Anterior ankle impingement syndrome
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Anterior ankle impingement syndrome
CLINICAL REASONING & DECISION MAKING Estratto da Il Fisioterapista 2-2015 Anterior ankle impingement syndrome Valentina Toscano Fisioterapista, Orthopaedic Manipulative Therapist, Ancona C on anterior ankle impingement syndrome s’intende descrivere una condizione dolorosa di caviglia durante le attività in carico in dorsiflessione, causata dalla presenza di esostosi o di fibrosi dei tessuti molli a livello della rima anteriore dell’articolazione tibiotarsica. Il primo a descrivere questa entità clinica è stato Morris, che nel 1943 coniò il termine athlete’s ankle dopo aver riscontrato – all’analisi radiografica di una serie di articolazioni tibiotarsiche sintomatiche di calciatori professionisti – l’esistenza di osteofiti tibiotarsici anteriori nel 60% dei casi; successivamente è stata denominata da McMurray, nel 1950, footballer’s ankle, e oggi viene riconosciuta come causa di sintomi persistenti alla caviglia anche in una popolazione non sportiva1-2. In relazione alla localizzazione della sede di conflitto a livello della superficie dell’articolazione tibiotarsica anteriore, anatomicamente si distinguono tre diversi siti di possibile impingement: anteriore, anterolaterale e anteromediale; ogni tipologia può condividere il meccanismo eziologico, ma la presentazione clinica e gli eventuali reperti radiografici associati differiscono tra loro1. L’impingement anteriore si localizza nella parte centrale della rima articolare, tra il margine mediale del tendine del muscolo tibiale anteriore e il bordo laterale del tendine del terzo muscolo peroniero; medialmente si distingue l’impingement anteromediale, poco comune e frequentemente associato ad altre problematiche. Quello anterolaterale è circoscrit to al recesso a sezione triangolare compreso tra la tibia e l’astragalo posteromediale, il perone lateralmente, e la capsula articolare, il legamento tibioperoneale anteriore inferiore, peroneoastragalico anteriore e peroneocalcaneare anteriormente1-3 (figura 1). Il conflitto può avere un’origine ossea, fibrosa o molto spesso mista3. L’impingement di tipo osseo deriva dall’esistenza di osteofiti al margine articolare tibiale anteriore, al domo o al collo astragalico; recenti studi anatomici e artroscopici hanno evidenziato che le esostosi risultano localizzate all’interno del margine articolare tibiotarsico anteriore, a circa 5-8 mm dall’inserzione capsulare, correlando l’insorgenza a microtraumi diretti ripetuti alla rima cartilaginea piuttosto che, come inizialmente teorizzato, a una risposta a stress in trazione della capsula anteriore durante la flessione plantare1-4 (figura 2). Questa tipologia è molto comune nelle attività sportive che prevedono ripetute dorsiflessioni di caviglia, come nella danza, nella ginnastica, nell’atletica, nella corsa, o impatti diretti, come calciare un pallone. Tali dinamiche possono risultare in microtraumi del margine condrale anteriore, il cui tentativo di riparazione tessutale, nel tempo, può portare a fibrosi, proliferazione della fibrocartilagine e, in ultimo, alla formazione degli osteofiti5. Chiaramente l’esostosi e, quindi, il conflitto, può avere un’ezio- 2 – Marzo/Aprile 2015 Il Fisioterapista “Il ragionamento clinico è quel processo che ha lo scopo di organizzare in maniera significativa un insieme di dati confusi e di situazioni che si verificano in un preciso contesto clinico e conseguentemente di prendere delle decisioni in relazione alla loro interpretazione” (Higgs J. 1996). Questa rubrica, dedicata proprio al ragionamento clinico in ambito riabilitativo dei disordini neuromuscoloscheletrici, si prefigge di guidare il fisioterapista attraverso l’impegnativo processo di valutazione funzionale, punto imprescindibile di partenza per le decisioni che si dovranno prendere successivamente al fine di scegliere le più appropriate strategie riabilitative disponibili e di prendere decisioni in condizioni di minore incertezza riducendo al minimo l’errore e l’inefficacia. In seguito all’esposizione delle conoscenze fondamentali di background, utili per l’organizzazione di un modello contestuale di riferimento, vengono presentati casi clinici con l’intento di promuovere un processo sistematico di analisi e sintesi dei dati rilevanti e di costruzione del progetto terapeutico in base alle informazioni ottenute e alle più recenti evidenze scientifiche. 25 23-56_Guide.indd 25 02/04/15 17:33 Estratto da Il Fisioterapista 2-2015 CLINICAL REASONING & DECISION MAKING Anterior ankle impingement syndrome Legamento tibiofibulare anteriore L Tendine del m. peroniero terzo C M Legamento talofibulare anteriore Tendine del m. tibiale anteriore Legamento calcaneofibulare a a b logia artrosica: la discriminazione, in questo caso, viene eseguita in base ai dati anagrafici e alla compresenza di quei segni radiografici caratteristici della degenerazione articolare3. La manifestazione clinica del conflitto osseo sembrerebbe spesso associata a una componente infiammatoria dei tessuti molli interposti; in effetti, osteofiti sono stati riscontrati anche in soggetti asintomatici e la ricorrenza dopo resezione chirurgica non è associata alla clinica. Inoltre, diversi studi hanno rilevato la non sovrapposizione delle prominenze ossee dei rispettivi versanti articolari e lesioni cartilaginee al domo astragalico (tram track lesion o divot sign) in pazienti che presentano esostosi tibiale1,3-4. Studi artroscopici hanno dimostrato che ci può essere impingement secondario a irritazione e fibrosi dei tessuti molli anche in assenza di esostosi, generalmente a seguito di distorsioni in inversione. Come possibili responsabili sono stati riscontrati tre tipi di lesioni: lesioni meniscoidi, sinovite e legamento di Bassett, una variante anatomica del legamento anteroinferiore tibioperoneale della sindesmosi, che può creare conflitto con il domo astragalico2,4-8. La diagnosi di impingement anteriore è primariamente clinica, sebbene i physical finding di rilievo, basati su dolore anteriore riportato all’intervista, alla palpazione e alla dorsiflessione forzata, presenza di gonfiore locale Tibia Capsula articolare Fibula Osteofiti Il Fisioterapista 2 – Marzo/Aprile 2015 Talo Calcagno Figura 2 Proiezione laterale di caviglia che mostra i siti più comuni di insorgenza degli osteofiti anteriori (ridisegnata da Hopper1). Figura 1 Caviglia destra: a, sede di impingement anteriore (C) tra il tendine del muscolo tibiale anteriore e il tendine del terzo muscolo peroniero; b, anatomia del recesso anterolaterale. M, anteromediale; L, anterolaterale (ridisegnata da Hopper1). e limitazione articolare, solitamente in flessione dorsale, possano essere comuni a una varietà di disordini, come osteocondrite dissecante del domo astragalico, necrosi avascolare dell’osso navicolare, fratture osteocondrali, instabilità meccanica, sindrome del seno del tarso, rottura, sublussazione, tenosinovite peroneale, distorsione, artrosi. In una fase iniziale, la sintomatologia può essere esacerbata dall’attività fisica protratta e regredire con il riposo; progressivamente la limitazione funzionale diventa più importante e si associa spesso a difficoltà nello scendere le scale, nel camminare in pendenza e nella partecipazione sportiva1-4. L’indagine radiografica rimane essenziale nel confermare la presenza di esostosi ed escludere altre cause; le proiezioni utili sono quella laterale e obliqua in rotazione esterna di tibia per valutare la presenza di osteofiti anteromediali, altrimenti difficilmente individuabili. La risonanza magnetica ha il valore aggiunto di poter visionare direttamente anche la componente dei tessuti molli e la compresenza di lesioni condrali o subcondrali1,3-4,8. Benché nella maggior parte dei casi, trattandosi di pazienti giovani con una richiesta funzionale elevata, la soluzione sia artroscopica e in letteratura un’elevata percentuale degli studi sia a essa dedicata, in prima linea si propone, pur non essendoci consenso o 26 23-56_Guide.indd 26 02/04/15 17:33 validazione di alcuna modalità di intervento, un approccio conservativo (da attuare in ambito specialistico) incentrato su iniezioni di CASO CLINICO famaci corticosteroidei per ridurre l’infiammazione, restrizione o modificazione delle attività, controllo delle calzature, con eventuale uti- 10 lizzo di rialzo al tallone per limitare la dorsiflessione, e fisioterapia (di rinforzo, propriocezione e sportspecifica)4-5. i ion az nd ma o cc Anterior ankle impingement syndrome CLINICAL REASONING & DECISION MAKING Estratto da Il Fisioterapista 2-2015 ra Si presenta alla nostra attenzione FB, studentessa di 19 anni, da dieci ballerina semiprofessionista di danza classica, che periodicamente deve abbandonare gli allenamenti per un dolore anteriore alla caviglia destra, presente da circa un anno. Per differenziare e determinare quale di queste sia altamente probabile, valutare le eventuali indicazioni per una presa in carico e impostare un progetto terapeutico appropriato, occorre eseguire l’esame funzionale e correlare tutte le informazioni rilevanti ottenute. Anamnesi Dalle informazioni che fornisce il soggetto, il dolore è circoscritto anterolateralmente alla caviglia; inizialmente gli episodi si presentavano dopo allenamenti particolarmente intensi e con andamento autolimitante, mentre negli ultimi mesi la sintomatologia si mostra più costante e intensa, con dolore (VAS 7/10) e difficoltà in determinate posizioni e movimenti, come nell’eseguire un plié o nell’atterrare da un salto, talvolta unitamente a una sensazione di insicurezza e instabilità. Non lamenta altri sintomi, come parestesie, ipoestesie o disestesie. Non ha problemi nella deambulazione, né durante lo svolgimento delle attività quotidiane, ma da un mese ha dovuto sospendere la pratica sportiva. La paziente riporta di aver subìto, due anni fa, una distorsione per cui è stata sottoposta a un ciclo di fisioterapia, con recupero subottimale. In merito ai dati complementari, il soggetto gode di buona salute generale, non prende farmaci e, su consiglio del medico, ha eseguito indagini strumentali, dalle quali non sono state riscontrate anomalie di rilievo; una ventina di giorni prima della visita, ha subìto una terapia infiltrativa, con minimo beneficio. La sua richiesta nei nostri confronti consiste nel fare chiarezza sul suo problema e sulle eventuali strategie terapeutiche disponibili, nell’ottica di poter continuare a praticare la danza. Ipotesi diagnostiche funzionali In ortostatismo il soggetto non mostra asimmetrie agli arti inferiori, dismorfismi, anomalie angolari del calcagno, né deformazioni del piede. In clinostatismo la caviglia appare lievemente gonfia, il ROM passivo risulta completo; la digitopressione a livello del recesso anterolaterale è provocativa, con una VAS di 3/10 e anterolateral impingement sign positivo. Alla valutazione dei distretti prossimali e distali della caviglia non si riscontrano reperti di rilievo. Il test del cassetto anteriore e il talar tilt non evidenziano asimmetrie apprezzabili tra i due lati. La forza muscolare appare deficitaria, nella caviglia coinvolta, in dorsiflessione e in eversione. Per meglio determinare l’entità della dorsiflessione in carico, si somministra l’ankle lunge test, nel quale la paziente riesce a superare l’alluce con il ginocchio, ma mostra un minimo deficit rispetto all’arto sano, con insorgenza del dolore familiare (figura 3). L’aspetto funzionale viene esaminato in posizione monopodalica, in assetto sia statico, con il test di equilibrio, sia dinamico, con lo star excursion balance test. La paziente mostra di avere un buon controllo in entrambi i test, ma nelle direzioni anteriore e anterolaterale si palesa una difficoltà legata all’insorgenza di dolore. Nell’hop test si nota una lieve differenza di lato nella prestazione, con moderato deficit a stabilizzare l’atterraggio con l’arto sintomatico. Processando le informazioni raccolte tramite l’intervista e la valutazione oggettiva, e in segu se guee segue 2 – Marzo/Aprile 2015 Profilo prognostico Il Fisioterapista Esaminando i dati finora raccolti, avendo escluso la presenza di serie problematiche sottostanti, nonché irradiate dal distretto lombopelvico, è possibile formulare una serie di ipotesi diagnostiche funzionali, quali instabilità cronica di caviglia, sindrome del seno del tarso, impingement anteriore. Esame obiettivo 27 23-56_Guide.indd 27 02/04/15 17:33 a Estratto da Il Fisioterapista 2-2015 b c Figura 3 Ankle lunge test: test per la valutazione della dorsiflessione di caviglia in carico, determinata, in questo caso, dalla massima distanza tra alluce e proiezione verticale della rotula, misurata chiedendo alla paziente di effettuare un affondo contro un elemento fisso, mantenento il tallone a terra (a), prendendo la misura di dove si posiziona l’alluce (b) e misurando la distanza tra la posizione dell’alluce e l’elemento fisso dove si è appoggiato il ginocchio (c). Il Fisioterapista 2 – Marzo/Aprile 2015 CLINICAL REASONING & DECISION MAKING Anterior ankle impingement syndrome base alle informazioni mediche e radiografiche, il sospetto di impingement anterolaterale fibroso sembrerebbe formulabile con un certo grado di confidenza. Per quanto concerne i fattori prognostici, la giovane età risulta positiva, mentre la natura cronica del problema e la pratica di sport a rischio ad alto livello potrebbero aumentare la probabilità di persistenza. Dal momento che l’approccio in prima istanza nell’affrontare tale problematica muscoloscheletrica è di tipo conservativo, si ritiene ragionevole proporre un intervento riabilitativo. Dopo aver informato il soggetto sulla natura del problema e sulle strategie terapeutiche disponibili, si deve agire primariamente per preservare l’articolazione da carichi eccessivi. In questo caso è necessario protrarre l’astensione dall’at tività sportiva fino a una riduzione sensibile della sintomatologia; successivamente si progredirà verso una graduale ripresa, evitando inizialmente le posizioni e i movimenti provocativi. In questa circostanza, ovviamente, risulta impossibile intervenire sull’equipaggiamento, calzature comprese, dati l’ambiente e la gestualità specifica. Per quanto riguarda la terapia manuale in senso stretto, in virtù del grado di irritabilità, si potrebbe intervenire con tecniche aspecifiche per cercare di ridurre la reattività tissutale e, pur non essendoci forti indica- zioni, si potrebbe lavorare secondariamente sulla dorsiflessione end-range, per esempio agendo sulla traslazione del domo astragalico, con l’intento di ridurre la sintomatologia provocata da questa posizione in carico. La componente attiva del programma riabilitativo dovrebbe prevedere una progressione, da esercizi propriocettivi statici e di rinforzo muscolare analitico a catena cinetica chiusa, verso compiti più dinamici e funzionali, che comprendano anche il reclutamento e la coordinazione di più gruppi muscolari e gesti specifici. L’obiettivo finale di tali modalità terapeutiche è quello di ricercare un miglioramento del comfort e della prestazione atletica. I criteri per il pieno rientro alla pratica saranno rappresentati dal rapporto di almeno 8:10 tra la forza muscolare dei due lati, e dalla capacità di compiere gesti specifici, come il pliè e atterraggio da un salto con l’arto destro. Nel momento in cui la paziente sarà riuscita a compiere due sedute di allenamenti per intero senza problemi potrà ritornare alla propria attività specifica. Se non si dovesse raggiungere un livello compatibile con le sue richieste funzionali, in un tempo ragionevole, nonostante le procedure conservative attivate, sarebbe opportuno considerare l’indirizzo verso una consulenza ortopedica, nell’ottica di valutare se e come poter intervenire chirurgicamente e conseguire una prestazione superiore. 28 23-56_Guide.indd 28 02/04/15 17:33 Estratto da Il Fisioterapista 2-2015 Anterior ankle impingement syndrome CLINICAL REASONING & DECISION MAKING BIBLIOGRAFIA 1. HOPPER MA, ROBINSON P. Ankle impingement syndromes. Radiol Clin N Am 2008; 46: 957-71. 2. 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