La Xª Flottiglia Mas
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La Xª Flottiglia Mas
La Xª Flottiglia Mas La sua leggenda perché i giovani sappiano… All’otto settembre, al comunicato di Badoglio, piansi. Piansi e non ho mai più pianto. Adesso, oggi, domani, potranno esserci i comunisti, potranno mandarmi in Siberia, potranno fucilare metà degli Italiani, e non piangerò più… perché quello che c’era da soffrire per ciò che l’Italia avrebbe vissuto come suo avvenire, io lo ho sofferto allora. Quel giorno io ho visto il dramma che cominciava per questa nostra disgraziata nazione che non aveva più amici, non aveva più alleati, non aveva più l’onore ed era addirittura al disprezzo di tutto il mondo per essere incapace di battersi anche nella situazione avversa. Così, l’esperienza per me infinitamente più interessante ed importante dal punto di vista politico, formativo e dell’esistenza è stata quella successiva all’otto settembre. Prima era piuttosto semplice. Si trattava di compiere il proprio dovere senza scelte personali. Non c’erano problemi. L’otto settembre ci ha messo di fronte a molti dilemmi, ad esami di coscienza, alle responsabilità da prendersi verso noi stessi, verso le istituzioni alle quali appartenevamo, per me la Marina, e verso gli uomini che da noi dipendevano; quindi, da quel momento hanno cominciato a pesare fattori d’ordine spirituale e politico. Tutto il periodo della RSI è stato particolarissimo anche per il tipo d’umanità che è affluita sotto le armi in quella fase. I volontari si spogliavano d’ogni interesse terreno ed erano animati esclusivamente dall’impegno di conseguire un risultato puramente spirituale. Essi volevano mettere in luce lo spirito di combattività dell’italiano che non si rassegnava ad un armistizio giudicato obbrobrioso, ma intendeva far vedere di saper morire combattendo contro il nemico. Naturalmente, tra i volontari c’erano tutte le sfumature politiche. C’era il fascista fanatico, che pensava fosse suo dovere ritrovarsi dalla parte di Mussolini. C’era il giovane politicamente freddo, che però pensava di dover continuare a combattere accanto a degli alleati da un giorno all’altro traditi. Anche io, in quei giorni di settembre 1943, fui chiamato ad una scelta; e decisi la mia scelta. Non e ne sono mai pentito. Anzi, quella scelta segna nella mia vita il punto culminante, del quale vado più fiero; e nel momento della scelta ho deciso di giocare la partita più difficile, la più dura, la più ingrata. La partita che non mi avrebbe più aperto nessuna strada ai valori materiali, terreni, ma mi avrebbe dato un carattere di spiritualità e di pulizia morale al quale nessun’altra strada avrebbe potuto portarmi. In ogni guerra, la questione fondamentale non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire, ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore. Una guerra si può perdere, ma con dignità e lealtà. La resa e il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo. Junio Valerio Borghese www.ronchiato.it LA DECIMA FLOTTIGLIA MAS SETTEMBRE 1943 - MAGGIO 1945 La Decima Flottiglia MAS nacque all’inizio della seconda guerra mondiale quale reparto segreto della Regia Marina per l’utilizzo dei nuovi mezzi d’assalto subacquei e di superficie, sviluppati difficoltosamente alla fine degli anni ’30. Fra il 1941 ed il 1943, le poche centinaia d’uomini che ne fecero parte operarono missioni ad alto rischio, conseguendo, sia pure a caro prezzo, successi tali da modificare persino l’assetto strategico navale del Mediterraneo. Nello stesso tempo erano concepite e perfezionate le attrezzature per operazioni subacquee ancor oggi in uso; si realizzavano strumenti d’attacco come il "maiale" (in sostanza un mini-sommergibile con un equipaggio di due uomini, dapprima alloggiati esternamente e quindi in un apposito abitacolo, in grado di portare sin dentro i porti nemici una o più cariche esplosive), il barchino esplosivo, il motoscafo silurante, i sommergibili tascabili per il trasporto d’incursori o per operazioni costiere. Nasceva la specialità degli uomini gamma, nuotatori che percorrendo lunghe distanze andavano a porre sotto le chiglie nemiche cariche esplosive denominate "cimici", "mignatte" o "bauletti". Assieme ai mezzi era perfezionato lo spirito degli uomini destinati ad usarli; e lo riassume una frase della Medaglia d’Oro al Valore Militare Salvatore Todaro, caduto nell’isola di La Galite nel corso di una missione d’assalto: "Non importa affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa, è dimostrare al nemico che vi sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico d’esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario". Lo stesso nome di copertura scelto, Decima Flottiglia MAS, si rifaceva alla Decima Legione romana, prediletta da Giulio Cesare. Nel settembre del 1943 comandante della Decima era un ufficiale di nobili origini, insignito di medaglia d'oro, stimato fra i migliori comandanti di sommergibili italiani: Junio Valerio Borghese. L’annuncio dell’armistizio sorprese l’unità con reparti operanti sia all’estero (e spesso in missioni segrete), sia contro gli alleati in Sicilia ed in Calabria. La sua sorte non fu diversa da quella delle Forze Armate Regie. Gli uomini si divisero, scegliendo fra la fedeltà all'onore militare ed all’alleato tedesco, la fedeltà al Re, l’impegno nella nascente resistenza, l’estraniazione dal conflitto. Al sud la Decima rinacque con scarsi uomini e mezzi sotto la denominazione di Mariassalto. In collaborazione con la marina britannica compì alcune missioni di forzamento di porti del settentrione, e di supporto alle missioni speciali inviate nell’Italia del Nord. A La Spezia, ove aveva sede il comando della Decima, Borghese decise di continuare a combattere a fianco del precedente alleato, mantenendo la propria bandiera ed indipendenza. Quando le forze armate germaniche presero il controllo dell’Italia, con un caso unico nella storia del conflitto, sottoscrissero un patto d’alleanza col piccolo reparto italiano, che, non essendo ancora stato liberato Mussolini, poté ricominciare ad operare, ricostruendo le basi, addestrando nuovi assaltatori, recuperando con metodi spesso di fortuna armi e materiali. Avvenne allora un fatto senza precedenti: migliaia di volontari si presentarono a La Spezia, chiedendo di essere arruolati nella formazione, che era esclusivamente militare ed operava col motto "per l’onore". Rapidamente tutti gli organici dei reparti e delle scuole navali furono al completo: fu decisa la costituzione di reparti di fanteria di marina. Le vicende dei reparti terrestri e navali nei seicento giorni della repubblica sociale italiana sono descritte nelle altre pagine di questo sito. La Decima Flottiglia MAS fu sciolta da suo comandante a Milano, alla fine d’aprile del 1945, alla presenza dei rappresentanti dei CLN. Quando Borghese per l’ultima volta uscì dalla caserma, due partigiani di sentinella gli presentarono le armi. Sergio Nesi JUNIO VALERIO BORGHESE Editrice Lo Scarabeo, pagg.708, Euro 37,00 In questo pregevole volume, Sergio Nesi ricostruisce la vita del Principe Junio Valerio Borghese, il Comandante della X Flottiglia M.A.S.. L'Autore si è avvalso della collaborazione dell'ultimogenito di Borghese, Andrea Scirè, e del nipote Valerio, che hanno fornito materiale del loro archivio e la testimonianza diretta sugli ultimi anni di vita del Comandante. Borghese - osserva lo storico Giuseppe Parlato (docente della Libera Università "San Pio V" di Roma) nell'Introduzione - "era essenzialmente un militare ed ebbe la tessera fascista a honorem soltanto come corredo alla medaglia d'oro conquistata nelle azioni contro gli inglesi. Non era quindi un fascista in senso stretto e tanto meno un "fascista repubblicano" come ben compresero i Mezzasoma e i Pavolini. L’adesione alla R.S.I. divenne per Borghese "necessaria" per continuare la guerra, ma assolutamente "apolitica": tanto che sarebbe nata anche senza Mussolini, così come il fascismo repubblicano era nato senza Mussolini. Il senso della decisione di Borghese può essere riassunto in un concetto espresso nelle Memorie: "Se Badoglio ci avesse fatto uscire dalla guerra in modo decoroso e onorevole, avrei obbedito. Se Umberto di Savoia o il duca d'Aosta si fossero messi a capo delle Forze Armate abbandonate a loro stesse, avrei obbedito; ma col loro comportamento i capi responsabili del paese avevano abdicato alle loro prerogative, perdendo così, secondo la mia etica, ogni autorità e diritto ad impartire ordini. Era per me inammissibile che, dovendosi sottrarre alla guerra e all'alleanza, lo si facesse in modo così ipocrita e indecoroso. Una guerra si può vincere o si può perdere, ma si deve saper perdere con dignità. Per un popolo la sconfitta militare incide solo materialmente; ma perdere col disprezzo dell'alleato tradito e con quello del vincitore cui si supplica di accodarsi, incide moralmente e le tracce restano per secoli". Dal giorno 8 settembre 1943 al 26 aprile 1945, il Principe Borghese si trovò a capo di oltre ventimila volontari che avevano visto in lui l'uomo cui affidarsi per riscattare l'onta del tradimento. "Furono venti mesi […] durissimi ricorda Nesi - vissuti da perfetto militare assolutamente estraneo alla politica e al Partito Fascista Repubblicano, perennemente in contrasto con alcuni gerarchi che lo volevano sottomettere al loro potere, tanto che uno di loro propose al Duce di ucciderlo per toglierlo di mezzo, spesso in contrasto con lo stesso Mussolini perché "non allineato" e spesso in contrasto perfino con il maresciallo Graziani per le diverse discordanti vedute". Il 26 aprile 1945 Borghese fu salvato a Milano dai capi del CLNAI "dalla furia partigiana […] e portato in salvo a Roma dagli stessi nemici angloamericani, che non lo dichiararono mai prigioniero di guerra, né non lo riconobbero mai come "criminale di guerra". Il libro di Sergio Nesi è pubblicato dall'Editrice Lo Scarabeo (http://www.loscarabeobologna.it). I reparti terrestri Nell'inverno 1943 - 44 nacque una formazione identificata prima come "gruppo battaglioni" e successivamente quale "reggimento", sempre denominata "San Marco", e basata su tre battaglioni: - il Nuotatori Paracadutisti, o abbreviato NP; - il Maestrale (poi ridenominato Barbarigo), di Fanteria di Marina; - il Lupo, di Fanteria di Marina. Nella primavera del 1944, la buona prova fornita dal Barbarigo sul fronte di Nettuno e l'afflusso costante di volontari permetteva di costituire una divisione fanteria di marina, così organizzata: Comando divisionale - battaglione genio divisionale Freccia - battaglione complementi Castagnacci 1° reggimento Fanteria di Marina. - battaglione Barbarigo - battaglione NP - battaglione Lupo 2° reggimento Fanteria di Marina. - battaglione Valanga - battaglione Fulmine - battaglione Sagittario 3° reggimento artiglieria - gruppo artiglieria da montagna San Giorgio - gruppo artiglieria campale Colleoni - gruppo artiglieria campale Da Giussano. I reparti furono trasferiti in Piemonte per il necessario addestramento, anche per lo sbarco alleato nella Francia Meridionale, che minacciava direttamente l’Italia. Qui furono coinvolti nel meccanismo tragico della guerra civile, nella stagione di sangue che sconvolse l’Italia. Quando si delineò più forte la minaccia dell’Esercito Popolare di Liberazione Iugoslavo contro i territori orientali italiani, la divisione fu trasferita nel Veneto orientale. Da qui, dopo alcune operazioni di controguerriglia, nel dicembre 1944, va detto che quasi tutti i suoi battaglioni si trasferirono a Gorizia, ove fra il dicembre 1944 ed il febbraio 1945 sostennero sanguinosi scontri con il IX Korpus iugoslavo. Nello stesso periodo il solo battaglione Lupo ed il gruppo artiglieria Colleoni raggiungevano il fronte sud, combattendo contro truppe canadesi prima, ed inglesi poi. La divisione modificò anche la propria organizzazione, suddividendosi in due gruppi di combattimento: Comando Divisione battaglione complementi Castagnacci 1° gruppo di combattimento - battaglione Barbarigo - battaglione NP - battaglione Lupo - gruppo artiglieria campale Colleoni - aliquota battaglione genio Freccia 2° gruppo di combattimento - battaglione Valanga - battaglione Fulmine - battaglione Sagittario - gruppo artiglieria da montagna San Giorgio - gruppo artiglieria campale Da Giussano - aliquota battaglione genio Freccia. Nel marzo 1944 anche i battaglioni Barbarigo e NP mossero per il fronte del Senio e del Santerno. Ai primi giorni d’aprile del 1945, quando si scatenò la grand’offensiva finale, anglo americano, i reparti della Decima combatterono in retroguardia, ritirandosi ordinatamente verso il Veneto per riunirsi al resto della Divisione e, nelle intenzioni, rischierarsi al confine orientale; ma a Padova la colonna fu circondata da unità corazzate alleate, e vi si arrese, ricevendo l’onore delle armi. Altri battaglioni autonomi furono costituiti per compiti particolari: Battaglione Pegaso a protezione della sede del Ministero della Marina, a Montecchio Maggiore (VI) Battaglione Risoluti: difesa costiera in Liguria Battaglione Scirè, a protezione della Scuola Mezzi d'Assalto di Sesto Calende Battaglione Serenissima, per la difesa del porto e delle installazioni di Venezia Battaglione Vega, per missioni speciali nell'Italia sotto il controllo alleato. Gruppo contraereo Q Distaccamento "Umberto Cumero", Torino Distaccamento Milano Distaccamento "Bogoni", in provincia di Treviso A tutela dei confini orientali, la Decima sviluppò a tutta un’ulteriore serie di presidi e reparti: o Battaglione San Giusto, Trieste - compagnia D'Annunzio, Fiume - compagnia Sauro, Pola - Compagnia Adriatica, Cherso I reparti navali
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Il memoriale è qui liberamente scaricabile.
dele doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di
una munitissima base navale nemica alcuni volontari destinati a tentarne il forzamento
con mezzi micidiali,...