Corte Appello Roma

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Corte Appello Roma
CORTE APPELLO DI ROMA
Sezione Equa Riparazione
riunita in Camera di consiglio nella persona dei sigg.
Dott.Osvaldo Durante
dott. Ernesto Mineo
dott. Cecilia de santis
Presidente
Consigliere
Consigliere relatore
ha emesso il seguente
DECRETO
nel procedimento iscritto a R.G.V.G. 50069/07
TRA
DP. M. elettivamente domiciliato a Roma in via Flaminia n. 71, presso lo studio dell'avv. E. B. che
lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso
RICORRENTE
E
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, nella persona del Ministro pro-tempore, legalmente domiciliato
in Roma via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e
difende per legge
RESISTENTE
OGGETTO: ricorso ai sensi degli art. 2 e 3 l. 89/01
Esaminato il ricorso depositato in data 10.1.07 da DP. M. ai sensi dell'art. 2 l. 89/01 per ottenere
equa ripartizione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo di cui alla
sentenza 22.5.91 del Tribunale di Benevento – sezione fallimentare dichiarativa del fallimento di
CO.MER costituzioni Meridionali s.r.l. Con istanza di ammissione al passivo depositata dal
ricorrente già dipendente in data 29.6.92 stato passivo definitivo depositato in Cancelleria il 31.5.94
piano di riparto finale approvato dal G:D il 25.5.06 decreto del Tribunale di Benevento . Sezione
fallimentare di chiusura del fallimento in data 30.10.06 dato atto che si è costituito il Ministero della
Giustizia eccependo in via preliminare l'inammissibilità del ricorso per la violazione del disposto
dell'art. 163 n. 4 e.p.c. La prescrizione quinquennale del diritto vantato da controparte,
l'inammissibilità della domanda dall'Inps T.F.R. E le retribuzioni dell'ultimo periodo ex L. 297/82 e
d.l.gls n. 80/92 per cui ottenuto il pagamento il lavoratore era privo di titolo quale creditore
insinuato con decorrenza del termine semestrale ex art. 4 L. n. 89/01 e nel merito, l'infondatezza del
ricorso concludendo in tal senso:
ritenuto che nel ricorso siano chiaramente esposti gli elementi di fatto ed individuale le ragioni di
diritto poste a fondamento della domanda per cui da disattendere è la relativa eccezione avanzata
dall'Avvocatura.;
ritenuta parimenti infondata la preliminare eccezione di prescrizione alla luce del disposto dell'art.4
l. 89/01 in base a cui la domanda può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui
ambito si assume verifica della violazione ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal passaggio
in giudicato della decisione che chiude il procedimento dovendosi intendere che con l'esplicita
previsione di tali termini il legislatore abbia voluto sottrarre il diritto all'equa riparazione all'istituto
della prescrizione anteriormente all'entrata in vigore della suddetta legge, posto che il
riconoscimento legislativo della proponibilità dell'azione entro un termine di decadenza esclude la
maturazione della prescrizione prima del prescritto dies ad quem (cfr. Cass. Civ. n. 27719/09),
mentre nel periodo successivo opera l'ordinario termine decennale trattandosi di obbligazione ex art.
1173 c.c. Periodo non ancora maturato alla data di deposito del ricorso nella presente sede rispetto
alla data dell'approvazione definitiva del piano di riparto;
ritenuta altresì infondata l'ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso perchè l'esperimento
dell'azione verso l'Inps è una facoltà e non un obbligo né il mancato esercizio di tale facoltà è
elemento ostativo del diritto all'indennizzo ex L. 89/01, potendo diversamente rilevare in sede di
liquidazione con riduzione dei minimi individuati dalla giurisprudenza Cedu e da quella nazionale,
ma l'onere di provare l'inezia grava sull'amministrazione per argomentarne una minore penosità
dell'attesa per la definizione del giudizio, onere non assolto;
ritenuto che il progetto in oggetto – in cui il dies a quo va computato dal 29.6.92, data del deposito
dell'istanza di ammissione al passivo da parte del ricorrente al 25.5.06 data di approvazione del
piano di riparto e conseguente esecutività dello stesso (cfr. Cass. Civ. 9902/05, 8169/10) abbia avuto
una durata non giustificata in relazione ai criteri valutativi elaborati dalla giurisprudenza CEDU con
riguardo alla complessità della controversia, evincibile dall'elenco dei creditori in atti, nonché dai
singoli adempimenti imposti dalla legge fallimentare, spettando all'Amministrazione convenuta
dimostrare che il ritardo nella definizione della procedura non va ascritto agli organi della stessa
bensì sia giustificato da documentate ragioni, quali il sollecito esperimento di revocatorie
fallimentari opposizioni allo stato passivo, obiettive difficoltà incontrate nella liquidazione delle
attività fallimentari o altro (cfr. Cass. Civ. 7664/05).
ritenuto pertanto che appare congrua la durata di cinque anni per il processo presupposto dovendoso
stabilire l'eccedenza detraendo dalla durata complessiva il periodo fisiologicamente necessario alla
definizione della controversia quale sopra individuato, eccedenza che pertanto nel caso specificoè di
otto e undici mesi, in ciò sostanziandosi la violazione del termine ragionevole di giudizio di cui
all'art. 6 par. 1 della Convenzione dei diritti dell'uomo;
considerato altresì che in adesione alla giurisprudenza CEDU, la Suprema Corte ha affermato il
principio che il danno non patrimoniale che subisce la parte, da valutare in termini di ansia, patemi
d'animo e sofferenza morale per il prolungarsi del giudizio, è una conseguenza normale ancorchè
non automatica e necessaria della violazione del diritto alla ragionevole durata e la sua prova è in
reipsa mentre grava sull'Amministrazione l'onere di dedurre e provare i fatti che lo escludono (cfr.
Cass. Civ. 1338 e 1339/04 ; 21403/05) prova che non è stata offerta;
ritenuto che secondo i parametri della CEDU la base per la qualificazione dell'indennizzo è data
dall'importo compreso tra 1.000 e 1.500 euro per ogni anno di ritardo (cfr. decisioni 10.1.04 su
ricorsi n. 62361/00 e n. 64897/01) e che partanto appare equa una liquidazione del danno alla data
odierna di (1.000x8 = € 8.000 + 1.000:12x11 = 916,67 =) € 8.916,67 per il periodo di ritardo,
somma che va liquidata a favore del ricorrente a carico dell'Amministrazione oltre interessi legali
dalla data di deposito del ricorso:
ritenuto che le spese di lite seguono la soccombenza e vadano poste a carico del resistente nella
misura indicata nel dispositivo, in difetto di nota.
P.Q.M
in accoglimento del ricorso condanna in Ministero della Giustizia a pagare in favore di DP. M. €
8.916,67 oltre interessi legali dal 10.1.07
condanna il Ministero della Giustizia a pagare in favore dell'Avv. E. B., le spese processuali che
liquida in €882.12 di cui € 30.12 per esposti € 402 per diritti ed € 450 per onorari oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma in data 11.1.2010