Ludmilla Radchenko «Il mio realismo Pop contro la dittatura tv»
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Ludmilla Radchenko «Il mio realismo Pop contro la dittatura tv»
Direttore responsabile: Giacomo Scanzi | 3 aprile 2012 | Il tuo profilo Edizione: 03/04/2012 testata: Giornale di Brescia sezione: $sezione Ludmilla Radchenko «Il mio realismo Pop contro la dittatura tv» Ludmilla Radchenko Della televisione le è «rimasto» solo il fidanzato, la «iena» Matteo Viviani. E il gusto di improvvisarsi a sua volta «iena», pure se non indossa il completo nero degli inviati del programma cult di Mediaset, ma jeans e una maglia grigia che accarezza morbida il profilo dolcemente arrotondato - la cicogna tra qualche mese farà visita a casa Radchenko-Viviani - da futura mamma. L'intervista doppia, in puro stile «ienesco» diventa tripla. Tre studenti dell'Accademia di Belle Arti Santa Giulia, che l'ha invitata ieri a Brescia (il direttore, Riccardo Romagnoli, l'ha accolta nell'aula magna), accoccolati sotto la cattedra, si sottopongono, più che volentieri (soprattutto i due maschietti che si fanno timidi davanti all'avvenenza dell'intervistatrice) al fuoco di fila delle domande: «Perché hai scelto questa specializzazione?»; «Quale è l'opera più grande della storia dell'arte?»; «Dove sei più forte e più debole?». A Ludmilla Radchenko la galassia mediatica va stretta. L'ex modella e soubrette televisiva, ex letterina di Passaparola, da Omsk, Siberia - papà e mamma laureati in Ingegneria, diploma all'Istituto di Design - già da qualche anno ha deciso di dedicarsi a tempo pieno all'arte: nel 2009 ha aperto il Pop Art Studio a Milano, ha esposto all'Opera Gallery di Monaco, alla Triennale milanese, alla Biennale di Venezia, alla Crown Fine Art Gallery di New York e alla Scala di Milano, solo per citare alcune personali e collettive. E l'arte diventa strumento per riflettere sulla tv. Su una delle sue tele, assieme al volto dell'ex dittatore libico Gheddafi, spicca la scritta «No war no Gf». Che sta per Grande Fratello. «Oggi la televisione insegna cose sbagliate. È uno dei motivi per cui l'ho abbandonata. Nell'opera paragono la "dittatura" del Grande Fratello tv a quella di Gheddafi». Se da un lato essere un volto conosciuto l'ha agevolata quando ha scelto l'arte - «mi ha fatto conoscere più velocemente al pubblico. Televisioni e carta stampata erano incuriositi» - dall'altro non tutti prendevano sul serio «una che a vent'anni sgambettava in tv». Per rintracciare i suoi miti del piccolo schermo, bisogna tornare indietro di qualche decennio: il personaggio preferito della sua infanzia è Pippi Calzelunghe. Alla bambina dalle treccine rosse, indipendente e anticonvenzionale, ha dedicato un quadro. Che si nutre di cose reali: la cifra stilistica è il Pop Realism - «è la direzione artistica che ho scelto» - al centro dell'attenzione non tanto «l'oggetto di consumo», ma i problemi, le emergenze, le evidenze del contemporaneo occidentale. «I wanna be free. I need your help to save the planet», dice in sintesi Pippi Calzelunghe a chi cerca di decifrare il messaggio del quadro che la Radchenko ha donato all'Unicef per «Eliminate project», la campagna di prevenzione del tetano neonatale. Se trovi il tuo codice espressivo «sei solo a metà strada». Alla Radchenko piace sperimentare e «contaminare». La sua arte, i suoi quadri, hanno varcato i confini del design, della moda, delle stampe d'arte, dello sport: le immagini della «pop viewer maker» - definizione di Fortunato D'Amico che ha curato il suo primo catalogo «Power Pop» - hanno vestito iPhone e iPad, pezzi di arredamento, foulard, tappeti. E ora anche le bottiglie di vino Franciacorta dell'azienda agricola Torreggiani: cinque quadri dell'artista siberiana, ha spiegato Michele Torreggiani, anche docente all'Accademia Santa Giulia, avvinghiano la bottiglia grazie a una lamina di alluminio fusa. Paola Gregorio
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