IL SOSTRATO MEDIOEVALE NEL BAROCCO
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IL SOSTRATO MEDIOEVALE NEL BAROCCO
IL SOSTRATO MEDIOEVALE NEL BAROCCO LECCESE CAP. I CENNI STORICI La particolare fioritura del Barocco nella città di Lecce e nella provincia, (ín cui non c'è comune, anche il più piccolo, che non abbia avuto la sua Chiesa, il suo palazzo, o altro monumento di stile barocco) ha interessato sempre gli studiosi, che hanno tentato di darne una spiegazione. Il problema non avrebbe ragione di sussistere se il Barocco a Lecce avesse avuto gli stessi caratteri e la stessa fioritura che ebbe in altre provincie d'Italia. Ma la nota dovizia di particolari, talora sovraccarica, la sovrabbondanza degli ornamenti e, sopratutto, l'espansione quasi contagiosa di questo stile, che caratterizza ogni via, ogni angolo, ogni finestra, di questa città, merita una spiegazione sua propria. Anche il passeggero più distratto, attraversando una qualunque via di Lecce è attratto da una certa forma, da un certo stile, che caratterizza particolari ed insieme, determinando una visione varia e pure uniforme, che nasce da un'unica impostazione stilistica delle costruzioni. Non c'è strada che non abbia la sua finestra, i suoi ballatoi, i suoi architravi, i suoi fregi di stile barocco. Per darsi conto di una fioritura stilistica così varia e pur così uniforme, tanto che talora scivola nel monotono, molti hanno stabilito un facile ed immediato confronto con l'arte spagnola, fiorita nello stesso periodo, ed hanno parlato di plateresco, spagnolesco, o di termini analoghi, quasi che essi bastassero da soli a spiegarci la particolare e caratteristica fioritura del Barocco leccese. Ma, a parte il fatto che, in arte, ogni confronto va bandito, come cosa vietata, si può spiegare un'opera sotto l'influenza di un'altra, ma non un fenomeno stilistico sì profondamente sentito e goduto, che caratterizza saldamente con la sua impronta un'intera città, e si diffonde in tutta una provincia, che pure é vasta e non troppo fortunata per vie e mezzi di comunicazione, specialmente nel 600. Né si limita nel tempo alla durata di qualche generazione, ma, con gradazioni di intensità diversa, dura circa due secoli. Talora l'arte nasce dall'arte, come la moda da alcuni esempi che 67 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce hanno la forza di imporsi: uno schema iconografico può piacere ed imporsi, un motivo compositivo o stilistico può aver fortuna ed essere imitato. Se però un modello, nella moda come nell'arte, s'impone fino a diventar forma comune e quasi congenita in tutta una generazione, non è solo, per virtù del modello, ma è perché risponde alle esigenze e trova in quella generazione la predisposizione a sentirlo e gustarlo. Così dunque, se si fosse trattato di pura e sola influenza straniera, tutto sarebbe rimasto in superficie ed avrebbe avuto una diffusione limitata nel tempo e nello spazio. E' un luogo comune spiegarsi la fioritura particolare del Barocco, nella sua forma caratteristica in provincia di Lecce, con la facilità di lavorazione della pietra locale. La così detta « pietra leccese » è un conglomerato tenero e compatto, che si lascia facilmente incidere anche dal solo scalpello, senza l'uso del martello, che non si sfalda, e, per la sua compattezza, fa ottenere risultati bellissimi, permettendo di eseguire sculture rifinite anche nei particolari minimi, con una cura degli elementi compositivi anche più piccoli, in breve tempo e con poca spesa. Va però primamente osservato che molte opere del Barocco leccese sono in « carparo », pietra anch'essa molto diffusa ma assai dura e poco compatta, quindi di difficile lavorazione, anche perché si sfalda e si spezza facilmente, distruggendo così un modello o un disegno talora quasi compiuto, rendendo spesso vana una lunga fatica, e non consente quindi di curare facilmente i particolari. Insistere poi sulle caratteristiche della pietra locale è un voler spiegarsi l'arte dall'esterno, come se la realizzazione di un modello o d'un'idea dipendesse dal materiale impiegato, ignorando che essa è fenomeno ben più complesso e che quando deve morire non l'arrestano né la durezza della pietra, né le difficoltà tecniche. L'arte e le sue manifestazioni concrete e pratiche sono fenomeni spirituali le cui scaturigini vanno cercate nel cuore, nella mente e nella fantasia; né si possono spiegare dal di fuori. Qui non si vuol negare il valore dell'imitazione, che in arte ha molta importanza, né la buona influenza di certi aspetti insiti nella nostra terra anche se di natura materiale, come la facile reperibilità della pietra e la sua facilità di lavorazione. La facilità di reperire e lavorare la pietra è un dato di fatto positivo, che però favorisce, ma non spiega un fenomeno artistico vasto quanto il Barocco leccese; né va negata l'importanza degli stimoli esterni determinati dai nuovi modelli, siano pure essi quelli importati dalla Spagna. Sollecitazioni e stimoli hanno la loro indubbia importanza se è vero che talora un'attività dello spirito ha bisogno del LA per manifestarsi perché spesso essa è un'esigenza ormai diffusa, ma non ancora chiarita e rivelata; compito che viene spesso assolto da elementi esterni. 68 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce La facilità di lavorazione della pietra ha potuto influire sulla diffusione a carattere popolare ed economico dello stile sia per la possibilità di avere modelli complicati e ricchi di trine e ghiribizzi, in cui la fantasia poteva effondersi intera, e, sopratutto, per il basso costo sia del materiale grezzo, che si trova nell'immediato sottosuolo della città e dei dintorni, sia dei pezzi lavorati, perchè la morbidezza di essa consente ad un maestro scalpellino di eseguire in breve tempo, talora in una giornata, un capitello o un blocco di colonna. Facilità di lavorazione della pietra, economia nell'esecuzione dei modelli e nell'acquisto del materiale, stimoli esterni e modelli stranieri sono tutti elementi importanti, il cui contributo fu validissimo per la diffusione del Barocco; ma da soli non bastano a spiegarci i caratteri tipici di questo stile in terra d'Otranto, né la sua diffusione spesso a carattere popolare, altre volte popolareggiante, a volte senza la minima pretesa artistica, altre invece pretenzioso e tronfio, che prese piede e si affermò anche nei paesini più piccoli e sperduti, nei borghi rurali e, spesso, anche nelle cappellette padronali delle masserie (Monacelli, in feudo di Squinzano; Madonna dell'alto e Sant'Elia in feudo di Campi; San Giovanni Monicantonio in feudo di Guagnano ecc.). La spiegazione d'un fenomeno tanto caratteristico e tanto vasto va cercata pertanto in ragioni spirituali e profonde insite nel carattere del nostro popolo. Essa sta nel carattere della gente leccese, nella sua tradizione artistica, estetica e culturale, sopra tutto nel suo mondo fantastico e morale, che affonda le radici nella remota civiltà greca e nella più immediata civiltà medioevale con le sue varianti bizantine, romane, arabe, sveve, sulle quali gli elementi tipici del Barocco italiano, e forse anche spagnolo, trovarono il terreno adatto al loro sviluppo. CAP. T I LA TRADIZIONE Tutta la gente meridionale è legata alla tradizione in modo sentimentale e quasi passionale. Sopravvivono ancora forme di usanze funebri o cerimonie nuziali risalenti, senza dubbio, al medio evo; alcune forme di superstizione religiosa, alcuni riti di propiziazione o di ringraziamento, spesso con ex voto, sono ancora medioevali. Se tanta Storia passata, se tanta acqua scorsa sotto i ponti, non sono state capaci ancora di annullare fino ad oggi molte sopravvivenze, più vive ed attuali esse dovettero essere nel 600. Il cammino della civiltà è legato ai mezzi di cui essa stessa si serve per progredire: vie e mezzi di comunicazione, scambi, commerci 69 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce ecc., che sono mezzi materiali, e di altre forme spirituali, che, sono quasi la molla del progresso. Ora, tanto i mezzi materiali che quelli spirituali mancarono al popolo leccese, che, forte della tradizione bella e gloriosa del suo passato, attaccato ad essa con l'entusiasmo della passione, visse del culto dei ricordi culturali estetici ed artistici. Su questa tradizione si formarono artisti ed artigiani, ma, sopratutto, si educò tutto il popolo che continuò ad amare quelle antiche forme. CAP. III BAROCCO LECCESE E RINASCIMENTO ITALIANO Il barocco fiorì in ogni regione d'Italia sul terreno fertilizzato dall'Umanesimo e dal Rinascimento. Ne sarà stato un naturale sviluppo, ne avrà segnato i limiti e la decadenza, ne avrà indicato l'aberrazione, è certo comunque che il 600 non ignora le conquiste del 400 e del 500. Se ogni secolo nel suo nascere è adulto dell'esperienza di quello precedente, se ogni epoca della Storia matura i semi della precedente ed anticipa i frutti della seguente, il Barocco è ricco delle esperienze che l'umanesimo ed il Rinascimento avevano insegnato all'Italia ed al mondo. Né certe raffinatezze stilistiche e formali potrebbero intendersi fuori della tradizione di eleganza e finezza che il 500 aveva affermato. E' proibito fare ipotesi nella storia dello Spirito umano e dell'arte, ma alcuni modi di esprimersi propri del Barocco, alcune sue interpretazioni iconografiche non ci sarebbero state se non ci fosse stato prima di loro Michelangelo: Bernini, Borromini, Caravaggio, e tutti gli altri da lui hanno udita la parola ed assimilato il linguaggio. Non si può dire, in assoluto, la stessa cosa del Barocco leccese perchè ad esso era mancato l'innesto diretto sul ceppo rinascimentale. Il Rinascimento, se qui si era fatto sentire, non era diventato patrimonio comune, non era stato avvertito come modo di pensare e di agire; abbassandone un poco il livello con un vocabolo comune, potremmo dire: non era diventato moda. Indubbiamente a Lecce c'era stato un movimento umanistico: Scipione Ammirato non era passato invano, anche se più spesso aveva operato fuori, e con lui tutta una schiera di scrittori ed artisti, di uomini e di opere nobili; né mancarono le accademie, quasi manifestazione esterna del movimento culturale. Ma tutto rimaneva dominio di gruppi scelti e di cerchie isolate, se non di una limitata aristocrazia. Non si pretende che il Rinascimento sia stato movimento demo70 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce cratico, nel senso della sua estensione a livello popolare, in atto non lo fu in nessuna parte d'Italia e tanto meno lo poteva essere nel leccese dove mancava il sostrato idoneo per la fioritura di un moto culturale tanto eletto, che presupponeva vasta cultura ed ideali nuovi. Mancando il fermento rinascimentale, dunque, il Barocco leccese, almeno nella sua forma più generale e diffusa, non si innestava sul sostrato culturale fecondato dalla civiltà del 400 e del 500, ma su un ceppo più remoto e, qui da noi più solido, risalendo ai primi secoli dopo il Mille C'era stata come una grande alba, la cui luce radiosa non si era mai offuscata: erano gli ultimi echi del medio evo, ma rinnovati dalle prime risonanze di un'era nuova, che non si era ancora chiarita a se stessa, i cui caratteri non si erano ancora definiti, ma che già avvertiva turgidi i nuovi problemi e le nuove ansie gonfiarsi sotto la patina bizantina, basiliana, medioevale. Era stata l'epoca di Federico II, di Enzo e Manfredi, di Pier delle Vigne e di Giacomino Pugliese, e di tutta una fioritura artistica, che si coronava nella formazione di Nicola Pisano, i cui valori fecondatori non saranno mai dimenticati. Era tutto quell'insieme di cultura e di conquiste, che al Romanico di Terra d'Otranto e di terra di Bari avevano dato un linguaggio suo proprio imprimendovi saldamente una forma particolare, forte e solenne, austera e magnifica, soffusa di una patina .di arcaismo, spesso voluto, che gli ha meritato una sezione a parte nello studio di quell'epoca, col nome di: Romanico Pugliese. Forme primitive e solenni corrispondenti profondamente al carattere degli artisti, e del popolo, che le hanno create, le quali affondano le loro radici in un misto di valori religiosi particolarmente e profondamente sentiti e di altri valori: etici, civili e sociali, connessi con una particolare interpretazione della vita, della materia e delle sue possibilità espressive. Il linguaggio primitivo e possente di queste forme, inclini ad una religiosità sentimentale, ad un riconoscimento dell'autorità costituita, ad una spigliatezza fantastica, non è un fatto esteriore, importato o sovrapposto, ma risponde intimamente al carattere del popolo, che lo parla, ne costituisce la più chiara espressione, e perciò non potrà essere, e non lo sarà mai, dimenticato; anzi è come un'esigenza, come una necessità implicita. Le cattedrali romaniche assumono in questa terra il valore dell'inno religioso, cantato da un coro d'uomini forti, abbronzati dal sole nelle lunghe fatiche dei campi, ma non per questo privi di profonda ed antica cultura, fiduciosi nel destino dell'umanità, che a loro pareva quasi risorgere dalle loro mani. Questo è il valore di Santa Maria di Cerrate (in feudo di Squizano, a Km. 4 dal mare Adriatico) dall'austero portale scolpito, dall'elegante ed esile colonnato del chiostrino, (che nella purezza dei suoi 71 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce capitelli assume un significato prezioso) dalla facciata a capanna dal vertice allungato, svettante tra lunghe estensioni di olivi contorti a perdita d'occhio, sitibondi per la lunga arsura delle estati siccitose, sui quali i secoli nel loro corso perenne e, sempre uguale, hanno impresso il loro solco inconfondibile. Lo stesso anelito, pregno di religiosità e di umane conquiste, si avverte nella cattedrale di Otranto, nel cui pavimento musivo si leggono in lunga narrazione le leggende e le allegorie dell'Umanità, della sua Storia e dei suoi destini. Né diverso è il significato di tutte le altre costruzioni, grandi e piccole, del Romanico, anche di quelle che poi furono restaurate o rifatte in altre epoche, nelle quali l'antico linguaggio serbò qualcosa della sua rudezza e della sua forza. Ecco perché, nel variare delle vicende storiche, quelle forme e quel linguaggio, pur evolvendosi, rimasero immutati: passarono Normanni e Svevi, Musulmani, Francesi e Spagnoli, ognuno di essi portò il suo contributo; ognuno lasciò un pò di se stesso, e della sua civiltà, ma il ceppo rimase quello, quello stesso cioè che aveva cantato San Nicola di Bari, Santa Maria di Casole, Santa Caterina a Galatina. Su quel ceppo, quasi senza soluzione di continuità, si innestò il Barocco, sia pure per vie mediate e remote. La vitalità fantastica e rigeneratrice del Duecento, sopita e pur viva tacitamente per tanti secoli, sollecitata dal libero canto delle forme barocche si ritrova sicura e nuova, colmando, apparentemente, uno iato creativo, che pareva durasse dalla fine del XIII secolo, in realtà riattizzando un fuoco che già aveva brillato, che s'era appannato di cenere per tre secoli, e che ora al soffio del nuovo vento fantastico, tornava a brillare ruggendo. Ecco perché per il Barocco leccese si deve parlare d'un Barocco nuovo ed originale, sorto sul solido ceppo d'una cultura e d'un gusto profondamente radicati nel popolo di Terra d'Otranto fin dalle remote scaturigini del medioevo, quasi immuni dai caratteri del Rinascimento, che pure aveva avuto la stessa origine. MARIO FALCO (Continua) 72 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce
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