Archivio Storico Parabitano
Transcript
Archivio Storico Parabitano
un costante titolo titolo ricordo Io lo ricordo ancora così, con la giacca o il cappotto sdruciti, la barba incolta, i capelli arruffati, appena tornato da Roma, quando passava da casa mia per mettersi un po’ in ordine prima di andare dai suoi. Erano gli anni veementi di via Margutta, quando dal neorealismo alle prove sperimentali della pittura e della scultura, la Capitale ferveva di elaborazioni concettuali ed operative. Egli aveva ormai amicizie solide, conoscenze importanti che gli predivano la possibilità di procedere nel suo percorso di ricerca estetica. Gli anni nello studio di Guttuso, della delineazioni di ritratti come quello di Saro Urzì, attore preferito di Pietro Germi, la passeggiate con Vittorio Bodini a piazza di Spagna, le costanti visite di Cesare Zavattini che amava i suoi quadri di piccolo formato, le amicizie con Assunto, Cassieri, Ferrara, Miscia , Mussa e tanti, tanti altri. Ma lo ricordo anche quando, io ancora ragazzino, mi chiamava a fargli da modello. Nella cantina di casa sua, utilizzata in quel momento come laboratorio artistico, con la tela appoggiata su due canne a mo’ di trespolo, mi chiedeva di assumere posizioni particolari e di restare fermo mentre guardandomi riportava sul quadro espressioni e situazioni. Il tempo il cui nel colore cercava disperatamente le risposte alle domande che gli poneva l’appartenenza alla sua terra, l’identità con le memorie storiche, il dovere della propria intellettualità. Aveva trascurato i suoi studi di ingegneria mineraria per l’interesse artistico, convinto che forme, espressioni, contenuti estetici, segni, volumi e superfici, potevano essere gli strumenti di una nuova e diversa appartenenza alla consistenza meridionale, “opere già di netta tipologia umano Informale con in più una notevole tensione spaziale, che veniva evidenziata dallo stacco e dal movimento di queste presenze umane, dilatate e in fuga” (Carpentieri). Né posso dimenticare le scanzonate serate nel giardino dove abitavo, seduti nel grande atrio con tanti contadini che passavano e si fermavano per ascoltarlo, Lucio, Carmelo, Pantaleo, Pippi, mentre Mimma, Georgia, Anna, Maria lo guardavano ammirate e rapite dal suo sorriso enigmatico, affascinante, misterioso. Poi l’ansia della ricerca, la necessità della conoscenza come cibo dello spirito, lo instradano su percorsi nuovi con le “sculture esili, elastiche, piegate e forgiate da un gesto controllato e sofferto. E’ infatti il gesto che ne oggettiva i percorsi verticali nello spazio, agilissime tensioni e pause lineari protese verso l’infinito” (Mussa). Realizzaioni per la Finsider, L’Italsider, Università, Città Enti e Istituzioni, i servizi in TV, la grafica pubblicitaria, la ossessionata mania di cercare e collezionare manifesti. Nel 1971, in occasione di una mostra di serigrafie, Rosario Assunto lo presenta con un saggio di Kant sullo spazio e le sue ragioni. Giulio Carlo Argan lo sceglie come privilegiato collaboratore al Comune di Roma affidandogli campagne pubblicitarie e nel 1974 gli viene organizzata un mostra “Sculture in Piazza Margana”, una novità apprezzata dalla più sofisticata critica italiana. E proprio in quell’occasione, mentre parlavamo nel bar della piazza e mentre mi informava dei suoi progetti e delle prospettive dei suoi impegni, ci venne l’idea di replicare quella mostra a Parabita: la sua Parabita, la mia Parabita, la nostra Parabita. Avevo nel frattempo fondato il Centro di Cultura “T. Fiore” e fu così che qualche anno dopo, nel 1976 realizzammo “Sculture in città”, una straordinaria mostra diffusa nel centro storico del nostro paese. Ormai era in corsa. Mostre, convegni, studi, realizzazioni, interviste, servizi giornalistici, ruoli importanti nelle Accademie, ed altro ancora. Ma ricordo anche la sua profonda testardaggine, l’accanimento intellettuale con cui seguiva una sua idea, le incrollabili posizioni con cui portava avanti le proprie iniziative. Fino qualche volta a scontrarci, come su alcune situazioni relative al Museo del manifesto. Poi tornava il sereno. E si continuava a discutere e a parlare di arte come di poesia, di cinema come di matematica (la sua segreta passione), di politica e di letteratura. E di Mezzogiorno. Infine un giorno, la notizia, la ferita, l’angoscia. Improvvisamente se n’era andato, senza dirmi niente. Mio Dio, come lo ricordo ancora! Settembre 2009 Aldo D’Antico Preg.mo avv. Alfredo Cacciapaglia Sindaco di Parabita Egregio Signor Sindaco, ricorre in questo periodo il decimo anniversario della scomparsa di Rocco Coronese, insigne cittadino parabitano il cui ruolo e significato è a tutti ben noto. Fatte salve altre iniziative che a vario titolo si possono programmare e svolgere per onorare la Sua memoria, i sottoscritti responsabili delle associazioni a margine delle firme segnate, rivolgono a V.S. un fervido appello perché si riprenda in seria considerazione la situazione del Museo del Manifesto, da Coronese fondato e diretto, struttura la cui unicità è conosciuta e invidiata non solo in Italia. Lo stato di abbandono del deposito dei manifesti e della iniziativa in sé, richiede un grande sforzo organizzativo per rimettere in funzione un così importante evento, per la cui realizzazione, nelle possibilità di ciascuno, tutti ci si rende disponibili. Siamo certi che prenderà in grande considerazione il presente appello e restiamo in attesa di gentile riscontro. Parabita, 18 giugno 2012 Centro di cultura “Il Laboratorio” Aldo D'Antico Associazione Pro Loco Biagio Fasano Circolo degli amici Luigi Leopizzi Associazione Adovos Giovanni Coluccia Associazione Progetto Parabita Giovanni Mercuri Associazione Artigiani Dino Turlizzi Centro Ricerca Psicosomatica Vito Russo Associazione “Vento di Scirocco” Tommaso Fracasso Associazione Legambiente Luisa Ria Associazione Total Target Addolorata Muci caro rocco alcuni di noi non hanno avuto la fortuna di conoscerti, ma per tutti è viva e forte la tua presenza. Ottavio Barone, Vincenzo Barone, Maria Libera Bove, Mario Cala, Marcella Caggiula, Stefano Caggiula, Maria Campeggio, Franca Capoti, Tommaso Cataldo, Silvano Cataldi, Giuseppe Chetta, Federica Coi, Aldo D’Antico, Tommaso D’Antico, Irene D’Antico, Daysi Donadei, Fabio Fiorenza, Susanna Gatto, Livio Giaffreda,Roberto Greco, Giorgia Greco, Franca Greco, Giuseppe Leopizzi, Davide Leopizzi, Antonio Leopizzi, Lena Mandorino, Roberto Martignano, Federica Marzano, Francesco Marzano, Francesca Mottura, Francesco Muia, Angelo Nicoletti, Francesco Panese, Eleonora Piccinno, Alessandro Piccinno, Pino Petruzzi, Elena Ponzetta, Annalucia Prete, Anna Rita Provenzano, Mimino Provenzano, Cosimo Resta, Lory Sarcinella, Ortenzio Seclì, Lorella Seclì, Chiara Seclì, Matteo Seclì, Chiara Sergio, Selenia Sergi, Sara Telentinis, Rita Vigna, Paolo Vincenti rocco coronese rocco coronese: il poeta della terra manifesto all’arte Era nel suo stile. Irruento come l'acqua. forte come la pietra delle “macche”, caparbio e delicato nello stesso tempo, capace di dare intense emozioni e affetti duraturi. Per questo, riservato e discreto come sempre, se n'è andato in una allucinata giornata d'agosto, lasciando tutti col fiato in aria. Forse per sfidarci, per metterci alla prova, per impegnarci a continuare un discorso che per lui era un dovere, un impegno, una testimonianza. Rocco Coronese, senza gesti plateali, tempo fa ci ha lasciati. Dopo aver percorso tre quarti del secolo scorso, testimone e protagonista di un'avventura culturale fra le più originali e straordinarie, ha attraversato la nostra vita lasciando un segno indelebile e un insegnamento che sarà molto difficile trascurare o dimenticare. Dopo le scuole superiori va via da Parabita per continuare gli studi a Roma, dove la intensa vita culturale dell'epoca lo avvolge in un impegno che non conoscerà soste, sempre proteso verso la sete di conoscenza, alla ricerca di esperienze creative nuove e affascinanti, in grado di dimostrare quanto sia capace l'intelligenza meridionale nel campo della produzione artistica. Amico e confidente di Vittorio Bodini che scriverà belle pagine su di lui, a contatto con le realtà più vive della capitale, entra in rapporto col circolo di Guttuso e con gli ambienti del neorealismo e, utilizzando i suoi studi tecnici, inizia un percorso che dalla pittura, alla scultura, al disegno e al design, dalla grafica alla docenza, si svolgerà in maniera lineare, costante e rigorosamente coerente per tutta la sua vita. Le sue prime esperienze pittoriche si esprimono attraverso la ricerca figurativa: ritrae Saro Urzì attore preferito da Germi, dipinge quadri i cui colori sono la trasposizione del tutto personale della struttura degli alberi di ulivo, delle pietre e delle campagne del Salento, imprime sulla tela volti di madonne che esprimono la sofferta dimensione delle madri parabitane fra spiritualità bizantina e umanità verista. Intuisce pero che la pittura è destinata a ripetersi e ad esaurire il suo compito di messaggio artistico se non attinge alle forme e ai materiali della civiltà industriale di cui conosce molto bene la struttura e sa come utilizzarli per un nuovo linguaggio estetico. I suoi lavori si impongono subito non solo per l'originalità ma soprattutto per la costante ricerca di forme espressive capaci di leggere le essenze di una civiltà che scaturisce dalla terra, connaturate alla mano che le piega, le taglia, le restituisce ad una dimensione propria: forme fruibili, necessarie come l'aratro che è fatto dello stesso ferro. Chiude in questa maniera il cerchio: parte dalla terra come origine della vita, anche della sua vita, torna alla terra attraverso una lettura paradigmatica delle strutture che la compongono. Di lui si interessa e scrive il meglio della critica del tempo; la TV nel 1971, cosa in quel tempo non comune, gli dedica un servizio “Ricerca d'immagine”; il comune di Roma gli organizza una mostra riassuntiva di sculture in Piazza Margana; espone in molte città italiane; diverse collezioni private di Enti pubblici, Scuole Statali e della Finsider espongono i suoi lavori; realizza interventi per diversi enti pubblici come la Fontana nel Parco comunale di Parabita. Come grafico collabora a diverse riviste, case editrici, la Rai, giornali e diverse pubblicazioni. Insegna Grafica pubblicitaria presso l'Accademia di Belle Arti di Lecce e successivamente a Frosinone dove diventa anche direttore della locale Accademia. Come insegnante consegna ai suoi allievi un ricordo incancellabile di rigore professionale e carica umana. Nel frattempo raccoglie e colleziona materiali che riguardano la comunicazione: libri, giornali, riviste, cataloghi, manifesti. Fonda a Parabita, così, il Museo del Manifesto che in seguito collocherà anche a Ferentino, paese dove ultimamente era andato a vivere. Un'attività intensa, senza tregua, per la quale non risparmia energie né fisiche né intellettuali. La sua ricerca è costante, senza interruzioni: ma sempre il suo ritorno è a Parabita, il paese, la piazza, il Centro Storico, i contadini, gli artigiani, i giovani, gli operai, gli intellettuali. Al Museo del Manifesto dedica tutte le sue energie. Una iniziativa unica nel suo genere, di importanza mondiale, che caratterizza una visione del mondo, un modo di essere, uno stile di vita. Una persona ormai diventato personaggio che ha lasciato una eredità non solo culturale ma soprattutto umana e civile. Un insegnamento che abbiamo il dovere di ereditare non solo dal punto di vista comportamentale ma soprattutto operativo e fattuale, perché la sua prospettiva è ancora tutta da realizzare: o sole/ della tua fatica,/ campo in libertà/ della tua giovinezza,/ il solco/ è ancora fresco. Il Museo del Manifesto, a Parabita, fondato nel 1982 ed unico in tutta l'Italia Meridionale, conta una vastissima collezione di manifesti raccolti nel corso degli anni, con sezioni di cinema, teatro, turismo, pubblicità, politica. Il suo fondatore, Rocco Coronese, voleva un museo aperto e dinamico, che potesse interagire con gli enti e le istituzioni pubbliche del territorio, soprattutto le scuole, per diffondere la cultura del manifesto in tutte le sue angolazioni. Rocco Coronese era nato a Parabita, nel 1931. Aveva iniziato la sua attività come pittore, frequentando, negli anni Cinquanta, gli ambienti artistici romani. Dalla fine degli anni Sessanta, aveva iniziato l'attività di scultore che lo aveva portato ad esporre nelle maggiori città italiane. Sono numerose le manifestazioni organizzate da Coronese in spazi aperti, come a Roma, Lecce, Parabita, seguendo l'innovativo progetto di valorizzare, attraverso questi eventi artistici, anche i luoghi che li ospitavano e la loro storia. A Parabita, aveva realizzato, per il Parco Comunale, la grande Fontana centrale, i cancelli e la pavimentazione. Fin da quando era giovane studente, Coronese aveva fatto di Roma la sua patria d'elezione: qui, aveva conosciuto la moglie e con lei aveva messo su famiglia, ma il suo cuore era sempre a Parabita, l'amata Parabita. Nella sua veste di esperto di grafica e comunicazione d'immagine, collaborava con diverse riviste nazionali, con aziende pubbliche e private ed anche, quando Sindaco della Capitale era Argan, famoso critico d'arte, con l'Ufficio Stampa del Comune di Roma. La stessa città di Roma gli organizzò una mostra riassuntiva di sculture in Piazza Margana. Teneva anche prestigiose collaborazioni con la Rai, con il Coni, con diversi Enti Pubblici, Scuole statali e con la Finsider, le cui collezioni private espongono i suoi quotatissimi lavori. Aveva realizzato marchi per importanti aziende, tra cui la nostra Banca Sud Puglia, oggi Popolare Pugliese. A Roma fece molte amicizie, come quella con Vittorio Bodini, che scrisse delle pagine molto belle su di lui. Un rapporto privilegiato aveva con Cesare Zavattini, con il quale condivideva la passione per il collezionismo di “mini quadri”. All'attività artistica, univa la sua professione di docente: insegnante di grafica pubblicitaria all'Accademia di Belle Arti di Lecce e, in seguito, di Plastica ornamentale all'Accademia di Belle Arti di Frosinone, di cui era anche Direttore. L'idea di raccogliere dei manifesti e di creare uno spazio apposito per contenerli gli venne sul finire degli anni Settanta e, nel 1982, riuscì a realizzare questo ambizioso ed innovativo progetto, con l'apertura del Centro di attività per la comunicazione-Museo del Manifesto che, oggi, conta più di 70.000 pezzi. Nel 1984, venne tenuta una grande mostra: “ Il manifesto Polacco: Cinema Teatro e Musica”, in collaborazione con l'Ambasciata della Polonia in Italia. L'attività del Museo, a Parabita, si arrestò nel 1987, a causa di problemi logistici, ma Coronese continuò ad organizzare eventi in altre località italiane. Trovò nuovi stimoli ed interessi culturali a Ferentino, un piccolo ma significativo paese in provincia di Frosinone, dove nel frattempo si era stabilito, stanco del traffico e della frenesia dell'Urbe. In quel paese, grazie al grande interesse dimostrato dall'Amministrazione Comunale, si potè realizzare una nuova sezione del Museo del Manifesto, strettamente collegato a quello di Parabita, e le attività iniziarono già nel '96. Nel '97, presso l'Unione Industriali di Frosinone, in collaborazione con l'Ufficio Culturale Cinese in Italia, si tenne la mostra “Immagini dalla Cina”. Nel 2002, l'Amministrazione di Parabita, ha destinato finalmente al Museo un'ala di Palazzo Ferrari, dove poter svolgere l'attività del Centro e, nel giugno di quello stesso anno, si è tenuta la 1° Mostra tematica “L'Arte nei Manifesti”, di cui ha riferito tutta la stampa locale.Quella di Parabita è diventata, così, una sezione distaccata del Museo di Ferentino e questo ha portato ad un gemellaggio fra i due Comuni, nel nome di Rocco Coronese. Nel settembre del 2002, infatti, una delegazione parabitana, guidata dal Sindaco Adriano Merico, è stata accolta, con tutti gli onori, dalla gemellata città ciociara. Rocco Coronese, per la sua attività di pittore e scultore, compare anche nella “Storia dell'Arte del 900” di Giorgio Di Genova (Bora 2000). “Un'attività intensa, senza tregua, per la quale non risparmia energie né fisiche, né intellettuali”, dice di lui Aldo D'Antico, suo parente ed amico, dalle pagine di NuovAlba, nel dicembre 2002, “ …la sua ricerca è costante, senza interruzioni: ma sempre il suo ritorno è a Parabita, il paese, la piazza, il centro storico, i contadini, gli artigiani, i giovani, gli operai, gli intellettuali”. L'artista è morto improvvisamente nel 2002. La figlia, Cristina Coronese, architetto, che oggi prosegue l'attività del Museo, nel solco tracciato dal padre, ci dice: “Quello che mi preme sottolineare è che il nome di mio padre è conosciuto in tutta Italia, per la sua capacità creativa e per la grande innovazione apportata nel campo delle arti figurative. Mi rendo conto che, soprattutto a Parabita, il Museo del Manifesto abbia finito per cannibalizzare la sua poliedrica attività e mettere un po' in ombra gli altri suoi meriti artistici. Di lui hanno scritto Vittorio Bodini, Giuseppe Cassieri, Cesare Zavattini, Rosario Assunto, Sandra Orienti, Toti Carpentieri, ecc. Vivendo con Rocco Coronese, si respirava la sua tensione intellettuale di artista impegnato in una costante ricerca. Si condivideva la sua passione sociale e il rigore morale e con lui si inseguivano i sogni”. Nel 2003, si è tenuta la mostra “Il cinema nei Manifesti di Renato Casaro” e, all'inaugurazione, Cristina Coronese , ha avuto modo di ricordare che molti erano i progetti che il padre aveva ancora in mente di realizzare. dicembre 2002 aprile 2006 Aldo D’Antico Paolo Vincenti
Documenti analoghi
17/01/2007 Dibattito sul problema del randagismo
TRICASE - I sindacati lanciano l’ultimatum alla Regione Puglia: o i problemi delle aziende esternalizzate del
gruppo Adelchi vengono affrontati in un
tavolo serio di confronto, per giungere
ad una ...