In questo numero - Consiglio Nazionale dei Chimici
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In questo numero FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Spedizione in Abb. postale Art. 2, comma 20/C legge 662/96 - Filiale di Roma 10 6 Editore Consiglio Nazionale dei Chimici 12 3 L’EDITORIALE Le ragioni di una scelta 5 LA VOCE DEL DIRETTORE Per l’Italia dei veleni possiamo fare molto 6 PRIMO PIANO L’Italia nei veleni 8 Il Punto - Un’alleata chiamata chimica Direzione, redazione e amministrazione P.zza S. Bernardo, 106 - 00187 Roma Tel. 06 47883819 - Fax 06 47885904 [email protected] - www.chimici.it Direttore responsabile Armando Zingales Direttore editoriale Antonio Ribezzo Coordinamento redazionale e grafica Segni e Suoni Gli articoli e le note firmate esprimono soltanto l’opinione dell’autore e non impegnano il Consiglio Nazionale dei Chimici né il Comitato di Redazione (CdR). L’accettazione per la stampa dei contributi originali di interesse scientifico e professionale nel campo della chimica è subodinata all’approvazione del CdR, previa revisione di tre Referee, scelti dal CdR tra gli esperti del settore. Quanto pubblicato nel Bollettino raccoglie gli atti ufficiali del Consiglio Nazionale dei Chimici. Stampa Grafica Ripoli s.n.c. 9 ATTUALITÀ Arsenale siriano a Gioia Tauro 10 L’intervista - Traffici tossici. Sanzioni più dure. Nicola Gratteri 12 Attualità2 - Una buona legge, ma non basta 13 LA STORIA Da Seveso alla chimica verde 14 SPAZIO RICERCA Mendeleevskaya: la stazione metro che piace ai chimici 17 L’INTERVENTO Ripartire dalla chimica Concessionaria di Pubblicità AGICOM srl Autorizzazione del tribunale di Roma n. 0032 del 18 gennaio 1990 La quota di iscrizione dei singoli iscritti è comprensiva del costo e delle spese di spedizione della rivista in misura pari al 5% ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA 30 CHI SIAMO Io, un chimico - Con la chimica è tutta un’altra musica 31 Pionieri - Lo scienziato dei due Nobel 19 IL CASO Marghera, Porto di bellezze 33 VOCI DAL TERRITORIO Un premio ai giovani iscritti 20 CHIMICA OGGI Professione e lavoro - Pos dal 30 giugno 34 SPECIALE Un chimico in Vaticano 22 Approfondimenti - Stanislao Cannizzaro scienziato e politico multiforme 38 EVENTI Il ministro Lupi incontra le Professioni Tecniche 24 NORMATIVE Abusivismo nelle professioni, le pene aumentano 39 Congresso Nazionale CNC. Prossima tappa Reggio Calabria 28 TAVOLE SICURE La salsa della salute 42 PIANETA SANITÀ Chimici al servizio del sistema sanitario nazionale Numero chiuso in redazione il 06 - 03 -2014 Contiene IP ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI L’editoriale di RAFFAELERICCIO e ARMANDOZINGALES Le ragioni di una scelta Un accordo di cooperazione tra la Società Chimica Italiana e il Consiglio Nazionale dei Chimici per un’informazione scientifica sempre più completa La Chimica e l’Industria e Il Chimico Italiano giungono oggi congiuntamente a tutti i soci della Società Chimica Italiana ed a tutti gli iscritti agli Ordini dei Chimici. La Chimica e l’Industria adotta in questa occasione anche una nuova veste editoriale. I membri degli organismi direttivi della Società Chimica Italiana e del Consiglio Nazionale dei Chimici sono stati ampiamente informati su tale iniziativa, avendone seguito fin dall’inizio tutte le fasi evolutive, ma ci sembra oggi opportuno fornire un’ampia informazione a tutti gli associati, sottolineando in particolare gli obiettivi futuri che ci proponiamo di raggiungere e che sono alla base di tale scelta. La Chimica e l’Industria è una rivista di scienza e tecnologia e di informazione scientifica per i chimici, con una importante storia pluriennale che si FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI intreccia strettamente con quella della Società Chimica Italiana, di cui essa è anche l’organo ufficiale. Fondata nel 1919 con il nome di Giornale di Chimica industriale e applicata essa assume successivamente l’attuale denominazione e si consolida, caratterizzandosi anche come rilevante rivista di riferimento per l’industria chimica, in un’epoca di grande sviluppo della ricerca e dell’industria chimica nazionale. È questo il periodo a cavallo tra gli anni 50 e 60 in cui si sviluppano gli studi di Giulio Natta presso il Politecnico di Milano, cui faranno seguito un rapido e poderoso sviluppo industriale e la concessione del Premio Nobel per la Chimica. Il Chimico Italiano nasce nel 1990, come Organo Ufficiale del Consiglio Nazionale dei Chimici, con l’obiettivo di essere il principale canale di informazione per i Chimici d’Italia su tematiche tecniche, giuridiche ed economiche di particolare rilievo per la professione. Entrambe le riviste hanno validamente assolto i loro compiti e continuano ad essere importanti strumenti di informazione scientifica e tecnica rivolta ad esperti del settore. È tuttavia necessario chiedersi se sia oggi opportuno, per la SCI e per il CNC, sostenere l’onere di due riviste che parlano di chimica ai chimici. L’impegno economico richiesto per editare e stampare una rivista scientifica e distribuirla ai propri associati è costantemente aumentato nel tempo, mettendo a dura prova gli equilibri di bilancio della SCI, allo stesso modo il CNC ritiene che sia necessario andare “oltre” sia per quanto riguarda i contenuti che nel pubblico destinatario della rivista. D’altro canto la presenza di numerose e prestigiose riviste scientifiche ad ampia diffusione internazionale e nuove iniziative editoriali basate anche su piattaforme on-line, hanno reso sempre meno attraenti le riviste nazionali per la diffusione di articoli scientifici e informativi. È partendo da queste considerazioni che si è sviluppato l’accordo di cooperazione tra la SCI e il CNC finalizzato allo sviluppo di sinergie tra le due riviste, con l’obiettivo di incrementarne la diffusione creando anche le condizioni per una migliore sostenibilità economica. L’accordo prevede di editare congiuntamente le due riviste e di distribuirle, sempre congiuntamente, ad un ampio pubblico di esperti del settore e di persone interessate a comprendere il contributo che la Chimica dà e potrà dare alla qualità della vita, raggiungendo una tiratura che dovrebbe tendere alle 15.000 copie. È opportuno sottolineare che tale accordo non muove solo da motivazioni economiche. L’obiettivo finale qualificante è infatti il passaggio ad una rivista unica che in prospettiva, coinvolgendo anche altre parti interessate, possa candidarsi ad essere la rivista di riferimento, in termini di informazione e divulgazione scientifica, di tutti coloro che in Italia si interessano di Chimica. ILCHIMICOITALIANO La voce del Direttore di ANTONIORIBEZZO Per l’Italia dei veleni possiamo fare molto Fondamentale il supporto della categoria nella gestione e nella prevenzione delle emergenze ambientali e sanitarie Ilva, Terra dei fuochi, Porto Marghera: sono alcuni dei simboli dell’Italia avvelenata dall’incuria, dalla criminalità, dalla rassegnazione. Abbiamo deciso di raccontare tra le pagine della nostra rivista questo pezzo di Paese, ricordato ossessivamente dai media, ma più che mai abbandonato a se stesso. Lo abbiamo fatto non ad onor di cronaca, ma perché sentiamo con convinzione che la nostra categoria può dare un contributo importante in termini di gestione delle emergenze e di prevenzione delle stesse. Non è retorica. I chimici possiedono valide competenze sia in campo ambientale che in campo sanitario. Non chiamarli in causa significa negare un servizio alla collettività. Non vogliamo e non dobbiamo essere autoreferenziali. La nostra rivista è uno strumento di dibattito aperto a tutti. Per questo abbiamo dato spazio al pensiero di altri attori coinvolti nel fenomeno dei “veleni d’Italia”. Con loro vogliamo dialogare per stabilire il contributo che ciascuno può dare alla risoluzione di un problema reale, le cui conseguenze gravano sulle spalle dei cittadini. Si tratta di vicende controverse dove il mancato rispetto delle norme si FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI intreccia con anni e anni di inerzia da parte delle istituzioni. Questo non deve accadere. La recente approvazione del decreto “Terra dei fuochi” dimostra come ci siano validi strumenti che servono non solo a fronteggiare le criticità, ma anche e soprattutto ad evitarle. La mappatura delle aree più a rischio, che tale decreto rende obbligatoria e gli screening di massa ne sono la dimostrazione. Questi ultimi in particolare consentirebbero, con poche risorse, di effettuare controlli mirati su merci e persone, andando ad individuare le dirette conseguenze provocate dai veleni. Li abbiamo più volte chiesti a gran voce. E ora dalle istituzioni arrivano le prime risposte. Nessuna figura professionale è più indicata del chimico per questo genere di interventi. Abbiamo sollecitato il Ministero della Salute e le rispettive commissioni parlamentari, con un’apposita lettera, affinché venga riconosciuto alla chimica e ai chimici il giusto ruolo in questo comparto, che conta ancora un numero troppo ridotto di professionisti appartenenti alla nostra categoria. È una sfida. Il viaggio nell’Italia dei veleni deve aiutarci a capire quant’è importante vincerla. ILCHIMICOITALIANO Primo Piano L’Italia di ANDREAZACCARELLI e GIULIATORBIDONI Ma le contromisure ci sarebbero Emergenza… nell’aria Al gradino più alto del podio dei luoghi più inquinati d’Europa sale la Pianura Padana. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente, infatti, è in questa zona che si ha la concentrazione massima di polveri sottili e sottilissime, senza considerevoli cambiamenti tra il 2002 e il 2011. A questo quadro si aggiungono i risultati dello studio Upupa condotto dal Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza (Leap), centro di ricerca dell’università Politecnica di Milano. Pubblicati a gennaio, i dati denunciano la notevole presenza delle componenti ultrafini: nanoparticelle come solfato e nitrato di ammonio estremamente pericolose per la salute. Azioni condivise come la certificazione dei piccoli impianti a biomassa legnosa o la revisione dei limiti di velocità basteranno? Il Paese appare asfissiato da qualsiasi parte lo si guardi: non si salvano le acque, la terra, l’aria. Eppure non tutto è perduto: se l’antidoto si chiamasse Chimica I fiumi e il Sarno È il corso d’acqua più inquinato d’Europa. Lungo 24 chilometri, bagna oltre 800 mila persone, 39 comuni e 3 province: Avellino, Salerno e Napoli. È il Sarno. Fiume che si è guadagnato il triste primato continentale per gli scarichi dei poli industriali agroalimentari e conciari che lo costeggiano. La riqualificazione, iniziata nel 1973, ad oggi non è ancora conclusa. Intanto, il Rapporto nazionale sui pesticidi nelle acque realizzato dell’Ispra ha rilevato come nel biennio 2009-2010 fosse presente un’alta concentrazione di pesticidi i fiumi e laghi: riscontrati nel 55,1% dei punti analizzati, nel 28,1% dei casi le concentrazioni erano superiori ai limiti. Circa 166 le sostanze trovate, in prevalenza erbicidi e metaboliti. ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI nei veleni La Terra dei Fuochi e veleni sepolti Un trancio di terra tra le province di Napoli e Caserta, noto per le discariche di rifiuti e i 3.500 roghi di scarti tossici e industriali appiccati nel 2012. Secondo Legambiente, in 22 anni, sono stati sversati illegalmente nelle discariche gestite dalla criminalità organizzata 10 milioni di tonnellate di veleni. Quasi 10 mila le vittime secondo il dossier Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute, dal 1995 al 2002. Ricca anche la casistica giudiziaria: 82 inchieste per traffico di rifiuti, 915 ordinanze di custodia cautelare. Ancora. Nel 1997 un pentito pugliese indicava agli inquirenti una vasta area attorno a Casarano (Le): dove erano state interrate grandi quantità di rifiuti, fotografati anche dai rilevamenti aerei di un velivolo del Noe, Nucleo Operativo Ecologico. Ancora. Le banchine del porto di La Spezia contenenti materiale da riporto tossico. Ancora… Non quantificabile. Così appare l’impatto dei veleni in Italia. Troppe le matrici, troppe le vittime. Dispersivi i canali per compiere valutazione definitive. In compenso, sia pur non sempre misurabili nei loro effetti complessivi sulla salute dell’uomo e dell’ambiente, casi ed esempi zampillano ovunque. E spesso finiscono in tribunale, luoghi che più dei laboratori, di recente, raccolgono esiti e dibattiti sull’argomento. Le fonti di inquinamento paiono infinite, un millepiedi tossico. Alla notizia del passaggio della nave che conduce gas siriano stanziando a Gioia Tauro, l’Italia si è sollevata, preoccupata più di questo transito (senza tenere in conto se esistano o meno le professionalità adeguate per le operazioni da eseguire, ed esistono confermano i chimici italiani) che dagli arsenali dissotterrati o sommersi nel mare, eredità virale dell’ultima guerra mondiale: le acque di Molfetta o del Golfo di Napoli lanciano segnali, sapremo interpretarli? Ancora. Si dice Taranto, si pensa al colosso Ilva (ancora tribunali…), ma forse si dimenticano gli altri 56 Sin, i Siti di Interesse Nazionale bollati con il marchio dell’urgenza di bonifica. Talvolta il tempo è perduto: la collina di Pitelli, gigantesca discarica realizzata negli anni ‘70 sul golfo di La Spezia, oggi è un luogo giudicato non più bonificabile. La crisi economica non aiuta, ma nemmeno i criteri di selezione politica: nel 2011 il taglio delle risorse deputate a queste operazioni è stato di 232 milioni di euro (pari al 31,2 per cento del budget totale). Ancora. La battaglia dell’aria la vincono le Pm10: nel 2008 Italia Nostra ha redatto la Carta di Mantova. Inizia così: l’inquinamento in Valle Padana è emergenza nazionale, le concentrazioni di agenti inquinanti superano del triplo il limite di giorni consentiti dalle direttive europee. Seguono proposte. Ascoltate? Di fatto, il Paese è sempre più asfissiato, eppure non mancherebbero le contromisure, affidate alle professionalità scientifiche: è o non è proprio la “buona” chimica uno degli antidoti ai veleni d’Italia? Il rischio fabbrica La nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa. Franklin Delano Roosevelt FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Porto Marghera, il più esteso sito inquinato di Italia, coinvolge due comuni e oltre 270 mila persone. Qui, il boom degli anni ‘60 ha preso le forme di attività industriali per la lavorazione di idrocarburi, inceneritori, centrali a carbone e discariche. Nel 2011, il sito è stato riconosciuto come area di crisi industriale complessa, mentre a giugno è stato approvato il Progetto per la riqualificazione e ricostruzione industriale dell’area. Lo stabilimento Ilva di Taranto copre una superficie di 15.450.000 metri quadrati. Qui, per lo studio Sentieri, i tumori alla pleura eccedono del 350% negli uomini e del 200% nelle donne. Due tasselli di un puzzle purtroppo ben più ampio. ILCHIMICOITALIANO Il punto Un’alleata chiamata chimica di VERONICAFERMANI Tomaso Munari, Vicepresidente CNC, passa in rassegna i veleni del quotidiano: “Le nostre professionalità indispensabili per gestire l’ordinario e prevenire le emergenze” Il Ministero della Salute ha recentemente scelto lo screening sanitario per fronteggiare l’emergenza Terra dei fuochi. Qual è l’apporto effettivo che questo tipo di strumento può dare in una vicenda come quella dell’area campana? È sempre corretto verificare oggettivamente i potenziali effetti sulla salute e sull’ambiente di azioni di questo genere, compiute più o meno legalmente. Dobbiamo ricordare che noi viviamo l’oggi, ma ereditiamo quanto fatto ieri. È importante soprattutto avere informazioni sullo stato generale della salute delle persone per verificare se il problema è circoscritto alla sfera ambientale o se riguarda anche quella sanitaria. Le attività di raccolta informazioni sono fondamentali per defininire l’entità del problema ambientale, evitando, laddove possibile, conseguenze sulla salute. È evidente che, in assenza di dati storici sulla salute e sull’ambiente anteriori a questi eventi, i nuovi dati devono essere raccolti e valutati con serietà e rigore e molto difficilmente potranno essere correlabili univocamente agli sversamenti dei rifiuti. Il rischio, in assenza di dati storici, è che gli stessi dati potrebbero essere utilizzati in maniera strumentale con l’effetto di generare timori ingiustificati nella popolazione, ma in qualche momento con l’acquisizione di questi dati bisogna partire! In questo quadro è importante comprendere che, al di là della valutazione etica e morale di taluni comportamenti, nel passato la normativa ambientale non era così chiara nei divieti, o addirittura era inesistente, e noi non possiamo cadere nell’errore di valutare le azioni, per quanto deplorevoli di allora, con la misura attuale. Faccio un esempio: fino al 1982 l’abbandono di rifiuti esisteva solo in riferimento alle aree pubbliche e pertanto la deposizione di rifiuti in aree non pubbliche era legittima e spesso non era preceduta da alcun atto di valutazione né formale né sostanziale. Fino agli anni ’70 in molte industrie erano presenti, ed erano quasi obbligatori, pozzi perdenti che immettevano gli scarichi di processo nelle acque sotterranee. Si trattava di consuetudini accettate e consolidate se non addirittura prescritte. Le acque e i suoli contaminati di oggi sono quindi, soprattutto, frutto di ciò che ieri è stato la norma. In ogni caso, la raccolta di informazioni sulla contaminazione delle persone e dell’ambiente serve anche ad evitare i troppi errori del passato. ILCHIMICOITALIANO Quali sono ad oggi i veleni più diffusi? Partiamo dal presupposto che il veleno lo fa la dose. Numerosi problemi possono essere dati dai solventi clorurati, utilizzati in passato in maniera copiosa per pulire i tessuti e le superfici metalliche; queste sostanze hanno grosse problematiche ambientali perché sono di lenta biodegradazione e, essendo più pesanti dell’acqua, tendono a discendere in profondità negli acquiferi sotterranei, rendendo sostanzialmente impossibile la loro rimozione forzata. Altro rischio proviene dall’abuso persistente di pesticidi: si tratta di sostanze che oltre ad avere effetti tossici, spesso hanno conseguenze importanti sulla capacità riproduttiva degli animali, ma anche degli esseri umani, tali effetti non sono normalmente evidenti nel singolo individuo ma si palesano col passare delle generazioni e dunque sono estremamente difficili da verificare. Esistono poi rischi legati ai metalli pesanti, o meglio metalli tossici, che possiamo trovare nell’ambiente sia per cause naturali, in quanto i minerali sono distribuiti in maniera disomogenea sulla crosta terrestre, ma anche per gestioni scriteriate di scarti industriali o rifiuti urbani. In relazione ai metalli, il problema del mercurio merita un approfondimento. L’amalgama di mercurio in particolare in passato era molto diffusa: veniva usata dai dentisti, ma anche dagli orafi, il mercurio veniva impiegato massivamente negli impianti cloro-soda per la produzione industriale di acido cloridrico e idrossido di sodio, ma anche come ingrediente per vernici navali antivegetative. Oggi, però, lo troviamo in piccole quantità (pochi milligrammi ognuna) nelle lampade a fluorescenza (quelle a basso consumo per intenderci) e anche queste, se non vengono correttamente avviate a recupero, ma gettate nella spazzatura, contribuiscono alla contaminazione dell’ambiente. Se noi sommiamo tutte le lampade a fluorescenza che non vengono gestite in maniera corretta attraverso un’adeguata raccolta differenziata, il problema assume entità rilevanti: quasi l’80% di queste lampadine immesse sul mercato infatti non viene recuperata e spesso finisce in discarica. Sui rischi da esposizione a queste ed altre cose, c’è poi un esempio che viene dal passato: oggi potremmo dire che i romani erano dei pazzi perché usavano il piombo per addolcire il vino e per fare contenitori per gli alimenti e per le tubazioni. Ma oggi, che sappiamo gli effetti che fa l’assunzione di questo metallo, siamo ancora più pazzi perché continuamo ad avere, in molte case antiche, tubazioni di piombo senza preoccuparci di rimuoverle. Le fonti di esposizione ai contaminanti ambientali sono sicuramente molteplici. Nelle aree di particolare rischio, il monitoraggio è sicuramente una attività importante, ma in assenza di dati storici, dovrebbe essere quantomeno accompagnato da campioni di controllo rappresentativi del “fondo naturale e antropico”, realizzati anche in aree distanti e non interessate dai fatti in questione. Al di là del monitoraggio sulle persone, non sarebbe una cattiva idea cominciare a svolgere monitoraggi dei microinquinanti presenti a monte e a valle degli impianti di depurazione o nei corsi d’acqua o nelle fonti di approvvigionamento idrico. Ad oggi abbiamo una buona, anche se non ancora esauriente, conoscenza scientifica su queste problematiche, ma le norme vigenti sono assolutamente datate. Bisogna cercare di promuovere soluzioni migliori per la gestione, non delle emergenze, ma dell’ordinario perché è con la gestione corretta dell’ordinario che si prevengono le emergenze. Il chimico come figura professionale che contributo può dare? Nostro malgrado il chimico si interessa di tantissime attività perché la materia, il mondo reale, è chimica e si basa su processi chimici; gli stessi processi biologici sono comunque un sottoinsieme, per quanto straordinario, dei processi chimici. Esistono molti chimici che si occupano di problematiche ambientali e sanitarie: la comprensione delle dinamiche dei contaminanti, che siano nei suoli o nelle acque, delle loro trasformazioni e degradazioni, la ripartizione degli stessi nelle varie matrici ambientali acqua, suolo o aria e le interazioni con le altre sostanze presenti nell’ambiente, i processi di bioaccumulo e biodegradazione richiedono competenze chimiche rilevanti e rendono l’attività del chimico fondamentale sia in campo ambientale che sanitario. Questa professione è importantissima per il nostro Paese, ma numericamente sottorappresentata. Questo perché il percorso di studi in chimica è estremamente complesso: bisogna avere una buona conoscenza delle scienze “dure” come la matematica, la fisica ed evidentemente la chimica; ma anche competenze di geologia, idrogeologia per comprendere gli aspetti ambientali e di tossicologia per quelli sanitari. Il chimico ovviamente da solo non può fare tutto, perché i tuttologi non esistono, ma il suo ruolo è imprescindibile per una gestione seria delle problematiche sanitarie e ambientali. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Attualità di GIULIATORBIDONI Arsenale siriano a Gioia Tauro Nel porto calabrese previsto il trasbordo delle armi chimiche provenienti da Damasco. Protesta di cittadini e amministratori locali. Ma esistono le condizioni per fare tutto in sicurezza La guerra civile di Siria esce dai suoi confini e arriva in Italia. In 1.500 container. Tanti ne serviranno, infatti, per trasportare le 560 tonnellate di aprite, gas nervino e agenti chimici impiegati nella fabbricazione di armi che, caricati sulla nave danese Ark Futura, salperanno dal porto di Lakatia, per raggiungere Gioia Tauro. Sostanze e composti chimici che il Presidente Bashar al-Assad, in base agli accordi con le Nazioni Unite, ha acconsentito a consegnare alla comunità internazionale affinché li distrugga entro il 30 giugno. L’arrivo della nave era previsto per metà febbraio. I ritardi accumulati dalle autorità di Damasco nelle operazioni di carico hanno tuttavia causato lo slittamento delle fasi successive di smantellamento dell’arsenale siriano. Tanto che, a fine febbraio, Damasco ha dichiarato di potere fare uscire dal proprio territorio una parte del materiale chimico entro il 13 aprile e un’altra, stoccato in depositi meno accessibili, entro il 27. Ma che cosa dovrebbe accadere in Italia? Al porto calabrese di Gioia Tauro si faranno tutte le delicate operazioni di trasbordo delle armi dalla nave olandese che le ha caricate in Siria, alla nave statunitense Cape Ray, appositamente adibita alle azioni di smaltimento di sostanze chimiche. Una vicenda, questa delle armi chimiche FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI siriane al porto di Gioia Tauro, che ha sollevato dubbi e proteste da parte di amministratori locali e cittadini. Paure eccessive e infondate, secondo il Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici, Armando Zingales, che, intervenendo sulla questione, ha ricordato non solo come “il nostro Paese è perfettamente in grado di gestire il trasbordo”, ma anche la rilevanza internazionale dell’operazione. “Se l’Italia vuole rimanere nella rosa dei Paesi industrializzati e competitivi – ha detto ancora Zingales – deve dimostrare di saper coordinare al meglio situazioni delicate come questa, così da ottenere il giusto prestigio sul piano internazionale. I nostri concittadini devono sapere che non si deve avere paura, ma che bisogna credere di più nelle proprie potenzialità”. Le operazioni di trasbordo, infatti, non solo si inseriscono in un piano delle Nazioni Unite per il disarmo del Presidente siriano Al-Assad che chiama in causa anche il nostro Paese, ma rappresentano un delicato passaggio su cui si concentra l’interesse dei media di tutto il Mondo. Dunque, sono un’opportunità per dimostrare la professionalità e la competenza dei tecnici italiani. “Non si può pensare di crescere e di migliorare se si rifiuta a priori di affrontare qualsiasi questione più o meno delicata – ha detto ancora Zingales – Si tratta di trasferire i contenitori delle sostanze chimiche pericolose da una nave a un’altra. Operazioni di questo genere vengono compiute quotidianamente nei nostri porti e in mille altri luoghi dove personale addestrato sa fronteggiare il pericolo e limitare al massimo i rischi. Come chimici siamo convinti che quella di Gioia Tauro sia un’opportunità con cui dimostrare che nel nostro Paese non abbiamo difficoltà ad affrontare professionalmente problemi tecnici delicati, altrimenti saremo estromessi dall’interno mercato della movimentazione delle merci pericolose”. Intanto, i principali attori del territorio hanno più volte manifestato le proprie preoccupazioni per l’arrivo dell’arsenale chimico siriano. E mentre le rassicurazioni del Presidente della Regione, Scopelliti, cadevano nel vuoto, il coordinatore dei sindaci della Piana, Emanuele Olivieri, ha ribadito il “no, senza se e senza ma” al trasbordo dei veleni. Una presa di posizione che non tiene conto in alcun modo delle competenze professionali di cui l’Italia è certamente ricca. Su questo, arriva con fermezza il monito del Presidente del CNC: “Dobbiamo avere più fiducia nel nostro capitale umano”. ILCHIMICOITALIANO L’intervista intervista di ANNAMARIAGABRIELLI Traffici tossici Sanzioni più dure Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Reggio Calabria, in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, spiega i retroscena di un business che non si arresta Quanto incide, secondo lei, il traffico di rifiuti tossici nel business delle Mafie? I traffici illeciti di rifiuti costituiscono sin dagli anni 80 uno dei principali affari della criminalità organizzata di stampo mafioso che ha ben compreso quali ingenti profitti si potessero ricavare da tali illecite attività. È evidente che le organizzazioni criminali di stampo mafioso trovino una loro naturale capacità di manifestazione e di svolgimento del programma criminoso con riguardo al fenomeno ecologico latamente inteso. Avere un territorio a disposizione è condizione indispensabile per potere commettere in termini criminologicamente rilevanti i reati ambientali. Il reato ambientale, in fondo, nella sua più ampia dimensione, consiste nella capacità di avvelenare un territorio per lo smaltimento di rifiuti di ogni genere e il “territorio” è appannaggio dell’organizzazione mafiosa. Il business dei rifiuti costituisce un’ampia fetta dell’economia mafiosa e la naturale vocazione transnazionale dei reati di traffici illeciti di rifiuti porta inevitabilmente le associazioni criminali mafiose a interloquire con associazioni criminali di altri paesi, sicché il nostro territorio diventa luogo di transito, più spesso di destinazione, di rifiuti tossici di ogni genere. A fronte delle dimensioni dei traffici la risposta repressiva è assolutamente insoddisfacente, e ciò anche a causa di una normativa penale del tutto inadeguata nonostante alcuni recenti interventi normativi che sono, a mio avviso, come spesso accade, interventi spot che tamponano temporaneamente e poco efficacemente contingenti 10 ILCHIMICOITALIANO emergenze, ma lasciano inalterate e insolute le problematiche di fondo. Per tornare alla domanda, il traffico di rifiuti tossici incide in misura rilevante nel business delle Mafie, e costituisce in molti casi anche uno strumento per riciclare il denaro sporco frutto delle attività illecite dell’associazione. Dove e in che settori si sviluppano i maggiori guadagni illeciti? Indubbiamente i maggiori guadagni sono quelli che derivano dallo smaltimento illecito dei rifiuti tossici provenienti dalle attività industriali. Ma in realtà tutti i settori ambientali sono esposti alle infiltrazioni della criminalità mafiosa, dallo smaltimento dei rifiuti urbani, a quello dei rifiuti speciali, dai rifiuti pericolosi a quelli non pericolosi. La criminalità mafiosa è riuscita ad infiltrarsi anche nel campo delle bonifiche dei territori inquinati, lucrando sulle fittizie attività di bonifica, con l’ulteriore aberrante effetto di un’amplificazione ed estensione dell’inquinamento. Altro importante settore in cui le Mafie hanno affermato la propria forza, anche attraverso un sistema di connivenze e complicità con pubblici amministratori, è quello dell’edilizia. Anche in questo campo, gli effetti dannosi per la collettività sono incommensurabili in quanto oltre alla devastazione del territorio vi sono i danni derivanti dalla realizzazione di costruzioni non a norma anche in zone caratterizzate da fragilità dal punto di vista idrogeologico. cioè sono fisicamente di tale imponenza che non possono sfuggire al controllo sociale. Non possono per definizione essere realizzati in modo totalmente occulto. E allora è inevitabile domandarsi perché vi siano poche denunce da parte dei cittadini. Le mafie si comportano sempre con le stesse modalità, e quindi non deve meravigliare questa circostanza, anomala solo laddove si parlasse di organizzazioni criminali non di stampo mafioso. Il traffico illecito di rifiuti avviene o tramite la collusione di pubblici funzionari (sempre frutto di una manifestazione di forza sul territorio) o col controllo del territorio nel senso letterale del termine. L’infiltrazione mafiosa nei traffici di rifiuti è l’ennesima e, forse, più disastrosa conseguenza del forte radicamento dell’organizzazione mafiosa sul territorio. Dico “più disastrosa” perché la potenzialità offensiva degli illeciti ambientali non è preventivabile e, spesso, non si è in grado di quantificare gli effetti dannosi sulla salute delle generazioni presenti e future. Non credo, quindi, che si possa parlare di connivenza delle popolazioni, quanto di soggezione. Le connivenze, o complicità, sono quelle che le organizzazioni mafiose riescono ad stringere con apparati della pubblica amministrazione e finanche con gli organi di controllo. Se c’è qualcuno che chiude gli occhi dolosamente non è certo il comune cittadino. Di che connivenza con la popolazione hanno bisogno questo tipo di reati? I fenomeni afferenti al ciclo del rifiuti sono, per così dire, “macrofatti”, In base alla sua esperienza, quali e quante infiltrazioni con il mondo professionale e gli imprenditori necessitano questo tipo di traffici? FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Il business dei rifiuti coinvolge inevitabilmente diverse figure: appartenenti alla pubblica amministrazione, imprenditori, soggetti deputati ad effettuare attività di controllo e di monitoraggio, tecnici di laboratorio, trasportatori, coloro che gestiscono o dovrebbero gestire la cosa pubblica. Si tratta di un settore in cui devono gravitare diversi personaggi, tutti complici o conniventi, affinché l’intera e complessa filiera delle operazioni necessarie per l’illecito smaltimento dei rifiuti possa funzionare. È inevitabile che siano coinvolti diversi personaggi perché l’attività di smaltimento illecito dei rifiuti deve necessariamente avvenire attraverso il “mascheramento” dei rifiuti medesimi, e cioè attraverso documentazione falsa, corruzioni di pubblici ufficiali, falsificazioni dei certificati di analisi dei rifiuti, disponibilità di mezzi e uomini. Le difficoltà investigative possono nascere proprio dal fatto che è necessario entrare in ambito in cui affari, mala politica e criminalità si FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI intrecciano fra di loro, ma questa è una peculiarità che riguarda tutte le indagini in cui sono coinvolte associazioni criminali di stampo mafioso. Da quando ha iniziato le prime indagini ad oggi, qual è stata l’evoluzione del business negli ultimi 20 anni? Di sicuro negli ultimi 20 anni il traffico illecito dei rifiuti si è incrementato in modo esponenziale di pari passo con un processo di globalizzazione che ha, per così dire, creato un mercato unico dello smaltimento illecito dei rifiuti, mercato che evidentemente continua ad essere appannaggio principale delle organizzazioni criminali che si connotano per la loro capacità di controllare in modo capillare il territorio. I reati ambientali, al pari di altre tipologie di reati, quali il traffico di stupefacenti, il traffico di esseri umani, il riciclaggio, sono reati a vocazione tipicamente transnazionale, il che significa che spesso gli organi investigativi si trovano di fronte alla necessità di superare i confini nazionali e instaurare collegamenti di indagine con l’autorità giudiziaria straniera e con la polizia giudiziaria di diversi paesi. L’attribuzione della competenza alle Procure distrettuali Antimafia per il reato di traffico illecito di rifiuti è il segno del recepimento da parte del legislatore della naturale tendenza di tale tipologia di illecito a superare i confini regionali e nazionali, e della necessità per gli investigatori di potere usufruire degli strumenti di indagine più incisivi di cui sono dotate le Procure Distrettuali Antimafia. Sono però ancora molte le lacune normative e sarebbe necessario mettere mano in modo organico alla normativa sulla tutela penale dell’ambiente, rielaborando le fattispecie di reato in modo da non lasciare spazi di offensività non puniti adeguatamente, prevedendo sanzioni molto più dure dotate di una reale efficacia specialpreventiva e generalpreventiva. È una riforma, a mio avviso, non più rinviabile. ILCHIMICOITALIANO 11 Attualità2 di SERGIOSINIGAGLIA Una buona legge, ma non basta È stato recentemente approvato il decreto riguardante la “Terra dei fuochi”. Giudizio positivo da parte dei chimici. Ma è necessario cambiare la cultura del Paese. Altrimenti i provvedimenti si possono rivelare insufficienti L’auspicio è che, come spesso purtroppo non accade, all’approvazione di un provvedimento che cerca di dare risposte ad un problema drammatico, segua un’attuazione coerente ed efficiente. Ci riferiamo al decreto sulla “Terra dei fuochi” approvato da alcune settimane. Si compone di nove articoli. E si occupa anche della questione Ilva. Per quanto riguarda le vicende campane, i punti principali sono i seguenti: l’introduzione del reato di combustione dei rifiuti, strumento che si ripromette di contrastare i roghi, spinta ulteriore sulle bonifiche (anche con il Fondo unico giustizia, creato apposta con le risorse provenienti dalla confisca di beni e guadagni illeciti delle criminalità), il conferimento di poteri speciali al prefetto di Napoli, l’istituzione al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno di un gruppo 12 ILCHIMICOITALIANO per il monitoraggio, la mappatura dei terreni inquinati (distinzione con quelli “no food”), l’uso dell’esercito per il presidio del territorio, screening sanitario gratuito per Campania e Puglia (50 milioni, 25 a testa per il 2014 e il 2015) con il contributo dell’Istituto superiore di sanità, l’implementazione dello studio “Sentieri” sui siti inquinati, una maggiore trasparenza per i cittadini e l’aiuto alla filiera agricola. I chimici, attraverso la voce del Presidente, Armando Zingales, hanno valutato positivamente il decreto, considerandolo un “passo in avanti in quella che deve essere una delle priorità del Paese, ovvero la bonifica del territorio”. Infatti, è noto come in Italia ampie zone della penisola siano state sottoposte a scelte irresponsabili, le quali, in nome anche di facili guadagni, hanno messo gravemente a repentaglio la salute dei cittadini. Dunque ben venga una legge che dà un importante contributo alla lotta contro l’avvelenamento dei nostri territori e delle colture per difendere la salute di tutti noi, e che tutela le nostre tipicità. E i chimici sono pronti, come sempre, a fare la loro parte. Ma sarà anche fondamentale non avere una visione emergenziale del fenomeno, dotandosi di politiche che puntino sulla prevenzione con controlli quotidiani. Un monitoraggio costante che impedisca le degenerazioni viste in Campania. Per tutto questo serve una salto di qualità nella cultura del Paese. La repressione del fenomeno e la stessa prevenzione possono rivelarsi insufficienti se non si progredisce dal punto di vista civico. E qui i decreti servono a poco. È la nostra forma mentis che deve cambiare. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI La storia di SERGIOSINIGAGLIA Da Seveso alla chimica verde chimica Nel collegio che 38 anni fa effettuò le analisi dopo la fuoriuscita della nube tossica, erano presenti 4 professionisti appartenenti alla categoria. Il ricordo di Sergio Facchetti. Oggi l’industria si dimostra più attenta alla sostenibilità ambientale Era il luglio del 1976, nonostante ormai fossero lontani i tempi del boom economico, l’Italia era già entrata nel pieno delle vacanze. Il 6 maggio un terremoto aveva devastato il Friuli. Il 20 giugno le elezioni politiche avevano sancito il duopolio DC – PCI. Sabato 10 luglio alle 12.37 gli abitanti di un piccolo comune lombardo, Seveso, videro levarsi nel cielo una nube tossica sprigionata dallo stabilimento della società Icmesa, presente nel territorio di Meda, confinante con la loro cittadina. Il sistema di controllo di un reattore chimico destinato alla produzione di triclorofenolo andò in avaria e la temperatura oltrepassò i limiti previsti. L’apertura delle valvole di sicurezza evitò fortunatamente l’esplosione del reattore, ma l’alto calore portò alla formazione di diossina. La nube, a causa del vento, prese la direzione sud e colpì anche i comuni di Cesano Maderno e Desio, ma fu Seveso a subire le conseguenze più pesanti. Nell’immediato non si registrarono vittime, ma furono decine le persone colpite dalla nube tossica e le conseguenze sulla salute delle persone si sono protratte nel tempo. Migliaia i capi di bestiame abbattuti. Uno studio pubblicato nel 2008 ha evidenziato come a più di trent’anni dal disastro gli effetti su un campione FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI ampio della popolazione siano ancora considerevoli. Per quanto riguarda l’aumento dei tumori ci sono pareri contrastanti. Infatti, dopo le paure iniziali, la ricerca ha verificato come le morti per cancro sono rimaste costanti nel tempo, anche se comitati civici locali contestano i dati ufficiali. All’interno del collegio dei sei periti nominato dall’Autorità Inquirente del tribunale di Monza erano presenti quattro chimici. Ricorda Sergio Facchetti, oggi membro del CNC: “Le analisi effettuate sul materiale residuo del reattore, sede dell’esplosione, hanno permesso di definire il meccanismo della reazione fuggitiva e l’identificazione delle sostanze tossiche prodotte. La successiva messa a punto di tecniche analitiche di elevata sensibilità e specificità, comprensive dell’abbinamento della gas-cromatografia a colonne capillari in alta risoluzione accoppiata alla spettrometria di massa in alta risoluzione (HRGC-HRMS), ha consentito una estesa e accurata mappatura ambientale (suoli e vegetali) della presenza di 2,3,7,8tetraclorodibenzodiossina (diossina) a livello di milionesimi di milionesimi di milligrammo, la comprensione dei meccanismi di assorbimento della diossina da parte di diverse specie vegetali e gli studi di distribuzione della diossina negli animali e nell’uomo a seguito dell’avvenuta esposizione alla nube tossica di Seveso, con evidenziazione dei diversi comportamenti bio-metabolici”. Un contributo fondamentale che per Facchetti “ha costituito la base per un significativo avanzamento nell’approccio metodologico relativo alla gestione dei grandi eventi di contaminazione ambientale e nella comprensione del destino della diossina negli organismi vegetali e animali, uomo compreso”. A distanza di tanto tempo possiamo dire che la vicenda di Seveso esplicitò il problema dell’inquinamento industriale e la necessità di avviare politiche in grado di garantire sviluppo economico e tutela ambientale. Allora il concetto di sostenibilità era pressoché sconosciuto, ma negli anni ottanta, lentamente, cominciò ad entrare nel linguaggio comune. Oggi la sensibilità ambientale è quanto mai diffusa anche nel mondo industriale. La “chimica verde” è una realtà a dimostrazione di come l’innovazione tecnologica e quella imprenditoriale siano una garanzia per la salute di tutti. Una speranza in più per il nostro futuro. 13 ILCHIMICOITALIANO Spazio Ricerca di ADRIANOFRANCESCANGELI Mendeleevskaya: la stazione metro che piace ai chimici RIASSUNTO: Oggi la Russia primeggia nelle cronache di tutti i mass media per il recupero del suo peso politico e militare ma anche per l’azione di censura esercitata dai suoi amministratori. Tuttavia ci sono ambiti in cui l’Italia ha molto da imparare dalla Russia; tra questi c’è il campo della cultura. In Russia la cultura scientifica non è posta in secondo piano rispetto a quella umanistica. Succede così spostandosi nelle viscere di Mosca in metro ci si possa imbattere nella Stazione dedicata a Pushkin così come in quella dedicata a Mendeleev e la sua Tavola. Parole chiave: Stazione, Metropolitana, Mendeleev ABSTRACT: Nowadays our mass-media focus on Russia’s attempts to regain political and military status, as well as on the restrictions and censorship applied by the government. Nonetheless, there are areas in which Italy has much to learn from Russia, including the field of culture. In Russia the culture of science does not take second place to the culture of the humanities. In fact, even travelling on the Metro, deep in the heart of Moscow, one passes from a station celebrating Pushkin to another honouring Mendeleev and his Periodic Table. Key words: Station, Metro, Mendeleev 14 ILCHIMICOITALIANO Qualche anno fa fu pubblicato un libro dal titolo “Metro 2033” che descriveva il possibile scenario del pianeta dopo una guerra nucleare; il libro racconta le vicende di un gruppo di esseri umani sopravvissuti alle radiazioni proprio perché rifugiatisi nella profonda Metropolitana di Mosca. In ordine di tempo, “Metro 2033” è solo uno degli ultimi omaggi resi alla Metropolitana Moscovita che, assumendo le sembianze di una piovra, si snoda nel ventre di Mosca custodendone una parte importante della sua anima. Tra storie e leggende, la Metropolitana Moscovita custodisce anche primati di carattere storico, numerico ed artistico, al punto che alcune stazioni vengono ritenute autentici musei in cui sovente si celebrano i miti della nazione. In Russia a differenza dell’Italia la separazione tra cultura umanistica e scientifica è molto meno marcata, e così ecco che la Metropolitana di Mosca oltre a celebrare Pushkin e Dostoevskij non si dimentica del suo chimico più famoso e con lui della Chimica. Aperta nel 1988 e situata lungo la linea grigia Altuf’evo-Annino, la stazione Mendeleevskaya porta il nome del famoso chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev vissuto tra il 1834 ed il 1907. La sua biografia ce lo consegna come un russo figlio del suo tempo, ma anche come un autentico scienziato dotato di grande curiosità ed intuizione. Mendeleev ha il merito di aver creato la tavola periodica degli elementi la cui importanza nella chimica è pari a quella dell’alfabeto per una lingua, e quale sia l’importanza di questa lingua rifulge dal fatto che a sua volta la Chimica è un pilastro portante per molte discipline scientifiche classiche FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Fig.2 Fig. 1 FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI (biologia, agraria, farmacia, etc…) e per le discipline moderne ed innovative quali le nanotecnologie. Il Nostro pose al centro della chimica i singoli elementi con le loro caratteristiche in peso, le loro proprietà elettroniche e si rese conto del ripetersi periodico delle peculiarità degli elementi. Le sue investigazioni furono così accurate che intuì l’esistenza di elementi chimici che ancora non erano stati scoperti e ne previde le peculiarità, ad esempio Scandio [Sc], Germanio [Ge], Gallio [Ga] e Renio [Rn]. La stazione Metro Mendeleevskaya omaggia il Nostro non solo portandone il nome, ma anche con le decorazioni. I lampadari della stazione (fig.1) hanno per motivo le strutture molecolari di cui gli atomi sono i costituenti. Inoltre, una parete della stazione (fig.2) presenta una scultura raffigurante Mendeleev attorniato dai suoi elementi e, disposti in maniera simmetrica, due molecole di benzene, simbolo della chimica organica e di quella petrolifera cui pure Mendeleev diede importanti contributi in termini di insegnamento, ma anche di investigazioni. Ad esempio, egli scrisse il primo libro russo di chimica organica[1] e diede importanti contributi per lo studio dei giacimenti petroliferi del Caucaso. Un’altra parete della stazione presenta una scultura raffigurante numerose forme geometriche; nell’intenzione dell’artista, probabilmente, una maniera per esaltare il ruolo degli atomi nella composizione della materia. Mendeleev fu un grande chimico non solo per le sue intuizioni ed il suo approccio sperimentale, ma anche perché fu un convinto sostenitore del ruolo della didattica nella società e dei convegni e degli scambi internazionali come necessario momento di apertura mentale per uno scienziato. Dalla biografia di Mendeleev[1-2] emerge anche un grande uomo di stato che non si prestò al semplice ruolo di servile consulente tecnico come molti suoi colleghi, ma che al contrario fu fautore di una scienza utile per la risoluzione delle reali problematiche economiche del Paese non sottraendosi al diretto contatto con la gente, di qui la scelta di affrontare i lunghi viaggi in treno in terza classe proprio per ascoltarne le problematiche; le sue scelte spesso lo costrinsero allo scontro coi poteri forti della Russia al punto da renderlo uno scienziato rivoluzionario a 360°! Mendeleev non è stato insignito del Premio Nobel, ma il suo posto nella storia è gratificato oltre che da numerosi francobolli emessi da vari Stati, anche dalla dedica di un elemento della Tavola Periodica: il Mendelevio il cui simbolo è [Md]. L’invito per tutti gli appassionati di Scienza è di includere questa stazione metro tra le proprie tappe di un tour a Mosca ed anche a scoprire la biografia di questo grande scienziato. BIBLIOGRAFIA [1] Michael D. Gordin - “A wellordered thing: Dimitrii Mendeleev and the scado of the periodic table” - Basic Books 2004 [2] http://www.minerva. unito.it/Storia/Mendeleev/ NebbiaMendeleev.htm 15 ILCHIMICOITALIANO 16 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI L’intervento intervista di ANDREAZACCARELLI Attrarre investimenti europei Intervista ad Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea. “Se l’Italia vuole avviare un percorso di reindustrializzazione, e rafforzare la sua competitività, deve migliorare la sua capacità d’innovazione” (Continua dal numero precedente) Rispetto ai fondi in arrivo per la ricerca, che cosa può fare l’Italia per ridurre le distanze con gli altri Paesi europei? Se l’Europa nel suo complesso perde terreno, l’Italia, 42esima nella classifica sulla competitività del World Economic Forum, è in una situazione ancora più difficile. Il nostro Paese è promosso solo su 7 dei 30 indicatori del nostro rapporto di competitività. Ad esempio, la produttività del lavoro si ferma a 48 contro i 67 della Germania; solo il 30% del PIL è legato all’export rispetto al 50% tedesco; l’innovazione è a 5 su 10, 2 punti in meno dei paesi scandinavi; l’elettricità costa il doppio che in Francia; la qualità delle infrastrutture è sotto la media europea; solo 3 Paesi fanno peggio di noi per favorire il business; e siamo ultimi per i tempi di pagamento degli enti pubblici. Se l’Italia vuole avviare un percorso di reindustrializzazione, indispensabile per creare nuova occupazione e rafforzare la sua competitività, deve migliorare la sua capacità d’innovazione. Questo non significa solo investire di più, ma anche e, soprattutto, investire meglio e in maniera efficace, con vere priorità, in dialogo con le imprese ed evitando sprechi e duplicazioni. In termini di sfruttamento delle risorse europee, quale contributo possono dare le professioni scientifiche, come quella dei chimici, per la ripresa economica del Paese? La chimica ha dimostrato di essere FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI un settore solido, capace di resistere ai contraccolpi della crisi. Nel corso dell’ultimo anno, le industrie chimiche europee hanno generato il 20% della produzione mondiale, dando un’occupazione di qualità a oltre 1 milione di addetti. Tuttavia, sebbene l’Europa rimanga un produttore di punta, la Cina ci ha raggiunti e superati, portando la sua quota di mercato al 27%. È prioritario creare e favorire le migliori condizioni affinché l’UE continui ad attrarre investimenti nella chimica, in particolare con un quadro normativo più semplice, efficiente e prevedibile. È importante tenere conto delle dimensioni medie delle nostre aziende. Salvo pochi grandi gruppi, il tessuto manifatturiero e imprenditoriale europeo è, infatti, composto da un universo di PMI, di cui molte sono micro-imprese. Il 90% delle nostre aziende conta meno di 10 dipendenti. Nel settore chimico questa percentuale 17 ILCHIMICOITALIANO sale al 96%. In generale, appena il 13% delle PMI europee esporta nei mercati internazionali; e solo il 26% nel mercato interno. Di conseguenza è altrettanto essenziale promuovere l’internazionalizzazione, clusters innovativi e ridurre la burocrazia. Il settore chimico è industrializzato al di sopra della media del settore manifatturiero. L’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti può costituire un’occasione importante di crescita per le nostre esportazioni. In linea con questo approccio nell’applicazione del regolamento Reach, da marzo di quest’anno, le PMI possono beneficiare di riduzioni che vanno dal 35% al 95% sugli oneri di registrazioni, e dal 25% al 90% sulle autorizzazioni. Per non scoraggiare gli investimenti, la nostra normativa deve essere più semplice, più stabile, quindi considerare 18 ILCHIMICOITALIANO sistematicamente gli effetti cumulativi. Di fronte a concorrenti che beneficiano di prezzi più bassi per l’energia e, inoltre, di un accesso diretto alle materie prime, la nostra industria deve giocare maggiormente la carta dell’innovazione, che da sempre è l’anima della chimica europea. Ad esempio, il segmento biologico oggi ha un fatturato di circa 50 miliardi e, secondo recenti stime, rappresenta già 120mila posti di lavoro diretti e 340mila complessivi. Ma la chimica sostenibile europea, per imporsi, ha bisogno di essere parte integrante di una chimica forte e competitiva. Per questo la Commissione sostiene progetti di Ricerca e Sviluppo, nell’ambito di Horizon 2020, per tecnologie più pulite e efficienti sotto il profilo delle risorse e dell’energia. A questo proposito, il 6 Dicembre scorso abbiamo tenuto alla Sapienza di Roma la prima tappa dei Raw Materials University Days, rivolti proprio allo sviluppo dei “mestieri del futuro”, legati strettamente alla politica di riciclo, riuso e sostituzione di materie prime dove la chimica gioca un ruolo essenziale. I numeri parlano chiaro. In un Paese, come l’Italia, dove la disoccupazione giovanile ha raggiunto la soglia del 40%, gli investimenti nel settore delle materie prime possono creare migliaia di nuovi posti di lavoro qualificati. Sempre nell’ambito del mio impegno costante verso interventi di formazione dei giovani, nel giugno del 2011 ho proposto un nuovo programma per laureati nel campo delle politiche chimiche. Con questa iniziativa i giovani laureati o studenti universitari che si trovano alla fine dei loro studi possono acquisire un’esperienza di come lavora l’ECHA, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che gestisce gli aspetti pratici del regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals). L’abilità e l’esperienza dei giovani laureati contribuiscono a raggiungere gli obiettivi di REACH in tema di sostanze chimiche più sicure in tutta Europa. Con questo programma abbiamo voluto sviluppare una situazione vantaggiosa per entrambe le parti in cui gli studenti possono acquisire un’esperienza pratica di alto livello aiutando nel contempo l’ECHA a formare un serbatoio di personale motivato e qualificato da cui attingere in futuro. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Il caso intervista di VERONICAFERMANI Marghera, Porto di bellezze Intervista ad Alessandro Benassi, responsabile Direzione tutela ambiente della regione Veneto: “Una nuova chimica per il rilancio del territorio” Porto Marghera, specchio di Venezia: un’area controversa che nei bilanci regionali significa un passato di storica produttività, ma nell’immaginario collettivo è inquinamento e pericolo. Il nuovo piano di rilancio deve conciliare questa doppia anima come spiega Alessandro Benassi responsabile Direzione tutela ambiente Regione Veneto. Porto Marghera, un’area strategica per l’economia regionale e per quella nazionale. Quanto può dare ancora il sito in termini di sviluppo? A livello storico è finita l’epoca della Marghera vero polo chimico nazionale: esso è stato il volano del cambiamento economico del Veneto e del nord Italia. Da Porto Marghera dipendevano i poli di Ravenna, Ferrara e Mantova. La visione unitaria e integrata del sistema chimico italiano è andata progressivamente perduta e il ruolo strategico del sito veneto è venuto meno. Esisteva ed esiste tutt’oggi una problematica ambientale. A livello locale infatti il polo ha portato problemi “temporali” di inquinamento atmosferico e altri problemi persistenti che vanno oltre l’evoluzione produttiva, quali l’inquinamento del suolo e dei sedimenti. La sfida da affrontare oggi è doppia: produttiva, e quindi occupazionale, in grado non solo di avere un basso impatto sull’ambiente, ma anche di recuperare quello che la produzione ha lasciato come scomoda eredità. È in atto quindi una riqualificazione del polo. In che termini? Come Regione abbiamo una sezione apposita per la riqualificazione del FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI sito di Porto Marghera. Da un lato stiamo procedendo con l’attività di bonifica, sia per quanto riguarda il suolo che le zone lagunari situate in prossimità degli stabilimenti. Anche grazie ai monitoraggi dell’Arpa, non abbassiamo la guardia. I sistemi di sorveglianza attiva e passiva sono attivi 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno. Come insegna la storia, sono le fasi transitorie quelle più pericolose. Siamo in una fase critica di deflusso industriale che deve essere monitorata. A livello di rilancio si sta andando in due direzioni: sviluppo dei servizi e logistica. Venezia deve essere la porta di accesso al nord Italia per consentire l’integrazione con l’altra grande fabbrica locale che è il turismo. Siamo la regione italiana con il maggior numero di turisti: le Dolomiti, il mare, le città d’arte. Abbiamo un tessuto produttivo di piccola e media impresa forte. Una situazione variegata in cui Marghera può avere un ruolo chiave a livello infrastrutturale. Per la produzione del polo sono state programmate soluzioni che siano rispettose dell’ambiente. Dunque un progetto che chiama in causa il lato verde della chimica? Il Veneto è storicamente un’area che ha grandi competenze in campo chimico. Si tratta di un settore che in questo territorio è sempre stato all’avanguardia. Adesso la sfida è quella di creare una nuova chimica, rivedendo anche il ruolo dei professionisti. Il Chimico non deve più essere colui che firma semplicemente un rapporto di prova, ma colui che invece certifica il processo, uscendo dalla porta del laboratorio e vedendo sul territorio il campione che ha ricevuto. È un chimico che prende in mano alcuni aspetti gestionali. Non è più possibile agire in maniera settoriale. È necessario allargare gli orizzonti, assumersi responsabilità diverse. Il chimico è l’unico che in questo caso conosce il processo e che in una visione generale del contesto può fare delle scelte. Come vede la Porto Marghera del futuro? Non bisogna avere fretta e bisogna essere molto chiari nella comunicazione. Non si può pretendere che il cambiamento sia repentino. È necessario puntare ad una logistica e ad una produzione rispettose dell’ambiente che siano adeguatamente combinate all’industria turistica. Di fronte a Venezia non può esserci un polo inquinante, ma serve un polo che si integri con il contesto della città. È una sfida unica e affascinante. La Porto Marghera del futuro deve essere una porta logistica e produttiva integrata con l’industria turistica. Deve essere bella. 19 ILCHIMICOITALIANO Professione e Lavoro a cura della REDAZIONE Pos dal 30 giugno Professionisti e imprese saranno tenuti ad accettare i pagamenti mediante bancomat dal prossimo 30 giugno. Il provvedimento è arrivato con la conversione in legge del decreto Milleproporghe: poco meno di sei mesi dunque per consentire agli studi di dotarsi del Pos. Restano le criticità, anche a livello formale visto che la nuova legge va ad impattare sul decreto interministeriale in materia di “disposizioni sui pagamenti elettronici” emanato lo scorso 24 gennaio che non tiene conto del differimento al 30 giugno dell’obbligo di accettazione del Pos. Tante le perplessità tra i professionisti: “Il provvedimento” spiega Armando Zingales, Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici “prende in considerazione il fatturato onnicomprensivo, senza distinguere il lavoro svolto da un professionista per un’eventuale multinazionale e Convertito in legge il decreto Milleproroghe che fissa l’obbligo di pagamento con bancomat negli studi professionali quello fatto per un privato qualsiasi. Le diverse tipologie di utente finale, quindi non vengono considerate. Questo è a dir poco ridicolo. Inoltre, non ha alcun senso prevedere questa tipologia di pagamento anche per coloro che hanno un fatturato caratterizzato per la quasi totalità da versamenti a mezzo bonifico. Si tratta di un costo aggiuntivo, inutile da sostenere”. Alla luce di questo, il Presidente Zingales ha avanzato una richiesta da cui non si può prescindere: “Se vogliono che i professionisti si dotino del Pos, è necessario che venga imposto alle banche l’annullamento di qualsiasi commissione. Altrimenti a guadagnare sarà solo la finanza, mentre a perderne saranno tutte le professioni”. Riscossione contributo 2014 Il presente avviso, pubblicato sul bollettino ufficiale del Consiglio Nazionale dei Chimici e sul sito www.chimici.it, costituisce notifica agli iscritti a sensi di legge Il Consiglio Nazionale ha avviato le procedure per la riscossione del contributo dovuto dagli iscritti. In questi giorni perverrà a ciascun iscritto l’avviso di riscossione, con scadenza 14 aprile 2014. L’importo da versare per il 2014 è di 75,00 Euro, comprensivo di diritti di segreteria e rimborsi spese di esazione. Per i pagamenti effettuati dopo il 14 aprile 2014 è dovuta, in aggiunta, la sanzione per ritardato pagamento, pari a 10,00 Euro. L’importo effettivo da versare entro il 14 aprile 2014 è quello riportato sul MAV. Se l’importo è diverso da 75,00 Euro, significa che risultano versamenti parziali a Suo credito o quote pregresse e sanzioni da recuperare, non iscritte a ruolo. Il pagamento può essere 20 ILCHIMICOITALIANO effettuato con le seguenti modalità: 1. Presentazione del MAV presso qualsiasi Banca, per il pagamento senza commissioni a carico dell’iscritto. 2. Pagamento on-line del MAV mediante il servizio Telematico della propria Banca, senza commissioni a carico dell’iscritto. 3. Pagamento presso gli uffici postali, come per un normale bollettino di conto corrente (soggetto a commissione) 4. Pagamento on-line attraverso il sito www.scrignopagofacile.it, mediante carta di credito (VISA o Mastercard), Paypal o, per i clienti della Banca Popolare di Sondrio, con il Sistema Scrigno internet banking. Per evitare i disguidi accaduti in passato per la mancata apposizione della causale del versamento (e, quindi, mancata attribuzione del versamento all’iscritto), consigliamo di attenersi esclusivamente alle modalità di pagamento sopra esposte. Per informazioni sul tributo è possibile rivolgersi al Consiglio Nazionale dei Chimici: responsabile del procedimento è la signora Bruna Peri, Capo Ufficio Segreteria del Consiglio Nazionale dei Chimici. Informiamo che il Consiglio Nazionale dei Chimici ha consegnato ad Equitalia i ruoli esattoriali per la riscossione coattiva di tutti i contributi pregressi che non risultano pagati, maggiorati di sanzioni e spese. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI a cura della REDAZIONE Una cassa per pochi Secondo la bozza del decreto ministeriale, la Cigd non coprirà i professionisti. Il Presidente Zingales: “Chi lo ha scritto non ha la minima idea della realtà del mercato italiano” Cassa integrazione, ma non per tutti. Se sei dipendente di uno studio professionale, resti tagliato fuori. E in Italia, secondo le stime, i lavoratori interessati da questo provvedimento sarebbero circa un milione. Lo schema di decreto ministeriale in materia di ammortizzatori in deroga attualmente in itinere, infatti, non prevede la copertura per le categorie professionali. E questo ha sollevato non poche polemiche nei giorni passati. Come spiega il Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici, Armando Zingales, “lo schema del decreto ministeriale sugli ammortizzatori in deroga in itinere, non prevedendo la copertura per i dipendenti degli studi professionali, determina un pericoloso ed ingiusto distinguo. Siamo alle solite: i professionisti ed i loro dipendenti sono equiparati alle imprese quando fa comodo alle componenti politiche e alle lobby a loro contigue, mentre non lo sono quando si tratta di adottare provvedimenti equi nel settore degli ammortizzatori sociali”. Insieme ai chimici, hanno alzato la voce anche i membri di altre categorie: avvocati, commercialisti, medici, dentisti, architetti, ingegneri. Lavoratori appartenenti ad ordini che, insieme alle rappresentanze sindacali dei loro collaboratori e dipendenti, hanno manifestato in piazza Montecitorio, a Roma, lo scorso 4 febbraio. La situazione resta sempre piuttosto critica per le categorie e lascia spazio a riflessioni amare da parte del Presidente dei Chimici Italiani: “Il messaggio è chiaro e spiacevole, noi professionisti e i nostri dipendenti siamo meno degni di tutela per il FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Governo che, da un lato, sostiene le banche elargendo milioni di euro presi anche dalle tasche dei professionisti con l’obbligo del Pos anche per chi ha come clienti solo aziende che pagano a mezzo bonifico, dall’altro ci nega la Cig in deroga escludendo decine di migliaia di lavoratori”. Alla base del provvedimento, secondo il leader del Cnc, c’è l’assoluta incapacità di interpretare uno specifico contesto perché chi ha redatto il testo “non ha la minima idea di quale sia la realtà del mercato del lavoro professionale in Italia”. Un segnale di apertura alle necessità delle categorie arriva dalle commissioni, che si sono espresse a favore di correzioni. Nello specifico la commissione Lavoro alla Camera e quella al Senato hanno chiesto, in queste settimane, di riconoscere anche agli studi professionali la Cig in deroga. Un ammortizzatore sociale che nel 2013 ha interessato 8.092 persone per un totale di 2,5 milioni di ore autorizzate. Correzioni importanti e doverose per non fare credere che nel nostro Paese ci siano lavoratori di serie A e altri di serie B. 21 ILCHIMICOITALIANO Approfondimenti di BENITOLEOCI Stanislao Cannizzaro scienziato e politico multiforme Padre della misurazione dei pesi atomici, fondatore di laboratori di igiene e sanità pubblica, docente illuminato di chimica e senatore, non aveva neanche una laurea. La sua vita è un punto di riferimento oggi dimenticato dal sistema formativo italiano La prima volta che incontrai Cannizzaro fu durante la preparazione per l’esame di Chimica Generale I. Fra i libri consigliati allora all’Università di Cagliari vi era il Bruni, la cui prima edizione era del 1921. Nella 10° edizione del 1957, da me utilizzata, alle pagine 34-35 viene illustrata la cosiddetta “Regola di Cannizzaro”, il sistema da seguire per determinare il peso atomico degli elementi. Regola che lo stesso Cannizzaro illustra in un suo scritto del 1858 dal titolo “Sunto di un corso di filosofia chimica”, che ripete a Karlsruhe due anni dopo, durante un congresso di chimici europei organizzato da Kekulè. Cannizzaro viene ricordato anche a proposito di “dismutazioni” o “ossido-riduzioni”, cioè la reazione fra l’aldeide benzoica e l’idrossido di potassio, nota come «reazione di Cannizzaro». Il secondo incontro con Cannizzaro fu nel 1966 a San Pietroburgo dove, al Museo di Mendeleev, su una tovaglia, insieme alle tantissime firme apposte dai visitatori dello scienziato, trovai quella di Cannizzaro, unico Italiano. Negli anni ’30 del 19° secolo, nel settore della chimica-fisica, allora indistinguibili, nessuno sapeva come configurare molecole ed atomi, pesi 22 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI atomici e pesi equivalenti. È facile quindi comprendere perché Kekulè, nel 1859, propone a Weltzien di organizzare un incontro fra i chimici europei per discutere di vari problemi. Piria riceve l’invito da Wurtz e coinvolge anche Cannizzaro. Viene invitato anche Malaguti. La discussione inizia sulla nozione di molecola e atomo e sono invitati a prendere la parola Kekulè e Cannizzaro. Kekulè insiste sulla sua idea dell’esistenza dei due tipi di molecole. Cannizzaro la respinge: esistono solo le molecole chimiche ed espone il suo sistema di misurazione dei pesi atomici come derivazione della legge di Avogadro. La distinzione fra molecole ed atomi appare ora chiara alla maggioranza dei presenti. Nato a Palermo nel 1826, al Reale collegio-convitto “Carolino Calasanzio” Cannizzaro confessa di non aver avuto nessun insegnamento di scienze naturali. Frequenta quindi i corsi universitari di medicina e i corsi di letteratura e matematica, ma non consegue alcuna laurea. Nel 1845 si ferma a Napoli per seguire un “Congresso degli scienziati italiani” e qui conosce Melloni e Piria, già professore all’Università di Pisa, che gli offre il posto di preparatore straordinario nel Laboratorio di chimica dell’Università di Pisa. Nel 1847, tornato in Sicilia, si fa coinvolgere dagli avvenimenti politici. Condannato a morte, fugge a Marsiglia. Grazie a Piria prende servizio in un laboratorio di chimica a Parigi. Negli anni successivi Cannizzaro si sposta ad Alessandria (1851-1855) e Genova (1855-1861) come professore di chimica. Nel 1870 è fra i fondatori della “Gazzetta Chimica Italiana”. Nel 1871 è professore di chimica all’Università di Roma e viene nominato Senatore per meriti scientifici. I suoi suggerimenti in tema di sanità pubblica vengono accolti nella legge del 1888 di Francesco Crispi (in vigore fino al 1978). Cannizzaro propone l’istituzione di un “Laboratorio Centrale” presso la Direzione della Sanità pubblica del Ministero dell’Interno, affiancato da una rete di “Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi” dipendenti dalle Prefetture. Il Laboratorio Centrale si trasformerà nel 1932 in Istituto di Sanità Pubblica e poi in Istituto Superiore di Sanità. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI È tra gli artefici della fondazione dei Laboratori Chimici dei Tabacchi e delle Gabelle. Fin qui il Cannizzaro chimicopatriota-politico. Ora gli aspetti del Cannizzaro-professore-scienziato. Primo, è del tutto improbabile rilevare errori o sviste nella sua opera scientifica. Un altro aspetto è il suo amore per l’insegnamento. Nel suo “Sunto” afferma: “Per condurre i miei allievi al medesimo convincimento che io ho, gli ho voluto porre sulla medesima strada per la quale io sono giunto, cioè per l’esame storico delle teorie chimiche”. Concetti non sempre applicati nelle nostre scuole ed è l’ultimo aspetto da sottolineare. Ci riferiamo all’attuale situazione in cui versano le Università italiane, soggette da più di 50 anni allo smantellamento. Se Cannizzaro si fosse presentato ad un concorso odierno per ottenere un giudizio di idoneità non sarebbe stato nemmeno ammesso, non potendo superare le folli “mediane” previste: non ha scritto quasi nulla in lingua inglese, non ha scritto nulla con altri autori, le riviste in cui ha pubblicato non rientrano negli elenchi predisposti e nessun valore avrebbe avuto il lavoro più importante svolto, rappresentato dal “Sunto” sottoforma di volume. Se si conoscesse un minimo di storia della scienza si appurerebbe che la maggior parte delle scoperte importanti non è stata mai valutata positivamente al momento della pubblicazione. Si può amaramente concludere che se fossero state ascoltate e applicate le intuizioni di Cannizzaro in tema di insegnamento e si fosse continuato ad applicare i sistemi di assunzione di allora, probabilmente il sistema universitario italiano si sarebbe salvato dall’azione dei riformisti succedutisi dal dopoguerra in poi. 23 ILCHIMICOITALIANO Normative » a cura della REDAZIONE Abusivismo nelle professioni, le pene aumentano Prevista la reclusione fino a due anni e introdotte norme specifiche per i finti medici “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a due anni”. Così recita il disegno di legge 471 (Ddl Marinello) approvato in Parlamento, che prevede l’inasprimento delle pene e delle sanzioni per l’esercizio abusivo delle professioni. Forte del via libera del Senato, il decreto prevede l’entità delle nuove pene e, in particolare, la possibilità di innalzare quelle attualmente stabilite dal codice penale, generalmente considerate un deterrente irrisorio e inefficace. Al centro del dibattito vi è soprattutto l’abusivo esercizio delle professioni mediche e odontoiatriche, considerato particolarmente grave in quanto destinato a incidere sulla salute 24 ILCHIMICOITALIANO dei cittadini. Tuttavia il provvedimento, andando a modificare pene e sanzioni previste dall’articolo 348 del c.p., ha portata generale e riguarderà tutte le professioni per le quali lo Stato richiede particolari requisiti. Il ddl prevede, inoltre, anche l’introduzione di una specifica norma penale contro i falsi medici, proprio al fine di rendere ancora più pesanti le pene per chi si macchia di questo reato. In passato, per l’esercizio abusivo di professioni regolamentate era prevista la reclusione fino a sei mesi, considerata inefficace anche perché eludibile con il pagamento di una sanzione pecuniaria irrisoria (da 103 a 516 euro) rispetto agli introiti che il falso professionista poteva ricavare dall’attività abusiva. Nel provvedimento approvato, invece, è previsto un innalzamento della pena detentiva a due anni, con l’aggiunta della sanzione pecuniaria elevata anche fino a cento volte quella attuale (da 10.329 ai 51.646 euro), in aggiunta alla confisca del materiale e degli strumenti utilizzati per le attività svolte abusivamente. Nessun intervento chiarificatore è previsto, invece, per delimitare la portata dell’art. 348 c.p., che riguarda genericamente le professioni per le quali è richiesta una speciale abilitazione dello Stato e l’iscrizione in appositi albi o elenchi, norma più volte lasciata all’interpretazione della giurisprudenza. Il provvedimento sull’inasprimento delle pene per l’abusivismo professionale è attualmente all’esame della Camera. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Chimica e difesa civica: insieme per l’ambiente Da Padova arriva l’input a unire l’alta professionalità teorica e tecnica dei membri dell’Ordine alle necessità degli ombudsman italiani impegnati nella tutela dei territori di NAUSICAAORLANDI e PAOLODESTEFANI Lunedì 25 novembre 2013 ha avuto luogo a Padova, presso Palazzo Bo’, l’incontro pubblico “Diritti, Ambiente, Beni Comuni: quale ruolo per la difesa civica?”, promosso dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova, dall’Ufficio del Difensore civico della Regione del Veneto, dal Coordinamento Nazionale dei Difensori civici delle Regioni e delle Province Autonome e dall’Istituto italiano dell’Ombudsman. Il seminario è stato organizzato con lo scopo di indagare i problemi etici, sociali e giuridici legati alle politiche ambientali, prendendo in esame la normativa internazionale, nazionale e regionale esistente in materia di protezione del territorio e sicurezza ambientale e riflettendo sul ruolo degli FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI organismi pubblici e privati. Le relazioni e i contributi hanno affrontato, dunque, le problematiche giuridiche e sociologiche connesse alla gestione di politiche, come quelle ambientali, che incidono in modo decisivo sulla qualità della vita delle persone. L’incontro ha evidenziato il ruolo delle istituzioni pubbliche e delle professioni coinvolte nella gestione e nella tutela del territorio e ha dato spazio anche all’associazionismo della società civile che ha svolto negli anni un ruolo decisivo per la progressiva diffusione della sensibilità eco-ambientale. Il Difensore Civico è un’autorità indipendente a tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione. L’art. 1 delle legge regionale 28/1998, che istituisce questa figura in Veneto, recita: “Il difensore civico svolge la sua attività al servizio dei cittadini in piena libertà e indipendenza e non è sottoposto ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale […] interviene nei casi di disfunzioni o di abusi della pubblica amministrazione nonché a tutela di interessi diffusi”. In tutti gli interventi particolare attenzione è stata posta sul ruolo attuale e potenziale dei Difensori civici nel promuovere la tutela ambientale. La loro azione può manifestarsi in varie forme: promuovendo e sostenendo il monitoraggio sui fattori di rischio, esigendo la trasparenza nelle procedure amministrative, facilitando la partecipazione dei cittadini e delle loro espressioni collettive. L’incontro si è posto pertanto come un’occasione 25 ILCHIMICOITALIANO Normative » per esplorare gli spazi di azione, collaborazione e di partecipazione che possono rendere effettivo il diritto all’ambiente. L’Ordine Interprovinciale dei Chimici del Veneto, in qualità di ente pubblico, ha pertanto accolto positivamente la richiesta di contributo come relatore in quanto parte attiva in aspetti ambientali per la tipologia di attività svolte dai Professionisti Chimici. L’incontro è senza dubbio un punto di partenza importante per una viva collaborazione con i Difensori Civici a livello Nazionale su tematiche ambientali. Le relazioni hanno esplorato le sfide che questo tipo di azione fa emergere a livello sociale e nel rapporto con le istituzioni. Si sono evidenziate le drammatiche conseguenze della gestione carente da parte dell’autorità politica dei rischi ambientali, derivante anche da una colpevole superficialità di molti cittadini e operatori economici per quanto concerne la protezione dell’ecosistema. È stata anche messa in evidenza la situazione problematica che si è creata nella normativa italiana con la riforma costituzionale del 2001, che ha apparentemente “declassato” l’ambiente da valore di rilevanza co- 26 ILCHIMICOITALIANO stituzionale a “bene materiale complesso”, sottratto peraltro alla competenza legislativa regionale. Una sessione dell’incontro è stata dedicata alle comunicazioni dei rappresentanti di enti e organizzazioni della società civile attive nella tutela dell’ambiente. Tra gli interventi anche quello della Dott.ssa Nausicaa Orlandi, Presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici del Veneto, che ha messo in evidenza l’importanza decisiva delle competenze professionali e scientifiche dei chimici per qualunque azione si intenda intraprendere sulle tematiche ambientali, auspicando una sempre più collaborazione tra l’Ordine, enti e associazioni. Ha illustrato la necessità di avviare un percorso virtuoso verso la Green Economy e la Green Chemistry basato su pratiche e principi impegnativi, quali una corretta progettazione abbinata a risparmio e conservazione delle risorse naturali, attraverso riciclo e riuso, in linea con gli obiettivi del Programma Europeo ‘Horizon 2020’. Ha messo in luce, inoltre, come le competenze professionali dei chimici possano essere utili anche nell’ambito del recupero del patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico e ha, infine, posto l’attenzione sull’importanza dell’informazione e dell’educazione ambientale per tutti i cittadini. Di concerto con i Difensori civici regionali presenti in sala si ritiene importante una collaborazione tra gli uffici di difesa civica sul territorio e l’Ordine dei Chimici che, tramite i propri professionisti iscritti, può offrire un supporto tecnico ai Difensori civici impegnati su tematiche ambientali. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Fotosintesi “La scienza è il grande antidoto al veleno dell’entusiasmo e della superstizione” Adam Smith La ricchezza delle nazioni, 1776 FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI 27 ILCHIMICOITALIANO Tavole sicure a cura della REDAZIONE La salsa della salute Secondo una ricerca dell’Università di Barcellona, il sugo di pomodoro aiuta a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e di tumori. La carta vincente arriva dai suoi 40 diversi tipi di polifenoli Gustoso e sano: ecco a voi il sugo di pomodoro. Ampiamente utilizzata nella cucina dei paesi bagnati dal Mediterraneo, la famosa salsa è stato eletta regina dei piatti salubri da una ricerca spagnola pubblicata sulla rivista Food Chemistry. A darle il vantaggio necessario su altri ingredienti e cibi per raggiungere il primato, sono stati i suoi quaranta tipi diversi di polifenoli, che aiutano a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, e i suoi numerosi carotenoidi che proteggono l’organismo dai tumori. La notizia arriva da Barcellona dove i ricercatori dell’Università hanno analizzato, attraverso l’esame della spettrometria di massa, dieci tipi di salsa di pomodoro in vendita sugli scaffali dei supermercati. In tutti gli esempi sono stati trovati circa quaranta polifenoli, carotenoidi come licopene e vitamina C. Composti molto utili all’organismo umano, secondo la coordinatrice della ricerca Rosa Maria 28 ILCHIMICOITALIANO Lamuela, per la riduzione dei tumori e delle malattie cardiovascolari. Sebbene in spagnolo sia chiamato “soffritto”, il termine non deve trarre in inganno: il sugo di cui parlano i ricercatori iberici, infatti, è il sugo a base di cipolla, aglio, olio e pomodoro e non quello che noi italiani chiamiamo ‘soffritto’. La dottoressa Lamuela, infine, ha specificato anche che i benefici del sugo sono superiori a quelli derivanti dal consumo dei suoi singoli ingredienti: il pomodoro è quello che ha antiossidanti in maggior quantità, ma, sebbene anche cipolla e aglio ne abbiano in discrete dosi, è la combinazione dei vari elementi a fare la differenza e a garantire un effetto sinergico tra le varie componenti che si traduce in un maggior numero di polifenoli dispobili. Una miscela ‘eplosiva’, per un cocktail finale saporito e, soprattutto, amico della salute. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Frode all’olio d’oliva “Il suicidio dell’extravergine. L’adulterazione dell’olio d’oliva italiano”. Così, con 15 vignette satiriche ma nemmeno troppo, il New York Times ha denunciato una frode alimentare in piena regola: ad essere incriminato pubblicamente, l’olio d’oliva italiano, dichiarato colpevole di promuovere il falso made in Italy. Un duro colpo per “l’oro liquido”, tra i prodotti di maggior prestigio per l’export del Paese. L’accusa è quella di massicce importazioni da Spagna, Grecia, Tunisia e Marocco: olio poi manipolato, miscelato e reimbottigliato in modo fraudolento. Mischiato con olio italiano. Corretto per lo più con betacarotene (per mascherare il sapore) e clorofilla (per modificarne il colore). Venduto con etichetta “extravergine made in Italy”. Una truffa bella e buona alla quale ricorrono prevalentemente aziende di grandi dimensioni che hanno in mano il mercato di fascia Il New York Times denuncia l’alterazione e la contraffazione dell’export proveniente dall’Italia. Una truffa che danneggia i produttori onesti medio-bassa. In alcuni casi si tratta di multinazionali straniere che hanno acquistato marchi italiani. Ma nella stessa fascia ci sono imprese di media portata che detengono marchi storici e molto noti del comparto. Il duro attacco mosso dal quotidiano americano è certamente esasperato, ma denuncia una realtà effettivamente esistente. L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio dopo la Spagna, ma è anche il principale importatore. A fronte dei 354 milioni di litri d’olio d’oliva esportati, ne vengono importati 445 milioni. È dietro questo doppio record che si annidano non poche Le vignette di Nicholas Blechmen pubblicate sul New York Times che denunciano la presunta frode dell’olio d’oliva made in Italy FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI ombre di cui la principale deriva è un’attività criminale che minaccia i produttori onesti, creando diffidenza nei confronti di un settore, fiore all’occhiello dell’economia del Paese. Coldiretti lancia l’allarme, spiegando come sia indispensabile denunciare i responsabili per tutelare il settore. Nel 2013 è stata approvata la Legge Salva Olio, per proteggere il Made In Italy dalle frodi e per valorizzare i prodotti genuini. Ancora oggi, però, la legge non verrebbe applicata a dovere, non tanto per l’inerzia della pubblica amministrazione, quanto piuttosto per l’azione delle potenti lobby industriali. 29 ILCHIMICOITALIANO Io, un chimico di NICOLINADIGESUALDO Con la chimica è tutta un’altra musica Gianluigi De Gennaro, ricercatore presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari, ci racconta come si è avvicinato a questa materia e i lavori in campo ambientale portati avanti fino ad oggi Da dove nasce la sua passione per la chimica? Nasce in relazione alla mia passione per la musica, durante il liceo. Può sembrare strano, ma in realtà esiste un’importante rapporto tra le scienze matematiche e fisiche e la musica, una sorta di legame magico che collega la fisica e la meccanica quantistica, le scienze matematiche e la tavola periodica della chimica. Tra l’altro la chimica è sempre vista come una materia molto ostica e se ne dà un’immagine di cui è difficile innamorarsi. Per cui o si hanno altre motivazioni - come ad esempio è stata la mia - o è difficile avvicinarsi a questo settore. Perché da chimico si è impegnato sui temi della sostenibilità ecologica? Sicuramente per una pulsione etica. Dall’inizio volevo fare qualcosa che potesse servire alle comunità e ai territori per migliorare la qualità della vita e il soddisfacimento dei bisogni. Quindi l’obbiettivo è stato quello di non fare qualcosa esclusivamente di teorico, seppure lo studio e la ricerca restino comunque molto importanti. Volevo lasciare un segno che fosse tangibile, un contributo concreto alla mia terra. 30 ILCHIMICOITALIANO Ci parli un po’ dei progetti che con l’Università state realizzando nell’ambito dell’inquinamento ambientale... Noi abbiamo portato avanti diversi progetti, che riguardano fondamentalmente la qualità dell’aria. Alcuni sono legati al controllo delle emissioni industriali, altri alla conoscenza delle emissioni transfrontaliere (come il caso del SIMPA, Sistema Integrato per il Monitoraggio del Particolato Atmosferico), altri ancora alle emissioni odorigene e alla loro determinazione oggettiva. Poi abbiamo fatto anche dei lavori interessanti sull’inquinamento “indoor”: conoscere i fattori inquinanti degli ambienti domestici diventa infatti sempre più importante per preservare la nostra salute. Che contributo può dare questo progetto alla rilevazione dei livelli di inquinamento nelle zone problematiche (pensiamo ad esempio a Taranto)? L’Arpa Puglia (l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente) ha deciso di convenzionarsi con i nostri laboratori e di assegnare a noi la direzione di un’unità semplice che si occupasse di studiare con maggiore profondità l’aria di quei territori. Questo riconoscimento, soprattutto in quanto proviente dal territorio in cui viviamo, ci riempie di orgoglio. Lo scorso anno lei e una sua collega siete stati intervistati da Striscia la Notizia. Quale criticità avevate denunciato? Abbiamo denunciato l’emissione di sostanze tossiche proveniente da articoli provenienti dalla Cina. L’importatore non aveva eseguito nessun controllo circa questi materiali – nello specifico si trattava di borse termiche – e, visto il loro largo utilizzo, potevano rappresentare un notevole rischio per la salute. Nello specifico abbiamo rilevato all’interno di queste borse elevate concentrazioni di naftalene, sostanza che probabilmente veniva utilizzata dal produttore per proteggere l’articolo, laddove invece dovrebbe essere utilizzata come antitarme, anche se ormai da anni non viene più utilizzata nel nostro continente. La figura del chimico in che modo può rappresentare una sorta di sentinella sociale e civile nelle evoluzioni della società attuale, in particolare contro le emergenze? In questi anni mi sto impegnando anche nella comunicazione scientifica. C’è sicuramente una cultura della chimica FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI che va implementata. Purtroppo sappiamo pochissimo di quello a cui ci esponiamo, non solo in termini di impatto industriale, ma mi riferisco anche alla quotidianità. Tra l’altro anche nelle imprese manca la cultura della chimica: ci propinano prodotti e articoli di cui gli stessi produttori conoscono poco, sia in termini di contenuto che di impatto. Dal punto di vista normativo abbiamo avuto il regolamento Reach, che obbliga le imprese che fabbricano e importano sostanze chimiche a valutare i rischi derivanti dal loro uso ed a prendere le misure necessarie per gestire qualsiasi rischio venga individuato. Il ruolo del chimico, invece, è soprattutto quello di non stare zitto. In questi anni abbiamo avuto grossi problemi legati a grandi catastrofi ambientali, perché una buona parte della comunità scientifica non è intervenuta. Pionieri di NICOLINADIGESUALDO Lo scienziato dei due Nobel Linus Carl Pauling ha ottenuto il prezioso riconoscimento sia nel campo della chimica che in quello della pace Considerato uno tra i più brillanti ed influenti chimici del XX secolo, Linus Carl Pauling è ricordato per il suo attivismo politico e il suo impegno pacifista. Dopo la Seconda Guerra Mondiale divenne, infatti, un fervente attivista per la pace, aderendo nel 1946 all’Emergency Committee of Atomic Scientists diretto da Albert Einstein, nonostante in precedenza avesse lavorato per la realizzazione di progetti riguardanti applicazioni militari come esplosivi, combustibili per razzi e munizioni rinforzate. Proprio per la sua attività in questo campo, nel 1962 fu FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI vincitore del Premio Nobel per la pace. Inserito tra i venti scienziati più celebri del ventesimo secolo dalla rivista inglese “New Scientist”, dopo essersi laureato con il massimo dei voti in Ingegneria Chimica, Linus Pauling conseguì il dottorato di ricerca in chimica fisica e fisica matematica, ottenendo la lode, nel 1925. Considerato il padre del legame chimico e uno dei padri di una medicina non convenzionale (denominata medicina ortomolecolare), nell’ultima parte degli anni ‘20 iniziò a svolgere delle ricerche sulla natura dei legami chimici che lo hanno condotto alla pubblicazione nel 1939 del suo famoso libro intitolato “The Nature of The Chemical Bond”. Inoltre, verso la metà degli anni ‘30, Pauling decise di affrontare l’interazione fra chimica e biologia concentrandosi sulla struttura dell’emoglobina, dimostrando come la molecola di emoglobina cambia struttura quando acquisisce o perde un atomo di ossigeno. Il Premio Nobel per la Chimica che Pauling ricevette nel 1954 fu un riconoscimento “per la sua ricerca riguardo alla natura dei legami chimici e alle ricerche per la comprensione della struttura di sostanze complesse”. 31 ILCHIMICOITALIANO 32 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI Voci dal territorio di FRANCESCOCHIARAVALLE Un premio ai giovani iscritti Un contributo per incentivare la formazione e l’inserimento dei neo-laureati in settori professionali specialistici: questa l’iniziativa che viene dall’Ordine dei Chimici dell’Emilia Romagna Il 22 Novembre del 2013, nella splendida cornice di Palazzo Malvezzi a Bologna, alla presenza delle autorità intervenute, docenti universitari, esperti del settore e studenti è stata consegnata una Borsa di studio alla Dottoressa Matteucci Silvia, giovane iscritta all’Ordine Interprovinciale dei chimici dell’Emilia-Romagna. Il contributo erogato ha come finalità quella di incentivare, in maniera concreta, la formazione e l’inserimento di giovani chimici in ambiti professionali molto specialistici, come quello del chimico forense. Il Consiglio Direttivo dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’Emilia-Romagna ha individuato nel Master Universitario di II livello in Analisi chimica e chimico-tossicologiche forensi, proposto dalla facoltà di Farmacia dell’Università di Bologna e gestito dalla Fondazione Alma Mater con il Patrocinio della Società Chimica Italiana, quelle peculiarità che concorrono alla formazione del Chimico Forense. Nel settore forense si richiede spesso una individuazione inequivocabile delle cause che hanno generato un fenomeno penalmente rilevante; ciò può essere fatto a pieno titolo dal chimico, il quale è attrezzato a individuare e a riconoscere la presenza di eventuali sostanze collegate in qualche modo all’evento. Per fare questo è necessario che il chimico abbia vaste competenze all’avanguardia del sapere chimico e che sia in grado di affrontare autonomamente tutte le problematiche più frequenti riguardanti il lavoro del chimico forense in consulenze tecniche e perizie. Le attività formative proposte dal Master, strutturate come corsi postuniversitari, con una parte importante della didattica finalizzata all’attività di laboratorio, concorrono alla formazione del professionista il quale sarà in grado di affrontare autonomamente tutte le problematiche più frequenti riguardanti il lavoro del chimico forense in consulenze tecniche e perizie. Al termine della formazione, il Chimico acquisirà un profilo professionale, assolutamente unico nel panorama italiano, che ne farà figura necessaria e molto richiesta nelle procedure giuridiche e altamente spendibile sul mercato. Il professionista Chimico così formato si interfaccerà primariamente con l’Autorità giudiziaria in veste di consulente tecnico e perito; con le forze di Pubblica Sicurezza come consulente durante indagini preliminari e nel corso del processo; con la Pubblica Amministrazione in quanto specialista delle rispettive attività istituzionali (Polizia Scientifica, Reparti Investigazioni Scientifiche, Laboratori dell’Agenzia delle Dogane, etc.). Ciao Luigi, sarai sempre con noi Martedì 18 Febbraio ci ha lasciato il nostro amico e collega Luigi Benfenati. Per tutti coloro che lo hanno conosciuto Luigi è stato una persona di grande disponibilità, sempre pronto ad ascoltare e dare una mano a tutti. È stato un chimico con una curiosità profonda, attento alle novità ma anche desideroso di rivisitare lo studio della materia a partire dalle sue basi. La sperimentazione sul campo, attività peculiare del chimico, ha da sempre incontrato il suo entusiasmo accompa- FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI gnandolo nel precorso professionale. Dopo aver lavorato diversi anni nell’industria è approdato al Laboratorio di Igiene e Profilassi della Provincia di Bologna (oggi Arpa), dove ha affrontato le sfide analitiche sia nel settore degli alimenti (storica è stata la sua esperienza con nel periodo dell’adulterazione con metanolo) che di quello della protezione della salute e dell’ambiente. Si è impegnato tanto anche per supportare i colleghi nell’ambito della professione, attività che lo ha visto svolgere per molti anni il compito di Tesoriere presso l’Ordine dei Chimici di Bologna e Ravenna oggi Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’EmiliaRomagna. Luigi era un credente praticante e vogliamo confidare che ora sia sereno, là dove ha sempre e fortemente creduto fosse il nuovo inizio. Te lo auguriamo di cuore, ciao Gigi. Il Consiglio dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici dell’Emilia Romagna 33 ILCHIMICOITALIANO Speciale a cura della REDAZIONE C’è chimica con il Vaticano Una delegazione di trecento professionisti ha incontrato il Papa “collega”. Un appuntamento fortemente voluto dal CNC 34 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI La formula? Un Papa “chimico” e una delegazione di trecento professionisti del settore. La reazione? Un incontro che sottolinea i segnali di relativo avvicinamento, quella tra Scienza e Fede, che sta diventando davvero possibile. E’ davvero così? Con il nuovo Pontefice, la figura di uomo di scienza, di “chimico” - prima di entrare in seminario, Francesco I ha conseguito un Master in Chimica presso l’Università di Buenos Aires – parrebbe poter indossare una veste rinnovata. Intanto, lo scorso 19 febbraio, una delegazione di trecento professionisti della chimica è stata accolta in Udienza Generale dal Papa: “Questo Pontefice è in grado di parlare all’uomo contemporaneo grazie anche alla sua formazione in campo FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI scientifico – ha dichiarato il Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici, Armando Zingales - La concretezza della chimica e l’esperienza umanistica avuta in campo religioso sono alla base del Suo rapporto spontaneo con la gente, credenti e non”. Tra l’altro l’indimenticato predecessore di Francesco I, Papa Giovanni Paolo II, era già stato un pioniere in questo senso e aveva mostrato una certa coerenza con le teorie scientifiche: “La scienza può purificare la religione dall’errore e dalla superstizione; la religione può purificare la scienza dall’idolatria e dai falsi assoluti. Ciascuna può aiutare l’altra ad entrare in un mondo più ampio, un mondo in cui possono prosperare entrambe...” (tratto dalla Lettera al direttore della Specola Vaticana, 1988). Parole che pongono l’accento sui forti legami (e non sui conflitti) che intercorrono tra Scienza e Religione. “La figura di Papa Francesco - prosegue Zingales - concilia l’antica frattura tra Chiesa e Scienza. In riferimento ad alcuni documenti conciliari, Egli invita l’uomo a possedere le cose in pienezza e libertà ed è proprio in questo messaggio che si incontrano conoscenza scientifica, etica e spiritualità. Un insegnamento senza pari”. Un segnale di apertura che, dunque, si fa sempre più insistente, rafforzandosi senza dubbio nella figura di Papa Bergoglio, il “Papa chimico”. 35 ILCHIMICOITALIANO 36 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI 37 ILCHIMICOITALIANO Eventi » a cura della REDAZIONE Il Ministro Lupi incontra le Professioni Tecniche Il responsabile governativo delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ricevuto la delegazione della RPT guidata dal coordinatore Armando Zambrano La mancata semplificazione per anni ha costretto l’utilizzazione delle risorse nelle politiche di controllo e non di risultato, creando solo procedimenti complicati e impedendo alle imprese di accrescere la loro competitività sul mercato. Nel tentativo di sciogliere i molteplici nodi attorno alla semplificazione, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, ha di recente incontrato la delegazione della Rete Professioni Tecniche (RPT) guidata dal coordinatore Ing. Armando Zambrano. La Rete delle Professioni Tecniche è stata istituita nel mese di giugno dello scorso anno e ha messo assieme gli 38 ILCHIMICOITALIANO architetti con gli altri professionisti dell’area tecnica, tradizionalmente riuniti nel PAT (ingegneri, geologi, periti industriali, geometri, periti agrari, chimici, tecnologi alimentari, dottori agronomi e forestali), al fine di riunire risorse, competenze e organizzazione per lo sviluppo del Paese. Tra le tante proposte strategiche presentate al Ministro dai rappresentanti della Rete, spicca la richiesta di una riforma del quadro normativo di settore, che punti a una sostanziale semplificazione. L’obiettivo principale è, infatti, riaprire il mercato a giovani e professionisti che non siano necessariamente titolari di studi di grandi dimensioni (il censimento dell’Agenzia delle Entrate parla di un mercato oggi chiuso al 97,3%) e ridurre negli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria i ribassi eccessivi dei compensi (oggi si arriva sino all’80%). La Rete ha chiesto, inoltre, che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ‘’si impegni affinché il decreto sui parametri dei servizi nelle opere pubbliche venga applicato, e venga valutata la possibilità che gli Ordini professionali, in un’ottica di sussidiarietà, aiutino la Pubblica amministrazione nei compiti di certificazione’’. FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI a cura della REDAZIONE Prossima tappa Reggio Calabria Dal 29 al 31 maggio 2014 la città ospiterà il XVI Congresso Nazionale dei Chimici. Partecipazione aperta anche ad altre categorie professionali L’appuntamento annuale con il Congresso Nazionale dei Chimici si rinnova alle pendici dell’Aspromonte dove dal 29 al 31 maggio 2014, si terrà la tre giorni promossa dal CNC e dall’Ordine dei chimici della Calabria. “Chimica 2.0 – Catalizziamo la crescita” questo il titolo dell’evento che si proporrà di raccontare vecchie eccellenze e nuove frontiere della materia a due secoli dalla nascita di Raffaele Piria, chimico calabrese, tra i più grandi uomini di scienza della sua epoca. L’obiettivo è quello di proseguire il percorso inaugurato dai precedenti congressi, attraverso la revisione del processo di comunicazione che contribuisce FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI alla costruzione dell’idea di “chimica” nell’immaginario collettivo. Questo per favorire anche una rivalutazione della figura del chimico, troppo spesso grossolanamente associata ad un comparto tutt’altro che positivo. Rilancio dell’economia, sviluppo tecnologico, ambiente e salute: sono queste le tematiche che verranno affrontate nel corso del congresso, attraverso il contributo di rappresentanti della categoria, ma anche di attori specializzati nei diversi settori coinvolti. Invitate a Reggio Calabria anche le altre professioni per proseguire il confronto inaugurato lo scorso anno a Catania. E proprio nella volontà di un evento “interprofessionale”, il congresso non sarà aperto esclusivamente ai chimici, ma anche a Farmacisti, Biologi, Tecnici della prevenzione nell’ambiente, medici di base e medici specializzati in Biochimica Clinica, Farmacologia, igiene degli alimenti e della nutrizione, igiene, epidemiologia e sanità pubblica; Malattie metaboliche e diabetologia, Scienza dell’alimentazione e dietetica. Per le seguenti categorie, le giornate del 30 e del 31 maggio sono accreditate rispettivamente con 9 crediti ECM e 6,8 crediti ECM. Per gli iscritti all’Ordine dei chimici invece la tre giorni vale 25 Crediti Formativi Professionali. 39 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI 41 ILCHIMICOITALIANO Pianeta Sanità di ARMANDOZINGALES Chimici al servizio del Sistema Sanitario Nazionale Lettera del Consiglio Nazionale al Ministro della Salute, ai Componenti della XII Commissione “Igiene e sanità” del Senato della Repubblica e ai Componenti della XII Commissione “Affari sociali” della Camera dei Deputati Molti giovani colleghi chiedono che questo Consiglio si faccia parte attiva per risolvere il nodo dell’ingresso dei Chimici in Sanità con pari dignità riguardo altre professioni Sanitarie. Esistono due fondamentali questioni che impediscono ai giovani Laureati l’ingresso nel Sistema Sanitario Nazionale: una è di merito e di natura squisitamente politica circa la collocazione della Chimica stessa nel SSN, mentre l’altra è di forma. Nel merito la posizione italiana della Chimica in ambito sanitario è abbastanza singolare avendo privilegiato di fatto, per varie motivazioni anche per comprensibili risposte ad esigenze di sbocchi, altre professioni che utilizzano la Chimica come materia base per la loro attività ma che non posseggono il necessario e più ampio bagaglio per potere tenere al passo il Paese nell’ambito della biochimica. La rilevanza di tale materia, che in ambito mondiale è ricondotta alla Chimica per evidentissime ragioni e non agli effetti che la stessa produce, è testimoniata dalla successione dei premi Nobel per la Chimica negli ultimi anni. Questo Consiglio vuole richiamare l’attenzione del Parlamento e del Ministro su questo aspetto che richiede l’innesto di poche unità di personale, un numero irrisorio rispetto 42 ILCHIMICOITALIANO al numero totale degli operatori, ma che porterebbe in apporto sinergico notevole valore aggiunto al SSN nel campo del contrasto alla tossicodipendenza, nella tossicologia forense, nelle analisi cliniche, nel dosaggio di farmaci antitumorali, nella farmaco-cinetica e nell’identificazione delle proteine indice o causa di rilevanti effetti sulla salute. In particolare la carenza di Chimici comporta che nel delicatissimo campo della Metabolomica, la cui applicazione più nota in ambito sanitario è legata alla diagnosi neonatale di alcune malattie metaboliche, si registri un ritardo rispetto ad altri Paesi UE ed Extra UE. La legislazione italiana è del 1992 (legge-quadro n. 104 del 5-5-1992) questo esame deve essere eseguito su tutti i neonati italiani (la prima legge che ne ha sancito l’importanza è quella della regione Liguria del 17-8-1973). L’esame che FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI si attua in Italia su 32 Centri è in grado di identificare solo tre disturbi: la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica. Come già esposto, la comparazione con altri Paesi che invece applicano sistemi diagnostici che necessitano la presenza di personale Chimico ad alta specializzazione, segna un gap significativo potendo con tali sistemi a costi per singolo individuo comparabili se non inferiori, individuare 54disordini principali di particolare gravità e secondari. La situazione italiana nelle varie Regioni: Tenuto conto della potestà legislativa integrativa delle Regioni in tale ambito e per quanto a conoscenza di questo Consiglio, nella regione Toscana si ha una applicazione dello screening neonatale allargato per effetto della legge regionale del 3 Agosto 2004 n° 800 e a partire dal 1 novembre del 2004 “…tutti i neonati toscani dovranno essere sottoposti a screening allargato mediante spettrometria di massa tandem…”. Ugualmente con Delibera della Giunta Regionale 1 Febbraio 2010, N. 107 la Regione Emilia Romagna ha previsto l’allargamento dello screening neonatale per le malattie metaboliche ereditarie. Al contrario particolare preoccupazione desta il blocco del progetto sperimentale iniziato nel 2007 nella Regione Campania ed interrotto per FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI scelte legate al deficit sanitario nel 2013, anche se, come evidenziato, la verifica costa meno dei test obbligatori che peraltro sostituisce con maggiore certezza. Tale scelta sembra peraltro non considerare la necessità di una maggiore tutela delle popolazioni interessate dai nefasti effetti delle ecomafie. In alcune realtà quali la Sicilia, il principale ostacolo economico legato all’acquisto delle attrezzature non esiste stante che le stesse sono state acquisite, mentre rimane come ostacolo reale la carenza di personale ad alta specializzazione identificabile nei Chimici che operano in ambito sanitario. In tale contesto si innesta la questione di forma sopra richiamata. La genesi della questione è rinvenibile nel mancato coordinamento delle norme che regolano l’accesso al comparto della Sanità e gli effetti della riforma universitaria operata tramite il Decreto 3 novembre 1999, n. 509 “Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei” e conseguentemente del combinato disposto dell’art. 3 comma 6 e dell’art. 13 comma 6 del predetto Decreto. La contemporanea previsione che i corsi di specializzazione possano essere istituiti esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell’Unione Europea, assieme all’ulteriore previsione riguardante le scuole di specializzazione e la disattivazione entro il terzo anno accademico successivo a quello di entrata in vigore del Decreto ha creato un vuoto che ha finito per falcidiare la presenza specialistica di Chimici nella Sanità, presenza fondamentale per l’identificazione di nuove sostanze (droghe sintetiche) e quindi al contrasto del fenomeno malavitoso legato al mondo degli stupefacenti e del doping. Inoltre tale carenza rende l’Italia un Paese non competitivo nel campo dell’applicazione di nuovi metodi chimici di identificazione anche di molecole organiche legati alla clearance metabolica, alla farmacocinetica ed al dosaggio di medicinali ad alto potenziale tossico. Ove rimanesse la previsione fatta per Decreto (previsione che sembra più consona ad un atto normativo primario) di limitare la specializzazione ai casi delineati dal Decreto stesso, la soluzione al problema non potrebbe che essere affidata al Parlamento nella sua piena sovranità. Questo Consiglio ben conosce i problemi di bilancio che ad oggi limitano il numero di specializzandi in Medicina creando un saldo negativo tra fabbisogno del Paese in termini di Medici specializzati (circa diecimila) e numero degli specializzati stessi (circa 6700), saldo negativo ben evidenziato dalla Relazione annuale che il Ministero della Salute produce circa il fabbisogno di figure professionali in ambito sanitario. La recente disposizione Ministeriale, che riduce a quattro anni gli anni di specialità, certamente mette a disposizione nuove risorse economiche, ed in questo nuovo contesto è auspicabile che vengano soddisfatte anche le altre professioni sanitarie come è quella del Chimico. Questo atteggiamento permetterebbe, in attesa di nuove disposizioni, di dare, anche se parzialmente, qualche risposta alle domande e al fabbisogno di chimici. Pur nondimeno il Consiglio Nazionale dei Chimici, visto le difficoltà registrate in questi anni, ha prodotto una ipotesi di soluzione al problema, ipotesi già presentata ai Ministri alla Salute protempore che si allega alla presente nota. Per quanto esposto chiediamo alle SS.VV. di volere considerare quanto illustrato che non ha altro fine se non rispondere a legittime aspirazioni di giovani laureati e che, siamo certi, sapranno trovare la giusta coniugazione nell’interesse generale, e di volere concedere una audizione sul tema della Chimica in Sanità chiedendo che sia consentito di partecipare all’audizione anche i Proff. Giorgi e la Marca che rappresentano la componente scientifica universitaria sull’argomento in questione. Deferenti ossequi. Il Presidente Prof. chim. Armando Zingales 43 ILCHIMICOITALIANO Le aziende informano L’impatto del CLP e del REACH sulla normativa di salute e sicurezza sul lavoro Il Regolamento CE 1272/2008 (CLP), relativo alla classificazione, etichettatura e imballaggio di sostanze e miscele, ha l’obiettivo di sostituire, al termine del periodo di transizione che si concluderà a giugno 2015, le Direttive comunitarie sulle sostanze e preparati pericolosi. Il CLP è inoltre strettamente correlato al Regolamento CE 1907/2006 (REACH) sulla registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche, in quanto fornisce i criteri operativi per mettere in atto le operazioni di classificazione di sostanze e preparati e di revisione delle SDS. L’applicazione del CLP fornisce gli elementi conoscitivi e gli strumenti applicativi per l’identificazione dei pericoli e la conseguente valutazione del rischio ai sensi del Titolo IX del D.Lgs. 81/2008. Le principali novità che vanno ad impattare sulla gestione del rischio chimico all’interno di una organizzazione sono le seguenti: • sono identificate le categorie di pericolo, con relativa gravità; per alcune di tali classi esistono anche distinzioni in funzione della via di esposizione (orale, dermica, inalatoria) o della natura dell’effetto causato (effetto narcotico, irritazione oculare, ecc.); • sostanze/miscele, che non risultavano pericolose applicando i criteri di classificazione DSP e DPP (direttiva 1999/45/CE), possono essere classificate pericolose con i nuovi criteri CLP, oppure possono cambiare classe di pericolo; • sono state inserite le Frasi H, simili alle Frasi R utilizzate precedentemente, che descrivono la natura del pericolo; le Frasi S sono invece sostituite dalle Frasi P, che indicano le misure raccomandate per prevenire o minimizzare gli effetti dannosi dei prodotti; • sono stati introdotti nuovi pittogrammi, caratterizzati da un rombo con cornice rossa su sfondo bianco che sostituiscono i precedenti, che si presentavano CAMPOVERDE SRL 20138 Milano, via Quintiliano 31 tel.: + 39 02 5803901 fax: + 39 02 58039021 web: www.campoverde-group.com mail: [email protected] come un quadrato con cornice nera su sfondo arancione; • è stata introdotta l’Avvertenza per segnalare all’utilizzatore un potenziale pericolo “Attenzione” per le categorie di pericolo meno gravi e “Pericolo” per le categorie di pericolo più gravi; • gli scenari di esposizione, quando ne è prevista l’elaborazione in SDS, forniscono informazioni sulle misure di gestione del rischio e sugli usi sicuri delle sostanze/ miscele. Si evince quanto siano notevoli le ricadute di CLP e REACH sulla valutazione dei rischi collegati alle esposizioni professionali. Campoverde, società specializzata nella consulenza e formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e tutela ambientale, supporta le aziende nella valutazione del rischio associato all’esposizione ad agenti chimici, verificando le caratteristiche delle sostanze/ miscele utilizzate ed analizzando le modalità di utilizzo, stoccaggio e smaltimento. Sulla base del rischio professionale definito, i consulenti Campoverde propongono misure di prevenzione e protezione nonché interventi di informazione e formazione specifici. SIAM è un’azienda che ha sviluppato un software – Chemeter - per la generazione di schede dati di sicurezza (SDS), etichette e documenti di trasporto in accordo alle legislazioni europee. La nostra visione e il nostro impegno è di assicurare che tutte le aziende, non solo chimiche, siano conformi ai regolamenti REACH, CLP, GHS, ecc. SIAM offre ai propri clienti un supporto con accuratezza di dati, qualità e servizi integrati. I principali servizi includono dati scientifici e regolatori integrati nei sistemi sviluppati per la redazione, distribuzione e gestione di SDS, etichette e documenti di trasporto. I prodotti forniti da Siam sono: SIAM è presente sul territorio internazionale grazie ad un rete professionale ben distribuita. I prodotti forniti da Siam sono: ® Chemeter Cloud, per la generazione on line di SDS, etichette e documenti di trasporto. Chemeter®, per la generazione di SDS, etichette e documenti di trasporto; ®SDSArea, per gestire automaticamente la distribuzione delle SDS a tutti i clienti; Web site: www.siam-it.net Tel.+39 333 61 79 839 Persona di contatto Veronica Cirillo Email [email protected] Sistema ionKey/MS: prestazioni LC-MS senza precedenti Il Sistema ionKey™/MS consente ai laboratori di routine di ottenere un livello di prestazioni altrimenti impossibile. È il risultato dell’integrazione fisica delle separazioni UPLC® nella sorgente dello spettrometro di massa: la sorgente ionKey con iKey™ Separation Device e Xevo® TQ-S con la sua tecnologia brevettata StepWave™ ridefinisce i confini delle prestazioni MS e garantisce un livello di sensibilità senza precedenti, performance cromatografiche ed una semplicità di utilizzo che non appartengono a nessun altro sistema LC-MS. Il Sistema ionKey/MS è attivato dall’innovativa iKey che sostituendo l’uso di raccordi e colonne tradizionali rende l’utilizzo intuitivo e consente ad ogni analista, anche non specializzato, di ottenere dati di alta qualità grazie al design plug & play. All’interno di iKey è presente tutto ciò che serve per una separazione cromatografica: connettori fluidici, elettronica, interfaccia ESI, gruppo di termostatazione, eCord™ e colonna. La separazione UPLC è resa possibile nella sorgente del Vostro spettrometro di massa Waters semplicemente inserendo iKey: il sistema LC-MS più sensibile e di facile utilizzo sul mercato. Il Sistema ionKey/MS consente di analizzare ridotte quantità di campione ed ottenere molte informazioni dai campioni disponibili in quantità ridotta. Questo si traduce in un risparmio in termini di tempo nella preparazione del campione e minimizza l’utilizzo di costosi standard migliorando al tempo stesso la robustezza del dato di massa grazie alla minor quantità di campione e di solvente necessarie. La riduzione del consumo di solvente si tramuta in minore spesa per i solventi, minori costi di stoccaggio e smaltimento: un significativo risparmio e un workflow più sostenibile e green grazie al minor impatto ambientale. Tel. Fax Email [email protected] www.waters.com/Italy iKey Separation Device Waters Italia Viale dell’Innovazione, 3 20126 Milano 02 2650983 02 2501827 46 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI 47 ILCHIMICOITALIANO Contro-copertina » “Noi siamo qui prigionieri del cielo come giovani indiani risarciteci i cuori, noi siamo qui, senza terra né bandiera, aspettando qualcosa da fare” Canzone per Seveso Antonello Venditti 48 ILCHIMICOITALIANO FEBBRAIODUEMILAQUATTORDICI
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