raffinati gioiellini
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raffinati gioiellini
data da Leon Patillo. È l'album più festaiolo dell'intero catalogo Santana e, un po' come Amigos, tocca aspetti già espressi dal chitarrista: il carnevale brasiliano "cubaneggiante e fusioneggiante" della medley d'apertura (Carnaval, Let The Children Play, Jugando) e di Verao Vermelho (con un bella prestazione solistica alla chitarra classica), l'elegante funky-soul alla Earth Wind & Fire di Give Me Love, con tanto di fiati e una chitarra pulita un po' bensoniana, il soul-gospel-rock della bruttina The River, il funk-rock trascinante di Let The Music Set You Free, con un indemoniato assolo finale di Carlos, l'ormai usuale ballata romantico-chitarristica di Revelations, con la variante di essere in 3/4 (con la batteria che prende un ritmo di bolero), avere una sezione mediana in 4/4, ed esplodere nel finale nell'infuocato duetto con il sint di Coster su di un ritmo in 6/8. C'è un divertente strumentale funky-fusion, Reach Up, sempre influenzato dagli E.W.&F., con i cori che fungono da contrappunti e risposte al tema esposto da Santana e dominato sempre dai duetti con Coster. Ancora aria di festa in Try A Little Harder, dai gustosi interventi al basso dello stesso Santana, e in Maria Caracoles, dove la tradizione cubana è magnificamente rivisitata dai Santana (anche qui è presente una sezione fiati). In definitiva Festival è un disco più compatto, seppur nella sua eterogeneità, di Amigos: un lavoro commerciale ma con il marchio Santana, che, benché non raggiunga alcune vette (Take Me With You) del precedente, si riappropria di una dignità che stava scivolando via. Ciò è confermato dalla paternità delle composizioni: in Amigos Santana aveva scritto solo due pezzi, in Festival ben sette! RAFFINATI GIOIELLINI Sempre nel '76 i Santana registrano Moonflower, composto da brani registrati durante il tour e da nuovi pezzi in studio; questa strana formula, insieme alla scelta dei brani eseguiti dal vivo da inserire nell'album, fu vincente e vendette moltissimo in tutto il mondo. I pezzi dal vivo sono gli hit dei Santana tratti dalla prima trilogia e dagli ultimi due dischi: Soul Sacrifice, Black Magic Woman, Savor/Toussaint L'Overture, Carnaval/Let The Children Play/Jugando, Dance Sister Dance ed Europa. Tutti suonati magnificamente e con uno spirito molto rock-funk, contengono alcune delle migliori prestazioni chitarristiche di Carlos. In particolare quelli tratti dagli ultimi due dischi ricevono un'iniezione d'adrenalina e spontaneità, che migliora notevolmente i pezzi stessi e gli assoli di Carlos. Europa è suonata in maniera sbalorditiva, piena di sfumature timbriche e dinamiche; le frasi della chitarra sono architettate ed eseguite perfettamente; contiene pure qualche virtuosismo (5'23'') e coraggiosi cromatismi (5'10'' e 5'26''). I nuovi brani sono gioiellini, raffinati e suonati benissimo da tutti. Gli strumentali Dawn/Go Within, Zulu, Bahia , Flor D'Luna ed El Morocco possono essere considerati una specie di felice contaminazione tra la canzone, il funk e il jazz-rock, insomma, una specie di fusion personalizzata da Santana; mentre sono vere e proprie canzoni (con qualche peculiarità) I'll Be Waiting, Trascendance e She's Not There. Flor D'Luna, scritto da Coster per cercare di doppiare il successo di Europa, è dominato dalla chitarra quasi pulita di Santana che, con le prime note del tema (quasi pizzicate), ha già marchiato il brano; a proposito di chitarre, c'è da rilevare che in Zulu Santana registra, forse per la prima volta, con una Fender Stratocaster. I'll Be Waiting contiene un lungo e calibrato assolo di chitarra non distorta, con un sorprendente e gustoso arpeggio a 3'41'' di Rem add9 su un accordo di Famagg7, per poi risolvere sulla nota sol foto Pasquale Culiersi proprio quando arriva l'accordo di Mim7. Va sottolineato che Santana ha sempre l'ampli in saturazione: quando vuole un timbro meno distorto abbassa il volume della chitarra, per rialzarlo durante il pezzo se desidera prolungare una nota o ottenere un effetto. L'assolo di Trascendance è impetuoso, veloce e cantabile, nello stile di quello di Promise Of A Fisherman su Borboletta. La axe marzo 2003 25 cover del successo anni '60 degli Zombies She's Not There è un riuscito latin-rock, suggerito da Bill Graham che, come era accaduto per Evil Ways, ci aveva visto lungo. OSTAGGIO DEI DISCOGRAFICI Carlos aveva appena risolto brillantemente il problema del batterista, ingaggiando il bravo Graham Lear (già collaboratore di Gino Vannelli), dalla stupefacente somiglianza fisica con Shrieve; tuttavia, dopo Moonflower, Coster lascia il gruppo e Santana si ritrova senza direttore musicale. In ogni caso andava confezionato un altro disco per l'anno successivo (1978): Inner Secrets. I tempi negli Stati Uniti stavano cambiando in tutti i sensi, anche quello musicale: la moda della disco music e il rock da radio FM stavano dilagando. Il chitarrista, quasi ostaggio della CBS, si piegò alle esigenze commerciali producendo un disco mediocre, con un pezzo (One Chain) chiaramente destinato alla discoteca. Well All Right e Open Invitation invece cercavano di soddisfare la voglia di quel rock semplice ed edulcorato che gruppi come Journey e Toto stavano felicemente portando avanti. Certamente non mancano alcune perle chitarristiche come nel cha-cha-funky-rock di Move On, nella morbida Stormy e nell'immancabile ballata chitarristica Holiday. Solo Spanish Rose e Wham! si distinguono nella modestia del disco. 26 axe marzo 2003 Nel '79 esce Marathon e le cose cambiano appena: si continua con il rock FM, ma si lascia la disco in favore del recupero di qualche matrice latina. Il suono di Carlos è lievemente meno personale e definito del solito, anche a causa di un missaggio che lo pone meno in evidenza. Tuttavia ci sono delle pepite d'oro, come Marathon e Aqua Marine. Marathon è uno di quei pezzi di cui una classificazione stilistica, vista la contaminazione e la sintesi estrema e peculiare, è difficilissima. Anche Aqua Marine, che vede uno straordinario assolo "parlante" di Santana, è una mescolanza di matrici, appena più di maniera. Le canzoni sono tutte gradevoli e il disco è omogeneo e ben realizzato. In questo lavoro non c'è niente di più degli interventi solistici di Carlos, molto calibrati, assolutamente contestuali e sempre superiori alla media. Grinta e pulizia del suonato emergono in tutte le tracce da parte di tutti i musicisti. Tutto sommato non è poco. Fortunatamente Santana doveva a questo punto consegnare alla CBS due lavori cui indubbiamente teneva di più, due album solisti: Oneness e The Swing Of Delight. Era evidentemente riuscito a ottenere un contratto che prevedeva la registrazione di due dischi in libertà: in sostanza i precedenti cinque erano i "finanziatori" degli ultimi due. MR. MELODY MAN Oneness è il primo vero disco solista di Santana, senza partner e senza esplicite influenze esterne; è un'opera personale e intima nella quale il messicano, in un mosaico assolutamente eterogeneo (15 tracce), esprime il suo poliedrico carattere musicale. Il disco si apre con una mini-suite che comprende tre brani registrati dal vivo in Giappone in quartetto con la Devadip Orchestra. È subito evidente il segno inconfondibile di Carlos, anche senza la sua importante sezione di percussioni. I suoni, le strutture e gli interventi solistici, non sono riferibili a nessuna formazione; anche se troviamo tracce di Weather Report, Mahavishnu Orchestra e Return To Forever, è indubbiamente Santana a suonare. Oltretutto è stupefacente l'improvvisazione cui si getta Carlos in Jim Jeannie: il gruppo suona un velocissimo swing (a circa 320 bpm) e il chitarrista si proietta in un'improvvisazione dove i luoghi comuni del jazz-bop non sono presenti, a favore della sua rilettura originalissima, energica e di spessore, con un'imposizione stilistica sulla base musicale che è paragonabile solo a quella realizzata da pochissimi fuoriclasse che suonano abitualmente questo genere di musica. Carlos sembra a suo agio, suonando veloci gruppi di note, fondendole con il suo stile più cantato e rock, infarcendolo di pause, accelerazioni e cromatismi; pure nelle fasi più concitate è sempre lucido ed efficace. Quando giunge il notevole assolo di sint, il chitarrista accompagna con sapienza e sensibilità. Solo questa prestazione dal vivo vale l'acquisto del disco. Invece sono presenti numerosi brani molto interessanti e affascinanti, spesso con assoli del chitarrista che aggiungono connotati importanti al suo repertorio già vastissimo. Merita una citazione a parte Oneness, strumentale dominato dalla chitarra, all'inizio pacata, quasi sussurrata; ma subito dopo comincia a gridare e poi, ancora, a sussurrare: è un fluire musicale così espressivo che sembra teatrale. Un nuovo esempio di come Santana, con pochi elementi musicali (il pezzo è semplice), riesca a rappresentare ed esprimere molti sentimenti sintetizzandoli nel suo ricchissimo idioma. Gli oltre due minuti del suo primo intervento solistico, attingendo a straordinarie risorse espressive, scorrono non facendoci accorgere che il tempo passa. Ci sono anche semplici canzoni con interventi alla chitarra di qualità vocale, nonostante qualche piccola complicanza armonica; in particolare, nell'assolo di Cry Of The Wilderness, Carlos alterna il modo frigio di MI con quello misolidio, eseguendo a volte fraseggi sugli arpeggi di Mi magg e La magg. Considerato che la particolare progressione è tutta con accordi maggiori La-Sol-Fa-Mi, si potrebbe interpretarla in RE magg per i primi due accordi e in LA minore armonico per i restanti; ma Santana la risolve, appunto, a modo suo. Mentre nel solo di Song For Devadip Carlos suona a volte (e sempre al momento giusto) la nota sib quando nella progressione (Do-LamSib-Fa) arriva l'accordo di Sib, dando movi- mento al fraseggio; questo perché l'impianto generale dell'assolo di Santana è costruito sul LA m e non nella più corretta tonalità di FA maggiore (o DO misolidio). Oneness è composto pure da pezzi funk-rock (Life Is Just A Passing Parade), pezzi intimistici suonati dalla sola chitarra classica (Golden Dawn), altri più latino-americani (Free As The Morning Sun), brevi poemi recitati dalla moglie Urmila su una base d'archi scritta da Carlos (I'm Free). Il disco esce nel '79 e sono passati solo dieci anni dal debutto. Santana era un ragazzo pieno di droga, scaraventato sul palco di Woodstock a suonare rock latino: sembra passata un'era geologica considerato quanto ora è diverso l'approccio di Carlos, ma soprattutto la sua musica. Questo è un aspetto piuttosto raro, se si pensa a come vanno le cose da almeno un ventennio a questa parte: molti musicisti, a cavallo della tigre, in dieci anni forse cambiano look, collaboratori e chitarre, ma la musica che suonano è sempre quella, rimanendo incredibilmente sempre cavallo! Negli anni '60-'70 se un gruppo o un solista si ripetevano per più di un disco, erano dichiarati in crisi, con al massimo un'altra possibilità per non essere dimenticati. Nel 1980 esce anche il doppio album, sempre solistico, di Devadip, The Swing Of Delight, tra l'altro uno dei primissimi dischi in assoluto registrati in digitale (è un doppio proprio perché, per far apprezzare la dinamica della nuova tecnica, i solchi sono più distanziati; ndr). L'album presenta moltissimi ospiti celebri del campo jazz: Wayne Shorter, Tony Williams, Herbie Hancock, Ron Carter e Harvey Mason. Ben tre brani sono accreditati al guru di Devadip (Sri Chinmoy), semplici spezzoni salmodiati, sviluppati e arrangiati da Santana (Swapan Tari, Phuler Matan e Jharna Kala). C'è pure un pezzo romantico e molto melodico tratto dalla colonna sonora di un film (Spartacus), già nel repertorio di Bill Evans e Gabor Szabo, con bellissimi assoli; è presente anche un sublime brano di Shorter, piuttosto complesso (Shere Khan The Tiger), e altri quattro scritti da Santana. Sono tutti in stile jazz-fusion, ma conditi dalla latinità, un po' smussata dalla presenza di questi musicisti eccezionali e di Devadip, che riesce, sicuro e credibile anche in escursioni più jazzy, a mantenere quella melodicità, quel calore e quel ritmo che l'hanno sempre contraddistinto. Zawinul ha dichiarato che Santana è il suo chitarrista preferito giacché "sa suonare una melodia e rendere significativa ogni nota"; non a caso tutti questi grandi musicisti chiamavano Carlos Mr. Melody Man! I brani più belli sono (oltre a quello di Shorter) Jharna Kala, festosa e potente, con una prova maiuscola di Graham Lear che a volte ricorda Shrieve; l'elegante Song For My Brother e Gardenia, una morbida sintesi sia nella composizione sia negli interventi di tutti. C'è spazio per un pezzo latin, La Llave, in cui Carlos suona una 12 corde acustica. Insomma il seguito di Oneness è del tutto diverso: non un'eterogenea sommatoria degli stili e influenze che nel corso degli anni il chitarrista ha assorbito, piuttosto un'opera omogenea che riflette la sua sicurezza musicale, dialogando e confrontandosi con dei veri maestri senza voler apparire il McLaughlin della situazione, ma rimanendo se stesso; al medesimo tempo però è pure una dichiarazione d'indipendenza dalla macchina commerciale dei Santana. L'anno seguente (1981) è quello di Zebop, ultimo grande disco della Santana band, malgrado qualche caduta di gusto. DI NUOVO ARRABBIATO È un disco molto rock, teso e aggressivo, a volte furibondo, ma genuino e mai sopra le righe; in particolare la chitarra di Carlos è arrabbiata, con un timbro del tutto diverso: acido, cattivo e molto saturo. Ma è il suonato del chitarrista che sorprende, sembra volersi del tutto differenziare dalle sue esperienze jazz-fusion; qui c'è un'urgenza del tutto diversa, rappresentata da un tocco prepotente e ringhiante che si combina con l'umore e il suonato di tutto il disco. Il potente cha-cha rock di É Papa Re, la "sanremese" Winning, la gradevole canzone blues minore The Sensitive Kind e la struggente Brightest Star hanno in comune degli assoli clamorosi. Ci sono pure tre grandi strumentali: Primera Invasion, Tales Of Kilimanjaro e Hannibal; quest'ultimo pezzo in particolare contiene un nuovo magnifico assolo che unisce grinta e fraseggio, lirismo ed energia, precisione e impeto, organizzazione e pura improvvisazione. In Zebop Santana comincia a usare una nuova chitarra elettrica (dotata di leva vibrato) propostagli dal liutaio Paul Reed Smith. Dopo qualche anno l'adotterà in maniera esclusiva, cambiando attraverso di essa il timbro della sua voce chitarristica. Ma siamo nel 1982 e il nuovo episodio dei Santana si chiama Shangò; è ancora un disco commerciale, ma racchiude qua e là qualcosa (riguardante la chitarra) che vale la pena di rammentare. In Hold On ci sono espressivi interventi di Carlos su un registro molto alto, ma soprattutto dei superbi break in Nowhere To Run a 3'09'' e (specialmente) nello strumentale Warrior a 2'54'', con un intervento di rara bellezza. C'è pure il redivivo Rolie in Nueva York, pezzo strumentale senza infamia e senza lode. Shangò è un disco che risente delle mode, sia per i suoni sia per gli arrangiamenti: gradevole e ruffiano, comunque offre un Santana in gran forma. Carlos si ritaglia una parte intima e personale con un nuovo disco solista pubblicato nel 1983: Havana Moon. È un personale tributo ai suoi eroi, soprattutto adolescenziali, e alla musica messicana, compreso il papà, che suona (violino) e canta in Vereda Tropical. Si apre con Watch Your Step, spettacolare versione di un classico r'n'r-r&b fine anni '50, con i fiati dei Tower Of Power e la sezione di percussioni; gli interventi di Carlos sono tanto contestuali quanto personali e stilisticamente affrancati dai convenzionalismi, terribilmente efficaci. Stesso discorso per lo shuffle-blues Lightnin', dove è presente Jimmie Vaughan, fratello maggiore di S.R.V. Carlos in tutto il disco suona con un'intenzione rock amalgamata con il suo stile personale e maturo, assurto a sua volta a matrice stilistica. Un'altra perla chitarristica si trova in One With You, dove Santana fa un po' di tutto: prima suona nello stile pulito e caldo di George Benson, con arpeggi, ottave e triadi, poi canta e graffia alla sua maniera. La versione originale di Tales Of Kilimanjaro è ancor più seducente di quella pur bella pubblicata in Zebop. La chitarra di Santana è incantevole: ascoltiamolo nella toccante They All Went To Mexico, cantata da axe marzo 2003 27
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