Tomaso Subini, La doppia vita di «Francesco giullare di Dio».
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Tomaso Subini, La doppia vita di «Francesco giullare di Dio».
Zitierhinweis Andreazza, Fabio: Rezension über: Tomaso Subini, La doppia vita di «Francesco giullare di Dio». Giulio Andreotti, Félix Morlion e Roberto Rossellini, Milano: Libraccio, 2011, in: Il Mestiere di Storico, 2012, 1, S. 264, http://recensio.net/r/56807a2be892c43feb511d69d860a43d First published: Il Mestiere di Storico, 2012, 1 copyright Dieser Beitrag kann vom Nutzer zu eigenen nicht-kommerziellen Zwecken heruntergeladen und/oder ausgedruckt werden. Darüber hinaus gehende Nutzungen sind ohne weitere Genehmigung der Rechteinhaber nur im Rahmen der gesetzlichen Schrankenbestimmungen (§§ 44a-63a UrhG) zulässig. 264 Tomaso Subini, La doppia vita di «Francesco giullare di Dio». Giulio Andreotti, Félix Morlion e Roberto Rossellini, Milano, Libraccio, 344 pp., € 25,00 Negli ultimi quindici anni i rapporti fra cinema e cattolicesimo sono stati oggetto di numerosi studi. In questo nuovo corso di studi si inserisce il volume di Tomaso Subini. Nel 1950, alla Mostra del cinema di Venezia, il regista di Roma città aperta presenta due film: Francesco giullare di Dio (in concorso) e Stromboli (Terra di Dio) (fuori concorso). Alla sceneggiatura di entrambi ha collaborato il controverso padre domenicano Félix Morlion – fondatore dell’Istituto internazionale Pro Deo, perno della propaganda anticomunista vaticana –, che ha tra i suoi principali referenti politici Giulio Andreotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Spettacolo dal 1947 al 1953. A differenza di molti cattolici, entrambi guardano con interesse al neorealismo, che sta dando lustro all’Italia all’estero, convergendo sul proposito di incoraggiare una produzione che si fondi però sui principi cristiani. La scelta cade su Rossellini, durante la guerra premiato dal regime e a Liberazione avvenuta frequentatore di ambienti sia comunisti che democristiani: un regista facile da «“affittare” per la causa cattolica», come più tardi ha polemicamente scritto padre Nazareno Fabbretti (p. 55). Il volume affronta principalmente le complicate vicende realizzative e promozionali di Stromboli e, soprattutto, di Francesco, che coinvolgono, oltre ad Andreotti, Morlion e Rossellini, un giovane critico a tutti e tre legato, Gian Luigi Rondi, che propone una lettura del neorealismo come un «cinema rigorosamente cristiano» (p. 166), che nei succitati lavori rosselliniani trova una sua più esplicita manifestazione. Grazie ad approfondite ricerche d’archivio, l’a. fornisce un quadro preciso della pervicacia con cui, nell’anno del Giubileo, Andreotti, Morlion e Rondi si adoperano per la nascita di un neorealismo cattolico che permetta di contrastare l’egemonia culturale della sinistra nel cinema italiano. Attraverso un’accurata descrizione, vediamo come il fallimento del progetto sia riconducibile alle divisioni interne al mondo cattolico nei confronti del neorealismo e di Rossellini in particolare. Infatti, nonostante la giuria veneziana sia di area democristiana e ne faccia parte lo stesso Rondi, Francesco non ottiene alcun premio e il progetto si blocca sul nascere. E Rossellini? Il libro, ricco di spunti anche se talvolta dispersivo, parla molto anche di lui, del suo «stile debole». Francesco è debole sul piano ideologico, in quanto «agiograficamente inconsistente» (p. 110); sul piano narrativo, dal momento che «sviluppa […] la gran parte del proprio discorso in un orizzonte intertestuale» (p. 111); e nella rappresentazione dell’epoca storica, «schiacciandola sul presente e togliendole ogni profondità» (p. 112). È un film che ha dovuto attendere la fine delle ideologie e l’estetica postmoderna per poter essere pienamente compreso. Fabio Andreazza
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