Venerdì,6Dicembre 2013

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Venerdì,6Dicembre 2013
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Venerdì, 6 Dicembre 2013
Un aforisma al giorno
(ti leva qualche rompiscatole di torno!):
« L’arancione è solo un rosso
che non crede nelle sue possibilità!»
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Tetto a 294mila euro per i top manager ...................................................................... 3
Manager, un tetto agli stipendi Dalla Campania 5mila firme ..................................... 4
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Moody’s: «Troppi BTp nelle assicurazioni» ................................................................. 5
Nel cda Generali entra il presidente di Vivendi ........................................................... 6
L’Ivass punta il dito contro l’Rc auto ........................................................................... 7
Btp, dopo S&P’s l’attacco di Moody’s .......................................................................... 8
“Troppi Btp, assicurazioni bocciate” ........................................................................... 9
Caos sulla riforma Rc Auto .......................................................................................... 10
Cattolica dopo Fata chiude anche il riassetto interno ................................................. 11
Generali , in cda il capo di Vivendi .............................................................................. 12
Adeguare l’Rc auto all’Europa ..................................................................................... 13
Troppi Btp, le assicurazioni rischiano ......................................................................... 14
Dopo S&P, tocca a Moody’s Compagnie assicurative nel mirino ................................. 15
«Tariffe Rc auto problema sociale» ............................................................................. 16
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Pensioni e cuneo, ultimo assalto alla Camera ............................................................. 17
Il fondo Enasarco a rischio minusvalenze per 500 milioni .......................................... 18
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Rassegna Stampa del giorno 6 Dicembre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Draghi«Bce pronta ad agire» ....................................................................................... 19
Vola il Pil Usa del terzo trimestre: +3,6 per cento ...................................................... 20
Manovra, tagli di spesa al cuneo.................................................................................. 21
Quote Bankitalia, dubbi tedeschi................................................................................. 22
E Visco accelera sulla proprietà della Banca d’Italia .................................................. 23
«Risanamento, ma basta tasse» Draghi: ripresa più forte nel 2014 ............................ 24
La sorpresa USA: l’economia che cresce con pochi consumi e senza lavoro ............... 25
Banche europee: meno ricavi ma la crisi non deprime l’utile ..................................... 26
Più tasse sui giochi online per cancellare la mini-Imu pressing Pd sul governo ........ 27
“In Italia 18 milioni a rischio povertà solo Grecia peggio” ......................................... 28
Braccio di ferro europeo sulle banche Roma pronta ad usare la Costituzione ............ 29
PROPOSTA FIBA-CISL
Tetto a 294mila euro
per i top manager
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Estendere ai top manager delle società di capitali il tetto annuo di 294mila euro annui per la retribuzione
fissa, come già previsto nel pubblico. Lo prevede una proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla
Fiba-Cisl che ha depositato in Parlamento u8mila firme, che stabilisce un ulteriore tetto, sempre di 294mila
euro, per la componente variabile (bonus, incentivi) della retribuzione dei top manager, «solo in presenza
di risultati estremamente positivi» e «correlata all’entità del patrimonio aziendale», insieme all’abolizione
dei bonus all’uscita e altre forme di indennità comunque denominate. In caso di violazione delle disposizioni
scatta una sanzione pari a 3 annualtà delle ultime retribuzione globale a carico del percettore. La proposta
è stata accolta positivamente anche dalla Fabi che proprio ieri ha lanciato l’allarme sull’aumento del 7,5%
delle rapine in banca nei primprimi 8 mesi del 2o13.
CISL: ORA IL PARLAMENTO NON CERCHI ALIBI
Manager, un tetto agli stipendi
Dalla Campania 5mila firme
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NAPOLI. La Cisl ha consegnato alla Camera circa 120mila firme (di cui oltre 5mila raccolte in Campania)
relative alla proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre un tetto ai compensi dei top manager di
società di capitali. Un’iniziativa promossa dalla Fiba Cisl e portata avanti da tutto il sindacato. «Ora il
Parlamento non cerchi altri alibi - dice Lina Lucci, Segretario della Cisl Campania. - Il recupero di un senso
etico e un riequilibrio è un percorso complesso che deve vedere la Campania e il Sud in prima linea».
«Napoli è in chiaro affanno per quanto riguarda livelli occupazionali e redditi, e di questo sono certamente
corresponsabili le Banche», aggiunge Anna Borriello, Segretario Fiba Cisl Campania.
Andrea Franceschi
ig@24finanza
L’allarme. Nuovo avvertimento alle compagnie italiane dopo quello di S&P’s:
eccessiva dipendenza dal «rischio Italia»
Moody’s: «Troppi BTp
nelle assicurazioni»
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L’eccessiva esposizione in BoT e BTp è un tallone d’Achille per le compagnie assicurative italiane. Lo aveva
scritto lo scorso 15 novembre Standard &Poor’s, che con la stessa motivazione ha poi tagliato il rating alle
Generali. Lo ha ribadito ieri anche Moody’s. In un rapporto sull’industria delle assicurazioni l’agenzia ha
individuato nell’eccessiva esposizione al rischio sovrano uno dei principali fattori di vulnerabilità per il
settore. Al 3o settembre di quest’anno l’esposizione delle compagnie in BoT e BTp ha raggiunto 240 miliardi
di euro. Cifra che vale il 50% del totale degli asset investiti. Una quota che, è aumentata in questi anni: nel
2008 era al 33 per cento. A giudicare dalla performance dei nostri titoli di Stato in questi anni si direbbe
che comprare titoli italiani sia stata una scelta azzeccata. Le plusvalenze messe in cascina per effetto del
calo dello spread - a giudizio di Moody’s - sembrano tuttavia passare in secondo piano alla luce dei rischi
impliciti di questa eccessiva dipendenza dal “rischio Italia”. Dipendenza che rischia di trasformarsi in
minaccia per la qualità degli asset, qualora lo spread dovesse tornare ad impennarsi, e che nel complesso
rende le compagnie italiane più esposte alla negativa congiuntura economica del Paese. La crisi economica
ha avuto, e con ogni probabilità avrà in futuro, un impatto duplice sul business delle assicurazioni. Negativo
sul ramo Vita, positivo su quello Danni. Con la recessione e l’aumento della disoccupazione le famiglie
italiane si sono impoverite e il tasso di risparmio, secondo l’Ocse, è passato dal 9% del 2007 al 3,4% nel
2012. Un contesto non certo favorevole per l’industria delle polizze Vita che ha sperimentato importanti
deflussi tra il 2007 e il 2008 e nel 2012. Secondo Moody’s, nonostante il recupero messo a segno nel 2013
(+6,2 miliardi il saldo netto), questi prodotti continueranno a faticare anche nel 2014. Altro discorso vale
per il ramo danni. Il “combined ratio”, cioè il rapporto tra spese generali e costi di risarcimento dei sinistri
sulla raccolta premi, è al 95,8% in Italia. Un indicatore che - spiega Moody’s - rende l’Italia uno dei mercati
più profittevoli in Europa. E questo è un elemento che gioca a favore del settore che, almeno su questo
versante, può contare su prospettive “stabili”. Verrebbe da dire “bene” se non fosse che tra le ragioni di
questa profittabilità ci sono la crisi (si usa meno l’auto, si fanno meno incidenti e ci sono meno richieste di
risarcimento) e il rincaro delle Rc auto. Dal 2010 ad oggi, secondo l’Istat, c’è stato un aumento del 18% dei
premi. L’alto livello delle tariffe auto è stato definito un “problema sociale” ieri dal consigliere Ivass
Riccardo Cesari che, in un’audizione alla Camera, ha invitato le compagnie a “uno sforzo collettivo” per
portare i prezzi ai livelli europei.
Marigia Mangano
Nomine. Oggi la sostituzione di Bolloré
Nel cda Generali entra
il presidente di Vivendi
MILANO imee Le previsioni sulla chiusura del 2013 e il budget per il 2014. Ma anche la sostituzione nel board
dell’ex vicepresidente Vincent Bolloré a cui dovrebbe subentrare il presidente del consiglio di sorveglianza
di Vivendi, Jean- René Fourtou. Sono queste le principali materie all’ordine del giorno del consiglio di
amministrazione delle Generali che si riunirà oggi pomeriggio a Milano. Secondo quanto si apprende da fonti
vicine al dossier, il board esaminerà questioni ordinarie, come di consueto avviene ogni fine anno. In più,
però, il consiglio provvederà a riempire la casella vuota lasciata dal finanziere bretone. Lo scorso 6
novembre il board ha nominato Clemente Rebecchini, responsabile degli investimenti di Mediobanca, vice
presidente delle Generali, mentre finora non è stato infatti cooptato il nuovo consigliere che dovrà
sostituire Vincent Bolloré. Quest’ultimo dovrebbe essere emanazione del principale azionista delle Generali,
ossia Mediobanca. Bolloré era infatti espressione diretta di Piazzetta Cuccia nel listone presentato
dall’istituto per il rinnovo delle cariche della compagnia in occasione della passata assemblea. Tuttavia,
secondo quanto si apprende, il candidato destinato a entrare nel cda delle Generali sarà una figura vicina a
Bolloré rappresentato, appunto, dal presidente del consiglio di sorveglianza di Vivendi, Jean-René Fourtou.
Tra i punti all’ordine del giorno ci sarebbero anche deliberazioni in merito a esponenti di vertice di
controllate aventi rilevanza strategica. In proposito in passato si era parlato di un cambio al vertice nel
business immobiliare. Infine, la riunione di oggi sarà l’occasione anche per fare il punto sulle dismissioni in
corso da cui Generali prevede di incassare 4 miliardi entro il 2015. In propositi gli occhi sono puntati sulla
valorizzazione di Bsi. Finora, però, la vendita dell’asset si è rivelata piuttosto complicata. Il cfo della
compagnia, Alberto Minali, nel corso dell’Investor day, ha spiegato che «la procedura prosegue» e che ci
sono diversi soggetti interessati aBsi. A quanto appreso, però, rispetto alle proposte concorrenti, quella
messa sul tavolo dal Banco Espíríto Santo sarebbe un passo avanti alle altre. La banca portoghese si sarebbe
detta pronta a rilevare l’ asset a un prezzo vicino agli 1,3 miliardi di euro. Si vedrà se nelle prossime
settimane sarà possibile trovare la quadra. Non sarà invece esaminato dal consiglio di amministrazione di
oggi la questione legata alla richiesta dell’Ivass di pronunciarsi nuovamente sull’eventuale azione di
responsabilità nei confronti di Giovanni Perissinotto e Raffaele Agrusti in merito ai cosiddetti investimenti
alternativi. Lo stesso Ceo Mario Greco durante l’Investor Day di Londra della scorsa settimana aveva escluso
che il consiglio di oggi potesse occuparsene. «E’ troppo presto per avere notizie», aveva detto in
quell’occasione
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IL CONSIGLIO Tra le questioni che saranno esaminate anche l’informativa sulle
cessioni e deliberazioni sul vertice di una controllata
Assicurazioni. Il consigliere Cesari alla Camera: «Portare le tariffe ai livelli Ue»
L’Ivass punta il dito
contro l’Rc auto
«Gli elevati livelli tariffari dell’assicurazione rc auto sono un vero e proprio problema sociale che coinvolge
milioni di cittadini», reso ancora più urgente dalla crisi economica. Lo ha affermato ieri l’Ivass in
un’audizione tenuta dal consigliere Riccardo Cesari in Commissione Finanze alla Camera, in cui ha chiesto
uno «sforzo collettivo» per portare «i prezzi su un sentiero di rientro ai livelli europei». Secondo l’Istituto di
vigilanza sulle assicurazioni occorre una «soluzione strutturale e, soprattutto, duratura che consenta, nella
salvaguardia della solvibilità delle imprese, di ricondurre le tariffe a livelli accettabili, tenuto conto anche
del loro forte divario, in pejus, lamentato dall’Italia rispetto agli altri Paesi europei». Lo sforzo collettivo,
ha spiegato il consigliere Riccardo Cesari nel corso dell’audizione, deve essere dunque quello di «riuscire a
esercitare la giusta pressione normativa sui costi, impliciti ed espliciti, del sistema rc auto, per portare i
prez zi delle polizze su un sentiero di rientro ai livelli europei». Non a caso, l’Istituto «lavora alla
costruzione di una rilevazione statistica per monitorare le effettive dinamiche tariffarie. L’indagine - ha
aggiunto Cesari - vuole raggiungere, già nel primo semestre 2014, due importanti obiettivi: misurare le
componentifondamentali del prezzo effettivo praticato dalle imprese (premio di tariffa, fiscalità,
intermediazione, scontistica); seguire la loro dinamica temporale e territoriale (Nord-Sud, grandi
cittàpiccoli centri)». Numeri alla mano, per le compagnie assicurative l’onere sinistri rc auto «nel2o12 è
stato di circa 13,1 miliardi di euro e il totale dei premi di competenza ha raggiunto i 17,7 miliardi, c on un
incidenza rispettivamente di 1,3% e 0,9 per cento», ha riferito il consigliere, aggiungendo che «ci si attende
una corretta tariffazione alla luce dei risparmi conseguiti, con l’obiettivo di trasferire in misura adeguatala
riduzione del costo sui prezzi delle polizze». Nel corso del 2014, ha annunciato inoltre Cesari, si avrà una
prima versione operativa dell’Archivio integrato integrato antifrode, con una versione finale prevista per
i12015. Sempre per quanto riguarda l’attività di contrasto delle frodi, la maggiore concentrazione si registra
nelle regioni del Sud: tra le misure di contenimento delle frodi e dei costi Cesari segnala il potenziamento
del risarcimento in forma specifica (la facoltà di offrire la riparazione materiale del veicolo invece del
rimborso). Una soluzione che deve comunque «combinare le esigenze dei danneggiati e la ricerca di
ottimizzazione dei costi da parte delle imprese », insieme auna «sufficiente capillarità territoriale delle
carrozzerie convenzionate», alla qualità del lavori eseguiti e a riduzioni del premio. R.Fi.
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L’INIZIATIVA L’Istituto di Vigilanza punta ad avviare una rilevazione statistica
per monitorare le effettive dinamiche dei prezzi
Stefania Tamburello
Btp, dopo S&P’s
l’attacco di Moody’s
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Questa volta è Moody’s a sferrare l’attacco e il bersaglio sono le assicurazioni. Dopo il severo esame sulle
Generali da parte di Standard & Poor’s, è l’intero sistema assicurativo italiano ad entrare nel mirino delle
agenzie di rating che, a costo di ripetersi, continuano a mandare segnali negativi contro il nostro Paese,
peraltro incuranti del fatto che non riescono più a smuovere, come prima, i mercati. Le compagnie italiane
«presentano un notevole rischio di concentrazione in titoli sovrani», dice Moody’s prendendo di mira gli
investimenti in titoli di Stato. Vero, il sistema - come dice la società di rating e anche la relazione annuale
dell’Ivass, l’istituto di controllo - ha oltre il 50% dei propri attivi investiti in Btp o Ctz, ma hanno migliorato
la loro condizione di mercato, come rileva il rapporto sulla stabilità finanziaria di Bankitalia. Ma su questo
interessamento delle società di rating si è già mossa la Consob che proprio ieri ha inviato all’Esma,
l’autorità di vigilanza europea, la richiesta di passare al vaglio il caso Generali per valutare l’eventuale
comportamento scorretto da parte di S&P. RIPRODUZIONE RISERVAT
Luca Fornovo
DOPO S&P’s UN’ALTRA AGENZIA DI RATING È PESSIMISTA SUI GRUPPI
ASSICURATIVI: CI SARÀ UN CALO PER IL RAMO VITA, SOLO IL SETTORE DANNI
RESTERÀ STABILE
“Troppi Btp,
assicurazioni bocciate
Moody’s: le compagnie italiane scontano rischi perché hanno investito 240
miliardi nei titoli di Stato
TORINO
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Troppi acquisti di Btp, un macigno che pesa 240 miliardi di euro, e prospettive deludenti per il ramo vita.
Ecco qui i due punti deboli delle assicurazioni italiane. Ad additarli, ieri, nel rapporto Investor Service è
l’agenzia di rating Moody’s che stavolta non se la prende con le banche, ma con le compagnie di
assicurazioni. Valutazioni quelle di Moody’s che sostanzialmente appaiono in linea con i giudizi rilasciati
qualche giorno fa da un’altra agenzia Usa, Standard & Poor’s che aveva messo il rating di Generali, il più
importante gruppo assicurativo italiano,sotto osservazione per un possibile taglio. Una mossa, quella di S&P,
che aveva fatto montare su tutte le furie l’ad del Leone triestino, Mario Greco. «Un errore clamoroso, non
so a che cosa serva che questi signori facciano questo lavoro» aveva commentato Greco. Nell’allarme
lanciato su tutto il settore assicurativo italiano, Moody’s sottolinea come «il deterioramento della qualità
del credito sovrano italiano (Baa2, negativo), avvenuto negli ultimi anni, abbia comportato una riduzione
significativa della qualità del portafoglio investimenti del settore». L’agenzia punta poi il dito sul «notevole
rischio di concentrazione in titoli sovrani » visto che le assicurazioni hanno investito oltre il 50% dei propri
attivi in titoli di Stato, per circa 240 miliardi di euro al 30 settembre». Una parte di economisti ed esperti
giudicano peraltro pretestuose queste critiche dal momento che la crisi dei debiti sovrani sembra ormai alle
spalle come testimonia lo spread tra Btp e Bund tedeschi sceso a 237 punti, ai livelli cioè della primavera
del 2011, prima che scoppiasse la tempesta sul debito. Ma il pollice verso di Moody’s sulle nostre
assicurazioni dipende anche dalle prospettive del mercato. per l’agenzia sono negative per il ramo vita,
prevedendo che nei prossimi 18 mesi il basso tasso di risparmio e l’alto tasso di disoccupazione limiteranno
le vendite e la redditività del settore, mentre proseguirà la volatilità dei flussi netti. Una nota positiva
arriva invece dal ramo danni: la stabilità di questo comparto riflette la forte redditività (favorita dal calo
della frequenza sinistri Rc auto), in grado di compensare la debolezza economica generale che influisce
sulla qualità degli attivi e sul livello di capitalizzazione delle società assicurative. Intanto Generali riunirà
oggi il consiglio per il consueto appuntamento prenatalizio, per fare il punto sul budget del 2014 e
sull’andamento dell’esercizio in chiusura. L’ordine del giorno è piuttosto corposo, incluso un passaggio di
aggiornamento sul processo di dismissione delle attività non strategiche. Il Cda dovrebbe poi scegliere un
nuovo consigliere per integrare il board dopo le dimissioni ormai due mesi fa di Vincent Bollore, e l’attesa è
che si tratti di una figura di respiro internazionale. Resta poi caldo il fronte delle tariffe Rc auto : ieri è
intervenuto l’Ivass, il rinnovato Istituto di vigilanza del settore, che ha sollecitato le compagnie a far
scendere i prezzi: è il momento che i premi comincino a diminuire e rientrino a livelli europei. Tanto più
che i consumatori, scatenando le ire dell’Ania che contesta dati e metodologia, denunciano che solo
quest’anno le tariffe sono aumentate tra il 4 e il 5%. Passi avanti per il sistema ne sono stati fatti, secondo
l’Ivass che sottolinea come dopo l’introduzione di nuovi criteri, il numero dei sinistri sia sceso nel 2012
rispetto al 2011 del 25%, mentre il relativo costo medio è passato da 2.056 euro a 1.603 euro (-22%). «Il
risparmio stimato per il 2012 per il complesso dei sinistri con danni fino a 9 punti di invalidità si attesta a
120 milioni di euro » conclude l’Ivass. ,Ecco quindi che i margini per tagliare le tariffe ci sono.
Anna Messia
È GIÀ BATTAGLIA SULLA BOZZA USCITA DAL CDM
Caos sulla riforma Rc Auto
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Una bozza di riforma del settore assicurativo Rc Auto è pronta ed è stata discussa nel corso dell’ultimo
consiglio dei ministri di martedì scorso, ottenendo un via libera di massima. Ma ha già sollevato un vetpaio
di polemiche non solo tra le compagnie di assicurazione, prime destinatarie del provvedimento, ma anche
tra chi ha a lungo contribuito a preparare quel testo come Ranieri Razzante, chiamato come consulente
tecnico dal sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico, Siriona Vicari, incaricata dal ministro
Flavio Zanonato di riprendere in mano tutti i temi di riforma Rc Auto lasciati aperti dal precedente governo
di Mario Monti. Tra i principali la scatola nera e la lotta alle frodi, che dovrebbero contribuire a far calare
rapidamente le tariffe delle polizze Rc Auto italiane, tra le più alte d’Europa. Nella bozza uscita dal
consiglio dei ministri sono stati però inseriti all’ultimo minuto due interventi che stravolgono il lavoro fatto
in questi mesi al ministero dello Sviluppo Economico, dove sono stati chiamati a più riprese assicuratori,
carrozzieri, autorità di controllo e consumatori per sedersi tutti insieme intorno a un tavolo e tentare di
trovare una volta per tutte una soluzione all’annoso problema del caro tariffe. La novità più eclatante
rispetto alla prima bozza preparata al Mise riguarda lo sconto, pari come minimo al 10%, che le compagnie
di assicurazione sarebbero obbligate ad applicare al cliente che fosse disposto a installare sul proprio
veicolo «una scatola nera o equivalente o ulteriori dispositivi individuati con decreto del ministero delle
Infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Mise» Installazione e disinstallazione che dovrebbe essere
comunque a carico delle assicurazioni. «Una norma che rischia di esser una chiara violazione della libertà di
iniziativa economica delle imprese tutelata dall’articolo 41 della Costituzione italiana», afferma Razzante,
ricordando che nella bozza iniziale preparata con il suo contributo era stato previsto che le compagnie
avrebbero dovuto applicare uno «sconto significativo», pari almeno ai costi di installazione della scatola
nera o degli strumenti equivalenti. Un vincolo, quello del taglio del 10%, che rischia quindi di imbrigliare il
mercato. Il documento prevede inoltre che in alternativa al risarcimento in denaro «per equivalente», dal
primo gennaio prossimo le compagnie possano riparare direttamente il danno subito dall’assicurato tramite
carrozzerie convenzionate, «fornendo idonea garanzia sulla riparazione effettuata, con validità non
inferiore a due anni per tutte le parti non soggette a usura». Ma anche in questo caso sono costrette ad
applicare uno sconto ben delineato al cliente che acconsente a questo trattamento: deve essere infatti
riconosciuto una riduzione non inferiore all’ 8% del premio applicato dalla medesima impresa a livello
nazionale. Sforbiciata che dovrà salire al 12% in aree territoriali, individuate dal Mise, dove i sinistri sono
più frequenti. «Anche in questo caso si tratta di interventi dirigisti che cozzano con gli aspetti tecnici della
gestione del bilancio di una compagnia di assicurazione», aggiunge Razzante. Ieri intanto anche l’Ivass è
intervenuta sul tema Rc Auto. Il consigliere dell’autorità di controllo delle assicurazioni, Riccardo Cesari,
chiamato in audizione presso la commissione Finanze della Camera, ha reso noto che grazie all’attività
antifrode svolta autonomamente l’anno scorso le imprese assicuratrici hanno potuto registrare sull’Rc Auto
una riduzione della voce costo dei sinistri «dell’ordine di 166 milioni di euro» .
Mauro Romano
Cattolica dopo Fata chiude
anche il riassetto interno
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Dopo l’acquisto di Fata, Cattolica chiude anche l’operazione di razionalizzazione societaria: ieri sono stati
sottoscritti i contratti definitivi per la cessione da parte di Risparmio&Previdenza delle attività assicurative
a Cattolica Assicurazioni, oltre alla cessione del Fondo Pensione Aperto Risparmio&Previdenza a Cattolica
Previ - denza. Entrambe le operazioni, spiega una nota della società assicurativa veronese, «sono finalizzate
a una maggiore efficienza della struttura societaria del gruppo e avranno efficacia dal 31 dicembre». Il
tutto, prosegue Cattolica, fa seguito a quanto comunicato lo scorso 21 giugno al mercato, nonché alla
ricezione delle previste autorizzazioni di legge dalle competenti autorità. L’ultima operazione straordinaria
di Cattolica è stata quella chiusa con Generali il 20 novembre scorso riguardante l’acquisizione del 100% di
Fata Danni per 179 milioni. «Un’acquisizione che si inserisce all’interno di una di ed equilibrata crescita del
gruppo Cattolica nel mercato italiano», aveva dichiarato il presidente delle compagnia Paolo Bedoni,
aggiungendo che «con Fata, specializzata nel comparto agroalimentare, vi è un’animia cultura e ai potra
essere ancora di più valorizzata grazie alle sinergie e alle capacità di sviluppo che saranno ‘ messe in campo
con l’acquisizione». Ora anche su quest’ultima si attende il disco verde dell’Ivass.
Andrea Di Biase
L’ATTUALE PRESIDENTE DEL GRUPPO FRANCESE SARÀ COOPTATO AL POSTO DI
BOLLORÉ
Generali , in cda
il capo di Vivendi
Oggi il board del Leone deciderà sulla nomina di Jean-René Fourtou, che nei
prossimi mesi lascerà
la carica di numero uno del big dei media transalpino al finanziere bretone
azionista di Mediobanca
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Toccherà, con ogni probabilità, all’attuale presidente del consiglio di sorveglianza di Vivendi, Jean-René
Fourtou, prendere il posto di Vincent Bolloré nel consiglio di amministrazione delle Generali. È questa
l’indicazione raccolta in ambienti finanziari transalpini alla vigilia della riunione del board del gruppo
triestino, che oggi sarà chiamato a cooptare un consigliere in sostituzione del finanziere bretone, dimessosi
dalla carica lo scorso ottobre. Il nome di Fourtou, che ha 74 anni e per più di dieci anni è stato l’uomo forte
di Vivendi, il gruppo che è riuscito a salvare dopo la dissennata gestione di Jean-Marie Messier, sarebbe
stato suggerito ai vertici del Leone dallo stesso Bolloré, che oltre ad essere azionista delle Generali con una
quota dello 0,13% è anche, con una partecipazione del 6%, uno dei principali azionisti di Mediobanca, che
delle Generali è tuttora il primo azionista. Questo nonostante nei mesi scorsi i rapporti tra il finanziere
bretone, che è il princippaallee azionista di Vivendi con il 5%, e il presidente del cds del gruppo transalpino
siano stati improntati a un’ accesa dialettica. Tra i due era andato in scena un acceso braccio di ferro sulle
strategie future del colosso francese dei media e delle tic. Un serrato confronto che si è concluso con
l’accordo, siglato lo scorso 26 novembre, che porterà al demerger dal gruppo transalpino delle attività di
telefonia mobile e alla focalizzazione nei settori media e entertainment (Universal Music e Canal+) della
nuova Vivendi, di cui Bolloré assumerà la presidenza al posto proprio di Fourtou. Con la nomina del manager
francese il cda delle Generali, che dopo le dimissioni di Bolloré era rimasto con soli 10 amministratori,
tornerà a rispettare i limiti statutari, che prevedono che il board sia formato «da non meno di 11 e non più
di 21 membri nominati dall’assemblea dopo averne stabilito il numero». Non dovrebbe invece essere
affrontato nella riunione odierna del cda del Leone il tema dell’eventuale azione di responsabilità nei
confronti dell’ex ad Giovanni Perissinoito e dell’ex cfo Raffaele Agrusti. Nelle settimane scorse l’Ivass aveva
chiesto al vertice del Leone di riesaminare le operazioni con parti correlate realizzate dagli ex manager. Ma
per ora i consulenti nominati dal comitato remunerazione e da quello audit non hanno ancora concluso il
proprio lavoro. Cosa che dovrebbe avvenire nei primi mesi del 2014.
IVASS
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Gli elevati livelli tariffari dell’Rc auto sono «un vero problema sociale che coinvolge milioni di cittadini e
che ha, purtroppo, assunto un’ulteriore connotazione di urgenza nell’attuale contesto di crisi economica del
paese». L’allarme arriva dall’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, che nel corso di
un’audizione in commissione finanze della camera, sottolinea la necessità che siano progressivamente
portate alla media europea. L’Ivass «lavora alla costruzione di una rilevazione statistica per monitorare le
effettive dinamiche tariffarie» dell’Rc auto. «L’indagine», ha spiegato, «vuole raggiungere, già nel primo
semestre 2014, due importanti obiettivi: misurare le componenti fondamentali del prezzo effettivo
praticato dalle imprese» e «seguire la loro dinamica temporale». Grazie all’attività antifrode svolta
autonomamente, secondo Cesari, le imprese assicuratrici hanno potuto registrare sull’Rc auto una riduzione
della voce costo dei sinistri «dell’ordine di 166 mln di euro» nel 2012. A questo punto, «ci si attende una
corretta tariffazione alla luce dei risparmi conseguiti». In serata, l’Ania ha replicato, asserendo che nel
2013 i prezzi della Re auto sono scesi di circa il 5%.
MOODY’S
Troppi Btp,
le assicurazioni rischiano
¦ Rischi da troppi acquisti diBtp perle compagnie assicurative italiane. A lanciare l’allarme è Mo ody’ s. «Con
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oltre il 50% dei propri attivi investiti in emissioni di debito sovrano italiane - si legge in un report sul settore
- pari a circa 240 miliardi di euro al 30 settembre, le società assicurative italiane presentano un notevole
rischio di concentrazione in titoli sovrani e la qualità dei loro attivi è dipendente, in larga misura, dalla
qualità del credito sovrano italiano». Più in generale, ha affermato l’ agenzia di rating, le pro spetti - ve del
mercato assicurativo italiano ramo Vita restano negative, a causa del basso tasso di risparmio e dell’alto
tasso di disoccupazione. Al contrario, la previsione di stabilità p eril mercato del ramo Danni riflette la forte
redditività del settore, in grado di compensare la debolezza economica generale che influisce sulla qualità
degli attivi e sul livello di capitalizzazione delle società assicurative. Intanto, l’Ivass, l’Istituto divigilanza
del settore assicurativo, bacchetta le compagnie: le tariffe Rc auto sono ormai un problema sociale per
milioni di cittadini, strangolati dalla crisi economica. Ma spazi per un calo deiprezzi finalmente ci sono, e
quindi è il momento che i premi rientrino a livelli europei. Il costo dei sinistri è infatti diminuito ne12012
grazie all’attività antifrode delle stesse compagnie e alla lotta contro i falsi colpi di frusta. E in
un’audizione parlamentare l’Istituto snocciolai dati sui risp armi delle imprese, invitandole a trasferirli sui
consumatori, che denunciano invece aumenti delle tariffe tra i14 e i15% solo quest’anno. Dati contestati
dall’Ania, secondo cui i prezzi sono al contrario diminuiti del 5 per cento.
Dopo S&P, tocca a Moody’s
Compagnie assicurative nel mirino
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Per l’agenzia statunitense quelle italiane «presentano un notevole rischio di concentrazione in titoli
sovrani» MILANO Le agenzie di rating continuano a mettere pressione al comparto assicurativo italiano, dopo
che Standard & Poor’s la scorsa settimana ha messo sotto osservazione per un possibile taglio il titolo
Generali, a causa dell’alta esposizione sull’Italia. Questa volta è Moody’s a intervenire, affermando che «il
deterioramento della qualità del credito sovrano italiano» degli ultimi anni «ha comportato una riduzione
significativa della qualità del portafoglio investimenti del settore». Inoltre il ramo “Vita” nel Paese, afferma
Moody’s, resterà sotto pressione per il prossimo anno e mezzo a causa del basso tasso di risparmio e dei
livelli di disoccupazione. È visto invece stabile il ramo “Danni”. L’agenzia scrive che «cori oltre il 50% dei
propri attivi investiti in emissioni di debito sovrano italiane, pari a circa 240 miliardi di euro al 30 settembre
2013, le società assicurative italiane presentano un notevole rischio di concentrazione in titoli sovrani e la
qualità dei loro attivi è dipendente, in larga misura, dalla qualità del credito sovrano italiano». Oggi intanto
Generali riunirà il consiglio per il consueto appuntamento prenatalizio, in cui viene fatto il punto sul budget
per il nuovo anno e gli andamenti dell’esercizio in chiusura. L’ordine del giorno è piuttosto corposo, incluso
un passaggio di aggiornamento sul processo cli dis missione delle attività non strategiche, delle delibere sul
vertice di controllate di rilevanza strategica, una messa a punto delle deleghe o un altro che lega
lincentivazione dei vertici ai risultati. Il Cda dovrebbe poi cooptare un nuovo consigliere per integrare il
consiglio dopo le dimissioni, ormai due mesi fa, di Vincent Bolloré. L’attesa è che si tratti di una persona di
livello internazionale. Non è invece previsto già nel Cda di oggi un passaggio sulla richiesta dell’Ivass alla
società di riesaminare l’eventuale azione di responsabilità verso l’ex amministratore delegato Giovanni
Perissinotto e l’ex responsabile finanziario Raffaele Agrusti
«Tariffe Rc auto
problema sociale»
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MILANO Quello delle tariffe Rc auto è diventato un problema sociale per «milioni di cittadini», reso ancora
più urgente dalla crisi economica. Ma spazi per un calo dei prezzi delle assicurazioni finalmente ci sono ed è
quindi il momento che i premi comincino a scendere e rientrino a livelli europei. La sollecitazione alle
compagnie arriva dall’Ivass, il rinnovato Istituto di vigilanza del settore, che in un’audizione parlamentare
snocciola i dati sui risparmi delle imprese, invitandole a trasferirli sui consumatori. Quello che serve è una
«soluzione strutturale e, soprattutto, duratura che consenta, nella salvaguardia della solvibilità delle
imprese, di ricondurre le tariffe a livelli accettabili». Lo sforzo collettivo, ha spiegato il consigliere Riccardo
Cesari nel corso dell’audizione, deve essere dunque quello di «riuscire a esercitare la giusta pressione
normativa sui costi, impliciti ed espliciti, del sistema rc auto, per portare i prezzi delle polizze su un
sentiero di rientro ai livelli europei ». Anche perché, denunciano i consumatori scatenando le ire dell’Ania
che contesta dati e metodologia, solo quest’anno le tariffe sono aumentate tra il 4 e il 5%. Passi avanti
comunque per il sistema ne sono stati fatti, anche se gli effetti non si vedono ancora sugli assicurati. Le
imprese sono riuscite ad accumulare qualche risparmio, una sorta di “tesoretto”, che ora dovrebbe essere
trasferito sulle polizze a vantaggio degli automobilisti. Il costo dei sinistri è infatti diminuito nel 2012 grazie
all’attività antifrode delle stesse compagnie e alla lotta contro i falsi colpi di frusta. In particolare gli
interventi legislativi sui danni alla persona, che hanno appunto introdotto criteri più stringenti e oggettivi
per limitare le dilaganti denunce di colpi di frusta, stanno producendo «effetti positivi per il sistema: dopo
l’introduzione di nuovi criteri, il numero dei sinistri è sceso nel 2012 rispetto al 2011 del 25%, mentre il
relativo costo medio è passato da 2.056 euro a 1.603 euro (-22%).
Mario Sensini
Pensioni e cuneo,
ultimo assalto alla Camera
Presentati 3.300 emendamenti alla manovra, l’esame da martedì prossimo
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ROMA - Le risorse della spending review per il taglio del cuneo fiscale, modifiche al prelievo sulle pensioni,
esteso ai vitalizi dei parlamentari, la “web tax”, ritocchi all’Imposta Unica Comunale, la rottamazione delle
cartelle Equitalia. Sulla Legge di Stabilità, appena giunta alla Commissione Bilancio della Camera, dopo
quelli del Senato in gran parte scartati, piovono altri 3.300 emendamenti. L’esame inizierà la prossima
settimana, dopo il vaglio dell’ammissibilità di lunedì che ne dovrebbe ridurre notevolmente il numero.
L’obiettivo della Commissione è quello di concentrare il lavoro su non più di trecento proposte di modifica
selezionate dai gruppi. Anche perché la Legge è attesa dall’Aula di Montecitorio il 17 dicembre, per ricevere
il via libera entro il 20 e poi tornare al Senato per l’approvazione definitiva prima di Natale. Su alcuni
aggiustamenti c’è già un’intesa ampia, anche oltre la maggioranza, come sul taglio delle tasse per imprese
e lavoratori dipendenti. La risoluzione di maggioranza che impegnava il governo a rimpinguare le risorse per
il taglio del cuneo fiscale, anticipando al 2014 la revisione della spesa pubblica, è diventata un
emendamento firmato anche da Sel, mentre Forza Italia ne ha presentato uno quasi uguale. Il Pd, in
aggiunta, ha proposto che le risorse siano distribuite per il 60% a favore dei lavoratori e per il 4o% alle
imprese. C’è un orientamento comune anche sulla revisione della manovra sulle pensioni. L’idea è di salvare
dalla deindicizzazione almeno gli assegni inferiori ai 2 mila euro mensili, compensando il minor gettito con
un prelievo a carico dei vitalizi dei membri del Parlamento e degli altri organi costituzionali. Scelta Civica,
che chiede anche di eliminare almeno in parte le sanzioni e non i soli interessi di mora con la rottamazione
delle cartelle Equitalia, propone un prelievo sulle pensioni superiori a dieci volte il minimo, e di
concentrare i tagli sulla quota che non corrisponde alla capitalizzazione dei contributi versati. Il Pd ha
proposto, inoltre, il divieto di cumulo delle pensioni oltre i so mila euro con i redditi da lavoro, una pratica
molto diffusa nel settore pubblico. E stato cancellato in commissione Ambiente l’emendamento di Sel che
imponeva l’acquisizione da parte dello Stato dell’isola di Budelli. I fondi sono stati invece destinata alla
bonifica dei fondali della Maddalena e alle aree marine protette sarde. Francesco Boccia (Pd), presidente
della Commissione Bilancio, ritiene che ci possa essere condivisione anche sulla tassazione degli utili
prodotti in Italia dalle multinazionali grazie alle piattaforme online in Italia. I sindaci, nel frattempo,
tornano alla carica con la riforma dell’Imu. Serve ancora un miliardo e mezzo di euro per garantire le stesse
risorse di Imu e Tares senza scaricare i costi sui contribuenti.
Vittoria Puledda
Il fondo Enasarco a rischio
minusvalenze per 500 milioni
Le pensioni degli agenti di commercio usate come un hedge
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MILANO - Errori e problemi, dalle parti di Enasarco, ce ne sono stati tanti. Forse troppi. Di sicuro, per la
Fondazione degli agenti di commercio l’eredità del passato è pesante e difficile da smontare. Gli effetti si
sono visti sul bilancio 2012: su 4.268 milioni di patrimonio mobiliare, Enasarco segnava a fine anno una
variazione implicita negativa di 571 milioni, grosso modo il 13% in meno, a fronte di 35 milioni di proventi
netti. Una perdita di valore spalmata in maniera preponderante sugli investimenti alternativi (dove
compaiono tra l’ altro i fondiAlgebris, gestiti da Davide Serra, che però nel 2012 hanno guadagnato): questa
voce vede una diminuzione a prezzi di mercato pari a 517 milioni (sebbene la Fonda-. zio ne precisi che c’è
la pro tezione del capitale a scadenza e che molte asset class evidenziano riprese divalore ai prezzi di
mercato a130 giugno). Ma il segno meno - con il criterio del mark to market - è anche davanti agli
investimenti di private equity (20 milioni di minus implicite, di cui 8 per Sator private equityfund 1, che fa
capo a Matteo Arpe mentre sul fondo Ambienta sono stati distribuiti 4,2 milioni di proventi ancora non
contabilizzati) e ancora una variazione negativa - ma più piccola - riguarda le partecipazioni societarie,
meno 10,5 milioni di cui circa 9 a carico della Futura invest spa, una voce che nel preconsuntivo 2013 del
bilancio Enasarco è già stata svalutata. L’aspetto più sorprendente è proprio che la Fondazione Enasarco in
passato ha privilegiato scelte di investimento complesse. Il totale degli investimenti alternativi a fine 2012
era pari, a valore di carico, a poco meno di due miliardi (1.968 milioni) su un patrimonio mobiliare di poco
superiore ai quattro (4.268 milioni). Il macigno della nota Anthracite è emblematico: la nota legata a
Lehman (valore nominale 780 milioni) è passata attraverso la ristrutturazione del Credit Suisse e alla fine è
approdata, attraverso complicatissimi passaggi, alla Gwm. La sostanza è stata che all’inizio del 20121a nota
aveva un Nav di 440 milioni senza laprotezione del capitale (che comunque esiste) e al netto di tutte le
spese e le penalità, inclusi i 56 milioni pagati al Credit Suisse. Alla Gwm di Sigieri Diaz (e al 20% di Massimo
Caputi) che dal gennaio 2012 sta gestendo grossa parte delle complesse attività mobiliari di Enasarco sono
andati circa 8 milioni di commissioni l’anno scorso; il nuovo accordo porterà ad un risparmio di circa 1,5
milioni. A volte le ristrutturazioni portano a casa solo il miglior risultato possibile, non un buon risultato.
Così, ad esempio, il fondo Athena (che ha finanziato T&L di Raffaele Mincione) adesso ha direttamente in
pegno il pacchetto Bpm e in caso di vendita delle azioni ad unprezzo superiore a 93 milioni anche Enasarco
parteciperà alla plusvalenza, ma solo per il 22%. L’ultimo capitolo noto è quello relativo a Futura fund sicav
Newton, gestito da Optimum asset management (Alberto Matta), su cui le parti sono vicine ad un accordo
per chiudere il mandato di gestione. Anche con i fondi immobiliari Enasarco ha il segno meno. Questa voce
nel 2012 segna una minusvalenza pari a 25,3 milioni ma il solo fondo Rho Plus (fondo riservato, di cui
Enasarco è quasi l’unico sottoscrittore) ne perde 50.11fondo è gestito da IdeAFimit sgr, ora solo DeAgostini
dopo l’uscita nell’aprile 2012, di Caputi.
dal nostro corrispondente Alessandro Merli
Servono politiche di crescita che minimizzino gli effetti distorsivi della
tassazione
Le nuove previsioni L’economia l’anno prossimo crescerà dell’1,1% per salire
all’1,5% nel 2015
Draghi«Bce pronta ad agire»
Inflazione sempre più lontana dal target di Francoforte: nel 2014 al11,1%
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FRANCOFORTE. La Banca centrale europea non ha annunciato ieri alcuna nuova misura di stimolo, dopo il
taglio a sorpresa dei tassi d’interesse del mese scorso, nonostante l’inflazione sia nettamente al di sotto
degli obiettivi e anzi gli economisti dell’Eurotower abbiano dovuto ieri ridimensionare le previsioni per il
2014, portandole all’1,1%, e indicare una stima ancora molto bassa per il 2015, all’1,5%. Il presidente Mario
Draghi ha detto che la Bce «è pronta e in grado di agire» e ha a disposizione una «potente artiglieria » di
strumenti a sua disposizione, un’espressione che poi ha ritrattato, definendola troppo militaresca. Tuttavia,
non ha precisato né i tempi né i modi di nuovi interventi per evitare un avvitamento dell’inflazione e ridare
fiato all’economia, che, secondo le nuove stime dello staff, crescerà dell’i” l’anno prossimo (un aumento
minimo rispetto alle proiezioni di settembre) e dell’1,5% nel 2015 ed è ancora esposta a rischia al ribasso.
Nei prossimi mesi, i mercati finanziari potrebbero finire per forzare la mano alla Bce, soprattutto se il
continuo rialzo dell’euro, che ha un effetto di ulteriore disinflazione, dovesse continuare, e se i mercati
monetari dovessero subire un rialzo dei tassi sulla scia delle decisioni della Federal Reserve americana di
ridurre gradualmente (tapering) lo stimolo monetario. Diversi economisti di mercato ritengono che la Bce
potrebbe agire nel primo trimestre del 2014. Fra le numerose opzioni citate da Draghi nella conferenza
stampa, quella maggiormente sottolineata è stata una nuova fornitura di liquidità alle banche, mirata però
a far affluire il credito all’economia reale, a differenza delle due precedenti (Ltro), realizzate a cavallo
della fine del 2o11. La situazione è molto differente da allora, quando le banche si trovavano in grandissima
difficoltà-nel finanziarsi, ha osservato Draghi, il quale ha insistito soprattutto sul fatto che la Bce non vuole
dare liquidità alle banche che poi, come nelle precedenti occasioni, finisca per essere investita soprattutto
in titoli di Stato. «Vogliamo che sia utilizzata per l’economia e non per fornire un aiuto a risolvere i
problemi di capitale delle banche ». Il numero uno della Bce ha però ribadito le complicazioni di ottenere,
su 17 Paesi, l’obiettivo di far affluire i fondi all’economia reale, quando l’esempio della Gran Bretagna, che
ha adottato uno schema simile con il suo Funding for Lending, evidenzia la complessità anche nel caso di un
solo Paese. La stessa Banca d’Inghilterra ammette che il successo dello schema è stato limitato. Le altre
opzioni citate esplicitamente da Draghi sono tassi negativi sui depositi che le banche detengono presso la
Bce stessa (un’altra misura che dovrebbe indurre le banche a fare impieghi, oltre ad avere un effetto
sull’euro e sui tassi del mercato monetario), ma il cui effetto viene giudicato all’interno della Bce molto
incerto, o la mancata sterilizzazione settimanale degli acquisti di titoli di Stato fatti fra il 2010 e il 2011 con
il programma Smp. Questo a sua volta darebbe liquidità al sistema. Il consiglio ha parlato «brevemente»
dell’una e dell’altra ipotesi, ha detto Draghi. Più remota appare la possibilità che la Bce acquisti titoli sul
mercato, sollevata nelle scorse settimane dal capo economista Peter Praet. Draghi si è dichiarato
soddisfatto dell’effettó avuto sui mercati dal taglio dei tassi deciso il mese scorso, ma ha puntualizzato che
ogni azione stimolo ha bisogno di tempo per dispiegare i suoi effetti e che questo si accelera se l’economia
è pronta a ricevere questi stimoli, citando ancora una volta le riforme strutturali, quelle del mercato del
lavoro e dei prodotti, come abitualmente, ma anche dell’istruzione e dell’amministrazione della giustizia. Il
comunicato della Bce invita anche i Governi ad adottare politiche di crescita e a minimizzare gli effetti
distorsivi della tassazione. L’Eurozona comunque, ha tenuto a rassicurare il presidente della Bce, non si sta
trasforinando nel Giappone del 1990, che ha poi subito due decenni di stagnazione: anzi tutto perché la
reazione di politica monetaria è stata pronta, poi perché con la sua revisione dei bilanci bancari la Bce sta
accelerando quell’effetto di pulizia che in Giappone è stato rinviato per anni, e perché le misure strutturali
sono già stata avviate negli ultimi due anni. Il fatto che Draghi abbia fatto gli auguri di Natale e buon anno
ai giornalisti all’inizio e non alla fine della conferenza stampa è un segnale che comunque all’Eurotower
contano di prendersi una pausa in termini di nuove iniziative.
Marco Valsania
L’exploit americano
Nel terzo trimestre la migliore performance da inizio 2012, da valutare però
con cautela
Vola il Pil Usa del terzo
trimestre: +3,6 per cento
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NEW YORK L’economia americana ha ingranato una marcia decisamente più brillante nel terzo trimestre
dell’anno, crescendo del 3,6% anziché del 2,8% inizialmente stimato e del 3,1% ipotizzato dagli analisti.
Anche se la robustezza del dato - la crescita più forte dai primi tre mesi del 2012 - nasconde tuttora non
poche fragilità: hanno frenato componenti essenziali quali consumi e investimenti, mentre gran parte
dell’accelerazione è stata attribuita a un brusco incremento delle scorte di magazzino, che hanno
rappresentato quasi metà dell’intera crescita. L’aumento delle scorte, considerato insostenibile, dovrebbe
essere pagato dall’espansione almeno nei mesi immediatamente successivi: dovrebbe sottrarre spinta
all’economia nell’ultimo trimestre dell’anno. Gli economisti si sono già affrettati a rivedere al ribasso i
pronostici tra ottobre e dicembre, ad un passo anemico nettamente sotto il 2 o/0: Morgan Stanley li ha
tagliati dalli,5% all’ido, Bnp Paribas li ha più che dimezzati allo 0,7 per cento. L’exploit della crescita
tuttavia c’è stato e, ai fmi di valutare la futura salute della ripresa e le decisioni di politica monetaria della
Federal Reserve, aumenterà l’attenzione al dato odierno sull’occupazione di novembre: alcuni economisti,
quali la squadra di Deutsche Bank, ritengono che una solida performance del mercato del lavoro potrebbe
consentire alla Fed di far scattare già in dicembre il “tapering”, la riduzione degli stimoli straordinaria base
di acquisti di asset. La Banca centrale si è in passato limitata a indicare che il ritiro graduale della manovra
di quantitative easing da 85 miliardi di dollari al mese era in agenda nei mesi a venire. «Penso sia
appropriato mettere sul tappeto una decisione sul tapering nei prossimi incontri - ha confermato ieri il
governatore della sede di Atlanta della Banca centrale, Dennis Lockhart Perché la posizione della Fed
resterà ampiamente accomodante. Aspettative di mercato che vedano una fme del programma di acquisto
di asset nel prossimo anno sono dunque ragionevoli ». Una partenza ravvicinata del tapering dipenderà dalla
somma dei nuovi dati. «La Fed non aveva a disposizione le più recenti statistiche sul mercato del lavoro e
sul Pil all’ultimo vertice di ottobre», ha ricordato il chief U.S. economist di Deutsche bank Joseph laVorgna.
Da allora sia l’occupazione che la crescita hanno battuto le previsioni. All’appello mancano solo i posti di
lavoro di novembre e un responso incoraggiante potrebbe cementare le scommesse su un’espansione più
convincente nel 2014. Le scorte di magazzino, forse proprio contando su una simile prospettiva, si sono
impennate di u6,5 miliardi di dollari nel terzo trimestre contro gli 86 calcolati in precedenza, un record
da11998. La spesa al consumo, è tuttavia lievitata di un modesto 1,4%, meno dell’1,5% immaginato e il
passo più debole dall’uscita dalla recessione, foriero di cautela nella cruciale stagione delle vendite di fme
anno. La Corporate America ha da parte sua aumentato i profitti del 2,8% rispetto ai tre mesi
immediatamente precedenti. Ma gli investimenti aziendali, escluso il settore immobiliare residenziale, sono
saliti solo del 3,5% rispetto al 4,7% del secondo trimestre dell’anno. Un altro segno di miglioramento è
piuttosto arrivato dalla spesa pubblica, dove le politiche di austerity hanno “morso” meno: è aumentata
dell’1,7% la spesa a livello locale, il maggior guadagno dal 2009, è quella federale è diminuita soltanto
leggermente. «C’è un relativo ottimismo - ha commentato Lewis Alexander di Nomura -. Manca però ancora
sufficiente fiducia per far decollare assunzioni e investimenti».
Marco Mobili
Recepita la risoluzione
Più ipotesi sulla destinazione dei risparmi: alla pari fra lavoratori e imprese oppure 60-40%
Le altre novità
Mini-rata Imu nella manovra Contributo sullepensioni d’oro esteso ai vitalizi dei parlamentari
Manovra,
tagli di spesa al cuneo
Emendamento della maggioranza: i ricavi della spending al taglio delle tasse su
imprese e lavoro
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ROMA Il fondo taglia-cuneo prende forma. Ieri in Commissione Bilancio sono stati formalizzati una serie di
emendamenti che recepiscono la risoluzione approvata mercoledì e che vincola i risparmi della spending
review, della lotta all’evasione fiscale e da altre maggiori entrate, alla riduzione del carico fiscale che oggi
grava su imprese e lavoratori. Come ha spiegato lo stesso relatore Maino Marchi (Pd) la soluzione fmale sul
fondo taglia-cuneo arriverà comunque dal lavoro di sintesi delle differenti proposte depositate ieri in
Commissione. E nonostante le precisazioni giunte ieri dello stesso ministro dell’Economia, Fabrizio
Saccomanni, diproposte di modifica alla stabilità finalizzate all’istituzione del Fondo taglia cuneo chiesto
dalle parti sociali ne sono arrivate diverse anche della stessa maggioranza. L’emendamento che potrebbe
fare da capofila porta la firma dell’intera maggioranza e di Sel. Il primo firmatario è Luigi Bobba e a seguire
ci sono Barbara Saltamartini (Ncd), Andrea Romano (Sc), Bruno Tabacci (Cd) e GiulioMarcon (Sel). La
modificaproposta prevede che nel fondo «denominato » “Fondo per la riduzione del cuneo fiscale” istituito
presso l’Economia dovranno confluire i risparmi di spesa non calcolati nei saldi di finanza pubblica che
potranno scaturire dalla razionalizzazione della spesa pubblica, comunque al netto della quote già previste
dalla spending review già prevista nel Ddl all’esame della Camera. A queste si dovranno aggiungere le
maggiori entrate non indicate nei saldi e recuperate con la lotta all’evasione di competenza statale. Le
risorse che confluiranno nel fondo dovranno essere utilizzate «in egual misura» secondo l’emendamento
Bobba, o al 60% e al 40% secondo un altro emendamento del Pd a firma del vicepresidente del gruppo Pd
alla Camera Paola De Micheli, a incrementare le detrazioni per i lavoratori dipendenti e e le deduzioni Irap
per le imprese. Nella stesura attuale degli emendamenti presentati non sembra ancora esserci un
riferimento esplicito a meccanismi automatici di assegnazione delle risorse o a possibili anticipi al 2014
delle risorse delle spending review, come previsto dalla risoluzione approvata mercoledì. L’emendamento
Bobba, ad esempio, rinvia a un decreto del ministro dell’Economia, da adottare entro il 31 maggio di ogni
anno, che sulla base dei risultati del Def, individua le risorse che affluiscono al fondo taglia-cuneo. Con lo
stesso decreto dovranno essere indicati i nuovi importi delle deduzioni e detrazioni e definite le modalità di
applicazione degli sgravi fiscali da parte dei sostituti di imposta e delle imprese in modo da garantire la
neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di
entrata in vigore del decreto del Mef. Sullapartita cuneo fiscale, arriva anche un emendamento del gruppo
Pd in Commissione Finanze che ritocca la curva dell’Irpef fermando i benefici a 28mila euro e prevedendo
una “linearizzazione” dei maggiori sconti. In questo modo verrebbero eliminato l’effetto negativo che si
crea per i contribuenti con redditi tra í 22mila e i 28mila euro dopo le modifiche apportate dal Senato
altaglio del cuneo per i lavoratori dipendenti. Il relatore introduce poi altri due temi sensibili; il primo
riguarda la cig in deroga, per la quale mancano attualmente all’appello oltre 30o milioni. Mentre l’altro
capitolo che potrebbe trovare spazio nell’ex finanziaria, è il pagamento della mini-rata Imu, visto che il
decreto legge presentato produce effetti 2014. Un altro tema importante è quello dell’Inps: arriverà con un
emendamento - annuncia il ministro Enrico Giovannini - «la soluzione per chiarire» gli aspetti contabili del
bilancio Inps, dopo l’incorporazione dell’Inpdap e dell’Enpals. Per il relatore si valuta anche l’estensione del
contributo sulle pensioni d’oro ai vitalizi dei parlamentari e di tutti gli altri organi costituzionali. Intanto
suilavori il presidente Boccia prova a tracciare le linee guida. Mercoledì, dopo il voto sulla fiducia al
governo Letta, inizieranno le votazioni agli emendamenti. Lunedì sarà il giorno delle ammissibilità dei 3mila
emendamenti presentati. L’obiettivo è comunque quello di ridurre a 300 le proposte di modifica.
dal nostro corrispondente Alessandro Merli
Draghi
«Abbiamo fatto circolare il testo fra le banche centrali e attendiamo i loro
commenti»
La Banca centrale tedesca
«No comment» sulla questione, ma ieri avrebbe fatto pervenire le sue
osservazioni
Quote Bankitalia,
dubbi tedeschi
Le perplessità della Bundesbank frenano l’ok della Bce alla rivalutazione
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FRANCOFORTE. Resta per ora in sospeso l’opinione già redatta dalla Banca centrale europea sulla
rivalutazione delle quote delle banche nel capitale della Banca d’Italia, bloccata dalle osservazioni di
un’altra banca centrale, con ogni probabilità la Bundesbank. «Abbiamo fatto circolare il documento fra le
banche centrali nazionali, come è la prassi consueta, con una procedura scritta - ha detto il presidente
della Bce, Mario Draghi - e attendiamo i loro commenti. Non so quale sia lo stato del procedimento, ma
l’opinione non è ancora stata adottata». Il parere legale della Bce, in base alle regole europee, deve
indicare se la misura rispetta l’indipendenza della banca centrale e dev’essere approvato dal consiglio dei
governatori dell’Eurotower. iSecondo informazioni raccolte dal Sole 24 Ore, una delle 17 banche centrali
nazionali che compongono l’Eurosistema ha preannunciato nella giornata di ieri di voler presentare delle
osservazioni al documento predisposto dall’ufficio legale della Bce, poi lo ha inviato in serata. Si
tratterebbe della Bundesbank. Una portavoce ha detto che la banca centrale tedesca non intende fare
commenti sulla questione. A questo punto, si aprirà un confronto fra gli uffici legali delle due istituzioni
prima che l’opinione possa andare al consiglio. In ambienti finanziari tedeschi, c’è la convinzione che il
provvedimento sia un modo per “abbellire” i bilanci delle banche italiane in vista della valutazione
approfondita che deve farne la stessa Bce nel corso del prossimo anno prima di assumere la vigilanza sugli
istituti dell’eurozona. L’operazione consentirebbe infatti di presentare una forza patrimoniale superiore a
quella attuale. Un giornalista tedesco, ieri nella conferenza stampa di Draghi, ha fatto riferimento a casi di
“contabilità creativa”, parlando della rivalutazione delle quote delle banche in Banca d’Italia e al
trattamento favorevole di alcuni crediti fiscali da parte della Spagna. Il presidente della Bce ha evitato di
commentare i casi singoli, osservando tra l’altro che, certamente nel caso dell’Italia, la proposta «non è
ancora legge» e che la Bce discuterà le singole misure quando entreranno in vigore. Ha aggiunto però che la
revisione dei bilanci bancari che l’Eurotower condurrà nei prossimi dodici mesi «è utile, se credibile». A suo
parere, dovrà far luce sui bilanci in modo tale che gli investitori privati si sentano di investire nelle banche
e che le banche stesse ritengano di poter prestare fondi le une alle altre. «Più si fanno dei giochetti, meno
il risultato è credibile », ha detto Draghi, ribadendo che la Bce e le altre autorità coinvolte «vogliono
ottenere un esercizio pienamente trasparente». La settimana scorsa, il Consiglio dei ministri ha approvato
la rivalutazione delle quote degli istituti di credito nella Banca d’Italia, portando il capitale da 156mila euro
a 7,5 miliardi e fissando un tetto del 5% alle partecipazioni dei singoli azionisti. Oggi quasi il 65% fa capo a
Banca Intesa e Unicredit. Annunciando il provvedimento, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha
dichiarato che «per quanto riguarda le preoccupazioni della Bce in termini di mantenimento
dell’indipendenza della banca centrale, questo è un passo nella giusta direzione. Le quote del capitale della
Banca d’Italia verranno polverizzate ». Le partecipazioni potranno appartenere a banche italiane o europee,
enti e istituti di previdenza e assicurazione e fondi pensione. LE PROSSIME MOSSE Ora si aprirà un confronto
fra gli uffici legali delle due istituzioni prima che l’opinione possa andare al consiglio dell’Eurotower
Stefania Tamburello
E Visco accelera sulla
proprietà della Banca d’Italia
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ROMA - A Francoforte le procedure per l’adozione di un parere sul riassetto proprietario della Banca d’Italia
non sono ancora terminate. «Stiamo seguendo la prassi normale. Il parere della Bce è stato trasmesso alle
Banche centrali nazionali chiamate a dare la loro opinione e quindi non è stato ancora adottato», ha
spiegato il presidente di Eurotower, Mario Draghi. Il fatto è che una di queste banche centrali, la
Bundesbank, ha preannunciato, a differenza delle altre, osservazioni di merito sul progetto italiano. E le
osservazioni richiederanno chiarimenti e verifiche, allungando così i tempi della decisione finale. Difficile
però che 1’ intervento della Banca centrale tedesca possa mettere in discussione il sostanziale via libera
formulato dalla Bce e comunicato, seppure senza tutti i crismi formali, al governo italiano che il 27
novembre ha varato un decreto per rivalutare il capitale dell’Istituto di via Nazionale dai simbolici 156 mila
euro risalenti al 1936 a 7,5 miliardi di euro, prevedendo un tetto di possesso del 5% per le quote,
considerate trasferibili a banche, assicurazioni, investitori istituzionali italiani e europei. A Roma non
sembrano esserci particolari preoccupazioni per la battuta d’arresto di Francoforte. Se dovessero arrivare
rilievi dalla Bce - è la considerazione che viene fatta - non sarebbero tali da mettere in discussione la
struttura del provvedimento e potrebbero essere accolti nel corso della discussione parlamentare che ieri ha
fatto un importante passo in avanti. L’aula del Senato ha infatti promosso a larga maggioranza il decreto
sotto i profili della costituzionalità e dell’urgenza respingendo il parere contrario, espresso invece dalla
Commissione Affari Costituzionali. La revisione dell’assetto proprietario di Banca d’Italia va quindi avanti e
a Palazzo Koch sono già partiti i preparativi dell’assemblea straordinaria destinata a riformulare lo statuto
per accogliere le novità proposte dal decreto legge, già in vigore. Sarà un’assemblea di Natale, visto che la
data prescelta sembra essere quella del 23 dicembre, ad una settimana dalla fine dell’anno. In tempo
dunque per consentire alle banche azioniste di rivalutare le rispettive quote nel bilancio 2013, rafforzando
così il patrimonio in vista delle valutazioni e degli stress test della Bce. Superato lo scoglio della
costituzionalità, su cui erano stati espressi dubbi, la discussione parlamentare per la conversione in legge
del decreto proseguirà con una serie di audizioni chieste dai relatori. Sarà ascoltato innanzitutto il ministro
dell’Economia, Fabrizio Saccomarini, che potrà sciogliere l’interrogativo sui tempi e sulla destinazione del
gettito dell’imposta straordinaria del 12% sulle plusvalenze, determinate dalla rivalutazione delle quote,a
carico delle banche. Ma viene considerata «imprescindibile» anche l’audizione del governatore Ignazio Visco
(nella foto) al quale verranno posti tutti i quesiti sui criteri seguiti per la rivalutazione delle quote, sul ruolo
e i poteri degli azionisti nonché sulla natura giuridica della banca centrale italiana dopo il riassetto.
Marika de Feo
«Risanamento, ma basta tasse»
Draghi: ripresa più forte nel 2014
La Bce lascia i tassi allo 0,25%, resteranno bassi ancora a lungo
Vola il Pil Usa e torna il timore della stretta monetaria, giù le Borse
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FRANCOFORTE - I governi europei non fermino il risanamento dei conti pubblici evitando, però, nuovi
aumenti delle tasse. Mario Draghi torna a chiedere politiche per la crescita, confermando l’orientamento
espansivo della politica monetaria. Che prevede, come ha spiegato ieri lo stesso presidente della Bce, di
lasciare i tassi di interesse costanti o al ribasso (ieri è stato confermato il minimo storico allo 0,25%) «fino a
quando sarà necessario», per sostenere la graduale ripresa. Draghi ha avvertito che Eurotower rimane
«pronta ad agire», se necessario, con tutta «l’artiglieria potente» di cui dispongono i banchieri centrali
europei, precisando tuttavia che il Consiglio non ha ancora scelto uno strumento particolare e che ha
parlato solo brevemente di tassi negativi sui depositi. Quanto alle attese dei mercati per un nuovo
eventuale mari.- prestito (Ltro) Draghi ha spiegato che in ogni caso non potrà essere utilizzato dalle banche
per finanziare gli Stati, ma per riattivare il circolo del credito. E questo anche perché l’inflazione rimarrà
debole a lungo, e dopo 1’ 1,4% toccato in media nel corso del 2013, si attenuerà secondo le stime dello staff
in Bce all’1,1% nel 2014 (lo 0,1% in meno delle stime di settembre), e all’1,3% nel 2015, per rientrare nel
target di Eurotower (inferiore ma vicino al 2%). Mentre per quanto riguarda la crescita, lo staff ha lasciato
invariato a un calo dello 0,4% le stime per quest’anno, ma ha aumentato all’1,1% le previsioni per il 2014 (+
0,1%), dimostrandosi leggermente più ottimista, mentre per il 2015 prevede un ritmo di espansione
dell’economia all’1,5%. Draghi ha ricordato che sulla crescita di Eurolandia pesano ancora «rischi al
ribasso», dovuti alle incertezze dei mercati, dei prezzi delle materie prime e da un periodo prolungato di
inflazione bassa. Anche per questa ragione la dinamica della domanda interna o delle esportazioni
«potrebbe essere più debole del previsto», anche a causa di una «lenta o insufficiente attuazione delle
riforme strutturali». I governi «non devono fermare gli sforzi in corso per ridurre i deficit», ha detto il
presidente della Bce, anche se le misure di consolidamento «dovrebbero essere favorevoli alla crescita» per
«ridurre al minimo gli effetti distorsivi della tassazione». A proposito dell’opinione sulla rivalutazione delle
quote di capitale di Bankitalia, Draghi ha sostenuto che si sta seguendo «la normale prassi» ed è stato
trasmesso «alle banche centrali nazionali che preparano le proprie opinioni al riguardo». E a questo
proposito si è sparsa la voce, non confermata, che la Bundesbank abbia frenato di nuovo, e che prepari
commenti sostanziali, di merito, sulla rivalutazione delle quote di via Nazionale. Anche la Bank of England
ha mantenuto i tassi invariati allo 0,50% e in questo scenario la maggior parte dei listini europei ha perso
terreno, con Milano in maglia nera (-1,75%). Ma le Borse sono calate anche per i timori di una riduzione
delle misure espansive (tapering) da parte degli Usa, dopo la pubblicazione del dato di crescita a sorpresa
del Pil nel terzo trimestre a quota 3,6%, molto più elevato delle attese.
dal nostro inviato Massimo Gaggi
LA SORPRESA USA:
L’ECONOMIA CHE CRESCE
CON POCHI CONSUMI
E SENZA LAVORO
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Il Pil del terzo trimestre 2013 rivisto fortemente al rialzo (+3,6 %), Wall Street da mesi col vento in poppa,
un mercato immobiliare sempre in crescita e i segnali positivi dal mercato del lavoro sembrano il ritratto di
un’America in forte ripresa che si lascia alle spalle i fantasmi della crisi iniziata nel 2008. Come spesso
accade, ieri la prima ventata di ottimismo dopo la diffusione dei dati ha provocato una reazione di segno
opposto in Borsa: indici in calo per il timore di un ritiro dei sostegni monetari all’economia fin qui garantiti
dalla Federal Reserve. Che dovrà mantenere l’impegno a chiudere la fase degli interventi straordinari non
appena il sistema sarà in grado di reggersi sulle sue gambe. Ma quel numero, 3,6%, non riflette una reale
accelerazione del ritmo di crescita dell’economia americana e i timori di un anticipo a dicembre del
cosiddetto «tapering», la graduale riduzione degli acquisti di titoli da parte della Banca centrale Usa, sono
con ogni probabilità infondati. Negli Stati Uniti il Pil del terzo trimestre è stato, infatti, gonfiato da
un’espansione anomala delle scorte di magazzino delle imprese (116 miliardi di dollari invece degli 86
calcolati in precedenza). Al netto dell’effetto «inventory», la crescita è leggermente inferiore a quella
(2,5%) del trimestre precedente. E fra tre mesi ci troveremo a commentare una presunta frenata
dell’economia Usa con un Pil che crescerà molto poco (forse dell’i%) per effetto del blocco delle attività di
governo per gran parte del mese di ottobre e anche per l’impatto di questo accumulo di scorte. Detto tutto
ciò, il panorama dell’economia Usa rimane assai più positivo di quello dell’Europa: ritrovata stabilità del
sistema, crescita moderata ma sicura (2% medio quest’anno, forse il 3% nel 2014), «boom» energetico,
ripresa delle manifatture grazie ai bassi costi di produzione. La crescita dei consumi interni è modesta
(1,5%) ma c’è. C’è anche il timore di un’altra bolla finanziaria, è vero, ma la crescita dei posti di lavoro
indica che il motore dell’economia gira nel modo giusto, anche se la velocità rimane bassa: una ripresa
pressoché «jobless» che alimenta anche una distribuzione sempre più diseguale dei redditi. Nell’allarme di
Obama su questo fenomeno c’è anche il tentativo di distogliere l’attenzione dai guai della riforma sanitaria,
ma è qui il nodo sociale e politico più rilevante per il futuro dell’America.
dal nostro corrispondente Luigi Offeddu
[email protected]
Rehn: più sforzi sul debito
L’Europa insiste sulla manovra E
in 10 mesi crolla il gettito dell’Iva
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BRUXELLES - Non è un buon giorno per l’Italia, e per l’Italia in Europa. Altrove, sprazzi di sole: il Prodotto
interno lordo degli Stati Uniti compie un balzo del 3,6%, e la Banca centrale europea prevede per il 20142015, dopo anni di buio, la ripresa del Pil nell’eurozona. Ma qui, orizzonti grigi e pesanti, con l’Italia che si
ritrova davanti una nuova serie di montagne: un ennesimo monito della Commissione europea che chiede
più sforzi per la riduzione del debito pubblico, e forse una manovra finanziaria indurita e anticipata al 2014;
ma soprattutto, un allarme statistico che parla di un italiano su tre ormai a rischio di povertà, e inquadra
una zona Euro dove solo la Grecia sta peggio dell’Italia, proprio per quanto riguarda i rischi di
impoverimento economico e sociale. Mentre la Spagna, Portogallo, Cipro, stanno tutti meglio. Nella
tensione che cresce, ogni riga dei comunicati diventa ormai una mezza sentenza. Per esempio: si scrive
«sforzi strutturali supplementari », ma va letto «manovra anticipata», cioè risparmi e tagli più duri e al più
presto possibile? Magari già nel 2014 e non nel 2015? Per l’Italia, è in fondo una vecchia domanda, che però
ieri è germogliata di nuovo con l’avvertimento ripetuto dalla Commissione: siamo «più o meno in linea» con
gli obiettivi fissati per il rientro dal deficit, dice Simon O’Connor, il portavoce del commissario Ue agli Affari
economici 011i Rehn, ma sul debito pubblico bisogna fare di più; «Non posso che ripetere quello che la
Commissione ha detto nella presentazione della nostra opinione il 15 novembre...c’è circa lo 0,4% di sforzi
strutturali supplementari che bisognerebbe fare per dire con certezza che l’Italia è ben indirizzata verso il
raggiungimento dell’obiettivo sul debito nel 2014». Un’indicazione che equivale a circa sei miliardrdi
correzione. Non solo: «Sappiamo che c’è la spending review in corso. Analizzeremo lo sviluppo della
situazione nelle prossime settimane. A febbraio, presenteremo le previsioni economiche di inverno. A quel
punto vedremo se il governo ha deciso di anticipare al 2014 la messa in opera dei risparmi, e se dettaglierà i
risparmi previsti proprio attraverso la spending review». E poi, è arrivato quell’altro allarme, di fonte
Eurostat, meno tecnico ma se possibile ancora più inquietante: come dato generale riferito al 2012, in Italia
il 29,9% della popolazione (era «solo» il 28,2% nel 2011) rischia di conoscere grandi difficoltà di vario
genere: il 19,4% è a rischio povertà, il 14,5% è già seriamente privato di beni materiali, e il 10,3% vive in
una famiglia dove pochi lavorano. A rischio di esclusione sociale risultano poi 18,2 milioni di persone. In
altre parole: una progressione costante, quasi placabile. Con Spagna e Portogallo, come si diceva, che
allungano il passo più avanti. Mentre la Francia è anch’essa in bilico con un rischio di povertà oscillante sul
19,1%. Ancora: secondo il bilancio sociale Inps del 2012, cala a picco il potere d’acquisto delle famiglie
italiane, sceso del 9,4% negli ultimi 4 anni (e addirittura del 4,9% solo nel 2011-2012). Le cifre calamitano i
commenti: «I dati resi noti oggi da Eurostat purtroppo confermano quello che sosteniamo da anni: la
povertà in Italia è un problema ben più grave di come viene giornalmente descritto », dice il presidente di
Eurispes, Gian Maria Fara. In tanto sommovimento, crolla il gettito dell’Iva, segnando un calo del 3,9% in
dieci mesi (14 miliardi in meno), anche se rimane quasi invariato da un anno all’altro il gettito tributario: a
gennaio-ottobre 2013 le entrate sono state di 321,734 milioni di euro, -0,3% rispetto agli stessi mesi del
2012.
Francesca Basso
R&S Mediobanca La leva finanziaria di Intesa e Unicredit inferiore alla media Ue
Banche europee: meno ricavi
ma la crisi non deprime l’utile
Resta bassa (6,2%) la redditività degli istituti italiani
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MILANO - Inversione di tendenza per i principali gruppi bancari europei: nei primi sei mesi del 2013 l’utile
aggregato è stato di 36 miliardi, in aumento del 35,6% rispetto allo stesso periodo del 2012 (il secondo
semestre dello scorso anno si è chiuso in perdita di circa 7 miliardi). Sul fronte ricavi i big del credito
registrano un calo del 4,4% dovuto alla caduta del margine di interesse (-8,1%). Per i due maggiori istituti
italiani, Intesa Sanpaolo e Unicredit, la redditività resta invece «modesta», con un utile netto sui ricavi pari
al 6,2% contro una media europea del 15,3% e una redditività sul capitale proprio (Roe) del 2,3%, pari a un
terzo di quella europea nonché la più bassa in assoluto nel primo semestre. Il rapporto sulle «Maggiori
banche europee nel primo semestre 2013», realizzato da R&S-Mediobanca, spiega che sui nostri istituti
pesano due fattori. Primo: la struttura dei costi pari al 64,4%, superiore a quella delle principali banche
inglesi (59,4%), olandesi (59,8%), nord europee (54,8%) e spagnole (55%), anche se non molto distante dalla
media europea (63,5%). Secondo: il rapporto tra le perdite su crediti ed i ricavi pari al 26,2% nel 2013,
contro una media europea del 14,4%. In Italia, osserva lo studio di Medio - banca, la somma dei costi
operativi e delle svalutazioni arriva al 90,6% ed è «il livello più alto tra i Paesi considerati». Le nostre
banche non sono però le uniche ad avere ridotto la propria redditività netta, fanno loro compagnia gli
istituti tedeschi (da 6,7% a 4,8% a causa della perdita nella di Commerzbank) e quelli francesi (dal 7% al
6,7%), mentre quelli degli altri Paesi hanno segnato progressi di redditività netta nel primo semestre del
2013. Nei primi sei mesi di quest’anno i big del credito europeo hanno ridotto i derivati, che sono calati del
18,1% su dicembre 2012 (circa mille miliardi in meno ma comunque pari a quasi un quinto del totale attivo,
a 4.462 miliardi). Gli istituti italiani si segnalano per la prudenza: la percentuale di derivati sul totale attivo
è del 6,9 per Intesa Sanpaolo e dell’8,2 per Unicredit, contro il 43,8 di Credit Suisse e il 33,3 di Deutsche
Bank. Se i derivati si sono sgonfiati, sono cresciuti invece i titoli di Stato dei cinque Paesi Giips (Grecia,
Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna) in mano alle banche europee: a fine giugno 2013 erano oltre 310 miliardi
contro i 275 miliardi di fine giugno 2012 (+13%). Intesa Sanpaolo è tra gli istituti europei quella con la
percentuale più alta di Giips sul capitale netto (203,8%), seguita da Unicredit (76,3%) e dalle spagnole Bbva
(78,5%) e Santander (59,8%). La media europea è del 27,2%. Nel giugno 2013 l’esposizione in titoli
governativi italiani è salita a 207 miliardi (più 33,6 miliardi su giugno 2012). «Nell’insieme, rispetto a giugno
2011 - spiega il rapporto - il portafoglio di governativi Giips italiano è quello che si è maggiormente
accresciuto (più 43,7 miliardi), quello francese ha segnato la maggiore riduzione (meno 49,3 miliardi)».
Infine la leva finanziaria, che per le banche è il rapporto tra il capitale netto dell’istituto con il totale delle
attività: gli istituti italiani sono ben sotto il 25 della media europea, dando prova di solidità (17,6 per
Unicredit e 18 per Intesa Sanpaolo).
Valentina Conte
Più tasse sui giochi online
per cancellare la mini-Imu
pressing Pd sul governo
Inps: potere d’acquisto giù del 9,4% dal 2008
ROMA - La mini-Imu è appesaa una promessa. Quella fatta ieri dai due relatori al decreto del 30 novembre (ora
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al. Senato) che, pur cancellando la seconda rata, richiama di fatto circa dodici milioni di italiani a pagarne
un pezzettino entro il prossimo 16 gennaio. «Si farà tutto il possibile, una soluzione deve essere trovata »
per evitare la mini-Imu, è l’impegno di Fomaro (Pd) e Olivero (Sc). «Chiederemo al governo se c’è la volontà
di reperire le risorse». E cioè 440 milioni stimali dalla Ragioneria dello Stato nella relazione tecnica. Circa
380 milioni per l’Anci, l’Associazione dei Comuni guidata dal sindaco di Torino, Fassino. Nel frattempo,
spunta un emendamento - questa volta alla Camera, dov’è in discussione la legge di Stabilità - a firma
Bobba e Anzaldi (entrambi Pd), che propone di alzare la tassazione sui giochi online, ora al 3%, e portare
l’aliquota per tutti i giochi, anche quelli tradizionali, al 14%. Coprendo così la mini-Imu e liberando gli
italiani dallo scampolo dell’imposta. L’ultimo dato aggiornato, comunicato ieri dall’Anci (e risultato del
monitoraggio Ifel su 4.167 delibere dei Comuni fmo al 27 novembre), rivela che 2.437 sindaci hanno
un’aliquota sopra quella standard del 4 per mille, sulla prima casa. Questo significa, ha spiegato ieri
Fassíno, che lo “sforzo fiscale” del biennio 2012-2013 vale 950 milioni di gettito. È questa la cifra che ora il
governo chiede ai cittadini di coprire per il 40% (380 milioni, come detto). Ma potrebbe crescere. I Comuni
hanno tempo fino al 9 dicembre per comunicare le delibere. Fassino ha anche spiegato che circa mille città
sono già al tetto massimo dell’aliquota sulle seconde case (10,6 per mille). E dunque dovranno recuperare
gettito ne12014 spingendo al massimo la nuova Tasi sulle prime. Anzi, per dieci Comuni importanti - tra cui
Roma, Torino, Milano, Napoli, Catania - non sarà neppure sufficiente mettere l’aliquota al 2,5 per mille. Per
avere lo stesso gettito, occorrerebbe una Tasi folle, anche sopra il 4 per mille (non consentito però dalla
legge). Questione Imu, dunque, ancora aperta. Ma stangata Tasi all’orizzonte. Ecco perché ieri Fassino ha
chiesto «al Parlamento di trovare 1,5 miliardi di euro nella legge di Stabilità, altrimenti nel 2014 nessun
Comune sarà in grado di chiudere il bilancio». Aggiungendo poi che il fondo vincolato alle detrazioni da 500
milioni nel solo 2014 «è insufficiente » a esentare quel 30% delle prime case (4,5 milioni di abitazioni) che
con l’Imu non pagava, perché compensava l’imposta con i bonus da 200 euro di base e 50 euro per ciascun
figlio a carico. «Solo per i figli, le detrazioni valgono 400 milioni», ha riferito. Pessime notizie poi sul potere
d’acquisto delle famiglie, crollato de19,4% tra il 2008e i12012, secondo i dati Inps, cinque punti solo l’anno
scorso. Oltre al fatto che quasi un pensionato su due percepisce assegni sotto i mille euro. Mentre la crisi
non molla e il gettito Iva va ancora giù (-3,9% nei primi dieci mesi del 2013, ovvero 3,4 miliardi in meno).
Eurostat
“In Italia 18 milioni a rischio
povertà solo Grecia peggio”
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ROMA - L’Italia è il Paese dell’Europa a 28 con il maggior numero di persone a rischio di povertà o esclusione
sociale. Il dato arriva dall’Eurostat, l’istituto statistico dell’Unione Europea. Secondo gli ultimi dati
disponibili, riferiti al 2012, sul suolo italiano ci sono 18,2 milioni di persone a rischio di povertà odi
esclusione sociale, il 29,9 per cento del totale. Fa peggio, tra i Paesi dell’area euro, solo la Grecia, con il
34,6 per cento. Da noi, quasi una persona su cinque è a rischio di povertà, una su sette è stata seriamente
privata di beni materiali e una su dieci vive in una famiglia in cui c’è poco lavoro. Rispetto agli anni scorsi,
il numero di persone in questa situazione è aumentato sensibilmente, dell’1,7 per cento rispetto al 2011 e
del 4,6 per cento rispetto al 2008. In generale, nell’Europa a 28, un cittadino su quattro è a rischio di
povertà o esclusionesociale, per un totale di 125 milioni di persone (+0,5% rispetto allo scorso anno). Per
trovare risultati peggiori di quelli italiani e greci bisogna uscire dall’area euro, dove Bulgaria, Croazia,
Lettonia, Lituania, Ungheria e Romania hanno tassi di rischio superiori. In generale, però, peggiora tutta
l’area euro, con le sole eccezioni di Germania (che vede la percentuale di persone a rischio calare dello 0,3
per cento), Francia (-0,2%), Paesi Bassi (-0,7%), Finlandia (-0,7%) e Slovacchia (- 0,1%).
Federico Fubini
Braccio di ferro europeo sulle banche
Roma pronta ad usare la Costituzione
Saccomanni contro la penalizzazione dei creditori in caso di crisi
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ROMA - Per la prima volta nella crisi dell’euro, il governo italiano studia una strategia molto popolare in
Germania: appellarsi alla Costituzione per sfuggire a una scelta europea e, se non bastasse, ricorrere in
Corte di Giustizia del Lussemburgo. In Germania mosse simili si fanno contro i fondi di salvataggio Ue o la
possibilità della B ce di intervenire a s ostegno dei governi. In Italia, riguarderebbero invece un altro
passaggio vitale per sedare la crisi: l’unione bancaria e gli stress test, cioè le verifiche imminenti sui bilanci
di circa 130 istituti di Eurolandia. Di questi temi Fabrizio Sacco - manni parlerà oggi a Berlino in un incontrò
riservato, di cui dà notizia l’agenzia TmNews. Il ministro dell’Economia vedrà i colleghi di Germania e
Francia, il presidente olandese dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e, probabilmente, Joerg Asmussen della
Bce. Sul tavolo ci saranno i do ssier dell’ unione bancaria, incluso il progetto di assicurazione comune sui
depositi. Il punto più delicato è quello su cui l’Italia è pronta ad appellarsi alla Costituzione e poi ai giudici
di Lussemburgo: l’idea di imporre perdite ai creditori delle banche, qualora gli stress test europei
rivelassero bilanci fragili e diventasse necessario rafforzare gli istituti con fondi pubblici. Questo scenario
tutela in ogni caso (e per intero) i conti correnti, ma può coinvolgere chi detiene i bond «subordinati», i
titoli più esposti in caso di rimborso mancato del debito da parte di una banca. Prima che un istituto in
difficoltà possa ricevere aiuti pubblici, la Commissione Ue prevede che gli investitori debbano subire
perdite. La Germania, con Spagna, Irlanda e vari altri Paesi, la sostiene: il nuovo programma di coalizione
Cdu-Csu-Spd parla di «misure per evitare che le banche privatizzino i guadagni e socializzino le perdite»
tramite gli aiuti di Stato. L’Italia non è contraria a priori, ma rifiuta l’ipotesi di colpire i risparmiatori solo
sulla base degli stress test europei. Questi ultimi consistono in simulazioni: costruiscono uno scenario di
crisi, a cui si stima se una banca è in grado di resistere. Se il responso è negativo e mancano gli investitori
privati per rafforzare il capitale, devono scattare aiuti pubblici già nel 2014. E secondo Berlino, su questo in
maggioranza in zonaeuro, scattano anche le sforbiciate al valore dei bond «subordinati » in mano agli
investitori. Oggi esistono titoli di questo tipo per 61 miliardi di euro emessi dagli istituti italiani, dunque
l’impatto sugli investitori può essere serio anche solo se si diffondesse il timore di perdite future. L’Italia,
sostenuta solo dalla Francia, si oppone con tutte le forze. Il Tesoro sostiene che colpire da subito i
risparmiatori sulla base di perdite ipotetiche delle banche simulate negli stress test non è solo illogico: è
anche contrario all’articolo 47 della Costituzione secondo il quale «la Repubblica italiana incoraggia e tutela
il risparmio in tutte le sue forme». Un investitore penalizzato potrebbe dunque appellarsi alla Corte
costituzionale di Roma, così come molti tedeschi hanno fatto ricorso a Karlsrhue contro la Bce o il fondo
salvataggi. Non solo: secondo il governo italiano, quella richiesta di ridurre il valore dei bond
semplicemente sulla base delle ipotesi degli stress test violerebbe i diritti di proprietà difesi dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
(articolo 17). Di qui la minaccia di ricorrere alla Corte del Lussemburgo se passasse un principio del genere.
Gli altri governi europei intanto incalzano. L’Ecofin del 15 novembre scorso sollecita ufficialmente Paese a
dotarsi di leggi interne per poter imporre perdite ai creditori delle banche in caso di aiuti di Stato. E i
mercati chiedono chiarezza: Alberto Gallo di Rbs nota come i mercati valutino le banche di Spagna o
Irlanda, che forniscono certezze legali in caso di perdite sui bond, a quotazioni relativamente migliori
rispetto alle concorrenti italiane. su questo sfondo che ieri la Bce di Mario Draghi ha ridotto le sue stime
d’inflazione media dell’area euro nel 2014 all’ 1 ,1% e ritoccato al rialzo le previsioni di crescita sempre all’
1 ,1%. Draghi ha lasciato intendere che l’Eurotower pensa a un sistema per fornire denaro alle banche solo a
condizione che queste lo prestino a imprese e famiglie, senza limitarsi a comprare titoli di Stato. Una
misura utile ma insufficiente per l’Italia, dove secondo Eurostat il 30% delle persone è «a rischio di povertà
o esclusione sociale ». Peggio, in Europa, fa solo la Grecia.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una fine-settimana felice
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Rassegna Stampa del giorno 6 Dicembre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Arrivederci a
Lunedì, 9 Dicembre
per una nuova
rassegna stampa!