leggi il diario della mobilità a Malta
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____________________ GOZO STORY di Tiziana Bertelli Domenica 11 Novembre 2012 Aeroporti, voli, chiacchierate con la mia compagna di viaggio, Nadia. Arriviamo a La Valletta in orario insieme al gruppo degli altri docenti che, come noi, hanno preso il volo da Fiumicino. Ecco i nostri nomi: Nadia di Adria, Sara di La Spezia, Marco di Arma di Taggia, Luca e Graziella di Tortolì, Stefano di S.Benedetto del Tronto, Fernando di Novi Ligure, Riccardo di Stresa, Elio e Alda di Cingoli, Giuseppe e Raffaele di Favara, io di Bardolino e il capogruppo Francesco dell’Accademia delle 5T. Insegniamo tutti (ma ci sono anche un paio di presidi) in scuole alberghiere, le materie più disparate, siamo reduci da ore di preparazione sul tema del marketing dell’enogastronomia territoriale, argomento di questo progetto di mobilità Leonardo dell’Unione Europea che ci vede protagonisti sul campo per una settimana, e abbiamo un compito: quello di verificare in che modo i prodotti agroalimentari tipici del territorio che visiteremo sono promossi e valorizzati dalle singole aziende, anche coadiuvate dalle scuole locali. Prelievo in pullmino. CALDISSIMO. SOLISSIMO. Anche un bel po’ di vento, che sentiamo specialmente sul traghetto che ci scodella a Mgarr-il porticciolo di Gozo. Il mare è increspato ma le acque sono bluuuu e stupende. Risaliamo in pullmino e, attraverso un saliscendi di stradine tortuose (in fondo lo stemma di Gozo sono tre colline) e architetture basse di tufo giallastro, skylines di cattedrali barocche che sembrano spuntare dall’orizzonte e paesetti addormentati nel torpore della domenica, giungiamo a Ta Cenc, l’hotel sulla scogliera, poco distante da Sannat. A sera, prima e durante la cena, Lawrence, il nostro anfitrione del “Sir Mikelangelo Refalo Centre of Further Studies”, ci spiega con dovizia di particolari e precisione di linguaggio la sua terra, Gozo, e il sistema scolastico maltese. Tra tutte le informazioni mi colpisce il fatto che gli studenti maltesi ricevono, a partire dalla scuola primaria, una sovvenzione statale il cui ammontare può variare a seconda del corso di studi prescelto, ma che viene riconosciuta a tutti. Lo scarso rendimento o le ripetute assenze vengono, però, tassati. Chissà se un sistema così gioverebbe ai nostri studenti…. Ciò che ci accomuna ai docenti maltesi sono invece le 18 ore di lezione settimanali su, però, un totale di 30 ore settimanali complessive retribuite. Riflettiamo….. ____________________ ____________________ Lunedì 12 Novembre 2012 E’ per oggi l’incontro al Ministero di Gozo con Joyce Dimech, Direttrice dei Customer Services, e con Silvana Sultana, del Progetto Eco-Gozo (il cui scopo è quello di rendere l’isola la capitale dell’eco sostenibilità entro il 2015, grazie a energie alternative, raccolta differenziata e fonti rinnovabili. Un progetto con il quale si intende anche preservare l’identità culturale e le bellezze naturali dell’isola di Gozo, senza sacrificarle al turismo di massa). Clima amichevole, tazze di caffè per tutti, ci presentiamo uno ad uno. Già poco prima Lawrence ci aveva spiegato che ci saranno le elezioni tra pochi mesi: 25 anni di centro-destra, a parte due anni, e pare che anche queste elezioni confermeranno l’attuale governo. Ci spiega anche che il tasso di disoccupazione è al di sotto del 6%, al 5°o 6° posto nell’Unione Europea! Un bel traguardo, anche se Gozo, in particolare, soffre per la fuoriuscita di molti giovani che, universitari per forza di cose a La Valletta, scelgono poi di rimanere a Malta a lavorare. Il pendolarismo Gozo-Malta è piuttosto accentuato ed è in discussione da tempo il progetto per la costruzione di un tunnel sotterraneo che unisca le due isole. I gozitani vanno anche fieri della totale assenza di immigrati clandestini: 0 su tutta l’isola e solo 275 registrati a Malta e poi orientati con un programma specifico verso altri paesi europei. Mrs. Dimech ci spiega in inglese come il Ministero di Gozo sia responsabile di ogni aspetto della realtà gozitana e il Primo Ministro Mrs. Giovanna Debono, del Partito Nazionalista, sia membro del Parlamento di Malta. Gozo è fiera del proprio sistema sanitario: c’è un ospedale con 280 posti letto, perfettamente funzionante e l’assistenza medica è, su un territorio così piccolo abitato da soli 30.000 abitanti, puntuale e immancabile. Il problema è però quello dell’invecchiamento della popolazione (del 2% in più di quanto accade a Malta): nel 2018 ci saranno meno di 2000 giovani compresi tra gli 11 e i 16 anni! Chiediamo subito naturalmente notizie sull’età pensionabile (siamo italiani, siamo insegnanti e siamo, quasi tutti nel gruppo, di lungo corso….): fino allo scorso anno era 60-61 anni, ora è 62 anni e tra 10 anni sarà a 65 anni. Ascoltiamo, mormoriamo, incassiamo. Qualcuno di noi fa un rapido calcolo mentale di quanto tempo gli ci vorrebbe per espatriare…. L’impegno maggiore del governo al momento riguarda il promuovere sempre maggiori investimenti a Gozo per aumentare i posti di lavoro, soprattutto nel privato, anche offrendo incentivi. Per il momento, infatti, i dipendenti pubblici sono in grande maggioranza (addirittura 6% in più di Malta, in proporzione). I settori principali in cui investire sono il turismo e l’agricoltura. Naturalmente, i problemi maggiori per l’agricoltura sono la mancanza di acqua (gli impianti di desalinizzazione sono molto costosi e l’acqua piovana è praticamente assente, con una media di 300 giorni di sole all’anno) e il costo dell’elettricità. Per questo si sta puntando sull’impiego di energia rinnovabile (per esempio, tutti gli edifici pubblici e la maggioranza di quelli privati hanno pannelli solari – Lawrence ci dice di averli da 15 anni). Ma per l’esportazione dei prodotti agricoli ____________________ ____________________ l’altro grande problema è il costo del trasporto: fino a poco tempo fa gli agricoltori potevano trasportare gratis sul traghetto i propri prodotti, ma ora non è più così. In ogni caso, l’agroalimentare sta crescendo: si tratta di piccole coltivazioni che commercializzano i propri prodotti, per esempio i pomodori (il 40% dell’esportazione dei quali viene proprio da Gozo – Il ketchup di McDonald in Francia è gozitano!!!), che entrano anche in mercati di nicchia, tipo il biologico. Per quanto riguarda il vino e l’olio, dall’entrata nell’Unione Europea nel 2004, la regola è di utilizzare uve e olive autoctone. La storia dell’olio a Malta è veramente singolare perché, per anni, sotto l’influenza inglese, il burro l’ha fatta da padrone sulle tavole e quindi la coltivazione dell’ulivo è caduta in disuso. Solo in tempi relativamente recenti, è stata nuovamente reintrodotta e, infatti, se ci guardiamo in giro, gli alberi di ulivo che vediamo sono tutti giovani ed esili, nulla a che vedere con i millenari colossi di certe regioni della Grecia… Ma veniamo a noi e parliamo di scuola: gli edifici scolastici di Gozo sono stati costruiti negli anni ’50 (a parte la nuovissima scuola media maschile – sì perché sessi separati nella scuola media….) e sono tutti più grandi e con più aule di quanto sarebbe necessario, considerato che le famiglie ora hanno una media di solo 1 o 2 figli. Anche qui, ascoltiamo, mormoriamo e sospiriamo ripensando alle nostre affollatissime, numerosissime e rumorosissime classi in perenne ebollizione. Un progetto di recente realizzazione è l’Istituto Alberghiero di Gozo (che visiteremo), sede staccata della più illustre casa-madre maltese, nato nell’ottica della promozione del turismo e dell’enogastronomia sull’isola, specialmente in bassa stagione. Per ora i corsi che vi si tengono sono pochi ma sono destinati a crescere. Anche se, Mrs. Dimech ci fa notare, con la recente enfasi voluta dai nuovi programmi che enfatizzano le cosiddette “core competences”, le competenze di base, e le materie cosiddette teoriche a scapito delle pratiche, gli istituti di tipo professionale come quello alberghiero sono diventati meno attraenti per gli studenti perché le ore dedicate alla pratica sono diminuite. A chi lo dice…. Insomma, pare che anche qui la tendenza alla liceizzazione non sia stata accolta con molto entusiasmo. Comunque, altre notizie sulla scuola alberghiera: gli studenti vanno in stage negli alberghi di Malta, hanno il ristorante aperto al pubblico due volte la settimana (ecco, anche qui; e anzi, il collega di Tortolì/Sardegna mi dice che anche la loro scuola ha il ristorante aperto al pubblico… miracoli delle regioni autonome?!?), hanno alcune stanze che utilizzano per i corsi di housekeeping ma che, all’occorrenza, possono utilizzare anche per gruppetti di ospiti. Sono in tutto diciotto posti letto. La scuola inizia il 3° lunedì di Settembre e finisce la 1^ settimana di Luglio (come faranno con il caldo torrido??), con due settimane di vacanza a Natale, una settimana a Pasqua più ponti e feste pubbliche varie, cinque credo. Ci sono due sessioni di esame: una a metà anno e una alla fine per tutti gli studenti, con commissioni esterne, e Lawrence – che è un pezzo grosso ☺ - fa parte del board che prepara i test. ____________________ ____________________ Freschi di tutte queste informazioni, ci dirigiamo in pullmino verso la nostra prossima tappa mattutina: l’Istituto per il Turismo di Gozo (alias Scuola Alberghiera), la sede staccata dell’Istituto Maltese. Il settore più sviluppato è la cucina ma, in tutto, ci sono 70 studenti e 7 docenti: la giovane cordiale direttrice maltese, Maria Fenech Ottard, forse un po’ intimidita dalla nostra entusiastica sete di informazioni, ci spiega che il lavoro da fare per la promozione di questo settore di specializzazione a Gozo è ancora molto; l’immagine della scuola va promossa e le famiglie invogliate a mandare i ragazzi a studiare qui piuttosto che in altre scuole superiori. Come già sapevamo, ci dice che la scuola apre al pubblico due volte la settimana con un menu completo a scelta per soli 8 Euro. Cucinano e servono gli studenti (ah, solo due studenti di Sala!! E ahimè nessun corso di Accoglienza turistica o Ricevimento d’Hotel). La cucina gozitana è una cucina povera ma saporita (pomodori, capperi, tonno) e ne abbiamo un gustoso assaggio grazie ai piatti preparati apposta per noi da un piccolo gruppo di studenti cuochi che, purtroppo, però, scompaiono alla nostra venuta. Troppo timidi? Fortunatamente affianca la direttrice nelle spiegazioni lo chef, che è un grande nel suo campo. Ha scritto anche un ricettario che riceveremo in omaggio e ci spiega con attenzione e passione alcune delle specialità che stiamo assaggiando: per esempio gli involtini di cavolfiore e salsiccia che gradiamo particolarmente. Ci spiega anche che i maltesi usano mangiare la carne di maiale cruda, molto speziata (a proposito, già notato che qui il pepe viene spolverato con abbondanza su qualsiasi piatto), ma ai turisti viene sempre servita cotta. Meno male. Indago un po’ con la direttrice se ci sono possibilità di stabilire dei contatti per progetti di scambio, ma l’impressione è che l’ospitalità in famiglia – sia data, sia ricevuta – non sia molto apprezzata: pare che le famiglie del luogo non siano molto propense ad ospitare e che, a causa delle difficoltà di comunicazione, il vivere anche solo per una settimana in una famiglia italiana non appaia allettante per i ragazzi gozitani. Mi dice che hanno già fatto un’esperienza del genere in passato e non è andata bene. Invece, sono favorevoli ad organizzare stage in ristoranti o hotel fornendo l’alloggio presso la scuola. Rifletteremo. Passiamo poi a visitare le due cucine, di cui una didattica, dove lo chef ci spiega che gli studenti fanno un anno obbligatorio di stage all’estero, specialmente nel Regno Unito, e poi uno stage locale monitorato dalla scuola (che mi sembra molto assomigliare alla nostra Alternanza scuolalavoro). Nella scuola insegnano due chef part-time, che lavorano anche in ristoranti esterni. Terminata la visita della scuola, veniamo affidati da Lawrence al “Cavaliere”, ex-preside della scuola “M.Refalo” e appassionato conoscitore di tutto ciò che è gozitano, nonché nostra guida turistica per i prossimi giorni. Parla perfettamente l’italiano e subito, mentre viaggiamo alla volta di Xewkija (pron. Sciauchía – credo….) per ammirare la facciata della chiesa di S. Giovanni ci spiega che il maltese è una lingua semitica con influssi inglesi, italiani, arabi. Una delizia. Proseguiamo verso Ovest direzione Ta Pinu, dove ci attende in aperta campagna, circondato da un alone di pace soleggiata e silenziosa, il santuario della Madonna omonima: la nostra guida ci racconta la storia ____________________ ____________________ della voce misteriosa udita da una devota del luogo, poi entriamo e osserviamo – non senza un certo qual sbigottimento – le pareti della sacrestia completamente ricoperte di ex-voto. Ta Pinu. Ma il clou della giornata deve ancora venire, con la gita in barca alla Finestra Azzurra – the Azure Window, una delle perle di Gozo. Il pullmino ci lascia a pochi passi dal porticciolo da dove partono le barchette per il giro della scogliera. Siamo un po’ titubanti, sappiamo che la finestra azzurra si può vedere anche dalla terraferma, in cima alla scogliera pochi passi più in là; e poi siamo ancora tutti vestiti un po’ tipo cerimonia, giacca e cravatta e completini eleganti per la visita al Ministero della mattina e appariamo totalmente incongrui con il paesaggio. Due o tre inglesi (I presume) le cui teste galleggiano a bagno poco più in là ci osservano incuriositi, come se avessero visto un branco di pinguini all’arrembaggio. Il Cavaliere insiste per imbarcarci così come siamo, tacchi o non tacchi, sette in una barca e sette in un’altra, ci infilano in testa un bel salvagente (ma non a tutti… qualcuno non lo merita, evidentemente…) e via che partiamo infilando dritto dritto il primo spiraglio nella roccia verso il mare aperto. Il mare non è azzurro, di più, e noi galleggiamo non si sa come sulle acque increspate dal leggero vento. Il nostro barcaiolo sembra sapere il fatto suo e piano piano anche i più riluttanti si rilassano e prendono a fare foto, a fare video, a sentire se l’acqua è fredda, è calda, no è fredda, ad asciugarsi gli spruzzi ma tanto è inutile, ad ammirare estasiati la scogliera di roccia stratificata che ci sovrasta assumendo le più varie forme, finché dietro uno sperone roccioso non raggiungiamo a bocca aperta la finestra azzurra, uno stralcio di cielo incorniciato dalla roccia. WOW! Ritorniamo dalla spedizione un po’ straniti, magicati, quasi come dopo un’apparizione, quasi come da un picnic a Hanging Rock… Scendiamo a terra e prosaicamente ci avviamo verso il baretto pochi passi più in su per un caffè (espresso!!!!) che ci riporti alla realtà. Un caffè e una cheese cake dopo, siamo pronti per fare quattro passi sulla scogliera e rivedere la finestra azzurra de otro lado. Il suolo che calpestiamo è intarsiato di resti di conchiglie. E’ metà pomeriggio e facciamo ritorno a seguito del Cavaliere a Victoria, la capitale di Gozo, detta anche Rabat. Lì visitiamo la cattedrale San Giorgio, nascosta tra i suggestivi vicoli del centro, con le opere di Mattia Preti. Il Cavaliere è molto molto religioso – ci dice che ogni sera va a messa in quella cattedrale – ma impariamo presto che qui a Gozo/Malta questo è abbastanza la norma. Le immagini religiose sono ovunque, per le strade, negli uffici, a scuola (la M.Refalo ha una cappella al suo interno), nei negozi e le chiese non si contano. L’avevo letto sulla guida ma, in questo caso, la realtà supera la fantasia. Victoria ci piace e così, riportati dal pullmino in hotel, ci riposiamo 6 minuti 6 e poi io e Nadia, infaticabili e bisognose di vero moto, inforcate le scarpe da trekking, ci rifiondiamo via Sannat giù per la strada che riporta a Victoria. In un’oretta ci siamo anche se, nel frattempo, si è fatto buio. On the way ci fermiamo in farmacia e in un minisupermercato per una piccola folle spesa di acqua e mandorle locali. Camminando osserviamo che tutte le case hanno un nome: ogni piccola casetta ____________________ ____________________ ha accanto alla porta d’entrata una targa con un nome, la maggioranza in Inglese, coccolo, poetico, da casa dei settenani. Arrivate a Victoria, poltriamo una mezzoretta in un caffè in piazza del Ministero, poi perlustriamo ancora una volta la zona attorno a San Giorgio, anche se è ormai tardi, i negozi stanno chiudendo e l’ora di cena si avvicina. Ci perdiamo un po’ per i vicoli, così, per il gusto di farlo in un posto che non conosciamo e poi ci dirigiamo al bus terminal per il rientro. Qui spendiamo una fortuna per il biglietto (gli unici altri due passeggeri, due veneziani, ci spiegano che, fino all’anno scorso, il parco autobus era pittoresco, del tipo Grecia anni ottanta, e il biglietto costava una cosa come 35 cent, poi l’hanno rinnovato con queste meraviglie hi-tech e così anche la tariffa è aumentata a ben 2 euro e 20 per una singola corsa di sette minuti, come la nostra per arrivare a Ta Cenc. Prendere o lasciare). La cena in hotel ci vede tutti di nuovo riuniti a scambiarci le impressioni della giornata e le foto su Facebook, grazie a Sara che tagga indomita! Lo chef è italiano, di Conegliano, (mi pareva un accento conosciuto…) quindi le pappe hanno un che di noto anche se rivisitate alla gozitana. I vini non hanno nome e non eccellono, però meglio il bianco (un anonimo Green Label) del rosso. Martedì 13 Novembre 2012 Iniziamo oggi la ricognizione delle aziende locali che lavorano e producono cibi tradizionali. Curiosissimi e armati fino ai denti di carta per gli appunti, macchine fotografiche, cellulari, iPad, tablet e tutto il meglio dell’elettronica per non perderci neanche una virgola di quanto vedremo, varchiamo la soglia del primo piccolo produttore, Gozo Cottage (il sottotitolo è “Genuine Flavours of Gozo”), situato nella zona industriale di Victoria.L’accoglienza è molto cordiale e la proprietaria ci racconta che l’azienda iniziò nel 2003 a produrre olio di oliva locale. Una novità per quei tempi, perché fino ad allora tutto l’olio di oliva veniva – incredibile a credersi a queste latitudini – importato. Il nome di un piccolo villaggio gozitano, Żebbuġ, significa proprio “oliva”. Due secoli fa, Gozo era piena di alberi di olivo e la missione che questa piccola azienda si è data è proprio quella di riportare la coltivazione agli antichi splendori. Il cammino, dagli inizi, è stato in ascesa: infatti, dalle 25 tonnellate di olive conferite ai frantoi (ce ne sono 2 a Gozo e 5 a Malta) nel 2008, si è passati alle 100 tonnellate del 2012. La signora ci spiega che è importante aiutare i contadini a produrre olio locale e a comprendere l’importanza di tale recupero della tradizione. Ci sono due tipi di cultivar, la carolea e la carotina (credo) e la Gozo Cottage vende anche olive da mangiare in salamoia. Non paté (ma potrebbe essere un’idea….). Dopo l’olio, hanno cominciato a produrre il limoncello, puro senza additivi né conservanti, prodotto con uno spessore sottilissimo di scorza esterna e l’aggiunta del 96% di alcool inglese. Il limone utilizzato è quello tipico di Malta, simile a quello siciliano, solo dalla forma più allungata. Poco più in là, nel secondo locale, vediamo un ragazzo al lavoro proprio mentre pela un limone con un macchinario ____________________ ____________________ apposito. Nello stesso locale c’è il macchinario per produrre l’olio ma ormai siamo al 13 di Novembre e la nuova produzione è finita da un pezzo e il macchinario è fermo…. E pensare che a Bardolino l’11 Novembre-San Martino ha inizio per tradizione la raccolta…. Altri prodotti locali commercializzati sono i pomodori secchi e il sale grosso, confetture di frutti vari e la marmellata di carrubo (nell’area antistante la sala colazioni del nostro albergo c’è un meraviglioso centenario carrubo che estende i suoi rami ad ombreggiare tutto il cortile). Anche aceto di vino. Apprendiamo che a Gozo non esistono consorzi per la tutela dei prodotti agroalimentari. Ecco un punto debole. Il nostro capogruppo Francesco assesta qualcuna delle sue domande a triplo taglio, prende appunti, soppesa, osserva in silenzio, valuta e alla fine apprezza. Tiro un gran sospiro di sollievo che questa piccola azienda abbia passato l’esame. Così possiamo passare alla prossima. Next door. Più grande e ben organizzata. La Jubilee Foods. La Jubilee Foods è parte delle Jubilee Group Companies con bistrò, caffè, ristoranti e negozi per la vendita al dettaglio. La nostra guida è gioviale, prodiga di informazioni ed evidentemente entusiasta del successo che i prodotti stanno avendo sul mercato maltese. La Jubilee nasce come cafeteria nel 1995 (con una filiale anche a Budapest), ma oggi hanno una linea molto differenziata e, nei punti di vendita, si trovano gli stessi prodotti presenti nei caffè e nei ristoranti della catena. Il punto forte della Jubilee è che i prodotti sono confezionati con ingredienti genuini, sono fatti a mano con un uso limitatissimo di macchinari, come si faceva nelle case tradizionalmente: a riprova di questo assistiamo alla preparazione dei ravioli. Il segreto dei ravioli ci viene svelato dalla nostra guida e tradotto dal fido Lawrence: NON due fogli di pasta l’uno sovrapposto all’altro con in mezzo la farcitura (eh no! Così son capaci tutti….) ma ogni raviolo viene ripiegato a tasca individualmente. Per il ripieno dei ravioli artigianali vengono utilizzati uova, prezzemolo, sale, pepe, oltre al pregiato formaggio di capra di Gozo, (prodotto caseario tipico insieme con il formaggio pepato), mentre per i ravioli industriali viene usata comunemente la ricotta. Poi farina, acqua e semolino per l’impasto. Basta. Non c’è altro. Di conservanti (non preservativi, mannaggia….CONSERVANTI!! ☺) nemmeno l’ombra. Tutti i prodotti sono stagionali, quindi al momento il lampuki la fa da padrone: si traduce “dorado” in italiano, è il pesce più pescato dai maltesi e di lampuki sono anche le celeberrime e tradizionalissime “lampuki pies”, ghiottoneria gozitana novembrina, che affiancano le più verdi pea pies e ad altri involtini di pasta dai ripieni più disparati che trovi dappertutto e che ricordano tanto il mondo anglo-sassone. Insomma, le ricette sono tutte tradizionali con un tocco creativo. Qui alla Jubilee Foods hanno sia il surgelato che il fresco e il controllo su tutti i prodotti freschi conferiti dagli agricoltori locali è strettissimo. ____________________ ____________________ Naturalmente il procedimento manuale e gli ingredienti naturali fanno lievitare il prezzo ma pare che la gente sia comunque pronta a pagare un po’ di più – specialmente a Malta, più che a Gozo per avere un prodotto di eccellenza. Marco, il nostro attento economista, chiede la fatidica domanda che tutti da tempo vogliamo porre: “How much?”. La risposta: una confezione di 8 ravioli (in verità sono ravioloni giganti) che pesa 500 grammi costa 2.95 Euro. Il giusto. A Victoria, in Piazza Indipendenza, visitiamo il negozio della Jubilee Foods e, immediatamente dopo, il Caffè lì accanto. Il punto vendita di Piazza Indipendenza è turisticamente orientato ma, ci viene spiegato, ci sono altri negozi per i cittadini locali, magari con più prodotti refrigerati. Anche qui l’ospitalità e impeccabile: assaggiamo vari tipi di formaggio, tra cui il tipico pepato, il miele di Comino, assolutamente puro e scevro da qualsiasi forma di inquinamento (quando visiteremo Comino, Venerdì, ci ricorderemo di questo miele e cercheremo sull’isola gli alveari, ma senza successo perché, ci verrà spiegato dopo, si tratta di alveari temporanei), e assaporiamo il paradisiaco caffè aromatizzato ai chiodi di garofano. Una delizia non per tutti! Infatti i più agognano un espresso vecchia maniera, ma tant’è…. Ed ora, eccoci pronti per la visita alla scuola di Lawrence, il Sir Michelangelo Refalo Centre for Further Studies, che raggiungiamo poco più in giù lungo la Via della Repubblica, la trafficata via dei negozi e degli shopping centres di Victoria. All’edificio si accede attraverso un cortile alla cui sommità svetta il simbolo di Gozo, le tre colline. Nell’atrio mi colpiscono subito l’elenco, esposto accanto alla segreteria, degli insegnanti assenti oggi (così gli studenti sanno subito quali lezioni non si terranno e il loro stipendio mensile non verrà decurtato in questo caso per la mancata frequenza) e l’andirivieni indaffarato di studenti e docenti. Un bel colpo d’occhio. Il preside Marcel Xuereb, che già avevo incontrato al convegno di apertura del progetto a San Ginesio, ci riceve cordiale nel suo studio prima di iniziare la visita della scuola: un saluto di benvenuto, la consegna dei doni da parte delle scuole ospiti e poi il disbrigo delle faccende burocratiche, firme, timbri, dichiarazioni nonché un piccolo simpatico buffet per rifocillarci. Un’occhiata veloce e furtiva alle due aule docenti, che sono come tutte le aule docenti di questo mondo, affollate, rumorose e fervide di trambusto, libri, borse, verifiche in via di correzione. La scuola è frequentata da studenti dai 16 anni in su, coloro che intendono poi iscriversi ai vari corsi universitari; infatti sia i programmi sia i testi degli esami finali sono preparati in strettissima collaborazione con l’università. Percorriamo lo stretto corridoio lungo il quale sono situate alcune aule (e la cappella), arriviamo alla mensa, un bel locale luminoso dove gli studenti possono rifocillarsi tra le lezioni e sbirciamo all’interno di qualche aula, mentre Lawrence ci spiega che tutte, anche se l’arredo è antiquato, sono dotate di LIM e ogni insegnante ha il proprio portatile fornito dal Ministero. Arriviamo alla biblioteca, che gestisce anche una piccola vendita di libri usati, e dove troviamo alcuni studenti affaccendati attorno ai computer. Il responsabile della biblioteca ci fa vedere alcuni testi per lo studio della lingua italiana, un’antologia, Camilleri, Sciascia, e ci ____________________ ____________________ spiega che gli studenti anche qui usano libri di testo che acquistano e non fotocopie o dossier forniti dalla scuola. Le classi non sono molto numerose; alcune sono veramente piccole, con 4 o 5 studenti (la gioia di noi docenti di lingue straniere) e il massimo sono 25 alunni per classe. In alcune classi ci sono i cosiddetti LSA (Learning Support Assistant), corrispondenti ai nostri insegnanti di sostegno per gli alunni con disabilità: qui, però, non sono così numerosi come nelle scuole medie. Veniamo accompagnati in un’aula più spaziosa delle altre dove è stata organizzata per noi una breve lezione di introduzione alla storia di Gozo, tenuta da un simpatico e preparato collega di Lawrence. Ascoltarlo è bello perché parla con vera passione di gozitano. Impariamo molte cose come, per esempio, che Malta non è mai stata ricca di risorse naturali ma tutti se la contendevano fin dai primi abitanti che arrivarono da Agrigento 7000 anni fa per la sua posizione strategica nel Mediterraneo. Testimoni delle antiche civiltà sono i templi di Gigantija del 3600 a.C., che visiteremo, e il cui ruolo, proprio come Stonehenge o le Piramidi, nessuno conosce di preciso. Templi per la preghiera? Luoghi di sepoltura? Antichi orologi o calendari? I primi veri colonizzatori furono i Fenici, grandi commercianti, poi i Romani. Attorno al 60 d.C. giunse a Malta San Paolo e da lui si fa partire la conversione dell’isola al Cristianesimo. Dopo aver fatto parte dell’Impero Romano d’Oriente, nell’870 giunsero gli Arabi (che, incidentally, oltre alle coltivazioni degli agrumi e del cotone, introdussero pure la lingua e il maltese, oggi, è l’unica lingua con elementi arabi riconosciuta nell’U.E.). Quando nell’undicesimo secolo arrivarono i Normanni, la maggior parte dei maltesi era musulmana: non così a Gozo, rimasta cristiana. Nel Medioevo Malta aveva meno di 20.000 abitanti, era debole per i continui attacchi dei pirati e non produceva prodotti naturali sufficienti al sostentamento, da qui la dipendenza dalla Sicilia e, in seguito, il fondersi della storia maltese con quella del Mediterraneo, con le Crociate, i Templari e i Cavalieri di San Giovanni. Questi ultimi, senza territorio perché cacciati da Rodi nel 1522, vicini scomodi per l’impero ottomano, si stabiliscono a Malta. Sono coraggiosi, eccellenti navigatori, ricchi perché finanziati, nella loro battaglia contro l’islam, dai re di tutta Europa e portano a Malta l’arte, la cultura e la ricchezza dell’Europa. E’ del 1565 il grande assedio di Malta da parte dei Turchi: se Malta fosse caduta, l’accesso alla terraferma europea sarebbe stato garantito. I Turchi stringono d’assedio l’isola, la conquistano ma sanno di non poter prolungare la permanenza in inverno, per mancanza di rifornimenti. Nel 1566, ha inizio la costruzione de La Valletta (dal nome di La Vallette, Grande Maestro), quando i Cavalieri di San Giovanni cominciano a pensare di potersi stabilire permanentemente qui. Sono figli delle famiglie più ricche d’Europa (per legge, i cavalieri dovevano lasciare un terzo del loro patrimonio a Malta) e possono permettersi di chiamare i migliori architetti: La Valletta diventa così una preziosa vetrina dell’arte del tempo. Arriviamo al 1789, alla Rivoluzione Francese che blocca il passaggio di denaro e di ricchezze verso Malta e a Napoleone che, per conquistare l’isola, ricorre ad astuzie strategiche di ogni sorta, probabilmente sostenuto da alcuni Cavalieri di San Giovanni francesi. Napoleone se ne va ben presto e, dal 1800 al 1964, le isole sono in mano agli Inglesi, che vedono in Malta uno scalo verso le Indie. Prima del 1861, gli inglesi non si preoccupano molto della presenza di italiani sull’isola né ____________________ ____________________ del fatto che le due lingue parlate sono l’italiano e l’inglese. Ma dopo l’unità d’Italia, gli inglesi cominciano a cacciare gli italiani e comincia il processo di anglicizzazione dell’isola. E’ del 1964 l’indipendenza, del 1974 la nascita della Repubblica di Malta, del 2004 l’entrata nell’Unione Europea, del 2008 l’adozione dell’Euro. Ultima nota: il 28 Ottobre è il Gozo Day, il giorno in cui si celebra l’anelito all’autonomia di un’isola che è comunque troppo piccola per poter trarre vantaggio dall’indipendenza da Malta. Si conclude qui l’excursus storico e, prima di lasciarci per il pomeriggio libero a Victoria, Lawrence ci propone una visita fuori-programma alla nuova scuola media maschile, l’edificio alle spalle di dove ci troviamo ora. Il preside ci attende gioviale, accompagnato da alcuni collaboratori, e ci spiega, prima di accompagnarci alla visita delle aule, che la scuola ha 700 studenti, 100 docenti, LIM ovunque, portatili per ogni docente, WIFI in ogni recondito angolo. SIGH! Il nuovo edificio è stato costruito in meno di due anni con uno stanziamento di 8 milioni di Euro e ha spazi amplissimi per, a noi sembra, un numero molto limitato di studenti per ogni classe. L’aula magna è una piazza d’armi al secondo piano con una vista mozzafiato dalle vetrate a tutta parete; le aule docenti sono immense e vuote (forse ci sembrano vuote perché sono immense….) e insomma tutto è nuovo di zecca e suscita la nostra invidia. Nell’accomiatarci, Lawrence ci spiega che le due scuole spartiscono le strutture e che, per esempio, i corsi estivi di lingua inglese organizzati dalla Refalo si tengono qui perché la struttura è più moderna. Interessante. Abbiamo un paio d’ore per visitare Victoria a nostro piacimento prima di tornare in albergo dove, prima di cena, ci aspetta una nuova illuminante lezione sulla pittura locale. Siamo Nadia, Riccardo, Sara e io: dopo un caffè e una fetta di torta alle noci in piazza San Giorgio, ci accingiamo a dare la scalata alla Cittadella, la zona fortificata di Victoria, da dove si gode una vista panoramica fino al mare. Camminiamo un po’ lungo le mura, osserviamo i lavori di restauro portati avanti da un gruppo di ragazze siciliane, fotografiamo fichi d’India e cose buffe, visitiamo negozi di souvenir e oggetti di vetro e poi rientriamo un po’ infreddoliti con il pullmino dell’albergo che ci aspetta nella piazza della Town Hall. Alle 19, siamo di nuovo ai posti di combattimento per la lezione di arte, tenuta da Mark Sagona, collega e amico di Lawrence nonché pittore lui stesso di fama. Quello che si sa, di solito, sull’arte a Malta gira intorno alla presenza di Caravaggio sull’isola ma è stupefacente il numero di tutti gli altri artisti che hanno operato qui dall’inizio del 17° secolo in ____________________ ____________________ poi. L’elenco è senza fine: oltre, quindi, a Caravaggio e alla sua “Decapitazione di San Giovanni”, la sua opera più grande in dimensioni, uso magistrale del chiaroscuro, effetto teatrale, abbiamo Mattia Preti, Cavaliere di San Giovanni calabrese, che trasforma la con-cattedrale di La Valletta in una sontuosa chiesa barocca (trompe-l’oeil, illusionismo, elementi architettonici dipinti, vedute dal basso verso l’alto) e che dipinge anche il San Giorgio a Gozo; poi ancora Stefano Erardi, Giuseppe D’Arena, Gio Nicola Buhagiar, Enrico Regnaud, Antonio Pippi (che ha dipinto la cupola della cattedrale), Francesco Zahra, Rocco Buhagiar, Michele Busuttil, Giuseppe Grech e, nel 1800, Pietro Paolo Carvana, Giuseppe Hyzler (che segna il passaggio dal Barocco a ideali più religiosi e ad un’arte più casta, sotto l’influenza germanica), Pietro Gagliardi, Domenico Bruschi e, tra il 1880 e il 1920, Giuseppe Calì, per venire al ventesimo secolo con Antoine Camilleri, Pawl Carbonaro. A Gozo non c’è museo e tutte le opere sono nelle chiese o nelle sacrestie. Anzi, fino al 1900 non c’è pittura che non sia religiosa perché la committenza è la Chiesa. Il nostro bravo insegnante di arte ci saluta, lasciandoci qualche copia dei cataloghi delle sue opere, che guardo con piacere e, traboccanti di notizie che ci verranno utilissime tra due giorni, quando visiteremo la Valletta e la con-cattedrale, ci dirigiamo a rifocillarci in sala da pranzo. Del dopo cena ricordo la Bajtra, il locale liquore di fico d’India. Mercoledì 14 Novembre 2012 Dell’hotel ricordo la distesa di fichi d’India e agavi sulla parte esterna verso la scogliera (gita al faro….) e le stanze 130 e 132 perché sono quelle con la vista verso lo spazio infinito cielomare. Prosegue la nostra ricognizione di aziende locali e oggi tocca alla Magro Bros., la maggior azienda di produzione alimentare di Gozo. Anche qui un dipendente che parla italiano ci accoglie sorridente per accompagnarci all’interno del moderno edificio che ospita la zona visitatori, con una saletta proiezioni, uno shop fornitissimo e una serie di “vetrine” dietro le quali possiamo vedere al lavoro alcune dipendenti che preparano confezioni regalo di dolci locali, bottigliette di olio d’oliva, sale, miele, confetture. Il video con il quale iniziamo la nostra visita ci spiega che la Magro Food Bros. esiste dal 1916, fin da quando era una piccola azienda famigliare di commercianti al mercato di Gozo. Dal 1934 iniziano la lavorazione della conserva di pomodoro (che è il loro pezzo forte). Il marchio “Savina” (con cui sono più noti oggi e che prende il nome dalla Piazza Savina di Victoria, dove si trovava il mercato alimentare) nasce nel 2006. Oggi producono anche latticini e hanno contatti commerciali con una cinquantina di Paesi. Dopo il giro dello shop, una serie di assaggi e un paio di ben azzeccati acquisti (sale marino in piccole confezioni di terracotta e l’esotica marmellata di fichi d’India – la cui etichetta recita “44% Fruit – 60% Sugar”, in più lingue, per un incredibile totale di 104%!!), ci dirigiamo verso il caseificio, dal marchio Hanini: qui si produce, tra l’altro, quella che chiamano “ricotta” (una ricotta dolce per Natale, ma sarà come la nostra….? Disquisiamo incerti sul concetto filosofico di “ricotta” senza ____________________ ____________________ approdare a nulla….), altri formaggi anche da spalmare, di pecora o mucca, yogurt – fat-free, sugar-free e tutta la gamma. Successivamente veniamo ricevuti da una lei, in una ulteriore attrezzatissima sala presentazioni, e qui ci viene presentata tutta la gamma dei prodotti. Apprendiamo che la Magro ha una partecipazione al marchio CRAI, che a Malta in Luglio e Agosto vengono lavorati ben 250.000 Kg. di pomodori, che la Magro ha 27.000 m2 di fabbrica, che hanno una tracciabilità del prodotto che permette loro di risalire a quale contadino e da quale campo proviene il prodotto che viene loro conferito per la lavorazione, che usano macchinari e contenitori italiani, che sono certificati ISO, che vendono a Pizza HUT e a McDonald’s, che hanno 150 dipendenti e che sono stati la prima compagnia a usare l’HACCP a Malta. Terminiamo la nostra visita con il giro dello stabilimento, fermo per la parte che riguarda la conserva di pomodoro, funzionante per il resto della lavorazione: ne percorriamo tutta la lunghezza lungo un tunnel sopraelevato a vetri. Immagini della storia della famiglia Magro fino ai giorni nostri, incorniciate e appese lungo la passerella, ci accompagnano lungo la visita. Al termine della interessante visita, risaliamo sul nostro mezzo alla volta della Cittadella di Victoria: alle 11.00 ci attende il Direttore incaricato del Turismo a Gozo. Qualcuno di noi è in astinenza da caffè e resiste, qualcun altro è in astinenza da caffè e NON resiste e – saggiamente – si ferma al Café Jubilee a farsene uno (che chissà quando mai si ripresenterà l’occasione….). Percorriamo il lungo tratto lungo il bastione fino a raggiungere il luogo dell’incontro: anche qui il benvenuto è caloroso e, mentre attendiamo il Direttore, un gentilissimo rappresentante del Centro Culturale di Gozo, che ha sede qui, ci spiega che la costruzione della Cittadella come è adesso risale al 1600 e aveva la funzione di scuola militare. Ci mostra, incisi sullo spesso muro, graffiti che rappresentano navi stilizzate e ci spiega che, in questo modo, era possibile identificare a prima vista le navi amiche e quelle nemiche. Il Centro Culturale ospita al momento una mostra di pittura il cui soggetto è Madre Teresa. L’ispirazione religiosa è presente anche qui. Il responsabile dell’Assessorato alla Cultura ci fa indi accomodare in una sala riunioni (dove il cellulare non prende neanche a sberle) e ci spiega che in questi ultimi anni a Gozo ci si sta concentrando in particolar modo sul marketing dei prodotti e cibi locali, partendo dalle differenti identità dei singoli villaggi. L’obiettivo è quello di professionalizzare quanto più possibile queste realtà: si stanno per esempio tenendo corsi per Cultural Managers, in collaborazione con l’Università di Malta e, in vista del 2018, anno in cui Malta sarà capitale europea della cultura, si stanno preparando gli eventi, le strutture e la loro sostenibilità nel tempo. In particolare, i progetti sono due: un Istituto di Ricerca per l’Identità Culturale, in collaborazione con altre realtà del bacino mediterraneo, e le Artists’ Residences, artisti di vario genere (danza, musica, pittura, teatro…) che, ospitati a Gozo per tre mesi o più, qui vivono e operano inseriti nella realtà locale, coinvolgendone gli abitanti. Esistono anche altri progetti territoriali di volontariato, che fanno capo ai Comuni (i quali, per inciso, esistono solo dal 1994! Prima, ci spiegano, era un po’ il parroco che teneva le fila della ____________________ ____________________ comunità locale, dall’ufficio anagrafe in su): per esempio, le bande musicali comunali molto hanno fatto e stanno facendo per tenere vive le tradizioni musicali locali. Poi ci sono i gemellaggi, i gruppi folkloristici, i gruppi teatrali, i cori e le scuole di danza. Ultima informazione: le guide turistiche gozitane sono diplomate all’Istituto Turistico di Malta (sarebbe interessante un gemellaggio con il nostro Turistico…). Interviene a questo punto Mr. Tabone, dal 2010 il giovane preparatissimo Direttore del Turismo e dello Sviluppo Economico di Gozo. Ci sottolinea che Gozo è una destinazione turistica differente da Malta e tutto punta su questa sua differenza. Il focus è sull’immagine naturalistica dell’isola e sulle tradizioni locali e questa visione riguarda naturalmente questioni che sono economiche, sociali e ambientali. Il progetto Eco-Gozo punta in questa direzione: per esempio, viene incentivato lo sviluppo dell’ospitalità agrituristica, oltre a quella alberghiera (a Gozo ci sono comunque 2 hotel cinque stelle). Gli organismi che operano in questo settore sono la Malta National Tourism Authority (responsabile dell’applicazione della normativa e delle politiche e da cui dipende la classificazione delle strutture alberghiere) e, localmente, la Gozo Tourism Association, che rappresenta il settore privato. A Gozo il 70% delle strutture ricettive sono farmhouses, Bed&Breakfast e appartamenti indipendenti; solo il 30% è rappresentato dagli hotel. Per aprire una struttura i passi necessari sono l’osservanza di quanto previsto dal piano regolatore in materia di sicurezza, antincendio, …; poi l’accessibilità; infine l’autorizzazione viene data dal Ministero del Turismo di Malta. Il procedimento è abbastanza breve, se non ci sono problemi e si parla addirittura di cento nuove strutture ricettive per quest’anno! Naturalmente ci sono anche problemi di quelle che vengono definite “unlicenced properties”, strutture non autorizzate, e le ispezioni in questo senso sono rigidissime. Il motto è “Preserve our Differences”, perché valorizzare i propri prodotti significa valorizzare il territorio, e in modo sinergico. A questo punto della presentazione, viene osservato che il logo prescelto per pubblicizzare Gozo non riesce ad esprimere le peculiarità della piccola isola, per esempio rispetto a Malta: potrebbe essere un logo adatto a qualsiasi località balneare ma non rende giustizia alla tradizione e ai prodotti locali. Non so se sono d’accordo e questo logo mi piace, lo trovo allegro e, nelle varie forme, ci puoi leggere quello che vuoi, il blu del cielo, il verde dei campi, il sole, anche magari un pesce stilizzato. Il bello è che il logo è riportato su tutti i gadget che ci danno, perfino su una piccola chiavetta USB che tutti pensano una gomma da cancellare, che fa pendant con un portachiavi. Simpatici. Ora moriamo di fame, stomachi che brontolano e sguardi annebbiati e così Lawrence ci deposita alla Taverna Ta Rikardu, ricavata entro le mura della Cittadella, dove consumiamo un ottimo pasto di piccoli assaggi locali, olive, salame e formaggi come antipasto e del tipico coniglio al forno come main course. Grazie. Soprattutto perché il pomeriggio si preannuncia ancora ricco di visite. ____________________ ____________________ La prima tappa sono i templi megalitici di Ggantija, il sito archeologico risalente a 5.500 anni fa, uno dei più antichi al mondo, più ancora delle piramidi. Sono patrimonio Unesco. Si tratta di due templi, uno più grande dell’altro, con pianta a quadrifoglio, ognuno con cinque grandi absidi semicircolari collegate ad una navata centrale. Visitiamo i resti. Osserviamo ciò che rimane degli altari. Notiamo i nomi incisi nella pietra quanti secoli dopo? Il mistero è sempre lo stesso, come con le piramidi e Stonehenge: come sono riusciti a trasportare qui e a sollevare blocchi di pietra così enormi? La seconda tappa è Marsalforn, la spiaggia (oltre ad essere il villaggio da cui San Paolo partì alla volta dell’Italia). Si trova sulla costa nordoccidentale di Gozo ed è di gran lunga la stazione balneare più rinomata dell’isola (ai gozitani si accendono gli occhi quando la nominano…) ma così, in veste quasi invernale e nella giornata grigia e ventosa che le abbiamo riservato, non ci fa una gran impressione. Scendiamo al porto in pullmino e nessuno si azzarda a metter piede a terra: troppe costruzioni (appartamenti per le vacanze, ora sprangati), troppo vento, troppo grigio, magari un’altra volta con il sole che splende…. Sulla strada per Marsalforn ci siamo fermati a osservare dall’alto l’unica spiaggia sabbiosa dell’isola, a pochi passi dalla leggendaria grotta di Calipso, ora chiusa al pubblico. Sì perché Gozo è l’isola di Calipso e il video promozionale del Ministero del Turismo assicura che, se Ulisse visitasse Gozo ai giorni nostri, gli sarebbe ancora più difficile ripartire…. Ancora una tappa lungo la costa per vedere le saline, prima di ripartire alla volta dell’azienda TalMassar (dal siciliano “masseria”) di Xaghra e, prima di tutto, dei suoi vigneti. Su un piccolo colle sventolato ci riceve il proprietario che, con dovizia di particolari ci spiega le caratteristiche del suolo che rendono l’uva così caratteristica: il terreno è calcareo con un alto livello di potassio, secco ma fertile se ben trattato. Ci sottolinea comunque che non vengono utilizzati fertilizzanti chimici né erbicidi e che tutte le uve usate per i loro vini provengono dal loro vigneto gozitano. Si tratta di un piccolo vigneto, piantato nel 2006: date le piccole dimensioni, le uve vengono lavorate freschissime e solo otto ore passano dalla vendemmia alla lavorazione. Un processo velocissimo! La vendemmia avviene il mattino presto a causa delle alte temperature. Producono 7000 bottiglie all’anno ed esportano l’80% in Gran Bretagna: la ragione è che, qui a Gozo, non esiste una vera e propria cultura del vino; chi consuma vino, si produce il suo, e chi lo compra in negozio non è tanto attento alla qualità quanto al prezzo: insomma i gozitani vogliono spendere poco per il vino che bevono e spesso l’unica differenza ammessa è quella tra il vino bianco e il vino rosso. Stop. Non sanno cosa si perdono…. ____________________ ____________________ I vitigni sono Nero d’Avola e Sangiovese. Comunque il trucco c’è e non ci viene svelato: l’aggiunta di un 10% di uve misteriose (l’aggiunta è comunque ammessa dalla legge) per personalizzare il vino. Nei locali dell’azienda facciamo un piccolo tour della cantina (vediamo il bianco conservato in acciaio e il rosso in resina), del locale dove avvengono le analisi chimiche (domanda: producete aceto? No, per il rischio di contaminazione, probabilmente perché i locali sono molto piccoli), e infine facciamo dei piccoli assaggi e apprendiamo che la Tal-Massar partecipa e vince competizioni internazionali, per esempio a Bordeaux ha guadagnato la medaglia di bronzo per il Vermentino, ed è raccomandata da TripAdvisor. Mentre degustiamo, il proprietario ci spiega anche che il loro standard è più alto del DOC, perché il DOC ha delle zone d’ombra che possono lasciare spazio a inganni e raggiri. Assaggiamo 4 vini, due bianchi e due rossi, ma il Vermentino è il mio preferito, con il suo profumo intenso di fiori. I rossi sono davvero singolari, però, perché sanno di frutti di mare, cozze, ricci…. ci scateniamo a trovarvi gli aromi marini più bizzarri…. assaggiamo e riassaggiamo, alcuni (gli esperti) sentenziano, altri (gli inesperti, resi audaci dall’alcool) azzardano…. Il proprietario è giovane, ha una grande passione per il suo lavoro e ci intrattiene davvero con piacere sui dettagli. Quando lasciamo l’azienda, siamo piuttosto sfatti e anche un po’ brilli, ma riusciamo comunque a trovare le parole per ringraziare della grande ospitalità e per augurare buona fortuna ad una azienda che la merita. Rientriamo che è ormai buio all’hotel. Questa sera a nanna presto perché domattina levataccia: l’autobus ci aspetta prestissimo per portarci al traghetto delle 8.15 per Malta. Giovedì 15 Novembre 2012 Il quale traghetto ci imbarca puntuale a Mgarr e ci trasporta, sfiorando Comino sventolatissima, scodellandoci dopo una mezzoretta a Cirkewwa. Il tempo potrebbe essere migliore ma almeno non piove, come preannunciato. Il tragitto dal porto a La Valletta è piuttosto lungo sulla strada costiera, ma così possiamo vedere un po’ dei famosi resort e hotel della capitale, da Sliema in giù, dai vari Radisson e Hilton in giù, insomma abbastanza per apprezzare e già cominciare a sentire la mancanza della quiete appartata di Gozo. Scesi dal pullmino, fatte foto-ricordo sui bastioni e passati a piedi lungo il sito degli scavi dove si sta costruendo il Nuovo Parlamento (chi può essere l’architetto? Ma Renzo Piano, chi altri….?), ci dirigiamo verso la concattedrale di St. John, ma prima facciamo un’incursione – inattesa – nella sede dell’Istituto Italiano di Cultura in Piazza San Giorgio, dove il nostro Lawrence sembra essere di casa. ____________________ ____________________ Qui ci accoglie con entusiasmo la responsabile degli Studi Superiori in Italia, colei – mi pare di capire – grazie alla quale Lawrence ha intrapreso e portato a termine gli studi in Italia. Veniamo ricevuti prima in una salabiblioteca-cineteca zeppa di film in lingua italiana e poi nel salone principale dell’Istituto, dal soffitto baroccamente arabescato, che ospita ora una mostra di artisti maltesi con coloratissime vedute locali. Una breve coda per entrare nella concattedrale poco distante e siamo in un trionfo di barocco, a cominciare dalle volte a botte istoriate da Mattia Preti con scene della vita di San Giovanni. Vado subito a rimirare i due Caravaggi, la “Decollazione di San Giovanni” e il “San Girolamo”, entrambi nell’oratorio. Stupefacenti penombre e chiaroscuri. Dalla navata centrale della Cattedrale, passo poi a visitare le cappelle, ognuna dedicata ad un santo e ad un’area di provenienza dei Cavalieri, quella d’Aragona la più opulenta, con il San Giorgio di Mattia Preti. Tombe e monumenti sepolcrali di cavalieri e Gran Maestri, tra cui quella di La Vallette. Passo poi all’adiacente ricco Museo dei paramenti sacri, degli arazzi e dei libri illuminati, allo shop, dove acquisto alcune stampe, e poi me ne esco dalla porta sul retro: passato una specie di capannone che pare un mercato in chiusura, mi trovo subito su una lunga via che mi colpisce per l’abbondanza dei balconcini di legno di tutti i colori (stile turco, per intendersi). Foto. Prima che ripiova. L’appuntamento con gli altri e tra una mezz’ora davanti alla cattedrale: c’è tempo per gironzolare un po’ per le vie strette della città vecchia, respirare un po’ di antichi muri e fantasticare su come tutto doveva essere ai tempi dei cavalieri. Portoni si aprono su cortili, vie in discesa verso il mare, lastricati di pietra. Ora tanti negozi, come qualsiasi zona pedonale di qualsiasi grande città, tanta gente in giro, tanta gente anche seduta ai tavolini fuori – nonostante il freddo. In una pasticceria che mi pare fornitissima assaggio e compro degli “Honey rings”, deliziosi dolcetti a forma di anello farciti con un impasto di frutta candita e spezie. Yummiiii. Il prossimo appuntamento lo abbiamo con le cantine Marsovin, i maggiori produttori di vino di qualità maltesi, dove giungiamo dopo un breve tratto piovoso in pullmino. L’azienda, ci spiega la nostra guida, fu fondata nel 1919; ora producono un milione di bottiglie all’anno, grazie alle uve conferite dai produttori locali, di Malta e di Gozo. Ci spiega che possono creare uno Chardonnay di tipo particolare, grazie al terreno diverso e ai diversi venti; che il vigneto più prezioso si trova all’interno dell’isola, in un terreno una volta paludoso; che il vino Grand Maître è dedicato ogni anno ad ognuno dei Grandi Maestri dell’Ordine. Anche qui viene sottolineato il problema dell’alto costo del vino di qualità (l’esportazione, per esempio, è costosa per il costo del trasporto dall’isola) e il fatto che i maltesi preferiscono i vini importati, a basso prezzo. Per legge, comunque, l’uva utilizzata per i vini maltesi IGT è al cento per cento maltese e gozitana. Per i DOC o tutta maltese o tutta gozitana. Il vino ha un’aroma comunque sempre molto ____________________ ____________________ fruttato, come possiamo constatare all’assaggio nell’ampia sala dove è stato allestito per noi un buffet veramente degno di nota con salumi, formaggi, olive locali. Mentre degustiamo, la guida ci racconta che quest’anno hanno creato uno Shiraz con uva passita, tipo amarone ma più dolce, per il quale devono mantenere le uve sulle piante fino a Settembre. Una bottiglia da mezzo litro contiene due chili e mezzo di uva! Visitiamo poi la cantina, alla quale si accede attraverso una strettissima scala a chiocciola di pietra: il sotterraneo era un locale adibito a magazzino dai Cavalieri. Tra i vini in invecchiamento, sono custodite qui bottiglie di “Cassar de Malte” (non “champagne”, ma quasi!) a riposo per tre anni. 18 Euro la bottiglia. Non male. Anche qui sentiamo nelle parole della nostra guida l’orgoglio di essere stati pionieri nella produzione di vini di qualità e di voler continuare ad esserlo, pur nella consapevolezza che il mercato può essere più favorevole a chi produce vini mediocri a basso prezzo. Usciamo grati e - come recentemente ci accade – un po’ brilli dalla Marsovin, risaliamo in pullmino e partiamo alla volta di M’dina, la città murata, ultima nostra tappa su Malta prima di reimbarcarci per il ritorno. E’ una città monumento (mi ricorda qualcosa… aspetta… Pienza, forse, anche se là i palazzi sono rinascimentali), abitata da pochissimi, silente, austera e deserta oggi sotto questa pioggia a torrenti. Non è il tempo migliore per visitare ma ammiriamo comunque il panorama dall’alto delle mura, vagabondiamo un po’ per i vicoli, solo ogni tanto resi vivi dal passaggio di qualche gruppo di turisti sfortunati come noi, entriamo nella cattedrale di San Paolo – più che altro per asciugarci un po’ e assaporare un po’ di caldo – e poi facciamo ritorno al nostro mezzo che ci aspetta appena fuori dalle mura. Domani sappiamo che ci aspetta una mattinata impegnativa: nessuno lo dice ma siamo tutti un po’ nervosi per le presentazioni PowerPoint che domani faremo a scuola. Parleremo in italiano? Parleremo in Inglese? E che pubblico ci sarà? Ma ce la faremo poi a fare tutte le presentazioni? I prodotti tradizionali di tutte le regioni sono tanti… Nadia e io abbiamo anche tutti i prodotti tipici che ci siamo portate dall’Italia: castagne e olive io, la mitica treccia d’aglio lei… E poi i dépliant del territorio…. Che ne facciamo? In stanza, la sera, rapida decisione: un bel cesto regalo e via…. Venerdì 16 Novembre 2012 Ultimo giorno e Gozo già mi manca. Sono tristissima mentre, in hotel, infilo nella borsa tutto il materiale per la presentazione a scuola, ma mi rallegro pensando alla gita in barca a Comino, che ancora ci manca. Fortunatamente la giornata è calda e soleggiata. Alla “M. Refalo” il nostro gruppo viene accolto in un’aula dove già sono assiepati studenti e alcuni docenti, credo del corso di Economia. Ci sediamo in prima fila anche noi sui banchi e, mentre Lawrence ci presenta, in gran fretta disponiamo i nostri materiali, prodotti tipici e ____________________ ____________________ dépliant, su un banchetto in un angolo. Tutti abbiamo pronta la nostra presentazione ma, dopo l’intervento di Francesco sul marketing dei prodotti tradizionali (a supporto del quale - constato con soddisfazione – vengono proiettate le slides in Inglese tradotte da noi del Carnacina) e sulla lettura delle etichette (idem con le slides preparate dalla nostra scuola), Lawrence suggerisce di scegliere due presentazioni, quella di Favara e quella di Arma di Taggia, e di lasciare le altre in dotazione alla scuola per essere presentate in un secondo momento. Ascoltiamo così la presentazione dei prodotti tipici della zona di Agrigento da parte di Raffaele, e di quelli liguri da parte di Marco. Sono belle e interessanti ma sicuramente avremmo avuto bisogno di più tempo a scuola per dare spazio a tutto il materiale che avevamo preparato. Pazienza. A sera, in hotel, ci scambieremo comunque le presentazioni di tutte le aree italiane di provenienza in modo da poterle utilizzare nelle nostre scuole. Oltre alle presentazioni dei vari territori, contengono le schede descrittive - in italiano e in inglese – dei prodotti agroalimentari tradizionali come, per quanto riguarda il nostro Garda-Baldo, il kiwi, il miele, l’asparago, il tartufo, il formaggio casato, la castagna. Un lavoro prezioso, che non deve andare perduto. All’uscita da scuola, un breve tour guidato della Cittadella, prima di scendere al porto per imbarcarci per Comino. Comino è la terza isola dell’arcipelago maltese, la più piccola, disabitata se non per un paio di residenti e frequentata solo d’estate dai turisti che alloggiano nei due hotel e da quelli giornalieri che la raggiungono con vari tipi di imbarcazioni. Appena imbarcata, temo che non reggerò tutto quel tempo in barca ma, in verità, il tragitto è breve e veniamo subito sbarcati all’attracco di Comino in un trionfo di mare turchese e di sole splendente. Decidiamo per una passeggiata fino alla sommità dell’isola, dove troneggia la solita torre di avvistamento, lungo un sentiero che si inerpica nella macchia di vegetazione mediterranea e mentre percorriamo il quale di quando in quando ci supera un pickup con degli operai. Dove staranno andando? Non sembra Novembre. L’aria è mite e il sole scalda davvero. Quasi in cima, passiamo accanto a costruzioni che pensiamo abbandonate, forse abitazioni: dalla porta di una di queste vediamo in lontananza sgusciare una figura. Che sia uno dei due misteriosi abitanti rimasti? Arrivati alla cima, e anzi, più in su, sulla cima della torre, la vista del mare da tutti i lati è mozzafiato e non smettiamo di fare foto per immortalare almeno un po’ di tanta bellezza. Ritornati al piccolo molo, in attesa della barca, i nostri coraggiosi compagni – solo tre, in verità – non resistono e si tuffano. L’invidia è somma, perché noi non abbiamo portato il costume. Chi avrebbe mai pensato…. Ma il barchetto ci raccoglie presto e, trovata una baia riparata dove attraccare, i nostri marinai ci allestiscono un piccolo pranzo a bordo, di insalata e tonno e formaggio e le immancabili olive. Cosa chiedere di ____________________ ____________________ più? Nel frattempo i nostri tre eroi, Riccardo, Marco e Luca, si tuffano nuovamente e giurano che in acqua si sta alla grande. Difficile resistere. Soprattutto pensando al freddo che da domani ci aspetta a casa. Qui, nel mezzo del Mediterraneo, il tempo sembra essersi fermato e, in cuor mio, giuro che ci tornerò perché un bagno nella Laguna Blu di Comino è una delle cose della vita che bisogna fare. Non è tardi quando rientriamo in hotel, così ne approfitto per impacchettare un po’ le mie cose in valigia, prima di cena, l’ultima, alla quale interverrà anche il preside per salutarci prima della partenza. Ma prima traffichiamo tutti un po’ per preparare gli ultimi regalini per Lawrence, che ci ha così sapientemente guidato alla scoperta dell’isola e dei suoi prodotti per tutta la settimana: a lui e a Gozo è dedicata anche la poesia-sorpresa che Francesco Donadini ha composto e legge a cena e che commuove tutti. Eccola: Perle di umile terra fertile in mare amico e nemico, perché ricco di troppi confini. Ambite nei millenni, ricercate dai naufraghi, conquistate dalle religioni, scelte dai potenti di otto lingue, abitate e spopolate, Gozo e Malta, per natura vicine, per cultura differenti, riescono oggi a creare un’intensa unicità mediterranea. Perle vispe come occhi di barche a riconoscere il cuore del mare. Perle ricche come sapori e profumi inimitabili, da non perdere! ____________________
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