Cristo Signore è risorto alleluia
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Cristo Signore è risorto alleluia
N. 70 Marzo-Aprile 2016 PERI ODICO DELLA PA RRO CC HI A DI SA N NICOLA VE SCO VO IN DER GA NO Cristo Signore è risorto alleluia Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano via Livigno 21, 20158 Milano, tel. 026884282, fax 02680621 www.dergano.org; [email protected]. Sacerdoti Don Mario Garavaglia, parroco, tel. 026884282. Don Giorgio Brianza, vicario parrocchiale, cell. 3386703292 Don Stefano Conti, coadiutore, cell. 3407621384 Uno sguardo in Dergano periodico della Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano N. 70 Marzo-Aprile 2016 Direttore responsabile: Gerolamo Castiglioni Redazione: Arcangelo Berra Claudio Brusati Raffaella Galliani Elena Orioles Marco Porzio Luigi Tardini Direzione e Redazione: via Livigno 21, 20158 Milano Stampa: Ingraf via Monte San Genesio 7, 20158 Milano Editore: Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano via Livigno 21, 20158 Milano Registrazione: Tribunale di Milano n. 37 del 25 Gennaio 2010 Orari delle Sante Messe: Domenica e festività 8.00; 10.00; 11.15; 18.00 Sabato e prefestivi 8.30; 18.00 Giorni feriali 8.30; 18.30 Per far celebrare le Sante Messe con intenzioni particolari, si prega di rivolgersi in Segreteria. Segreteria parrocchiale: tel. 026884282; fax 02680621 Orari da lunedì a giovedì 9.10 - 11.15 / 15.30 - 18.15 venerdì 15.30 - 18.15 Sommario Pasqua di Risurrezione: “In Te la nostra gloria” Pasqua: non solo domenica, ma l’intero Triduo Ingresso in parrocchia Riconoscere il nostro peccato Papa Francesco visita i “fratelli maggiori” Incontro con il patriarca Kirill Chiedere a Maria una fede più grande Esercizi spirituali Visita a sant’Ambrogio La gente è convenuta per un’esperienza vissuta Il Consultorio La Famiglia Missioni: Centro Edimar Guarire grazie alla preghiera Opere di misericordia: consigliare i dubbiosi Visitare gli ammalati Un incontro sorprendente Programma Settimana santa Libri Ricordo di don Savino Anagrafe parrocchiale In copertina: Caravaggio, l’incredulità di Tommaso 3 4 6 12 14 15 16 18 19 20 21 22 23 24 26 27 28 29 30 31 Editoriale Pasqua di Risurrezione “In Te la nostra gloria” itorna la Pasqua. Come la natura in questo tempo si risveglia e con la sua freschezza ci riempie il cuore di novità e bellezza, così la Pasqua è l’Avvenimento che porta con sé la certezza di una vita nuova. Ma verrebbe da chiederci: dove possiamo incontrare e sperimentare questa possibile novità? Da dove origina? Certo non traspare dalle notizie che ci vengono date circa la vita del mondo, così segnata da timori e da grande indifferenza. Non sembra certo scaturire dalla vita sociale del nostro Paese, dove spesso si è lasciati soli ad affrontare le sfide della vita, a fronte di promesse annunciate a gran voce. Anche la convivenza fra le persone è caratterizzata dalla fragilità umana, così drammaticamente espressa nei tanti fatti tragici di cui continuamente ci parla la cronaca. Dov’è allora la novità della Pasqua e la gioia della Risurrezione di Gesù? Le donne che andarono al sepolcro, dopo la morte di Gesù, si portavano nel cuore questa stessa nostra ultima tristezza, questa quasi impossibilità di riconoscere un bene. R Ma in modo imprevisto e imprevedibile trovarono il sepolcro vuoto: Gesù aveva vinto la morte e con essa ogni fragilità umana. Oggi come allora questo accade dove uomini e donne si giocano nella vita con il desiderio di affrontare l’esistenza in tutti i suoi particolari con la positività che nasce dall’avvenimento della Risurrezione di Gesù, e generano così luoghi di vita nuova incontrabili da ciascuno. Basta nel vivere saper guardare e cercare, tenendo desto il desiderio di bene che ci portiamo nel cuore. Saremo allora edificati da molte storie di Resurrezione e di grazia, e si spalancherebbe per ciascuno di noi la strada da percorrere. Val la pena provare! Buona Pasqua! Don Mario 3 Santa Liturgia Pasqua: non solo Domenica ma l’intero Triduo Ecco come prepararsi alla Pasqua consapevoli del significato dei riti della liturgia ambrosiana, illustrati da un insigne liturgista M onsignor Marco Navoni nella Quaresima 2015 ha tenuto uno dei quaresimali nel quale ha raccontato con abbondanza di particolari i riti del triduo pasquale nella liturgia ambrosiana. È stato un intervento lungo, ben documentato e piacevole da ascoltare, ma che non si può riprodurre in due pagine: per questo ne abbiamo fatto una sintesi per poter vivere con grande consapevolezza i giorni più importanti dell’anno. “Se chiedessi a qualcuno che cosa significa la parola Pasqua, risponderebbero che è la domenica di risurrezione. Risposta giusta, ma giusta solo a metà. Perché? Perché in realtà nella tradizione della Chiesa antica venivano celebrate in raccordo tra di loro due pasque: la Pasqua di crocifissione, il Venerdì santo, e la Pasqua di risurrezione, alla domenica successiva”, così ha introdotto l’argomento monsignor Navoni. Con i fatti accaduti in questi tre giorni il Signore ci ha ottenuto la cancellazione dei peccati e il dono della vita eterna. Le due pasque sono ovviamente collegate in modo inscindibile: se non ci fosse stata la risurrezione, la crocifissione di Cristo sarebbe stata un’esecuzione come tante altre, come quella dei due ladroni, ma, se non ci fosse stata la crocifissione, la risurrezione sarebbe un mito, una leggenda. Ecco perché giustamente oggi noi parliamo di Triduo pasquale, di passione, morte e risurrezione. Prosegue monsignor Navoni: il triduo pasquale ambrosiano comincia con la Messa in Coena Domini del Giovedì santo. Certo nel rito ambrosiano c’è anche il ricordo della istituzione dell’Eucaristia, ma c’è qualcosa di più attraverso i testi del Lucernario, dell’inno e le letture. L’inno del Gio- 4 vedì santo non parla affatto dell’Eucaristia, ma parla della notte del tradimento e anche della condanna di Cristo in Croce. E la cosa diventa chiara andando a vedere la prima lettura: il libro di Giona. Questa lettura si faceva già 1.600 anni fa, all’epoca di sant’Ambrogio. La chiave di lettura ce la dà Gesù stesso nel Vangelo: quando i farisei chiedono un segno, Gesù risponde che non sarà dato nessun segno, se non il segno di Giona. Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel pesce, cioè in fondo all’abisso (nella Bibbia il fondo del mare è la tomba, il regno dei morti), poi è stato rigettato dal pesce a una nuova vita, così sarà per il Figlio di Dio. Nella seconda lettura san Paolo ai Corinzi narra l’istituzione dell’Eucaristia nella notte in cui fu tradito. Il rito ambrosiano sottolinea che è la notte del tradimento. In quel contesto il Signore Gesù istituisce l’Eucaristia. Altra caratteristica del rito ambrosiano è la lettura della Passione che noi ambrosiani, fedeli a un’antica tradizione che viene addirittura da Gerusalemme, dalla Chiesa più antica, dividiamo in due parti e leggiamo al giovedì il racconto dell’Ultima Cena, dell’agonia del Getsemani con i discepoli che dormono, e dell’arrivo di Giuda che dà il bacio del tradimento, dell’arresto del Signore Gesù, del processo davanti al Sinedrio, del tradimento di Pietro. Quando canta il gallo, termina la lettura. Perché comincia ad albeggiare ed è il venerdì. Nella liturgia ambrosiana del Giovedì santo ritorna la figura di Giuda in modo ossessionante, proprio per “vaccinarci” dai tradimenti nei confronti del Signore. Ovviamente il tema eucaristico è importante tanto è vero che dopo la comunione viene polarizzata l’at- tenzione dei fedeli sull’Eucaristia, che è riposta in quello che una volta si chiamava scurolo, per l’adorazione eucaristica. Dice Navoni: “Allora la bella tradizione di sostare in adorazione davanti all’Eucaristia nelle ore in cui Gesù si consegna per la nostra salvezza vorrebbe supplire al sonno dei discepoli”. Nel Venerdì santo il rito ambrosiano riprende la celebrazione della Passione secondo Matteo dal punto esatto in cui la proclamazione si era interrotta il Giovedì: dopo il canto del gallo, la lettura riprende: “Venuto il mattino…” con il giudizio di Ponzio Pilato e la condanna fino alla morte in croce alle tre del pomeriggio. Dal Giovedì sera al venerdì pomeriggio è un giorno solo, le due metà di un’unica realtà che si richiamano reciprocamente. “Insisto per far capire che la liturgia ragiona non da mezzanotte a mezzanotte, ma da vespero a vespero”. Nella celebrazione del venerdì pomeriggio c’è il momento in cui si legge la morte del Signore “… reclinato il capo spirò”. In quel momento abbiamo il lutto della Chiesa: si suonano le campane a morto, sono spogliati gli altari, sono tolti i candelabri, sono spente tutte le luci, non si usa più l’incenso, in Duomo è tradizione rivestire l’altare maggiore con un drappo viola scuro. La Chiesa, che è la sposa di Cristo, privata del suo sposo, entra in un momento di lutto. Ricorda monsignor Navoni: “Il nostro milanesissimo e ambrosianissimo Alessandro Manzoni che conosceva bene la liturgia, nel suo inno sulla Passione descrive proprio quello che da sempre si fa in Duomo ‘Qual di donna che piange il marito è la veste del vedovo altar’”. L’altare è vedovo: manca Cristo, manca l’Eucaristia. Ecco perché non ha senso fare la comunione al Venerdì santo (come nel rito romano). Non ha senso perché Cristo è morto, mi manca, occorre sperimentare l’assenza del Signore. Il Sabato santo è il secondo giorno del Triduo. È tutto vuoto, è il giorno del riposo di Cristo nel sepolcro. Non è che il Signore Gesù non facesse nulla, perché nella tradi- zione della Chiesa il Signore è disceso agli inferi, è andato a spaccare le porte dell’inferno, è andato a prelevare i giusti, cioè ha già fatto l’anticipo della Pasqua. C’è un testo dei primi secoli dove si immagina che Cristo discenda all’inferno, veda Adamo e lo chiami: “Vieni, tu che fosti creato a mia immagine”. La redenzione di Cristo non è solo da Cristo in avanti, ma è da Cristo in tutte le direzioni temporali e spaziali perché lui è il figlio di Dio, centro del cosmo e della storia e la redenzione riguarda tutti. Il Sabato santo è il giorno vuoto: non ci sono celebrazioni. La celebrazione inizia al vespero che liturgicamente è già la domenica di Pasqua. Nella veglia abbiamo alcuni simboli: il simbolo della luce, il cero pasquale, che ci porta a incontrare il Signore Gesù risorto. Abbiamo la parola, addirittura nove letture, abbiamo l’acqua del Battesimo e finalmente reincontriamo Cristo nell’Eucaristia. “Detto questo possiamo farci gli auguri non di Buona Pasqua, ma di Buone Pasque visto che le pasque sono due”, così conclude monsignor Navoni. a cura di Arcangelo Berra 5 Ingresso in parrocchia ll giuramento dal cardinale In Curia il rito a porte chiuse per la presa di possesso di sei nuovi parroci assieme a don Mario C on marzo iniziano il loro ministero come parroci nelle realtà cui sono stati inviati o con l’avvio ufficiale di una nuova Comunità pastorale. Sono sei i sacerdoti che, nella Celebrazione della Parola che si è svolta a porte chiuse nella Cappella arcivescovile, col cardinale Angelo Scola e alcuni vicari di Zona, vivono questo momento importante, segnato dagli adempimenti canonici, ma ricco anche di un profondo sensus fidei. Lo nota il cardinale Scola, esprimendo gratitudine ai nuovi parroci e ai nuovi responsabili di Comunità (due, una a Vanzago e l’altra in pieno centro storico a Milano), dopo la presentazione dei presbiteri nominati da parte del Cancelliere arcivescovile: “Occorre valutare tutto il valore e il significato di questo gesto, come dice bene il Vangelo di Giovanni mette in evidenza l’arcivescovo -. Preoccupati di ciò che ci attende, sia come compito immediato, sia nel futuro, nelle circostanze personali, comunionali e sociali che ci riguardano, manchiamo spesso il senso del presente perché non sappiamo cogliere a pieno ciò che ci accade. Questo provoca una dimenticanza o un eccesso di ansia nel vivere i fatti e, così, veniamo meno all’accoglimento dell’azione della Provvidenza nella nostra vita. Non sapere abitare la circostanza in pienezza è un dato che denuncia la nostra immaturità ed è una sfiducia nella Provvidenza”. E, sottolinea ancora il cardinale, identifica “uno dei motivi per cui non siamo capaci, per una condizione storica secolare e nei cambiamenti tumultuosi in atto, di mettere il tutto prima della parte. Quindi ciò che 6 non dipende direttamente tra noi finisce per restare ai margini”. Il riferimento è alla pagina evangelica del Buon Pastore e alla Lettura dal profeta Geremia, previsti per l’occasione, che “non è una progressione di carriera o un atto di routine, ma un gesto profondo riguardante la propria posizione di fronte a Dio e alla Santa Chiesa, compiuto davanti al vescovo”. “Leggendo il capitolo 10 di san Giovanni mi vengono sempre in mente alcuni appunti del patriarca Roncalli che ho trovato a Venezia”, racconta l’arcivescovo, che proprio il 3 marzo di quattordici anni fa faceva il suo ingresso come patriarca nella città lagunare. Come scriveva il futuro Giovanni XXIII, infatti, “si è Pastori solo se si è padri, ma per questo occorre avere una grande dimestichezza con il Padre Celeste: nella predestinazione nel Signore Gesù, non vale nessuna obiezione. Solo nella consapevolezza che è il Signore che ci chiama e nell’apertura alla Provvidenza, possiamo compiere il nostro compito. Assumete la vostra responsabilità in quello che papa Francesco ha chiamato un cambiamento di epoca, in cui le nostre parole mutano di significato. Tentenniamo, siamo malfermi sulle gambe, per questo ancora di più dobbiamo invocare dal Signore di vivere Un buon pastore si vede dalla capacità di comprendere il tutto la sua sequela, la sua paternità per essere autentici pastori». Da qui, il cardinale deduce due raccomandazioni: “Guardare a ciò che si sta esplicitando nella Visita pastorale in atto, che ha come mèta il restringere almeno un poco il fossato che divide la fede dalla vita, sperimentando quell'apertura all’abbraccio del Padre che permette di superare l’obiezione di Geremia. Inoltre, mettere il tutto, appunto, prima della parte, anche se in una Chiesa grande come la nostra ambrosiana, con la sua vitalità, questo non è sempre facile. Un buon pastore si vede dalla capacità di sottolineare ciò che viene prima, all’interno del tutto, sottraendosi al lamento». Poi, dopo la Professione di Fede, il Giuramento di fedeltà nell’assumere l’ufficio da esercitare a nome della Chiesa nel quale i parroci e i responsabili di Comunità Pastorali pongono le mani sul Vangelo, invocando l’aiuto del Signore e la lettura del Decreto di immissione in possesso. Infine, dopo la Preghiera universale e il Canto della Salve Regina, rivolti alla statua della Madonnina collocata in Cappella, il momento conviviale, davvero cordialissimo, con il cardinale. da Lachiesadimilano.it 7 Ingresso in parrocchia L’incontro con Lui ha reso nuova la nostra vita La cerimonia dell’ingresso nella nuova parrocchia è sempre un momento commuovente e significativo per il protagonista e i fedeli che lo accolgono L’ ingresso a Dergano del nuovo parroco, don Mario Garavaglia, è avvenuto il 6 marzo 2016. La cerimonia guidata del Vicario episcopale prevede una fase preliminare nella quale il nuovo parroco assume solennemente gli impegni previsti dal suo nuovo stato. Seguono la promessa di rispetto e obbedienza all’arcivescovo, quindi la consegna del Lezionario e degli Oli Santi. Infine questa prima parte si conclude con la Benedizione dell’assemblea con l’acqua del fonte battesimale. Il nuovo parrroco poi celebra la Santa Messa accompagnato da altri quindici sacerdoti che con lui hanno concelebrato. Durante la Messa momento importante è l’omelia con cui il nuovo parroco traccia la 8 via che intende percorrere. La riportiamo integralmente. “Il Vangelo di questa quarta Domenica di Quaresima ci fa incontrare la figura straordinaria del cieco nato. In lui è rappresentata l’immagine di ciascuno di noi, con il proprio dramma e la propria domanda di verità. A questa domanda Gesù risponde in modo totalmente gratuito donando non solo la vista a questo povero cieco, ma aprendolo all’incontro con Lui. Il cieco di questo episodio è l’uomo, è tutta l’umanità. Gesù, ‘luce del mondo’, è venuto a cercarlo: è Lui che lo vede e che prende l’iniziativa di guarirlo. Continua a pagina 10-11 Una bella festa D omenica 6 marzo, ore 16, insediamento ufficiale del nuovo parroco don Mario. In chiesa folla delle grandi occasioni: oltre ovviamente ai derganesi, un nutrito gruppo di parrocchiani di Sant’Ignazio di Loyola e di Metanopoli, sedi del precedente apostolato di don Mario; nonché alcuni cittadini di Inveruno, suo paese d’origine. Dopo un breve indirizzo di saluto viene data lettura del decreto di nomina da parte dell’Arcivescovo, quindi il Vescovo ausiliare monsignor Carlo Faccendini procede, come di rito, a interrogare il neo parroco affinché accetti l’impegno affidatogli. Il rito prosegue poi con la consegna del Lezionario, degli Oli Santi e con l’aspersione dell’assemblea con l’Acqua del fonte battesimale. Quindi il delegato arcivescovile presenta ufficialmente all’assemblea il nuovo parroco. Segue un lungo applauso. Inizia quindi la S. Messa della quarta domenica di Quaresima (domenica del cieco nato). Nella breve omelia, il neo parroco, dopo aver ricordato i suoi predecessori, in particolare don Bruno, don Savino e don Gerolamo, ha espresso, in sintesi, il suo programma, prendendo spunto dall’affidamento della Madonna a san Giovanni, sotto la croce. Nel rapporto con Cristo si generano legami di paternità, figliolanza e amicizia che possono essere anche più forti di quelli del sangue: “Volersi bene in Cristo può generare il popolo santo di Dio”. Al termine della Messa saluti nel salone-bar con un ricco buffet per tutti. Questa è la cronaca, ma, da vecchio parrocchiano, consideravo come negli ultimi quindici anni abbia assistito all’insediamento di tre parroci, dopo aver vissuto per trentacinque con uno solo. Si fa un po’ fatica ad abituarsi a questi cambiamenti, anche perché ogni persona ha le sue caratteristiche, il suo carattere, la sue priorità, eccetera. Oggi però sembra che la Chiesa, per vari motivi, promuova questi spostamenti, e allora bisogna capire qual è l’intento educativo dal quale è mossa. Riflettendo, sulla base dell’esperienza, posso dire sia una cosa buona, perché da ciascuna di queste persone ho imparato. Ognuno mi ha testimoniato Cristo in un modo diverso, mi ha richiamato nel mio particolare. Abbiamo avuto padri e fratelli nella fede, ma tutti ci testimoniano che “uno solo è il Maestro”. Claudio Brusati 9 Ingresso in parrocchia Segue da pagina 8 A pensarci bene questa è la storia di ciascuno di noi. Anche noi siamo stati attesi e cercati: l’esperienza dell’incontro con Lui ha reso nuova la nostra vita, ha donato un fascino inaspettato alla nostra esistenza, ci ha lanciati dentro la grande avventura di ogni giorno. Ma è come se a volte la semplicità di quel primo incontro non ci bastasse, ci siamo complicati e la forza di quella presenza non incide sul nostro vivere. Quanto siamo lontani dalla libertà di quel cieco nato. Lieto e certo per quello che gli era accaduto. Facciamo fatica a ripetere “credo Signore” con tutta la semplicità e la dedizione del cuore. Sto un po’ descrivendo la mia esistenza che pure nell’incontro con il Signore ha fatto esperienza di una pienezza inattesa ed esaltante. Me lo ricordano gli anni pieni di speranze e attese trascorsi con i ragazzi e i giovani a Metanopoli e l’esperienza straordinaria di amicizia e di paternità vissuta negli ultimi 23 anni a Milano al quartiere Feltre. La nostra vocazione la mia vocazione si realizza in un continuo riaffermare ‘Credo, Signore!’, nell’adorare Cristo ogni giorno, ogni momento, riconoscendolo realmente presente in tutto e in tutti. Alla luce di quanto fin qui detto, desidero fermarmi un momento insieme su quanto ci sta ora accadendo. Per decisione del nostro vescovo, uno come me, che voi non conoscete, che molti di voi non hanno mai incontrato di persona, che avete solo intravisto nelle celebrazioni di queste ultime settimane da quando mi sono qui trasferito, e che solo ora comincia a conoscere qualcosa di questo vostro quartiere, ora anche mio, cominciando a scoprirne la ricchezza umana, viene all’improvviso fatto entrare nella vostra vita e vi è chiesto di volergli bene. La stessa cosa è chiesta innanzitutto a me. Umanamente parlando è un’im- 10 presa non semplice, soprattutto pensando alla statura di coloro che mi hanno preceduto e che ho potuto conoscere: dal patriarca don Bruno, a don Savino che proprio nei mesi scorsi ci ha testimoniato cosa significa obbedire e offrire totalmente la propria vita nella malattiae nella morte, fino a don Gerolamo a cui va il saluto e l’augurio di noi tutti. E sarebbe veramente impresa impossibile se dipendesse solo dalla mia e dalla vostra volontà o capacità. Ma è proprio questo il miracolo della Chiesa di Dio. Un miracolo che Gesù, morto e risorto per noi, rende possibile. Ci vogliono gli occhi per vedere. Pensiamo un poco a cosa è successo sotto la croce di Gesù. Mi riferisco al dialogo che Egli intrattiene con Sua madre Maria e con Giovanni: ‘Madre, ecco tuo figlio’, ‘Figlio, ecco tua madre’. E l’evangelista conclude che Giovanni prese Maria in casa sua. Sotto la croce nasce una nuova parentela, vale a dire una nuova paternità, una nuova maternità, una nuova figliolanza, un nuovo modo di essere fratelli e sorelle: legami forti, molto più forti di quelli della carne e del sangue. Questa è la Chiesa, e questo capita a noi oggi. Capita tra voi e me. Perché un nuovo parroco? Che senso ha questa venuta per voi, per me, per tutti gli abitanti di questo significativo quartiere di Milano? Il suo scopo è uno solo: testimoniare che volersi bene in Cristo Gesù, cioè vivere questa nuova parentela, genera un popolo, il popolo santo di Dio. Un popolo in cui ciascuno è a casa sua, all’interno del quale nascere, crescere, educarsi, studiare, lavorare, amare, sposarsi e generare, impegnarsi con la società e perfino soffrire, lottare e morire, risulta essere il modo di gran lunga più affascinante, e - perché no? - più conveniente di vivere. Proprio per questo sarò con semplicità al vostro servizio come il cieco del Vangelo di oggi: libero, lieto e certo. Non gli importava di quanto accadeva intorno a lui (dicerie, pregiudizi e altro): continuava a ripetere la sua certezza: ‘Prima non ci vedevo e ora ci vedo’. È un tempo drammatico ed esaltante quello che stiamo vivendo, è un tempo anche breve: per questo sono chiamato con voi a cercare ‘l’unica cosa necessaria alla vita’ e a imparare a volervi bene nel Signore, a voi che mi siete stati donati e che già da ora mi siete cari. Desidero essere tra voi testimone della bellezza che è stata per la mia vita l’aver incontrato Cristo ed essere da Lui amato, e al tempo stesso lasciarmi edificare da ciò che il Signore opera nelle vostre. Tutto il resto, cui certamente non faremo mancare la nostra operosità e dedizione, verrà però di conseguenza e la fedeltà del Signore porterà a compimento l’opera da Lui iniziata nelle nostre vite, offerte per la Sua maggiore Gloria. Certo, se avremo occhi per vedere, non cesserà di stupirci!”. Ringraziamenti “D esidero ringraziare ciascuno e ciascuna di voi per la vostra presenza e per la preghiera con cui mi avete affidato al Signore. Permettete che ringrazi innanzitutto don Giorgio e don Stefano: in questi lunghi mesi hanno portato tutto il peso e la responsabilità della parrocchia con generosità e letizia di cuore. A loro va tutta la nostra riconoscenza. Ringrazio e saluto l’arcivescovo nella persona del Vicario della città di Milano, monsignor Carlo Faccendini. Con loro i sacerdoti amici che hanno voluto essere con me in questo passaggio: dai sacerdoti del decanato di Lambrate a quelli del nuovo decanato. Tra essi in particolare gli amici della fraternità sacerdotale che è cuore e sostegno della mia vocazione Un saluto agli amici di San Donato e del quartiere Feltre che hanno desiderato accompagnarmi in questa nuova avventura: con loro l’amicizia continua e diverrà ancora più profonda. Ringrazio anche gli amici di Inveruno, mio paese di origine, e tra loro in particolare i coetanei del 1948. Infine tutti coloro che hanno preparato questa giornata e questa celebrazione, dal coro a chi ha curato la chiesa e preparato un momento di festa. Un abbraccio caro infine a tutta la comunità di Dergano con la ricchezza della sua storia che da oggi saranno il cuore della mia esistenza e del compito che mi è affidato. Il Signore tutti benedica e accompagni”. 11 Chiesa di Milano Riconoscere il nostro peccato aiuta a costruire responsabilità Una processione penitenziale nell’ambito della Quaresima ha condotto il cardinale dalla basilica di sant’Ambrogio al carcere di San Vittore “È difficile pregare e credere quando ci si sente abbandonati dall’umanità”. Non si può non pensare a queste parole, scritte da alcuni detenuti, osservando la massa di persone che ha scelto, in una sera ancora pienamente invernale, di camminare dietro la croce, per le vie del centro di Milano, arrivando, appunto, davanti al carcere di San Vittore. E, allora, sono davvero un regalo le tre preghiere – “Cristo, io sono carcerato”, “Non ho altro da offrirti che me stesso”, e “Padre, abbi misericordia”, composte rispettivamente dai carcerati di Opera, di Bollate e di San Vittore –, che vengono offerte a tutti perché si usino come propria invocazione personale e comunitaria. La Via Misericordiae è questo per le oltre duemila persone che affollano, prima, la basilica di Sant’Ambrogio per arrivare, poi, davanti alla basilica di San Vittore e ascoltare, infine, il cardinale Angelo Scola in piazza Filangieri, davanti all’ingresso della storica Casa circondariale di Milano. Si prega, si canta, si riflette attraverso la Parola di Dio e ciò che hanno scritto i reclusi, idealmente sempre presenti in questa Celebrazione itinerante con e per i detenuti che si fa “scambio, nella Misericordia, tra chi sta ‘dentro’ e chi sta 12 fuori”. Accanto all’arcivescovo ci sono il vicario episcopale per la Zona pastorale di Milano, monsignor Carlo Faccendini – la Veglia è evento giubilare per l’intera città di Milano –, l’abate di Sant’Ambrogio e vescovo ausiliare, monsignor Erminio De Scalzi, i Cappellani. E c’è la gente, che continua ad arrivare, anche a Rito iniziato, i sacerdoti, gli Scouts, i ragazzi del Coro Shekinah che animano la liturgia. Tutti insieme per “tenersi in contatto attraverso Dio” con chi sta scontando la propria pena dietro le sbarre, “in questo luogo di dolore e di riscatto che separa dagli affetti”. E, così, l’episodio del Vangelo di Luca, con la peccatrice che lava i piedi a Gesù nella casa del fariseo, arricchito da tre commenti scritti dai detenuti del Reparto clinico, del “Femminile” e del Terzo raggio di San Vittore, diviene la cifre emblematica nell’omelia pronunciata davanti al penitenziario dal cardinale che porta la grande e semplice croce di legno e accoglie la lampada della misericordia accesa all’apertura dell’Anno Santo nella Casa circondariale. A tutti i fedeli – non mancano la direttrice di san Vittore, Gloria Manzelli, gli agenti di Polizia penitenziaria, i volontari – si rivolge l’intensa parola dell’arcivescovo che prende avvio proprio dal brano di Luca. “Chi è questo uomo che perdona? Anche noi dobbiamo porci la questione. Non abbiamo bisogno di questo sguardo? Chi di noi è libero dal peccato, ma soprattutto chi può liberarsi da sé dal peccato?” Una parola, quella di peccato – nota il cardinale Angelo Scola – che pare essere stata eliminata dal nostro vocabolario di autogiustificazione, per cui al massimo, provando un poco di senso di colpa “che è solo l’atrio del dolore dei peccati” “si parla di errore o di svista”. Eppure, “questo gesto di stasera parla da solo, per la nostra Milano che di perdono ha bisogno, come tutte le città del mondo”. Cita, l’Arcivescovo, i carcerati stessi “dobbiamo cercare Gesù, incuranti dei giudizi, sicuri del suo appoggio, forti nella misericordia, ogni volta che incontriamo Gesù nella Messa dobbiamo accettare di sentirci peccatori per sentire la dolcezza del perdono” – e osserva: “Cercare il volto di Cristo, sarebbe già un contributo ecclesiale e civico di straordinaria portata”. E, poi, ancora, le frasi del “Femminile” sulla donna che circonda di amore non possessivo Gesù: “per favore, non rubateci l’Amore vero, non rubateci la speranza”, per cui il Cardinale dice: “Il commento stupendo di queste donne, da cui ci sentiamo profondamente toccati, testimonia che laddove c’è solo possesso non c’è amore”. Al contrario, riconoscere i nostri errori aiuta a costruire responsabilità verso gli altri e ci offre stimoli per crescere: “Quando prendiamo un momento di respiro dal nostro ritmo di vita indiavolato e ascoltiamo chi è nella giusta espiazione, chi è capace di andare al fondo di sé, domandiamoci se anche noi, nel no- stro ‘autismo’ incapace di comunicazione, non siamo ‘chiusi’ e come pietrificati”. “Questo nostro camminare per le vie è l’espressione potente di Cristo che dà senso alla nostra vita nelle gioie e nel dolore, nelle ansie e nelle speranza. È un passo, un segno stabile per la Chiesa, per le realtà associative, per la Milano metropolitana e per tutte le terre ambrosiane. Avviciniamoci alla Pasqua senza dimenticare il sacramento della Riconciliazione e doniamo qualcosa di noi stessi, qualche gesto di amore, soprattutto agli ultimi e ai bisognosi. Abbiamo in comune Gesù, questa è di gran lunga la comunanza più decisiva”. Una fratellanza che si esprime, a conclusione, nel partecipato gesto di misericordia proposto, quale simbolico digiuno penitenziale, raccogliendo offerte per finanziare borse lavoro a favore di chi è uscito dal carcere. Annamaria Braccini per Lachiesadimilano.it 13 Chiesa Papa Francesco visita a Roma i “fratelli maggiori” Dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, papa Francesco è il terzo pontefice a incontrare a Roma la comunità ebraica S ono ancora forti l’emozione e l’eco del significato religioso e storico della visita di domenica 17 gennaio alla sinagoga di Roma di Papa Francesco. È il terzo papa dopo Giovanni Paolo II nel 1986 e Benedetto XVI nel 2010 a recarsi nel luogo di raduno degli israeliti della capitale. Gli ebrei sono più che mai “i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede”, ha ribadito papa Francesco per rimarcare l’appartenenza “ad un’unica famiglia” e “l’inscindibile legame che unisce cristiani ed ebrei”. Una visita che, in un clima di grande calore, affetto, cordialità ed emozione ha manifestato concretamente, anche con gesti forti, i sentimenti di vicinanza e amicizia, dopo i passati contrasti. Papa Bergoglio ha fatto appello a un’unità ancor più necessaria in un’epoca di estremismi religiosi che seminano terrore. Dopo aver pregato davanti alla lapide che commemora il rastrellamento del Ghetto il 16 ottobre 1943 e salutato gli ex deportati, sopravvissuti ai lager, il pontefice ha espresso il monito che non siano mai dimenticati gli orrori della Shoah. L’omaggio alla lapide che ricorda la deportazione degli ebrei romani nel 1943 e a quello all’effigie in ricordo di Stefano Gaj Taché, il bambino di due anni ucciso nel- 14 l’attentato terroristico del commando palestinese nel 1982, seguito dall’incontro con la famiglia del piccolo e con le persone rimaste ferite, sono stati i due intensi momenti iniziali della visita alla Comunità ebraica. Il papa, portando “il saluto fraterno di pace dell’intera Chiesa cattolica”, ha voluto ricordare quanto, fin dai tempi di Buenos Aires, gli stiano “molto a cuore” le relazioni col mondo ebraico. “Voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede”, ha ripetuto, tra gli applausi, l’espressione coniata da papa Wojtyla, augurandosi ancora “che crescano sempre di più la vicinanza, la reciproca conoscenza e la stima tra le nostre due comunità di fede”. In questi 50 anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che ha aperto il dialogo tra le due confessioni, “indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza. Da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli”. “Sì”, quindi, alla “riscoperta delle radici ebraiche del Cristianesimo”, e “no” ad “ogni forma di antisemitismo”. Il Papa ha detto: “Proprio da un punto di vista teologico, appare chiaramente l’inscindibile legame che unisce cristiani ed ebrei”. a cura di Arc. B Francesco e Kirill, un incontro già nella storia A Cuba, l’abbraccio tra fratelli cristiani del papa e del patriarca di Mosca. Nella dichiarazione comune la preoccupazione per tutti i cristiani perseguitati A eroporto Internazionale "José Martí" di L’Avana, a Cuba, venerdì, 12 febbraio 2016, prima di iniziare il viaggio apostolico in Messico che durerà fino al 18 febbraio, avviene l’incontro del sano padre Francesco con sua santità Kitill, patriarca di Mosca e di tutta la Russia. Un fatto storico che accade dopo millenni di divisione e che apre strade insperate per l’unione dei cristiani e per l’unità di tutta la Chiesa di Cristo per la quale Gesù stesso ha pregato nell’Ultima Cena del Giovedì santo davanti agli apostoli. Un abbraccio e tre baci, poi un lungo sguardo fisso negli occhi. Papa Francesco e il patriarca Kirill di Mosca si sono incontrati in una sala dell’aeroporto internazionale dell’Avana. Le telecamere riprendono in diretta planetaria un incontro che butta giù un millennio di lontananza. Poi quello scambio di battute intercettate dai microfoni accessi: “Hermano, hermano, fratello, fratello, somos hermanos, finalmente!”, dice papa Francesco. “Ora le cose sono più facili”, ha ribattuto Kirill. “È chiaro che quello che sta succedendo oggi è la volontà di Dio”, ha replicato Francesco. Le luci dei flash e delle telecamere si spengono, le porte si chiudono e i due primati rimangono in colloquio privato per due ore in una saletta preparata appositamente. Quando escono, ad attenderli, tutti in piedi, ci sono le delegazioni della Santa Sede con in prima fila il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, e il metropolita Hi- larion, capo del Dipartimento del Patriarca per le r e l a zioni esterne, c h e hanno lavorato assiduamente e dietro le quinte per la realizzazione dell’incontro. E davanti a loro, Kirill e Francesco firmano una Dichiarazione comune lunga una decina di pagine e suddivisa in trenta paragrafi che toccano tutti le questioni del mondo moderno, dai martiri delle fede e dall’unità della Chiesa alla famiglia, dalle guerre all’emergernza dei migranti. “Abbiamo svolto una discussione fraterna di due ore - ha detto il patriarca Kirill prendendo per primo la parola -. È stata una discussione piena di contenuti che ci ha dato la possibilità di comprendere e sentire la posizione dell’uno e dell’altro. I risultati di questo colloquio permettono di dire che le nostre due Chiese possono lavorare attivamente insieme e con piena responsabilità” affinché “non ci sia più la guerra, affinché ovunque la vita umana sia rispettata e perché si rafforzino le fondamenta della morale della famiglia e della persona”. Papa Francesco nel suo breve intervento torna a ribadire le fondamenta del suo ecumenismo: “Abbiamo parlato come fratelli. Abbiamo lo stesso Battesimo. Siamo vescovi”. Anche il papa parla di una discussione franca e “senza mezze parole” e, prima di lasciare L’Avana, ha rivolto un pensiero al popolo cubano e al suo presidente Raul Castro. “Se continua così - ha detto -, Cuba sarà la capitale dell’unità”. 15 Vita comunitaria Chiedere a Maria una fede più grande Giornata del malato nell’anniversario dell’apparizione di Lourdes È particolare il popolo che partecipa alla Messa delle 15.30 di giovedì 11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes e dell’ammalato. Sono persone che da tempo non riescono più a essere presenti in chiesa. Presiede la celebrazione eucaristica don Mario e concelebra don Giorgio. All’inizio della Santa Messa, prima della richiesta di perdono, don Mario fa una piccola introduzione. “Ci raduna questo pomeriggio innanzitutto la festa della Beata Vergine Maria in ricordo dell’apparizione della Madonna a Bernadette alla grotta di Lourdes. Alla Grotta di Lourdes si rivolgono in particolare gli ammalati quando hanno bisogno di aiuto, quelli che domandano una fede più grande. Per questo in questo pomeriggio ci siamo trovati insieme per affidare alla Vergine Maria le nostre fatiche, le nostre domande, le nostre paure, i nostri dolori, le incertezze che la vita che avanza pone continuamente alla nostra attenzione. Per essere degni di questo incontro con il Signore chiediamo perdono delle nostre colpe”. Dopo le letture, si legge l’episodio del Vangelo dell’incontro di Maria con santa Elisabetta, don Mario tiene l’omelia. “Anzitutto benvenuti a tutte voi e a tutti voi a questo momento di preghiera. Forse qualcuno di voi non sa chi sono. Mi chiamo don Mario e da una settimana sono qui anche ad abitare. L’arcivescovo mi ha mandato a fare il parroco in questa chiesa. E sono contento di celebrare l’Eucaristia questo pomeriggio nel giorno della festa nell’ anniversario dell’apparizione della Madonna a Lourdes. Colpisce il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato. Perché mi colpisce? Mi colpisce innanzitutto il progetto di Maria che va a trovare la sua cugina Elisabetta che è in difficoltà perché aspettava un bambino ed era avanti in età. Dice il Vangelo che Maria “in tutta fretta” va a trovare la cugina Elisabetta. Colpisce questa 16 frase: perché va “in tutta fretta”? Perché Maria è come piena del dono di Gesù. L’annuncio dell’Angelo le aveva detto che sarebbe diventata la madre di Dio, la madre di Gesù e lei è colma di questa presenza, ma questa presenza la induce immediatamente ad andare dagli altri. È una pienezza che riempie la vita che uno non può trattenere per sé, uno desidera comunicare quello che ha ricevuto. È come quando siamo a tavola e riempiamo troppo il bicchiere che si spande su tutta la tovaglia, è la sovrabbondanza. La Madonna aveva la sovrabbondanza di un dono, di una certezza e per questo va a trovare la cugina Elisabetta. È vivere la carità e vivere la carità può nascere solo dalla sovrabbondanza, è un impegno della persona: uno ha ricevuto un dono così grande che non può più trattenerlo per sé. E credo che la vostra generazione, voi che adesso siete un po’ avanti negli anni, è proprio la generazione che ha dato tutto, anche alla mia generazione, ha dato veramente tutto della propria vita con una certezza, con una gratuità di cui noi dobbiamo essere veramente grati a voi. E questa sovrabbondanza deve ancora accompagnare la nostra vita, qualunque sia la condizione che noi viviamo, magari di fragilità, che uno scopre andando avanti negli anni, o di malattia. Ma è come se tutto questo fosse vivo per la certezza della misericordia con cui il Signore si china amorosamente sulla vita di ciascuno di noi. E quando qualcuno riesce a dire la propria fragilità, il proprio male, il proprio dolore, le proprie fatiche è un dono verso il Signore perché cresca il suo amore tra gli uomini, perché cresca la Chiesa, perché cresca il bene dentro il mondo, questo nostro povero mondo. Uno si dice: che cosa posso fare io? Sono a casa, non posso più fare niente. E la mia vita? Tante volte non è capace neanche di uscire, eppure qualsiasi piccola cosa che si fa nella propria casa, se offerta al Signore per il bene di tutti, è veramente capace di cambiare il mondo. Una piccola cosa è poi il segno di quel possibile cambiamento della vita dell’uomo. La prima parola è la sovrabbondanza di questo dono che il Signore ci fa come a Maria. E proprio per questo la carità è grande. Poi mi colpisce quel che succede: quando Elisabetta incontra Maria, dice il Vangelo, “il bimbo le sussultò in grembo”. Mi ha sempre colpito questa cosa, perché? Perché è il primo incontro tra la divinità e l’umanità. Tra la divinità che Maria portava in sé in grembo e l’umanità che Elisabetta portava in grembo pure lei: era Giovanni Battista. È il primo incontro tra il divino e l’umano, e questo incontro è come se facesse sussultare quel bambino che era in grembo a Elisabetta e quel bambino era il segno di tutto il mondo che aspetta la presenza del Mistero, del divino, di Dio nella vita. Per questo quel sussulto. Qualunque sia la condizione che uno vive, c’è questa scoperta che, quando si incontra Gesù, quando si incontra Colui che è il senso di tutte le cose, il nostro cuore sussulta, è contento e dice: non c’è proprio nulla nella vita che va perso, non si perde proprio nulla nell’esistenza. Ieri, come sapete, c’è stato il funerale di don Savino che ha guidato questa parrocchia per otto anni. Mi ha colpito quello che mi diceva, me lo diceva lui, lui che era ammalato da tre anni, diceva: ‘Vedi, io non posso più fare nulla, meglio sembrerebbe che io non possa fare nulla, io sono ancora pieno di energia, ho voglia di vivere, ho voglia di fare le cose, per la malattia non ho più fatto nulla, eppure attraverso questo nulla il Signore ha compiuto grandi cose, nella vita della gente, nella vita della parrocchia, a Corsico. Tante persone hanno incominciato a cambiare vita. Ho scoperto che senza fare nulla e affidando questo nulla al Signore ho scoperto che sono diventato utile a tutti, utile alle persone che cercano la verità, utile a chi ha il desiderio dentro al cuore’. Il numero di persone che c’era ieri al funerale ha proprio detto questa cosa: c’erano almeno cento sacerdoti e c’era gente fuori anche sul sagrato. Aveva detto: sono malato, non posso fare nulla, ma c’era il sussulto della presenza del divino, della presenza di Gesù, che è capace di cambiare le cose. Per questo la vita diventa una gratitudine immensa come dice il canto di Maria: ‘L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore’. Questa gratitudine compare nella nostra vita, compare nella nostra giornata, soprattutto quando al mattino ci si alza e si è già stanchi e si ha davanti tutta la giornata e si chiede: che cosa farò, che cosa sarò capace di fare, che fatica affrontare la vita, tutto questo viene superato dalla gratitudine e dalla certezza che non siamo soli nel cammino della vita. Maria, quando ha detto sì, era certa di questa presenza nella sua vita, perché lei ha dovuto incontrare dolori, incertezze, era lì sotto la croce e ha ripetuto il suo sì. Quel sì le ha riempito la vita di gratitudine verso il Signore che l’aveva scelta. E che questo, per intercessione di Maria, possa accadere a ciascuno di noi”. Dopo la Comunione i due sacerdoti hanno amministrato l’Unzione degli infermi a chi lo ha desiderato. Dopo la preghiera in comune, è arrivata la festa nel salone dell’oratorio alla quale erano presenti anche i bambini travestiti per il carnevale. Dolci, chiacchiere e il rinnovarsi di vecchie amicizie. 17 Spirito Quaresima 2016: l’esperienza degli esercizi spirituali Al mattino e alla sera la meditazione di un giovane prete per aiutarci a vivere il momento propizio di questa parte dell’anno liturgico U na novità della Quaresima di quest’anno è stato un percorso di esercizi spirituali con a tema “La misericordia cambia il mondo”. A predicarli è stato chiamato don Nicolò Ceccolini, un sacerdote giovane della Fraternità missionaria di San Carlo Borromeo, venuto apposta da Roma per stare con noi per quattro giorni, dal 28 febbraio al 2 marzo. Domenica 28, don Nicolò nelle omelie di tutte le Messe, prendendo lo spunto del Vangelo in cui si racconta l’incontro di Gesù con la donna samaritana venuta ad attingere l’acqua al pozzo di Giacobbe, ha ricordato come il Signore viene sempre per primo incontro all’uomo peccatore per offrirgli “l’acqua viva”, bevendo la quale l’uomo non avrà più sete, anzi diventa lui stesso la fonte di acqua che zampilla fino alla vita eterna. E la risposta è solo la fede e l’apertura del cuore per accogliere la misericordia di Dio, come accadde alla donna samaritana. Nei giorni feriali seguenti (lunedì 29 febbraio, martedì 1 e mercoledì 2 marzo) le lezioni sono state predicate in due momenti diversi: al mattino alle ore 9 (dopo la Messa 8.30) e alla sera alle ore 21 per dare la possibilità di partecipare alle persone occupate durante la giornata. Il tema di lunedì diceva: Un uomo smarrito: la guarigione del paralitico. “Ti sono perdonati i tuoi peccati”. Il racconto dell’evangelista Marco, quasi una cronaca dei fatti avvenuti, descrive Gesù presente a Cafarnao (in quel periodo abitava nella casa di Pietro) sempre circondata da una 18 numerosa folla che lo ascoltava e che gli portava gli ammalati e gli indemoniati perché li guarisse. Un giorno gli amici di un paralitico, perché non riuscivano ad avvicinarsi a Gesù, chiuso in casa assediato dalla folla, scoperchiarono il tetto per calare giù il lettuccio con il malato per presentarlo al Salvatore. Gesù come prima azione dichiara che gli sono perdonati i suoi peccati e di fronte all’obiezione dei farisei guarisce il paralitico per affermare il suo potere. Don Nicolò fa meditare sugli amici che con fede lo portano da Gesù superando l’ostacolo della folla, sulla divinità di Gesù che rimette i peccati e guarisce e anche sul paralitico al quale ordina di portarsi via il lettuccio e cioè che l’uomo redento non deve rinunciare a nulla della sua vita passata, anzi tutta quanta è redenta. Al martedì il tema era: Un padre che cerca, il figliol prodigo. “Commosso gli corse incontro”. Luca, nel Vangelo, tratteggia con precisione le tre figure, quelle del padre, del figlio minore e anche quella del figlio maggiore. Don Nicolò riflette sui tre personaggi: il figlio minore che cerca la libertà lontano dal padre, ma che alla fine ritorna pentito; il figlio maggiore che resta in casa, ma è triste come se fare la volontà del padre lo rende triste e il padre che cerca entrambe i figli, che non smette mai di amarli e di volerli con sé, come il Padre celeste che ama per primo tutti i suoi figli che ha creato. Al terzo giorno il tema dichiarava: Una af- fezione sempre nuova, in casa di Simone “Ha molto amato”. Ancora Luca racconta in questa pagina di Vangelo della donna peccatrice che lava i piedi di Gesù con un unguento prezioso, li asciuga con i suoi capelli e piange lacrime di pentimento. Fatti questi che Gesù sottolinea in rapporto con la trascuratezza del padrone di casa Simone quando Gesù è entrato nella sua casa. Ancora una volta sono la tenerezza e la misericordia di Dio che sono al primo posto di fronte agli uomini. I bambini del catechismo in visita a Sant’Ambrogio S abato 30 gennaio, con i bambini del catechismo di terza elementare siamo andati in visita alla Basilica di S. Ambrogio. Il nostro desiderio era quello di far loro incontrare un grande Santo e di attraversare la Porta Santa e in questo siamo stati aiutati da Don Stefano che ha introdotto ai bambini il significato del Giubileo della Misericordia. Alcuni di loro hanno voluto raccontare questa giornata: “…mi ha colpito molto il corpo di S. Ambrogio tra i due martiri che sono Gervaso e Protaso, che tra l’altro, sono stati trovati da Sant’Ambrogio stesso e quindi i corpi dei martiri sono più antichi della Basilica…” “…mi è piaciuto quando nella cappella vicino alla cripta la catechista ci ha raccontato la storia di S. Ambrogio, in particolare quando Sant’Ambrogio trova le reliquie dei martiri…” “…abbiamo aperto la Grande Porta e quando l’abbiamo passato abbiamo detto qualche preghiera…” “…abbiamo visto i due campanili: il più piccolo è più antico del grande, il grande è meno antico. In cima alla colonna ci sono delle sculture che rappresentano il bene e il male. C’erano dei disegnini sui muri e c’era anche l’altare d’oro con scolpita davanti la vita di Gesù e dietro la vita di S. Ambrogio…” “…dentro alla chiesa abbiamo visto due colonne; la colonna a sinistra era con il bastone di Mosè diventato serpente e poi c’era quella di destra” “…dopo dovevamo fare un gioco ma era troppo tardi e quindi per premio di consolazione ci hanno dato le caramelle. Infine abbiamo fatto una foto. Siamo saliti sull’autobus e abbiamo cantato un po’di canzoni tipo O Maria Salvador, Uno di quei giorni, Da Roma a Bankok…” “…e’ stata una bellissima gita…” “…spero che faremo ancora una gita di questo genere. Arrivederci e grazie di aver letto questo pensiero…” Certo è stata una mattinata speciale, ma la grazia che ci ha commossi maggiormente è stata quella di accorgersi che noi apparteniamo ad una storia grande che ancora oggi ci attende e che attraverso la vita di uomini santi e il volto di chi ci accompagna è offerta anche a noi. Le catechiste e i bambini di terza 19 Società italiana La gente è convenuta per un’esperienza vissuta I l Family Day del 30 gennaio scorso a Roma è stato un evento sorprendente già per il semplice fatto di essere accaduto; nel senso che nel contesto frammentato di oggi il riunirsi spontaneo di molti in nome di un’idea e di un giudizio su una una realtà importante è un fatto di grande rilievo, di cui quasi più nessuno è capace. La gente poi era là convenuta in gran parte come famiglie, in modo dunque non ideologico, ma concretamente ancorato a un’esperienza vissuta e sentita come un prezioso patrimonio da proteggere, da difendere, da proporre. Il Family Day è stato così un evento che, al di là dei suoi possibili limiti, è stato un momento di connessione tra un popolo, quello delle famiglie, e una cultura, sintetizzata in alcuni giudizi su una delle questioni più rilevanti del nostro tempo, quella appunto della famiglia. Per tutto ciò non può non colpire, a mio avviso, che sull’evento siano state dette molte cose, a favore o contro, ma senza valutare questo aspetto di iniziativa popolare e culturale insieme (oppure valutandolo solo dal punto di vista del suo peso o pericolo per gli equilibri politicopartitici). Invece è stato un esempio molto significativo di come potrebbe essere in generale una rinnovata presenza civile dei cristiani, come testimonianza e come forma di presenza politica non partitica, in un mondo che metterà sempre di più alla prova le realtà umane essenziali. Un caso significativo in questo senso è la proposta di legge Cirinnà sulle unioni civili, ancora in discussione in Parlamento. Il punto capitale è il tentativo in essa con- 20 tenuto, sinora solo parzialmente contrastato, di equiparare tra loro tutte le forme di unioni sessuali in qualche misura stabili, con l’inevitabile conseguenza di far perdere al matrimonio, e quindi alla famiglia, la speciale considerazione giuridica di cui gode ancora nel nostro ordinamento. Che significa non riconoscere più che matrimonio e famiglia siano beni, e produttori di beni fondamentali e indispensabili alla buona vita umana. Francesco Botturi Il Consultorio La Famiglia Il Consultorio La Famiglia Onlus è un’Associazione a sostegno della famiglia nei suoi molteplici possibili bisogni di tipo sociale, medico e psicologico. Inizia la sua attività nel gennaio 1977. Una storia lunga 38 anni... Siamo, in via Arese 18, 20159 Milano. I nostri orari. Dal lunedi al venerdi 9 - 13 e 14 - 19 Sabato: 10.30 - 12.30 Il consultorio La Famiglia Durante la Giornata della Vita alla Messa delle 10 sono state benedette le mamme in attesa e quelle che avevano figli neonati. Ecco le testimonianze di due di loro C iao Rosi! Come stai? Noi siamo a Roma da due settimane, non è facile essere in una nuova città e lontano da amici e famiglia, soprattutto adesso che c’è Maria! A parte i primi giorni molto faticosi, nei quali la tristezza ha spesso preso il sopravvento, ora va meglio. Abbiamo trovato delle amiche con bimbi da andare a trovare durante la settimana... E poi aspettiamo di poter andare a fare il corso di acquaticità il mese prossimo. Maria è sempre una bimba buona e tranquilla e ora ha proprio bisogno di attenzioni, vuole essere intrattenuta e a modo suo chiacchiera e ride sempre. Una cosa che mi manca molto è l’appuntamento in consultorio con voi e con le altre mamme! Ne ero certa anche prima, ma adesso che sono qui a Roma mi accorgo di come sia davvero un aiuto grande avere un posto così. Un posto dove ci si sente accompagnate in questa avventura nuova, un posto nel quale sia mamma sia bimbo possono riposare e stare bene insieme perché non sono soli. Infatti sono grata perché per due mesi ho avuto la possibilità di venire lì. Ora torno la settimana di Pasqua e verrò all’incontro sul sonno del bimbo il 23 marzo. Spero di vedervi presto. Un abbraccio anche da parte di Maria! Ciao! Rita D a pochi giorni Caterina ha compiuto il suo primo anno. Che impressione e nello stesso tempo commozione guardare a tutti i giorni che sono passati dal primo adoggi. E il primo non è solo il giorno in cui è nata, in cui per la prima volta dopo tanto tempo l’ho vista e per la prima di tantissime volte l’ho presa in braccio, velocemente, prima di lasciarla nelle mani di mio marito che aveva degli occhi così belli tra il riso e le lacrime che sono l’unica cosa che di tutto quel parto non ho dimenticato. Ma il primo giorno è anche quello in cui ho scoperto che c’era, che l’aspettavo, e il giorno dopo quando sulle scale dell’ufficio ho chiamato questa Gloria del consultorio, mai vista e mai sentita, ma che per fortuna (mia, sua non so..) era ancora a Milano a lavorare anche se era piena estate. La prima di una lunghissima serie di telefonate, in cui con grande amore e pazienza Gloria ci ha accompagnato in tutti i momenti, soprattutto i più difficili dell’inizio quando Caterina non era proprio sicurissima di voler rimanere attaccata alla sua mamma. Volevo ringraziare tutte voi per la dolcezza, la materna attenzione, la precisione, la pazienza con cui ci avete accolto e aiutato in tutti i momenti, nell’attesa, durante le visite, nei consigli, la ginnastica, e perfino facendo a turno per venire a trovarmi a casa a insegnarmi ad allattare (giuro che al prossimo figlio mi impegnerò ancora di più a imparare!). Ciò che più ha stupito me che, prima di rimanere incinta così “a sorpresa”, un consultorio non sapevo manco bene cosa fosse è che io mi aspettavo in fondo di trovare un “centro medico” e invece ho trovato una famiglia dove tutti, dalla dottoressa alle signore che ti accolgono, hanno a cuore te e la tua famiglia, senza dimenticare nessun aspetto. Ancora grazie di cuore e... speriamo a presto! Lucia 21 Missioni Centro Edimar: 2015 un bilancio Padre Maurizio, missionario del Pime, da anni accoglie offrendo amicizia ragazzi di strada ed ex carcerati P adre Maurizio Bezzi, missionario del Pime, in Cameroun da 1987, è certo della bontà del cammino iniziato con il Centro sociale Edimar, di Yaoundé, aperto nel 2002, e a tredici anni dall’apertura traccia una sorta di bilancio. In questi anni ha dovuto talvolta fermarsi, sedersi, riprendere fiato, riflettere, cercare dei compagni di strada che lo aiutassero a restare sulla via verso le periferie come insegna papa Francesco. In questi anni padre Maurizio ha incontrato migliaia di ragazzi, molti dei quali trasformati, diciamolo, da piccoli delinquenti a persone con un lavoro e da orfani tornati in una famiglia in cui si amano. Il mezzo? Un’amicizia che li ha fatti sentire amati nella loro persona. Il Centro Edimar è rimasto fedele nel tempo al suo tentativo di continuare a proporre ai ragazzi di strada una “Educazione possibile”. Talvolta il cambiamento è un miracolo, come racconta padre Maurizio. Un ragazzo ferito a una mano da un altro ospite del Centro si era comprato un machete per vendicarsi, ma un giorno si presenta al padre e glielo consegna rinunciando alla vendetta che è così comune in quella cultura: “Ascoltando quello che dite nei vostri incontri ho perso il desiderio di vendicarmi…” e si mette a piangere sulla sua vita, sul suo passato e piange riconoscendo che il suo cuore è cambiato. Un altro che lavava le auto, un giorno ha trovato una grossa somma e non l’ha toccata pensando al- l’amicizia che viveva al Centro… Come questi, tanti altri giovani sono passati dal Centro Edimar dove hanno studiato, hanno imparato un mestiere, hanno imparato la strada per reincontrare la propria famiglia, loro che erano stati abbandonati o se ne erano andati per vivere in strada. Nel 2015 al Centro Edimar è stato posto l’accento sulla formazione degli educatori, sulla stabilizzazione delle coppie che vivevano in strada o che erano ex detenuti, e si è realizzato un programma di preparazione alla vita di famiglia con anche la gestione finanziaria e delle risorse familiari. Con quest’opera di educazione padre Maurizio nota anche una riduzione di atti di violenza nelle coppie e una maggiore regolarizzazione. Al Centro Edimar nel 2015 ci sono state circa 30 mila accoglienze. L’infermeria, la scuola, la biblioteca, l’apprendistato e la formazione al lavoro e anche il gioco e il teatro: tutte attività fatte per conquistare il cuore di questi giovani. Un sorriso, uno sguardo, un’amicizia, assieme a queste azioni, il missionario propone anche temi che gli stanno a cuore e che sono l’essenza della sua presenza il terra di missione. a cura di Silvia 22 Incontro Guarire grazie a preghiera, lavoro e amicizia Un incontro con cena è l’inizio di un dialogo in cui si viene a conoscere come una comunità recupera tanti giovani C on padre Giancarlo Iollo parecchi derganesi hanno un rapporto d’ amicizia da quando lui era ragazzino del quartiere, e mercoledì 27 gennaio ci si è ritrovati in Sala Veronelli per una ricca cena preparata da cuoche abili, seguita da un altrettanto ricco dialogo. Padre Giancarlo ha innanzitutto mostrato un breve video sulla nascita e la storia della Comunità Cenacolo, dove ora vive svolgendo il suo ministero tra giovani e adulti segnati da esperienze di droga e altre dipendenze. Iniziata coraggiosamente da madre Elvira nel 1983 e ora diffusa in 61 case in tutto il mondo, la comunità si è estesa con una proposta specifica alle famiglie, perché madre Elvira si accorse che i disagi e le sofferenze dei suoi ragazzi avevano un’origine anche familiare. Con grande semplicità, Ambrogio e Marilena infatti ci hanno poi raccontato la loro vicenda di genitori di un ragazzo finito nella tossicodipendenza, la ricerca di un aiuto perché da soli non sapevano come aiutarlo, l’incontro con qualcuno del Cenacolo, il cammino di coppia e di famiglia durato per anni e tuttora in corso. Ora si occupano dell’accoglienza dei genitori che arrivano disperati accompagnando il figlio, e li accompagnano nel percorso che porta a un nuovo rapporto tra di loro, e con lui, che normalmente guarisce grazie a preghiera, lavoro e amicizia. Questo è il metodo di madre Elvira. “Dio ha così tanta fantasia che ha suscitato questo carisma di madre Elvira per arrivare a salvare mio figlio”, ha concluso com- mossa la mamma. La sua gratitudine la fa essere responsabile col marito della Comunità nella zona di MilanoMonza. Con la sua vivace testimonianza degli impegni e dei viaggi in varie comunità anche all’estero, padre Giancarlo ci ha reso partecipi della sua esperienza e della sua vocazione, spesso difficile e sfidata dal male e dal peccato, dalla distruzione dell’umanità nelle persone e dalla loro sfiducia in un recupero. La preghiera, anche l’adorazione notturna, l’accoglienza misericordiosa e la condivisione dei ritmi della Comunità lo rendono felice e operoso in quel di Saluzzo, ma anche altrove. Ha voluto concludere l’intensa serata con un vero regalo a tutti noi : un recentissimo video di pochi minuti, girato in occasione del compleanno di madre Elvira, la madre che ha accolto tanti e costruito realtà impensabili. Ora è anziana, la salute declina, ma il cuore è fisso a Gesù e lo slancio è sempre lo stesso. Ha detto la fondatrice della Comunità: “È questo il nostro messaggio: vogliamo essere questa speranza viva di una misericordia sempre presente”. Carla ed Elisa 23 Misericordia Opere di misericordia: consigliare i dubbiosi Il dubbio fa parte della cultura moderna, è atto di misericordia stare vicino ai dubbiosi perché scoprano la verità I l dubbio indica lo stato di incertezza in cui si trova una persona. È la condizione di chi non sa scegliere, di chi esita e rimane sospeso perché manca di una visione chiara e sicura. La problematicità della vita si fa sentire nel dubbioso in maniera sconvolgente, così da renderlo debole, insicuro e per questo esposto a ogni sorta di rischio. La vita del dubbioso, purtroppo, oscilla pericolosamente dalla paura all’angoscia, creando situazioni di vera sofferenza. Il dubbio. È con questo tema che abbiamo bisogno di confrontarci noi, uomini moderni, che abbiamo elevato il dubbio a metodo. Soprattutto, da quando Cartesio lo ha fatto diventare chiave di volta per possedere la conoscenza certa. Diciamolo con chiarezza: l’estensione del dubbio oltre misura non consente all’uomo di ritrovare se stesso e di dare alla sua vita il fondamento e la certezza di cui ha bisogno. Il fine a cui tendere, dunque, è la verità non la permanenza infinita nel dubbio. La ricerca della verità, quindi, è un dovere di carità e la vicinanza al dubbioso Francesca Nelli Direttore Tecnico 02.365.953.12 24h su 24 FNP Servizi Funebri Via Livigno 18 - Milano 24 è una responsabilità che chi ama non può rifiutare di offrire. È necessaria la ricerca e la condivisione perché il cammino verso la verità non è mai un percorso solitario, ma sempre un sentiero condiviso. Forse, in alcuni momenti potrà anche interrompersi, ma rimarrà inalterata e sempre presente la cima verso cui tendere. Si comprende perché la Chiesa la consideri un’opera di misericordia. Pertanto la misericordia diventa stare vicino al dubbioso e con lui instaurare il dialogo perché la verità prenda corpo, la mente si illumini e la volontà diventi capace di scegliere. Ciò che entra in gioco, alla fine, è l’esercizio della vera libertà. Il dubbio abilita alla scelta, ma questa va sostenuta dalla verità trovata. Quest’opera di misericordia ha un valore profondamente umano. L’essenza dell’uomo è messa in questione con il dubbio, la verità e la libertà raggiunte gli restituiscono dignità. Per alcuni versi, è proprio Blaise Pascal che riesce a portare in equilibrio la nostra problematica quando scrive: “Bisogna saper dubitare quando è necessario, affermare quando è necessario e sottomettersi quando è necessario. Chi non si comporta così, non capisce la forza della ragione. Ci sono persone che sbagliano contro questi tre principi o affermando tutto come apodittico, perché non si intendono di dimostrazione; o dubitando di tutto, perché non sanno a chi bisogna sottomettersi; o sottomettendosi in tutto, perché ignorano quando si deve giudicare”. Queste pa- role sono preziose perché esprimono nello stesso tempo la forza della ragione, sia quando si fa padrona con il dubbio sia quando sa accettare il suo limite di non poter andare oltre. Il consiglio verso il dubbioso, a questo punto, giunge come espressione di amore. Si ritorna, infatti, al cuore, alla condivisione e alla misericordia come forma e anima dell’agire cristiano. Solo così le nostre parole entrano nell’intimo della mente e chi le riceve si sente amato prima ancora che giudicato. Fuori da questo orizzonte, il rischio di chiedere un consiglio per ricevere solo l’approvazione a quanto abbiamo già deciso, oppure di dare un consiglio per mostrare la nostra superiorità è sempre all’erta. È urgente, invece, farsi carico dell’altro, diventare solidale con lui, e per paradossale che possa sembrare, dubitare e ricercare con lui. Non con l’arroganza di chi ha già raggiunto la verità, ma con la passione e il desiderio di ricercarla insieme, pur sapendo di avere ricevuto già in dono la certezza della fede. E poiché “la fede viene dall’ascolto” (Rm 10,17) è necessario che chi è chiamato a dare consiglio sappia far tesoro del silenzio. Prima di indicare la strada che un altro deve percorre è necessario che io per primo abbia fatto quel percorso perché la mia parola sia credibile e il consiglio offerto efficace. don Giorgio Brianza Caritas Progetti di solidarietà Nell’indire il Giubileo della Misericordia, papa Francesco ha esortato a porre particolare attenzione alle sofferenze del mondo, a dare voce a chi non ha voce a causa dell’indifferenza, ad aprire il nostro cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, a stringere le loro mani perché sentano il calore della nostra presenza, a “portare una parola e un gesto di consolazione”, ad “annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù” e a “restituire dignità a quanti ne sono stati privati”. Questo invito interpella tutti noi! In un tempo caratterizzato da flussi straordinari di migranti che fuggono da guerre, fame, disastri ambientali e persecuzioni di ogni tipo nelle loro terre di origine e sono “in cammino verso una speranza di vita”, la Cei chiede una attenzione speciale a forme e percorsi di accoglienza e di riconciliazione. Nel riconoscimento del “diritto di rimanere nella propria terra” papa Francesco invita tutti noi ad adoperarsi anche per una solidarietà concreta proprio nelle terre d’origine dei migranti: questo rappresenta un’importante occasione di collaborazione e valorizzazione delle esperienze e competenze di cooperazione internazionale e missionaria presenti a livello nazionale e diocesano. L’impegno a sostenere le Microrealizzazioni Giubilari va, quindi, nelle due direzioni: garantire adeguate condizioni di accoglienza e contribuire alla rimozione delle cause che spingono alla fuga dai propri luoghi di origine. In occasione della Quaresima di fraternità 2016 Caritas Ambrosiana e Ufficio Diocesano per la Pastorale Missionaria propongono tre progetti in ambito delle Microrealizzazioni Giubilari proposte all’interno della campagna “Il diritto di rimanere nella propria terra”. I progetti saranno realizzati in Serbia, Macedonia e Croazia: - Serbia: una mensa per i migranti; - Macedonia: formazione per i volontari; - Croazia: pasti caldi a Slavonski Brod. 25 Comunità parrocchiale Visitare gli ammalati La visita in una casa di riposo per anziani: un’esperienza nuova per i ragazzi che in questo modo rendono concreto l’anno di misericordia che il papa ha indetto per questo 2016 Q uest’anno è l’anno della Misericordia, noi, ragazzi di prima media ci troviamo tutti i venerdì pomeriggio in oratorio. Giochiamo, stiamo insieme e qualche volta ceniamo. Spesso prima del gioco ci dividiamo a gruppetti e cerchiamo di affrontare le proposte che gli adulti preparano per noi. Il tema di quest’anno sono le opere di Misericordia, corporale e spirituale, e, siccome a noi piace la concretezza, abbiamo deciso di provare a sperimentarle. Così sabato 20 febbraio siamo andati alla casa di riposo don Gnocchi a trovare gli anziani che vivono lì. Ci siamo dati appuntamento a mezzogiorno in oratorio dove ci è stato preparato un pranzo a base di hamburger e patatine, un po’ di agguerriti giochi e infine ci siamo incamminati verso il centro don Gnocchi… (un’ora a piedi!) ma anche questo è stato divertente. Ci ha accolto suor Rosangela che ci ha spiegato cosa fare e come comportarci con i vecchietti, c’era chi poteva mangiare la merenda che avevamo portato e chi assolutamente non poteva, quindi avremmo dovuto stare molto attenti e chiedere qualsiasi cosa agli infermieri. Ci siamo divisi in piccoli gruppi e siamo saliti nei vari reparti accompagnati da un adulto. Eravamo un po’ agitati perché non sapevamo cosa ci avrebbe aspettato. Caterina Z. Quando sono entrata in quella sala ero imbarazzata, ma dopo un secondo una vecchietta mi ha guardato e mi ha detto: “Vieni qua”, così semplicemente abbiamo cominciato a chiacchierare, mi ha colpito che sia stata lei a scegliermi. 26 Maria. Nel reparto dove sono andata facevano musico-terapia e mi ha colpito come il musicista abbia cercato di aiutare una vecchietta cercando di capire quello che lei voleva raccontarci. Giuditta. Mi ha impressionato un’anziana donna che, nonostante passasse la sua giornata chiusa in una stanza, riusciva a essere felice comunque e a trovare il bello in ogni cosa. Alessandra. Mi ha colpito che quando siamo entrati nella stanza gli occhi dei vecchietti si sono illuminati perché erano felice di vedere dei ragazzi giovani. In particolare una vecchietta si è messa a baciare tutti. Camilla. Mi aspettavo di trovare della persone in grado di dialogare con noi, invece no e il primo impatto non è stato facile. Nonostante questa iniziale difficoltà il tempo con loro è stato piacevole ed è volato. Caterina D. Io ero un po’ imbarazzata all’inizio, non riuscivo a trovarmi a mio agio. Ma è stato bello stare lì a guardare i vecchietti mentre suonavamo: erano commossi perché noi eravamo lì con loro, disposti a dar loro un po’ di compagnia. Caterina E. Mi ha colpito un’anziana che non riusciva a parlare, ma nonostante questo si è sforzata di chiedermi informazioni perché le interessava ciò che le raccontavo. Tecla. La Paola mi ha chiesto di aiutare una persona che non riusciva a parlare e a muoversi, io non avrei mai pensato di imboccare una donna “grande”, di solito sono le persone adulte che aiutano me, invece sabato per la prima volta mi è stato chiesto un aiuto così particolare e nuovo. Qualcuno più spigliato ha fatto meno fatica, altri più imbarazzati magari non riuscivano a trovare le parole, ma è stata sicuramente un’esperienza particolare per tutti noi: vedere, toccare, ascoltare, metterci ai piedi del bisogno altrui ed esserne contenti e stupiti è un piccolo seme buttato in noi dalla Misericordia: chissà che frutti porterà… Caterina Z. - Maria - Giuditta Caterina D. - Camilla - Caterina E. - Tecla Un incontro sorprendente V orrei raccontare l’incontro che io e una mia amica abbiamo organizzato nella nostra scuola durante i giorni di cogestione. La cogestione, per chi non lo sapesse, è un periodo di tre giorni in cui la scuola sospende le lezioni e lascia agli studenti la possibilità di organizzare assemblee e incontri in cui è possibile invitare persone esterne all’istituto. Quest’anno io e la mia amica siamo riuscite a contattare e invitare Farhad Bitani, abbiamo “scoperto” la sua storia grazie a un articolo della rivista Tracce e attraverso i commenti positivi riguardo una sua testimonianza durante una vacanza estiva per studenti. Di Farhad sapevo già che era stato un fondamentalista islamico e che, tramite l’incontro con una famiglia cristiana, aveva riscoperto la sua religione. Ma la sua testimonianza è stata davvero spiazzante e bellissima! Ha raccontato della sua rabbia iniziale nei confronti di noi cristiani “infedeli” (così ci considerava da piccolo, in Afghanistan), di come lo divertisse andare allo stadio a guardare le lapidazioni... finché un giorno, in uno di quegli “spettacoli”, capita una mamma che viene lapidata dal suo stesso marito e dai suo stessi figli. Proprio in quest’occasione tragica Farhad inizia a capire che qualcosa, in quel modo di vivere, lo lascia perplesso e inquieto. Durante una sua permanenza in Italia, viene invitato qualche giorno a casa di un compagno militare cristiano, fatto che inizialmente lo lascia sgomento e guardingo, ma che poi lo cambierà per sempre. Infatti si ammala di influenza mentre è ospite di questa famiglia e, nel cuore della notte, si accorge che la madre del ragazzo cristiano lo cura, gli rimbocca le coperte, come faceva sua madre, e inizia a chiedersi perché i cristiani siano gli “infedeli”: come può, quella donna, essere “il suo nemico”, se lo aiuta, si prende cura di lui e gli vuol bene? Tramite questo incontro, dunque, Farhad è cambiato perché è cambiato il suo modo di vivere l’Islam. Ha concluso l’incontro dicendo che incontrare “l’altro”, una persona diversa da lui, lo ha aperto e arricchito, e questa cosa mi ha colpito tantissimo. Inoltre mi ha fatto piacere notare che anche gli studenti del collettivo, i più “rivoltosi” della scuola, quelli che fanno casino e fanno sempre manifestazioni contro tutto e tutti, sono rimasti molto incuriositi dalla sua testimonianza, tanto da circondare Farhad e fargli domande anche a incontro finito. È stata una bellissima e commovente testimonianza, sono tornata a casa contenta e piena di tutto ciò che avevo sentito. Non avrei mai pensato che una persona potesse vivere un’esperienza simile, che grazie a un semplice incontro ma significativo potesse cambiare totalmente modo di vivere e di guardare la realtà. Tiziana Mastantuono 27 Parrocchia SETTIMANA SANTA 2016 Domenica delle Palme ore 9,30 Benedizione degli Ulivi, Processione e Santa Messa Martedì Santo dalle ore 16,00 Confessioni ore 21.00 Liturgia penitenziale comunitaria e confessioni personali con presenti molti sacerdoti Il coro “Verde Mar” accompagnerà la preghiera Giovedì Santo ore 8,30 Preghiera ore 17,00 Celebrazione della Lavanda dei piedi ore 21,00 Santa Messa in Coena Domini Durante la notte la chiesa, lato oratorio, rimane aperta per la preghiera in cripta Venerdì Santo ore 8,30 Preghiera ore 15,00 Passione e Morte di N. S. Gesù Cristo Adorazione della Croce ore 21,00 Via Crucis per le strade del quartiere Sabato Santo ore 8,30 Preghiera ore 21,00 Veglia Pasquale e Santa Messa di Risurrezione Domenica di Pasqua Sante Messe secondo l’orario festivo Lunedì dell’Angelo Sante Messe: ore 10,00 - 18,00 È POSSIBILE CONFESSARSI TUTTA LA SETTIMANA, IN PARTICOLARE VENERDÌ E SABATO POMERIGGIO 28 Buone letture Libri FANZAGA LIVIO I segreti di Medjugorje PIEMME Un volume che riporta i messaggi della Regina della Pace che, nel corso degli anni, ci ha svelato i mezzi per affrontare questo tempo di dolore. Quando si parla delle apparizioni di Medjugorje – in corso da oltre trent’anni nel villaggio della BosniaErzegovina e meta di milioni di pellegrini da ogni parte del mondo – non si può fare a meno di trattare dei dieci segreti che la Regina della Pace ha affidato ai veggenti. Il rischio, come si intuisce, è quello di farne oggetto di curiosità o speculazione, senza coglierne il reale valore all’interno del piano di Maria che – da Fatima a Medjugorje – va ormai realizzandosi. Nel tempo dei dieci segreti l’umanità sarà messa alla prova come mai prima e dovrà attraversare eventi difficili, situazioni drammatiche. Come vivere la prospettiva di questo tempo di prova senza lasciarsi prendere dallo scoraggiamento, dalla paura o dalla disperazione? Bisogna ricorrere ai messaggi della Regina della Pace che, nel corso degli anni, ci ha svelato i mezzi per affrontare questo tempo di dolore. In ciò sta il “segreto” di Medjugorje, che fa da sfondo al fenomeno delle apparizioni che non cessano di stupire i credenti e non credenti. MATTEO FORTE MARIO MAURO Contro la croce Il martirio dei cristiani in Medio Oriente ITACA “Questa situazione ingiusta richiede, oltre alla nostra costante preghiera, un’adeguata risposta anche da parte della Comunità Internazionale”, ha detto papa Francesco. In Medio Oriente non è in atto uno scontro di civiltà, quanto piuttosto una guerra interna all’islam per la supremazia politica sulla regione mediorientale. Le minoranze cristiane, che lì vivono da duemila anni, con le pratiche di vita che le identificano e le opere sociali, caritatevoli ed educative che le contraddistinguono, rappresentano un intralcio per ogni progetto egemonico e totalitario. La presenza di comunità cristiane, infatti, costituisce un elemento di stabilizzazione nei conflitti e di costruzione di luoghi di convivenza. Con parole e fatti esse testimoniano che la pace è possibile. Questa è la ragione profonda di un urgente impegno della Comunità Internazionale a favore di tale presenza, immenso capitale «nella costruzione di un mondo pacificato e pacifico» (San Giovanni Paolo II), e di reali spazi di libertà per tutti. Ne va del futuro non solo del Medio Oriente, ma dell’intero Occidente. a cura di Laura Berra MASSIMO MONTANARI Mangiare da cristiani RIZZOLI Montanari insegna Storia medievale all’Università di Bologna, dove è anche direttore del Master in “Storia e cultura dell’alimentazione”. È considerato uno dei maggiori specialisti di storia dell’alimentazione. Un modello alimentare cristiano non esiste. Secondo la tradizione apostolica non importa cosa si mangia, ma come si mangia: l’attenzione è tutta sul gesto alimentare, dai rituali del convivio al valore della frugalità. Gli uomini, però, hanno bisogno di regole, e la libertà sottesa al messaggio apostolico disorienta. Anche per questo la storia del Cristianesimo elabora nei secoli una serie infinita di modelli alimentari, ogni volta diversi e adattabili alle più disparate circostanze, nel tentativo di ridare al cibo un valore “oggettivo”. La storia del Cristianesimo è un patrimonio straordinario di consuetudini e di contagi culturali che rimandano alla tradizione ebraica, alla filosofia greca, alla scienza dietetica: dal ruolo del pane e del vino nell’Eucarestia alla condanna della “gola”, al valore di redenzione del digiuno, dalle pratiche alimentari monastiche alle regole dell’astinenza quaresimale. Con grande efficacia, l’autore ripercorre queste storie cogliendo la forza di precetti e proibizioni, che investono anche la politica e gli ordinamenti sociali. Con un occhio al presente: perché molto di quello che qui si racconta ha resistito nei secoli fino a noi. 29 Comunità parrocchiale L’accoglienza tramutata in amicizia Ore 8 di lunedì 8 febbraio 2016 don Savino Gaudio, parroco a Dergano per otto anni, è stato chiamato alla casa del Padre, Il mercoledì seguente è stato celebrato il funerale nella sua parrocchia di Corsico con l’intervento del Vicario generale della Diocesi, monsignor Mario Delpini, di numerosi sacerdoti e centinaia di fedeli. F acendo la scuola di comunità in questi giorni abbiamo sottolineato la rivoluzione culturale del metodo cristiano che attrae e convince non in forza di una ricerca personale quanto piuttosto con l’entrare in rapporto e il legarsi ad un testimone la cui vita è cambiata dall’incontro con Cristo. Nel testo il testimone viene ben rappresentato dall’immagine della roccia. Noi ne abbiamo fatto esperienza incontrando nel 2001 don Savino Gaudio nella parrocchia di Dergano a Milano di cui era stato nominato da poco parroco. Ci ha subito attratto la sua accoglienza che si è tramutata subito in amicizia feconda. E anche quando è stato chiamato ad andare in altre parrocchie siamo rimasti legati a lui fino alla grave malattia che lo ha colpito due anni fa. Il suo abbandono totale all’ultimo compito a cui il Signore l’aveva chiamato e cioè offrire tutta la sua sofferenza per la conversione di tutti quelli che lo conoscevano, faceva diventare necessario andarlo a trovare appena si poteva perché anche se uno arrivava carico di tutte le sue difficoltà e preoccupazioni dopo averlo incontrato tornava a casa cambiato dalla sua certezza. Ieri infine è stato chiamato alla casa del padre e ne abbiamo fatto festa. Abbiamo recitato con degli amici davanti a lui l’ora media che si conclude con questa orazione che racchiude tutto ciò che ci ha insegnato soprattutto in questo ultimo periodo. “Signore Gesù Cristo, senza di Te non possiamo far niente, con Te tutto è possibile. 30 Fa che, nel rapido volgere del tempo, abbiamo a riconoscere il Tuo volere: così che i nostri pensieri siano i Tuoi pensieri e le nostre vie siano le Tue vie. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.” Laura e Daniele Piccoli C arissimi amici derganesi, ieri mi è arrivato a Roma l’annuncio della morte di don Savino. Pur non essendo notizia inaspettata, faccio fatica a mandarla giù. Ripenso con una certa nostalgia ai quattro anni intensi di Dergano, carichi di iniziative, persone, idee, lavori, condivisioni e differenze. Anche grazie a don Savino abbiamo potuto condividere tutto questo. Gliene sono sinceramente grato e per questo la sua mancanza mi è più amara. L’avevo sentito l’ultima volta a Natale, durante il suo viaggio (pazzo?) in Puglia: mi era parso, come sempre, combattivo. Mi hanno detto che in questi giorni si è rasserenato ed è morto riconciliato e in pace. Questo mi consola e questo custodisco come ultima testimonianza che don Savino mi, ci ha lasciato. Malgrado una serie di acrobazie tra treni aerei e agende, domani proprio non riuscirò a essere presente al funerale. Mi spiace davvero: avrei voluto vedervi e affidarlo con voi al Signore della vita. Lo faremo a 600 km di distanza! Vi chiedo la gentilezza di salutarmi i tanti amici presenti. A presto don Andrea Ciucci C arissimi amici inserisco la mia comunicazione su quella di don Andrea e sarò presente domani al funerale di don Savino. Ieri ho telefonato a suo fratello per offrire a lui e a tutta la sua famiglia un semplice gesto di affetto e la mia preghiera. Con don Andrea celebreremo una Messa a Dergano. don Domenico Sirtori Vita comunitaria Anagrafe parrocchiale NATI IN CRISTO: Saavedra Palacios Alessia Gherly Lara Palacios Matteo Nicolò UNITI IN MATRIMONIO: RITORNATI ALLA CASA DEL PADRE: Russo Ermenegildo Tinelli Luigi Elli Alessandro Canavero Silvano Scodeller Mario Bittasi Maria Gorgoglione Caterina Rosa Di Matola Giovanna Passoni Carlo Stoppa Riccardo Favaro Cecilia Irma ved. Tartaglia Pola Gustavo Domenico Spettacolo teatrale In questo anno il papa ci invita a sperimentare la Misericordia di Dio, l’amore che ricrea. La Compagnia teatrale dei Geni(at)tori, al suo 15° anno di attività, in collaborazione con l’Associazione Genitori Scuole Mandelli Rodari, vuole proporre una favola che mostri un cammino di redenzione originato dalla carità, cioè dall’amore vero. La storia di “La Bella e la Bestia” conferma la frase di Chesterton: «…una cosa deve essere amata prima di essere amabile». Siete tutti invitati allo spettacolo liberamente tratto da questa splendida favola intitolato “ La Bestia dal cuore d’oro” DOMENICA 17 APRILE 2016 alle ORE 16 al Teatro Pavoni, via Pavoni 12, Milano. Il ricavato andrà all’Associazione per sostenere le borse di studio Aiuto economico CI PIACE ANDARE DA :) CRI CI PIACE STARE Panificio Pasticceria Caffetteria piazza Dergano 3 20158 Milano Tel. 02603417 CHI VOLESSE CONTRIBUIRE alle spese ordinarie e straordinarie che la Parrocchia sostiene per tutta la comunità, può usare le seguenti forme: - offerta domenicale durante la Santa Messa; - offerta mensile tramite la busta che si trova in chiesa nella prima domenica di ogni mese; - impegno mensile da concordare con il parroco; - offerta tramite Bonifico bancario alla Banca Prossima: Iban IT27A0335901600100000066416, intestato alla Parrocchia di San Nicola, Milano. Le liberalità, effettuate a favore della parrocchia da parte di tutti i soggetti titolari di Reddito d’impresa, consentono di ottenere un beneficio fiscale. Sono infatti riconosciuti oneri deducibili dal reddito d’impresa nel limite del 2% dello stesso. 31 Mese di Maggio: pregare la Beata Vergine Maria Maria ha posto Dio al centro della propria vita, si è abbandonata fiduciosa alla sua volontà, in atteggiamento di umile docilità al suo disegno d’amore. A motivo di questa sua povertà di spirito e umiltà di cuore, è stata scelta per essere il tempio che porta in sé il Verbo, il Dio fatto uomo. Di Lei, pertanto, è figura la “Figlia di Sion” che il profeta Sofonia invita a rallegrarsi, a esultare di gioia. Benedetto XVI
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numero 3 - Piccole Serve del Sacro Cuore per gli Ammalati Poveri
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