I primi illustratori: Mazzanti, Chiostri e Mussino
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I primi illustratori: Mazzanti, Chiostri e Mussino
I primi illustratori: Mazzanti, Chiostri e Mussino di M. Coppola Il celebre burattino collodiano fa la sua comparsa, per la prima volta, nel luglio 1981, sul primo numero del «Giornale dei Bambini», rivista editoriale interamente dedicata ai bambini. Il giornale, che da subito diviene, un importante centro di aggregazione per gli scrittori del’infanzia, presenta, a pagina 3, la prima puntata de La storia di un burattino.Questi primi capitoli della storia, i primi quindici per l’esattezza, che si concludono quando Pinocchio viene preso dagli assassini e impiccato, non sono illustrati, o meglio vengono pubblicati senza disegni specifici, facendo ricorso più che altro a immagini di repertorio.Almeno per un breve periodo, sembra che la storia si concluda con il capitolo XV, almeno così è esplicitato sul giornale, per poi essere ripresa e conclusa, su pressione, pare, più egli editori che del pubblico, che rimase quasi impassibile. Durante la pausa tra le due parti la redazione può dunque pensare anche all’illustrazione e il 16 febbraio 1882 la pubblicazione continua con il nuovo titolo Le avventure di Pinocchio.I primi disegni, attribuiti a Ugo Fleres, riguardano esclusivamente la seconda parte della storia, a partire dall’impiccagione. Sei disegni in tutto, non originali, in cui si ripetono per lo più immagini di repertorio.Quando Pinocchio esce in volume, nel febbraio 1883, l’incarico di illustrare il libro viene affidato a Enrico Mazzanti, illustratore abituale di libri per bambini, il aveva in passato già collaborato con Collodi. Sua l’immagine, rimasta celebre e insuperata, di Pinocchio con le mani sui fianchi, l’aria spavalda, cappello a punta e gorgiera, con gli altri personaggi sullo sfondo; suo l’unico Pinocchio disegnato quando Collodi era ancora in vita e da lui presumibilmente approvato. Mazzanti illustra in tutto 62 tavole. Qualche critico ha notato che, nonostante la notorietà dell’illustratore, anch’egli pecca d’approssimazione in alcuni momenti, a volte quasi di rozzezza. Dopo accurati studi si è invece inclini a considerare questi “difetti” piuttosto come cifra stilistica di Mazzanti che, legato a una illustrazione favolistica, è meno interessato a descrivere scene di vita quotidiana, sulle quali infatti procede frettolosamente. Questa ipotesi è confermata dal fatto che nella tavola-indice sono esclusi i personaggi umani. Con la collaborazione di: Tverskoy Blv. 11 – Salone Teatrale sul Tverskoy , Mosca – Russia www.gctm.ru Fondazione Internazionale Accademia Arco – Roma – Italia www.fondazionearco.com Si avverte invece maggiore partecipazione nelle tavole in cui può esprimere la sua lettura di Pinocchio nella dimensione che sente più congeniale: Pinocchio è per lui una favola più che una fiaba e, perciò, fonte di ispirazione sono gli animali parlanti di Grandville. Si veda, ad esempio l’intensità descrittiva dell’incontro con il gatto e la volpe o la visita dei tre medici a Pinocchio malato. Irrilevante il paesaggio e il contesto, mentre tutto si fissa sulla caratterizzazione dei personaggi. E’, questo, un elemento in comune con Collodi, il quale fa muovere il suo burattino in un paesaggio che non ha definizione: «i campi»,«la strada»non hanno valore in sé, ma per l’uso che ne fa il protagonista. Uno sfondo che non vuole avere contorni reali, caratteristica che lo rende adattissimo ad essere illustrato. Altri aspetti rilevanti per queste prime illustrazioni sono: la sensibilità di Mazzanti per le atmosfere (non i paesaggi) notturne e/o silenziose, rotte da apparizioni allusive e poco definite per le quali l’illustratore ricorre alla tecnica della silhouette nera, che permette di rimanere descrittivamente vaghi, senza però nulla togliere al senso della tavola. Unica nota negativa è la fata turchina che Mazzanti rende simile ad una allegoria della Primavera senza per risultare convincente. Dopo Mazzanti, affiancato per un periodo da Giuseppe Magni, uscì l’edizione illustrata da Carlo Chiostri, che non rompe del tutto con il suo predecessore. Il mondo di Chiostri, sebbene simile nella forma, è tuttavia diversissimo nella sostanza da quello di Mazzanti. Il primo appunto da fare è che Chiostri appunta ogni elemento con minuzia, il suo è un realismo molto ben dettagliato, e l’ambientazione diventa quella della Toscana granducale. Il realismo di Chiostri, dimesso nelle prime due tavole, in cui si limita a seguire la lezione mazzantiana, esplode nella terza tavola, che descrive l’arresto di Pinocchio. In questa illustrazione il carabiniere è davvero un Reale carabiniere, mentre la folla che assiste si compone di una piccola borghesia rurale fin nei minimi dettagli, perché l’intento di Chiostri è proprio quello di calare l’elemento fantastico nella realtà senza l’effetto straniante. Alla III tavola l’illustratore si diverte a rendere in modo vivido gli ambienti della Toscana rurale cittadina di fine Ottocento. Il secondo appunto sui disegni di Chiostri riguarda invece i personaggi: mentre Mazzanti era interessato al mondo favolistico, Chiostri tenta invece un approfondimento psicologico dei caratteri, da Pinocchio, che sembra più introspettivo del suo predecessore, alla folla per strada. Si può concludere affermando che la particolarità di Chiostri si esprime in tavole estremamente dettagliate, in cui però il realismo è invalidato da un particolare che non dovrebbe esserci e che cattura lo sguardo. Sono il gatto e la volpe compostamente seduti a tavola a mangiare, ma molto più spesso è proprio Pinocchio, più definito del burattino di Mazzanti, alienato dalla realtà che lo circonda, della quale è spesso vittima. Attilio Mussino, terzo celebre illustratore, fa la sua comparsa illustrando una copertina dell’edizione di Chiostri. Da allora avrebbe illustrato Pinocchio per circa 35 anni. E’ databile a questo momento l’abbandono della via grafica di Mazzanti e Chiostri, l’abbandono dell’illustrazione discreta a favore di una più ridondante. Mussino usa pienamente il grande formato per infilare le illustrazioni dentro il testo, per chiosarlo, commentarlo e anche per dire cose che magari il testo non dice. L’illustratore non si limita al disegno di completamento, ma costruisce vere e proprio sequenze che descrivono le azioni, come la nota scena della creazione di Pinocchio. Mussino, con l’edizione del 1911, rompe con la tradizione in modo vistoso anche perché cura la prima edizione interamente a colori. In secondo luogo opera un cambiamento di ambientazione che a molti è apparso come un tradimento: sposta Pinocchio dalla “toscanina” cara a Collodi, alla Torino giolittiana e opulenta. Melania Coppola
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