ABSTRACT CONVEGNO 24 gennaio 2014
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ABSTRACT CONVEGNO 24 gennaio 2014
ABSTRACT CONVEGNO 24 gennaio 2014 “Gli habitat e le specie terrestri del SIC “Tavolara Molara e Molarotto” Paolo Sposimo, Salvo Pasta*; * Nemo, Firenze Con il presente intervento vengono brevemente illustrate le componenti biotiche degli ecosistemi terrestri compresi nel SIC, e vengono in particolare esaminate le specie e gli habitat di interesse comunitario, per la cui conservazione è stato istituito il SIC stesso. Il quadro conoscitivo su alcune delle principali emergenze (in particolare uccelli marini e rettili per quanto riguarda gli ambienti terrestri) e dei più rilevanti fattori di pressione (specie animali aliene, disturbo antropico) era già soddisfacente grazie alle indagini promosse dall’AMP sino dalla sua istituzione; le indagini si sono quindi concentrate in particolare sulla revisione della carta degli habitat, che nel primo Piano di Gestione del SIC era stata redatta concentrando gli sforzi principalmente sul settore marino. Le nuove indagini e la revisione e riorganizzazione dei dati esistenti hanno fornito gli elementi per l’individuazione degli obiettivi di conservazione e la definizione delle azioni da inserire nel nuovo Piano di Gestione, oltre che per un significativo aggiornamento del Formulario Standard del sito. Il lavoro svolto ha permesso di confermare l’elevatissimo valore del SIC, e dell’Isola di Tavolara in particolare, dal punto di vista floristico e vegetazionale: sono infatti segnalate 4 specie vegetali inserite nell’All.2 della Direttiva habitat e ben 139 altre specie di interesse conservazionistico (erano solo 59 nella versione aggiornata a ottobre 2012 del Formulario). Gli habitat segnalati sono 28, quattro dei quali marini (5 considerando le Lagune costiere), un valore che dovrebbe essere fra i più elevati per tutti i SIC italiani. Anche per gli habitat il miglioramento del quadro conoscitivo è significativo, grazie all’individuazione di 8 nuovi habitat rispetto al Formulario del 2012 (4 rispetto all’ulteriore aggiornamento di ottobre 2013). Fra gli habitat presenti su superfici significative sono da segnalare alcune formazioni arbustive (macchie e boscaglie mediterranee) e le formazioni discontinue degli ambienti rupestri di Tavolara. Di rilevante valore conservazionistico, sebbene presenti su superfici ridotte, sono anche i numerosi habitat di ambienti dunali e retrodunali. Per quanto riguarda la fauna terrestre, l’aggiornamento più rilevante è l’aquisizione della nuova stima della consistenza numerica della popolazione di berta minore Puffinus yelkouan nidificante a Tavolara, ottenuta grazie a pluriennali indagini svolte da ISPRA e AMP con metodologie diverse fra loro integrate (conteggi da terra degli individui che rientrano a Tavolara, ricerca dei nidi in aree campione, ascolto notturno dei canti). Le stime più recenti indicavano per l’isola 1200-7800 coppie, mentre nei Formulari era stata mantenuta una delle tante stime precedenti di questa popolazione (6000-9000 coppie per l’intero SIC). Le indagini suddette hanno permesso di fornire la nuova stima, molto più attendibile, di 10000 – 13500 coppie per l’intero SIC, quasi interamente concentrate a Tavolara (stimate 300 – 600 a Molara). Il dato è di assoluto interesse, trattandosi di una specie endemica esclusiva del Mediterraneo centrale e orientale, recentemente classificata come Vulnerable a livello globale e che ha proprio a Tavolara la sua maggiore popolazione, all’incirca corrispondente al 50 % di quella globale. Le ricadute gestionali di questa presenza sono evidenti, soprattutto in considerazione del fatto che le medesime indagini hanno permesso di accertare che il successo riproduttivo della berta minore a Tavolara è quasi azzerato a causa della predazione dei nidi da parte di una specie aliena, il ratto nero. “Gli habitat marini del SIC “Tavolara Molara e Molarotto”, la cartografia bionomica e carte di uso del territorio” Augusto Navone, Pier Augusto Panzalis, Andrea Deiana*, Florian Holon** , Matteo Vacchi, Valeriano Parravicini, Alessio Rovere*** * Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia **Florian Holon; Andromede Oceanologie, Carnon (France) *** SEAMap srl, Via Ponti 11, Borghetto S.S. (SV) La cartografia degli habitat è uno strumento di primaria importanza nella gestione e conservazione dei sistemi naturali. In primo luogo rappresenta per il gestore una visione sinottica, spazialmente esplicita, delle caratteristiche ecologiche del territorio da gestire. In secondo luogo, l’analisi delle relazioni tra la distribuzione degli habitat e variabili ambientali può fornire informazioni riguardo ai meccanismi ecologici che regolano la dinamica delle comunità. Nell’ambito del programma ‘Tutela e gestione dei siti della Rete Ecologica Regionale’ SEAMap srl ha svolto nel territorio della AMP di Tavolara Punta Coda Cavallo due azioni principali: - Restituzione cartografica dei dati bionomici in possesso dell'AMP a scala 1:10.000, ivi incluse le praterie di Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa. - Realizzazione della carta degli habitat marini dell’ Area Marina Protetta . - Realizzazione, tramite l'impiego di modelli predittivi spazialmente espliciti, di cartografia diagnostica dell'ambiente marino con particolare riferimento alla suscettività ambientale all'impatto degli ancoraggi. La prima azione ha integrato in un unico database cartografico le conoscenze sugli habitat marini nell’AMP. Le stesse informazioni sono state usate come dati di input in una serie di modelli realizzati ad hoc che hanno consentito di ottenere quattro mappe essenziali per la futura gestione dell’AMP: 1) quantificazione della vulnerabilità del territorio marino all'ancoraggio; 2) quantificazione della qualità potenziale del territorio marino; 3) quantificazione del costo ambientale potenziale associato all'attività di ancoraggio; 4) quantificazione di un indice di idoneità potenziale all'ancoraggio che tenga conto del costo gestionale. “Carta Geomorfologica dell’Area Marina Protetta di Tavolara Punta Coda Cavallo” Giacomo Deiana, Paolo Orrù*, Florian Holon**, Augusto Navone***; * Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche – Università di Cagliari, Cagliari **Andromede Oceanologie , Carnon (France) ***Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia Indagini multidisciplinari, geomorfologiche e biologiche per l'habitat mapping hanno interessato i fondali compresi nell'Area Marina Protetta di Tavolara nell'ambito dell'agreement AMP-Agence de l'eau– Andromede oceanologie (France). In particolare sono stati realizzati rilievi ecografici ad altissima risoluzione, sia multibeam (Kongsberg-GeoSwath Plus 250 kHz) che side scan sonar ( Klein 3900 – 445/900), integrati da indagini video e fotosub realizzate sia in immersione utilizzando rebreeder a circuito chiuso che con telecamera trainata e ROV. L’interpretazione dei dati acquisiti tramite Side Scan Sonar (SSS) e Multi Beam echosounders (MBES) è stata guidata in particolare la riflettività acustica (acoustic backscatter) attraverso le procedure di segmentazione d’immagine e classificazione acustica del fondale (Acoustic Seabed Classification); il lavoro di restituzione è stato eseguito alla scala 1:3000 mentre è stata elaborata una sintesi cartografica alla scala 1:25.000. Il contesto geomorfologico dei fondali del'AMP è estremamente complesso, il paesaggio sommerso carsico dei calcari e dolomie circostante l'Isola di Tavolara, con frane di crollo, paleo wave cutting platform, rilievi isolati testimone (Secca del Papa). Il limite meridionale dei calcari di Tavolara con i granitoidi è un contatto tettonico, rappresentato da una faglia inversa, probabilmente trascorrente dovuta al raccorciamento del blocco Sardo-Corso durante il corrugamento Alpino. Il paesaggio sommerso dei graniti dell'Isola di Molara è caratterizzato da rilievi residuali a Inselberg e Tor, interessati da reticoli di frattura che si fanno particolarmente fitti nell’area di Molarotto, con andamento prevalente Est-Ovest; sono state distinte sei differenti facies dei granitoidi. Al largo della baia di San Teodoro sono stati cartografati gli affioramenti di metamorfici del complesso migmatitico, Metatessiti e Anfiboliti.Sono state rilevate e cartografate in dettaglio numerose linee di riva sommersa in facies di beach-rocks arenaceo conglomeratiche a diverse quote, le più importanti a quote comprese tra – 50 e -65 m rappresentano i paleo-cordoni litorali dello Yiünger Dryas che chiudono, sia con morfologia a sia a spit che a barrier Island le bocche di laguna di complessi paleo-sistemi relitti. Ciascuna beach-rock è stata inserita nella curva modellistica della risalita eustatica olocenica (Lambeck et al., 2011) proponendone la collocazione cronologica. Sono stati distinti i morfotipi delle piane sedimentarie, articolatie da mega strutture sedimentarie a dune di selezione granulometrica delle aree a mäerl e pralines, dune 3D e dune idrauliche e sand ribbons anastomizzati o romboidali, in corrispondenza delle più estese spiaggie sommerse si rilevano barre festonate. “Monitoraggio della popolazione del riccio di mare Paracentrotus lividus nell’Area Marina Protetta Tavolara - Punta Coda Cavallo” Ivan Guala*, Pier Augusto Panzalis, Augusto Navone**; * IMC, International Marine Centre, Oristano **Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia Il monitoraggio della popolazione di Paracentrotus lividus nell’Area Marine Protetta Tavolara - Punta Coda Cavallo è in corso dal 2008 con l’obiettivo di valutarne la dimensione e lo stato di conservazione al fine di delineare strategie gestionali per la sostenibilità del prelievo del riccio di mare nell’AMP. Le stazioni di campionamento sono state selezionate sulla base delle caratteristiche morfologiche dei fondali (natura e inclinazione dei diversi substrati alle diverse fasce batimetriche), attraverso l’analisi delle carte bionomiche. Complessivamente sono state investigate 35 stazioni di campionamento, su fondi orizzontali o sub-orizzontali e su fondi inclinati, limitatamente ai substrati rocciosi compresi tra la superficie e 7 metri di profondità. La valutazione dell’abbondanza e dello stato di conservazione di P. lividus è stata realizzata, nel 2008 e nel 2012, attraverso stime della densità e della struttura della popolazione dei ricci su diversi tipi di substrato e a diverse profondità. L’abbondanza è stata espressa come densità totale per , considerando gli individui con diametro > 5 mm come rappresentativi dell’intera popolazione e densità degli individui di taglia commerciale, considerando i ricci con diametro ≥ 50 mm come rappresentativi della frazione della popolazione sfruttabile dalla pesca (stock). I valori di densità sono stati rapportati alle superfici occupate dai diversi substrati a due diverse fasce batimetriche per la stima dell’abbondanza totale e dello stock. Inoltre, è stata calcolata la curva di crescita attraverso il conteggio degli anelli di crescita delle placche orali interambulacrali e, in maniera indiretta, sono state stimate la mortalità e le catture. La mortalità naturale di P. lividus è stata valutata nelle zone di riserva integrale di Molarotto e di Tavolara, dove è vietato qualsiasi tipo di prelievo; qui, pertanto, i valori ottenuti sono rappresentativi della mortalità naturale, assumendo nulla la mortalità dovuta al prelievo. Sulla base dei risultati ottenuti è stata calcolata la dinamica della popolazione che, a partire dalla dimensione dello stock consente di stimarne la variazione negli anni successivi, in funzione del numero di individui che vi entrano annualmente, delle catture e della mortalità naturale. Le osservazioni effettuate nel 2012 hanno confermato minori densità dei ricci all’aumentare della profondità e una più elevata densità totale sui fondali inclinati. Tra i due anni di indagine e stata osservata una variazione significativa dell’abbondanza totale della popolazione in virtù del forte incremento del numero di ricci al di sotto della taglia commerciale, probabilmente in seguito a un aumento del tasso di reclutamento. Inoltre, le curve di cattura calcolate per i siti di Molarotto e Tavolara, indicano per il 2012 una mortalità naturale inferiore a quella stimata nel 2008. In virtù dell’incremento dell’abbondanza totale e della riduzione della mortalità naturale, il modello predittivo della dinamica della popolazione suggerisce una quota di prelievo per stagione di pesca superiore a quella indicata nel 2008 senza che lo stock dell’AMP sia compromesso. I risultati hanno consentito di ipotizzare diversi scenari gestionali al fine di coniugare le esigenze economiche locali, che tendono all’incremento del prelievo, con le esigenze di conservazione della risorsa. “Monitoraggio dello stato di conservazione di due praterie di Posidonia oceanica nell’Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo” Ivan Guala* ; * IMC, International Marine Centre, Oristano La valutazione dello stato di conservazione delle praterie di Posidonia oceanica nell’Area Marine Protetta Tavolara, è stata realizzata in due zone sottoposte a diverso grado di disturbo antropico: a Molara la prateria è sottoposta a ridotta pressione da ancoraggio, mentre a Molarotto, dove il grado di tutela è massimo, la pressione da ancoraggio è assunta essere nulla. In entrambi i siti, sono state selezionate praterie continue e distribuite su un intervallo batimetrico compreso tra circa 5 e oltre 30 m di profondità, al fine di valutarne lo stato di conservazione su diverse fasce batimetriche. A tal fine, per ciascun sito sono state identificate tre fasce batimetriche: superficiale (tra -4 e -8 m), intermedia (tra -13 e -17 m) e profonda (oltre -28 m, in prossimità del limite inferiore) e per ciascuna fascia batimetrica sono state selezionate random tre stazioni. La valutazione dello stato di conservazione delle praterie è stata realizzata attraverso l’analisi dei principali descrittori strutturali: la copertura percentuale e la densità dei fasci fogliari. Sulla base della copertura di P. oceanica viva e di matte morta è stato definito lo stato di conservazione delle praterie, attraverso l’applicazione dell’Indice di Conservazione. Inoltre la compattezza della matte e l’altezza del canopy fogliare sono state misurate per valutarne l’influenza sulla vulnerabilità delle praterie rispetto agli impatti meccanici e alla diffusione di specie invasive. A Molara, dove l’impatto degli ancoraggi è ridotto, sia l’Indice di Conservazione sia la densità dei fasci indicano condizioni ottimali soltanto nella prateria profonda, mentre più in superficie è evidente un certo grado di disturbo. A Molarotto, dove l’impatto degli ancoraggi è considerato nullo, la copertura percentuale di matte morta è trascurabile nelle stazioni profonde e del tutto assente alle altre profondità; pertanto, l’Indice di Conservazione ha valori prossimi o equivalenti al limite massimo in tutte le fasce batimetriche indagate. In entrambe le praterie le zone più superficiali sono caratterizzate da una grande variabilità dei valori di densità i quali differiscono significativamente alla scala di stazione probabilmente in virtù della forte eterogeneità dei substrati e dell’intenso idrodinamismo. La compattezza della matte è risultata molto eterogenea ma influenzata dalla presenza, in alcune stazioni, del substrato roccioso al di sotto della matte. In entrambe le praterie, l’altezza del canopy fogliare è risultata inferiore nelle stazioni presso il limite inferiore; questo aspetto è da valutare in relazione alla presenza dell’alga invasiva Caulerpa racemosa var. cylindracea rilevata particolarmente frequente e abbondante proprio nelle stazioni profonde. I risultati non hanno evidenziato particolari elementi di criticità e confermano come l’ancoraggio rappresenti, allo stato attuale, una pressione trascurabile nelle praterie indagate. Si suggerisce tuttavia la realizzazione di indagini a più ampia copertura spaziale e su scala temporale pluriennale, nonché l’integrazione con informazioni provenienti dalla cartografia, come strumento essenziale per valutare le condizioni delle praterie e assicurare che eventuali alterazioni della loro distribuzione e dello stato di conservazione siano monitorate e gestite opportunamente. “Monitoraggio delle specie aliene presenti nelle acque dell’Area Marina Tavolara Punta Coda Cavallo” Giulia Ceccherelli, Sarah Caronni*; * Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio - Università di Sassari, Sassari I cambiamenti climatici attualmente in corso a livello globale stanno provocando sostanziali modifiche negli ecosistemi terrestri e marini, giocando un ruolo chiave anche nell’invasioni di specie alloctone, considerate una delle maggiori minacce alla conservazione della biodiversità. In quest’ottica, appare particolarmente importante intraprendere attività di monitoraggio e ricerca finalizzate a tenerne sotto controllo l’abbondanza e la distribuzione e a gestirne la presenza. Allo scopo, l’Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo porta avanti già dal 2008 un progetto di ricerca sulle specie aliene presenti nel tratto di mare soggetto a tutela, in collaborazione con le Università di Pavia e Sassari, centri d’eccellenza nello studio degli alloctoni. Obiettivo del progetto è individuare la presenza di specie non indigene nelle acque dell’area marina, focalizzando l’attenzione su quelle che stanno causando i maggiori problemi in Mediterraneo, e mapparne la distribuzione e l’abbondanza, elaborando indici e piani di campionamento ad hoc. Ad oggi nelle acque dell’AMP è stata segnalata la presenza di sette specie alloctone: la microalga Chrysophaeum taylorii, le macroalghe Caulerpa taxifolia, Caulerpa racemosa ed Asparagopsis armata, i molluschi Melibe finbriata e Bursatella leachii e l’osteitta Fistularia commersonii. Le ultime quattro tra le succitate specie sono attualmente presenti nel tratto di mare soggetto a tutela con piccole popolazioni e non stanno causando particolari problemi; un discorso a parte va fatto per le macroalghe C. taxifolia e C. racemosa, considerate altamente invasive dalla comunità scientifica mondiale, e per la microalga C. taylorii, responsabile dal 2007 in poi, di massicce fioriture nel corso delle quali la mucillagine che questa specie produce in quantità rilevanti ha causato seri danni alle comunità bentoniche. Relativamente a C. taylorii questa microalga sembra essersi stabilmente insediata lungo le coste dell’area marina, dove le sue fioriture, direttamente correlate alla temperatura dell’acqua, interessano soprattutto i siti con scarso idrodinamismo. La microalga, inizialmente più abbondante nella parte nord dell’AMP, sta rapidamente ampliando la sua distribuzione, grazie anche alla notevole azione di dispersione delle sue cellule esercitata dalla mucillagine. La macroalga C. taxifolia, invece, è attualmente presente in AMP con una sola piccola colonia (~200 ), in cui essa non appare né uniformante distribuita sul substrato, né particolarmente densa. Dal 2011, inoltre, si sta assistendo ad una, seppur lieve, regressione della colonia (0,6 al mese). A destare la maggiore preoccupazione è, invece, la rapidissima diffusione nella zona di C. racemosa. La sua invasione sta interessando sia i fondali sabbiosi e rocciosi dell’area marina sia, soprattutto, le praterie della fanerogama Posidonia oceanica. Nelle zone di riserva generale dell’AMP, inoltre, C. racemosa, contrariamente alle aspettative, si sta insediando soprattutto dove le praterie di P. oceanica sono in buono stato di conservazione (presumibilmente a causa della maggior protezione che tali praterie, con un’architettura fogliare maggiore, forniscono contro i predatori), andando ad intaccare habitat prioritari per la conservazione della biodiversità della zona. “Monitoraggio delle popolazioni nidificanti di uccelli marini dell’Area Marina Protetta di Tavolara – Punta Coda Cavallo” Fabio Cherchi, Massimo Putzu, Giovanna Spano*, Nicola Baccetti, Marco Zenatello**; *Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia ** ISPRA, Roma 1. Introduzione La varietà geomorfologica del territorio compreso nell’Area Marina Protetta di Tavolara - Punta Coda Cavallo, che vede l’alternarsi di falesie calcaree a basse coste granitiche, cavità e grotte a lembi sabbiosi, zone umide a superfici aride coperte da macchia mediterranea, unitamente alla posizione geografica, alle risorse trofiche presenti e all’antropizzazione ridotta, rendono tale area ideale per lo svernamento e la nidificazione di molte specie di uccelli, alcune di alto valore conservazionistico. Per questo tra il 1998 e il 2000 in questa zona è stata individuata da Birdlife International l’IBA (Important Bird Area) con codice identificativo IBA: 174, sulla base della quale è stata istituita la Zona di Protezione Speciale (Z.P.S.) “Isole del Nord - Est tra Capo Ceraso e Stagno di San Teodoro” (codice identificativo ITB013019) che assieme ai Siti di Interesse Comunitario (S.I.C.) “Isole Tavolara, Molara e Molarotto” (codice identificativo ITB010010) e“Stagno di San Teodoro” (codice identificativo ITB010011) entra a far parte della Rete Natura 2000. Inoltre nel 2007 l’Area Marina Protetta ha ottenuto il riconoscimento di ASPIM (Area Specialmente Protetta d'Importanza Mediterranea). L’Ente Gestore dell’Area Marina Protetta è impegnato dal 2006 nel monitoraggio di importanti specie di uccelli marini nidificanti all’interno del territorio di propria competenza e in particolare, attraverso il progetto “Avifauna Marina”, è stata monitorata la nidificazione delle specie Berta minore - Puffinus yelkouan (Acerbi, 1827); Gabbiano corso - Larus audouinii Payraudeau, 1826; Marangone dal ciuffoPhalacrocorax aristotelis desmarestii (Payraudeau, 1826). Tali specie sono considerate minacciate di sparizione o rare in quanto costituite da popolazioni numericamente scarse e localizzate, oltre che potenzialmente danneggiabili da talune modifiche del loro habitat o che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro ecosistema. Per questo sono previste misure speciali di conservazione degli habitat (All. I Direttiva 79/409/CEE del Consiglio del Parlamento Europeo e concernente la conservazione degli uccelli selvatici del 2 aprile 1979, aggiornata al 30 novembre 2009 con la Direttiva 2009/147/CE). 2. Modalità e area di studio. Attraverso questo lavoro si è ampliato e perfezionato il quadro conoscitivo relativo all’avifauna del territorio dell’Area Marina Protetta, attraverso il monitoraggio di tutte le specie nidificanti. Inoltre, poiché le uscite sul campo per il monitoraggio dei Marangoni dal ciuffo sono state iniziate nei mesi invernali a causa del precoce calendario riproduttivo di questa specie, si sono potuti raccogliere, anche se non in modo esaustivo, informazioni sulle specie svernanti. Particolare attenzione è stata dedicata, oltre che alle specie per le quali sono previste misure speciali di conservazione, anche per quelle, come il Gabbiano reale - Larus michahellis Naumann, 1840 e il Falco pellegrino Falco peregrinus Tunstall, 1771 che necessitano un costante controllo in quanto possono alterare il ciclo riproduttivo di specie particolarmente sensibili come il Gabbiano corso - Larus audouinii Payraudeau, 1826. I dati raccolti continuano il percorso di monitoraggio avviato col progetto avifauna 2006 Il monitoraggio si è svolto attraverso diverse modalità in relazione alle specie interessate: • punti di ascolto per Berta maggiore, Berta minore, Uccello delle tempeste ed altre specie nidificanti • • • stima della consistenza delle popolazioni delle specie target (Gabbiano corso, Berta minore, Berta maggiore, Marangone dal ciuffo), attraverso censimenti dalla costa e conteggio dei nidi in colonia. stima del successo riproduttivo attraverso l’esame del rapporto tra numero di uova e pulli involati (Berta minore, Gabbiano corso e Marangone dal ciuffo). informazioni sui siti di alimentazione e sui movimenti circannuali attraverso geolocators su adulti per l’acquisizione di informazioni relative agli spostamenti invernali e tramite telemetria gps per indagini conoscitive dei siti di alimentazione (Berta minore). La fase preliminare del lavoro di monitoraggio è stata dedicata all’indagine dell’avifauna dell’Area desumibile dai dati bibliografici, il cui lavoro più approfondito è Moltoni (1971) che resta ancora oggi quello più completo. Precedentemente sono stati pubblicati studi riguardanti esclusivamente resti fossili rinvenuti su Tavolara, che portarono fra l’altro alla conoscenza di importanti dati di nidificazione storica della Berta minore. Successivamente sono stati pubblicati importanti contributi relativi alla conoscenza dell’avifauna soprattutto nidificante, ma gli sforzi si sono concentrati per la maggior parte su poche specie o su ristrette zone dell’Arcipelago; tra questi ricordiamo Guerrieri (1996), per il quale sussistono forti dubbi sull’attendibilità dei dati raccolti; le informazioni raccolte durante il Progetto Avifauna svolto dal consorzio per la gestione dell’Area Marina Protetta a partire dal 2005; i dati raccolti dallo stesso ente in collaborazione con l’ISPRA. I dati finora pubblicati permettono di affermare che gli ecosistemi presenti all’interno dell’Area Marina Protetta sono di importanza fondamentale per la conservazione degli uccelli marini e terrestri, molti dei quali particolarmente minacciati da fattori come la competizione con specie alloctone, l’impoverimento delle risorse trofiche, i cambiamenti ambientali e il disturbo antropico diretto ed indiretto. Basti pensare al fatto che la costa nordorientale sarda ospita circa il 50% della popolazione totale presente in Italia di Marangone dal ciuffo (Navone & Trainito, 2008), mentre a Tavolara e Molara risiede metà della popolazione mondiale di Berta minore che in tali isole nidifica. A Molara inoltre da anni nidifica il Gabbiano corso. L’area di studio è stata suddivisa in macrozone, a loro volta divise per sito, codice e categoria, come schematizzato nella tabella sottostante: Figura 1 suddivisione area in macrozone Per caratterizzare dal punto di vista ornitologico l’A.M.P. è stata compilata una check-list includendo specie citate in diversi lavori (Baccetti 2007; Moltoni 1971; Guerrieri 1996; AA.VV. 2006) e unendo alle specie ivi citate quelle personalmente osservate durante lo svolgimento del lavoro. Bisogna evidenziare che le osservazioni personali hanno da un lato portato alla segnalazione di specie non comprese nei lavori citati, ma dall’altra non hanno confermato gran parte di quelle citate soprattutto in Guerrieri (1996), perlopiù passeriformi. La check-list comprende 148 specie, di cui 69 nidificanti (certe, probabili o possibili) e 82 svernanti; 45 specie figurano in allegato I della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli" di cui 21 nidificanti. Per approfondire i dati relativi alle specie nidificanti sono state approntate delle schede, una per ogni specie che contiene descrizione schematica, metodologia di monitoraggio e risultati ottenuti. “Il monitoraggio della fauna ittica presso l’AMP Tavolara-Punta Coda Cavallo” Paolo Guidetti, Antonio Di Franco, Simona Bussotti*, Pier Augusto Panzalis, Augusto Navone**; *Università di Nice Sophia-Antipolis, EA 4228 ECOMERS, Nizza; CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare), Roma **Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia Dal 2005 è in corso un’attività di monitoraggio della fauna ittica associata ai fondi rocciosi dell’AMP Tavolara-Punta Coda Cavallo. Tale monitoraggio, effettuato utilizzando tecniche non distruttive (visual census) in immersione con ARA tra i 5 ed i 15 m di profondità circa, ha il fine di valutare l’effetto riserva, cioè le differenze riscontrabili nella fauna ittica in relazione al livello di protezione applicato in zona A, B, C dell’AMP ed all’esterno dei suoi confini. Siccome la fauna ittica include molte specie bersaglio della pesca (professionale ed amatoriale), limitarla o vietarla determina degli effetti sulla fauna ittica locale, in particolare sulle popolazioni di specie bersaglio. Dal 2005 ad oggi sono state condotte 14 campagne di campionamento, selezionando le variabili più appropriate (es. la biomassa ittica) e utilizzando sempre lo stesso disegno sperimentale standardizzato al fine di comparare dati nel tempo oltre che tra zone caratterizzate da diverso regime di tutela (zone A, B, C ed esterno). I dati della fauna ittica, come noto, sono intrinsecamente molto variabili spazio-temporalmente. E’ tuttavia indiscutibile il fatto che la biomassa ittica media (calcolata per unità di superficie) sia nel suo complesso, sia per le specie bersaglio (cernia bruna, corvina e sarago maggiore) risulti maggiori in zona A. Tra zona B, C ed esterno, per contro, le differenze sono poco chiare. In zona A sono stati riscontrati gli individui di specie bersaglio di taglia massima. Ulteriori analisi hanno evidenziato come le secche all’interno dell’AMP (Secche del Papa, formalmente in zona B) ospitino una fauna ittica paragonabile alle zone A. A livello ecosistemico è stata anche osservata una relazione negativa tra densità dei saraghi (predatori) e densità dei ricci di mare (prede), il che suggerisce che soprattutto nelle zone A l’apparato dei predatori naturali sia sufficientemente tutelato dalle attività di pesca da mantenere in un buono stato di salute il sistema dei fondi rocciosi dell’AMP. Questo quadro positivo (fornito da molteplici indicatori) fa sì che l’AMP Tavolara-Punta Coda Cavallo eccella se comparata quindi con altre realtà di AMP italiane e di altri paesi del Mediterraneo. Prossimamente a questo monitoraggio sarà affiancata un’attività complementare, finalizzata a valutare in maniera spazialmente esplicita le variabili legate all’effetto riserva rispetto ad una serie di co-variate, per es. alla pressione di pesca locale e la tipologia di habitat. Nel complesso, quindi, questi 9 anni di monitoraggio della fauna ittica, utilizzata come ‘termometro’ per valutare l’efficacia della gestione, rivelano una situazione positiva per quel che concerne la conservazione in particolare per le zone A. L’uso di altri indicatori da implementare in futuro, come per esempio le rese di pesca, potrà essere utile per meglio valutare gli effetti della gestione in zona B e C (anche su attività di importanza economica e socio-culturale come la pesca artigianale), che per ora, sulla base del monitoraggio pluriennale effettuato tramite visual census, non sembrano fornire un quadro particolarmente diverso da ciò che si osserva al di fuori dell’AMP. “Monitoraggio di Patella ferruginea e variabilità genetica” Marco Casu* * Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio – Università di Sassari, Sassari Lo scopo della presente ricerca è stato quello di ottenere un stima dettagliata sulla abbondanza numerica della specie protetta Patella ferruginea (Mollusca: Gastropoda) e sulla sua variabilità genetica intraspecifica all’interno dell’AMP di Tavolara-Capo Coda Cavallo, al fine di valutarne lo stato di conservazione genetica e i livelli di flusso genico in relazione alla distribuzione e alla densità di popolazione. I censimenti, effettuati in sei aree individuate come prioritarie (1.Isola di Molarotto-Zona A; 2.Isola di Molara-Zona B/C; 3.Isola di Tavolara-Zona A/B/C; 4.Isola dei Topi-Zona B; 5.Isola dei Porri-Zona C; 6.Isolotto Rosso-Zona C, censito parzialmente) hanno permesso di rilevare la numerosità di P. ferruginea lungo una linea di costa pari a circa 30 Km. L’attività su campo, condotta da due/tre operatori per volta che coprivano mediamente150 metri di costa rocciosa per ora, ha portato all’acquisizione, tramite GPS, delle coordinate relative alla posizione di ogni individuo censito. L’elaborazione finale dei dati ottenuti ha permesso di censire e geo-referenziare 3.104 individui, con la numerosità massima riscontrata nell’Isola di Molara (1730). La densità di popolazione nelle sei aree analizzate varia tra 0,786 (Isola di Molarotto, che, nonostante il ridotto perimetro, conta più di un terzo del totale degli individui censiti) e 0,003 (Isola di Tavolara) individui per metro lineare. Un ulteriore dato di particolare rilevanza è rappresentato dalla relazione positiva tra elevata numerosità e limitata accessibilità, apprezzabile principalmente per l’Isola di Molarotto e l’Isola di Molara. In quest’ultima si possono notare differenze di densità di distribuzione tra i quattro versanti (Nord, Est, Ovest, Sud); di fatto, il versante Sud, caratterizzato da diversi facili accessi, presenta il numero più basso di individui (76). Contemporaneamente all'acquisizione delle coordinate geografiche degli individui, è stato effettuato il prelievo di un frammento di tessuto muscolare del piede per le analisi genetiche su un sub campione di 102 individui, utilizzando un protocollo di campionamento non letale. La diversità genetica è stata analizzata utilizzando 8 marcatori microsatelliti. Sono state considerate cinque aree geografiche (1.costa N, 2.costa S-O, e 3.costa E dell'Isola di Molara; 4.Isola di Molarotto; 5.Isola di Tavolara, Isola dei Topi, Isola dei Porri, Isolotto Rosso). Per l'analisi della variabilità genetica all'interno della popolazione è stata calcolata l'eterozigosità attesa e il numero di alleli osservati. La presenza di strutturazione genetica spaziale è stata analizzata stimando l'autocorrelazione tra coppie di individui per diverse classi di distanza geografica. Inoltre è stato stimato il differenziamento genetico tra le cinque aree. I dati genetici suggeriscono che le popolazioni analizzate godono di un buono stato di conservazione genetica. Basandosi sugli indici di variabilità genetica, non solo appare che le popolazioni non abbiano subito di recente fenomeni di collo di bottiglia (drastica riduzione delle dimensioni effettive della popolazione), ma è plausibile ipotizzare che si tratti di popolazioni attualmente in espansione. Le diverse aree prese in esame non mostrano differenze tra loro dal punto di vista della variabilità genetica e sembra vi sia tra loro una buona connettività, sottolineata dall'assenza di strutturazione genetica spaziale. In conclusione, il presente studio, che presenta la peculiarità di essere stato eseguito utilizzando un approccio multidisciplinare, suggerisce che l'AMP di Tavolara-Capo Coda Cavallo svolge un ruolo di protezione efficace per la salvaguardia della specie a potenziale rischio di estinzione, P. ferruginea. È ipotizzabile che tale popolazione svolga, o possa svolgere in futuro, il ruolo di “source population” da cui potranno trarre beneficio le aree limitrofe non sottoposte ancora a regimi di protezione. “Sistema Informativo Territoriale: dal GIS-AMP al SIT Habitat-SIRA” Andrea Deiana* * Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia L'AMP Tavolara - Capo Coda Cavallo (in seguito semplicemente AMP) ha acquisito nel tempo, dalla sua istituzione al presente, una notevole quantità di dati georiferiti. L'ufficio GIS dell'AMP, che si occupa di mantenere e gestire l'organizzazione di tali dati per i fini gestionali intrinseci dell'organizzazione, ha coordinato il trasferimento verso il SIT Habitat del Sistema Informativo Regionale per l'Ambiente (SIRA) di strati informativi prodotti da/e per conto dell'AMP in relazione al monitoraggio degli habitat e delle specie interessate dalle Direttive CE Habitat e Uccelli. L'intervento è volto a riferire circa l'importanza dell'Informazione Geografica nella gestione delle risorse ambientali, evidenziando le attività svolte, le criticità emerse, i risultati ottenuti, le prospettive gestionali, le questioni ancora aperte. Nell’ ambito della costruzione delle cartografie tematiche, di quelle degli habitat terrestri e marini si sono riscontrate diverse criticità determinate dalla difficile interpretazione dei manuali internazionali realizzati per la costruzione degli habitat (RAC/SPA, Euniss) e pertanto e stato utilizzato il Manuale italiano d’interpretazione degli habitat rilevato sul portale Habitat Italia ed edito dall’ Università di Perugia. “Monitoraggio attività produttive 2013” Sergio Bucci* * SPS, Sviluppo Performance Strategie srl, Olbia Il turismo nazionale, negli ultimi quattro anni, sta attraversando una delicata fase di trasformazione a causa degli andamenti economici che stanno determinando una forte restrizione dei flussi domestici ed una costante affermazione dei flussi internazionali. L’evoluzione della domanda turistica verso la componente internazionale è ancora più marcata a livello regionale, a causa del forte ridimensionamento del trasporto marittimo. Se fra il 2008 e il 2011 le presenze ricettive degli italiani nelle località balneari si sono contratte del -2,0%, in Sardegna il calo è stato del -17,0% ed il fenomeno, dai dati preliminari, si è ulteriormente accentuato nel corso del 2012 e del 2013 (Fonte: dati ISTAT). Se i dati ISTAT delineano un quadro poco entusiasmante sul lato delle strutture ricettive, non va meglio in ambito diportistico, dove, per ragioni non solo connesse con la crisi economica, si è assistito ad una vera e propria “fuga” di turisti. Purtroppo non esistono sistemi di rilevazione statistica ufficiali in ambito diportistico, ma un dato di riferimento può essere quello dei sinistri che, secondo le fonti ufficiali, è crollato del -31,25% tra il 2010 e il 2012. In questo contesto negativo si segnala l’aumento del numero dei turisti internazionali, sia a livello nazionale che locale. Si consideri che nel solo aeroporto di Olbia, fra il 2009 e il 2012, il numero di passeggeri internazionali è cresciuto del +34,2%, con un’ulteriore crescita nel 2013 (dati provvisori). Dagli studi emerge però che il turista internazionale ha delle abitudini di consumo differenti rispetto a quello italiano. I nostri concittadini, infatti, prediligono la vacanza prettamente balneare, mentre gli stranieri sono alla ricerca di esperienze maggiormente arricchenti. In questo scenario di cambiamento e di necessità di nuove esperienze di vacanza le Aree Marine Protette possono svolgere un ruolo decisivo per far sì che il prodotto turistico balneare non si traduca solo ed esclusivamente in una “vacanza in spiaggia”. Risulta evidente e pressante, però, la necessità di riprogettare il sistema di offerta turistica affinché sia maggiormente funzionale alle aspettative dei turisti stranieri (a partire dalla capacità degli operatori turistici di interfacciarsi con i clienti in lingua straniera). A conferma dell’importanza delle Aree Marine Protette nell’arricchimento dell’esperienza di vacanza, l’analisi delle attività economiche condotta nel presente studio evidenzia che all’interno del territorio dell’AMP di Tavolara Punta Coda Cavallo la contrazione economica non è stata così forte e marcata come per il resto del turismo in Sardegna. Il mercato delle immersioni, per esempio, ha registrato una crescita fra il 2012 ed il 2013 del +18,5% sfiorando quota 20.000 subacquei ed evidenziando la sempre maggiore affermazione dell’AMP di Tavolara come meta per il diving. Le altre forme di attività economica presenti nel territorio dell’AMP (noleggi gommoni, ecc.) non hanno, purtroppo, fornito delle informazioni complete e non è quindi stato possibile sintetizzarne gli andamenti in poche righe poiché è necessaria un’analisi articolata che ne evidenzi gli elementi di criticità e la significatività dei dati esposti. "Leve organizzative per lo sviluppo sostenibile delle aree marine protette: una proposta metodologica" Fiorenza Micheli*, Federico Niccolini** * Stanford University CA-USA, Monterrey CA **Università di Macerata, Macerata Come può un ente che gestisce e possiede risorse finanziarie infinitesimali rispetto al prodotto interno lordo del sistema socio-economico (SSE) in cui si trova inserito, riuscire a indirizzare lo stesso SSE verso obiettivi e traguardi di sostenibilità e comunque sensibilmente diversi da quelli che il SSE perseguirebbe se fosse lasciato alle sole forze di mercato? Una delle poche possibili risposte è quella di agire come un “esperto di agopuntura”. L’ente dovrà sviluppare le giuste competenze analitiche per individuare i pochi punti del sistema socio-economico su cui investire le esigue risorse a disposizione e agire su quei punti in modo di “attivare” l’intero sistema nella direzione della sostenibilità. Questo arduo compito è una sorta di “mission implicita” di ogni area protetta, in particolar modo di quelle che si trovano a operare sotto una pressante influenza di forze socio-economiche. Tale compito diventa ancora più arduo per le aree marine protette (amp), che hanno pochi poteri regolativi nei confronti di quegli attorie che sono in grado di esercitare le maggiori pressioni socio-economiche, normalmente rappresentati da aziende che svolgono attività sulla terra ferma. In questi casi il management dell’amp ha una strada quasi obbligata da percorrere. Se la via di isolarsi dalle influenze socio-economiche è impraticabile, la strada opposta, quella dell’apertura non regolamentata, è foriera di sicure patologie, non solo socio-economiche, ma anche ecologiche. Occorre quindi attuare un’apertura mirata e guidata nei confronti di tali forze, agendo su quegli attori – individuali o organizzativi - che meglio di altri possono fare propri e diffondere quei valori e quelle finalità di sviluppo socio-economico sostenibile, che all’amp sono necessarie e strumentali per raggiungere la mission istituzionale di conservazione degli ambienti naturali. Recenti studi (Micheli, Niccolini, 2013) hanno tentato di individuare alcuni principi e tecniche di pianificazione socio-economica che possono coadiuvare le amp in questo difficile e puntuale sforzo di attivazione del SSE. Effettuato uno screening di carattere ampio e sistemico del SSE, è essenziale suddividere gli attori socio-economici sulla base del parametro “influenza” che possono esercitare sull’amp, in categorie di tipo “attori chiave”, “attori rilevanti” e “altri attori”. Più precisamente un attore salirà nella scala della rilevanza sulla base dell’influenza che può esercitare sugli equilibri socio-economici ed ecologici dell’amp. In questa prospettiva, l’Area Marina Protetta di Tavolara Punta Coda Cavallo ha portato avanti una “poderosa” analisi a carattere socio-economico, che ha previsto un ampio screening socio-economico, basato sia su analisi documentali, sia su analisi sul campo (2834 interviste), approfondita e mirata proprio verso gli attori identificati come “chiave”. I risultati dell’analisi socio-economica hanno permesso di individuare delle attività rilevanti e una serie di opportunità e minacce del SSE e di punti di forza e debolezza dell’amp, partendo da questi, alcuni interventi di “agopuntura” volti ad attivare l’intero SSE verso una vision di sviluppo non solo compatibile, ma possibilmente sinergico nei confronti della mission di conservazione delle risorse naturali custodite. “Anteprima del Piano di Gestione del SIC “ Tavolara Molara Molarotto” Viviana Cherici* * Nemo , Firenze Il presente intervento si propone di illustrare il percorso di lavoro intrapreso dall’AMP per l’aggiornamento del piano di gestione del SIC “IT 010010 - ISOLA DI TAVOLARA, MOLARA E MOLAROTTO”, sito coincidente col perimetro dell’area marina ad esclusione della parte a mare del SIC Stagni di San Teodoro. Il quadro normativo di riferimento nel quale il lavoro si sta sviluppando è definito dalle “Linee guida regionali per la redazione dei piani di gestione dei SIC e ZPS, febbraio 2012” e dalla Delibera della Giunta Regionale della Regione Autonoma della Sardegna n.34/33 del 7 agosto 2012 «Valutazione ambientale strategica di piani e programmi - procedura di verifica e di valutazione»; la normativa regionale prevede infatti di sottoporre anche i piani di gestione di SIC e ZPS - alla stregua di qualsiasi altro piano e programma - a valutazione ambientale strategica. In considerazione dei principali fattori di pressione e conseguenti effetti di impatto (o criticità) che insistono sul sito, aggiornati sulla base dei risultati emersi dalle recenti indagini e campagne di studio realizzate dall’AMP, al fine di individuare mirate ed efficaci azioni di gestione, il lavoro si è concentrato sull’approfondimento dei seguenti temi: Presenza e diffusione di specie aliene sia negli ambienti marini che terrestri (es. ingresso di alghe aliene negli habitat di interesse comunitario, piante ornamentali aliene nelle isole e sulla terraferma, ratti e capre nelle isole), al fine di contenere la degradazione e perdita di habitat e decremento delle popolazioni di specie autoctone. Ancoraggi delle imbarcazioni quale fattore di pressione sulla Posidonia oceanica (degradazione e predita di habitat). Inquinamento luminoso quale fattore di pressione su alcuni uccelli marini: in specifico per quanto attiene la perdita di giovani esemplari di berta minore causata da disorientamento (riduzione della produttività della popolazione nidificante). Modalità di gestione delle spiagge, con particolare riferimento alle concessioni e alla pulizia delle spiagge (rimozione della posidonia spiaggiata), al fine di limitare la degradazione e perdita di habitat dunali lungo i litorali costieri. Attività di controllo da parte degli organi preposti, sia a mare che a terra, quale azione di gestione fondamentale per contrastare importanti effetti di impatto: la degradazione e perdita di habitat di Posidonia oceanica, la perdita di nidiate di gabbiano corso dovuta ad accesso o eccessivo avvicinamento alle colonie, ecc.. Partendo da queste considerazioni, nell’aggiornamento del piano di gestione si stanno consolidando le seguenti linee strategiche: Mappatura delle zone a bassa sensibilità per l'ancoraggio, al fine di contrastare la degradazione dei posidonieti e aggiornamento della regolamentazione degli ancoraggi. Regolamentazione del transito e velocità delle imbarcazioni, al fine di limitarne il disturbo su pesci ossei, cetacei e tartarughe marine. Campagne di sensibilizzazione finalizzate a ridurre una serie di impatti legati a inconsapevoli comportamenti scorretti (casi più significativi: degradazione habitat dunali causata da calpestio, degradazione di habitat marini del coralligeno da parte dei sub, utilizzo di specie vegetali aliene invasive ornamentali, installazione di illuminazioni esterne pericolose per uccelli marini), generali oppure rivolte a specifici target (principali: operatori turistici, villeggianti, proprietari di abitazioni all’interno e nelle immediate adiacenze del SIC). Eradicazione/contenimento di specie aliene invasive già presenti e che producono impatti rilevanti (roditori e capre nelle isole, Carpobrotus sp, ecc.). Ordinanze e campagne di informazione per limitare il disturbo antropico all'avifauna marina. Incremento dei controlli sulla fruizione e sulle attività economiche, nonché verifica dell’efficacia delle infrastrutture esistenti, al fine di proteggere gli ecosistemi dunali sensibili. Prosecuzione e continuo riadeguamento delle attività di monitoraggio. “Esperienze di educazione alla sostenibilità a supporto della conservazione” Giovanna Spano, Augusto Navone, Gavino Canu*, Giorgia Nervegna** * Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo, Olbia **Coop Axinella, Olbia Le attività educative sviluppate dall’Ente gestore dell’Amp TPCC a partire dal 2005, raccontano un percorso in continua evoluzione, che ha accompagnato in questi anni le azioni di conservazione e di gestione, collaborando alla costruzione e alla definizione del ruolo che l’ente svolge nel territorio a favore delle comunità di riferimento. Sin dalla primissima fase, rappresentata da proposte rivolte prevalentemente al mondo scolastico, la qualità educativa e la rispondenza alle finalità istitutive dell’area protetta sono state al centro della nostra riflessione. Adeguare gli strumenti e le iniziative cercando di cogliere ed interpretare le esigenze e i bisogni espressi nella quotidiana attività di gestione e nel rapporto con gli attori sociali del territorio, ha costituito una parte importante del lavoro svolto in questi anni. Questa ricerca di corrispondenza fra i programmi educativi e le necessità rilevate sul campo, nei contatti continui con le persone che, a diverso titolo, vivono l’area protetta, ci ha condotto velocemente a diversificare le proposte, arricchite e articolate anche grazie alla partecipazione a diversi progetti a cofinanziamento regionale (Assessorato Difesa dell’Ambiente – Servizio SAVI). Sono nate proposte specifiche per raccontare l’area marina, i valori ambientali, le azioni di monitoraggio scientifico e di conservazione condotte negli anni (Il SalvaMare); rivolte inizialmente ai turisti, queste proposte, hanno costituito in seguito un’importante offerta per la comunità locale, chiamata a vivere in un luogo di cui spesso non conosce/ri-conosce appieno i valori e la bellezza. Proprio il coinvolgimento delle comunità locali è stato un altro aspetto fondamentale del nostro lavoro educativo: siamo partiti dalla consapevolezza che quanto costruito fino adesso, per essere duraturo e significativo, deve essere interiorizzato da questo territorio, come un possibile modello di sviluppo. Ovviamente questo aspetto rappresenta un elemento chiave per il successo delle azioni di conservazione e una sfida sostanzialmente più impegnativa di quelle che solitamente affrontano le aree protette nelle loro attività educative. Si tratta di costruire con le comunità un percorso di trasformazione imponente, sviluppato all’interno di un modello economico antitetico a quello della conservazione dei capitali naturali e sociali, che risulta incapace di confrontarsi con i limiti posti da risorse naturali finite e che d’altra parte, sta vivendo nell’Europa attuale una crisi profonda. Affrontare, nel piccolo delle nostre risorse umane e materiali, queste problematiche è talvolta spiazzante, ma appare l’unico percorso possibile, in alternativa ad un’educazione ambientale “preconfezionata”, senza rapporto con questa realtà territoriale specifica e con le persone che ci vivono e senza velleità di perseguire un vero cambiamento. Costruire processi e percorsi di questo genere non si presta facilmente alle valutazioni ordinarie di perfomance, la qualità di un percorso educativo non si racconta con i numeri e richiede operatori che sappiano coltivare e valorizzare altri aspetti, a partire dal rapporto che costruiscono con le persone che partecipano alle attività. L’educazione è condivisione di un’esperienza comune, in cui esiste uno scambio e una crescita che coinvolge l’operatore tanto quanto l’utente, deve poter accogliere esiti imprevisti e valorizzare le infinite sfumature delle singole persone, favorire momenti di riflessione critica, ma costruttiva, promuovere socialità e costruzione di comunità; tutto questo deve, a nostro parere, essere ricercato tanto nella singola attività quanto nell’arco dei processi più lunghi e complessi. Possiamo quindi affermare che l’Area marina protetta, in questi anni, ha sempre cercato di essere presente sul territorio e rispondere attivamente alle esigenze espresse dalla comunità, cercando di valorizzare le risorse del territorio, proponendo un percorso educativo che fosse sempre dinamico e ricco di contenuti.