Serie Tv. Il fascino ambiguo della fiction Usa
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Serie Tv. Il fascino ambiguo della fiction Usa
1-10-2008 14:25 Pagina 1 Editoriale Se bastesse la nazionale di calcio... Luciano Caimi 2 Primo Piano Bioetica. Il “diritto di morire” e i doveri della politica Mario Picozzi 6 Dossier: Un mondo da condividere Popoli in cammino. La sfida e le opportunità Antonio Golini 20 Afriche. Un passato diverso e un futuro comune Giulio Albanese 30 Acqua. Un dono e il suo prezzo Antonio Massarutto 38 Informazione. Perché l’accesso non basta Francesca Pasquali 46 Migranti. L’Europa e la sua (in)coscienza Oliviero Forti 52 Governare il mondo: si può e si deve! Franco Monaco 60 Riconoscere per condividere. La via del bene Pina De Simone 64 Eventi e Idee Scienza e fede, binomio possibile Giovanni Bachelet 70 Myanmar, mondo perduto Feliciano Monti 76 Serie Tv. Il fascino ambiguo della fiction Usa Piermarco Aroldi 81 Il Libro e i Libri Bibbia. Nella lingua degli uomini Flavio Dalla Vecchia Spunti per una cittadinanza senza confini Irene Di Dedda Quando i numeri si fanno lettere Katia Paoletti Profili Carlo Carretto. Povertà è libertà Gian Carlo Sibilia dialoghi n. 3 settembre 2008 SOMMARIO Dialoghi3-08p1-77:Dialoghi4/04p1-77 86 90 95 102 1 Dialoghi3-08p77-115:Dialoghi4/04p77-115 1-10-2008 14:28 Pagina 81 E& I EVENTI & IDEE - SERIE TV. IL FASCINO AMBIGUO... Continuano a mietere successi, anche nel nostro Paese, le serie televisive americane, di ricercata qualità tecnica e raffinata scrittura drammatica. I temi medico-ospedaliero e investigativo accompagnano la quotidianità d’una società che ha messo al centro dei suoi interessi il corpo e tutte le sue funzioni, e una ricerca ossessiva di verità e significato. Serie Tv. Il fascino ambiguo della fiction Usa Piermarco Aroldi Q uesta riflessione sul ruolo delle serie televisive di fiction, quelle che fino a qualche anno fa si sarebbero chiamate “telefilm”, prende il via da due considerazioni. La prima, suggerita da Milly Buonanno, riguarda la produzione italiana e sostiene che sia attualmente in corso una “bella stagione” per questo particolare segmento della programmazione televisiva generalista. A partire dalla metà degli anni Novanta, infatti, la produzione italiana di fiction Tv ha conosciuto una crescita continua, premiata da ascolti altrettanto positivi e caratterizzata da standard qualitativi mediamente più alti della ordinaria programmazione generalista. Alcuni dati possono riassumere bene questa situazione: dalle 128 ore annuali offerte da Rai e Mediaset nella stagione ’94/’95 si passa alle 726 programmate nella stagione ’05/’06, con il risultato di raggiungere quella “massa critica” che, se di per sé non è sinonimo di qualità, ne costituisce spesso una conditio sine qua non, almeno all’interno dei processi propri dell’industria culturale e audiovisiva; trenta sono le società di produzione Piermarco Aroldi che hanno realizzato, sempre nella è docente di Sociologia dei media e stessa stagione, almeno un titolo della comunicazione presso l’Università trasmesso, a riprova di un compar- Cattolica del “Sacro Cuore”. È to maturo anche se fortemente vicedirettore dell’Osservatorio sulla frammentato; gli ascolti, seppure in Comunicazione presso il medesimo lieve calo dovuto alla perdita pro- ateneo. Tra le sue pubblicazioni: Tv gressiva di seguito da parte dell’in- risorsa educativa, San Paolo, Cinisello tera Tv generalista, si mantengono Balsamo 2004. dialoghi n. 3 settembre 2008 81 Dialoghi3-08p77-115:Dialoghi4/04p77-115 14:28 Pagina 82 &I alti, con una netta supremazia di Rai Uno che, tanto per dare un’idea, tra i suoi dieci programmi più visti del 2006 annovera, dopo la partita Italia-Francia dei Campionati del Mondo (23.935.000 di spettatori) e il confronto pre-elettorale Berlusconi-Prodi (16.129.000), ben quattro serie televisive con ascolti superiori agli 8 milioni di spettatori: prima fra tutte, al quinto posto, Papa Luciani (10.240.000 spettatori). La seconda considerazione, suggerita da Aldo Grasso, riguarda la produzione statunitense più recente, quella di serie divenute oggetto di cult da parte di nicchie di pubblico sempre più esigenti e qualificate, da E.R. in poi, attraverso Sex and the City, Friends, 24, West Wings, Lost, Desperate Housewives, I Soprano, fino a Dr. House: si tratta di serie di altissima qualità, quanto di meglio non solo la televisione ma l’intera industria dell’intrattenimento possa attualmente offrire. E che, infatti, in Italia sono sì trasmesse anche dalla Tv generalista ma hanno come luogo d’elezione la Tv satellitare, a pagamento. Ciò che colpisce nelle produzioni d’oltreoceano è la complessità e la padronanza della scrittura drammatica, la stratificazione dei rimandi letterari e delle citazioni colte, la capacità di coniugare serialità e tensione emotiva in racconti che funzionano alla perfezione; talvolta, soprattutto nelle forme più vicine al dramma che alla commedia, attingendo a psicologie contrastate e approfondite a livello quasi letterario e a un linguaggio originale che nulla ha da invidiare a quello cinematografico. In comune alle due aree di produzione c’è che la fiction seriale televisiva costituisce, al momento, il genere audiovisivo che più di ogni altro – reality compreso – è in grado di dare forma e parola (e dunque comprensibilità, o parvenza di ordine e prevedibilità) alla nostra esperienza individuale e alla nostra convivenza sociale: le identità collettive, la “storia condivisa” che ci unisce, le inquietudini del presente, le parabole individuali delle biografie – comuni o eccezionali – con cui confrontare la nostra esistenza quotidiana. Ma qui si gioca anche la profonda differenza tra i due stili produttivi e narrativi. Per quanto riguarda la produzione italiana, infatti, sarà sufficiente ricordare come serie e miniserie siano state il luogo recente di un’epica popolare e nazionale, capace di rievocare il destino di intere generazioni (La meglio gioventù, Raccontami), la vicenda di eroi additati come esemplari, sia laici (Gino Bartali, Callas e Onassis, Fausto Coppi, Il Grande Torino) che segnati dalla santità (Giovanni Paolo II, Padre Pio, Madre Teresa), le trasformazioni del sentimento familiare (da Un medico in famiglia a I Cesaroni, fino al Padre delle spose) o dell’eterno sogno d’amore (Elisa di Rivombrosa). Sul fronte statunitense, invece, il successo di serie come E.R Medici in prima linea, Lost, Desperate Housewives, C.S.I. o Dr. House è un EVENTI & IDEE - SERIE TV. IL FASCINO AMBIGUO... E 1-10-2008 82 dialoghi n. 3 settembre 2008 Dialoghi3-08p77-115:Dialoghi4/04p77-115 1-10-2008 14:28 Pagina 83 &I PIERMARCO AROLDI E segnale potente di come la quotidianità possa essere riletta attraverso la lente del dramma, con l’accentuazione particolare, e forse tutta americana, della tensione insolubile tra individuo e squadra, tra il protagonismo del collettivo e la necessità dell’affermazione individuale: uno schema narrativo che si presta, in modo speciale, a raccontare l’età dell’adolescenza, una classe d’età che è stata quasi letteralmente ricostruita discorsivamente dal sotto-genere del “teen drama”. Da Beverly Hills a O.C., da Dawson’s Creek a One Tree Hill e Una mamma per amica, la prima giovinezza costituisce una “condizione moratoria” in cui sentimenti e comportamenti propri di giovani adulti vengono dialoghi n. 3 settembre 2008 83 Dialoghi3-08p77-115:Dialoghi4/04p77-115 14:28 Pagina 84 &I attribuiti a protagonisti adolescenti per la gioia di un pubblico di preadolescenti. Ma è attraverso questa narrazione, più che attraverso gli strumenti della cultura scolastica o dell’educazione familiare, che avviene spesso l’educazione sentimentale delle giovani generazioni. Alcuni dei sotto-generi più fortunati del fenomeno di matrice statunitense sembrano poi tracciare coincidenze particolarmente significative con gli snodi tematici che meglio intercettano il sentire comune di questi anni: tra tutti, la dimensione medico-sanitaria, da una parte, e quella poliziesco-investigativa dall’altra. Si tratta, con tutta evidenza, di due ambientazioni che da sempre esercitano una particolare attrazione sul pubblico dei telespettatori, e i cui epigoni sono da leggere sullo sfondo di una tradizione ampiamente consolidata; ma si tratta anche di due luoghi simbolici (l’ospedale come spazio fisico e sociale deputato alla lotta contro la debolezza umana: malattia, morte, dolore, paura, meschinità; l’indagine poliziesca come il luogo processuale del disvelamento progressivo del mistero fino alla conquista della verità) in particolare sintonia con la rimozione sociale e culturale del dolore e della morte, da una parte, e con la metafora del crimine come cifra segreta dell’agire umano che, per dirla fin troppo semplicisticamente, costituiscono le due facce della medesima sensibilità contemporanea: la fiducia scientista e razionalista nella medicina e nella tecnica come garanti della qualità della vita e la sostituzione della categoria della colpa e del peccato con quella del delitto e della pena. Ma è dove questi due sotto-generi, il medico-ospedaliero e il poliziesco-investigativo, si intrecciano e si ibridano a vicenda che la fiction televisiva targata Usa si presta a riassumere alcune delle paure e delle speranze più tipiche dei nostri giorni. I casi più interessanti sono le varie versioni di C.S.I. (New York, Miami etc.), l’analogo N.C.I.S., in cui l’indagine poliziesca si fa forte degli strumenti della ricerca scientifica, da una parte; E.R. e soprattutto Dr. House, dove la pratica medicosanitaria si tinge di giallo e ogni paziente diventa un “caso” da risolvere attraverso l’uso di ogni strumento diagnostico, anche quello meno ortodosso, dall’altra. Non si tratta di un fenomeno completamente nuovo: basti pensare a due serie come Quincy, prodotta fra il 1976 e il 1983, con Jack Klugman nei panni di un brillante anatomopatologo e Detective in corsia con il “vecchio” Dick van Dyke, realizzata tra il 1993 e il 2001, per assistere a una convergenza delle due pratiche investigative, quelle medica e quella poliziesca; ma sono piuttosto i toni in cui si declina oggi questa analogia che rendono la sintesi tra la figura del medico e quella del detective particolarmente stimolante; al centro dell’attenzione di entrambe, infatti, resta un condensato di umanità che sembra EVENTI & IDEE - SERIE TV. IL FASCINO AMBIGUO... E 1-10-2008 84 dialoghi n. 3 settembre 2008 Dialoghi3-08p77-115:Dialoghi4/04p77-115 1-10-2008 14:28 Pagina 85 E PIERMARCO AROLDI costituire la vera ossessione di questi anni: il corpo umano. Il corpo malato; il corpo impazzito che si ribella contro le leggi stesse del suo potenziale vitale; il corpo che cela segreti inconfessabili; il corpo senza vita e spesso smembrato, sezionato, esposto. Attraverso la sua intima visibilità (sonde microscopiche, ricostruzioni al computer, raggi X, sezioni ingrandite) o attraverso il suo rovesciamento (l’interno reso esterno, le secrezioni, il suo trattamento secondo l’estetica splatter, solo un po’ addomesticata per il piccolo schermo), il corpo viene messo a distanza, spersonalizzato, consumato. Nello stesso tempo, però, non diviene cosa, pura materia o pura biologia: esso è sempre promessa e minaccia, luogo di una possibile identificazione o di una imminente rivelazione circa la realtà delle cose, prefigurazione e anticipazione di una condizione altrimenti evitata: una sorta di memento, totalmente depotenziato della propria valenza morale o spirituale, analogo a quello con cui flirta parte della sensibilità artistica e figurativa di questi ultimi anni. A dispetto delle apparenze e della loro cura, contro ogni riduzione superficiale operata dalla spettacolarizzazione della realtà (i cosiddetti reality show), al fondo di ogni processo di estetizzazione (e non a caso la chirurgia estetica come ambito metaforico del disvelamento delle ipocrisie umane è il tema di un’altra serie di successo, il cinico Nip & Tuck), il corpo umano, così come raccontato dalla fiction televisiva più ricercata e drammaticamente ben costruita di questi ultimi anni, non mente. Resta lì, pronto a incastrarci inesorabilmente con la sua finitezza, la sua ottusa resistenza, il suo principio di realtà. Note biografiche M. Buonanno (a cura di), La bella stagione. La fiction italiana, l’Italia nella fiction, Rai Eri, Roma 2007. A. Grasso, Buona maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e della televisione, Mondadori, Milano 2007. dialoghi n. 3 settembre 2008 &I 85
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