Linfomi non Hodgkin - Ematologia La Sapienza
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Linfomi non Hodgkin - Ematologia La Sapienza
EMATOLOGIA 1 direttori della collana Franco Mandelli, Giuseppe Avvisati LINFOMI NON-HODGKIN Bertrand Coiffier Ospedale Civile - Università “Claude Bernard” Lione, Francia 7 EMATOLOGIA DIRETTORI DELLA COLLANA Franco Mandelli, Giuseppe Avvisati Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia Università “La Sapienza”, Roma ACCADEMIA NAZIONALE DI MEDICINA Forum per la Formazione Biomedica DIREZIONE SCIENTIFICA Luigi Frati - Leonardo Santi DIREZIONE DIDATTICA Stefania Ledda REDAZIONE P.zza della Vittoria, 15/1 - 16121 Genova Tel. 010/5458611 - Fax 010/541761 COORDINAMENTO EDITORIALE Gabriella Allavena IMPAGINAZIONE Giorgio Prestinenzi, Giuliana Vaglio REVISIONE Federico Bottini PROMOZIONE Luisa Baggiani PROGETTO GRAFICO Firma Service - C.so Dogali, 3a - 16136 Genova SERVIZIO STAMPA EFFE - Via Cesiolo, 10 - 37126 Verona © 1998 Forum Service Editore s.c.a r.l. P.zza della Vittoria, 15/1 - 16121 Genova Distributore unico per l’Italia: Del Porto S.p.A. - Via Meucci, 17 - 43015 Noceto (PR) Tel. 0521/620544 - Fax 0521/627977 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa senza il permesso scritto dell'editore INDICE INTRODUZIONE 1 EPIDEMIOLOGIA 2 MANIFESTAZIONI CLINICHE E STADIAZIONE 3 CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA 4 PARAMETRI PROGNOSTICI 5 STRATEGIE TERAPEUTICHE BASATE SUI SOTTOTIPI ISTOLOGICI 6 STRATEGIE TERAPEUTICHE BASATE SULLA SEDE DELLA MALATTIA 7 STRATEGIE TERAPEUTICHE BASATE SULLA RISPOSTA ALLA TERAPIA INIZIALE 8 EFFETTI TOSSICI A LUNGO TERMINE 9 SVILUPPI FUTURI E QUESITI APERTI 10 CONCLUSIONI 11 BIBLIOGRAFIA GENERALE 12 LE DIAPOSITIVE ABBREVIAZIONI AIDS ADR ALCL ASCT ATL BCNU BL CD CHOP Clb CLL CNOP CNS CVB CVP Cy DFS DLCL EBV ECOG EMA ETCL FL Flu GELA GIT HCL HCV HD HDT HIV HTLV1 IC IFN Ig IgH/L IPI LDH LNH LPD sindrome da immunodeficienza acquisita adriblastina linfoma a grandi cellule anaplastiche autotrapianto di cellule staminali leucemia/linfoma a cellule T dell'adulto carmustina linfoma di Burkitt cluster definition ciclofosfamide, adriblastina, vincristina, prednisone clorambucil leucemia linfoide cronica ciclofosfamide, mitoxantrone, vincristina, prednisolone sistema nervoso centrale ciclofosfamide, etoposide, bleomicina ciclofosfamide, vincristina, prednisone ciclofosfamide sopravvivenza libera da malattia linfoma diffuso a grandi cellule B virus di Epstein-Barr Eastern Cooperative Oncology Group antigene epiteliale di membrana linfoma epidermotropo a cellule T linfoma a cellule B centrofollicolare, follicolare fludarabina Groupe d'Etude des Limphomes de l'Adulte linfomi del tratto gastrointestinale leucemia a cellule capellute virus dell'epatite C malattia di Hodgkin terapia ad alte dosi virus dell'immunodeficienza umano virus della leucemia a cellule T dell’uomo immunocitoma interferone immunoglobulina catene pesanti/leggere per le immunoglobuline International Prognostic Index lattico-deidrogenasi linfoma non-Hodgkin malattie linfoproliferative a cellule B MACOP-B methotrexate, adriblastina, leucovorin, ciclofosfamide, vincristina, prednisone, bleomicina MALT linfoma associato al tessuto linfoide delle mucose MBCL linfoma linfonodale a cellule B monocitoidi MCL linfoma mantellare MDR multi drug resistance MRD malattia minima residua Mtx metotrexate MZL linfoma a cellule B della zona marginale NK natural killer OS sopravvivenza globale PCR polymerase chain reaction PLL leucemia prolinfocitica Pred prednisone proMACECytaBOM MACOP-B il giorno 1 seguito il giorno 8 da citarabina, bleomicina, vincristina, methotrexate, leucovorin PS performance status PT linfomi post-trapianto PTCL linfoma a cellule T periferiche RC remissione completa REAL Revised European-American Classification for Lymphoid Neoplasms RP remissione parziale RT radioterapia S/CIg immunoglobuline di superficie/intracitoplasmatiche SL/LPL linfoma a piccoli linfociti/ linfoplasmocitoide a cellule B TAC tomografia assiale computerizzata TBI irradiazione corporea totale TC tomografia computerizzata TCR recettore delle cellule T TNF tumor necrosis factor TTF tempo mediano alla ripresa di malattia Vcr vincristina VM-26 teniposide VP-16 etoposide 1 INTRODUZIONE I linfomi non-Hodgkin (LNH) costituiscono un gruppo eterogeneo di neoplasie ematologiche che hanno origine dai linfociti B e T. Questa eterogeneità deriva dai molteplici sottotipi istologici, dalla localizzazione del linfoma in sedi nodali o extranodali, dalla tendenza a rimanere localizzato o a disseminare attraverso il corpo, dall’età del paziente e dalle patologie correlate. Le implicazioni di questa eterogeneità sulle procedure diagnostiche, di stadiazione e di scelta terapeutica devono essere stabilite prima di spiegare al paziente le diverse opzioni terapeutiche. A causa della molteplicità dei sottotipi istologici e delle possibili manifestazioni del linfoma, è difficile poter prevedere accuratamente l’esito della terapia nel singolo paziente. La definizione di sottogruppi in un elevato numero di pazienti con linfomi simili, sia istologicamente che per le manifestazioni cliniche, è comunque utile per identificare i principali parametri prognostici. Negli ultimi 10 anni, molte nuove acquisizioni hanno portato al riconoscimento di nuovi sottotipi, alla definizione di migliori parametri prognostici e alla determinazione di trattamenti standard. Questa evoluzione ha portato a una terapia adattata al rischio basata sulle caratteristiche cellulari del linfoma, sulla diffusione del tumore e sulla risposta a questo tumore da parte del paziente. L’obiettivo principale del trattamento del paziente con linfoma dovrebbe essere quello di ottenere una guarigione o, almeno per i pazienti oltre i 70 anni, una sopravvivenza a lungo termine con o senza malattia. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 1 2 EPIDEMIOLOGIA L’incidenza del linfoma è lentamente ma costantemente aumentata in tutti i paesi; studi longitudinali hanno mostrato un aumento del 5-10% all’anno (1). Il rischio relativo era di 12.4 casi su 100.000 persone negli Stati Uniti nel 1987 (2) e il linfoma rappresenta ora negli USA il quinto tumore negli uomini e il sesto nelle donne. Questo aumento è particolarmente evidente negli anziani, dove può essere spiegato con l’immunodeficienza legata all’età. L’importanza relativa del virus dell’immunodeficienza (HIV) nell’aumento di incidenza è probabilmente minore poi chè in Europa solo l’1% di tutti i linfomi insorgono in pazienti con sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). L’esposizione ad agenti ambientali come erbicidi o coloranti per capelli è stata recentemente identificata come un fattore di rischio per l’aumentata insorgenza di un linfoma ma il contributo complessivo di questi agenti deve essere ancora definito. In alcuni paesi, in particolare in Italia, un aumento dei linfomi è stato osservato in pazienti positivi per il virus dell’epatite C (HCV) (3-5). Nuove evidenze suggeriscono un ruolo per il virus di Epstein-Barr (EBV) nello sviluppo di certi sottotipi di linfomi come quelli in pazienti non-immunocompetenti o di alcuni linfomi a cellule T periferiche. E’ stato ipotizzato un coinvolgimento del virus dell’Herpes umano (HHV)-8 nello sviluppo di linfomi body cavityrelated (6). L I N F O M I N O N - H O D G K I N 3 MANIFESTAZIONI CLINICHE E STADIAZIONE Vi sono tre situazioni cliniche che fanno sospettare la presenza di un LNH: a. uno o più linfonodi che si ingrossano più o meno rapidamente, b. un tumore extranodale con aspetto tipico, come lesioni linfomatose della pelle o con una localizzazione tipica (per es. l’orbita), c. manifestazioni sistemiche come febbre, perdita di peso, sudorazioni profuse o profonda astenia. Nella maggior parte dei casi il sospetto di una diagnosi di linfoma è confermato solo dopo l’esame istologico della biopsia. In alcuni casi, una diagnosi definitiva di linfoma richiede la caratterizzazione completa del sottotipo istologico. Per stabilire una diagnosi attraverso un esame istologico, incluso l’immunofenotipo, è necessario un campione sufficiente di tessuto. Analisi aggiuntive su cellule fresche o criopreservate possono essere utili per ottenere o per confermare la diagnosi e per definire i fattori prognostici a livello biologico e molecolare quali: il riarrangiamento del gene delle immunoglobuline (Ig) o del recettore delle cellule T (TCR), anomalie cromosomiche, espressione o riarrangiamento di oncogeni, e parametri associati alla proliferazione. Quando possibile, e in tutti i casi dubbi, la diagnosi deve essere confermata da uno o più ematopatologi di comprovata esperienza. Studi clinici e di laboratorio dovrebbero essere condotti il più rapidamente possibile. Dopo aver verificato sia le condizioni generali del paziente (performance status [PS] secondo l’indice di Karnofsky o dell’Eastern Cooperative Oncology Group - ECOG) sia la presenza di possibili patologie concomitanti, deve essere prestata molta attenzione a cercare di evidenziare una disseminazione extranodale del LNH per mezzo di un esame clinico dettagliato e di una tomografia assiale computerizzata (TAC) dell’addome e del torace. Una valutazione specialistica del tratto gastrointestinale è indicata in pazienti che presentino sintomi gastrointestinali o un coinvolgimento orofaringeo. Lo spazio occupato dal tumore deve essere misurato in diversi punti in modo da migliorare la valutazione prognostica e l’efficacia terapeutica. Una biopsia del midollo osseo è obbligatoria per verificare l’eventuale presenza di infiltrazione midollare. Nonostante un’infiltrazione leptomeningea sia presente alla diagnosi in circa il 5% dei pazienti con LNH aggressivo, si raccomanda L I N F O M I N O N - H O D G K I N 5 3 una valutazione sistematica del liquido cerebrospinale in tutti i sottotipi aggressivi a causa della prognosi sfavorevole associata a tale coinvolgimento e dello specifico trattamento necessario. In aggiunta agli esami di laboratorio di routine (esame emocromocitometrico completo, valutazione della funzionalità cardiaca, renale ed epatica), devono essere determinati anche i livelli della lattico deidrogenasi (LDH) e della b2-microglobulina presenti nel siero per completare la stadiazione necessaria a fini prognostici. Infine, è obbligatoria l’analisi sierologica dell’HIV, poichè il linfoma può rappresentare la prima manifestazione clinica dell’AIDS. E 6 M A T O L O G I A CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA 4 Tra le molte classificazioni istologiche proposte, quelle utilizzate più frequentemente sono la Rappaport Classification (1956), la Kiel Classification (Lennert, 1975), e la Working Formulation for Clinical Usage (1982). La più recente proposta di classificazione da parte dell’International Lymphoma Study Group (ILSG) si basa su una caratterizzazione morfologica, immunologica e genetica ed è definita “Revised European-American Classification for Lymphoid Neoplasms” (classificazione REAL) (7). Nella Tabella 1, i sottotipi istologici identificati sono combinati all’interno delle entità descritte nella classificazione REAL in modo da definire più chiaramente per i clinici sia le modalità di presentazione del linfoma che il loro andamento. I sottotipi di LNH si dividono in quattro categorie: linfomi cronici, linfomi nodali o extranodali con presentazione indolente o aggressiva, e leucemie/linfomi acuti. Per ogni sottotipo, viene fornita di seguito una breve descrizione delle caratteristiche istologiche, immunologiche, citogenetiche e genetiche e le modalità di presentazione clinica. Nel lavoro originale (7) è possibile trovare la descrizione istologica completa. Revised European-American Classification for Lymphoid Neoplasms Tabella 1 Leucemie/linfomi diffusi a presentazione indolente o non aggressiva • Leucemia linfoide cronica (CLL) - a cellule B o T • Leucemia prolinfocitica (PLL) - a cellule B o T • Linfoma a piccoli linfociti/linfoplasmocitoide (SL/LPL) a cellule B - Linfoma a piccoli linfociti - Linfoma linfoplasmocitoide - Immunocitoma (IC) • Leucemia a grandi linfociti granulari - a cellule NK, a cellule T • Leucemia a cellule capellute (HCL) (segue) L I N F O M I N O N - H O D G K I N 7 Revised European-American Classification for Lymphoid Neoplasms (segue) Tabella 1 Linfomi nodali o extranodali a presentazione indolente o non aggressiva • Linfoma a cellule B centrofollicolari, follicolare (FL) - Grado I (piccole cellule), grado II (misto piccole e grandi cellule), grado III (grandi cellule) - Diffuso, prevalentemente a piccole cellule • Linfoma epidermotropo a cellule T (ETCL) - Micosi fungoide - Sindrome di Sézary • Linfoma a cellule B della zona marginale (MZL) - Extranodale associato al tessuto linfoide delle mucose (tipo MALT ± cellule monocitoidi B) - Linfonodale ± cellule monocitoidi B (MBCL) - Linfoma splenico con/senza linfociti villosi • Linfoma a cellule mantellari (MCL) Linfomi nodali o extranodali con presentazione aggressiva • Linfoma diffuso a grandi cellule B (DLCL) - Linfoma a cellule B primitivo del mediastino • Linfoma di Burkitt • Linfoma B ad alto grado, Burkitt-like - Granulomatosi linfomatoide • Linfoma a cellule T periferiche (PTCL) - Tipo linfoepitelioide - Linfoma a cellule T gamma-delta epatosplenico - Linfoma sottocutaneo panniculitico a cellule T - Linfoma angioimmunoblastico a cellule T - Linfoma angiocentrico - Linfoma intestinale a cellule T (± associato ad enteropatia) • Linfoma a grandi cellule anaplastiche (ALCL) CD30+ (T e null) • Linfoma a grandi cellule anaplastiche, Hodgkin’s like Linfomi dei precursori delle cellule B e dei precursori delle cellule T • Leucemia/linfoma linfoblastico (LL) - a cellule B - a cellule T Malattia di Hodgkin (HD) • Predominanza linfocitica • Sclerosi nodulare • Cellularità mista • Deplezione linfocitaria • Hodgkin classico ricco in linfociti (entità provvisoria) Patologie plasmacellulari • Gammopatia monoclonale di significato incerto • Plasmocitoma - Plasmocitoma solitario - Plasmocitoma extramedullare • Mieloma multiplo • Sarcoma plasmacellulare • Leucemia plasmacellulare 8 E M A T O L O G I A L’incidenza di ciascun tipo di linfoma può variare da paese a paese e da centro a centro in accordo con la politica di riferimento dei pazienti. La Figura 1 mostra la frequenza osservata tra i pazienti trattati durante gli ultimi 7 anni nel nostro centro. Questa frequenza non è affatto differente da quella che può essere osservata in Europa o in Nord America. In Giappone e negli altri paesi dell’Est, alcuni sottotipi come PTCL o ATL vengono osservati più frequentemente mentre altri come FL sono rari. La Figura 2 mostra la frequenza di linfomi osservati nella review organizzata dal NHL Classification Project su 1400 pazienti in 8 centri in tutto il mondo (8). Tutti questi linfomi, quando recidivano, tendono ad aumentare la loro aggressività istologica. Questo può avvenire sia attraverso la trasformazione in una proliferazione di grandi cellule o piccole cellule clivate non-Burkitt, come accade nei SL/LPL, IC, FL, o ETCL, sia attraverso un aumento di mitosi e/o del numero di cellule in fase S, come nei DLCL o PTCL. A questa trasformazione istologica si associano spesso la comparsa di una grande massa tumorale, una diminuzione del PS e alti livelli di LDH, oltre che anomalie genetiche aggiuntive come l’attivazione di c-myc o l’inattivazione della p53. Inoltre, questa trasforma- Figura 1 • Frequenza dei principali sottotipi di linfoma osservati presso il Dipartimento di Ematologia del Centro Ospedaliero Lyon-Sud (CHLS) PTCL/ALCL 8% MZL 6% MCL 4% FCL 21% SL/LPL 14% DLCL 34% LL 2% BL 4% ETCL 1% HIV/PT 2% Altri 4% Dati relativi a 1451 pazienti in 7 anni. Non sono comprese le leucemie linfoidi acute e croniche e le patologie plasmacellulari. Vedi Tabella 1 per definizioni e abbreviazioni. HIV: linfomi correlati con HIV; PT: linfomi post-trapianto. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 9 4 Figura 2 • Frequenza dei principali sottotipi di linfoma osservati nel NHL Classification Project (8) in 8 centri nel mondo MALT 8% MZL 2% FL 22% MCL 6% SLL 6% Altro 11% DLCL 34% ALCL 2% PTCL 7% BL 1% LL 2% Diagnosi relativa a 1383 casi. zione istologica è spesso associata a una refrattarietà alla chemioterapia e a una prognosi sfavorevole. 4.1 LEUCEMIE/LINFOMI CRONICI I linfomi a piccoli linfociti/linfoplasmocitoidi a cellule B (SL/LPL) rappresentano la controparte nei linfomi della leucemia linfoide cronica (CLL). Essi sono quanto rimane del sottotipo istologico a piccoli linfociti della Working Formulation dopo aver eliminato i nuovi e ben definiti sottogruppi istologici descritti nelle successive sezioni. Rappresentano il 14% dei casi da noi osservati ma questa percentuale è probabilmente sovrastimata a causa di un “bias” di riferimento di questi linfomi al nostro centro, e la percentuale reale è più probabilmente compresa tra l’8 e il 10% così come nel NHL Classification Project. I SL/LPL sono estremamente eterogenei dal punto di vista istologico, clinico, di risposta al trattamento, ed esito, e possono comprendere diverse entità da individuare attraverso anomalie citogenetiche e genetiche (9). Tutti questi linfomi sono caratterizzati da un coinvolgimento a livello del sangue, del midollo emopoietico e della milza con interessamento di sedi nodali ed extranodali (10). E’ spesso pre- E 10 M A T O L O G I A sente una componente monoclonale di tipo IgM che può essere predominante, come nella malattia di Waldenström. L’infiltrato consiste soprattutto di piccoli linfociti che possono essere leggermente più grandi di un normale linfocita o di linfociti plasmacitoidi con citoplasma basofilo più abbondante e cromatina addensata. Sono di solito presenti cellule linfoidi più grandi, in genere raggruppate in centri proliferativi, che a volte possono essere anche in gran numero. Le mitosi sono rare ma la loro frequenza aumenta con l’aumentare delle cellule più grandi. Le cellule tumorali esprimono antigeni associati alle cellule B e sono CD5 + , CD23 +/– e CD10 – . Tipicamente, sono sempre presenti noduli di proliferazione. 4.2 LINFOMI NODALI O EXTRANODALI A PRESENTAZIONE INDOLENTE 4.2.1 LINFOMI FOLLICOLARI I linfomi a cellule B centrofollicolari, follicolari (FL) comprendono il 20-25% di tutti i linfomi e derivano da cellule del centro follicolare, un insieme di centrociti (piccole e grandi cellule clivate del centro follicolare) e centroblasti (grandi cellule non clivate del centro follicolare). Solitamente i centrociti sono predominanti e i centroblasti sono in numero minore. La modalità di proliferazione di solito è follicolare ma possono essere presenti aree di proliferazione diffusa che talvolta possono anche predominare. La percentuale di centroblasti e la dimensione dei centrociti di solito variano nei diversi linfonodi dello stesso paziente. Sono stati descritti sottogruppi istologici a prognosi diversa a seconda della percentuale di ciascuno di questi componenti (11). Questa suddivisione si è dimostrata non utile poichè la proliferazione è un processo continuo e questa suddivisione in gradi può essere difficilmente riproducibile da parte di patologi diversi. Le cellule tumorali sono di solito positive alle immunoglobuline di superficie (SIg + ), presentano una positività degli antigeni associati alle cellule B (CD19, CD20 o CD22), sono CD10 + , CD5 – e CD23 – . La traslocazione cromosomica t(14;18) che interessa il riarrangiamento del gene bcl2 è presente nel 70-90% dei pazienti, e porta ad una espressione anormale di questo gene anti-apoptotico. Anche se la maggior parte dei pazienti ha una malattia diffusa alla diagnosi, una malattia effettivamente localizzata (stadio I) può essere rivelata nel 10-15% dei pazienti. Tuttavia, anche quando la malattia appare localizzata da esami clinici, radiologici e istologici, nelle cellule del sangue periferico e in quelle del midollo osseo di quasi tutti questi pazienti può essere trovato un riarrangiamento del gene bcl-2. Il significato cli- L I N F O M I N O N - H O D G K I N 11 4 nico di questo risultato e la sua importanza per la scelta terapeutica non sono ancora noti. Le sedi coinvolte sono soprattutto i linfonodi, la milza e il midollo osseo, e occasionalmente il sangue periferico o sedi extranodali. Il coinvolgimento alla diagnosi, anche di sedi extranodali, oltre a midollo osseo e sangue, è spesso associato a una patologia più aggressiva o a una progressione istologica. 4.2.2 LINFOMA MANTELLARE Il linfoma mantellare (MCL) è un tumore raro che comprende dal 4 al 6% dei linfomi. Il tumore è composto esclusivamente a cellule linfoidi piccole o medie con cromatina dispersa, citoplasma non ben definito e nucleoli non evidenti. I nuclei sono irregolari o clivati ma possono essere anche rotondi. La variante blastica presenta nuclei più grandi, in cui la cromatina è più dispersa, e un’alta frazione proliferativa. Il pattern proliferativo è solitamente diffuso o vagamente nodulare. Meno comunemente, si può osservare un pattern di vera zona mantellare. Le cellule tumorali sono SIgM + , generalmente IgD + , e presentano una positività per gli antigeni associati alle cellule B, oltre a essere C D 5 +, C D 1 0 –, C D 2 3 –, e C D 4 3 +. L a t r a s l o c a z i o n e c r o m o s o m i c a t(11;14) che coinvolge il locus della catena pesante delle Ig (IgH) e il locus bcl-1 è presente nel 70% dei casi e porta a un’aumentata espressione del gene PRAD1 che codifica per una proteina regolatoria del ciclo cellulare, la ciclina D1. Il MCL colpisce più frequentemente adulti anziani con età media di 60 anni e vi è una predominanza del sesso maschile. Al momento della diagnosi generalmente è già ampiamente diffuso, con coinvolgimento linfonodale, della milza, del midollo osseo, del sangue periferico e di sedi extranodali, specialmente il tratto gastrointestinale (“poliposi linfomatosa”). Il decorso clinico è inizialmente moderatamente aggressivo ma peggiora progressivamente per l’inefficacia dei trattamenti. La forma blastica è più aggressiva. 4.2.3 LINFOMI DELLA ZONA MARGINALE I linfomi a cellule B della zona marginale (MZL) comprendono quei tumori che sono stati recentemente individuati come linfomi associati al tessuto linfoide delle mucose (mucosa-associated lymphoid tissue) detti anche MALT, linfomi delle cellule B monocitoidi nodali e MZL splenici con o senza linfociti villosi. La nomenclatura di questi linfomi è in continua evoluzione e pertanto qualche volta appare confusa. Le cellule tumorali sembrano mostrare una modalità di sviluppo tessuto-specifica e la proliferazione sembra esse- E 12 M A T O L O G I A re dipendente dalla presenza di linfociti T attivati presentanti l’antigene. Il MZL è caratterizzato da una eterogeneità cellulare che comprende cellule di tipo centrocitico della zona marginale, cellule B monocitoidi, piccoli linfociti e plasmacellule. Possono essere presenti, generalmente in piccola percentuale, grandi cellule e la diagnosi può essere difficile quando queste ultime sono predominanti. Di solito sono presenti follicoli reattivi e il clone neoplastico occupa la zona marginale e/o la regione interfollicolare. Nei tessuti epiteliali, le cellule della zona marginale infiltrano l’epitelio, dando luogo alle cosidette lesioni linfoepiteliali. Le cellule tumorali esprimono SIg, spesso CIg, antigeni associati alle cellule B, ma sono CD5 – , CD10 – o CD23 – . Non è stato osservato nessun riarrangiamento di bcl-1 o bcl-2. In casi extranodali, in particolare nei linfomi di tipo MALT, sono state riportate la trisomia 3 o la traslocazione cromosomica t(11;18). La diagnosi può essere difficile in casi atipici perchè non esistono specifici marker immunologici o genetici. Sono state descritte tre principali manifestazioni cliniche: MZL extranodali o linfomi tipo MALT, MZL nodali e MZL splenici. Molti pazienti con linfoma tipo MALT presentano storie di stimolazione antigenica cronica o di malattie autoimmuni. La maggior parte si presenta con malattia extranodale allo stadio localizzato (12). Sebbene lo stomaco sia indicato come la localizzazione più frequente, rappresentando dal 40 al 50% di tutti i linfomi tipo MALT, sono state descritte localizzazioni anche in altre sedi come il polmone, la pelle, la tiroide, le ghiandole salivari e altre parti del tratto gastrointestinale (12). La disseminazione del tumore in altre sedi, milza o midollo spinale, viene rivelata alla diagnosi in 20-30% dei casi ma è più frequente nelle ricadute. I MZL nodali si possono trovare in pazienti con linfomi di tipo MALT e diffusione linfonodale della malattia. Tuttavia, sono stati riportati tumori che presentano le stesse caratteristiche con interessamento primitivo nodale localizzato o disseminato. Il linfoma linfonodale a cellule B monocitoidi (MBCL) spesso coinvolge i linfonodi con una malattia localizzata ma può essere anche disseminata. I pazienti con MZL splenici con o senza linfociti villosi presentano coinvolgimento splenico, midollare ed ematico senza linfoadenopatia periferica. Una piccola componente monoclonale può essere presente in tutte queste forme di MZL. La trasformazione in un linfoma a grandi cellule è più frequente nel MZL non-MBCL ma può essere osservata in tutti i sottotipi. 4.2.4 LINFOMI EPIDERMOTROPI A CELLULE T Il termine linfomi epidermotropi a cellule T (ETCL) si riferisce alla micosi fungoide e alla sindrome di Sézary. Le cellule tumorali sono per la maggior parte piccole cellule con nuclei cerebriformi, con una L I N F O M I N O N - H O D G K I N 13 4 minoranza di cellule grandi che invadono sia l’epidermide che il sangue periferico. L’infiltrato è accompagnato in genere da cellule dendritiche e cellule di Langerhans. Le cellule tumorali esprimono antigeni associati alle cellule T, CD2, CD3, e CD5, e a volte CD7. La maggior parte dei casi è CD4 + , ma sono stati riportati rari casi CD8 + . Anche se i geni del TCR sono riarrangiati, non è stata ancora descritta alcuna anomalia genetica specifica. I pazienti si presentano con noduli o placche cutanee multiple o con eritrodermia generalizzata. L’interessamento del sangue periferico può essere minimo nella micosi fungoide o preponderante nella sindrome di Sézary. L’ingrossamento dei linfonodi e il coinvolgimento viscerale avvengono in tempi successivi, soprattutto nei casi con trasformazione istologica. 4.3 LINFOMI NODALI O EXTRANODALI A PRESENTAZIONE AGGRESSIVA 4.3.1 LINFOMI DIFFUSI A GRANDI CELLULE B I linfomi diffusi a grandi cellule B (DLCL) sono rappresentati da un insieme di diversi sottotipi istologici non ancora perfettamente definiti ed eterogenei nelle loro manifestazioni morfologiche, genetiche e cliniche. Sono costituiti da grandi cellule B con nuclei vescicolari, nucleoli prominenti, citoplasma spesso basofilo, e una frazione di proliferazione da moderata ad alta. Nella maggior parte dei casi le grandi cellule che li costituiscono ricordano i centroblasti (grandi cellule non clivate) o gli immunoblasti. Altri tipi hanno cellule grandi clivate o multilobate, grandi cellule B anaplastiche, o piccole cellule non clivate non-Burkitt. Alcuni DLCL possono presentare molte piccole cellule T reattive o istiociti, creando problemi diagnostici. I linfomi primitivi a grandi cellule B del mediastino sono formati da grandi cellule con caratteristiche nucleari variabili ma con citoplasma pallido associato a leggera sclerosi compartimentalizzata. In alcuni casi, una parte della proliferazione è formata da cellule più piccole che impongono la domanda se si tratti di una precoce trasformazione di un linfoma indolente non diagnosticato. Nella maggior parte dei casi, è ancora impossibile sottoclassificare questi tumori. Le cellule tumorali sono SIg +/–, CIg –/+, antigeni associati alle cellule B positivi, CD45+/–, CD5 –/+ e CD10 –/+. Il gene bcl-2 è riarrangiato nel 30% dei casi e c-myc in alcuni casi. Recentemente è stata descritta una anomalia del braccio lungo del cromosoma 3 associata con il riarrangiamento LAZ3 o bcl-6 (13). I DLCL comprendono il 40% di tutti i linfomi. I pazienti si presentano generalmente con massa/e nodali o extranodali che aumentano E 14 M A T O L O G I A rapidamente. Più del 40% dei casi sono extranodali e tutte le sedi del corpo possono essere coinvolte. La Tabella 2 illustra le diverse caratteristiche cliniche e le sedi riportate nei pazienti con DLCL nel NHL Classification Project (8, 14). La malattia è localizzata nel 30% dei casi. Alcune localizzazioni sono frequentemente associate a grosse masse tumorali, particolarmente il mediastino e l’addome. 4.3.2 LINFOMI PERIFERICI A CELLULE T I linfomi periferici a cellule T (PTCL) sono composti da un insieme di piccole e grandi cellule atipiche tra i componenti normali del tessuto linfonodale. E’ difficile descriverli e classificarli a causa della loro eterogeneità e della difficoltà di riconoscere le cellule neoplastiche dalle cellule reattive. Sono state identificate patologie cliniche diverse come il linfoma epatosplenico delle cellule T, il linfoma angioimmunoblastico delle cellule T e il linfoma intestinale delle cellule T con le rispettive tipiche caratteristiche istologiche. Il grande gruppo che rimane è caratterizzato da proliferazione diffusa o occasionalmente interfollicolare di un insieme di cellule atipiche da piccole a medie e grandi. L’aspetto può essere così atipico che in alcuni casi la lesione non viene riconosciuta come linfoma comportando un ritardo nella diagnosi e nel trattamento. In questi casi, sono utili analisi immunologiche e genotipiche. Sono presenti gli antigeni associati alle cellule T: le cellule sono CD3 +/– , CD2 +/– , CD5 +/– , CD7 +/– . Le cellule neoplastiche sono più frequentemente CD4 + che CD8 + ma possono essere CD4 – e CD8 – . Non è presente nessun antigene associato alle cellule B. Il linfoma angiocentrico è spesso CD56 + e il linfoma intestinale a cellule T è spesso CD103 + . I geni del TCR sono generalmente, anche se non sempre, riarrangiati, mentre i geni delle Ig sono germline. Questi linfomi rappresentano dal 10 al 15% di tutti i linfomi in Europa e negli USA ma sono più frequenti in altre parti del mondo, particolarmente in Asia. I pazienti presentano generalmente malattia disseminata con interessamento linfonodale, della pelle, del fegato, della milza o di altre sedi extranodali (Tabella 2). Hanno spesso sintomi B e un cattivo PS. I pazienti con linfoma angioimmunoblastico a cellule T generalmente presentano linfonodi generalizzati, febbre, rash cutanei e ipergammaglobulinemia policlonale. Il linfoma angiocentrico è una patologia rara con interessamento di sedi extranodali come il naso, il palato e la pelle. Il linfoma intestinale a cellule T è caratteristico dell’età adulta e compare dopo una storia di enteropatia sensibile al glutine ma occasionalmente anche come evento primario. E’ caratterizzato da ulcere duodenali multiple con o senza atrofia della mucosa adiacente. I pazienti presentano dolore addominale spesso associato a perforazione duodenale. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 15 4 E 16 M A T O L O G I A Tabella 2 73 25 Interessamento midollare Localizzazione splenica – 1 1 2 – Interessamento pleurico Interessamento polmonare Interessamento osseo Interessamento del CNS Localizzazione alle orbite Localizzazione alla tiroide –/– 3 Interessamento epatico Testicoli/Ovaio 3 10 Localizzazione cutanea 3 35 LDH superiore alla norma 4 12 Tumore più grande di 9 cm Localizzazione testa-collo 33 Più di 1 sede extranodale Localizzazione gastrointestinale 18 Cattivo PS 5 4 II 46 SLL I Stadio Sesso: Femminile Caratteristiche cliniche –/– – 7 – – 11 5 10 6 7 60 9 13 27 12 34 16 33 32 52 MALT –/– 6 – – – – – 9 – 3 6 40 – 58 14 29 14 17 10 60 MZL –/– – 1 1 2 2 5 6 3 4 4 17 41 32 27 23 9 16 18 58 FL –/– 1 – 3 – 1 3 16 4 15 9 38 63 40 23 50 21 7 13 26 MCL 2/1 <1 <1 4 1 7 7 14 18 27 13 13 17 57 29 29 24 31 23 46 DLCL –/– – – 3 3 3 6 6 25 3 9 16 12 45 16 28 26 32 19 31 ALCL –/– – 2 4 1 7 7 14 18 27 13 24 29 62 10 43 29 10 19 39 PTCL –/11 – – 44 – – – 11 – 11 11 22 33 75 22 56 44 25 37 11 BL 4/– – – – 4 4 18 7 11 14 4 14 50 70 32 43 29 11 – 36 LL Frequenza (%) di localizzazioni extranodali diverse osservata nel NHL Classification Project (8) I linfomi nasali o extranodali a cellule T/NK mostrano un aspetto caratteristico e possono essere correlati all’EBV. 4.3.3 LINFOMI ANAPLASTICI A GRANDI CELLULE I linfomi anaplastici a grandi cellule (ALCL) sono composti da cellule grandi con nuclei multipli pleomorfici, nucleoli prominenti multipli o singoli e abbondante citoplasma. Le cellule crescono con modalità di stretta coesione e spesso interessano di preferenza i seni l i n f o n o d a l i e s e d i e x t r a n o d a l i . L e c e l l u l e t u m o r a l i s o n o C D 3 0 +, CD45 +/– , EMA +/– , CD3 –/+ e si comportano in maniera variabile a seconda degli antigeni associati alle cellule T. Studi di citogenetica in un piccolo numero di casi hanno mostrato la presenza di una traslocazione cromosomica t(2;5). Il sessanta per cento dei casi ha il gene del TCR riarrangiato e l’altro 40% non ha riarrangiamenti né del gene del TCR né delle Ig. Si presenta in tre forme cliniche: una sistemica che può interessare i linfonodi o sedi extranodali inclusa la pelle; una forma cutanea primitiva (che rappresenta uno spettro continuo con la papulosi linfomatoide) che può regredire spontaneamente; e una forma Hodgkin-like che si pensa corrisponda alla sclerosi nodulare della malattia di Hodgkin con deplezione linfocitaria. La forma sistemica sembra comportarsi come gli altri linfomi a grandi cellule B o a cellule T. Nella forma Hodgkinlike, le manifestazioni cliniche non sono diverse da quelle della malattia di Hodgkin nella forma aggressiva con grandi masse mediastiniche. 4.4 LEUCEMIE ACUTE/LINFOMI Questi linfomi possono avere alla diagnosi una predominante caratteristica leucemica con interessamento del midollo osseo, del sangue periferico e del sistema nervoso centrale (CNS); oppure una predominante caratteristica di linfoma con tumori linfonodali o extranodali con o senza minore interessamento midollare; o entrambe le caratteristiche. 4.4.1 LINFOMI LINFOBLASTICI I linfomi linfoblastici (LL) sono formati da linfoblasti appena più grandi dei piccoli linfociti con nuclei rotondi o convoluti, cromatina fine, nucleoli non numerosi e poco evidenti, citoplasma leggermente basofilo. Le mitosi sono frequenti. Le cellule tumorali mostrano il fenotipo delle cellule T (CD7 + , CD3 + , variabile per gli L I N F O M I N O N - H O D G K I N 17 4 altri antigeni delle cellule T) o delle cellule B (CD19 + , CD79a + , SIg – , variabile per gli altri antigeni delle cellule B). Il riarrangiamento dei geni del TCR è variabile e quello del gene IgH è presente nei LL a cellule T. I geni IgH sono generalmente riarrangiati e i geni IgL possono esserlo nei LL a cellule B. Sono state riportate diverse anomalie citogenetiche. Le forme leucemiche sono più frequenti nei bambini. Il LL a cellule T è una patologia che colpisce adolescenti o giovani adulti maschi e comprende il 40% dei linfomi infantili e <5% dei linfomi degli adulti. I pazienti di solito presentano una massa mediastinica che si ingrossa rapidamente. La presenza di un coinvolgimento del midollo osseo e/o del CNS si associa a una prognosi sfavorevole. Il LL a cellule B è un tumore raro, che rappresenta <1% di tutti i LNH e colpisce soprattutto pazienti anziani probabilmente in seguito alla trasformazione di un linfoma a piccole cellule B non diagnosticato. 4.4.2 LINFOMA DI BURKITT Il linfoma di Burkitt (BL) è formato da cellule di media dimensione, monomorfe, con nuclei rotondi, nucleoli multipli e citoplasma basofilo relativamente abbondante. Generalmente sono evidenti vacuoli lipidici intracitoplasmatici. Questo tumore ha un grado di proliferazione estremamente alto. Le cellule tumorali sono SIgM + , esprimono gli antigeni associati alle cellule B e sono CD5– e CD10 + . Nella maggior parte dei casi si ha una traslocazione del c-myc dal cromosoma 8 alla regione che codifica per la catena IgH sul cromosoma 14 (t[8;14]), o meno comunemente ai loci della catena IgL sul cromosoma 2 (t[2;8]) o 22 (t[8;22]). Il BL è più comune nei bambini (40% di tutti i LNH) ma comprende il 5% di casi negli adulti. La maggioranza dei pazienti presenta un tumore addominale che coinvolge il cieco e il mesentere ma in rari casi il tumore può interessare ovaie, mammelle o testicoli (Tabella 2). Un coinvolgimento del midollo osseo e/o del CNS è associato a una prognosi sfavorevole. Questo linfoma è frequente nei pazienti immunocompromessi, nel linfoma post-trapianto o HIV-associato. 4.4.3 LEUCEMIA/LINFOMA A CELLULE T DELL’ADULTO La leucemia/linfoma a cellule T dell’adulto (ATL) è un tumore a cellule T causato dal virus della leucemia a cellule T dell’uomo (HTLV1). Le cellule tumorali esprimono antigeni associati alle cellule T (CD2, CD3 e CD5) ma di solito non esprimono CD7 e la maggior parte è CD4 + . I geni del TCR sono riarrangiati e il genoma dell’HTLV1 è integrato clonalmente in tutti i casi. E 18 M A T O L O G I A La maggior parte dei casi si verifica in Giappone ma un focolaio endemico è stato trovato nei Caraibi. Sono state descritte diverse varianti cliniche: una forma leucemica con elevata linfoblastosi, epatosplenomegalia, ipercalcemia e lesioni litiche dell’osso; una forma di linfoma con ingrossamento dei linfonodi senza leucemia; una forma cronica con linfoblastosi isolata e rash cutanei e casi in via di definizione con lieve linfocitosi. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 19 4 5 PARAMETRI PROGNOSTICI Oltre al sottotipo di linfoma, sono state identificate diverse caratteristiche cliniche e biologiche correlate con la risposta al trattamento e con la sopravvivenza. Le caratteristiche che sono più frequentemente associate alla capacità di raggiungere la remissione completa e una lunga sopravvivenza dipendono dalla crescita tumorale e dal potenziale invasivo, dalla risposta terapeutica del paziente e dalla capacità del paziente a tollerare la terapia intensiva. Qui vengono illustrati solo i parametri prognostici maggiori, mentre la descrizione completa di tutti i parametri associati con la prognosi si può trovare su articoli pubblicati in letteratura (15-18). 5.1 PARAMETRI ASSOCIATI A UNA ELEVATA MASSA TUMORALE La presenza di una grande massa tumorale è da tempo considerata come un fattore prognostico sfavorevole anche se i metodi per valutare la grandezza della massa sono stati diversi da studio a studio. I parametri correlati a una grande massa tumorale e a una prognosi sfavorevole sono: un numero elevato di sedi linfonodali o extranodali compromesse, alcune localizzazioni, un grande diametro tumorale, lo stadio disseminato, un alto livello sierico di LDH e di b2-microglobulina. ■ LA STADIAZIONE DI ANN ARBOR La stadiazione di Ann Arbor è stata originariamente descritta per i pazienti con malattia di Hodgkin (19) ma successivamente applicata anche ai pazienti con linfomi non-Hodgkin. Tuttavia, poiché la stadiazione di Ann Arbor fu descritta essenzialmente per una patologia nodale, è in qualche modo difficile da applicare ai LNH a causa delle localizzazioni extranodali primarie e della stretta correlazione tra interessamento linfonodale e prognosi in alcuni sottotipi di linfoma. La stadiazione, tuttavia, è correlata all’andamento e pazienti con stadio I mostrano una sopravvivenza più lunga dei pazienti con stadio IV (18, 20). L I N F O M I N O N - H O D G K I N 21 ■ NUMERO DI SEDI EXTRANODALI Il numero delle sedi extranodali interessate dal linfoma dipende dal numero di esami usati per individuarle (i.e.: TAC, endoscopia, esami sierici, esami biologici). La presenza di più di una sede extranodale è stata associata a una prognosi sfavorevole (21), e si è dimostrata uno dei più importanti fattori prognostici nei linfomi aggressivi e nei linfomi follicolari (16, 22). ■ DIAMETRO MAGGIORE DEL TUMORE Una prognosi sfavorevole è stata associata ai tumori più grandi, ma il limite considerato varia a secondo dello studio da 5 a 10 cm e, qualche volta, varia anche a seconda della localizzazione del tumore. Si pensa che grossi tumori siano associati a un maggior rischio di sviluppare cloni di cellule di linfoma più aggressivi anche se questo rischio spesso scompare utilizzando analisi multivariate (22). ■ LOCALIZZAZIONI SPECIFICHE EXTRANODALI Le cellule di linfoma possono essere presenti in ogni organo o linfonodo. Sebbene alcune di queste sedi extranodali siano state associate, in studi retrospettivi, a risultati peggiori, analisi multivariate hanno mostrato che il tipo di risultato era funzione del numero delle sedi extranodali piuttosto che secondario a una localizzazione specifica (22). I pazienti con interessamento midollare presentano sempre una prognosi peggiore. Comunque un interessamento midollare è presente in più del 70% dei pazienti con linfoma follicolare, immunocitoma, o linfoma mantellare e, in questi tumori, può non alterare la prognosi nello stesso modo che negli altri linfomi. Pazienti con BL o LL e interessamento midollare hanno una prognosi considerevolmente peggiore. Solo 20-25% dei pazienti con DLCL presentano interessamento midollare al momento della diagnosi ma essi hanno una prognosi più sfavorevole. Recentemente, nei pazienti con DLCL, l’infiltrazione midollare è stata suddivisa in infiltrazione a grandi cellule simili a quelle trovate nei linfonodi, e a piccole cellule. I pazienti con DLCL e infiltrazione midollare a piccole cellule hanno un rischio di ricaduta più elevato ma una sopravvivenza più lunga rispetto ai pazienti con infiltrazione a grandi cellule (23). Questi pazienti probabilmente sono andati incontro alla trasformazione di un linfoma indolente non diagnosticato. La localizzazione gastrointestinale rappresenta la sede extranodale più comune ma il suo significato prognostico così come la sua terapia ottimale sono ancora motivo di dibattito (24). I pazienti con malattia allo stadio localizzato e con interessamento gastrointestinale trattati nel nostro dipartimento hanno la stessa sopravvivenza di quelli senza interessamento gastrointestinale (Figura 3). I linfomi del CNS si presentano in quattro differenti gruppi di pazienti: quelli con localizzazione meningea; quelli con una localizzazione spina- E 22 M A T O L O G I A Figura 3 • Probabilità di sopravvivenza di 587 pazienti con malattia stadio I o II in presenza/assenza di interessamento gastrointestinale Probabilità di sopravvivenza 1.0 0.8 65% 0.6 48% 0.4 0.2 0.0 0 2.5 5.0 7.5 10.0 12.5 15.0 17.5 20 Anni Interessamento GIT 99 pazienti No interessamento GIT 488 pazienti I pazienti con interessamento gastrointestinale presentano un esito leggermente migliore ma non significativamente diverso. le extradurale con compressione del midollo spinale; quelli con DLCL cerebrali primitivi; e quelli dei pazienti immunocompromessi, particolarmente dei pazienti HIV + . ■ LATTICO DEIDROGENASI Un livello di LDH superiore ai livelli normali rappresenta un fattore prognostico sfavorevole nei pazienti con linfoma in quasi tutte le analisi prognostiche pubblicate (15, 22). Inoltre, maggiore è il livello di LDH, peggiore è il risultato. Il livello di LDH è uno dei fattori prognostici fortemente correlati con il tasso di sopravvivenza e di ricadute nei linfomi aggressivi (Figura 4a e b). ■ b2-MICROGLOBULINA Una prognosi sfavorevole è legata anche a un elevato livello sierico di b2-microglobulina, ma questo parametro non è stato usato frequentemente. L’importanza prognostica del livello di b2-microglobulina è stata dimostrata e, successivamente, applicata ad analisi prognostiche in Centri diversi (25, 26). Come il livello di LDH, sembra essere L I N F O M I N O N - H O D G K I N 23 5 Figura 4a • Probabilità di sopravvivenza dei pazienti inclusi nel trial LNH84 in funzione del livello di LDH alla diagnosi Probabilità di sopravvivenza 1.0 0.8 < 1.25 N 0.6 1.25-2.5 N 0.4 > = 2.5 N 0.2 0.0 0 2 4 6 8 10 Anni Figura 4b • Probabilità di ricaduta in funzione del livello di LDH alla diagnosi in pazienti inclusi nel trial LNH-84 che hanno raggiunto una RC Probabilità di ricaduta 1.0 0.8 0.6 > = 2.5 N 0.4 1.25-2.5 N < 1.25 N 0.2 0.0 0 2 4 6 8 10 Anni uno dei parametri predittivi del rischio di ricaduta per pazienti in remissione completa (RC). E 24 M A T O L O G I A 5.2 PARAMETRI ASSOCIATI CON LA RISPOSTA DEL PAZIENTE AL TUMORE 5 I parametri associati con la risposta al tumore da parte del paziente includono sintomi B, il PS, i livelli di albumina e di emoglobina, tutti ben correlati tra loro. Probabilmente essi dipendono da uno stesso fenomeno: la secrezione di citochine da parte sia delle cellule tumorali che da quelle immuni del paziente in risposta al tumore. I primi studi si erano focalizzati sui sintomi B, mentre negli studi più recenti, come quello dell’International Prognostic Index (IPI), gli statistici hanno preferito scegliere i livelli di albumina sierica o di emoglobina in quanto più facili da misurare (18). Questi parametri probabilmente sono correlati con la secrezione di citochine come il tumor necrosis factor (TNF), i suoi recettori (27, 28), o l’interleuchina 6 (29). 5.3 PARAMETRI CORRELATI CON LA CAPACITÀ DA PARTE DEL PAZIENTE DI TOLLERARE IL TRATTAMENTO I diversi risultati ottenuti nei pazienti con linfoma dipendono anche dalla presenza di una o più patologie non correlate con il linfoma e dall’età al tempo della diagnosi. In uno studio del Southwest Oncology Group, i pazienti più anziani mostravano risultati peggiori perchè rispondevano meno bene al trattamento e presentavano più spesso ricadute. Ciò però era in relazione a una bassa intensità di dose della chemioterapia (30). In altri studi, è stato osservato che anche se i pazienti anziani morivano più frequentemente durante i primi cicli del trattamento, tuttavia quelli che rispondevano alla chemioterapia non presentavano un numero di ricadute maggiore (31). Si ritiene pertanto che i pazienti anziani probabilmente sviluppino più complicazioni dopo chemioterapia a causa della loro età e della possibile esistenza di co-morbidità. Infatti, analizzando i parametri prognostici separatamente per pazienti giovani e anziani, si è visto che i pazienti più anziani hanno spesso un PS peggiore (14). Considerando le implicazioni prognostiche, il limite tra pazienti giovani e anziani nei DLCL è tra 60 e 65 anni (22). 5.4 INDICI PROGNOSTICI Alcuni ricercatori utilizzando caratteristiche cliniche che, dopo analisi multivariata, risultavano essere significative in maniera indipendente ai L I N F O M I N O N - H O D G K I N 25 fini della durata di sopravvivenza, hanno sviluppato dei modelli prognostici che consentono di predire la durata di sopravvivenza di un paziente. Sebbene le caratteristiche cliniche utilizzate in questi modelli prognostici siano diverse, ogni modello comprende sempre caratteristiche che riflettono il volume della malattia e il grado di coinvolgimento tumorale alla diagnosi, confermando la primaria importanza di questi fattori (20). Nel 1990, si è svolta una Consensus Conference per sviluppare, nei DLCL, un sistema internazionale di classificazione basato su fattori prognostici di rilevanza clinica (22). Il risultato della Consensus Conference è stato l’elaborazione dell’IPI che si basa su età, stadio tumorale, livelli sierici di LDH, PS, e sul numero di sedi extranodali della malattia alla diagnosi, e rende possibile identificare quattro gruppi di rischio a prognosi diversa a seconda del numero dei parametri sfavorevoli presenti. Anche nei pazienti giovani un IPI aggiustato per età e basato su stadio tumorale, livelli sierici di LDH e PS identificava quattro gruppi di rischio. In entrambi i modelli, un rischio aumentato di morte era dovuto sia a una più bassa percentuale di risposte complete (o a una più alta percentuale di progressione precoce) sia a una più alta percentuale di ricadute. L’IPI può essere efficacemente applicato anche a pazienti che presentano altri sottotipi di linfoma diversi dal DLCL (8, 10, 32). L’IPI e l’IPI aggiustato per età si sono dimostrati significativamente più accurati della classificazione di Ann Arbor e persino del sottotipo istologico nel prevedere sopravvivenze a lungo termine (8). Attualmente, per disegnare studi clinici terapeutici e selezionare approcci terapeutici appropriati per singoli pazienti, si dovrebbe tener conto sempre dell’IPI. Poichè il livello di b2-microglobulina sierica non è stata misurata in tutti i pazienti inclusi nel progetto IPI, l’IPI non dovrebbe comprendere questo importante indicatore prognostico. Tuttavia, il gruppo dell’M.D. Anderson Cancer Center ha sviluppato dei modelli che includono il livello di b2-microglobulina e altri importanti parametri (25) e ha proposto un indice prognostico basato sui livelli di LDH e b2-microglobulina che si sono mostrati utili nel differenziare pazienti ad alto e basso rischio, indipendentemente dal tipo di linfoma. Pertanto, il livello di b2microglobulina deve essere tenuto presente quando si trattano i pazienti, particolarmente quelli che presentano un linfoma indolente (Figura 5a e b). E 26 M A T O L O G I A Figura 5a • Valore dello Houston Index basato sui livelli di b2-microglobulina e LDH in pazienti con linfoma a grandi cellule trattati nel nostro centro Probabilità di sopravvivenza 1 0.8 LDH e b2-microglobulina normali 0.6 Uno dei due aumentato 0.4 LDH e b2-microglobulina elevate 0.2 0.0 0 2.5 5.0 7.5 10.0 12.5 15.0 17.5 20 Anni Figura 5b • Valore dello Houston Index basato sui livelli di b2-microglobulina e LDH in pazienti con linfoma periferico a cellule T trattati nel nostro centro Probabilità di sopravvivenza 1 LDH e b2-microglobulina normali 0.8 0.6 Uno dei due aumentato 0.4 0.2 LDH e b2-microglobulina elevate 0.0 0 2.5 5.0 7.5 10.0 12.5 15.0 17.5 20 Anni L I N F O M I N O N - H O D G K I N 27 5 STRATEGIE TERAPEUTICHE BASATE SUI SOTTOTIPI ISTOLOGICI 6 La strategia terapeutica da adottare per ogni singolo paziente così come il disegno di nuovi protocolli terapeutici deve tenere conto sia del sottotipo istologico che della presenza di fattori prognostici sfavorevoli (8). La Figura 6 mostra il tempo alla progressione e la Figura 7 il tempo di sopravvivenza dei pazienti trattati nel nostro centro in relazione ai diversi sottotipi istologici della classificazione REAL. Figura 6 • Tempo alla progressione dei 1451 pazienti trattati nel nostro centro secondo la classificazione REAL Probabilità di ripresa della malattia 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 Anni alla ripresa della malattia MZL FL SLL DLCL ALCL CTCL BL PTCL LL MCL Sono stati inclusi tutti i pazienti, senza considerare se erano inseriti in studi prospettici o se erano già trattati. Vedi Tabella 1 per definizioni e abbreviazioni. CTCL = linfomi cutanei a cellule T. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 29 Probabilità di sopravvivenza globale Figura 7 • Probabilità di sopravvivenza globale (OS) dei 1451 pazienti trattati nel nostro centro secondo la classificazione REAL 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 Anni MZL FL CTCL DLCL ALCL SLL MCL PTCL LL BL Sono stati inclusi tutti i pazienti, senza considerare se erano inseriti in studi prospettici o se erano già trattati. Vedi Tabella 1 per definizioni e abbreviazioni. Durante gli ultimi 30 anni sono stati sviluppati numerosi protocolli polichemioterapici ma il più usato negli ultimi 20 anni è stato il CHOP (ciclofosfamide [Cy] 750 mg/m 2 , adriblastina [Adr] 50 mg/m 2 , vincristina [Vcr] 1.2 mg/m 2 , e prednisone [Pred] 40 mg/m 2 da ripetere ogni 3 settimane) che combina due tra i più efficaci farmaci anti-linfoma (33). 6.1 LINFOMI A PICCOLI LINFOCITI/ LINFOPLASMACITOIDI Per molti anni il trattamento di questi pazienti è stato spesso la monochemioterapia con clorambucil (Clb) o Cy o, più raramente, un protocollo polichemioterapico con o senza un’antraciclina (CVP [Cy + Vcr + Pred] o CHOP). Sono stati disegnati pochi studi prospettici per il trattamento di questi pazienti e il miglior approccio terapeutico non è noto. Qualunque sia il trattamento, pochissimi pazienti raggiungono una RC e E 30 M A T O L O G I A il tempo mediano alla ripresa della malattia (median time to failure [TTF]) è di 3-5 anni. In definitiva tutti i pazienti in progressione sono andati incontro a trasformazione istologica e sono morti dopo una sopravvivenza globale (OS) mediana di 5-8 anni. Recentemente è stata dimostrata l’efficacia della fludarabina (Flu) in studi clinici di fase II ma il suo ruolo nella pratica clinica non è ancora noto (34). Anche il rituximab, un anticorpo anti-CD20, può essere efficace in alcuni casi (35), ma il suo vero ruolo deve essere ancora dimostrato. La nostra attuale strategia consiste nel proporre la radioterapia (RT) per pazienti con malattia localizzata; da 12 a 18 mesi di Clb (16 mg/m 2 /d x 5 giorni al mese) per pazienti con malattia disseminata senza fattori prognostici sfavorevoli; e la Flu (25 mg/m2 /d x 5 giorni al mese) da 6 a 9 cicli, per pazienti con malattia più avanzata. I pazienti con una elevata componente di grandi cellule sono trattati con un protocollo polichemioterapico contenente Adr (CHOP o CHOP ad alte dosi). Una terapia più intensiva con irradiazione corporea totale (TBI) e autotrapianto di cellule staminali - autologous stem cell transplantation (ASCT) - dovrebbe essere proposta in pazienti giovani con trasformazione istologica o in pazienti giovani in remissione. 6.2 LINFOMI FOLLICOLARI Dal 10 al 15% di tutti i FL si presentano in uno stadio localizzato senza una grossa massa tumorale. Utilizzando una RT involved-field, oltre il 95% di questi raggiunge una RC e il 50% può essere guarito. La chemioterapia è raccomandata solo dopo ricaduta oppure in uno stadio localizzato con una grande massa tumorale e, allora, deve precedere la RT. I pazienti con malattia disseminata devono essere trattati in base alla presenza o all’assenza di fattori prognostici sfavorevoli (16). I pazienti senza nessun fattore prognostico sfavorevole possono non essere trattati finchè la malattia non va in progressione. Anche se possono avvenire regressioni spontanee (<5%), la maggior parte dei pazienti presenta malattia stabile per 12 mesi in media (FL a piccole e grandi cellule) o per 3-4 anni (FL a piccole cellule). Alla fine però tutti i pazienti vanno in progressione e muoiono per questa malattia, il 4070% dopo trasformazione istologica, con una sopravvivenza mediana di 8-10 anni. Questo approccio che può essere valido per pazienti anziani, deve essere ripreso in considerazione per pazienti più giovani in base ai risultati ottenuti per quelli con malattia più aggressiva. Tuttavia, nessuno studio prospettico ha dimostrato che trattare precocemente i pazienti giovani (prima della comparsa di una progressione di malattia) sia associato a una sopravvivenza più lunga. La nostra L I N F O M I N O N - H O D G K I N 31 6 raccomandazione attualmente è di osservare attentamente il paziente durante i primi 6 mesi dopo la diagnosi e in caso di progressione cominciare la chemioterapia che si usa in pazienti con fattori prognostici sfavorevoli. D’altra parte, attualmente, una strategia wait and watch è la migliore per questi pazienti (36). Tuttavia, almeno il 50% dei pazienti con FL hanno bisogno di essere trattati precocemente a causa della presenza di fattori prognostici sfavorevoli. La scelta terapeutica è stata per lungo tempo motivo di discussione soprattutto perchè gli studi randomizzati hanno preso in considerazione insieme tutti i pazienti con FL anche quelli con linfomi chiamati low-grade. I pazienti con FL sono stati considerati non guaribili e pertanto vanno trattati con trattamenti non aggressivi, cioè Clb o CVP (37). Tuttavia, i pazienti che raggiungono una RC alla fine del trattamento di prima linea hanno una sopravvivenza più lunga, un più lungo TTF, e una minore probabilità di trasformazione istologica alla ricaduta (26, 38). Perciò una RC dovrebbe rappresentare l’obiettivo del trattamento di I linea, particolarmente in pazienti giovani e, in questa situazione, una terapia più intensiva come CHOP o CHVP (Cy 500 mg/m 2 , Adr 25 mg/m 2 , teniposide [VM-26] 60 mg/m 2 e Pred 40 mg/m 2 ) (39) porta a una miglior percentuale di RC rispetto a protocolli che non contengono Adr. La Flu consente un alto numero di risposte sia in pazienti in ricaduta che in pazienti di I linea ma il TTF non è diverso da quello ottenuto con altri protocolli e in attesa dei risultati degli attuali studi randomizzati che paragonano Flu con CVP o CHVP, dovrebbe essere riservata a pazienti in ricaduta. La durata del trattamento deve essere adattata alla risposta del paziente e pazienti in remissione parziale (RP) a 12 mesi devono continuare il trattamento fino a raggiungere una RC clinica. Nella Working Formulation erano stati presi in considerazione i pazienti con FL e prevalenza di grandi cellule in quanto mostravano una prognosi peggiore. La maggior parte di questi pazienti presentano fattori prognostici sfavorevoli e perciò devono essere trattati alla diagnosi: la risposta al trattamento e la sopravvivenza sono, comunque, non diverse da quelle dei pazienti con altri FL con parametri prognostici simili. L’interferone a2-ricombinante (IFN) è stato usato in associazione sia a protocolli di chemioterapia iniziale che di mantenimento in pazienti responsivi per aumentare il grado di risposta, diminuire il tasso di ricadute e per aumentare TTF e OS (40). In tutti gli studi, l’aggiunta di IFN ha significativamente aumentato il TTF o la sopravvivenza libera da malattia - disease-free survival (DFS) - ma solo nello studio del Groupe d’Etude des Lymphomas de l’Adulte (GELA) (39), il solo ad aver usato una dose di IFN ³5 MU tre volte a settimana e una durata maggiore del trattamento (18 mesi), ha aumentato la OS (alcuni studi però non sono valutabili per la OS a causa del breve follow-up). Ulteriori studi sono necessari per determinare la dose ottimale di IFN (attualmente, 5 E 32 M A T O L O G I A MU tre volte a settimana), la durata del trattamento (almeno 18 mesi) e la miglior condotta (induzione, mantenimento, o entrambi). Tuttavia, l’IFN dovrebbe probabilmente essere incluso nel trattamento di pazienti con FL con elevata massa tumorale o parametri prognostici sfavorevoli alla diagnosi (41). Il suo ruolo nel trattamento dei pazienti in ricaduta non è noto. La terapia ad alte dosi (HDT) con ASCT sia con cellule da midollo osseo o da sangue periferico purificate e non, è utilizzata da diversi anni per pazienti in ricaduta (42, 43). Ciò rende possibile un significativo prolungamento del TTF rispetto a quello ottenuto con il trattamento standard. Tuttavia alcuni parametri, come la natura del protocollo di condizionamento, la necessità o meno di purificare le cellule e quando intensificare la dose, non sono stati ancora ben definiti. Si sta attualmente testando il ruolo di questa procedura come trattamento di I linea e non deve perciò essere proposta al di fuori di studi clinici attentamente pianificati a causa della sua potenziale tossicità. Il rituximab ha mostrato un’elevata percentuale di risposta in pazienti con FL in ricaduta (35). Probabilmente farà parte del trattamento di pazienti in ricaduta o pazienti di I linea, da solo o in combinazione con la chemioterapia, una volta che gli studi randomizzati ne avranno definito il potenziale ruolo. 6.3 LINFOMI MANTELLARI I pazienti con MCL sono resistenti alle attuali opzioni terapeutiche (44). Con qualsiasi trattamento questi pazienti presentano spesso una parziale regressione del linfoma per 6-18 mesi e poi vanno in progressione e muoiono, con una OS mediana di 3-4 anni. In uno studio randomizzato, la terapia con CHOP non si è dimostrata migliore di quella con CVP; ma in analisi retrospettive, protocolli contenenti antracicline sembravano essere associati a una sopravvivenza più lunga (45). In piccoli studi prospettici condotti in centri diversi, la HDT con TBI in pazienti responsivi a terapie di I linea tipo CHOP era associata a un più lungo TTF o a una più lunga sopravvivenza se paragonata ai dati storici (46). Questo trattamento però non può essere considerato quello standard finchè non si avranno i risultati degli attuali studi randomizzati. L’IFN usato come terapia di mantenimento in pazienti responsivi era associato a un più lungo TTF in un’analisi preliminare di uno studio randomizzato (W. Hiddemann, personal communication). L’efficacia di Flu o rituximab deve ancora essere dimostrata in pazienti con MCL. Al di fuori di studi prospettici randomizzati, noi raccomandiamo la seguente strategia: i pazienti con malattia localizzata possono essere trattati con CVP o CHOP seguiti da RT involved field; i pazienti anziani L I N F O M I N O N - H O D G K I N 33 6 senza parametri prognostici sfavorevoli possono essere trattati con CVP in fase iniziale o dopo progressione della malattia; quelli con parametri prognostici sfavorevoli dovrebbero essere trattati con CHOP o, in caso di controindicazione alle antracicline, con ifosfamide più etoposide VP-16 (47); i pazienti giovani possono essere trattati con CHOP e, in caso di una buona risposta, HDT con TBI. Queste opzioni non sono state validate in studi prospettici ma nella nostra esperienza sono correlate a una sopravvivenza più lunga. Qualunque sia il trattamento iniziale, questi pazienti andranno in progressione e diventeranno resistenti alla chemioterapia. E’ estremamente urgente perciò riuscire a sviluppare nuove strategie terapeutiche. 6.4 MALTOMI E LINFOMI DELLA ZONA MARGINALE Poichè i linfomi tipo MALT sono spesso localizzati, i pazienti venivano generalmente trattati con terapia chirurgica o RT locale, a seconda della sede della malattia, ma queste opzioni non sono state validate da nessuno studio prospettico. Con questi trattamenti, sono state osservate ricadute nella stessa sede o in altre sedi extranodali (12). La monochemioterapia con Clb o protocolli di polichemioterapia hanno portato agli stessi risultati in pazienti con malattia più avanzata (48). Recentemente, è stato dimostrato che il linfoma gastrico tipo MALT può regredire dopo terapia antibiotica per H. pylori (49). Fino alla conclusione degli studi prospettici attualmente in corso, il trattamento di questi pazienti può essere riassunto nel modo seguente. I pazienti con linfoma gastrico tipo MALT senza interessamento linfonodale in endoscopia a ultrasuoni, o qualsiasi altra localizzazione, possono essere trattati con successo con antibiotici (50, 51). Con due antibiotici più un antiacido, in genere amoxicillina, metronidazolo e bismuto o omeprazolo per 14 giorni, la scomparsa di H. pylori si osserva in >90% dei pazienti e la regressione del linfoma nel 60% di questi. Tuttavia, non vi sono dati disponibili circa il tasso di ricaduta o il TTF dopo questo trattamento che dovrebbe essere considerato ancora sperimentale. In alcuni casi di RP o di ricaduta, la chemioterapia con Clb o Flu ottiene buone risposte. La gastrectomia non è più una buona opzione per questi pazienti a causa dell’elevato rischio di complicanze, del fastidio per il paziente, e dell’efficacia non superiore (52). I pazienti con MALT localizzati non gastrici possono essere trattati chirurgicamente, con RT locale o Clb, ma non esistono studi prospettici pubblicati (12). Attualmente noi preferiamo usare una monochemioterapia con Clb (16 mg/m 2 /d x 5 giorni ogni mese) per 6-12 mesi a causa dei problemi a lungo termine osservati con la RT, e a causa delle complicanze legate alla chirurgia. E 34 M A T O L O G I A I pazienti con forme disseminate di linfoma tipo MALT devono essere trattati con chemioterapia, e sia la Flu che il Clb sono ugualmente efficaci per ottenere una RC. Tuttavia, in pazienti con una grande massa tumorale o un notevole numero di grandi cellule, deve essere usata la chemioterapia con CHOP. I pazienti con MZL nodali possono avere malattia localizzata e allora devono essere trattati con RT locale. Tuttavia, i pazienti con MZL nodali più disseminati presentano un alto rischio di trasformazione e devono essere trattati con CHOP. Quelli in trasformazione o con una elevata componente di grandi cellule possono trarre beneficio da un trattamento più intensivo. Tuttavia, non sono attualmente disponibili in letteratura conclusioni certe poichè questo linfoma è stato caratterizzato e riconosciuto del tutto recentemente e quindi le serie pubblicate comprendono solo pochi pazienti. I pazienti con MZL e linfociti villosi sono in genere anziani e possono essere trattati con splenectomia in caso di grande splenomegalia, oppure non essere trattati affatto. Pazienti più giovani con MZL splenico possono essere trattati con RT o Clb se hanno malattia localizzata o con Flu o CHOP se la malattia è disseminata. I pazienti con linfoma splenico senza linfociti villosi presentano una malattia più aggressiva e un maggiore rischio di trasformazione e devono essere trattati come i MZL nodali. 6.5 LINFOMI EPIDERMOTROPI A CELLULE T I pazienti con questo tipo di linfomi in genere hanno una lunga sopravvivenza sebbene raramente raggiungano una RC. Sono state raggiunte remissioni utilizzando quattro modalità terapeutiche: mostarda azotata per uso topico, fototerapia con psoraleni e raggi ultravioletti A (PUVA), terapia a raggio di elettroni total body, e chemioterapia sistemica (Clb o IFN). La terapia con PUVA, IFN, o entrambi, viene raccomandata come terapia iniziale. Sfortunatamente, la maggior parte dei pazienti può non essere responsiva, sviluppare grandi tumori cutanei o tumori in sede non cutanee, o andare incontro a trasformazione in linfoma a grandi cellule. In queste situazioni possono essere usate terapie ancora in fase di studio (53). 6.6 LINFOMI DIFFUSI A GRANDI CELLULE E LINFOMI ANAPLASTICI A GRANDI CELLULE Il 60-70% dei pazienti con DLCL che raggiungono una RC possono essere considerati guariti contro quasi nessuno dei pazienti L I N F O M I N O N - H O D G K I N 35 6 che non raggiungono la RC. L’obiettivo finale della terapia di I linea deve perciò essere quello di raggiungere una RC. Le scelte terapeutiche devono essere basate su indici prognostici come l’IPI più il livello di b2-microglobulina (18, 21). Non ci sono dati relativi a pazienti con sottotipi diversi di DLCL che dimostrino che questi sottotipi debbano essere trattati con protocolli specifici, e questo è valido anche per pazienti con ALCL (54). Perciò tutti questi sottotipi, definitivi o provvisori della classificazione REAL possono, e probabilmente devono, essere trattati nello stesso modo. I pazienti con malattia in fase precoce (stadio I o stadio II non-bulky, senza fattori prognostici sfavorevoli) hanno un esito molto migliore che i pazienti con malattia in stadio avanzato: >80% di tasso di RC, <20% di ricadute, 70-80% di sopravvivenza a 10 anni, paragonati a 50% di tasso di RC, 40% di ricadute, e 30% di sopravvivenza a 10 anni rispettivamente. Dal punto di vista terapeutico, i pazienti, dopo terapia standard (protocollo CHOP), possono essere divisi in gruppi a prognosi diversa e quindi sottoposti in futuro a strategie terapeutiche differenti. Questo concetto non è ancora accettato da tutti i centri perchè complica la decisione terapeutica ma viene già applicato dalla maggior parte dei gruppi o dei centri di riferimento. Questi gruppi di rischio possono essere definiti sulla base dell’IPI o sulla base dell’IPI modificato con la descrizione di nuovi fattori prognostici (27, 28). L’IPI aggiustato per età più il livello di b2-microglobulina sierica sembrano oggi la scelta migliore (Figura 8). I pazienti con malattia localizzata e livelli di LDH e b2-microglobulina normali possono essere guariti con trattamenti standard, sia con 3 cicli di CHOP seguiti da RT involved field per pazienti allo stadio I o 6-8 cicli di CHOP per quelli con malattia più disseminata. Trattamenti più intensivi si dovrebbero riservare a quei pazienti che non raggiungono la RC (<5%) o al 10% dei pazienti che recidivano. Gli studi clinici attuali stanno valutando quale sia il numero ottimale di cicli di chemioterapia e se la RT locale sia necessaria. I pazienti con malattia disseminata, livelli aumentati di LDH o b2microglobulina, oppure con sintomi B richiedono una terapia più intensiva del protocollo CHOP per raggiungere una RC ed essere guariti, ma ciò non è stato ancora sufficientemente dimostrato in quanto numerosi studi randomizzati hanno evidenziato che i cosiddetti “protocolli di terapia di III linea” non sono superiori al CHOP (33). Tuttavia, i protocolli più complessi usati in questi studi non sono stati applicati a dose piena a causa della loro complessità e/o tossicità e le dosi somministrate dei due farmaci principali, Cy e Adr, erano uguali o anche più basse che nel protocollo CHOP. Studi clinici su larga scala di fase II con dosi più alte di Cy e Adr (CHOP ad alte dosi (55, 56)) hanno dimostrato che in questo gruppo di pazienti si possono ottenere sia un tasso maggiore di RC che una più lunga DFS. E 36 M A T O L O G I A Figura 8a • Sopravvivenza secondo l’International Prognostic Index in DLCL Probabilità di sopravvivenza 1.0 0.8 0-1 0.6 2 0.4 3 0.2 4-5 Numero dei parametri prognostici 0.0 0 2 4 6 8 10 Anni Figura 8b • Sopravvivenza secondo l’International Prognostic Index in FL Probabilità di sopravvivenza 1.0 0.8 0-1 2 0.6 3 0.4 0.2 4-5 Numero dei parametri prognostici 0.0 0 2 4 6 8 10 Anni Pertanto, sono stati avviati studi randomizzati prospettici per paragonare il CHOP ad alte dosi al protocollo standard CHOP. I pazienti con più parametri prognostici sfavorevoli hanno un tasso di ricaduta più alto. Per questi pazienti, il CHOP ad alte dosi seguito da terapia di consolidamento con CBV (Cy + carmustina [BCNU] + VP- L I N F O M I N O N - H O D G K I N 37 6 16) e ASCT si è dimostrato capace di ottenere una più lunga DFS e una più lunga sopravvivenza globale (57, 58). Questo dato è stato recentemente confermato anche in uno studio randomizzato italiano in cui il MACOP-B è stato paragonato a una terapia sequenziale ad alte dosi (59). Sono stati avviati studi clinici per confermare questo effetto positivo con le HDT e per valutarne le modalità. Altri studi che hanno sperimentato le HDT nelle RP o in pazienti che rispondono lentamente non mostravano alcun beneficio per le HDT (60, 61) ma questi studi sono soggetti a problemi metodologici circa il loro disegno e di conseguenza sono difficili da interpretare. L’ultimo gruppo di pazienti è caratterizzato da pazienti con malattia progressiva dopo i primi cicli di chemioterapia sia immediatamente che dopo una risposta minima. Non ci sono parametri per poter identificare chiaramente questi pazienti alla diagnosi. Un trattamento più intensivo può superare questa resistenza ai farmaci antitumorali e questo viene attualmente testato con protocolli che prevedono sia l’utilizzo di due HDT che la modulazione del sistema immunitario in quei pazienti responsivi a terapie sperimentali. Pertanto, devono essere sviluppati altri programmi terapeutici sperimentali volti ad aumentare o sostenere la risposta iniziale a questi trattamenti. E’ motivo di intenso dibattito stabilire se la RT involved field in pazienti in RC possa diminuire il tasso di ricadute in tutti i pazienti o solo in quelli con grandi masse tumorali. Alcuni gruppi hanno presentato risultati migliori per pazienti trattati con RT (62). Tuttavia, se alcuni studi hanno mostrato una diminuzione delle recidive locali, nella maggior parte dei casi non si aveva una diminuzione convincente delle ricadute e la RT non era normalmente inclusa nel trattamento dei pazienti con malattia disseminata. E’ generalmente accettato che una strategia definitiva per il trattamento di pazienti con DLCL non sia stata ancora definita e che l’inserimento di pazienti in studi clinici prospettici attentamente disegnati debba essere una regola di buona pratica clinica. 6.7 LINFOMI PERIFERICI A CELLULE T E LEUCEMIA/LINFOMA DELL’ADULTO A CELLULE T I pazienti con PTCL vengono generalmente trattati nello stesso modo che i pazienti con DLCL. In analisi retrospettive, pazienti con PTCL a grandi cellule presentano un più alto tasso di ricadute e peggiore TTF e sopravvivenza rispetto ai pazienti con linfoma a grandi cellule di tipo B (63). Tuttavia, non è stato dimostrato che un protocollo di chemioterapia specifico o le HDT in prima RC diano risultati migliori. Noi raccomandiamo che questi pazienti siano inclusi in studi prospettici E 38 M A T O L O G I A disegnati per pazienti con DLCL finchè uno studio randomizzato comparativo non avrà dimostrato che un protocollo polichemioterapico appositamente disegnato sia associato a risultati migliori. I pazienti con PTCL con un’alta componente di piccole cellule o di cellule reattive, tipo quelli con linfoma angioimmunoblastico a cellule T, presentano una malattia lentamente in progressione che può rispondere scarsamente alla chemioterapia (64). Abbiamo assolutamente urgenza di studi prospettici che paragonino il CHOP al CHOP ad alte dosi o alle HDT nei pazienti che rispondono lentamente (65). La combinazione di IFN e zidovudina presuppone nuove possibilità di trattamento per i pazienti con ATL (66) anche se questi risultati devono essere confermati su larga scala. 6.8 LINFOMI LINFOBLASTICI Questi pazienti possono presentare solo localizzazioni nodali, particolarmente al mediastino, o una massa nodale con localizzazioni al midollo osseo e/o al CNS. I pazienti adulti con LL vengono molto spesso trattati con protocolli per “linfoma” piuttosto che con protocolli per “leucemia”. Con qualsiasi trattamento si raggiunge una RC nell’80% dei pazienti ma solo il 50% di questi sopravvive a lungo (67). Un trattamento ad alte dosi per “linfoma” può essere preferito per pazienti con masse nodali solo perchè è più breve dei trattamenti per la leucemia linfoblastica acuta ed è associato agli stessi risultati. Poichè la maggior parte dei pazienti con LL presentano sia interessamento midollare e/o del CNS sia altri parametri prognostici sfavorevoli, il trattamento CHOP ad alte dosi è da preferirsi al CHOP standard. Se tutti questi pazienti o solo quelli con caratteristiche prognostiche sfavorevoli debbano ricevere le HDT in prima RC è uno dei più importanti problemi da verificare. Se il paziente ha fratelli HLA compatibili, il trapianto di midollo osseo allogenico dovrebbe essere probabilmente preferito alle cellule staminali autologhe (68). 6.9 LINFOMA DI BURKITT I pazienti senza interessamento midollare o del CNS non presentano una prognosi diversa dai pazienti con DLCL con gli stessi parametri prognostici se trattati con CHOP ad alte dosi (69). Pertanto noi raccomandiamo di inserire questi pazienti in studi prospettici disegnati per i pazienti con DLCL. I pazienti giovani con interessamento midollare o del CNS hanno una prognosi peggiore e devono essere trattati con protocolli disegnati per bambini con questo tipo di linfoma L I N F O M I N O N - H O D G K I N 39 6 (70). I pazienti anziani con BL hanno in genere ridotta sopravvivenza e possono essere trattati con protocolli tipo CHOP. Il linfoma tipo Burkitt è generalmente visto come una progressione istologica di linfomi poco aggressivi e di conseguenza presenta la stessa prognosi sfavorevole. I pazienti con malattia primitiva devono essere inseriti in studi per i DLCL. 6.10 SITUAZIONI CLINICHE SPECIALI ■ PAZIENTI ANZIANI Nei pazienti inseriti nel NHL Classification Project, sono state osservate pochissime differenze fra tutti i gruppi di età per quanto riguarda il sottotipo istologico e le caratteristiche cliniche (14). Linfomi linfocitici a piccole cellule e linfomi linfoplasmocitoidi sono stati osservati più frequentemente in pazienti di età >70 anni. Un basso PS così come l’infiltrazione midollare erano più frequenti in pazienti più anziani. I pazienti più anziani mostravano un IPI leggermente peggiore (p<0.01). Il tasso di RC alla fine del trattamento diminuiva con l’età variando dal 68% in pazienti più giovani al 45% in pazienti più anziani (p<0.0001). La sopravvivenza mediana priva di eventi e l’OS diminuivano con l’età (p<0.0001). E’ stato ripetutamente dimostrato che la sopravvivenza dei pazienti anziani è più breve di quella dei pazienti più giovani (71), e questa differenza persiste anche dopo correzione dei dati per cause di morte non correlate con il linfoma. Questa sopravvivenza più breve può essere correlata con la tendenza da parte dei medici di somministrare terapie ridotte, o con una scarsa tolleranza alla terapia, essa stessa correlata con un basso PS e con la presenza di patologie concomitanti. Sono stati tradizionalmente usati due approcci per il trattamento dei pazienti anziani: uno conservativo che utilizza protocolli di chemioterapia appositamente disegnati, adattati per età e per possibili patologie concomitanti, l’altro più aggressivo con terapie standard che non tengono conto dell’età per pazienti con un buon PS. L’interpretazione dei risultati per protocolli disegnati specificamente deve tener conto del basso numero di pazienti inseriti e della loro estrema eterogeneità e di conseguenza tutti questi studi devono essere considerati virtualmente equivalenti (72, 73). Risultati recenti di studi randomizzati prospettici davano indicazioni per l’utilizzo di protocolli standard contenenti antracicline in pazienti con un buon PS e nessuna patologia concomitante (74-76). Sonneveld ha dimostrato che il protocollo CHOP era ben tollerato in 72 pazienti di più di 60 anni (metà oltre 70 anni) e che la tossicità non era diversa che nel protocollo Cy, Mito, Vcr, Pred (CNOP) (74). Inoltre, il CHOP dava una maggiore percentuale E 40 M A T O L O G I A di RC e una sopravvivenza più lunga rispetto al CNOP. In uno studio randomizzato recente, Bastion ha dimostrato che il tasso di risposte che possono essere raggiunte nei pazienti anziani era paragonabile a quello dei pazienti più giovani, e che i pazienti che rispondevano completamente avevano una buona probabilità di una lunga sopravvivenza (76). Per pazienti con un cattivo PS o con patologie concomitanti, non si può trarre nessuna raccomandazione dalla letteratura ma noi usiamo un’associazione di VP-16 più ifosfamide o Clb e Pred. ■ LINFOMI POST-TRAPIANTO L’EBV è stato coinvolto nella patogenesi di diverse malattie linfoproliferative a cellule B (LPD) in pazienti sottoposti a terapia immunosoppressiva dopo trapianti d’organo, in pazienti con patologie che provocano immunodeficienza come la sindrome di Wiskott-Aldrich, l’atassiateleangiectasia, o l’immunodeficienza grave combinata e l’AIDS. Le LPD comprendono >90% dei linfomi dei pazienti trapiantati. Quattro gruppi di pazienti sono stati identificati nelle LPD post-trapianto (77): mononucleosi infettiva post-trapianto senza complicanze; iperplasia benigna policlonale senza evidenza di trasformazione maligna; trasformazione iniziale maligna in linfoma policlonale polimorfo a cellule B con anomalie clonali citogenetiche e riarrangiamenti del gene delle Ig; linfoma monoclonale polimorfo a cellule B. I primi due gruppi hanno una malattia infettiva che può essere trattata con farmaci antivirali come acyclovir. Una riduzione dell’immunosoppressione permette la regressione della maggior parte di LPD del terzo gruppo. Infine, i pazienti con linfoma monoclonale polimorfo devono essere trattati con una breve terapia immunosoppressiva in combinazione con chemioterapia appropriata. Lo schema ProMACE-CytaBOM sembra essere associato ai migliori risultati (78). ■ LINFOMI CORRELATI A INFEZIONE DA HIV Cinque diversi tipi di linfoma sono stati identificati nei pazienti con AIDS: linfomi diffusi a grandi cellule B con o senza differenziazione plasmocitica, linfoma di Burkitt, ALCL, e LPD associati a EBV (79). Il linfoma può presentarsi in un paziente HIV + come prima manifestazione dell’AIDS o in pazienti con una lunga storia di complicanze infettive correlate con l’AIDS, un basso PS, e basso conteggio CD4 + . In quest’ultima situazione, il linfoma è generalmente extranodale, in particolare con interessamento del CNS, ma possono essere coinvolte anche sedi non comuni. Il trattamento di questi pazienti è spesso palliativo ed essi spesso muoiono per le complicanze infettive associate all’AIDS, a volte potenziate dal trattamento per il linfoma. In queste condizioni, è stato dimostrato che basse dosi di chemioterapia sono associate a un esito migliore anche se la sopravvivenza è inferiore a un anno (80). L I N F O M I N O N - H O D G K I N 41 6 I linfomi che compaiono come prima manifestazione dell’AIDS vengono spesso osservati in pazienti senza grave rischio infettivo che hanno ancora un livello normale di linfociti CD4+ . Anche se la prognosi per questi pazienti è relativamente sfavorevole, essi devono essere trattati con intento di raggiungere la guarigione con chemioterapia più triplice terapia per l’HIV. Normalmente, la malattia è disseminata, con possibilità di coinvolgimento midollare o del CNS. Dovrebbero essere utilizzati protocolli di chemioterapia standard (81). E 42 M A T O L O G I A STRATEGIE TERAPEUTICHE BASATE SULLA SEDE DELLA MALATTIA Generalmente si ritiene che i linfomi possano comportarsi in maniera diversa a seconda della sede e questo è certamente vero nei confronti delle manifestazioni iniziali della malattia e delle procedure diagnostiche. Tuttavia, nessuno studio ha confermato questa peculiarità per quanto riguarda i parametri prognostici, il tipo di trattamento richiesto, o l’esito. Qualunque sia la sede iniziale interessata, la strategia terapeutica viene determinata dal sottotipo istologico e dalla presenza di parametri prognostici sfavorevoli. Metà dei linfomi del tratto gastrointestinale (GIT) sono linfomi del MALT (o maltomi), che sono comunemente localizzati e presentano una buona prognosi, e l’altra metà è rappresentata da veri DLCL, DLCL secondari alla trasformazione del MALT, MCL, o BL, tutti linfomi associati a una prognosi sfavorevole anche se localizzati. La diagnosi endoscopica è relativamente facile per lo stomaco e per il colon ma per la diagnosi di linfomi del piccolo intestino è spesso necessaria la laparotomia. I DLCL del piccolo intestino sono caratterizzati da un andamento insidioso e da una manifestazione in forma acuta rappresentata da occlusione intestinale. In tutti i casi dovrebbe essere evitata una vasta resezione chirurgica, essendo possibile, con una chemioterapia iniziale, ridurre il campo della resezione chirurgica e prevenire così eventuali complicanze legate all’intervento (52, 82). Questi pazienti sono trattati come pazienti non-GIT con lo stesso sottotipo istologico. I pazienti con DLCL spesso presentano una malattia non localizzata e nessuno studio ha dimostrato alcun beneficio conseguente a resezione tumorale rispetto alla chemioterapia (52). I pazienti con linfoma primitivo del CNS di solito presentano malattia localizzata e un sottotipo di DLCL. Una RC viene raggiunta con protocolli di chemioterapia standard contenenti alte dosi di metotrexate (Mtx) e Mtx intratecale (83). La RT del CNS viene normalmente eseguita alla fine del trattamento ma la sua necessità non è mai stata provata da studi clinici randomizzati ed è ancora da valutare (84). L I N F O M I N O N - H O D G K I N 43 7 Linfomi cutanei. Eccetto gli ETCL e le localizzazioni cutanee secondarie a linfomi disseminati, i linfomi cutanei sono caratterizzati da tre entità. Il linfoma cutaneo CD30 + è una patologia benigna che può regredire spontaneamente (85). Si ha diffusione al di fuori della pelle solo secondariamente e questi pazienti non dovrebbero essere trattati come pazienti con ALCL linfonodali. La resezione chirurgica o la RT locale sono sufficienti per la malattia localizzata e la monochemioterapia con Clb per i pazienti con malattia cutanea multifocale. I DLCL a cellule B possono rimanere localizzati in una zona della pelle per un lungo periodo di tempo prima di disseminare (86). Non si sa se questi pazienti debbano essere trattati solo con RT locale o se necessitino di chemioterapia come gli altri pazienti con DLCL. I linfomi cutanei del MALT presentano la stessa prognosi favorevole degli altri linfomi del MALT. La RT locale è probabilmente il miglior trattamento iniziale se la malattia è localizzata, mentre se è già disseminata la miglior terapia è il Clb. I linfomi ossei appartenenti ai DLCL possono essere localizzati in una sede, disseminati in diverse sedi ossee, o associati a localizzazioni non-ossee. Questi pazienti devono essere trattati con protocolli di chemioterapia standard per i pazienti con DLCL. L’unica caratteristica specifica di questi pazienti è la permanenza di alterazioni ossee anche molto tempo dopo la scomparsa delle cellule del linfoma, e questo rende difficile valutare la loro risposta al trattamento. L’utilità della RT locale non è stata ancora dimostrata. E 44 M A T O L O G I A STRATEGIE TERAPEUTICHE BASATE SULLA RISPOSTA ALLA TERAPIA INIZIALE 8.1 PAZIENTI IN RISPOSTA PARZIALE Circa il 10% dei pazienti non risponde al trattamento iniziale e dal 5 al 15% dei pazienti ottiene una RP. Tuttavia, la prognosi dei non-rispondenti e dei pazienti con risposta parziale è sostanzialmente differente. I pazienti che non hanno mai risposto alla terapia hanno un andamento rapidamente fatale e dovrebbero essere inclusi in studi clinici di fase II che utilizzino nuove modalità terapeutiche. Anche la prognosi di pazienti con risposta parziale, se trattati con chemioterapia convenzionale, è sfavorevole, e non più del 25% di questi pazienti sopravvive a lungo termine (54, 87). Tuttavia, sono stati riportati risultati incoraggianti con l’uso delle HDT seguite da ASCT per i pazienti in RP (88) e questo dovrebbe essere tenuto in considerazione normalmente. Con le HDT, il 60-70% dei pazienti in RP può essere sopravvivente a lungo termine ma non è ancora definitivamente dimostrato che l’efficacia di questa modalità terapeutica sia superiore alla chemioterapia standard (60). Il problema maggiore per questi pazienti è se le HDT debbano essere somministrate esattamente dopo la valutazione della risposta o dopo una terapia di salvataggio. Nessuno studio randomizzato ha fornito una risposta, ma la nostra preferenza è per la prima soluzione, da attuarsi prima che compaia una resistenza tumorale. Nei pazienti anziani, si può aggiungere una RT locale se la massa persistente è localizzata ma noi preferiamo aspettare fino alla progressione con comparsa dei sintomi relativi al tumore e poi trattarli con terapia palliativa. 8.2 PAZIENTI IN RISPOSTA COMPLETA CON MASSE PERSISTENTI I pazienti con linfoma aggressivo e grosse masse tumorali spesso, dopo il trattamento iniziale, presentano masse persistenti alle scansio- L I N F O M I N O N - H O D G K I N 45 8 ni con TAC in particolar modo nel mediastino o nell’addome. Il volume di queste masse può essere inferiore al 25% della massa tumorale iniziale, o può essere maggiore. Analisi retrospettive hanno mostrato che la maggior parte di questi pazienti sono già in RC ma hanno masse fibronecrotiche persistenti (55, 89) e il problema che si presenta al medico è di come riconoscere quali siano i pazienti in RC che, non avendo masse tumorali, non necessitano di alcun trattamento ulteriore. La scintigrafia al gallio può essere utile se il tumore era positivo prima della diagnosi (17, 90). L’esame morfologico (ad esempio, la mediastinoscopia) è di scarso aiuto perchè dovrebbe comprendere l’intera massa persistente. Noi abbiamo adottato le regole seguenti: si ritiene che i pazienti con una rapida diminuzione della grossa massa/e tumorale iniziale e nessun altro sintomo abbiano masse non-tumorali persistenti se nessuna cellula di linfoma è stata trovata in una biopsia o puntura della massa. Questi pazienti vengono seguiti costantemente, con una nuova scansione della TAC due mesi dopo. Se non viene evidenziato nessun ingrossamento, un’altra scansione TAC viene fatta tre mesi dopo, e se la massa è costante a questo punto il paziente dovrebbe essere in RC. I pazienti che presentano di nuovo una crescita tumorale vengono trattati come i pazienti in RP con le HDT. 8.3 PAZIENTI IN RECIDIVA Circa il 40% dei pazienti con linfoma in RC presentano successivamente una recidiva e per alcuni sottotipi come i linfomi follicolari o quelli a piccoli linfociti/linfoplasmacitoidi la percentuale è ancora maggiore. Le recidive vengono osservate più comunemente durante i primi due anni che seguono il completamento della terapia. La risposta del linfoma alla chemioterapia di salvataggio è il fattore prognostico maggiore sebbene i parametri che hanno influenzato la prognosi alla diagnosi siano predittivi del risultato anche dopo recidiva. Sono stati proposti numerosi protocolli di salvataggio che comprendono farmaci non utilizzati nella terapia di prima linea (54). Anche se il 70% dei pazienti risponde alla terapia di salvataggio, solo il 20-35% raggiunge la seconda RC e il tempo mediano alla recidiva è generalmente inferiore a un anno con meno del 10% di pazienti in recidiva aventi una lunga DFS. L’interpretazione dei risultati ottenuti nelle sperimentazioni cliniche con protocolli di salvataggio è complessa perchè molti pazienti con linfoma in recidiva muoiono prima di ricevere la terapia o non sono inclusi in sperimentazioni cliniche. I risultati promettenti degli studi pilota con HDT in pazienti con linfomi DLCL in recidiva sono stati confermati dall’analisi di tutti i pazienti reci- E 46 M A T O L O G I A divati dopo il protocollo LNH-84 (87) e anche dai risultati dello studio PARMA (91). Il trattamento con le HDT e l’ASCT è il solo che consente più del 15% di sopravvivenze a lungo termine in pazienti in recidiva responsivi alla chemioterapia di salvataggio e con presenza di fattori prognostici sfavorevoli e dovrebbe perciò essere preso in considerazione dopo la prima recidiva in tutti i pazienti di età inferiore a 65 anni. I problemi legati alla HDT che è necessario esplorare e risolvere sono: a. tipo di protocollo di salvataggio e tempi delle HDT: se subito dopo la risposta a due o tre cicli di chemioterapia o dopo aver raggiunto una seconda RC; b. se è necessario purificare le cellule staminali periferiche dalle cellule di linfoma presenti e come farlo (92). Probabilmente nel prossimo futuro sarà possibile usare cellule espanse ex vivo (93); c. la definizione del miglior regime di condizionamento e il ruolo della TBI; d. valutare il presunto beneficio dell’immunoterapia dopo le HDT usando IFN o interleuchina-2 (94). Le HDT andrebbero proposte a tutti i pazienti in prima recidiva senza tener conto del sottotipo di linfoma perchè le cellule linfomatose possono diventare resistenti con la recidiva e le successive RC sono rare e di breve durata. 8.4 TRASFORMAZIONE ISTOLOGICA Un linfoma inizialmente indolente in progressione spesso va incontro a una trasformazione istologica in linfoma a grandi cellule o tipo Burkitt e a una malattia clinicamente aggressiva con una grossa massa tumorale ed elevati livelli di LDH. Questi pazienti hanno una prognosi sfavorevole e una sopravvivenza mediana di meno di 12 mesi. Essi devono essere trattati con CHOP o alte dosi di CHOP seguite da HDT (95). 8.5 TRATTAMENTI PALLIATIVI Anche quando l’obiettivo del trattamento è la guarigione, alcuni pazienti necessitano di terapie palliative: i pazienti anziani con cattivo PS o grave malattia concomitante, i pazienti veramente refrattari, i pazienti in ricaduta per i quali le HDT non sono adatte, i pazienti in progressione dopo HDT. In queste situazioni, i pazienti devono essere trattati in presenza di sintomi clinici e di un’alterata qualità di vita. La presenza di cellule di linfoma senza sintomi L I N F O M I N O N - H O D G K I N 47 8 della malattia non è una ragione sufficiente per trattare questi pazienti. Possono essere usati protocolli di chemioterapia diversi, ma tutti devono essere caratterizzati da una di bassa tossicità. E 48 M A T O L O G I A EFFETTI TOSSICI A LUNGO TERMINE 9 Poichè sempre più pazienti guariscono con le strategie terapeutiche attuali, bisogna considerare il problema degli effetti collaterali a lungo termine. Essendo la maggior parte di questi pazienti guariti solo con la chemioterapia, la frequenza di tali effetti è minore che nel linfoma di Hodgkin dove la RT è combinata con la chemioterapia in una grande percentuale di pazienti. I pazienti con linfoma guariti devono essere seguiti regolarmente per anni perchè possono comparire sia recidive che effetti collaterali tardivi. 9.1 TUMORE SECONDARIO Meno del 2% di pazienti curati con protocolli di chemioterapia di I linea contenenti Adr e Cy va incontro a leucemie o sindromi mielodisplastiche secondarie. Altri farmaci come il VP-16 possono essere più tossici ma questo deve essere ancora dimostrato. Sono state osservate leucemie secondarie in pazienti trattati con le HDT, in particolare in quelli che avevano ricevuto in precedenza numerosi protocolli chemioterapici e la TBI (96). Non si conosce l’incidenza esatta di questa complicanza in pazienti che ricevono le HDT come terapia di I linea. I tumori solidi secondari sembrano essere rari. La loro diversità e il tempo della loro comparsa, prima, dopo o in concomitanza con il linfoma, sono compatibili con la coincidenza. 9.2 FERTILITÀ Un terzo dei pazienti con linfoma sono più giovani di 35 anni e vorrebbero avere figli dopo essere guariti. Comunque, i pazienti trattati con protocolli tipo CHOP non presentano problemi di fertilità e la maggior parte di loro riesce ad avere figli (97). I problemi possono essere presenti in pazienti più anziani o in quelli trattati ripetutamente per recidive o con la TBI. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 49 SVILUPPI FUTURI E QUESITI APERTI 10 Il trattamento dei pazienti con linfoma non è ancora del tutto standardizzato e molte domande devono trovare risposta in studi clinici prospettici. Le quattro domande più importanti riguardano la necessità di monitorare la malattia minima residua (MRD) per poter trattare adeguatamente il paziente; l’importanza di aggiungere modulatori della resistenza ai farmaci ai protocolli usati attualmente; il ruolo preciso di oncogeni e anti-oncogeni nello sviluppo e nel trattamento dei linfomi; e l’importanza dell’immunoterapia per la guarigione dei pazienti. 10.1 MALATTIA RESIDUA Con l’aiuto della polymerase chain reaction (PCR), si possono monitorare nel sangue e nel midollo osseo alterazioni geniche come il riarrangiamento del gene delle Ig, del TCR, di bcl-2 o bcl-1. Gli attuali protocolli terapeutici possono eliminare tutte le manifestazioni del tumore ma alterazioni minime come questi riarrangiamenti possono persistere. Inoltre, non sappiamo se la guarigione deve essere necessariamente associata alla scomparsa di questi marker e se la loro persistenza o ricomparsa sia predittiva di successive recidive. Se così fosse, e solo in questo caso, il monitoraggio della MRD attraverso marker genetici dovrebbe essere fatto in tutti i pazienti che ottengono la RC. I risultati degli studi in corso per valutare l’importanza della MRD non sono ancora disponibili e di conseguenza per avere risposte definitive a queste domande occorre aspettare il completamento di sperimentazioni cliniche ben condotte. 10.2 RESISTENZA AI FARMACI Sono stati descritti numerosi meccanismi di resistenza acquisita a farmaci anti-tumorali ma la più nota è la multi drug resistance (MDR) (98). Sebbene meno del 5% delle cellule di linfoma sia MDR+ alla diagnosi, la percentuale aumenta nei pazienti in recidiva. Il ruolo pre- L I N F O M I N O N - H O D G K I N 51 ciso della MDR non è noto ma questa può rendere conto della maggior parte degli insuccessi. In futuro deve essere meglio analizzato il meccanismo con cui agiscono gli inibitori dei diversi processi. 10.3 MODULAZIONE DI ONCOGENI E ANTI-ONCOGENI COME TRATTAMENTO DEI LINFOMI L’attivazione degli oncogeni o l’inibizione dei geni onco-soppressori sono responsabili dello sviluppo e della progressione del linfoma attraverso numerosi meccanismi, ancora solo parzialmente noti. La modulazione dell’attività di questi geni potrebbe rappresentare una promettente sfida per il futuro. Si può tentare una modulazione genica con stimolazione o inibizione dei recettori cellulari superficiali, terapia con antisenso, o terapia genica. Per nessuno di questi è stata ancora dimostrata l’efficacia ma il primo studio clinico di terapia antisenso con un anticorpo anti-bcl-2 sembra essere promettente (99). 10.4 IMMUNOTERAPIA L’immunoterapia può essere specifica con anticorpi diretti contro cellule di linfoma, a volte legati alla ricina o allo 131 I, o non specifica con farmaci tipo IFN o interleuchina. In futuro, il rituximab, un anticorpo anti-CD20, rappresenterà certamente una parte fondamentale del trattamento dei linfomi indolenti a cellule B (35). Vaccini con idiotipo tumore-specifico possono indurre una risposta immune specifica contro le Ig espresse dal tumore stesso del paziente e questa capacità di risposta immune è correlata con una prognosi più favorevole (100). Numerosi studi clinici sono attualmente in corso per determinare il ruolo di questi trattamenti (41, 101, 102). E 52 M A T O L O G I A CONCLUSIONI 11 Il linfoma è un tumore che può essere guarito con strategie terapeutiche adattate al rischio prognostico e la guarigione deve rappresentare l’obiettivo finale per i pazienti con linfoma e per i medici. Generalmente si ottiene la guarigione con una terapia di I linea, ma una terapia ad alte dosi seguita da autotrapianto può essere necessaria in pazienti in recidiva o con RP. Tuttavia, non sono ancora note le strategie terapeutiche definitive per tutti i sottotipi istologici ed è perciò raccomandato di inserire i pazienti in sperimentazioni cliniche prospettiche secondo le norme di una buona pratica clinica. Qualsiasi sia stato il trattamento e qualsiasi il risultato ottenuto, i pazienti con linfoma devono essere sempre seguiti per anni per riconoscere possibili effetti collaterali tardivi e recidive tardive. L I N F O M I N O N - H O D G K I N 53 BIBLIOGRAFIA GENERALE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 12 Coleman MP et al. Trends in cancer incidence and mortality. Vol. 121 Lyon: IARC Scientific Publications; 1993. Greiner TC et al. Cancer 75: 370-380; 1995. Mazzaro C et al. Br J Haematol 94: 544-550; 1996. Brind AM et al. Leuk Lymph 21: 127-130; 1996. Zignego AL et al. Arch Virol 142: 545-555; 1997. Arvanitakis L et al. Blood 88: 2648-2654; 1996. Harris NL et al. Blood 84: 1361-1392; 1994. The Non-Hodgkin’s Lymphoma Classification Project. Blood 89: 3909-3918; 1997. Dohner H et al. Blood 89: 2516-2522; 1997. Berger F et al. Blood 83: 2829-2835; 1994. Martin AM et al. Blood 85: 3671-3678; 1995. Thieblemont C et al. J Clin Oncol 15: 1624-1630; 1997. Dalla-Favera R et al. Cold Spring Harbor Symposia on Quantitative Biology 59: 117-123; 1994. The Non-Hodgkin Lymphoma Classification Project. Ann Oncol (in press) 1997. 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