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Geopolitical Review Paper ISSN 2499-278X Boko Haram: tanto sanguinaria quanto sottovalutata 2016 Massimo Pascarella www.geopoliticalreview.org www.alphainstitute.it Geopolitical Review Paper - Anno II (2016) ISSN 2499-278X Edito da Geopolitical Review www.geopoliticalreview.org [email protected] [email protected] The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence www.alphainstitute.it [email protected] Distribuito con Licenza Creative Commons CC BY 3.0 IT Photo Credits: AK Rockefeller (www.flickr.com/photos/akrockefeller/7219441626), Licensed under the Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic | Flickr L’Autore Massimo Pascarella Massimo Pascarella è laureato in “Scienze Politiche e Relazioni Internazionali” e possiede un master in “analisi d’intelligence”. Collabora con la testa giornalistica boliviana “El Deber” e con vari think tanks italiani. Boko Haram: tanto sanguinaria quanto sottovalutata di Massimo Pascarella (English Abstract) Boko Haram: as bloodthirsty as underestimated The political crisis of Nigerian state escalated by unequal economical distribution between North and South of the country – with the growing up of Islamic extremist streams among Nigerian Muslims – has spurred the advent of Boko Haram (BH). The jihadist group is represented by a bulk of separated cells following the community’s ideology founded by Sheikh Muhammad Yusuf in 2002 in Yobe, which gave itself the name “Nigerian Taliban”. It has become the recipient of angry and deceived young boys, criminals, gangsters and opportunists. Currently Abubakar Shekau represents Boko Haram, for his tight bond with Yusuf and due to the fact that he was his right hand. “Nigeria technically won the war against Boko Haram”, these the words of President Buhari in an interview at BBC on 24 December 2015. He also asserted that jihadists can’t conduct conventional attacks against security forces or residential areas anymore, reduced to fight with improvised explosive devices (IED), counting on their only shelter left situated in the Borno state. Despite the success of the operations carried out by the Multi-National Joint Task Force (MNJTF) and the Nigerian army against Boko Haram, the threat is still present considering the group’s capacity to attack in an unpredictable way. The group led by Shekau has shown an extraordinary tactical resilience moving its hub offensive in Nigeria from war on the field to pure terrorism, becoming as hard to vanquish as bloodthirsty. It’s noteworthy to mention that Boko Haram evidently seems to follow alShaabab’s steps which, after losing important ground battles and consequently the overall of its territories due to AMISON forces’ operations, has intensified its terroristic actions through bloody attacks aiming at soft targets in Mogadishu (e.g. The attacks at Westgate Mall of Nairobi and at North-Eastern Garissa University). Furthermore, the transformation of the group in a wilaya of the Islamic State could induce the organization to carry out international operations, managing to abduct western citizens and strike sensible targets related to them. Therefore, despite the fact that the counter-insurgency strategy put into effect by Buhari and the MNJTF has proven itself efficacy removing the jihadists from the 90% of their territories and outposts, the war against Boko Haram is far from being over analyzing the recent attacks perpetrated by Boko Haram in Nigeria and Cameroon, on December 2015 and January 2016. Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 1 www.alphainstitute.it La crisi politica dello Stato nigeriano e la sperequazione economica tra nord e sud – di concerto al crescente fruire di correnti islamiche estremiste e salafite tra i nigeriani musulmani – hanno incoraggiato il sorgere di Boko Haram (BH), gruppo jihadista contenitore di giovani arrabbiati ed illusi, criminali, gangsters ed opportunisti, rappresentato da un coacervo di nuclei separati che seguono l’ideologia della comunità fondata da Sheikh Muhammad Yusuf nel 2002 a Yobe, che assunse il nome di “Talebani nigeriani”. Attualmente Shekau, conosciuto per essere stato il braccio destro di Yusuf, rappresenta il volto esterno di Boko Haram. L’obiettivo esistenziale del gruppo sembra dirigersi verso la proiezione de facto del califfato di Sokoto – uno dei più grandi imperi africani prima che l’Inghilterra vi subentrasse nel 1903 – nel nord-est della Nigeria collegandolo con i territori a maggioranza musulmana presenti in Niger, Camerun e Ciad, potendo in ultimo dividere il Paese dalla sua popolazione cristiana sudista. Ne è la prova la sua campagna separatista che, iniziata con il primo attacco suicida della storia nigeriana il 16 giugno 2011 ad Abuja, ha raggiunto un livello equiparabile all’insorgenza con l’instaurazione de jure di un califfato islamico (sunnita) in Nigeria, il 24 agosto 2014. Il sopraccitato obiettivo implica l’introduzione della sharia sull’intero territorio della Federazione nigeriana – nonostante siano stati adottati codici civili e penali basati sulla legge islamica dal 2000 in 12 Stati del settentrione – attraverso l’eliminazione fisica di chiunque non supporti in toto il gruppo jihadista, trasformando la vita pubblica e politica in ossequio agli ideali salafiti. Per assurgere a simili propositi, attraverso sostegni elargiti da benefattori locali ed internazionali, pirateria – soprattutto nella costa occidentale africana -, traffico di droga, presa di ostaggi, rapine bancarie, furti ai danni dei militari nigeriani, spesso in aree di confine col Niger ed il Camerun. Secondo il governo di Abuja, BH chiede circa 1 milione di dollari per il rilascio di prigionieri nigeriani, mentre la cifra sale a 3 per gli stranieri. Si stima che tra il 2006 e il 2011 il gruppo abbia acquisito introiti pari a 70 milioni di dollari grazie alle sue attività ed ai suoi sponsor, le cui casse venivano rimpinguate annualmente da circa 16 milioni di dollari grazie a sequestri di persona e rapine. Gli introiti del gruppo vengono reinvestiti principalmente nell’acquisto di armi (in prevalenza fucili AK-47) ed esplosivi – spesso fabbricati rudimentalmente con materiali Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 2 www.alphainstitute.it locali a prezzi molto più bassi – provenienti dalla regione saheliana e dai confini libici (gli arsenali appartenenti all’ex dittatore Gheddafi). Ciò nonostante, stime su entrate e spese del gruppo permangono aleatorie e difficili da precisare. Secondo l’intelligence statunitense, ad inizio 2015 il gruppo contava dai 4,000 ai 6,000 combattenti, la cui maggioranza reclutata nel nord della Nigeria e in aree contigue dove il gruppo detiene affinità etniche e culturali (in preponderanza con i kanuri). Secondo Amnesty International, da inizio 2014 il gruppo salafita ha sequestrato nella sola Nigeria circa 2 mila donne ed ucciso quasi 20,000 nigeriani, producendo 1.5 milioni di profughi interni ed in Paesi limitrofi. Di conseguenza, davanti all’escalation in Nigeria ed alla concreta minaccia sofferta dai Paesi confinanti, la costantemente divisa Unione africana (UA) ha votato all’unanimità il 7 febbraio 2015 a Yaoundé circa la creazione di una Multi-National Joint Task Force (MNJTF), costituita da 7,500 soldati provenienti da Niger, Camerun, Benin e Ciad, stanziati a Baga (nello Stato del Borno) per affiancare l’esercito nigeriano e spingere per un mandato di peace-enforcement del Consiglio di Sicurezza ONU. Con la nuova strategia adottata dall’UA nel maggio 2015 ad Abuja, il comando centrale della MNJTF è stato trasferito a N'Djamena, in Ciad, ed il contingente militare della missione è salito a 8,700 unità con un mandato di 12 mesi. Le forze della coalizione hanno conseguito enormi risultati sulla carta: il gruppo di Shekau – che ex ante la controffensiva militare della MNJTF possedeva circa 20,000 chilometri quadrati di territorio nello Stato dello Yobe, del Borno e dell’Adamawa – ha perso circa il 90% dei suoi possedimenti territoriali ripiegando sulla sola foresta di Sambisa, nel nordest nigeriano, mentre si è ancora in attesa delle Nazioni Unite. Quanto è forte e veritiero il legame con l’Isis? Nel Marzo 2015, secondo il “Jihadist monitoring group” (SITE), un messaggio audio del leader nigeriano Shekau sanciva il giuramento di fedeltà di BH allo Stato Islamico, accettato il 12 marzo da al-Baghdadi tramite un messaggio di Mohammed al-Adnani, portavoce dell’organizzazione. Nonostante l’arrivo di 200 combattenti di Boko Haram a Sirte, in Libia, per sostenere le forze jihadiste dell’ISIS nell’agosto 2015 e la presenza di alcune sue milizie in un campo di addestramento dello Stato Islamico a Mosul, in Iraq, non vi sono state né connessioni operazionali né contatti ai vertici tra i due gruppi. Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 3 www.alphainstitute.it Di conseguenza, il giuramento appare come una mossa meramente di profitto in termini propagandistici e mediatici da parte di Boko Haram, con il mero scopo di attrarre denaro e combattenti stranieri, constatato il razzismo verso i neri vigente tra le fila dei jihadisti arabi. La strategia del governo nigeriano Buhari ha incentrato la politica del suo governo su due perni: la lotta contro la corruzione e contro Boko Haram, dove il primo rappresenta una complementarietà del secondo. In funzione di ciò, lo scorso luglio Buhari ha sostituito consulenti per la sicurezza nazionale, funzionari del Ministero della Difesa, nonché leaders di esercito, marina ed aeronautica. Al contempo, il Presidente nigeriano ha riorganizzato e riequipaggiato l’esercito, facendo sì che ricevesse addestramento specialistico dalla forze britanniche, americane e francesi. Importante ruolo ha giocato l’assunzione di mercenari sudafricani nel gennaio 2015, con compiti addestrativi e di “contro-guerrilla”. Informazione confermata dall’agenzia turca Anadolu, riferendosi a circa 250 mercenari dispiegati dall’ agenzia Specialized Tasks, Training, Equipment and Protection (STTEP), grazie ad una fonte del dipartimento di difesa nigeriano rimasta anonima. Contemporaneamente alla minaccia jihadista sunnita, le forze governative nigeriane stanno affrontando la rivalsa estremista sciita negli Stati del nord, reclamanti l’approntamento della relativa dottrina islamica in contrapposizione alla “nemesi” sunnita. Secondo attivisti di diritti umani locali ed internazionale, l’esercito nigeriano si è macchiato dell’uccisione di quasi 100 membri sciiti del Movimento Islamico della Nigeria (IMN) tra il 12 ed il 14 dicembre (con l’accusa di seppellire i corpi per dissimulare la portata del massacro), rischiando di provocare una nuova insorgenza nel nord del Paese. Il nuovo corso di Buhari ha sconfitto Boko Haram in Nigeria? La Nigeria ha “tecnicamente vinto la guerra contro Boko Haram”. Queste sono state le parole del Presidente Buhari alla BBC il 24 dicembre 2015, aggiungendo che i jihadisti “non sono più in grado di condurre attacchi convenzionali contro forze di sicurezza o centri città”, e “sono stati ridotti a combattere con dispositivi esplosivi improvvisati (IED)”, rimanendo una forza presente solo nel Borno. Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 4 www.alphainstitute.it Nonostante gli enormi successi ottenuti dall’esercito nigeriano (rimpolpato dalla MNJTF) contro BH, Buhari ha sicuramente esagerato nelle sue dichiarazioni, in quanto il gruppo di Shekau ha effettivamente perso il controllo di vasti territori ma rimane in grado di colpire con quasi lo stesso numero di unità stimate ad inizio 2015 (avendo subito poche perdite grazie alle sue ritirate strategiche da scontri “frontali” contro forze armate regolari), nonostante i guadagni del gruppo siano diminuiti in relazione alla perdita di territorio e di ostaggi/detenuti in seguito alle operazioni della MNJTF. Le sue operazioni si espletano in maniera imprevedibile attraverso attentati suicidi – spesso perpetrati da donne – ai danni di soft targets (centri commerciali, moschee, chiese, università e mercati). Ciò è stato dimostrato dagli attacchi del 28 dicembre nel nord-est Nigeria, da quelli del 13 e 26 gennaio 2016 in Camerun (nei pressi del confine nigeriano) e, nuovamente, dopo soli 4 giorni a Maiduguri. Gli attentati hanno provocato rispettivamente 80,10,32 ed 86 vittime. L’internazionalità del gruppo E’ importante indicare che tra le frontiere nigeriane quella con il Camerun costituisce la più vulnerabile, dove basi operative di BH sono state utilizzate in funzione di traffico di armi, rapimenti, e reclutamenti (in larga misura dal Mali e dalla Repubblica Centrafricana). Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 5 www.alphainstitute.it Differente è la frontiera Ciad-nigeriana che non si presenta facilmente penetrabile a causa della presenza del lago Ciad. Giocoforza, pseudo-infiltrazioni dei miliziani di Boko Haram nei territori ciadiani sono state piuttosto rare, difatti, gli unici casi ufficiali di attacchi suicidi sono avvenuti a N’Djamena il 15 giugno e l’11 luglio, registranti 59 morti in totale. Ciò nonostante, attacchi terroristici sono stati portati a termine (settembre 2015) nell’area del sopraccitato lago – per la presenza di petrolio e uranio – danneggiando l’economia nigeriana e rendendo arduo il commercio con il governo di N'Djamena. Frequenti, inoltre, sono state le imboscate ai danni di camion sulla strada DoualaN’Djamena con lo scopo di bloccare rifornimenti diretti in Chad e nel nord del Camerun, suggerendo l’intenzione del gruppo di destabilizzare l’intera area del bacino del lago Ciad. Grazie ai migranti che dalla Nigeria si dirigono verso l’Europa passando per la Libia (1,199,100 milioni secondo l’International Migration Report 2015 dell’ONU), BH è riuscito a colpire in Niger, ripercussione diretta per l’entrata del Paese nella MNJTF, come dimostrato dall’ultimo attentato del 18 giugno nella provincia di Diffa causante 38 morti. Un recente interesse del gruppo è stato rinvenuto in Senegal (dove il governo già affronta la paura di un’infiltrazione jihadista): l’8 novembre a Dakar ha arrestato 7 sospettati di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo aventi connessioni concrete con i militanti di Shekau. In Mali Boko Haram ha supportato al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) così come il Movimento per l'unità e la Jihad in Africa occidentale (MUJAO), laddove in Somalia una discreta presenza è stata registrata dietro al-Shabaab (soprattutto per addestramento). Il coinvolgimento di BH nella Repubblica Centrafricana è stato confermato dall’intelligence francese e ciadiana, grazie allo stretto legame intrattenuto dal gruppo con le frange Seleka. I rapporti si sviluppano attraverso vendita di armi e supporto nei combattimenti contro i miliziani cristiani anti-Balaka. BH è destinata a divenire come Al Shabaab? Al-Shabaab – gruppo jihadista somalo considerato organizzazione terroristica dal 2008 secondo gli USA ed unitosi ufficialmente ad al-Qaeda nel 2012 – sembra “flirtare” con l’ISIS per un’associazione sul piano operativo, essendo stata seriamente indebolita prima dalle forze della missione AMISON inaugurata nel febbraio 2007, e poi dall’ Operation Indian Ocean condotta dall’Unione africana di concerto agli attacchi aerei statunitensi, a partire dall’agosto 2014. Estromessa da Mogadiscio nell’agosto 2011, l’organizzazione ha cambiato la sua strategia verso la tattica della guerrilla e dell’hit and run – spesso prendendo di mira i civili – e Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 6 www.alphainstitute.it nell’ottobre 2015 una fazione interna guidata da Abdul Qadir Mumin ha giurato fedeltà all’ISIS, sintomo del declino di al-Shabaab (legato ad al-Qaeda dal 2012) e della sua necessità di attrarre finanziamenti e reclute attraverso un nuovo vincolo di prestigio. La rete operazionale del gruppo non è estesa, ma lo è abbastanza da arrivare in Kenya e collegarsi ai gruppi locali, dove incontra supporto tra i keniani di origine somala e tra i keniani musulmani, maggiormente presenti nelle regioni costiere del Paese. Da evidenziare l’evidente similitudine di andamento tra la storia e la strategia di Boko Haram e di al-Shabaab. Nonostante la grande somiglianza tra i due gruppi, quello guidato da Shekau gode di un asso nella manica: la vicinanza e le possibilità di raccordo con i gruppi jihadisti presenti nel Sahel e nel nord-Africa. Ciò appare quasi una futura certezza piuttosto che una mera probabilità, comprovata dalla coalizione cristallizzata tra Mokhtar Belmokhtar ed il MUJAO, il 22 agosto 2013, denominatasi al- Murabitun ed annunciante la repentina alleanza con l’AQMI. Le suddette alleanze regionali sono state rilevate il 16 gennaio 2013 con l’attacco terroristico ai danni del centro di produzione gessifera situato ad Ain Amenas, nel sud dell’Algeria, posto in essere da Mokhtar Belmokhtar ed i suoi commandos internazionali. L’attacco fu tanto straordinario quanto nefasto e, oltre a produrre 70 vittime, evidenziò i legami e le relazioni tra varie cellule jihadiste di matrice algerina, tunisina, maliana e libica. La possibile evoluzione di Boko Haram Il gruppo islamista guidato da Abubakar Shekau ha dimostrato un’eccezionale duttilità tattica spostando il baricentro dell’offensiva in Nigeria dalla lotta sul campo al terrorismo puro, divenendo tanto più difficile da neutralizzare quanto sanguinario. Boko Haram pone in essere ritirate strategiche: i militanti lasciano la foresta per dirigersi verso zone rurali, attaccando villaggi e quando si trovano a dover fronteggiare forze militari regolari battono in ritirata ed effettuano attacchi suicidi nei pressi di Maiduguri. Ciò è permesso anche grazie alla presenza di basi secondarie e di retrovia presenti in Camerun (al confine con la Nigeria), spesso coadiuvate dal “lasciapassare” delle forze armate regolari. Giocoforza, il cambiamento tattico esperito dall’organizzazione jihadista rappresenta un vero e proprio atto di resilienza e di flessibilità che ha indotto l’apparato militare nigeriano a deviare le proprie risorse per asservire ad operazioni d’ intelligence e di messa in sicurezza di luoghi post-attentati terroristici, concedendo ai ribelli jihadisti il tempo per riorganizzarsi e pianificare il successivo attacco. Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 7 www.alphainstitute.it La prova di quanto asserito è fornita dalla visione strategica congiunta dei sopraccitati attacchi del 28 dicembre in Nigeria a Maiduguri e a Madagali (150 km a sud-est di Maiduguri), del 13 e 26 gennaio in Camerun rispettivamente a Kolofata e a Bodo, e del 30 gennaio a Dalori (a 5 km da Maiduguri). Elaborazione dell’Autore Tale strategia, corroborata dalla trasformazione dell’organizzazione in una wilaya dello Stato Islamico, potrebbe condurre l’organizzazione a porre in essere operazioni internazionali spingendosi a intensificare attacchi e rapimenti verso obiettivi e cittadini occidentali, aggregandosi alle operazioni dell’Isis in Africa settentrionale e cercando una maggiore compenetrazione tra le file dei miliziani di al-Qaeda nel Maghreb. Il possibile punto di raccordo tra Boko Haram e l’ISIS potrebbe essere la Tunisia, dove il governo sta affrontando “il grande esodo” dei foreign fighters: tra 2,500 e 3,000 si aggira il numero dei tunisini partiti per raggiungere l’Iraq e la Siria, la maggior parte per unirsi allo Stato Islamico. Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 8 www.alphainstitute.it La debolezza delle istituzioni governative tunisine post-rivoluzione dell’aprile 2011 e lo smantellamento dell’apparato di Stato libico, oltre a spiegare tale fenomeno, lasciano aperte possibilità d’infiltrazione jihadista più profonde, arrivando ad ipotizzare l’inizio di una collaborazione effettiva tra il gruppo di Shekau e lo Stato Islamico, supportata logisticamente dall’AQIM che detiene maggiori capacità logistiche nel nord Africa (ed in particolar modo in Tunisia per la presenza di Ansar al-Sharia). Una doverosa nuova visione strategica governativa Il governo di Abuja dovrebbe basare la (nuova) lotta contro Boko Haram su tre pilastri. Constatato che il gruppo continua a fare affidamento su attentati suicidi e sparatorie su folle di civili inermi, un parziale cambiamento tattico delle attuali operazioni di counterinsurgency esperite dal governo nigeriano dovrà rappresenta il primo pilastro: dimezzare le risorse fornite all’intelligence in funzione di combattimenti convenzionali (se pur asimmetrici) terrestri ed aerei, dando spazio a vere e proprie operazioni d’intelligence preventiva mirate a scovare i legami di Boko Haram con la popolazione civile (e non): soggetti dormienti, infiltrati ed affiliati del gruppo. Tale cambiamento tattico dovrà inevitabilmente essere apportato dal governo nigeriano, in quanto le forze della MNJTF (almeno per ora) non sembrano possedere ne gli strumenti ne l’addestramento idonei a simili compiti. Giocoforza, potrebbero verificarsi: casi di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine nigeriane ai danni della popolazione civile; l’opportunità per il governo di Abuja di sedare “scomode” opposizioni (in particolar modo quella sciita) attraverso raid e arresti di massa; violazioni gravi dei diritti umani, considerata l’inclinazione delle forze armate nigeriane a perpetrare crimini di guerra, incluse esecuzioni extragiudiziali e di massa (come riportato dal report di Amnesty International già dal 2014. E’ importante che Buhari cominci ad asservire a progetti di “de-radicalizzazione” nel nord Nigeria, attraverso l’inizializzazione di riforme strutturali e programmi incentrati sullo sviluppo che, se da un lato apportano un beneficio di lungo periodo in tal senso, dall’altro possono ridare speranza a quei giovani che si considerano dimenticati da uno Stato che privilegia il sud cristiano. Al contempo, questo permetterebbe di allentarne i legami con Boko Haram, rendendo la causa del gruppo jihadista sempre meno attraente. Ciò rappresenta il secondo pilastro, da attuare in contemporanea al primo. Il ritorno degli sfollati nigeriani alle proprie case, terzo ed ultimo pilastro della strategia di lotta contro BH, costituisce l’obiettivo più complicato da un punto di vista pragmatico in quanto tale ritorno dovrebbe avvenire in condizioni di sicurezza. Cosa che il governo di Buhari attualmente non può garantire. Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 9 www.alphainstitute.it Conclusioni Tenuto conto dell’evoluzione di Boko Haram e della sua propensione all’internazionalismo, della continua staticità delle operazioni di contro-insurrezione del governo nigeriano di concerto alla MNJTF, della mancanza di iniziative di riforma in senso strutturale sul piano sociale ed economico nel nord della Nigeria, bisogna asserire che il gruppo jihadista guidato da Shekau è ancora ben lungi dall’essere sconfitto. Boko Haram potrebbe tornare ad assediare la Nigeria sotto forma di vassallo dello Stato Islamico, costituendo un pericolo effettivo per gli Stati del bacino del lago Ciad, suffragando l’ondata jihadista nel Sahel e destabilizzando ulteriormente l’area nordafricana. Note bibliografiche: Matteo Finazzi, “ISPI”, L’evoluzione di Boko Haram: leadership, organizzazione e rapporti internazionali, http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/levoluzione-di-boko-haramleadership-organizzazione-e-rapporti-internazionali-13687, 17 Luglio, 2015 Farouk Chothia, “BBC News”, Boko Haram crisis: How have Nigeria's militants become so strong?, http://www.bbc.com/news/world-africa-30933860, 26 Gennaio 2015 E. Bennett, “Foreign Policy Journal”, Tactical Adjustments for Boko Haram, 14/07/2015 Paul Melly, Jihadism in the Sahel is Not Fading Away, Chantham House, www.chathamhouse.org/expert/comment/jihadism-sahel-not-fading-away, 20/01/2016 Geopolitical Review Paper Febbraio 2016 www.geopoliticalreview.org 10 www.alphainstitute.it 2016 ISSN 2499-278X www.geopoliticalreview.org www.alphainstitute.it A cura di: Geopolitical Review The Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
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