9 - le teorie della crescita uniforme - Economia
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Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 9 – LE TEORIE DELLA CRESCITA UNIFORME E LE SOLUZIONI DI SOLOW E DI KALDOR AL PROBLEMA DI HARROD-DOMAR A - La soluzione del problema di Harrod-Domar basata sulla funzione di produzione aggregata. Il problema dell’instabilità nella teoria di Harrod La teoria neoclassica della crescita è stata originariamente delineata nei lavori di Tobin (1955), di Swan (1956) e di Solow (1956). Tuttavia, con il passare del tempo, la famosa “esposizione della teoria della crescita” di Solow (1970) è divenuta il punto di riferimento per tutti coloro che si rifanno al filone interpretativo delle teorie della crescita uniforme basato sull’impiego di una funzione di produzione aggregata. Tale esposizione gli valse, tra l’altro, il Premio Nobel per l’Economia nel 1987. Prescindendo dal primo motivo di instabilità nella teoria di Harrod (derivante dalla necessità di conciliare il tasso di crescita effettivo con quello “garantito”), nell’interpretazione neoclassica il «problema di Harrod-Domar» è stato ricondotto unicamente al secondo motivo di instabilità, quello che prevedeva il confronto tra il tasso di crescita del reddito (teoricamente di equilibrio) con il tasso di crescita potenziale. Secondo Solow, infatti, l’esistenza di quel problema sarebbe derivato dal fatto che Harrod e Domar (le cui teorie sono state accomunate in un unico “modello Harrod-Domar”) hanno implicitamente assunto che “la produzione [avesse] luogo in condizioni di proporzioni fisse”. Lasciando cadere tale ipotesi Solow ha potuto così dimostrare che con la sua «soluzione» quel problema non sorgeva affatto. Come sappiamo, una funzione di produzione di tipo Cobb-Douglas a rendimenti di scala costanti potrà essere agevolmente trasformata nella corrispondente forma intensiva quella nella quale il livello del prodotto per addetto è in funzione unicamente del grado dell’intensità di capitale. Sappiamo inoltre che con un progresso tecnico esogeno, diffuso e neutrale nel senso di Harrod, in condizioni di crescita quasiuniforme il tasso di crescita della produttività del lavoro verrà a coincidere con il tasso di crescita del progresso tecnico (vedi appendice C degli appunti sul contributo del progresso tecnico alla crescita economica). ex − ante s s exex −− post − ante post v ex} v } y = y g n = z + l y y g = y n Il problema di Harrod-Domar nell’interpretazione neoclassica y y n g = z + l = y n Figura 1 – Con una funzione di produzione Cobb-Douglas in forma intensiva il reciproco del coefficiente capitale-prodotto diminuisce al variare del grado dell’intensità capitalistica. 1/v K/L 1 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 In tale contesto il problema di Harrod-Domar si potrebbe riformulare nella maniera indicata a lato, nella quale il tasso di crescita del reddito, il cui valore, come si ricorderà era dato dal rapporto tra la propensione al risparmio ed il coefficiente capitale prodotto, verrà ora a dipendere anch’esso dal grado dell’intensità di capitale. Inoltre, il tasso di crescita della produttività del lavoro (z) verrà a coincidere con il tasso di crescita del progresso tecnico neutrale nel senso di Harrod (b). Nell’interpretazione di Solow, la variazione del rapporto capitale/lavoro che consegue dal processo di aggiustamento dei prezzi relativi dei fattori produttivi garantirebbe ad un saggio “garantito” diverso dal saggio naturale di raggiungere quest’ultimo alla fine di un processo di aggiustamento che prende il nome di «dinamica di transizione». Un tasso “garantito” inferiore a quello naturale, infatti, provocherebbe un eccesso di domanda di lavoro. In presenza di quest’ultima il salario reale tenderà a diminuire. Ciò dovrebbe indurre una sostituzione di capitale con lavoro, provocando con ciò una riduzione del grado dell’intensità capitalistica (e viceversa). Pertanto, alla fine del processo transitorio di aggiustamento il sistema economico, come illustrato nella figura 3, dovrebbe raggiungere una situazione di (quasi) crescita uniforme. In tale situazione, il grado dell’intensità di capitale verrà ad assumere proprio quel particolare valore (K/L)* che rende compatibili tra di loro il tasso di crescita “garantito” e quello “naturale”. Sempre secondo Solow, la divergenza tra i due tassi, qualora vi fosse, avrebbe quindi una natura puramente transitoria: il sistema economico tenderà spontaneamente a raggiungere il tasso di crescita naturale ed il grado dell’intensità di capitale compatibile con esso, come illustrato nella figura 3. Il problema di Harrod-Domar nell’interpretazione di Solow ( y = sf K L n y = b + l y ⇒ yn ) Figura 2 - La rappresentazione grafica del tasso di crescita del reddito nell’interpretazione di Solow 1/v s/v 1/v y K/L Figura 3 - La rappresentazione grafica della soluzione del problema di Harrod-Domar nell’interpretazione di Solow s/v yn b+l yg (K/L)* K/L Alcune implicazioni della teoria di Solow Posto pertanto che nelle forme ipotizzate tutte le economie possano usufruire dello stesso tasso di crescita del progresso tecnico, la soluzione al problema di Harrod-Domar proposta da Solow ha le seguenti implicazioni: 2 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 1) a parità di crescita della popolazione lavorativa, due economie aventi la stessa tecnologia (e quindi la stessa funzione di produzione aggregata) e un’uguale propensione al risparmio, pur partendo da una situazione iniziale differente, alla fine del processo che conduce alla crescita (quasi) uniforme giungeranno allo stesso tasso di crescita naturale e allo stesso livello di capitale per addetto (K/L)*. Ciò implica una relazione inversa tra i livelli (iniziali) del capitale per addetto ed i tassi di crescita (durante il processo di transizione), relazione nota come ipotesi della “convergenza assoluta”. Essa prevede, infatti, come evidenziato nella figura 4, che tutti i paesi che adottano la stessa tecnologia, che dispongono delle stesse conoscenze tecnologiche e sono soggetti alle stesse condizioni istituzionali (vale a dire, stessa propensione al risparmio e stesso tasso di crescita della popolazione lavorativa), convergano verso la medesima situazione di crescita (quasi) uniforme (K/L)*. Figura 4 – L’ipotesi della convergenza “assoluta” s/v yF yL yn (K/L)F(K/L)L (K/L)* K/L Figura 5 – L’ipotesi della convergenza “condizionale”: due paesi con diversa propensione al risparmio s/v yn (s/v)L (s/v)F (K/L)* (K/L)** K/L Figura 6 – L’ipotesi della convergenza “condizionale”: due paesi con diversa dotazione iniziale nelle conoscenze tecnologiche 2) Per contro, come illustrato nelle figure 5 e 6, due economie aventi la stessa tecnologia, ma una diversa propensione al risparmio, oppure un diverso stato delle conoscenze tecnologiche (che si riflette su un diverso valore di B nell’espressione della CobbDouglas in forma intensiva), giungeranno entrambe allo stesso tasso di crescita naturale. Tuttavia, l’economia con una più elevata propensione al risparmio (od un più elevato stato delle conoscenze tecnologiche), convergerà su un livello di capitale per addetto più elevato [ (K/L)**] rispetto all’altra. Tale situazione è nota come ipotesi della “convergenza condizionale”. Essa prevede infatti che convergano verso la medesima situazione di crescita (quasi) uniforme solo quei paesi che adottano la stessa tecnologia, che dispongono delle stesse conoscenze tecnologiche e sono soggetti alle stesse condizioni istituzionali. ovvero la stessa propensione al risparmio e stesso tasso di crescita della popolazione lavorativa). s/v yn BL BF (K/L)* (K/L)** K/L 3) Infine, com’è agevole verificare graficamente, a parità di altre condizioni, un’economia con un più elevato tasso di crescita della popolazione lavorativa rispetto ad un'altra, convergerà verso un tasso di crescita naturale più elevato, ma anche verso un livello di capitale per addetto più basso. 3 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 B – La crescita uniforme e le fasi dell’evoluzione del pensiero kaldoriano Prima fase: l’instabilità ciclica Seconda fase: le teorie della crescita uniforme Terza fase: crescita e sviluppo assieme Lo scopo di una teoria dello sviluppo economico è spiegare perché i tassi internazionali di crescita sono diversi La costruzione di una teoria non può prescindere dall’esistenza di regolarità empiriche I contributi che Nicholas Kaldor (1908-1086) ha dedicato ai temi dello sviluppo economico e delle teorie della crescita si possono suddividere in tre grandi categorie, che corrispondono a tre distinte fasi del pensiero di questo autore: a) prima fase. I lavori di Kaldor pubblicati tra il 1938 e il 1957 riguardano essenzialmente il problema dell’instabilità ciclica. A partire dalle idee sviluppate pochi anni prima da Keynes nella sua Teoria Generale, il problema rilevante sembrava essere quello di come mantenere una situazione di piena occupazione una volta che la stessa fosse stata raggiunta; b) seconda fase. Nei lavori pubblicati tra il 1957 ed il 1964, l’attenzione di Kaldor è stata attratta dalle teorie della crescita uniforme. Come ricorda lo stesso Kaldor, in un lavoro pubblicato nel 1986 a pochi mesi dalla sua morte, il dibattito suscitato nel corso degli anni ’50 dalla teoria dinamica di Harrod, aveva indotto molti economisti a ritenere che il problema rilevante fosse quello di trovare una soluzione al cosiddetto “problema di Harrod-Domar”. A tale scopo egli ha elaborato una teoria della crescita uniforme nella quale la propensione al risparmio, e quindi il tasso di crescita del reddito, viene fatto dipendere dalla distribuzione del reddito tra profitti e salari; c) terza fase. Nei lavori pubblicati dopo il 1965, si assiste ad un mutamento radicale nel modo con cui Kaldor affronta i problemi della crescita e dello sviluppo economico. In quest’ultima fase egli abbandona, infatti, l’approccio della crescita equi proporzionale nel tentativo di elaborare una teoria sulle differenze internazionali (e regionali) tra i tassi di crescita, incentrata sull’ipotesi dei rendimenti crescenti e sul diverso ruolo che i settori produttivi assumono nel processo di crescita. Secondo Kaldor, lo scopo che una teoria dello sviluppo economico si deve prefiggere è essenzialmente quello di “comprendere perché alcune società si sviluppino tanto più rapidamente di altre” [Kaldor, Un modello di sviluppo economico, 1957”] e la costruzione di un modello, di per sé necessariamente astratto, non può prescindere dal fare riferimento alla realtà: un’attenta analisi dei dati dovrebbe consentire, infatti, di far emergere l’esistenza di eventuali regolarità empiriche (“fatti stilizzati”, nella terminologia di Kaldor), che non devono essere in contrasto con le ipotesi sulle quali il modello è costruito. 4 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 In un lavoro del 1961, Kaldor ha sottoposto all’attenzione degli economisti sei “fatti stilizzati” che, a suo giudizio, sembravano caratterizzare la crescita delle economie industriali avanzate. Alcuni di essi, i primi cinque, delineano le caratteristiche della crescita uniforme e sono stati successivamente posti alla base della teoria della crescita di Solow del 1970. Il tentativo di conciliare questa teoria con il sesto “fatto stilizzato”, o in ogni caso, il tentativo di fornirne un’adeguata spiegazione, è tuttora al centro del dibattito sulla “convergenza” innescato dalle moderne teorie della crescita. I sei “fatti stilizzati” messi in evidenza da Kaldor nel 1961 sono i seguenti: una crescita continua e regolare sia del reddito che del prodotto per addetto; una crescita continua del grado dell’intensità capitalistica; una relativa costanza del tasso di profitto; una relativa costanza del rapporto capitale/prodotto; una relativa costanza della quota degli investimenti sul reddito; ciò, unitamente ad una correlazione tra quest’ultima e la quota dei profitti sul reddito e ad una relativa costanza nella distribuzione del reddito tra profitti e salari; l’esistenza di sensibili e persistenti differenze tra i tassi di crescita del reddito e del prodotto per addetto. 1) 2) I sei “fatti stilizzati” 3) 4) 5) 6) La soluzione al problema di Harrod-Domar basata sulla distribuzione del reddito La funzione kaldoriana del risparmio: S = swW + sπ Π la quale, qualora le due propensioni al risparmio risultassero uguali e rammentando che W +Π =Y diverrebbe: S = sY Alcuni di questi “fatti stilizzati” sono tra loro collegati (nel senso che se il coefficiente capitale/prodotto è costante anche la quota dei profitti sul reddito lo sarà; se le quote distributive sono costanti, anche il tasso di profitto lo sarà e così via). La soluzione al problema di Harrod e Domar suggerita da Kaldor si basa innanzitutto su una diversa formulazione della tradizionale funzione keynesiana del risparmio. In essa, il risparmio aggregato viene fatto dipendere dalla distribuzione del reddito tra salari (W) e profitti (Π). Questa formulazione include come casi particolari, sia la funzione del risparmio classica (nella quale la propensione al risparmio dei percettori di salario fosse uguale a zero), sia quella utilizzata da Harrod nella sua teoria dinamica (nella quale le propensioni al risparmio dei percettori di reddito fossero uguali tra di loro). 5 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 s = sw W Π Π + sπ = sw + (sπ − sw ) Y Y 1442443 Y quota − del − risparmio sul − reddito I ∆K ∆K ∆Y = = = yICOR = yv 23 Y Y Y ∆Y quota−1 dell'investimento sul−reddito yg = sw 1 Π + (s π − s w ) v v Y Il reddito di equilibrio varia al variare del tasso di profitto yg gg sw/v π s Y Π sw y = w + (sπ − sw ) = + (sπ − sw )π v KY v g La funzione del risparmio così specificata consente di ricavare un’espressione nella quale la quota del risparmio sul reddito viene a dipendere, date le propensioni marginali al risparmio, dalla quota dei profitti sul reddito. Pertanto, secondo Kaldor uno dei due parametri dai quali dipende il tasso di crescita equilibrato (la propensione al risparmio), non andrebbe considerato come una costante, bensì come una variabile (endogena) il cui valore dipenderebbe dalla distribuzione del reddito tra i profitti e i salari. Stando ai fatti stilizzati, la crescita sembrerebbe avvenire poi in maniera (quasi) uniforme. In tal caso, il coefficiente capitale prodotto si manterrà costante (e uguale all’ICOR). Conseguentemente, la quota dell’investimento sul reddito si potrà esprimere come prodotto tra il coefficiente capitale prodotto ed il tasso di crescita del reddito. Uguagliando tra di loro le quote del risparmio e dell’investimento sul reddito si potrà ottenere il tasso di crescita del reddito compatibile l’equilibrio. Pertanto, in condizioni di crescita quasi uniforme, date le propensioni al risparmio dei percettori di reddito, tale tasso verrà a dipendere dalla quota dei profitti sul reddito. Considerato, poi, che moltiplicando il reciproco del coefficiente capitale prodotto per la quota del profitti sul reddito si ottiene il tasso di profitto, il tasso di crescita del reddito che consentirà di mantenere in equilibrio le quote del risparmio e dell’investimento risulterà in funzione del tasso di profitto. Con una propensione al risparmio dei percettori di profitto superiore a quella dei percettori di salario e date le propensioni al risparmio ed il coefficiente capitale prodotto, quest’ultima espressione potrà essere rappresentata graficamente come una retta, crescente all’aumentare del tasso di profitto. Il termine noto sarà dato dal rapporto tra la propensione al risparmio dei percettori di salario ed il coefficiente capitale prodotto, e la pendenza sarà uguale alla differenza tra la propensione al risparmio dei percettori di profitto e quella dei percettori di salario. Rammentando poi che il tasso di crescita potenziale è la somma tra i tassi di crescita del prodotto per addetto e dell’occupazione potenziale; rammentando inoltre che la funzione kaldoriana del progresso tecnico consente di individuare il tasso di crescita del prodotto per addetto che si formerà in condizioni di crescita quasi uniforme, il tasso di crescita del reddito potenziale potrà essere considerato un dato esogeno (una costante). 6 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 g sw y = v + (sπ − s w )π n * y = z + p n y = y La soluzione kaldoriana al problema di Harrod-Domar. Ciò equivale ad individuare, graficamente, il punto in corrispondenza del quale si intersecano la retta che rappresenta il tasso di crescita del reddito compatibile con l’equilibrio e quella che rappresenta il tasso di crescita del reddito potenziale costante. Pertanto, secondo Kaldor nel sistema economico esisterà un solo tasso di profitto (e conseguentemente un’unica distribuzione del reddito), tale per cui l’economia potrà crescere regolarmente al suo tasso di crescita naturale. Il problema che si pone a questo punto è quello di stabilire se nel sistema economico esista o meno un meccanismo di riequilibrio tale da assicurare che il tasso di profitto raggiunga proprio il suo valore ottimale. La risposta a questa domanda è per molti autori negativa. Nel caso particolare in cui la propensione al risparmio dei percettori di salario fosse uguale a zero (vale a dire nel caso classico), quest’ultima relazione verrebbe ad assumere una forma particolare, nota come equazione di Cambridge; essa sta ad indicare quel tasso di profitto che, data la propensione al risparmio dei percettori di profitto, consentirebbe al sistema di crescere al suo tasso massimo (pari cioè al tasso naturale). Infine, nel caso particolarissimo in cui la propensione al risparmio dei percettori di salario fosse zero e quella dei percettori di profitto fosse uguale all’unità (vale a dire nel caso in cui tutto il reddito venisse risparmiato), si avrebbe la cosiddetta regola aurea, ovvero, il massimo tasso di crescita consentito dal processo di accumulazione. y=(sw/v)+(sπ-sw)π n y,y Risolvendo il sistema di equazioni riportato a lato, ottenuto uguagliando tra di loro le espressioni che definiscono, rispettivamente, il tasso di crescita del reddito compatibile con l’equilibrio e il tasso di crescita del reddito potenziale, si otterrà poi quell’unico valore del tasso di profitto (e quindi anche la distribuzione del reddito) che “risolve” il “problema di Harrod-Domar”. yn=z*+l sw/v sπ-sw π (tasso di profitto) π* = 1 n sw y − sπ − s w v yn sπ 1 424 3 π* = equazione− di −Cambridge π1 =y 424 3 * n regola − aurea IN CONCLUSIONE: Secondo Kaldor, il “problema di Harrod-Domar” può trovare soluzione se, anziché considerare la propensione al risparmio una costante, la si consideri come una variabile dipendente dalla distribuzione del reddito. 7 Università degli Studi di Genova Corso di Economia dello sviluppo a.a. 2012-13 Una crescita regolare (uniforme) dell’economia al suo tasso naturale, presuppone quindi che nel sistema economico si formi una “adeguata” distribuzione del reddito tra profitti e salari, vale a dire che il tasso di profitto raggiunga il suo valore “ottimale”. Va in ogni caso sottolineato come lo stesso Kaldor abbia preso le distanze dalle teorie della crescita uniforme, ritenute in seguito del tutto inadeguate ad affrontare lo studio dei problemi dello sviluppo economico. In particolare, in uno dei suoi ultimi scritti, pubblicato lo stesso anno della sua morte (avvenuta nel 1986), Kaldor ha richiamato l’attenzione sui motivi che lo avrebbero indotto ad abbandonare la teoria della crescita uniforme. Tali motivi sono i seguenti: 1. In primo luogo, la carenza del fondamento microeconomico dei meccanismi di formazione dei prezzi nei diversi settori produttivi (di concorrenza in agricoltura e oligopolistico nel settore manifatturiero); 2. Secondariamente, l’assenza di una qualsiasi relazione di scambio tra le diverse economie. Ciò fa attribuire un’eccessiva importanza ai vincoli derivanti dal lato dell’offerta dei fattori produttivi, a scapito di quelli esistenti dal lato della domanda effettiva, con particolare riguardo ai vincoli connessi all’interscambio commerciale; 3. In terzo luogo, i settori produttivi non esercitano sul processo di crescita il medesimo ruolo: in particolare, il settore manifatturiero, caratterizzato dalla presenza di rendimenti di scala crescenti (sia statici che dinamici) assume il ruolo di “motore dello sviluppo”; 4. Infine, manca qualsiasi riferimento a quella che Kaldor considera la caratteristica principale del processo di crescita: la sua natura circolare e cumulativa. E’ a questa caratteristica, infatti, che andrebbe imputata la responsabilità della polarizzazione delle attività economiche nei poli industriali di “successo”. Da sole o in combinazione tra di loro, la maggior parte di queste ipotesi, sono alla base delle moderne teorie della crescita. 8
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