Giovanni Battista Belzoni - Villaggio Globale International
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Giovanni Battista Belzoni - Villaggio Globale International
Giovanni Battista Belzoni Le funamboliche avventure dell’archeologo padovano Giovanni Battista Belzoni è personaggio di grande fascino: acrobata, avventuriero, appassionato di viaggi e antichità; è tra i padri dell’archeologia. A lui si devono scoperte e imprese audaci in terra d’Egitto ed è stato lui, con il suo piglio coraggioso, ad ispirare le avventure dell’Indiana Jones cinematografico. In mostra numerosi oggetti e documenti (tra questi anche una lettera inedita) ne ricordano i viaggi e le avventure, la figura e le imprese, che lui stesso aveva documentato pubblicando a Londra, nel 1820 per John Murray, il libro Narrative of the Operations and Recent Discoveries Within the Pyramids, Temples, Tombs and Excavations in Egypt and Nubia…Il volume, scritto certamente sulla base di appunti, era accompagnato da una serie di 44 tavole incise e in parte colorate, pubblicate lo stesso anno, intitolate Plates Illustrative of the Researches and Operations of G. Belzoni in Egypt and Nubia, alle quali se ne aggiungeranno dopo due anni altre 6. Di queste straordinarie tavole la mostra offre una ricchissima selezione in collezione privata. “Giovanni Battista Belzoni – scrive Michelanglo Lupo in catalogo – è nato a Padova nel 1778. Dopo aver esercitato i mestieri più disparati ed aver girato l’Europa (barbiere nella bottega paterna a Padova, studioso di idraulica a Roma, venditore di oggetti sacri a Parigi, ingaggiato per numeri di forza, grazie alla sua possanza fisica, al Sadler’s Well, al Drury Lane, al Covent Garden e poi all’Astley’s Royal Amphitheatre of Arts a Londra e quindi in vari teatri di Edimburgo, Aberdeen, Dundee e successivamente in Irlanda, Spagna e Portogallo) arrivò a Malta alla fine del 1814. Qui conobbe Ismael Gibraltar, un agente che Mohammed Ali, il pascià d’Egitto, aveva inviato in giro per il Mediterraneo ad ingaggiare tecnici che potessero sostenere il suo ambizioso piano di sviluppo del Paese. L’irrigazione del territorio e la necessità di sfruttare l’enorme potenziale delle acque del Nilo era uno dei problemi principali del governo egiziano. Forte della sua esperienza nel campo dell’idraulica, Belzoni si mise al servizio di Ismael e quindi del pascià. Con la moglie inglese (si era sposato con Sarah poco dopo il suo arrivo in Inghilterra nel 1803) e col domestico James Curtin, lasciò Malta il 19 maggio 1815 ed arrivò ad Alessandria, colpita da un’epidemia di peste, il 9 giugno e il 6 luglio giunse al Cairo, dove ebbe modo di entrare in contatto con il piemontese Bernardino Drovetti, console generale di Francia, che favorì il suo contatto con Mohammed Ali. Nei mesi successivi si mise a lavorare su una macchina idraulica che avrebbe dovuto essere installata a Shubra, nei giardini del pascià, ma l’esperimento della macchina idraulica non ebbe successo. Intanto, nel 1816, si era installato al Cairo il nuovo console inglese Henry Salt. L’incontro di Belzoni con il console avrebbe cambiato la vita all’ormai trentottenne padovano ma avrebbe anche incrinato i rapporti con Drovetti. Da questo incontro inizia, si può dire, la sua carriera di archeologo. Da questo momento cominciano i suoi avventurosi viaggi in terra egiziana di cui egli scrive nelle più di quattrocento pagine del Narrative. Attraverso i contatti con l’archeologo svizzero Johann Ludwig Burckardt, Belzoni riuscì a farsi affidare da Salt un progetto importante: trasportare sulle rive del Nilo il gigantesco busto – dal peso di 7,25 tonnellate – del cosiddetto “Giovane Memnone” (in effetti Ramses II), che si trovava all’interno del cortile del Memnonium (Champollion lo avrebbe identificato poi con il Ramesseum), nella piana di Deir-el Bahari, sulla riva occidentale del fiume, di fronte alla città di Luxor, l’antica Tebe. Il busto sarebbe andato ad arricchire le collezioni del British Museum di Londra. Il 30 giugno 1816, munito di un lasciapassare del pascià, Belzoni si imbarca dal porto fluviale di Bulaq a destinazione di Tebe per studiare in loco il progetto. Palazzo Ducale Venezia 01.10.2011 22.01.2012 promotori e con Comune di Venezia Fondazione Musei Civici Venezia Autorità Portuale di Venezia Patriarcato di Venezia Regione del Veneto Presidenza del Consiglio Provincia di Venezia dei Ministri Ministero degli Affari Esteri Ministero per i Beni e le Attività Culturali organizzazione generale Università Ca’Foscari Univeristà IUAV Università degli Studi di Padova Università degli Studi di Verona Fondazione Musei Civici di Venezia Villaggio Globale International Catalogo Skira Prendono il via tre viaggi le cui avventure possono così essere seguite confrontando il testo da lui scritto con le bellissime tavole che illustrano i risultati più importanti delle sue ricerche. Partito dal Cairo, oltrepassata la zona delle piramidi, la cangia sulla quale naviga Belzoni si dirige verso sud. Le prime rovine registrate nel Narrative sono quelle della città di Antinoe (l’antica Antinopolis fondata nel 130 d.C. dall’imperatore Adriano), quindi il viaggio prosegue per Hermopolis, Manfalût, Assiout, Akmīn, Girgeh, Dendera, fino ad arrivare a Luxor il 22 luglio. Belzoni si mette subito all’opera per portare il gigantesco busto del “Giovane Memnone” sulla riva del Nilo e descrive minutamente il progredire del lavoro. Tra i Six New Plates del 1822 si trova la famosa tavola (Plate II), nella quale egli mostra il busto adagiato su un letto di travi e fatto procedere inserendo rulli di legno sotto le travi man mano che la “macchina” avanzava. In attesa tuttavia che il console Salt mandasse una barca a Luxor per caricarvi il busto colossale, Belzoni decide di partire per l’Alto Egitto: raggiunge Aswan e si addentra nella Nubia arrivando a El Dakka. Nel viaggio verso Abu Simbel, meta finale del viaggio, Belzoni tocca l’isola di Gulgé e quando nel settembre del 1816 visita il tempio di Abu Simbel, già scoperto nel ’15 da Johann Ludwig Burckhardt, lo ritrae dalla sponda opposta del Nilo. Il tempio grande, quello che sarà identificato come di Ramses II, è ancora quasi completamente coperto dalla sabbia, mentre quello della moglie Nefertari, più riparato, è quasi del tutto visibile. L’intento di Henry Salt era quello di penetrare all’interno del tempio e Belzoni si mette all’opera cercando di reclutare più uomini possibile in quell’impresa che sembrava sovrumana, scontrandosi con l’indifferenza dei rappresentanti del potere centrale, i cacheff del luogo, e con la scarsa propensione al lavoro degli uomini reclutati, ma deve per il momento soprassedere. Egli torna quindi a Luxor e qui il 17 novembre riesce nell’intento di imbarcare il colossale busto di Ramses II. Il “Giovane Memnone” arriverà ad Alessandria il 10 gennaio dell’anno successivo e a Londra soltanto nella primavera del 1818. L’esperienza negativa di Abu Simbel non lo aveva scoraggiato. Il padovano chiede al console Salt, ottenendolo, un nuovo finanziamento per tornarvi con lo scopo di aprire il tempio. Inizia qui il secondo viaggio verso sud. Egli parte da Bulaq il 20 febbraio 1817 e arriva a Karnak dove, nel corso degli scavi, viene ritrovata, nel tempio di Montou, una statua colossale che più tardi sarà identificata con la rappresentazione di Tutmosis III, di cui il console Salt farà arrivare al British Museum la testa e il braccio destro. Karnak è solo una breve sosta prima di ripartire per Abu Simbel. Il giorno 1 agosto 1817 Belzoni poteva finalmente penetrare nel tempio, il cui interno maestoso lo lascia attonito. L’attenzione di Belzoni si sposta quindi sulla Valle dei Re. Il giorno successivo scopre la prima tomba, ma il 16 ottobre sarà quello che Belzoni chiama “a fortunate day, one of the best perhaps of my life” segnato dal ritrovamento della tomba che lo renderà famoso in Europa: quella del grande faraone Sethi I. Le imprese non sono finite: l’apertura della piramide di Chefren, dopo una serie di tentativi, avviene il 2 marzo 1818; quindi Belzoni parte per visitare i luoghi dove il naturalista Frédéric Cailliaud al Pascià ha individuato miniere di smeraldi – sulle montagne presso la costa del Mar Rosso – e dove le mappe settecentesche del geografo Jean-Baptiste Bourguignon d’Anville riportano il nome dell’antica città di Berenice. A Philae si reca invece per recuperare l’obelisco che aveva visto nel corso del suo primo viaggio e che l’antiquario William John Bankes, amico del console inglese Salt voleva collocare nella sua proprietà di Kingston Lacy, nel Dorset. L’infaticabile archeologo-avventuriero non è ancora esausto e, prima di ripartire per l’Europa affronta un altro viaggio: vuole arrivare all’oasi di Giove Ammone, cioè all’oasi di Siwa, attraversando la depressione del Faioum. Alla metà di settembre del 1819 Belzoni torna in Europa: un breve soggiorno a Padova e quindi Londra, ove lavora alla pubblicazione dei suoi appunti di viaggio e ad una grande esposizione dei disegni e rilievi eseguiti in Egitto, alla Egyptian Hall di Piccadilly nel 1821. Muore in un’altra avventura, nel tentativo di risalire il fiume Niger per arrivare alla mitica città di Timbuctu – come si addice a questo “eroe” – nel villaggio di Gwato, il 3 dicembre 1823.
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