Sopra e sotto il Carso 7 - 2014
Transcript
Sopra e sotto il Carso 7 - 2014
Notiziario on line del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” - Gorizia SEDE SOCIALE: VIA ASCOLI, 7 A N N O 34170 GORIZIA [email protected] http//:www.seppenhofer.it 1 La prima volta 2 nell’Abisso di Trebiciano Piedi umidi in Pod Lanisce. 5 Un nuovo coleottero dentro la grotta più profonda del mondo. 9 Salamelec … Afghanistan. 10 Il Catasto Grotte FVG a rischio chiusura. 13 Calcite e Aragonite 14 Le grotte di Doberdò che dovevano ospitare il protosincrotrone. 16 Progetto CAMIS verso 21 la conclusione dei lavori. La nostra Grande Guerra. 24 Natura Km 0 (o poco più). 25 La voragine alla fine del mondo. 31 Altre “piccole” voragini nel mondo. 34 Il Sigillo di Salomone. 26 Orchidee 39 Appuntamenti in giro per il mondo. 40 I prossimi appuntamenti. 42 Novità editoriali. 43 Chi siamo. 44 L U G L I O 2 0 1 4 Luglio … nonostante la pioggia! A cura di Maurizio Tavagnutti SOMMARIO: Luglio … nonostante la pioggia. I I I — N ° 7 ERRATA CORRIGE Il mese di luglio è stato denso di avvenimenti e Sul numero di giugno a pag. 23 nel manifestazioni; per quanto riguarda il Centro paragrafo “Storie di cavernicoli”, Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” possiamo l’entomologo Andrea Colla è stato ben dire che è stato un mese ricco di attività. In erroneamente indicato come apparteprimo luogo la nostra partecipazione al progetto nente all’Università di Trieste mentre CAMIS in qualità di stakeholders che si è con- egli è dipendente del Museo Civico clusa il 3 luglio con un sopralluogo (vedi pag. di Storia Naturale di Trieste. Inoltre 23-25) nelle aree campione - Monte Canin e la spedizione nella Lika a cui egli ha Pianura isontina - accompagnati da tecnici partecipato è stata organizzata dal dell'Autorità di bacino, professori e ricercatori Hrvatsko Biospeleolosko Drustvo. dell' Università di Trieste e Nova Gorica, La modifica è già stata apportata sul dell'OGS e dell'Università di Ferrara, e di rap- formato on line. www.seppenhofer.it presentanti sloveni. Al proposito ci fa piacere che anche la Regione Friuli Venezia Giulia attraverso il suo assessore Sara Vito, si sia accorta che la cura e la valorizzazione del fiume Isonzo sono prioritarie per l’amministrazione regionale. Noi, intanto, teniamo a precisare, che dopo tanti incontri con l’Autorità di Bacino al seguito del progetto Interreg CAMIS, la volontà di tutti gli stakeholders presenti era di evitare la costruzione di sbarramenti di rifasamento lungo l’asta fluviale dell’Isonzo nel tratto passante per Gorizia. Anche sul fronte dell’attività di campagna si può registrare un sensibile buon risultato visto che finalmente le giovani leve, provenienti dagli ultimi corsi di speleologia, sono ormai diventate autonome e riescono a programmarsi in modo autonomo. Sono così aumentate le esplorazioni in grotta e la collaborazione con gli altri gruppi isontini. I giovani, infatti, hanno dimostrato di essere lontani da qualsiasi retaggio campanilistico. Un risultato dunque molto lusinghiero non solo dal punto di vista esplorativo ma anche sotto il profilo mentale, cosa non del tutto scontata in una provincia come la nostra dove la presenza di numerosi gruppi speleologici con una storia più che decennale aveva creato un certo isolamento reciproco. Fortunatamente l’azione della Federazione Speleologica Isontina, da una parte e la Scuola di Speleologia Isontina dall’altra, ha fatto sì che i vari gruppi hanno imparato a lavorare assieme. Da registrare anche, non da ultimo, l’interesse che la nostra rivista ha suscitato presGrotta dell’Artiglieria (Carso so le varie biblioteche del territorio regionale e nazionale Goriziano). e presso i vari gruppi speleologici e studiosi visto che essa ci viene spesso richiesta. Da segnalare che il link di “Sopra e sotto il Carso” compare anche sul sito di Napoliunderground (www.napoliunderground.org/it/component/ content/article/5093-sopra-e-sotto-il-carso-il-numero-di-aprile-42014.html). Il notiziario Sopra e sotto il Carso esce ogni fine mese e viene distribuito esclusivamente on line. Può essere scaricato nel formato PDF attraverso il sito del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” - www.seppenhofer.it Hanno collaborato a questo numero: Roberto Ferrari, Maurizio Tavagnutti, Gabriella Graziuso, Graziano Cancian, Loretta Crestani, Tecla Tripari, Antonino Torre, Barbara Zanelli. PAGINA 2 La prima volta nell’Abisso di Trebiciano di Loretta Cristani Scale, scale e …. ancora tante scale per arrivare al fiume sotterraneo. Le scale metalliche si susseguono fino al fondo. La mia esperienza in fatto di grotte è piuttosto limitata in quanto ho intrapreso questa passione solo in tempi relativamente recenti. I misteri che la natura cela nel sottosuolo ha sempre un fascino particolare in gran parte delle parsone ma solo poche riescono a soddisfare questo interesse. Per questo mi ritengo fortunata ad aver avuto la possibilità di esaudire questo desiderio. L'impresa non è stata ardua: mi aspettavo qualcosa di più impegnativo. Certo, prima di mettere in pratica la discesa nell'Abisso di Trebiciano, mi ero informata su cosa avrei dovuto aspettarmi e mi è stato raccontato che si trattava di discendere per 900 gradini di scale a pioli. Se il discendere poteva apparire relativamente facile a darmi qualche timore era la risalita. Cosa che poi, invece si è dimostrata fattibile anche se ci sono voluti poco più di un'ora per tornare in superficie. Sarà stata la voglia di vedere scorrere il Timavo nel suo alveo sotterraneo ma mi è parso un percorso per nulla difficile. Le sorprese però non erano finite e, una volta terminate le scale, ci siamo trovati dune di sabbia finissima nelle quali il piede sprofondava rendendo un po' difficile il camminare ma noi non ci siamo arresi: eravamo lì per vedere il fiume e di certo nulla ci avrebbe fermato. Così siamo scesi fino a toccare le acque a detta di chi già conosceva il posto, piuttosto basse in quel momento. Giacomo, neo biologo, ci ha indicato i minuscoli animaletti presenti in grotta. Cavità immensa, tanto che non sono riuscita a vedere interamente la volta. Il fiume scorreva placido .... tranquillo nel suo letto .... chissà se una prossima volta sarà possibile fornirsi di un canotto e percorrere un po' del suo percorso. Oltre a me e Giacomo erano con noi, Alex, Tecla, Luca, Stefano e Franco. 3 / 17 VG - ABISSO DI TREBICIANO Altre denominazioni: Labadnica, Jama Hrovatin, Lindnergrotte, Grotta di Trebiciano. Comune: Trieste - Prov. Trieste - CTR 1:5000 Monte Franco - 110114 - Lat.: 45° 41' 7,18" Long.: 13° 50' 0,74" - Quota ing.: m 332 - Prof.: m 329 - Svil.: m 1198 Pozzo accesso: m 23 - Pozzi int.: m 19; 6; 10; 6; 3; 20; 30; 53; 12; 10; 6; 3; 2; 7; 21; 5; 4; 4; 10; 2; 8; 5; 38; 20; 20; 30; 12; 32; 16; 28; 45; 31; 10; 6; 8; 30; 16; 20; 10; 18; 4; 8; 5; 5; - Rilievo: Boegan E. - 31.12.1896 - Comm. Grotte “E. Boegan” 1° Aggiornamento rilievo.: Crevatin G., Martellani P. - 31.12.1977 - Società Adriatica di Speleologia - 2° agg.: Nussdorfer G. - 31.12.1989 - C.G. “E. Boegan” 3° agg.: Guglia P., Crevatin G., Basso W., Cleva, Marini L., Vojtissek B.01.12.1990 - S.A.S. - 4° agg.: Restaino M., Radovan R. - 31.12.2005 - S.A.S. - 5° agg.: Gubertini M., Levi F., Maizan A., Masarin G., Restaino M., Slama L., Slama P., Luchesi P., Pecorari R. Radovan R. - 31.12.2010 - S.A.S. - 6° agg.: Luchesi P., Maizan A., Pecorari R., Radovan R. - 01.12.2012 - S.A.S. Da Trebiciano, nei pressi di una fontanella, ci si inoltra tra le case sino a raggiungere uno spiazzo (n. civico 211). Da qui si prosegue lungo una strada asfaltata, ma chiusa al traffico veicolare, fino a raggiungere la Stazione sperimentale ipogea della Società Adriatica di Speleologia e si continua lungo il viottolo che porta verSOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA so il confine (cartello: confine a 430m). Giunti ad un secondo cartello (confine: 130m), si prende una carrareccia a destra, in leggera salita. Dopo circa 150m, all’inizio di una pineta, si gira a sinistra in una dolina alberata e delimitata da un muretto a secco, dove si trova l’ingresso della cavità. La Grotta di Trebiciano è la più nota tra quelle esistenti sul Carso triestino, sia per la scoperta dell'acqua sotterranea che scorre nella sua caverna terminale, che per gli approfonditi studi effettuati in varie epoche ed in particolare verso gli inizi di questo secolo per iniziativa dell'Ufficio Idrotecnico Comunale di Trieste. Essa ha avuto un ruolo assai importante per le indagini sulla continuità del corso del fiume Timavo, essendo l'unico punto intermedio dove riappare, sia pur per un breve tratto, l'acqua che scompare nelle Grotte di San Canziano. Le scale che ne agevolavano l'accesso sono state sostituite varie volte durante il periodo in cui si effettuavano continue discese per misurazioni e prelievi di campioni d'acqua. Successivamente il Comune non ha più curato la manutenzione delle attrezzature, cosicchè le vi- Tecla Tripari, dopo la lunga discesa delle interminabili scasite alla grotta richiedevano l'uso di almeno 120 metri le, finalmente può assaporare lo splendore della grande sala di scalette speleologiche, risultando molto pericolose terminale sul cui fondo scorre il Timavo. per lo stato dei manufatti. Numerosi infatti sono stati gli incidenti in quel periodo. Nota del 17.7.1977. Da un ulteriore esplorazione effettuata dalla Società Adriatica di Scienze nel 1977 la lunghezza del lago sifone è risultata essere di 290 metri. Aggiornamento del 1989/1990 Società Adriatica di Speleologia. Già durante la posa in opera della "Ferrata Adriatica" è emersa la necessità di utilizzare un disegno in scala della cavità, che si presentasse preciso e dettagliato. Tutti i rilievi eseguiti sino ad allora, pur essendo esatti per quanto riguarda il valore della profondità totale, non risultavano particolarmente veritieri nella fedeltà delle rappresentazioni e nell'evidenziazione dei particolari. E' stato quindi deciso che venisse realizzato un nuovo rilievo topografico della cavità, con l'aggiunta di tutte quelle diramazioni inedite o già conosciute che non erano state comunque rappresentate nelle vecchie planimetrie. Il nuovo rilievo ha evidenziato alcuni particolari molto interessanti. Per prima cosa risulta variato il numero dei pozzi presenti nella parte verticale della grotta. Questo perchè nei precedenti rilevaProiezione topografica in pianta dell’Abisso di Trebiciano in cui è ben evidente la menti più saltini di poca profondità sono stati riuniti in grande sala terminale sul cui fondo scorre il Timavo. un unico pozzo, o perchè alcuni dislivelli sono stati considerati trascurabili. Per esempio, nel rilievo Boegan-Kobau del 1896-97 vengono evidenziati 15 pozzi; nel lavoro "Lo stato attuale del Catasto Speleologico della Venezia Giulia" di W. Maucci (1961) sono citati invece solamente 13 salti, mentre nei dati riportati nella recente pubblicazione "100" (monografia delle grotte del Carso Triestino con profondità superiore ai 100 metri, di Franco SOPRA E SOTTO IL CARSO 3 ANNO III—N°7 PAGINA Gherlizza) sono indicate le profondità di 25 pozzi. Il nuovo rilievo eseguito dalla Società Adriatica di Speleologia nel periodo 1989/90 ha evidenziato 20 pozzi distinti, lungo la via principale che conduce alla Caverna Lindner, di profondità variabile dai 2 ai 52,6 metri. Tali pozzi sono stati tutti attrezzati con scale fisse per facilitarne la discesa. Vi sono inoltre vari pozzi laterali ed una serie di salti che conducono, quale secondo accesso, alla Caverna Lindner. Per quanto riguarda le nuove vie rinvenute ed esplorate recentemente, sono da segnalare numerosi camini che sono stati risaliti anche per decine di metri, con lo scopo di rintracciare ulteriori diramazioni, ed una serie di pozzi laterali che scendono parallelamente al P.53. Quindi nel nuovo rilievo le verticali risultano essere 20 lungo la via principale di discesa e 25 nelle La grande sala terminale sul cui fondo scorre il Timavo. diramazioni laterali, per un totale di 45 pozzi. Inoltre anche la forma della Caverna Lindner è stata variata notevolmente, rispetto ai rilievi precedenti. Da evidenziare infatti la presenza di un grande camino alto 62 metri, presso l'imboccatura della galleria Beram, ed uno scivolo di sabbia, orientato in direzione sud rispetto alla Caverna, che nelle precedenti piante era appena accennato, mentre in realtà presenta uno sviluppo planimetrico di 72 metri, per un dislivello positivo di oltre 40 metri. Lo sviluppo planimetrico è stato portato a 920 metri, con un incremento di oltre 337 metri rispetto al vecchio rilievo. SOPRA E SOTTO IL CARSO 4 ANNO III—N°7 PAGINA Piedi umidi in Pod Lanisce di Tecla Tripari Tecla, nella grotta Pod Lanisce, mentre tenta di superare un passaggio particolarmente impegnativo. La grotta nonostante tutto non è priva di concrezioni. Il giorno 20 luglio eravamo in quattro a visitare la Grotta Pod Lanisce: Maurizio Tavagnutti, Fabio Franceschini, Alex Debenjak ed io. Il ritrovo era alle ore 9.00 a Cormons e dopo circa mezz'ora di ritardo (strano ma vero mi ero persa per le strade di Gradisca d'Isonzo!!) partiamo, direzione Taipana, all'esplorazione della grotta. Questa splendida cavità semi-allegata è situata nelle Prealpi Giulie, una volta arrivati a Nimis si percorre una strada che segue il corso del torrente Cornappo. Inizia con una galleria di altezza intorno il metro e mezzo: in questo primo tratto il percorso è un po' difficoltoso a causa della ridotta altezza del soffitto e delle diverse pozze d'acqua che si incontrano, appena si mette piede in queste pozze si percepisce immediatamente il gelo dell'acqua poi man mano che si progredisce il freddo diminuisce in quanto il calore corporeo scalda i vestiti bagnati permettendo l'avanzamento senza batter (troppo) i denti; geologicamente molto bella ed interessante con presenza di roccia calcarea compatta dove è visibile il meraviglioso lavoro di modellazione dell'acqua sulle pareti. Alla fine di questo tratto la grotta cambia morfologia: il soffitto si alza di diversi metri consentendo un cammino agevole, gli ambienti si fanno più ampi con la presenza di roccia calcarea più erodibile ricca di noduli di selce nera (“La Galleria delle cozze” come Maurizio simpaticamente la definita). Risalendo sempre il corso d'acqua, l'ambiente cambia nuovamente morfologia: le pareti si avvicinano sempre più fino a formare uno stretto corso d'acqua, questa è la parte più difficile perchè si è costretti a superare la strettoia facendosi pressione con braccia, gambe e quant'altro offre il fisico per sovrastare l'acqua alta presente sul fondo e poter raggiungere una piccola cascata. Un'esperienza entusiasmante non solo perchè è la mia prima escursione in una grotta Si inizia con una galleria bassa e semi allagata. “allagata” ma anche per la presenza di persone interessanti e simpatiche, cosa ormai appurata in questo ambiente, dalle quali ogni volta apprendo qualcosa di nuovo. All'uscita, circa dopo due ore di esplorazione, non poteva mancare “Il rito del bagno” nel laghetto (di acqua gelida) antistante la grotta; il primo a “collaudare” l'acqua è stato Maurizio a seguire il titubante Alex ed Sarebbe stato meglio con una muta in neoprene!! infine io...quasi annegando. SOPRA E SOTTO IL CARSO 5 ANNO III—N°7 PAGINA Poi tutti a mangiare .... direzione il Rifugio Speleologico “C.Seppenhofer” di Taipana dove si è potuto apprezzare degli ottimi spaghetti con funghi porcini freschi o come definiti da Maurizio “spaghetti al profumo di funghi” (hahahah!!), in compagnia di altra gente simpatica: Isabella Primosi, Barbara Zanelli, Roberto Ferrari, Gabriella Graziuso, Doretta Sfiligoi e Gianni Susmel. Insomma, è stata una giornata davvero gradevole tra amici. 1456 / 573 FR - GROTTA POD LANISCE Comune: Taipana - Prov.: Udine - CTR 1:5000 Monteaperta - 049122 - Lat.: 46° 16' 5,99" Long.: 13° 19' 32,59" - Quota ing.: m 400 - Disl.: m +30 - Svil.: m 1950 - Rilievo: Pitt D. - 10.4.1965 - C.S.I.F. - Aggiornamento rilievo: Palumbo A., Sello U. - 31.12.1981 - C.S.I.F. - Posiz. ing.: Tavagnutti M. - 30.4.2011 - Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”. Manca il rilievo topografico del tratto oltre il sifone che porterebbe lo sviluppo totale della grotta a 2100 m. E’ la grotta più conosciuta e vasta presente nel territorio comunale di Taipana. Senz’altro una delle grotte più belle e suggestive delle Prealpi Giulie. La cavità si raggiunge percorrendo la strada panoramica che da Nimis segue il corso del torrente Cornappo in direzione di Monteaperta. Dopo la località Ponte Sambo la strada risale in forte salita; percorse poche centinaia di metri si nota facilmente sulla sinistra un grande pannello turistico dove sono riportate, oltre alle foto degli interni, le caratteristiche della grotta. Lateralmente a questo si diparte un piccolo sentiero che porta al sottostante rio Carmau, affluente del Cornappo. La grotta si restringe e l’acqua diventa più profonda. Il sentiero conduce direttamente in prossimità dell’ingresso della grotta Pod Lanisce nelle cui gelide acque di risorgenza gli abitanti dei dintorni, d’estate, conservavano il burro. Il nome della cavità sembra derivare da un’antica locuzione dialettale che sta a significare “il posto dove veniva battuto il lino” , per quante ricerche abbiamo fatto non ci è dato però di sapere se questa attività sia stata realmente effettuata in prossimità della cavità. Per meglio descrivere le caratteristiche di questa importante risorgiva abbiamo suddiviso i vani interni in: Ramo Principale e Rami Secondari. RAMO PRINCIPALE: Inizia con una galleria di altezza variabile fra il metro e il metro e mezzo, sul cui fondo scorrono circa 20cm d'acqua. Il percorso in questo tratto è piuttosto malagevole a causa della ridotta altezza del soffitto e delle profonde pozze d'acqua che si incontrano. A 70m dall'entrata un sifone a pelo libero costringe a percorrere un corto cunicolo laterale asciutto che permette di superare l'ostacolo. Questo cunicolo sbocca nel ramo principale, in un laghetto profondo circa 50cm. Oltre il laghetto si incontra una profonda galleria inondata, percorribile in spaccata, cui segue una galleria con circa 70cm d'acqua. Alla fine di questo tratto il ramo principale cambia morfologia: il soffitto si alza fino ad una decina di metri consentendo un agevole cammino, gli ambienti si fanno più ampi e si incontrano molti massi di crollo. A 150m dall'entrata, il ramo principale compie una brusca deviazione a sinistra per poi riprendere la direzione originaria. In questo punto si trova una grossa frana e l'unica prosecuzione attiva si apre sulla parete sinistra della galleria impostata in una brecciola più erodibile, ricca di noduli di selce nera, molto diversa da Il mitico Alex … a mollo. quella più compatta calcarea che si incontra fin SOPRA E SOTTO IL CARSO 6 ANNO III—N°7 PAGINA dall'entrata. La sezione di questo tratto, lungo circa 40m, è pressoché circolare con 1m di raggio. In seguito si ritrovano alti soffitti (12m) che permettono di osservare la successione degli strati rocciosi: brecciola ricca di noduli di selce sovrastata da brecciola calcarea compatta. Questa parte del ramo principale presenta lunghi terrazzi d'erosione; su uno di questi si è posato un grosso blocco di roccia distaccatosi dal soffitto secondo una superficie di strato. Percorsi circa 400m dalla prima frana, la galleria si apre a formare una vasta sala di 50m, il cui pavimento è ricoperto da massi di crollo. Da qui, risalendo sempre il corso d'acqua, si raggiunge un terrazzo costituito da calcare che da questo punto in poi sostituisce la brecciola. Probabilmente a causa della differente consistenza della roccia il ramo principale cambia nuovamente morfologia. Le pareti gradualmente si avvicinano sempre più fino a formare uno stretto e tortuoso meandro allagato, che raggiunge l'altezza di 13m. Questa è la parte più spettacolare della grotta e il visitatore si vede costretto a superare il meandro in opposizione, spesso in posizioni estreme, sovrastando 2m di acqua limpida, la quale più avanti forma dei bellissimi laghetti. Oltre tali laghetti si incontrano tre piccole cascate, l'ultima delle quali conduce ad una sala di dimensioni contenute, sulle cui pareti vi sono segni evidenti dell'azione dell'acqua. Alla base di una delle pareti della sala si apre una stretta fessura-sifone che impedisce di risalire il corso dell'acqua. Questo sifone, di grande portata, fornisce il maggior apporto idrico alla cavità. Unica prosecuzione possibile è il così detto "ramo fossile". Qui non si incontra il corso d'acqua che percorre la grotta in quasi tutta la sua lunghezza, ma il esso presenta ugualmente notevoli attrattive rappresentate dalle più belle concrezioni di tutta la grotta, che solo qui sono molto abbondanti. RAMI SECONDARI: Numerosi sono i rami secondari che si dipartono dal ramo principale, alcuni "fossili" altri attivi. Questi ultimi si aprono tutti sulla sinistra idrografica del corso d'acqua che percorre la grotta. Tecla sperimenta la temperatura del lago. Sono solitamente di dimensioni ridotte e non superano in alcun caso i 150m di lunghezza. I rami secondari "fossili" o quasi "fossili" si aprono sulla destra idrografica oppure si trovano paralleli al ramo principale, ma chiaramente ad un livello superiore. Hanno dimensioni paragonabili a quelle del ramo principale e vi si trovano inoltre camini di ragguardevole altezza, che in gran parte non sono ancora stati esplorati. GEOLOGIA E IDROGRAFIA DELLA GROTTA: La grotta Pod Lanisce si apre in un livello calcarenitico del Flysch di Stregna. Questo rappresenta una ordinata sequenza argilloso-arenacea inframezzata da potenti bancate di calcari marnosi. Questa formazione, datata Paleocene-Eocene, è caratteristica di tutta la zona compresa fra i calcari cretacici dell’elissoide del Monte Bernadia ed il sovrascorrimento della Dolomia Principale lungo la Linea Periadriatica. La cavità si sviluppa seguendo non tanto la giacitura degli strati quanto un sistema di linee tettoniche legate alla faglia sopraccitata; lungo il suo cammino la grotta ha incontrato oltre al calcare anche livelli marnosi e di breccia. Per quanto riguarda l’idrografia interna possiamo dire visto che la portata dell’acqua, nella Grotta Pod Lanisce è sempre costante, induce a ritenere che il bacino di alimentazione della cavità sia di notevoli proporzioni. Numerose ricognizioni effettuate per constatare le reali dimensioni e limiti del SOPRA E SOTTO IL CARSO 7 ANNO III—N°7 PAGINA bacino di alimentazione non hanno permesso, al momento, di localizzare assorbimenti di proporzioni notevoli. La piovosità della zona è fra le più elevate d’Italia, raggiunge infatti i 2600 mm annui. La colorazione a mezzo fluoresceina sodica effettuata nel 1971 ha permesso di individuare solo piccole aree di alimentazione nella zona direttamente sovrastante la cavità. STORIA DELLE ESPLORAZIONI: La grotta è conosciuta dalla popolazione locale da molto tempo. La vicinanza al centro abitato e la bellezza dei vani interni hanno da subito attratto gli speleologi udinesi del C.S.I.F. ma non solo visto che la grotta è meta di numerose escursioni da parte di molti gruppi grotte regionali. A più riprese gli speleologi del C.S.I.F. hanno condotto delle esplorazioni al suo interno, una prima campagna nel 1965 ha stilato il rilievo completo del ramo principale; successivamente, nel 1971, sono state effettuate colorazioni per identificare il bacino di alimentazione della cavità. Nel 1981, nell’ambito di una revisione catastale, il C.S.I.F. ha nuovamente rilevato il ramo principale, nonché scoperto numerosi rami secondari a tutt’oggi ancora in fase di esplorazione. Nel 1983, Luciano Russo, Ernesto Giurgevich e Federico Savoia, superano lo stretto sifone terminale e scoprono più di 300 metri di nuove gallerie Tecla si gode l’unico punto asciutto della grotta. post-sifone. Il 9 luglio 2011 un gruppo di speleosub del C.A.T. capitanato da Luciano Russo prosegue l’esplorazione oltre il sifone terminale rilevando topograficamente 250 m di galleria e trovando un ulteriore prosecuzione di circa altri 250 m arrestandosi sotto una risalita in cascata troppo pericolosa per proseguire l’esplorazione. SOPRA E SOTTO IL CARSO 8 ANNO III—N°7 Rilievo topografico della grotta KruberaVoronja. A fianco il coleottero troglobio, Duvalius abyssimus, con l’indicazione del punto in cui è stato trovato. PAGINA 9 Un nuovo coleottero dentro la grotta più profonda del mondo La grotta Krubera-Veronja è situata in Abkhazia in Georgia. Attualmente è l'abisso conosciuto più profondo al mondo: -2.197 metri. Questa profondità è stata confermata al raduno degli speleologi Imagna 2005 dal moscovita Denis Provalov. Tale profondità è stata raggiunta nel ramo Windows for divers superando tre sifoni allagati, uno dei quali ha una strettoia che costringe gli speleosub a togliersi le bombole e ad effettuare delle contorsioni per passare. Gli speleosub si sono fermati per il momento di fronte ad un quinto sifone, comprendendo nel computo il sifone Bermuda che si trova a -1450 metri. L'ingresso della grotta si trova sul massiccio di Arabika. Matteo Rivadossi e Giacomo Rossetti sono stati i primi italiani a raggiungere la massima profondità della grotta impiegando quasi tre giorni di progressione (andata e ritorno) con brevi soste per riposare. Recentemente, il 2 luglio di quest’anno, durante una spedizione scientifica iberico-russa denominata “Cavex Team” è stato scoperto a circa 700 m di profondità un coleottero troglobio. Il coleottero, scoperto dagli studiosi delle Università di Aveiro e di La Laguna, in Spagna, è stato chiamato Duvalius abyssimus ed è stato descritto sulla rivista Zootaxa. I due esemplari di Duvalius abyssimus, un maschio e una femmina, che sono stati catturati presentano caratteristiche che sono moderatamente adattate alla vita nelle grotte. Come prova, hanno ancora una parvenza di occhi non funzionali, quegli organi completamente mancanti in alcune specie altamente specializzate che vivono nelle grotte. "La scoperta di questo nuovo coleottero fornisce dati importanti sulle specie che coesistono in questi ecosistemi quasi sconosciuti, soprattutto quando sono in un'area geografica il cui accesso è molto difficile, come è il caso di questo grotta", conclude il biologo Vicente Ortuño. La grotta KruberaVeronja non è nuova a tali scoperte, nel 2010 gli zoologi Rafael Jordana e Enrique Baquero dell'università spagnola di Navarra, al seguito di una spedizione di ricercatori spagnoli, russi e portoghesi, avevano individuato un minuscolo animale che avevano battezzato con il nome di Plutomurus ortobalaganensis e che appartiene all'ordine dei Collembola. Il suo corpo è lungo pochi millimetri ed è quasi trasparente per la mancanza di pigmentazione, ed è stato trovato a 1980 metri di profondità. Nella stessa spedizione sono state identificate anche altre tre nuove specie di animali, battezzate come Anurida stereoodorata, Deuteraphorura kruberaensis, Schaefferia profundissima. Si tratta sempre di piccoli invertebrati abituati a vivere da milioni di anni nel sottosuolo in condizioni estreme, senza luce e con pochissimo cibo a disposizione. SOPRA E SOTTO IL CARSO PAGINA Salamelec … Afghanistan 10 di Antonino Torre SALAMALEC…. AFGHANISTAN…. SALAMALEC… CARNIA…. Antonino Torre, attualmente si trova in Afghanistan per motivi di lavoro. 41 gradi, questa è oggi la temperatura che si ha, portata dal vento proveniente dal deserto, viene dall’ Iran. Il vento porta la sabbia e tutto intorno non si vede gran che, solo nuvole di polvere e bassissima umidità, qui lo chiamano il vento dei 100 giorni e in base alla provenienza porta le temperature fino a 45/50 gradi, accompagnata spesso dalla sottile sabbia del deserto. Maurizio mi chiede di esprimere la mia idea su questo territorio in cui da cinque mesi lavoro. Ho subito le temperature fredde del mese di febbraio portata dai venti provenienti dalla catena Himalaiana per arrivare a oggi, alle porte del periodo più critico dell’estate dove si sfiora quotidianamente i 42 gradi con meno del 20% di umidità. Ormai solo pochi giorni mi separano dal rientro e forse saranno i più duri per quello che mi aspetta, intorno non si vede gran che, solo una distesa di terreno brullo e arrido, le montagne che circondano la piana di Herat sono prive di vegetazione, vengono sferzate da questo vento e non hanno nulla delle verdi valli della Carnia e presenti in me solo nei pensieri e nel conforto che presto le rivedrò. Eppure la piana e ricca d’acqua, solo pochi metri al di sotto della superficie c’è acqua a volontà utile a trasformare queste pietraie in lussuosi giardini dell’eden. E’ il vento che e sempre presente a renderle aride, brucia tutto e non permette ai germogli di andare avanti se non curati da una quotidianiun paesaggio brullo e desertico, quasi inospitale, si possotà di attenzioni. Sorvolo In no trovare questi tipici insediamenti formati da povere tensu questo e altre cause de di piccole comunità tribali. che permettono questo e non conoscendo le cause non mi esprimo, eppure mi chiedo da cinque mesi il perché di tutto questo, perché non rendere lussureggianti giardini queste terre e vivere in un ambiente da sogno, un’oasi di vita un angolo di paradiso in queste aride distese???.... Non ho avuto una gran fortuna nel visitare questo territorio, Alcune povere costruzioni di fango sorgono in un tipico anzi quasi nulla, blindati paesaggio dell’Afghanistan tra le immense pietraie sovrastate da montagne sempre più alte e brulle. in base per ovvi motivi di sicurezza non posso far altro che veder da lontano il tutto. Sento i racconti delle pattuglie al rientro dal solito giro d’ispezione nei dintorni e apprendo tutto questo sempre nella mia massima curiosità che mi accompagna dalla nascita. La stessa curiosità che mi porta a chiedere quotidianamente notizie ai civili, chiedo delle SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 11 loro abitudini di vita, delle loro regole, del mangiare e di quello che cresce su questo arido terreno. Hanno delle regole di vita molto forti e profonde, dettate dall’orgoglio di un popolo che è abituato a vivere nel duro e isolato ambiente che lo circonda e difficilmente riesci a capire e dartene un logica ragione a queste regole. Cosi inavvertitamente scopri usanze e usi tramandati da secoli, raccontate e tramandati nella monotona vita dei villaggi, tra le scarne mura della povere abitazioni, dove al passare di una pattuglia non si vede altro che la minuscola luce della lampada a petrolio e al far del giorno la vecchia pompa che estrae l’acqua dal pozzo per le esigenze della vita quotidiana. Le immense pietraie sovrastate da montagne sempre più alte e brulle, vengono rotte solo da piccole isole di verde composte da pochi alberi intorno ai villaggi, dove l’opera dell’uomo cerca di mitigare le aride terre strappando qualche orticello che insieme alle misere greggi di pecore diventano il sostentamento degli abitanti di questi villaggi. Lontano e inimmaginabile è il nostro caos in mezzo al deserto l’ora di pranzo scandisce il passare quotidiano, il silenzio regna sovrano e in alcuni Anche della giornata. Nonostante le difficoltà ambientali quest’uomo di essi il rumore di un mezzo non si sente per pensa ad un bel po’ della sua gente. settimane e le stesse piste non sempre percorse dai fuori strada tagliano fuori dalla vita i villaggi che restano isolati per settimane. E’ scopri pure che quell’insistente canto che da alcuni giorni ci accompagna al tramonto non è altro che il Ramadan, mese del digiuno e della preghiera della fede islamica e che quest’anno è iniziato 5 luglio e finisce il 27. Il nervosismo e percepibile nel local work “lavoratori locali” con espressioni visive sempre più pallide e stremate dall’astenersi durante il giorno di ogni forma di alimentazione e dal bere. Anche le prestazioni lavorative, per ovvi motivi, diventano sempre scarne e labili, occorre avere molta sensibilità per non creare dei dissapori e continuare ad avere ottimi rapporti. Il sole tramonta, le temperatutipico paesaggio dell’Afghanistan dove, tra le immense piere iniziano a scendere e l’ultimo canto delle 5 Un traie, dominano le montagne sempre più alte e brulle. preghiere giornaliere ci lascia a quell’attimo di convivialità tra colleghi di lavoro, nuove amicizie nascono altre si spengono tra screzi e incomunicabilità dati dalla convivenza e dal non rispetto delle persone, ma la vita continua, cosi come è stata vissuta in Afghanistan prima, durante e dopo i Talebani ……!!! Salamalec…….. Afghanistan, Salamalec…. Nazir, Javid, Faird e tanti altri conosciuti in questi mesi di permanenza in Afghanistan…. ____ * * * ____ PER SAPERNE DI PIÙ: L'Afghanistan è uno stato di 652 864 km² e di 31 822 848 abitanti stimati nel 2014. La sua capitale è Kabul. Confina ad ovest con l'Iran, a sud e a est con il Pakistan, a nord con il Turkmenistan, l'Uzbekistan e il Tagikistan e con la Cina nella regione più a est della nazione (corridoio del Vacan). Tra la caduta dei Talebani in seguito all'arrivo delle forze alleate e la riunione del gran consiglio per la stesura della nuova costituzione, l'Afghanistan veniva indicato dall'Occidente come Stato provvisorio islamico dell'Afghanistan. Con la sua nuova Costituzione il paese viene ora ufficialmente chiamato "Repubblica Islamica dell'Afghanistan". L'attuale presidente è Hamid Karzai, in carica dal dicembre 2001. Le lingue uffiSOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 12 ciali del paese sono il pashtu e il dari. MORFOLOGIA Privo di sbocchi sul mare e prevalentemente montuoso (per l'80% ha un'altitudine compresa tra i 600 e i 3000 m), il territorio è dominato dall'Hindu Kush, che taglia in due il paese: verso nord-est il sistema si salda con i massicci del Pamir e del Karakorum, mentre a sud-est si congiunge con i monti Sulayman, in cui si aprono i passi di Khyber e Bolan, vie d'accesso all'India e importanti «porte storiche» dell'Asia. Verso Nord-ovest i rilievi degradano nella pianura percorsa dal fiume Amu Darya, mentre verso sud lasciano spazio ad aree prevalentemente desertiche e ad ampi bacini palustri. L'Hindu Kush prosegue a ovest con il massiccio del Koh-i-Baba collegato ai rilievi marginali dell'Iran; più a sud, si apre a ventaglio in una serie di catene parallele che digradano verso l'altopiano desertico del Rigestan (o Registan) e la depressione salina del Sistan. Nell'estremità settentrionale del paese si estende una limitata area pianeggiante - la regione storica della Battria o Turkestan afgano lambita dall'Amu Darya. IDROGRAFIA La maggior parte dei fiumi (Helmand, Hari Rud, Morghab) ha origine dalle catene centrali e defluisce nei bacini desertici meridionali, con la sola eccezione del Kabul, tributario dell'Indo. Sono inoltre presenti fiumi a carattere torrentizio che non sono di importante rilevanza e non sempre sono sufficienti a soddisfare il fabbisogno alimentare locale. CLIMA L'Afghanistan è caratterizzato da un inverno rigido e un'estate torrida. Durante l'inverno la temperatura può scendere fino a -15°, ed è questo anche il periodo più piovoso dell'anno. L'estate è caratterizzata da un clima molto caldo e secco, meno in altitudine dove le sere sono fresche. I mesi migliori per il viaggio sono aprile, maggio ed ottobre. La forte aridità che caratterizza questa regione è causata da un clima di tipo continentale, con frequenti venti secchi e forti escursioni termiche, sia diurne sia stagionali. A Kabul le temperature oscillano tra 1° (media di gennaio) e 23°C (luglio), con appena una trentina di giorni di pioggia annui. Il paesaggio, arido e brullo, è dominato dalla steppa, sfruttata come pascolo; le ridotte aree forestali sono limitate ai versanti meridionali delle catene lungo il confine pakistano, che beneficiano dell'influsso monsonico. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 13 Il Catasto Grotte FVG a rischio chiusura Da “IL PICCOLO” del 19 luglio 2014 Furio Premiani, presidente della Federazione Speleologica Regionale del Friuli Venezia Giulia. La schermata iniziale del Catasto Grotte Regionale on line (www.catastogrotte.f vg.it/) e a lato un esempio del rilievo topografico di una delle 7738 grotte presenti in FVG. Un patrimonio di dati tecnici e scientifici che abbraccia un secolo e mezzo di attività, ma che adesso è fortemente a rischio a causa del drastico taglio delle risorse. Stiamo parlando del Catasto Grotte Regionale del FVG, istituito con la Legge Regionale 27 del 1966 e gestito dalla Federazione Speleologica Regionale del FVG: una istituzione dove sono raccolti e catalogati tutti i dati topografici e ambientali del sottosuolo del territorio regionale. Un organismo che fino a quest’anno poteva contare su un finanziamento annuo di 86.000 euro, e che invece nell’ultima finanziaria - denunciano gli speleologi regionali - è stato più che dimezzato, scendendo a quota 40 mila euro, e mettendo di fatto a rischio la sua stessa esistenza. “Con questo consistente taglio dei fondi non siamo più in grado di garantire il nostro supporto per la gestione del Catasto delle Grotte - afferma Furio Premiani, presidente della Federazione Speleologica Regionale -. Al di sotto di una cifra di almeno 75 mila euro è impossibile far fronte a tutti i costi di gestione. La nostra speranza è che la Giunta regionale possa ritornare sui propri passi e rinnovarci l’impegno economico degli scorsi anni anche per il futuro, altrimenti il rischio chiusura del Catasto, che peraltro conta su due dipendenti stipendiati, sarà più che concreto”. Il Catasto Grotte Regionale, che si regge sul lavoro volontario di oltre 3000 speleologi, assume storicamente una funzione fondamentale anche per istituzioni ed enti scientifici e di ricerca, grazie al lavoro portato avanti dai 24 gruppi speleologici regionali, attraverso il monitoraggio delle 7738 grotte presenti sul territorio. Ma adesso è a rischio anche quest’ultima attività: dal 2007 infatti i finanziamenti ai gruppi non sono più in capo alla Regione FVG ma alle Province, che peraltro attualmente erogano complessivamente solo il 40 per cento della somma prevista (circa 60 mila euro in totale rispetto ai 154 mila degli anni passati). “Le attrezzature usate per le esplorazioni hanno bisogno di un ricambio continuo per questioni di sicurezza e tutto questo comporta dei costi - continua Premiani -. Se non sarà rivisto lo stanziamento dei fondi si andrà incontro ad una inevitabile diminuzione della sicurezza e delle azioni di salvaguardia dei gruppi speleologici regionali che si sono sempre distinti per professionalità, preparazione e capacità: non ultima l’operazione internazionale di soccorso e salvataggio (n.d.r. - ne abbiamo data ampia e dettagliata descrizione nel numero di giugno di“Sopra e sotto il Carso”) di un collega rimasto ferito a 1000 metri di profondità avvenuta in Germa nia”. SOPRA E SOTTO IL CARSO PAGINA Calcite e Aragonite 14 di Graziano Cancian Graziano Cancian in un momento delle sue ricerche in grotta. Calcite e aragonite rappresentano uno dei più noti esempi di “polimorfismo” in mineralogia. Con questo termine si indica l’esistenza di minerali con composizione chimica uguale ma cristallizzati in maniera diversa. La calcite e l’aragonite sono formate entrambe da carbonato di calcio – Questo numero di “Sopra e sotto il Carso” si CaCO3 – ma la prima cristal- arricchisce di un nuovo e accreditato collalizza nel sistema trigonale e la boratore: Graziano Cancian. Speleologo e seconda in quello rombico. In noto geologo, attualmente goriziano ma spedefinitiva, tanto per parlare in leologicamente cresciuto con la scuola monmaniera semplice, gli atomi falconese, Cancian ha all’attivo numerosissiche costituiscono il reticolo me pubblicazioni scientifiche. Oltre alla sua cristallino si dispongono in professione di geologo, egli ha curato da maniera diversa. Se si ha la sempre la sua passione per la ricerca scientifortuna di trovare qualche bel fica applicata allo studio del carsismo tanto cristallo, si noterà, infatti, che da risultare uno dei più accreditati studiosi in hanno un aspetto differente. questo campo. Attualmente fa parte della Perché parliamo proprio di Società di Studi Carsici “A.F. Lindner” di questi due minerali? Perché il car- Ronchi dei Legionari. bonato di calcio è il principale costituente delle concrezioni delle nostre grotte ed è presente anche nei depositi di riempimento. Va subito detto che, a temperatura e pressione ambiente, la calcite è di gran lunga più stabile dell’aragonite e per questo motivo la seconda è piuttosto rara. A questo punto viene spontaneo chiedersi perché talvolta nelle grotte si deposita pure l’aragonite. Ci sono varie teorie, però, per ora, basiamoci sulle nostre esperienze. Innanzi tutto è meglio chiarire subito che non è per niente facile distinguere i due minerali “ad occhio”. Spesso, quando in grotta si vede qualche concrezione eccentrica, magari ramificata o tipo infiorescenza, molti affermano che si tratta di aragonite. In realtà, non è sempre così. Inoltre, anche se inizialmente la concrezione era aragonitica, col tempo potrebbe essersi trasformata in calcite, cioè nella forma più stabile. Il riconoscimento più sicuro dei due minerali avviene tramite la diffrattometria a raggi x, che noi abbiamo abbondantemente utilizzato grazie alla disponibilità dell’Università di Trieste. Le nostre ricerche, durate alcuni decenni, hanno dimostrato che l’aragonite compare soprattutto dove ci sono degli “ioni e sostanze estranee”. Ad esempio è stata trovata nei depositi di riempimento contenenti minerali fosfatici, come nella Caverna Pocala 173/91 VG. Qui è stata identificata assieme a idrossiapatite e kutnahorite, che sono rispettivamente un fosfato di calcio e un carbonato di calcio e manganese. E’ stata trovata poi dove le acque di percolazione si sono arricchite di magnesio a causa della presenza di Un cristallo di aragonite (A) ed un cristallo di calcite qualche strato dolomitico. (C). Come si può notare, hanno una forma diversa. Si ricorda che la dolomite è SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 15 un carbonato di magnesio e di calcio – MgCa(CO3)2. Le nostre ricerche l’hanno identificata, assieme ad altri minerali rari, nella Grotta del Teschio di Mucca 6000/3420 Fr, che si apre nel Monte Mia (Valli del Natisone) o nella Grotta dell’Otto 4782/5582VG nel Carso Triestino. Constatata l’influenza del magnesio, si è voluto vedere qual è la composizione mineralogica delle concrezioni che si formano esclusivamente dentro roccia dolomitica pura. A questo proposito è stata analizzata una piccola concrezione della Cavernetta del Torrente Comugna 5962/3400FR che si trova in comune di Pielungo (Pordenone). Si tratta di una modesta cavità che si sviluppa interamente nella Dolomia Principale del ReticoNorico. Le analisi hanno dimostrato che la concrezione era formata per il 60% da aragonite e per il 40% da calcite (dato inedito). In conclusione, pare assodato che il ritrovamento di aragonite nelle nostre grotte indichi spesso la presenza di qualche sostanza “estranea” o di strati dolomitici. In questi casi, vale sempre la pena di fare qualche indagine più approfondita, perché ci sono buone posUn bel cristallo romboedrico di calcite. sibilità di trovare altre caratteristiche mineralogiche o stratigrafiche interessanti. BIBLIOGRAFIA: CANCIAN G., PRINCIVALLE F. (1991) - Kutnahorite from Caverna Pocala Soil (Trieste Karst, Italy). Periodico di Mineralogia, 60, pp. 15-20. CANCIAN G., TRICARICO F. (1990) - Incrostazioni di huntite, magnesite, aragonite, dolomite e calcite in una Grotta del Carso Triestino. Mondo Sotterraneo. n.s., 14 (1-2), pp. 11-21, Udine. MOCCHIUTTI A., CANCIAN G. (1997) - Segnalazione di idromagnesite in una grotta del Monte Mia (Valli del Natisone, Friuli, Italia). Mondo Sotterraneo, n.s., 22 (1-2), pp. 37-42, Udine. Alcuni estratti, riguardanti gli studi sul carsismo, eseguiti da Graziano Cancian e pubblicati su varie riviste nazionali. SOPRA E SOTTO IL CARSO PAGINA 16 Le grotte di Doberdò che dovevano ospitare il protosincrotrone A cura di Maurizio Tavagnutti Una delle tante cupole metalliche ancora presenti sul Carso. Durante il periodo della Guerra Fredda queste postazioni nascondevano cannoni o altri armamenti atti a fermare il “nemico”. Puntualmente ogni tanti anni i giornali locali riprendono la notizia, velata da un po’ di mistero, sulla presenza sul Carso isontino di gallerie sotterranee legate al periodo della Guerra fredda. Addirittura si afferma che un generale, che godeva all’epoca di una certa credibilità, assicurava che durante la Guerra fredda il Carso conservava nelle sue viscere un ordigno nucleare pronto ad essere fatto esplodere. Fantasie? Ma! Questa volta il quotidiano “IL PICCOLO” del 15 luglio ha riportato un inciso indicato come “Il mistero” di cui riportiamo qui sotto il testo integrale. Notizie di questo genere riteniamo siano fuorvianti e senz’altro contribuiscono ad alimentare la disinformazione nella popolazione. Per questo motivo ho voluto andare a fondo della cosa. Da “IL PICCOLO” del 15 luglio 2014 (riquadro “Il mistero”) Restano un mistero le gallerie di Doberdò del Lago che a metà degli anni Sessanta avrebbero potuto (dovuto?) ospitare il protosincrotrone del CERN. IL PICCOLO si è occupato della vicenda nell’estate di quattro anni fa dopo aver scoperto nel proprio archivio storico un reportage in cui si dava notizia, corredata da fotografie, del sopralluogo dei tecnici ginevrini nelle cavità carsiche che si trovano alla destra quando si sale da Selz. Il sopralluogo fu effettuato il 3 luglio del 1969. Le gallerie in questione non fanno parte delle fortificazioni scavate dagli anni Cinquanta in poi in epoca di guerra fredda. Sono di molto antecedenti e si sviluppano per parecchie centinaia di metri. In quel punto del Carso l’altitudine media è di 76 metri. La profondità nel sottosuolo delle gallerie tocca anche i 37 metri. Il dato, secondo alcuni esperti, farebbe decadere l’ipotesi che si tratti di linee sotterranee scavate prima o durante la Grande Guerra. L’imponenza delle gallerie stride con i manufatti bellici che possiamo osservare nel sottosuolo carsico. Dunque, chi le ha scavate? Quattro anni fa fiorirono le ipotesi più stravaganti; si parlò addirittura di un sito segreto della Nato. Ma fino ad oggi nulla di certo è emerso. All’epoca dei fatti il governo italiano, a guida Aldo Moro, aveva a disposizione per la realizzazione del protosincrotrone 60 miliardi di lire. Una cifra ingente. Ma si riteneva che fosse un investimento ben calibrato sotto ogni punto di vista. Compreso quello di offrire ai giovani dell’epoca un indirizzo lungo il quale orientare i propri studi. A favore della costruzione del protosincrotrone si schierarono gli allora studenti dell’Istituto Tecnico Industriale “G. Gallilei”. Scesero perfino in corteo per sorreggere la candidatura, precedendo di qualche mese i cortei sessantottini. E ancora, su internet si può trovare sul sito: http://www.vecio.it/forum/viewtopic.php?f=9&t=3823#p64557 Un corridoio di uno dei tanti bunker presenti sul Carso goriziano. A DOBERDÒ GALLERIE SCAVATE DA UN ORGANIZZAZIONE PARAMILITARE di ROBERTO COVAZ GORIZIA Le gallerie di Doberdò del Lago che nel 1969 avrebbero dovuto ospitare il primo protosincrotrone d'Europa furono costruite negli anni Cinquanta per scopi bellici. Non solo: a scavarle sarebbero state organizzazioni paramilitari con base operativa all'estero. Organizzazioni che aderiscono quasi perfettamente all'identikit di Gladio. Le gallerie avrebbero dovuto diventare una sorta di primo sbarramento in caso di invasione SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA dall'Est. È questo uno dei primi, clamorosi sviluppi del caso sollevato dal Piccolo nel reportage pubblicato ieri. MILITARI. Sembra assodato che le gallerie siano ancora oggi di proprietà del Demanio militare. Si trovano a circa 37 metri di profondità , in una località che sulle mappe viene indicata con il nome di Gmajna. Si tratta della landa carsica che si trova sulla destra della provinciale che da Selz - frazione di Ronchi dei Legionari - sale al paese carsico. Sullo sfondo i monti Debeli, Cosici e Arupa Cupa (dove si ferì Mussolini). In quel tratto la quota media è di 76 metri sul livello del mare. Nella zona, per la gran parte coperta da vegetazione e arbusti, sono ancora Una dei tanti bunker, con torretta metallica, anben visibili l'ingresso di un paio di bunker, prese d'aria e bo- cora esistenti nella zona carsica sopra il paese di Selz (Ronchi dei Legionari). tole. Sicuramente strutture militari. LA VICENDA. Nel luglio del 1969 Doberdò del Lago e tutta la provincia di Gorizia stavano cullando il sogno di essere prescelti dal Cern di Ginevra per ospitare la prima macchina di luce protosincrotrone dell'Europa. Il governo aveva stanziato 69 miliardi di lire; 40 milioni la Regione. Invece non si fece nulla nonostante il parere favorevole sul sito espresso dalla commissione del Cern giunta per un sopralluogo a Doberdò mercoledì 9 luglio 1969. Fu Aldo Moro, allora ministro degli Esteri, a dirottare la candidatura su Nardò, in Puglia. Un voltafaccia che costò caro all'Isontino. Erano in ballo qualcosa come 5000 posti di lavoro. Per dire di quanta attesa ci fosse per l'assegnazione di questo impianto basta ricordare che a Polazzo un locale pubblico era stato chiamato Bar Protosincrotrone. I RETROSCENA. Da ulteriori testimonianze raccolte ieri dopo la pubblicazione dell'articolo emerge che nel sottosuolo si svilupperebbe un reticolo di almeno 200 gallerie, una parte di esse senza sbocco. Si tratterebbe sia di scavi risalenti alla Grande guerra, che alla Seconda guerra mondiale e soprattutto degli anni Cinquanta, all'apice della guerra fredda. Particolarmente interessante, e per certi versi inquietante, un altro aspetto. Per sondare la consistenza del sottosuolo carsico in prospettiva del protosincrotrone furono fatti diversi carotaggi. Ma l'analisi geologica comportò anche la fenditura delle rocce attraverso lo scoppio di mine. Alcune furono fatte brillare anche a brevissi- In primo piano, una serie di prese d’aria che indima distanza dalle sponde del lago di Doberdò che da quel cano l’esistenza di una galleria sotterranea che periodo avrebbe manifestato scompensi nel delicato equilibrio serviva al bunker che si vede sullo sfondo. Zona carsica sopra Selz (Ronchi dei Legionari). che governa l'andamento idrografico, oggetto di approfondite ricerche. LE REAZIONI. Tra i primi a stupirsi positivamente della presenza di queste gallerie - sulla cui esistenza erano in pochi a ricordarsi - sono stati il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta e il sindaco di Doberdò del Lago, Paolo Vizintin. «La Provincia si attiverà senza indugi per ottenere dalla competente autorità il permesso di visitare le gallerie - ha promesso il presidente Gherghetta -. La Provincia con il progetto Carso 2014+ sta portando avanti un ingente intervento di valorizzazione della zona carsica, sia sotto il profilo naturalistico che storico. Dunque, perché non includere anche queste gallerie di una torretta blindata con ancora la nei percorsi turistici?». Sorpreso Paolo Vizintin di trovarsi in L’interno struttura metallica per la postazione di sparo. In casa un patrimonio del genere. «Posso affermare con ottima caso di attacco nucleare le feritoie della torretta approssimazione che le gallerie sono opere di origine milita- venivano chiuse ed i militari, attraverso una picre. Prenderemo contatti con il Demanio per verifi- cola botola potevano scendere in un vano sotterraneo alla profondità di 8 m. care la consistenza del reticolo e considerare un SOPRA E SOTTO IL CARSO 17 ANNO III—N°7 PAGINA 18 eventuale sfruttamento turistico. Del resto ricordo che quand'ero bambino il territorio comunale era disseminato di presenze militari. Non si potevano percorrere che pochi metri di sentieri e subito si era intercettati da qualche militare. Non parliamo poi di chi inavvertitamente si avvicinava al confine». ____ * * * ____ Il lago di Doberdò come si presenta in periodi di piogge abbondanti. Negli anni ’30 gli abitanti di Doberdò affermano che l’acqua permaneva nel bacino più a lungo. Come si presenta il lago di Doberdò in periodi di secca. Attualmente il lago appare in queste condizioni sempre più frequentemente. Dopo tutta questa disinformazione ho creduto opportuno che fosse il caso di inviare al quotidiano “IL PICCOLO” la seguente nota informativa: Da “IL PICCOLO” del 19 luglio 2014 di Maurizio Tavagnutti Ho letto con interesse l’articolo apparso su “IL PICCOLO” di ieri martedì 15 luglio, riguardante le gallerie militari risalenti alla cosidetta “Guerra fredda”. In particolare sono rimasto molto perplesso sul riquadro indicato come “il mistero” riguardante le grotte di Doberdò che dovevano ospitare il protosincrotrone. In quelle gallerie, all’epoca, io ci sono stato e ricordo benissimo che non c’era niente di misterioso. In quegli anni eravamo stati chiamati come speleologi in quanto i tecnici che stavano eseguendo dei sondaggi allo scopo di studiare la fattibilità del protosincrotrone, dopo aver scavato, nel mezzo di una dolina situata nei pressi di Doberdò, un pozzo di 30 metri di profondità avevano iniziato a scavare una galleria orizzontale che a sua volta aveva intercettato una serie di cavità naturali. Ricordo benissimo che esplorammo quelle cavità e ne tracciammo anche il rilievo topografico. In pratica, in previsione di poter costruire il protosincrotrone europeo sul nostro territorio, all’epoca fu scavato un pozzo di 30 metri di profondità a sezione quadrata, quindi in corrispondenza del fondo fu scavato un reticolo di gallerie per uno sviluppo totale di 294 metri in cui si intercettarono nove cavità naturali a sviluppo prevalentemente verticale. A sondaggi conclusi e dopo che il protosincrotrone, per motivi politici, venne costruito in Svizzera, il grande pozzo venne completamente chiuso e riempito di materiale. Sul posto si possono ancora oggi trovare i resti dei carotaggi eseguiti all'epoca. Ancora una volta quindi si parla a più riprese delle gallerie, effettuate a scopo diagnostico a fine anni sessanta, per la progettata costruzione dei vani sotterranei atti a contenere i laboratori del protosincrotone del SOPRA E SOTTO Doberdò del Lago (27.7.2010). Quello che rimane del grande pozzo scavato in occasione dei sondaggi per il protosincrotrone. Sopralluogo effettuato dal C.R.C. “C. Seppenhofer” assieme a Piero Spirito (in piedi) del “IL PICCOLO”. Una testimonianza dei numerosi carotaggi eseguiti all’epoca e ancora presenti sul posto. IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 19 CERN, poi costruiti in Svizzera. Si ipotizza che tali gallerie furono costruite in corrispondenza di gallerie preesistenti eseguite per scopi militari. Purtroppo tutto questo indica una disinformazione totale sull’argomento. Alle volte si intervistano persone che poco o niente hanno conoscenza del problema, o perché erano troppo giovani allora o che non erano assolutamente informate. DOBERDÒ Esiste una pubblicaIndicazione del sito della dolina in cui si scavò il pozzo di accesso zione sciendelle gallerie del protosincrotrone (cerchio rosso). Da CTR tifica del 1:5.000 - Cippo Corridoni (non in scala). geologo Bruno Martinis del 1975 (Indagini geologiche e geotecniche effettuate sull’altopiano di Doberdò (Gorizia) per il protosincrotrone europeo da 300 GeV del CERN. Mem. Ist. Geol. E Mineral. Univ. Padova) che parla esaurientemente della cosa. Tale pubblicazione parla esaurientemente di queste gallerie che furono eseguite come sondaggi preliminari per conoscere la geologia ed il grado di carsismo della massa calcarea alla profondità di delle gallerie del protosincrocirca 30 metri (profondità in cui si doveva costruire l’anello del protosin- Pianta trone (Mem. Ist. Geol. e Mineral. crotrone). Durante i lavori fu pure fatta scoppiare una potente carica di e- Univ. Padova di Bruno Martinis). splosivo al centro del lago di Doberdò che lasciò il segno con un cratere circolare nella zona SE del lago. Tale esplosione venne fatta per studiare dal punto di vista sismico la compagine calcarea dell’altopiano di Doberdò. Dopo questo fatto nacque la credenza che sul fondo del lago si siano formate delle fratture nella roccia e si sia rotto l’equilibrio naturale che permetteva al lago di conservare le sue acque per gran parte dell’anno come nei tempi passati. Alcune sezioni delle gallerie del protosincrotrone ricavate da indagini geologiche e geotecniche effettuate sull’altopiano di Doberdò (Gorizia) per il protosincrotrone europeo da 300 GeV del CERN. (Mem. Ist. Geol. E Mine ral. Univ. Padova di Bruno Martinis). SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 20 LA VICENDA REALE L’idea di proporre il sito di Doberdò per la realizzazione del protosincrotrone europeo era stata del gruppo di fisici capitanato dal prof. Paolo Budinich e composto dal prof. Luciano Bertocchi, dal prof. Luciano Fonda, dal prof. Giuseppe Fidecaro e dal prof. Giuseppe Furlan, che assieme al dott. Luigi Stasi allora segretario del Consorzio per la Fisica riuscirono a catalizzare sul progetto le forze politiche ed economiche locali, come era avvenuto per il Centro internazionale di Fisica teorica. In questo caso fu project leader il professor Giuseppe Fidecaro allora direttore della Sottosezione di Trieste dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare. Per proporre il sito di Doberdò era necessario dimostrare che le caratteristiche del terreno erano compatibili con la realizzazione dell’opera. A questo scopo, come giustamente precisato nella segnalazione del professor Giorgio Manzoni, era stato coinvolto il professor Antonio Marussi e l’istituto di Geodesia e ci si era avvalsi di precedenti studi geologici del professor Bruno Martinis. Oltre a ciò, per effettuare delle misure di compressione sulle rocce nelle quali sarebbe stato scavato il tunnel dell’acceleratore, erano stati fatti scavare dall’impresa Rizzani il pozzo verticale e le gallerie menzionate negli articoli e mostrate nelle foto. Nel pozzo fu calato il martinetto appositamente costruito che poi venne spostato sui vari punti di misura. Le misure furono eseguite dai tecnici dell’Infn: Fabio Tomasini, Claudio Becciani, Italo Birri e Giorgio Maselli, sotto la guida dell’ingegner Giuliano Zecchin. Alla visita ufficiale che si svolse, non in luglio, ma dal 9 all’11 maggio del 1969 parteciparono, oltre ai rappresentanti dei Paesi membri del Cern e degli esperti internazionali, a nome del gover- Gorizia 1968. Ancora prima dei moti sessantottini, gli no italiano per il ministero degli Esteri Vanni d’Archirafi, studenti goriziani, in particolare quelli dell’Istituto Tecil direttore generale del Dipartimento economico del mi- nico Industriale “G. Galilei” di Gorizia, scesero più volte in strada per difendere la scelta del sito di Doberdò nistero dell’Ambiente Soro e il presidente del Cnen Gi- per l’installazione del protosincrotrone. gliarelli-Fiumi. Alla presentazione del progetto, alle visite e ai pranzi ufficiali parteciparono autorità civili e militari e rappresentanti del commercio, dell’industria e della finanza di tutta la regione. La lista completa si trova nel rapporto fotografico allora realizzato. Sicuramente se qualcuno vorrà approfondire l’argomento potrà trovare negli archivi dell’Infn e in quelli della ditta Rizzani il progetto e le autorizzazioni concesse per la realizzazione di quelle opere. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA Progetto CAMIS verso la conclusione dei lavori Progetto finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali . -*Projekt sofinanciran v okviru Programa čezmejnega sodelovanja Slovenija-Italija 2007-2013 iz sredstev Evropskega sklada za regionalni razvoj in nacionalnih sredstev. All’interno del progetto ASTIS, che si propone l'analisi qualitativa e quantitativa e la raccolta dei dati necessari per una gestione sostenibile ed integrata a scala transfrontaliera delle risorse idriche sotterranee del fiume Isonzo-Soča, il progetto CAMIS si propone più specificatamente l'obiettivo principale di sviluppare le linee guida per il sistema integrato di gestione delle acque sotterranee nel bacino transfrontaliero del fiume Isonzo. In particolare, la valorizzazione qualitativa e quantitativa delle acque sotterranee e la tutela e uso della falde acquifere transfrontaliere. Il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” in qualità di stakeholder ha partecipato a tutti i lavori della commissione che si sono svolti da aprile ad oggi presso il Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia. Dopo diverse sedute ed illustrazioni da parte del dott. G. Villa e della dott.ssa E. Mitidieri finalmente il giorno 3 luglio ha avuto luogo il sopralluogo tecnico nei siti di interesse. Pertanto, visto l’interesse suscitato dall’argomento, alla partenza da Gorizia eravamo in molti. Il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” ha voluto essere presente anche in questa occasione che poi alla fine si è dimostrata di estremo interesse e chiarificatrice su molti punti del progetto. Prima tappa presso il paese di Bovec (Plezzo) in Slovenia, dove presso un albergo locale, il rappresentante dei partner dell’Università di Nova Gorica ha voluto portare i saluti a tutti i partecipanti. Subito dopo è stato fatto un inquadramento idrogeologico del Monte Canin ed, in particolare, è stata illustrata dal dott. Franco Cucchi la problematica legata alle acque sotterranee del complesso carsico di tutto il gruppo montuoso del Canin. Un’illustrazione minuziosa e dettagliata che comunque lascia ancora grandi interrogativi sull’andamento delle falde sotterranee in quanto la circolazione delle acque carsiche risulta molto complessa e tuttora in fase di studio. Ne è seguita una breve escursione presso la grande risorgiva carsica del Boka dove si è potuto toccare con mano la complessità del fenomeno idrologico carsico. Anche in questo caso il dott. Cucchi ha illustrato gli studi in atto nelle grotte del Canin per poter elaborare un quadro dettagliato della circolazione delle acque sotterranee. Dopo questa breve incursione in territorio sloveno la comitiva ha fatto quindi ritorno in Italia con una tappa a Mossa presso il ristorante Blanchis per un pranzo di lavoro. A chiusura della giornata è stata fatta una visita guidata nella stazione di pompaggio dell’Acquedotto di Gorizia gestito da Iris Acqua in località Mochetta sullo stradone della Manizza. Qui, dopo i saluti da parte del gestore del servizio idrico, il dott. Cucchi ha illustrato i risultati delle indagini geofisiche effettuate nella piana isontina. Sono state anche prese in esame le caratteristiche e la vulnerabilità Bovec (SLO), il dott. Franco Cucchi illustra il fenomeno dell’acquifero e attraverso carsico del Monte Canin. l’illustrazione di diverse carte tematiche ha evidenziato le delimitazioni sperimentali delle aree di salvaguardia. A questa interessante esposizione, supportata da numerose e specifiche carte tematiche, SOPRA E SOTTO IL CARSO 21 ANNO III—N°7 PAGINA è seguita una visita guidata al campo pozzi e agli impianti di potabilizzazione e immissione nella rete acquedottistica delle acque. I lavori si sono conclusi con un dibattito di sintesi e proposte di lavoro sulle linee guida da seguire per un piano di manutenzione del fiume ed altre attività connesse nell’ambito del Programma di Cooperazione transfrontaliero. Insomma una giornata davvero interessante ricca di spunti e senz’altro fruttuosa per l’approfondimento delle tematiche proposte dal progetto CAMIS. CONCLUSIONI Martedì 15 luglio, presso il Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia, si è svolto il Forum plenario di chiusura del processo partecipato in cui il dott. G. Villa ha presentato la bozza degli atti che raccolgono le linee guida per un piano di manutenzione del fiume Isonzo. Indicazioni che sono state raccolte nel corso dei vari incontri e suggerimenti da parte degli stakeholders partecipanti. La bozza, molto articolata, sarà poi visionata dai vari relatori e partner aderenti al progetto e dagli stakeholders i quali potranno contribuire alla stesura finale con proprie osservazioni, in settembre poi ci sarà la stesura definitiva delle linee guida. In pratica il Progetto CAMIS si proponeva come obiettivo generale la stesura delle Linee guida per un piano di manutenzione e conseguenti azioni di monitoraggio della portata del fiume e delle sue acque sotterranee previste nelle attività della Provincia di Gorizia. In pratica si voleva definire una proposta di indirizzo per la redazione di un piano di manutenzione del fiume Isonzo, finalizzato a contribuire, attraverso l’individuazione e la pianificazione di specifici interventi, a: - garantire un livello di protezione adeguato del territorio rispetto al rischio idraulico, compatibile con l’assetto insediativo, infrastrutturale, produttivo, assicurando la complementarietà con gli interventi “strutturali” di difesa del suolo messi in atto nel territorio; - garantire la conservazione della bio-diversità degli ecosistemi naturali; - garantire l’uso sostenibile delle risorse e degli spazi naturali; - favorire lo sviluppo sostenibile dell’economia locale, incentivando la valorizzazione e la fruizione dell’ ambiente fluviale. 22 In avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka (SLO). La risorgiva raccoglie parte delle le acque sotterranee del Monte Canin. La risorgiva carsica del Boka (SLO) in tutta la sua maestosità. Come si può vedere la portata dell’acqua è veramente notevole. AMBITO TERRITORIALE DI RIFERIMENTO: Alveo a piene rive e aree golenali dal confine italiano a Il dott. Franco Cucchi illustra ai presenti le peculiarità foce mare adriatico. del fenomeno carsico del Monte Canin ed i problemi A - tratto confinato dal limite di stato al ponte 8 Agosto a legati all’idrologia sotterranea di questo grande massicGorizia (6,5 km): il corso d’acqua presenta un alveo atti- cio delle Alpi Giulie. vo monocursale ad andamento sinuoso confinato dalle ripide pendici dei versanti; B - tratto da ponte 8 Agosto a traversa di Sagrado (12 km): è caratterizzato da un alveo sinuoso a barre alternate non confinato; C - tratto da Sagrado a San Canzian d’Isonzo (13 km): il corso d’acqua si presenta sempre monocursale sinuoso a barre alternate con tendenza ad evolvere nei tratti a maggior estensione a una tipologia a canali intrecciati da monte della confluenza con il torrente Torre; SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA D - tratto da San Canzian d’Isonzo a foce mare adriatico (10 km): è caratterizzato da un tracciato unicursale, rettilineo risulta interamente arginato con sponde completamente vegetate. Mossa (Gorizia), i partecipanti all’escursione durante il pranzo di lavoro svolto presso il ristorante Blanchis. Gorizia, il dott. Franco Cucchi mentre spiega la situazione della falda acquifera della pianura isontina. Gorizia (località Mochetta), sul piazzale antistante la stazione di pompaggio dell’acquedotto di Gorizia il dott. Franco Cucchi illustra i risultati dello studio della falda acquifera isontina. Al termine della visita guidata alla stazione di pompaggio delle acque in località Mochetta a Gorizia. SOPRA E SOTTO IL CARSO 23 PAGINA 24 Il biglietto di invito alla conferenza. La dott.ssa Elisabetta Feresin dà il benvenuto ai presenti e itroduce la serata. La nostra Grande Guerra Nel corrente anno ricorre, come più volte abbiamo accennato, il centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Qui nella nostra regione, il Friuli Venezia Giulia, hanno proliferato le manifestazioni e le occasioni per ricordare l’avvenimento. Del resto la presenza nel nostro territorio di uno dei fronti più caldi del conflitto, quello del Carso, ha lasciato dei ricordi indelebili di battaglie ed inutili massacri. Grazie dunque all’interessamento della nostra socia Isabella Montina e del presidente dell’Associazione Mossa Giovane, Michel Mucci, il giorno 11 luglio nella sala del Centro Civico di Mossa (Gorizia), abbiamo potuto illustrare alla popolazione locale una bella conferenza sulle gallerie cannoniere del Monte Sabotino. Su questo monte, estremo baluardo della difesa austro-ungarica di Gorizia (Görz), si svolsero delle tremende battaglie di cui l’elemento delle gallerie scavate dal cosiddetto “Gruppo Gavotti” giocò un ruolo fondamentale per la presa della città da parte del Regio Esercito Italiano. Per l’occasione la serata è stata Il presidente dell’Associazione Mossa Giovane, Michel aperta dalla dott.ssa Elisa- Mucci, presenta la serata e il relatore. Questa associabetta Feresin, sindaco di zione è molto attiva nel piccolo comune isontino. Mossa, che ha ricordato l’attività svolta dall’Associazione Mossa Giovane e ha tenuto a ribadire la vicinanza della sua amministrazione verso l’attività del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”. Il sindaco ha voluto anche auspicare una futura collaborazione tra gli speleologi goriziani e l’ambiente scolastico del comune di Mossa. Durante la serata il relatore, Maurizio Tavagnutti, ha proseguito con l’illustrazione dei siti ipogei presenti sul Monte Sabotino. La loro funzione e caratteristiche infine sono state ben illustrate dalle belle ed esplicative immagini proiettate nel corso della serata. Le gallerie del Monte Sabotino rappresentano una testimonianza della Prima Guerra Mondiale molto importante che andrebbe valorizzata in modo adeguato. La cresta del rilievo montuoso, posto alle spalle di Gorizia, fa da spartiacque tra lo stato italiano e quello sloveno, si pensi che solo nella parte italiana il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” ha topografato e rilevato più di 40 cavità artificiali mentre nella parte slovena ha rilevato almeno una decina di cui alcune con uno sviluppo molto esteso. ____ * * * ____ SOPRA E SOTTO IL CARSO PAGINA Natura km 0 (o poco più) 25 di Roberto Ferrari & Gabriella Graziuso FANTASMI DAL TEMPO PROFONDO: IL CARADOC NELLE ALPI CARNICHE Una vecchia cartolina, risalente alla seconda metà del 1800, in cui si vede la valle di Planinsko polje allagata. Sull’affioramento fossilifero lungo la strada che dalla Casera Meledis Bassa porta alla Casera Valbertad Bassa (Ordoviciano superiore, Caradoc - Alpi Carniche) (foto R. Ferrari) Voglia di storia antica, voglia di risalire, o forse sarebbe più appropriato dire scendere, alle origini, voglia di antenati lontani, lontanissimi nel tempo ma vicini spazialmente. Non severi archivi, non polverose biblioteche, non tristi cimiteri. Quello che andiamo cercando lo troviamo in NOTE fondo alla Val Uqua, a N di Ugoviz- La toponomastica adottata è quella correnteza nella parte occidentale delle Alpi mente usata nella Nazione della quale il Carniche. Una tregua di qualche ora soggetto a cui è riferita fa parte attualmente; tra una serie quasi continua di ac- la toponomastica binomia è stata adottata quazzoni e temporali che ormai fa- sia nel caso il soggetto a cui è riferita costiranno passare alla storia meteo- tuisca punto di attraversamento dell’attuale climatica questa estate, ci permette confine tra due nazioni, sia nel caso il sogdi raggiungere un affioramento roc- getto a cui è riferita abbia una corrispondencioso che tenta di nascondersi in un te denominazione in lingua italiana e, come meraviglioso bosco di abeti e larici, la precedente, è tratta dal confronto della sorbi e sambuchi. Osserviamo le pie- più recente cartografia a disposizione. tre accumulatesi alla base della scarpatina, le rigiriamo tra le mani, cerchiamo di capire quello che vogliono raccontarci: tentano di dirci qualcosa. Le Alpi Carniche/Karnische Alpen costituiscono, assieme alle Alpi Giulie Occidentali, il lembo più orientale delle Alpi Calcaree Meridionali ed a loro volta sono suddivise, sempre dal punto di vista geologico-strutturale, in Alpi Carniche Principali, o Catena Carnica, ed in Alpi Carniche meridionali, o Alpi Tolmezzine. La Catena Carnica comprende in massima parte i rilievi che costituiscono la linea di spartiacque tra Friuli e Kärnten (Carinzia) e si sviluppa in direzione W-E dal Cadore al Tarvisiano, limitata a N dalla Faglia del Gail, in territorio austriaco, che rappresenta anche il limite Alpino-Austroalpino separante le Austridi dalle Alpi Calcaree Meridionali e Dinaridi, ed a S dagli incisi vallivi tra Prato CarnicoRavascletto-Paularo-Pontebba, che le separano dalle Alpi Tolmezzine, e dagli incisi del Fiume Fella e del Torrente Slizza/ Gailitz Bach, che le separano dalle Alpi Giulie Occidentali. Dal punto di vista stratigrafico, quest’area, pur caratterizzata dalla presenza di termini compresi tra il Precambriano ed il Neozoico, è costituita in massima parte da depositi sedimentari paleozoici presenti in successioni stratigrafiche, divenute classiche, dall’Ordoviciano al Permiano che furono, a partire dalla metà del secolo scorso, oggetto dei primi studi intrapresi inizialmente da geologi austriaci e successivamente condotti sia da studiosi austriaci che italiani: F. Frech, H.R. Gaertner, G. Geyer, M. Gortani, F. Heritsch, E. Schellwien, G. Stache, T. Taramelli, P. Vinassa sono solamente alcuni tra i pionieri che, tra il 1850 ed il 1950, svolsero la loro attività sia nel campo dell’esplorazione preliminare, sia in quello dello studio sistematico e di dettaglio della Geologia e della Paleontologia della Catena Carnica. Le più antiche rocce fossilifere di questa successione risalgono al Caradoc (460 milioni di anni circa), Ordoviciano superiore, e sono rappresentate in strati compressi e deformati dalle Orogenesi Ercinica ed Alpina, in alcuni circoscritti affioramenti di piccola estensione e di potenza variabile, presenti in alcune loSOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 26 calità su entrambi i versanti dello spartiacque della Catena Carnica. I litotipi presenti in questi rari affioramenti possiedono caratteristiche litologiche e paleontologiche simili e, costituiti da sedimenti di origine clastica rappresentati da argilliti, siltiti, arenarie e, in minor misura, conglomerati depositatisi in ambiente marino, appartengono alla Formazione di Uqua, Uggwafazies dei geologi austriaci, il cui nome deriva dalla omonima valle a N di Ugovizza, dove lo Stache, nella seconda metà dell’800, individuò, dando di esso l’esatta interpretazione, quello che ora ne è uno degli affioramenti classici, forse il più conosciuto. Due le località classiche più conosciute e facilmente accessibili dove affiorano strati ascrivibili al Caradoc, nella Catena Carnica: la prima sita nella Valle del Rio di Lanza, lungo la suggestiva strada che da Paularo porta al Passo del Cason di Lanza che attraversa con un tornante un pacco di strati costituenti l’affioramento stesso nei pressi della Casera Valbertad Bassa, la seconda sita nella Val Uqua nei pressi dell’ex Rifugio Fratelli Nordio, poco distante dal sentiero che sala alla Sella di Lom. L’originaria stratificazione non è molto evidente, specie nella prima località, risultando mascherata dagli effetti dovuti alle notevoli deformazioni subite Reperti fossili dall’affioramento fossilifero lungo la strada che dalla Casera dagli strati conseguentemente alle Meledis Bassa porta alla Casera Valbertad Bassa (Ordoviciano superiore, Cacompressioni derivate dai movi- radoc - Alpi Carniche) (Foto R. Ferrari). menti tettonici causati dalle orogenesi Ercinica ed Alpina; il litotipo è rappresentato da siltiti grigio-verdastre, talvolta ocracee e bruno-giallastre se alterate, contenenti frequenti resti di organismi marini deformati anch’essi dalle forti pressioni che hanno interessato la compagine rocciosa, spesso costituiti dalle loro impronte esterne che, sotto forma di cavità incrostate da depositi limonitici, danno alla roccia un caratteristico aspetto cariato, rinvenibili sia isolatamente sia in caratteristici livelletti o tasche di limitata estensione. E’ riconoscibile un’associazione faunistica che, seppur primitiva, include vari taxa animali e rappresenta la più antica fauna fossile conosciuta nell’Italia peninsulare: depositi fossiliferi più antichi, sedimentatisi in bacini marini di piccola profondità, contenenti interessantissime faune a Trilobiti e risalenti al Cambriano inferiore, sono localizzati nel SW della Sardegna. In questa associazione i resti fossili più frequenti sono riferibili a strutture scheletriche di individui appartenenti al phylum Bryozoa, Briozoi, invertebrati coloniali molto comuni allo stato fossile conosciuti dall’Ordoviciano inferiore e tuttora presenti con alcune forme viventi principalmente in ambienti marini caratterizzati da acque limpide, agitate, ben ossigenate, rinvenibili a profondità variabile ma caratteristici soprattutto della zona litorale, mentre rare sono le forme adattate alla vita nelle acque dolci. Il singolo individuo, zooide, è protetto da un involucro, zooecio, chitinoso o più spesso calcareo, da lui stesso secreto e che costituisce la parte dell’organismo che si conserva allo stato fossile, dal quale fuoriesce il lofoforo, che in caso di pericolo può essere ritirato SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA all’interno dello zooecio, costituito da una corolla di tentacoli con al centro la bocca, mentre l’apertura anale può essere interna od esterna alla corolla stessa, caratteristica quest’ultima che determina la prima suddivisione tassonomica dei Briozoi rispettivamente nei due subphyla Entoprocta ed Ectoprocta. La colonia, zooario, è costituita da un insieme di più zooeci e talvolta si presenta con un alto grado di polimorfismo dovuto a differenze morfologiche che presentano gli zooeci stessi a seconda delle specifiche funzioni alle quali intendono e che sono il risultato di adattamenti atti a facilitare i compiti a cui gli zooidi sono preposti: sono così distinguibili autozooidi per la nutrizione e la riproduzione, gonozooidi od ovicelle per l’incubazione, avicularie per la protezione e la difesa, vibracule per la pulizia. La formazione di uno zooario ha inizio con l’espulsione delle uova da una colonia da ciascuna delle quali ha origine una larva ciliata che dopo un periodo di vita planctonica si fissa ad un substrato, che generalmente può essere costituito da un ciottolo o da un guscio o frammento scheletrico di altro organismo, dando origine al primo zooide, ancestrula, che per gemmazione successiva produce tutti gli altri zooidi della nuova colonia. Gli zooari si presentano per lo più come delicate incrostazioni aventi forme lamellari, emisferiche, cespugliose, reticolari che talvolta possono, similmente ai Celenterati, dare origine a scogliere; caratteristiche a questo proposito le “sabbie a Briozoi”, sabbie costituite in gran parte da frammenti di questi organismi, strappati dai fondali ed elaborati da correnti, onde e maree. Analogamente si rinvengono fossili talvolta costituenti “rocce a Briozoi”, In avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka generalmente in facies calcaree o calcarenitiche (SLO). La risorgiva raccoglie parte delleindile acque sotcanti antichi ambienti di deposizione a batimetria terranee del Monte Canin. ridotta; presentano una grande distribuzione geografica, sì da essere utilizzati in correlazioni stratigrafiche. Sebbene molto studiati in quanto sia frequenti allo stato fossile, sia presenti attualmente, i Briozoi rappresentano un phylum soggetto ad alcuni problemi di classificazione e le suddivisioni in taxa di rango inferiore sono motivo di discordanza tra i vari autori, cosa del resto abbastanza frequente in Paleontologia. In questi affioramenti sono rappresentati due ordini, Trepostomata, Trepostomidi, e Cryptostomata, Criptostomidi. I Trepostomidi, che secondo alcuni autori sono inclusi nella classe Gymnolaema- Sull’affioramento fossilifero nei pressi dell’ex Rifugio Fratelta e secondo altri nella classe Stenolaemata, si svi- li Nordio, (Ordoviciano superiore, Caradoc - Val Uqua, Alpi lupparono ed ebbero il loro apice evolutivo durante Carniche) (Foto R. Ferrari). l’Ordoviciano per poi presentare un continuo declino durante il resto del Paleozoico, estinguendosi definitivamente nel Triassico; della famiglia Trepostomodae sono presenti i generi Monotrypa ed Hallopora: il primo, diffuso dall’Ordoviciano al Permiano, presenta talvolta zooari liberi caratterizzati da forme massicce, emisferiche o discoidali, ma più spesso presenta zooari fissati a gusci di Gasteropodi in un utile rapporto di simbiosi nel quale il Briozoo offriva una migliore protezione all’ospite ricavando da questi una maggiore opportunità di nutrimento derivante sia dalla mobilità, sia dalla maggiore circolazione dell’acqua dipendente dal movimento stesso; il secondo, diffuso dall’Ordoviciano al Devoniano, presenta zooari ramosi muniti di opercoli alle estremità che con il crescere della colonia si trasformavano in setti interni. I Criptostomidi presentano una storia evolutiva analoga, sviluppandosi nell’Ordoviciano ed estinguendosi nel Triassico; quest’ordine è considerato appartenere alla classe Gymnolaemata secondo alcuni autori ed alla classe Stenolaemata secondo altri, ma ancora maggiore è l’incertezza relativamente all’esatta collocazione sistematica del genere Fenestella, famiglia Fenestellidae, presente negli affioramenti: secondo alcuni studiosi è da ascriversi all’ordine Cryptostomata, classificazione più accettata e qui seguita, mentre secondo talaltri è da considerarsi appartenere all’ordine Fenestrata; è diffuso dall’Ordoviciano al Permiano, presenta tipici zooari caratterizzati da strutture regolari e reticolate ed è frequente in rocce formatesi in ambienti sedimentari a batimetria ridotta. Il phylum Brachiopoda, Brachipodi, molto ben rappresentato negli affioramenti siti nei pressi della Casera Valbertad Bassa e dell’ex Rifugio Fratelli Nordio, include organismi tuttora presenti con poche forme sostanzialmente simili e poco differenziate evolutivamente da quelle più primitive note dal Cambriano inferiore: a tal proposito i rappresentanti attuali, come ad esempio il genere Lingula, sono considerati veri e propri “fossili viventi”; mentre le forme attuali, tipicamente bentoniche sessili o fossorie, possono vivere temporaneamente anche in ambienti salmastri, i rappresentanti fossili erano tutti prettamente marini, in massima parte bentonici sessili o fossori, con rare forme nectobentoniche ed epiplanctoniche. Esternamente presentano due valve, di origine chitino-fosfatica o calcarea, disuSOPRA E SOTTO IL CARSO 27 ANNO III—N°7 PAGINA 28 guali, poste in connessione e con possibilità di apertura e chiusura per mezzo di fasci di muscoli abduttori ed adduttori il cui punto di inserzione, interno ad esse, lascia caratteristiche impronte utili per il riconoscimento tassonomico; la valva peduncolare, o ventrale, presenta generalmente un umbone spesso caratterizzato da un foramen dal quale esce un peduncolo per il fissaggio dell’organismo al substrato; la valva brachiale, o dorsale, è caratterizzata internamente da una struttura scheletrica, brachidium, atta a sostenere il lofoforo, organo preposto alla filtrazione dell’acqua a scopo alimentare. L’ornamentazione esterna delle valve può essere costituita da motivi concentrici, quali linee di accrescimento e prolungamenti spinosi, o radiali, quali pieghe, coste e costelle. I Brachiopodi presentano un’anatomia interna, relativa alle parti molli, assimilabile per alcuni versi, a parte le maggiori dimensioni in senso lato, a quella dei Briozoi e per questa caratteristica i due gruppi sono stati in passato talvolta avvicinati sistematicamente; a differenza di questi ultimi, però, i Brachiopodi conducono vita indipendente, pur con densità di individui talora molto elevata; dalla relazione con il substrato e dalle caratteristiche di questo, deriva la morfologia della conchiglia che può sia fissarsi per mezzo del peduncolo o per mezzo della stessa valva ventrale, in quest’ultimo caso l’organismo è stabilmente fisso e presenta in alcune forme morfologia caratteristica, od affossarsi: è interessante notare come la forma del guscio si presenti notevolmente differenziata con strutture quali alettature, protuberanze spiniformi, ornamentazioni in genere atte a svolgere funzioni di stabilità in contrasto a condizioni ambientali particolari quali, tra le altre, correnti, incoerenza del substrato, presenza di corpi estranei, dimostrando una grande adattabilità ad ambienti, condizioni e situazioni differenti, assumendo forme imposte da una evoluzione convergente, riscontrabile in gruppi anche molto lontani filogeneticamente l’uno dall’altro, ma adattatisi ad uno stesso particolare habitat. La diffusione avviene attraverso una fase larvale planctonica che successivamente evolve fissandosi al substrato. Sono caratteristici di ambienti soprattutto riscontrabili nella zona sublitorale, con acque relativamente basse, temperato-fredde, a salinità normale, ben ossigenate ed a sedimentazione lenta. Negli affioramenti è presente la classe Articulata, Articolati, che deriva il nome dalla presenza di un’articolazione costituita da due denti, presenti sulla valva ventrale, a cui corrispondono due fossette, su quella dorsale; noti dall’inizio del Paleozoico, ebbero il massimo sviluppo nel Devoniano e nel Giurassico iniziò il loro declino che li ridusse alle attuali poche specie; all’ordine Orthida, il più primitivo di questa classe e diffuso dal Cambriano medio al Permiano, sono riferibili le specie Dolerorthis maxima, famiglia Hesperorthidae, Paterorthis paterina e Gelidorthis melovi, Plectorthidae, Multicostella schoenlaubi, Heterorthidae; sono presenti forme riferibili all’ordine Strophomenida, diffuso dall’Ordoviciano al Giurassico inferiore e caratteristico per alcune famiglie la cui valva peduncolare era direttamente fissata al substrato; all’ordine Pentamerida, diffuso dall’Ordoviciano al Siluriano inferiore, i cui rappresentanti sono caratterizzati da valva ventrale depressa da un solco mediano la cui ondulazione si riflette sul margine anteriore della commessura frontale e dalla conchiglia finemente decorata da coste radiali, è riferibile la specie Porambonites magnus, famiglia Porambonitidae. Facilmente distinguibili dai resti fossilizzati di Briozoi e Brachiopodi, soprattutto per la caratteristica forma pentagonale che presentano, sono quelli relativi a frammenti della teca di organismi appartenenti al phylum Echinodermata, Echinodermi; sono, questi, organismi conosciuti dal Cambriano inferiore, ma le specializzazioni con cui si presentano “improvvisamente”, dal punto di vista geologico, ai primordi del Fanerozoico, fanno ragionevolmente supporre che si siano evoluti da forme più primitive e più semplici già nel Precambriano; alcune linee evolutive si sono estinte, mentre altre sono tuttora presenti con forme, esclusivamente marine, suddivise in classi quali, tra le più rappresentative, Crinoidea, Crinoidi (Crinoidi o Gigli di mare), Holothuroidea, Oloturoidi (Oloturie o Cetrioli di mare), Echinoidea, Echinoidi (Echinidi o Ricci di mare), Stelleroidea, Stelleroidi, suddivisa nelle sottoclassi Asteroidea, Asteroidi (Asteroidi o Stelle di mare) ed Ophiuroidea, Ofiuroidi (Ofiure o Stelle serpentine). La peculiarità che accomuna questi organismi, diversificandoli nel contempo da qualsiasi altro gruppo sistematico, risiede nella simmetria pentamerale raggiata presente nella loro configurazione scheletrica e morfologica esterna e riflessa nella disposizione degli organi interni; presentano uno scheletro dermale formato da placche, costituite da spicole di carbonato di calcio, sia fisse che articolate tra loro, strutturate su cinque estensioni radiali, aree ambulacrali, evidenziate da solchi formati da placche porose che negli Oloturoidi, unici privi dello scheletro esterno, sono rappresentate nella morfologia interna, mentre, tra gli altri, negli Echinoidi formano una caratteristica ornamentazione utile per la classificazione e negli Stelleroidi costituiscono parte integrante delle “braccia”; le ornamentazioni sono generalmente rappresentate da aculei, radioli, tubercoli e spine che assolvono alla duplice funzione difensiva e deambulatoria. L’anatomia interna riflette questa disposizione con il caratteristico sistema acquifero, costituito da cinque canali radiali principali per la circolazione dell’acqua; le aperture orale ed anale possono essere situate una accanto all’altra od in posizione diametralmente opposta; presentano un lungo stadio larvale planctonico. Organismi quasi esclusivamente bentonici, sia sessili che nectobentonici, occupano i più svariati ambienti, anche a differente batimetria, presentando adattamenti particolari a seconda delle caratteristiche del substrato, così da essere SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA utilissimi indicatori ecologici, e paleoecologici, ed ottimi fossili guida. La classe Cystoidea, Cistoidi, alla quale appartiene il genere Corylocrinus presente nelle siltiti ordoviciane degli affioramenti, appare nella documentazione paleontologica nell’Ordoviciano medio, per scomparirne nel Devoniano superiore; ad essa appartengono organismi bentonici sessili costituiti da una caratteristica teca subsferica sulla sommità della quale è situata l’apertura orale dalla quale si dipartono le aree ambulacrali attraversate dai relativi canali ai margini dei quali si articolavano le brachiole, sottili appendici con probabile funzione di cattura e raccolta delle particelle nutritive. Rari, ma quasi immancabili in strati ordoviciani, i resti deformati di Trilobita, Trilobiti, classe esclusivamente paleozoica del vastissimo phylum Arthropoda, Artropodi. I Trilobiti devono il nome al fatto di avere il carapace tripartito sia nel senso longitudinale, con una parte centrale, rachis, e due laterali, pleure, sia in quello trasversale, con una parte anteriore, cephalon, una centrale, thorax, ed una posteriore, pygidium. Esclusivamente marini e comparsi già molto evoluti nel Cambriano inferiore, fatto che induce a supporre di età precambriana la loro origine e diversificazione, appaiono estremamente adattati a diversi habitat mediante caratteri che si riflettono soprattutto sulla morfologia; caratteristici e frequenti i resti fossilizzati delle exuviae, parti dell’esoscheletro dovute alle mute alle quali questi organismi erano periodicamente soggetti durante la crescita, talora così abbondanti da costituire un’alta percentuale nella composizione del sedimento stesso. In questi affioramenti è presente soprattutto la specie Dalmanitina proeva, famiglia Dalmanitidae, ordine Phacopida, coIn avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka nosciuto dall’Ordoviciano medio, di probabili abitudini nectoniche dedicibili dalle caratteristiche del carapace (SLO). La risorgiva raccoglie parte delle le acque sote dalla perfezionata struttura degli organi viterranee del Monte Canin. sivi. Le similitudini alle condizioni paleogeografiche e paleoclimatiche tipiche del Cambriano quali i rapporti tra le terre emerse ed i mari e le loro conseguenze sul clima, perdurarono durante quasi tutto l’Ordoviciano: le terre emerse, costituite principalmente da quattro grandi masse continentali a morfologia piatta e la cui disposizione e conformazione non sono confrontabili con quelle attuali, erano separate sia da vaste zone di mare epicontinentale, caratterizzate da piccola profondità e da sedimentazione di rocce soprattutto calcaree, sia da zone di geosinclinale, caratterizzate da grandi profondità e dalla presenza, oltre che di rocce di origine magmatica, di caratteristiche rocce sedimentarie di ambiente Brachipoda dall’affioramento fossilifero nei pressi dell’ex Rifugio pelagico; anche il clima sembra rispecchiare Fratelli Nordio, (Ordoviciano superiore, Caradoc - Val Uqua, Alpi le caratteristiche di uniformità proprie del Carniche) (Foto R. Ferrari). precedente periodo, probabilmente con una tendenza, in senso lato, verso valori più alti della temperatura. Verso la fine dell’Ordoviciano si cominciarono a manifestare le prime fasi preludenti l’Orogenesi Caledoniana, la cui fase più acuta caratterizzerà la fine del Siluriano, che portò al sollevamento di numerose catene montuose in alcune aree del pianeta. Se i dati disponibili indicano che le condizioni fisiche, geografiche e morfologiche e quelle da queste derivate non furono di molto dissimili da quelle proprie del Cambriano, nelle caratteristiche biologiche devono essere ricercati gli aspetti più rilevanti propri dell’Ordoviciano: tracce che indicherebbero la prima presenza di organismi vegetali in zone emerse; l’espansione e l’incremento di invertebrati marini bentonici tipici di ambienti a batimetria ridotta, già conosciuti dal Cambriano quali Celenterati, Brachiopodi, Molluschi e soprattutto Trilobiti, e la comparsa di nuovi organismi quali Briozoi, Tentaculiti e Graptoliti, questi ultimi, molto caratteristici, tipici di ambienti pelagici e di incerta collocazione sistematica; resti relativi a parti scheletriche di primitivi Vertebrati in sedimenti di origine marina ma presumibilmente in questi depositati dopo un trasporto post-mortem da ambienti dulciacquicoli. Nell’area attualmente costituita dai rilievi della Catena Carnica è ipotizzabile, all’inizio dell’Ordoviciano superiore, la presenza di un mare poco profondo a contatto con una terra emersa situata ad W, costituita da rocce risalenti al Cambriano o al Precambriano, tuttora sottostanti ai successivi depositi sedimentari e le cui caratteristiche originarie sono state cancellate da successivi fenomeni metamorfici, poco differenziata morfologicamente, incisa da corsi d’acqua il cui carico solido ha contribuito alla formazione dei primi strati sedimentari di quest’area, attualmente ridotta rispetto all’originale estensione a causa delle compressioni e relative riduzioni spaziali dovute alle spinte orogenetiche dei cicli ercinico ed SOPRA E SOTTO IL CARSO 29 ANNO III—N°7 PAGINA 30 alpino; alla fine dell’Ordoviciano superiore la situazione paleogeografica evolvette attraverso una trasgressione marina che si manifestò con un graduale aumento della batimetria e portò, con il conseguente arretramento della linea di costa, al successivo instaurarsi di condizioni di mare aperto. Gli organismi fossili presenti nelle siltiti ora affioranti nei pressi della Casera Valbertad Bassa e dell’ex Rifugio Fratelli Nordio, costituiscono le prime forme di vita conosciute che si stabilirono in queste regioni: sebbene non rappresentino la fase iniziale della vita sul pianeta, ne caratterizzano comunque una delle fasi primordiali e, nella loro semplice ma già evoluta e moderna organizzazione, primi testimoni dell’intera storia geologica delle Alpi Carniche, appaiono come muti ed emblematici fantasmi dagli abissi del Tempo Profondo. Prime gocce di pioggia, poi goccioloni. La scusa è buona per radunare in fretta l’attrezzatura fotografica e le nostre altre cose. Uno sguardo veloce ai monti di fronte, oltre la valle; poi anche i Due Pizzi spariscono avvolti dalle nubi. Ci addentriamo nel bosco per alcuni metri nella speranza di poter esaminare l’improvviso cambiamento litologico e conseguente contenuto paleontologico testimoniante importanti mutamenti paleoambientali, ma il cielo si incupisce sempre più: del contatto tettonico tra Ordoviciano superiore e Siluriano inferiore, agli scisti neri della Formazione Bishofalm ed ai Graptoliti inclusi nelle argilliti nere che qui la caratterizzano ci penseremo un’altra volta. Abbiamo conosciuto, e toccato con mano, chi prima di noi ha vissuto dove ora viviamo noi. Se è vero che tutti gli esseri viventi originano da una ancestrale forma comune poi evolutasi e diversificatasi nel tempo in tutte le forme fossili ed attuali conosciute, può essere facile e suggestivo intravvedere da questi muti resti pietrificati lontane, lontanissime discendenze. Ritorniamo sui nostri passi e dalla lontananza temporale di questo antico ambiente, al presente. Anche se il clima sarebbe piuttosto da the al rhum, non sappiamo resistere a qualche birra, sotto lo sguardo incuriosito e perplesso di una coppia di cervi sbucati sul crinale al limitare del bosco. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: - AZZAROLI A. & CITA M.B., 1963 - Geologia Stratigrafica. Vol. I, 1963, Milano. - SELLI R., 1963 - Schema geologico delle Alpi Carniche e Giulie Occidentali. Giornale di Geologia – Annali del Museo Geologico di Bologna, Serie II, Vol. XXX – 1962: 1-136, 1963, Bologna. - ŠPINAR Z., 1965 - Systematická paleontologie bezobratlých. Academia Nakladatelství, Ceskoslovenské Akademie Ved, 1965, Praha. - HAVLÍCEK V., 1977 - Brachiopods of the order Orthida in Czechoslovakia. Rozpravy, Svazek 44, Ústrední ústav geologický – Praha, Academia – Nakladatelství Ceskoslovenské Akademie Ved, 1977, Praha. - AA.VV., 1983 – Il Paleozoico Carnico. “le rocce, i fossili, gli ambienti”. Museo Friulano di storia Naturale, 1983, Udine. - SCHÖNLAUB H.P., 1988 – Vom Urknall zum Gailtal. 500 Millionen Jahre in der Karnischen Region. 1988, Hermagor. - ŠNAJDR M., 1990 – Bohemian Trilobites. Ústrední ústav geologický, 1990, Praha. - FERRARI R., 1994 – Una primordiale fauna fossile nei pressi della Casera Valbertad Bassa, nelle Alpi Carniche. Alpi Giulie - Rassegna di attività della Società Alpina delle Giulie-Sezione di Trieste del Club Alpino Italiano (Itinerari Paleontologici), N.88/1 1994: 41-48 (2 dis.b/n; 1 fot.col.; 1 tav.b/n), Società Alpina delle Giulie Editrice, Trieste. - CUCCHI F., FINOCCHIARO F. & MUSCIO G., 2009 – Geositi del Friuli Venezia Giulia. Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – Direzione Centrale Ambiente e Lavori Pubblici – Servizio Geologico, 2009, Trieste. SOPRA E SOTTO IL CARSO PAGINA 31 La grande voragine individuata durante un sorvolo aereo in territorio russo. La voragine alla fine del mondo Recentemente (16 luglio) ha fatto molto scalpore sui notiziari e sui social network, la scoperta in Russia di un enorme voragine. Filmati e foto hanno fatto in breve il giro del mondo. L’avvistamento è stato fatto dai passeggeri di un elicottero, tra cui c’era l’ingegnere Konstantin Nikolaev, che racconta di aver avvistato un enorme cratere di 80 metri (250 piedi) di diametro nella penisola di Yamal in Siberia settentrionale, in una delle zone più inospitali della Russia. Subito battezzato con il nome di "Voragine alla fine del mondo", l’ingresso della voragine è stato filmato e messo su YouTube, attirando l'attenzione internazionale e alimentando la speculazione sulla sua origine. Al momento nessuno è abbastanza sicuro di quanto sia profonda questa voragine o come si sia formata, anche se i rappresentanti della Accademia Russa delle Scienze, ministero delle Emergenze, e altri esperti sono al lavoro per indagare su cosa abbia causato questa enorme anomalia. Dopo che il video è stato condiviso, varie spiegazioni sono state avanzate su come si sia creata questa grande apertura circolare. Le teorie sono le più disparate e vanno dall’ipotesi che sia stata creata dall’impatto di meteoriti sia alle ipotesi più strampalate come quella che la voragine sia il risultato di perforazioni aliene. L'enorme buco documentato in un filmato aereo trasmesso da TV Zvezda, il canale televisivo del Ministero della Difesa Russa, è situato in una landa dal sottosuolo perennemente ghiacciato, dove le temperature possono sfiorare i -50 °C e il Sole si fa vedere di rado. Una striscia di terra lunga 700 chilometri il cui nome significa "fine del mondo". Che cosa ha causato il misterioso "buco" (la cui formazione, secondo gli esperti, risale a un paio d'anni fa)? Sicuramente non un meteorite, precisa un portavoce del ministero delle Emergenze dello Yamal. Il suolo sembrerebbe essere stato perforato dal basso, secondo le prime valutazioni fotografiche, cui seguiranno i rilievi degli esperti che presto dovrebbero recarsi sul luogo per prelevare campioni di terreno da esaminare in laboratorio. Qualcuno ha fatto notare che i Localizzazione geografica della penisola di Yamal e il punto in cui è margini del cra- stata individuata la grande voragine. tere sono particolarmente scuri, forse per un repentino cambio di temperatura o per un'esplosione sotterranea. In effetti il sito dove è apparso il buco si troverebbe a una trentina di chilometri di distanza dal più ricco giacimento di gas della zona, quello di Bovanenkovo, situato in un'area geologicamente giovane. Non è da escludere, quindi, che il gas naturalmente presente nel sottosuolo possa aver innescato una deflagrazione. Ma non è l'unica teoria in gioco. Altri geologi indicano una possibile cause nel cosiddetto "pingo": un blocco di ghiaccio che spinge per emergere in superficie, fino a bucare il suolo. Una volta sciolta, questa piccola "collina" lascerebbe dietro di sé soltanto il craSOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA tere. Il permafrost artico può essere spesso centinaia di metri, da qui la possibile origine del gigantesco "ghiacciolo". Il pingo potrebbe aver interagito con il gas sotterraneo provocando un'esplosione e il cedimento del suolo. Difficile, secondo fonti russe del Centro di Ricerca Scientifica Sub-Artico, che si tratti invece da uno scoppio causato dall'uomo, per esempio di una cicatrice lasciata da una testata missilistica sotterranea. La spiegazione più plausibile finora è un "pingo" crollato, e da alcune nuove immagini e video provenienti dalla Siberia suggeriscono che probabilmente lo è. La figura qui sotto riferita a Parks Canada mostra un esempio della genesi di una struttura simile a quella siberiana. Un pingo, altrimenti detto idrolaccolite, è un tumulo di ghiaccio coperto di terra che si trova nell'Artide e nella regione sub-antartica e che può raggiungere i 70 m in altezza e fino a 600 m in diametro. Il termine fu introdotto dal botanico artico Alf Erling Porsild (cui è stato dedicato il Pingo Porsild a Tuktoyaktuk) nel 1938 e trae origine dalla parola nel dialetto inuvialuktun che significa «piccola collina». Il pingo è una forma di suolo periglaciale, definita non-glaciale o dovuta a un processo collegato a climi più freddi. Essi sono essenzialmente formati da ghiaccio terrestre che si sviluppa durante i mesi invernali quando le temperature diminuiscono. I pingo possono formarsi soltanto in un ambiente dove sia presente il permafrost. Attestazioni di pingo collassati (talvolta detti ognip) in una data zona fanno pensare che là una volta ci potesse essere stato il permafrost. I pingo di solito si sviluppano soltanto un paio di centimetri l'anno, come il Pingo Ibyuk, e per raggiungere la massima grandezza occorrono decenni o anche secoli. Si presume che il processo mediante il quale vengono a crearsi i pingo sia strettamente correlato al criosollevamento. I pingo a sistema idrostatico si formano in conseguenza della pressione idrostatica che il permafrost esercita sull'acqua e, di solito, in laghi prosciugati o canali fluviali. Il permafrost sorge dall'alveo del corpo precedentemente prosciugato. L'acqua interstiziale viene espulsa a causa dell'aumento del permafrost, e la conseguente pressione provoca l'innalzamento del terreno congelato con la formazione di un nucleo di ghiaccio. La forma e le dimensioni di un pingo idrostatico (o a sistema chiuso) è spesso simile alla massa d'acqua dalla quale si è originato. Le loro forme possono variare da cupole coniche simmetriche a Vista aerea della zona in cui si trova la grande voragine (indicata dalla fraccia). colline allungate asimmetriche. I pingo a sistema idraulico sono dovuti all'acqua che scorre da una sorgente esterna, le falde acquifere sub-permafrost o intrapermafrost. La pressione idrostatica inizializza la formazione del nucleo di ghiaccio come l'acqua sale e di conseguenza si congela. I pingo a sistema aperto non hanno limiL’enorme bocca della voragine che misura mediamente tra gli 80tazioni per la quantità di ac90 metri di diametro. SOPRA E SOTTO IL CARSO 32 ANNO III—N°7 PAGINA 33 qua disponibile salvo che le falde acquifere non congelino. Spesso si verificano alla base di declivi e sono comunemente conosciuti come tipo Groenlandia. L'acqua del sottosuolo è posta sotto pressione artesiana, spingendo il terreno verso l'alto man mano che forma un nucleo di ghiaccio in espansione. Non è la pressione artesiana stessa che provoca la spinta del suolo verso l'alto, ma piuttosto il nucleo di ghiaccio che viene alimentato dall'acqua della falda acquifera. I pingo spesso originano da un permafrost sottile e discontinuo. In queste condizioni è possibile non solo la formazione di un nucleo di ghiaccio, ma anche un approvvigionamento di acque della falda artesiana. Tali pingo sono spesso di forma ovale o rettan- La voragine si apre in mezzo ad una grande pianura. L’imboccatura è circondata da accumuli di materiale come se si fosse verificata golare. Non è ancora del tutto chiaro perché un’esplosione dall’interno verso l’esterno. i pingo a sistema aperto o idraulici normalmente si sviluppino in terreni non ghiacciati. I pingo alla fine crollano collassando. Si stima che possano durare circa 1000 anni. Per saperne di più sull’argomento vedi: www.interfax.by/news/world/1161498 www.iflscience.com/environment/hugecrater-mysteriously-appears-siberia www.iflscience.com/environment/scientists -get-first-look-inside-mysterious-siberiancrater ____ * * * ____ I bordi della grande voragine sono incisi da dei calanchi probabilmente scavati dall’acqua. Un aspetto particolarmente impressionante dell’imboccatura. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA Altre “piccole” voragini nel mondo Questa è la foto di un tremendo disastro avvenuto alla periferia di Città del Guatemala il 23 febbraio del 2007. Lo squarcio, profondo circa 110 metri e largo 40, ha provocato 3 vittime e ha inghiottito alcune abitazioni. Le forti piogge dei giorni precedenti la tragedia hanno provocato la rottura di alcune tubazioni, l'enorme massa di acqua uscita dalle tubazioni ha causato lo scioglimento delle rocce idrosolubili (sale e gesso) sottostanti, formando così l'immensa caverna. L'incidente ha costretto all'evacuazione di oltre 1.000 persone da una delle periferie più povere del Sud America. Il 4 giugno del 2010, sempre in Guatemala, nel centro abitato della affollatissima capitale, Guatemala si aprì all’improvviso nel terreno un’altra In City, avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka voragine (SLO). circolare inghiottì in pochi istanti unleedificio di tre piani facendolo sparire nel nulla. La voragine Lache risorgiva raccoglie parte delle acque sotterranee del Monte Canin. aveva un aspetto impressionante. Un vero e proprio buco nel suolo di almeno 18 metri di diametro che si inoltrava nel terreno sottostante per circa 100 metri, portando con sé pezzi di edifici e soprattutto una mole immensa di terreno, senza tuttavia lasciar vedere dove finiva. Una vera e propria “porta dell’inferno” come la stampa guatemalteca la definì sulle prime pagine. Le immagini dell’incredibile buco nel suolo e la notizia della sua improvvisa comparsa fecero il giro del mondo sollevando l’attenzione del pubblico sull’inusitato fenomeno. Le autorità di Guatemala City e i geologi di tutto il mondo hanno cercato di dare una spiegazione allo spettacolare evento attribuendolo al fenomeno delle “doline” carsiche. Il Meteor Crater, in Arizona, è il primo cratere meteorico terrestre di cui si sia accertata l'origine: situato a 1.740 metri di altitudine è stato creato circa 50.000 anni fa dall'impatto di un meteorite del diametro di non più di 30 metri che ha colpito la Terra a oltre 70.000 km/h. Il cratere è profondo circa 170 metri (quanto un edificio di 60 piani) e ha un diametro di circa 1.200 metri, con un bordo rialzato irregolare che sovrasta di 45 metri il terreno circostante. Secondo gli esperti la violenza dell'impatto ha sprigionato l'energia equivalente a quella di 4 bombe atomiche e ha spostato oltre 300 milioni di tonnellate di sedimenti che sono caduti fino a 150 km di distanza. In Cina troviamo invece il Xiaozhai Tiankeng, la più grande dolina del mondo. L’incredibile sprofondamento raggiunge i 662 m di profondità con pareti quasi verticali. Questo è considerato uno dei più imponenti fenomeni carsici naturali che si possono trovare sulla Terra. www.rhinocarhire.com/Top-Ten/Sinkholes.aspx SOPRA E SOTTO IL CARSO 34 ANNO III—N°7 PAGINA 35 Il Great Blue Hole è una stupefacente formazione naturale situata a circa 60 miglia (111 km) dalle coste del Belize, in America Centrale. È una sorta di grotta calcarea di forma circolare larga 400 metri e profonda 145. Si è formata durante l'ultima era Glaciale, quando il livello delle acque era molto più basso di quello attuale. Quando poi l'oceano tornò a crescere la grotta si riempi di acqua e il suo tetto crollò, dando origine a un pozzo sommerso, le cui pareti sono ricoperte da stalattiti lunghe fino a 12 metri. Il Darvaza Crater, più comunemente conosciuta come la Porta dell'Inferno, brucia da diversi anni e tuttora è meta di visitatori. Ha una caratteristica surreale in un paesaggio altrimenti arido. Si trova nel deserto del Karakum, in Turkmenistan. Dettagli sulla origine di questa voragine non sono ancora ben chiari, le profondità del cratere è di 99 piedi (30 metri) mentre il diameto è di 225 piedi (69 metri). Per saperne di più: www.amusingplanet.com/2011/06/door-to-hell-burning-gas -crater-in.html Alcuni aspetti del grande cratere situato in mezzo al deserto del Karakum, in Turkmenistan. All’origine di questo spaventoso cratere, sembra che dal sottosuolo ci sia stata una forte fuoriuscita di gas metano che poi si sia incendiato. Il Kimberley Big Hole, in Sudafrica, è un'imponente miniera di diamanti a cielo aperto, ma 150 anni fa, al posto della voragine, c'era un'anonima collinetta dalla cima piatta. La scoperta dei diamanti attirò a Kimberley un esercito di minatori che armati di pale, picconi e speranze hanno rimosso, tra il 1871 e il 1914, oltre 22 milioni di tonnellate di terra e roccia. La parte esposta della cava è profonda 215 metri, ma cunicoli e gallerie si estendono nel sottosuolo fino a 1.100 metri di profondità. In 43 anni di attività la miniera ha prodotto diamanti per 14.504.566 carati (2.722 kg) ed è la "mamma" del più grande diamante a forma di ottaedro (cioè con 8 facce triangolari) mai scoperto e battezzato 616, come il suo peso in carati, equivalente a 123 grammi. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA Una delle voragini più impressionanti del mondo è il Sótano de las Golondrinas (Grotta delle rondini). L'ingresso di questo pozzo è di forma ellittica, largo da 49 a 62 m. La grande verticale naturale, con pareti tutte strapiombanti, verso il fondo diventa molto più ampia, al fondo raggiunge i 303 x 134 m di larghezza (alcune fonti stimano in 305 x 440 m). La superficie del fondo può essere paragonata a tre campi di calcio. La profondità della voragine misurata dal bordo inferiore è di 333m, mentre da quello superiore è di 372m. La voragine denominata “El Zacatón” appartiene al sistema Zacatón, un gruppo di isole caratterizzato da una superficie molto carsificata, situato nel Comune di Aldama, nello stato nordorientale di Tamaulipas, in Messico. La voragine di origine carsica, completamente allagata, ha una profondità di 339m. Il nome del sinkhole è derivato dalle isole free-floating di erba “Zacate” che si trovano all’interno del lago. Queste isole sono formate da carbonato di calcio precipitato e ricoperte di erba. El Zacatón è un pozzo carsico con un suo ecosistema unico e particolare. Sulle pareti rocciose a 115-270 m di profondità, sono stati trovati almeno 9 nuove classi di specie microbiche. El Zacatón è un sito importante per le immersioni subacquee dove sono stati stabiliti diversi record mondiali di profondità. Crveno Jezero si trova vicino alla città di Imotski, in Croazia. Questa grande voragine è chiamata anche come Red Lake a causa del colore bruno-rossastro (causato da ossidi di ferro) delle pareti rocciose circostanti. E’ uno sprofondamento carsico di circa 530m di profondità, con una larghezza di 450500m ed il volume di 25-30 milioni di m3. Il diametro del lago sul fondo della dolina è di circa 200m con una profondità di circa 280-290m. Tre piccole grotte sono state trovate vicino al livello dell'acqua del lago. Crveno Jezero contiene diverse specie di organismi endemici. Uno dei quali, Delminichthys adspersusè, pesce di 12cm di lunghezza che vive solamente in acque molto pulite. Sima Humboldt e Sima Martel (foto a sinistra), due enormi inghiottitoi che si trovano sulla sommità del pianoro di Sarisariñama Tepui nello Stato di Bolivar, Venezuela. La loro presenza è insolita per diverse ragioni, per le sue enormi dimensioni e profondità, la sua posizione sulla sommità del solo tepui boschivo, avente una zona di foresta sulla sua base e anche a causa del processo di invecchiamento che ha formato questo sinkhole. La voragine principale prende il nome dallo scienziato ed esploratore Alexander von Humboldt. La grande verticale è stata discesa per la prima volta nel 1974 ed è stata esplorata più a fondo nel 1976. Il suo volume è di 18.000.000 m3, mentre il diametro massimo al suo bordo superiore è di 352m e 502m alla base. A soli 700 metri dal bordo della Sima Humboldt c'è un altra enorme voragine, la Sima Martel. Le due cavità sono state avvistate nel 1961 dal pilota Harry Gibson. SOPRA E SOTTO IL CARSO 36 PAGINA Il Sigillo di Salomone 37 di Barbara Zanelli Barbara Zanelli Mi ha incuriosito questa pianta poco appariscente, quasi riservata. Mi ha colpito quel fiore aggraziato e delicato, sostenuto da uno stelo robusto e protetto da foglie compatte di un bel colore verde chiaro. Che pianta è? Breve ricerca: il nome scientifico è “Polygonatum odoratum (Miller) Druce”, il nome volgare italiano “Sigillo di Salomone”. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 38 Mi sono chiesta il perché di quel nome e ho continuato la mia ricerca. Il nome italiano si riferisce alle impronte che gli steli, quando appassiscono e si staccano, lasciano nel rizoma, cicatrici circolari che assomigliano a dei sigilli, dei timbri. E il sigillo più famoso, secondo la leggenda, era quello posseduto dal biblico re di Israele Salomone. Era un sigillo dotato di poteri magici, il più importante dei quali era la facoltà di tenere lontani gli spiriti maligni. Sarà vero? Io sono curiosa e ho deciso di verificare, la parte naturalistica, ovviamente. Così, ho prelevato un pezzetto del rizoma e ho controllato: effettivamente le impronte lasciate dallo stelo assomigliano a un sigillo. Ma perché proprio “sigillo di Salomone”? Forse perché, secondo un'antica credenza questa pianta, allontana gli spiriti maligni … Da ricordare: il frutto del Sigillo di Salomone, una bacca globosa di colore bluastro, è molto tossico. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA 39 Orchidee Precisazione di Barbara Zanelli Nel numero di giugno di “Sopra e sotto il Carso” ho pubblicato alcune fotografie di orchidee spontanee del Carso e ho chiesto un aiuto per classificare due di esse; di una ero abbastanza sicura ma cercavo una conferma, l’altra non ero proprio riuscita a classificarla. E l’aiuto è arrivato. Maurizio Tavagnutti ha ricevuto una mail da parte di Renzo Paganello il quale ha interpellato un suo amico esperto di orchidee per un parere. Questo il testo della mail: … “a parere dell’appassionato di botanica Loris Zilli, anch’essa è una Neotinea ustulata”. Nel frattempo io sono stata contattata da Paolo Nicoli del CAI di Monfalcone, esperto botanico. Nicoli, a parer suo, non sembra del tutto convinto che l’orchidea in questione sia una Neotinea ustulata e ha ipotizzato possa trattarsi di un ibrido, anche se, ha aggiunto, è difficile determinarlo con sicurezza basandosi sull’osservazione esclusiva di una fotografia. Neotinea ustulata Neotinea ustulata o ibrido? Pubblico nuovamente una foto dell’orchidea, già apparsa sul numero di giugno di “Sopra e sotto il Carso” confidando che altri lettori possano dare un contributo alla soluzione del problema. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA Appuntamenti in giro per il mondo SOPRA E SOTTO IL CARSO 40 ANNO III—N°7 PAGINA SOPRA E SOTTO IL CARSO 41 PAGINA 42 I prossimi appuntamenti Elezioni SSI - Alla fine del 2014 scadrà il mandato dell’attuale dirigenza della Società Speleologica Italiana e le cariche sociali dovranno essere completamente rinnovate. Il 5 luglio 2014 sono pervenute presso la sede della SSI le candidature degli aspiranti alle cariche. Sono da eleggere: un presidente 12 consiglieri 3 probiviri 3 revisori dei conti. A questo link troverete tutte le candidature Uno strano arabesco scende dalla volta della grotta. Appeso ad un filo. www.ssi.speleo.it/images/ssi_news/ssinews2014_2.pdf —————————–———————— Campagna speleo - dal 14 al 16 agosto si svolgerà una campagna speleologica a Taipana con base presso il rifugio speleologico del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”. Sono invitati anche gli altri gruppi speleo. Sono in programma: la discesa dell’abisso di Vigant e l’esplorazione della Grotta Doviza ma ci sarà lo spazio per altre attività di campagna. www.seppenhofer.it —————————–———————— Mostra paleontologica - venerdì 15 agosto dalle ore 8.30 alle 16.30 presso il “Parco della Rotonda” a Gradisca d'Isonzo (Gorizia) si svolgerà all’interno della fiera ornitologica una Mostra paleontologicamalacologica, verranno esposti alcuni reperti di particolare pregio. ————————————————— Campo Maiella 2014 - dal 10 al 24 agosto 2014 lo Speleo Club Chieti ed il Gruppo Speleologico CAI Fabriano organizzano, come ormai da 15 anni, il CAMPO MAJELLA 2014. Campo base sarà come al solito il Rifugio Manzini. Obiettivi del campo: -Esplorazione Abisso De Gasperi -Esplorazione e rilievo della grotta scoperta lo scorso anno nei pressi del De Gasperi -Verifica cavità per "Progetto Catasto" -Battute esterne di ricerca Per questioni logistiche chiediamo conferma di partecipazione entro la fine di Luglio. Verranno effettuate diverse salite per portare al rifugio una parte del materiale necessario allo svolgimento del campo. Partecipate!!! Siete tutti invitati!!! —————————–———————— 13° Rallye Spéléo - dalle ore 8.00 del 29 agosto alle 12.00 de 31 agosto a Brussels in Belgio si svolgerà il 13° Rallye Spéléo de la Basilique de Koekelberg. —————————–———————— Speleo2014 - il 22 novembre, come stabilito dall’assemblea dei soci della Federazione Speleologica Regionale FVG si svolgerà nell’area pordenonese (da stabilire) l’incontro annuale della speleologia regionale. —————————–———————— Congresso Internazionale di Speleologia in Cavità Artificiali HYPOGEA2015 - dal 15 al 17 maggio 2015 si svolgerà a Roma. Principale obiettivo del congresso è la condivisione delle esperienze maturate in ambito nazionale ed internazionale nel campo delle indagini speleologiche e speleo-subacquee in ipogei artificiali (opere di origine antropica ed interesse storico – archeologico). nella divulgazione del patrimonio storico, culturale e ambientale sotterraneo e nella sua tutela. SOPRA E SOTTO IL CARSO ANNO III—N°7 PAGINA Novità editoriali 43 Tutti i libri recensiti sono a disposizione presso la libreria del C.R.C. “C. Seppenhofer” “Speleologia”. N°70 - Anno XXXV - giugno 2014. La rivista della S.S.I. cambia formato e veste tipografica. Se il cambiamento può risultare più moderno e con stile accattivante, per contro i caratteri di stampa, a nostro avviso, rendono difficile la lettura. Molti gli articoli in questo numero, tutti ricchi di foto e schemi, in particolare segnaliamo quello sulle grotte della Cina intitolato “Viaggio nella Terra senza ombre”. E’ il resoconto di una spedizione italo-francese in terra cinese dove è riuscita ad esplorare e rilevare topograficamente oltre 20 chilometri di grotte nella regione del Guanxi. Bello anche l’inserto che si trova allegato alla rivista. “Speleoforum 2014”. Volume 33. Edito dalla Česka Speleologicka Společnost. Rivista patinata di grande spessore tecnico e scientifico. All’interno troviamo un articolo dedicato all’esplorazione della grotta Riesending-Schachthöhle, recentemente salita alla ribalta per l’incidente allo speleologo tedesco a –1000. Possiamo inoltre trovare un articolo sulla Kačna Jama (Abisso dei Serpenti), in Slovenia, con foto, schemi e rilievi molto ben dettagliati. Da segnalare anche la relazione sull’esplorazione dell’Abisso Iron Deep sul monte Maganik profondo ben 1162 m. L’articolo è corredato da belle foto e dettagliati rilievi. “La Città Segreta - Urbino ipogea”. Edito dal Gruppo Speleologico Urbino per Monacchi Editore. Bel volume che tratta di speleologia urbanae che affronta in modo organico il problema dell’approvvigionamento idrico della città di Urbino, ripercorrendone la storia, a partire dalla cisterna dell’ex seminario della prima epoca imperiale romana. Nel volume viene riportato il lavoro del G.S.U. che nel corso di un decennio ha esplorato, studiato e mappato quasi tutto il sottosuolo di Urbino. “Speleologia emiliana”. N°4 - 2014 - Anno XXIV. Storica rivista della Federazione Spel. Reg. dell’Emilia-Romagna. All’interno oltre alle belle foto a colori troviamo alcuni interessanti articoli tra cui quello sulle concrezioni a forma di fungo di Santa Catalina Matanzas (Cuba). Lavoro svolto assieme alla Sociedad Espeleologica de Cuba. La rivista riporta inoltre un sunto delle attività svolte dai vari gruppi speleologici federati. “1915-1918 La liberazione italiana di Gorizia, Trieste e Trento”. Di Giorgio Geromet per le Edizioni Luglio. Volume interessante e di grandi dimensioni, all’interno si possono trovare numerosissime fotografie d’epoca e interessanti capitoli sulle gallerie cannoniere del Monte Sabotino e su quelle del Monte Fortin di Farra. SOPRA E SOTTO IL CARSO “Questo mese proponiamo alcuni volumi non recentissimi ma che sono entrati solo recentemente nella nostra biblioteca” SOPRA E SOTTO IL CARSO Notiziario on line del C.R.C. “C. Seppenhofer” via Ascoli, 7 34170 GORIZIA Tel.: 3407197701 E-mail: [email protected] Sito web: http//:www.seppenhofer.it “ il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” è un’associazione senza fini di lucro” Chi siamo Il Centro Ricerche Carsiche "C. Seppenhofer" (www.seppenhofer.it) è un'associazione senza fini di lucro, ufficialmente fondato a Gorizia il 25 novembre 1978. Si interessa di speleologia, nelle sue molteplici forme: dall'esplorazione di una grotta, fino alla protezione dell'ambiente carsico e alla sua valorizzazione naturalistica. E’ socio fondatore della Federazione Speleologica Isontina, collabora attivamente con diverse associazioni speleologiche e naturalistiche del Friuli Venezia Giulia. Ha svolto il ruolo di socio fondatore anche della Federazione Speleologica Regionale del Friuli Venezia Giulia, ed è iscritto alla Società Speleologica Italiana. La nostra sede si trova a Gorizia in via Ascoli, 7. Il C.R.C. “C. Seppenhofer” ha edito numerose pubblicazioni, fra cui alcuni numeri monografici fra i quali “Le gallerie cannoniere di Monte Fortin”, “La valle dello Judrio”, “ALCADI 2002”, “Il territorio carsico di Taipana” cura inoltre il presente notiziario “Sopra e sotto il Carso”. Dal 2003 gestisce il rifugio speleologico “C. Seppenhofer” di Taipana, unica struttura del genere in Friuli Venezia Giulia.
Documenti analoghi
Alp_Gor_n°4_2000 - CAI sezione di Gorizia
particolarmente striminzito, è stata
recentemente definita dall’attuale
Giunta “in gran parte sbagliata e da
riformare radicalmente” (sic!)
La riforma non va purtroppo riferita
al fatto che la legg...