiere ed all’epoca dei fatti alla guida del gruppo bancario Capitalia, è stato condannato a 4 anni di reclusione. Le condanne riguardano a vario titolo, bancarotta fraudolenta o preferenziale, distrattiva e truffa. Altri imputanti eccellenti, come Giampiero Fiorani, ex amministratore delegato della Popolare di Lodi, sono stati assolti. Ma i risparmiatori sono stati risarciti? Molte banche coinvolte si sono rese disponibili ad istruire gratuitamente le pratiche di rimborso, su richiesta dei risparmiatori, anche attraverso le associazioni di categoria, una bontà che lascia senza parole. In sintesi le banche hanno valutato caso per caso, considerando le normative sul conflitto d’interessi e sull’adeguatezza dell’operazione rispetto al profilo di rischio del singolo cliente. Circa la metà delle richieste di rimborso sono state respinte, una parte ridottissima di quelle accolte ha acconsentito ad un rimborso totale, mentre le altre hanno tutte previsto un rimborso parziale. Molti risparmiatori insoddisfatti e sdegnati si sono rivolti all’autorità giudiziaria. Parecchi procedimenti sono ancora in corso, ma la maggioranza, tra quelli arrivati già a sentenza, ha dato piena ragione ai risparmiatori.
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