Fabrizio Gifuni, l`indirizzo di una ricerca ()
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Fabrizio Gifuni, l`indirizzo di una ricerca ()
Fabrizio Gifuni, l'indirizzo di una ricerca In più di vent’anni il lavoro di Fabrizio Gifuni ha dato luogo a un originale percorso culturale e creativo contrassegnato da una precisa urgenza espressiva. Una pratica di lavoro fondata sul valore del gioco che scommette sulla centralità del corpo come principale strumento d’azione. Una ricerca complessivamente caratterizzata da un’ostinato studio dei testi, dalla curiosità verso nuove forme di drammaturgia teatrale e da una dedizione verso una dimensione performativa totale. Una sorta di riscrittura, attraverso il corpo, di testi importanti o dimenticati pronti ad essere illuminati e condivisi secondo varie e inaspettate prospettive. Dopo il Diploma all’Accademia Nazionale d’Arte drammatica “Silvio D’Amico” e i primi lavori per la scena con Massimo Castri in Italia e Theo Terzopoulos in Grecia, Fabrizio Gifuni è stato, successivamente, ideatore e interprete di numerosi lavori teatrali, fra cui il pluripremiato progetto “Gadda e Pasolini, antibiografia di una nazione”, nato da un lungo sodalizio artistico con Giuseppe Bertolucci. Negli anni ha concentrato sempre di più la sua attenzione su un’idea di ‘rapporto vivo’ con la lingua, con particolare attenzione al ‘900 italiano. Gadda, Pasolini, Testori, Pavese, ma anche Dante, Manzoni, Camus o Cortazar sono stati negli anni alcuni dei suoi banchi di prova. E lo stesso progetto “Lehman Trilogy” di Stefano Massini che lo vede fra gli interpreti – ultimo grande spettacolo di Luca Ronconi - rientra appieno nella trama della stessa ricerca. La motivazione del Premio Napoli 2014 ricevuto - assieme alla poetessa Patrizia Valduga e al genetista Guido Barbujani – per il suo lavoro su Gadda, riassume in parte gli esiti di questo percorso: “Per aver dato voce, corpo, cuore, musica e scena a una delle officine narrative più formidabili della nostra tradizione letteraria, dimostrando al contempo quanto la complessità di un’opera possa rapidamente volgersi, a coglierne gl’intenti, in un’efficace e puntuale macchina comunicativa. E per averci aiutato, con il suo puntiglioso lavoro sul testo, a riscoprire tutti i sensi della parola interprete". Al lavoro di ‘attore/autore’ in teatro e a quello di ‘interprete puro’ al cinema e in televisione più di trenta i titoli da “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana a “Il capitale umano” di Paolo Virzì per il quale riceve tutti i principali riconoscimenti della stagione fra cui un David di Donatello e un Nastro d’argento - ha affiancato negli ultimi dieci anni un lavoro di confronto con Istituzioni culturali, scuole e Università, in Italia e all’estero, convinto che il lavoro dell’attore, oggi più che mai, possa e debba confrontarsi con un’idea di comunità sempre più ampia. In quest’ottica negli ultimi dieci anni ha accettato l’invito delle seguenti Istituzioni dando vita ad una lunga serie di iniziative: • Università LUMSA di Roma - Facoltà di Scienze della comunicazione Per il ciclo ‘Lezioni d’autore’: conferenze annuali sul lavoro dell’attore (2005/2009) • Accademia Nazionale d’Arte drammatica “Silvio D’Amico” Seminario sulla lingua di Carlo Emilio Gadda a partire dal Pasticciaccio ed Eros e Priapo (28 novembre/9 dicembre 2011) • Università di Lugano della Svizzera Italiana Lezione-spettacolo “Gadda e il teatro, un atto sacrale di conoscenza" (8 novembre 2013) • Festival del Diritto (ideato e diretto da Stefano Rodotà) e Università degli Studi ‘Suor Orsola Benincasa’ di Napoli – Facoltà di Giurisprudenza Lectio magistralis: “Ordinare o precipitarsi, divagazioni sul Rito, il Gioco e il Processo penale" (21 novembre 2014) • Harvard University - Dipartimento di Lingue e Letterature Romanze Lezione-spettacolo “Gadda goes to War” (27 Aprile 2015) • Accademia dei Lincei, Roma Lezione-spettacolo “Gadda e il teatro, un atto sacrale di conoscenza” (18 giugno 2015) • Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volontè in collaborazione con Associazione culturale Quasar e Centro Teatro Ateneo dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza Seminario “Il campo magnetico dell’attore – Amleto, Pasolini e il tempo presente” (7/11 settembre 2015) • Università di Roma 2 Tor Vergata - Auditorium Ennio Moricone "Fabrizio Gifuni racconta Pierpaolo Pasolini, in occasione dei 40 anni dalla sua morte" (12 0ttobre 2015 ) • Istituto Italiano di Cultura a Londra “The man who did not sleep” , conferenza-spettacolo con Fabrizio Gifuni ed Emanuele Trevi per i 40 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini (Londra, 1 novembre 2015) • Istituto Italiano di Cultura a Bruxelles “Fabrizio Gifuni legge “Ragazzi di vita” (Bruxelles, 9 dicembre 2015) Dal 2012 è Presidente onorario del Premio di scrittura “Gadda giovani” promosso dall’Edinburgh journal of Gadda studies e da Federica Pedriali Professor of Literary Metatheory and Modern Italian Studies all’Università di Edimburgo. Continuano a seguire il suo lavoro, con rinnovato interesse, studiosi, critici e scrittori fra i quali: Pietro Citati, Emanuele Trevi, Stefano Rodotà, Carlo Ossola, Paola Italia, Giorgio Pinotti, Claudio Vela. Del lavoro di Fabrizio Gifuni hanno scritto in questi anni: “Fabrizio si è impadronito di qualcosa di prezioso. Ha rubato a P.P.P. una potenza, una peculiarità della sua anima. Non un’idea, tutti sono buoni a impadronirsi di un’idea, ma una fonte di energia ancora intatta, ancora vibrante. (...) Io mi dico sempre una cosa, quando ammiro qualcuno, quando ammiro un particolare gesto artistico: questa persona, mi dico, sta procedendo sul filo di lana dell’incomprensibile. E che significa? Non lo so spiegare. Ma le parole sono quelle. Posso solo dire che per procedere su quel filo bisogna farsi più leggeri che si può. Così come l’essenza del santo è la trasformazione della carne in fuoco, quella dell’attore è la trasformazione della carne in fiato. E come la carne è la custodia dello spirito, così il fiato è il corpo della voce, la sua materia prima. Queste sono tutte trasmutazioni che discendono da un’alchimia complessa, lungamente meditata da Fabrizio. Perché la posta in gioco è alta: liberarsi definitivamente da quell’idea un po’ stolida dell’attore che “recita” o “esegue” qualcosa che uno si leggerebbe molto più comodamente a casa. Creando al contrario, qualcosa che può esistere solo lì, in quel dato momento, un pomeriggio d’autunno a Londra e la prossima volta chissà dove.” Emanuele Trevi (scrittore), da “Fabrizio Gifuni a Belgrave square”, in Primo Autunno, Quodlibet editore, novembre 2015, (per “The man who did not sleep”) “Ho visto lo spettacolo, ne ho ricevuto un’emozione intensa: letteraria, intellettuale, politica. Il miglior contributo, ho pensato, al recente dibattito sulla capacità o meno di raccontare il mondo da parte degli scrittori italiani. (...) Perché le frasi di Pasolini, nell’allestimento drammaturgico-retorico di Bertolucci-Gifuni, mantengono aperto il Dire, più importante di ogni Detto: lavorando alle forme, enunciando non solo l’importanza degli enunciati, ma dell’enunciazione stessa. Così, come deve essere ogni dire liberato dall’obbligo della pubblicità e della cattiva politica (della cattiva letteratura)”. Beppe Sebaste (filosofo), su l’Unità, febbraio 2004 (per “Na specie de cadavere lunghissimo”) “Restare sospesi nello sguardo persistente dell’altro significa rimanere nella più assoluta ambiguità: da un lato si è intercettati e visti e quindi si è riconosciuti esistere, ma d’altro canto accade quanto in Prufrock constata drammaticamente Thomas Stearns Eliot: “E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti – | Gli occhi che ti fissano in una frase formulata, | E quando sono formulato, appuntato a uno spillo, | Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro...” Mentre si svolgeva l’azione (ma quale azione? Le parole sono un’azione? Eppure il corpo dell’attore agiva, si spogliava, si rivestiva, fingeva di stare male e per fingere al meglio probabilmente stava davvero male), io ero terrorizzato. Non riuscivo a sostenere quello sguardo. Sempre meno urbano il discorrere di quel Pasolini luterano, corsaro. Però sempre più preciso il bisturi dello sguardo con cui Gifuni inchiodava me alla poltroncina, che una volta era stata comoda, borghese: teatrale, appunto. Mi dibattevo come una farfalla trafitta da un spillo.” Giuseppe Genna (scrittore), dalla prefazione al libro “Gadda e Pasolini, antibiografia di una nazione” edito da Minimum fax. (per “Na specie de cadavere lunghissimo”) “Tutto il teatro, ultima ecclesia rimasta, a celebrare il dolore e il desiderio di riscatto dei laici, vibrava insieme all’attore/autore Gifuni, solo sul palcoscenico, come l’officiante di una cerimonia edificante. Ho pensato: è bello amare i libri. Conoscerli. Saperli leggere. Saperli usare. E’ con la cultura che si resiste all’abominio di questo Paese degradato e incanaglito. Con la letteratura, il teatro, il cinema. La rabbia e l’arte. Ecco, sì... la rabbia e l’arte. Andate al Teatro Valle, a condividere un momento di felicità. Con gli altri. Fra simili.” Lidia Ravera (scrittrice) – su Il Fatto quotidiano, novembre 2010 (per “L’Ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro”) “Di fronte alla forza del teatro di Fabrizio Gifuni il pubblico rimane colpito, affascinato, ma non è un fatto di divismo, come spesso accade, gli spettatori non riconoscono in lui solo il grande attore che con disinvoltura passa dal cinema alla televisione al palcoscenico, ma ne apprezzano le cristalline qualità artistiche rimanendo ammaliati dal suo talento attoriale come dalle sue scelte drammaturgiche.” Andrea Pocosgnich (critico) – su www.teatroecritica.it, novembre 2010 (per “L’Ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro”) “Quando arriva il momento culminante, Fabrizio Gifuni non è più Amleto, né Shakespeare, né il giovane tenente Carlo Emilio Gadda alpino della Grande guerra, né il maturo scrittore omonimo, né una sua reincarnazione letteraria come Alì Oco de Madrigal o don Gonzalo Pirobutirro, né alcun altro. All’improvviso appare come Gifuni, e basta. Dopo un’ora di recita interrompe la sua parossistica sfuriata (grande prova di drammaturgo, attore e ginnasta), si rivolge al pubblico e dice qualcosa come: Ma secondo voi non è un po’ mostruoso...? Si riferisce al fatto che il corpo dell’attore possa davvero mostrare tutti i segni di una passione recitata e non realmente percepita. E per quanto lì Gifuni non sembri recitare, anche quelle sono parole di William Shakespeare.” Stefano Bartezzaghi (scrittore) in “Tutti pazzi per Gadda” su La Repubblica (cultura), febbraio 2012 (per “L’Ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro”) “Bisognava esserci, mercoledì e giovedì scorsi al Franco Parenti, per ammirare l’immenso potere seduttivo corporeo di Fabrizio Gifuni che per 75 minuti ‘leggeva’ «Lo straniero» di Camus con suoni, odori e rumori provenienti dal meraviglioso serbatoio di emozioni del testo uscito nel ‘42 e che, passando per la allenata coscienza di un grande attore stanislavskiano, ricadevano fiammanti in platea...” Maurizio Porro (critico), su Corriere della Sera, luglio 2014 (per “Lo Straniero, un’intervista impossibile”) “Gifuni non è nuovo a operazioni di trasposizione teatrale di importati testi letterari (Gadda, Pasolini). Ma forse mai come in questo lavoro, dove l’attore resta immobile tra le aste dei microfoni, dando vita a una tensione palpabile, emerge chiaramente come la “carne” della letteratura in scena risieda tutta nella voce. Nella scelta dei timbri, dei toni, nella vera e propria “creazione” attraverso la voce di un personaggio (...) Quel processo per cui l’attore – e Gifuni è maestro in questo – finisce per essere attraversato dalle parole che interpreta, dando loro “carne”, appunto, e non soltanto l’intenzione.” Graziano Graziani (critico), su Quaderni del Teatro di Roma, dicembre 2013 (per “Lo Straniero, un’intervista impossibile”)
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