Mcintosh Ma7000 - Il centro della musica
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Mcintosh Ma7000 - Il centro della musica
Amplificatore integrato McIntosh MA7000 di Domenico Pizzamiglio L’MA7000 di McIntosh è l’ultimo nato tra gli amplificatori integrati del glorioso marchio americano. E’ un apparecchio che si presente in modo piuttosto imperativo, non soltanto per le dimensioni decisamente abbondanti, ma anche a causa del peso di oltre 40 Kg (che, imballo compreso, arrivano a quasi 60 Kg). Vederlo in casa, abituato ad apparecchiature di dimensioni non troppo grandi, fa una certa impressione e la foto in ambiente credo testimoni come l’MA7000 incomba davanti ai nostri occhi. Dotato di necessarie maniglie per il trasporto, rifinito molto bene ed assemblato con cura, con un look ormai diventato un classico, per l’MA7000 la casa produttrice dichiara una potenza pari a 250 W per canale sia su 8, che su 4 e 2 Ohm. E’ fornito di un completo telecomando ed ha sul frontale le manopole più grandi che comandano il bilanciamento dei canali (a sinistra) ed il volume (a destra). In mezzo cinque piccole manopole dei controlli di tono che interessano le frequenze di 30, 150, 1000, 2500 e 10.000 Hz. Preciso subito che non mi pare utile lasciare inoperosi questi controlli perché la loro influenza sul suono non è dannosa; anzi, io li ho usati più o meno tutti per aggiustare le caratterizzazioni di alcune registrazioni e in tutta franchezza sono contento di averlo potuto fare senza rilevare scadimenti apprezzabili nella restituzione del messaggio registrato. Sotto i controlli a manopola (purtroppo anche in McIntosh le manopole non sono più in metallo pieno come fu un tempo) ci sono i pulsanti che selezionano gli ingressi tra i quali è presente anche un fono. Immancabili i due Wattmeter che danno il consueto look all’apparecchio, come un vero e proprio marchio di fabbrica. Dietro vi sono i numerosi ingressi (tra cui due ingressi linea bilanciati), la separazione pre/finale e i morsetti di uscita in numero di quattro coppie per le tre impedenze qui sopra indicate. Il cavo in dotazione per l’alimentazione è un normale cavo standard che ho preferito sostituire con un Big Orange di Ecosse (anche se in realtà il cavo in dotazione si sarebbe potuto rivelare sufficiente). Detto degli ingressi, restano da citare la presa cuffia sul frontale e ricordare che l’apparecchio è interamente gestibile via telecomando. Dopo la sommaria descrizione (peraltro molte notizie si trovano anche sul sito del produttore), proviamo a parlare del suono di questo MA7000 che è stato inserito nel mio impianto attualmente così composto: giradischi DPS2, braccio Mørch DP6 con testina Transfiguration Aria su canna Precision Red e Kuzma KC3 su canna Blu, prefono American Hybrid Technology –P Non Signature, lettori cd Astin Trew AT3500 e Naim CD5, preamplificatore Lavardin Pre 6.2, amplificatore finale Spectral DMA100S2, altoparlanti Magneplanar MG 1.6 QR, cavi custom, MIT, Acrolink, NBS, LFD, Apertura e filtro di rete e ciabatta multiprese Black Noise. Preciso subito che questo McIntosh MA 7000 ha un grande carattere. Ha un suono sempre tonico, sempre dinamico, sempre pieno, con un carattere forte; una nota sfumata di dolcezza che non trasfigura quanto è contenuto nel disco (cioè non omologa tutti i suoni), ma solo ne dà una connotazione da lunghissimo ascolto. E quando scrivo dinamico non intendo dire che “picchia” e basta, ma intendo dire che segue l’escursione dinamica con grande facilità, tanto che si tratti di una voce solista o di un’orchestra; e quando dico pieno non intendo “con tanti bassi”, ma solo che il suono trasmette una sensazione fisica. La prima domanda alla quale volevo una risposta è stata: ma è vero che i Mac non ce la fanno con le Magneplanar? Non nego che questo sia stato lo stimolo primario che mi ha spinto a provare questo integrato. No, non è vero. L’MA7000 pilota le 1.6 con una disinvoltura invidiabile, facendo giungere presto a saturazione l’ambiente (che non è piccolissimo) e facendo temere per la salute delle membrane. La sicurezza con la quale questo amplificatore pilota i pannelli è notevole: si amplia il fronte stereofonico che appare meno costretto e la dinamica assume un respiro amplissimo. Nessun cedimento. Certo, si deve avere l’accortezza di usare le connessioni per gli 8 Ohm perché usando quelle per i 4 Ohm qualcosa si perde; usando questa uscita, il suono, in qualche modo ed in unione con le 1.6, tende al morbido in modo eccessivo ed il basso sembra meno trattenuto. Per il resto, con l’MA7000, si ha un basso potente ma mai sovrabbondante, medio basso leggermente prominente ma anche in questo caso senza che esca dai ranghi, una gamma media di grande qualità (particolarmente coinvolgenti le voci, caratterizzate da corpo e timbro eccellenti) ed una gamma acuta a volte appena sfumata. Tutte queste caratteristiche sono peraltro correggibili con i controlli di tono. Certo, quando ho provato ad aumentare leggermente i 10 kHz, mi è parso che la scena si affrancasse ai pannelli, ma in realtà non era altro che una maggior presenza di quelle frequenze che rendeva più percepibile la presenza dei lunghi tweeter quasi ribbon; ed infatti, ho avuto un risultato diametralmente opposto quando ho attenuato quella porzione di frequenze. Interessante l’ascolto dei lieder di Richard Strauss nell’esecuzione di Jessie Norman su Philips. La voce era potente, carnosa, ricca di sfumature, ma soprattutto, in virtù di quel leggerissimo roll-off sugli acuti, molto stile sala da concerto. L’accompagnamento del pianoforte era di eccellente qualità, con uno strumento ben delineato all’interno della scena, senza ingigantimenti. Ricordo che ai tempi dell’MA6100 rimasi piuttosto perplesso da una gamma acuta che a volte pareva “stonata” perché o troppo avanti o troppo indietro, a seconda degli accoppiamenti; qui non v’è nulla di tutto questo, anzi, proprio una recente visita del mio maestro di canto mi ha confermato le mie sensazioni. Anche lui ha notato, con un paio di registrazioni che si era portato e con un suo gruppo vocale specializzato in repertorio rinascimentale, come le voci uscissero, libere e concrete. Molto convincente la riproduzione della Resurrezione di Haendel nell’esecuzione di Ton Koopman (un master fortuitamente rimasto a mie mani e che il Maestro non ha licenziato per la pubblicazione, fatte salve le prime due tracce che sono finite in un cd commemorativo per i trentanni della stagione di concerti di Musica e Poesia in San Maurizio, qui a Milano, ma la cui qualità, nel riversamento effettuato, si è ridotta parecchio). Dinamicamente ineccepibile, timbricamente corretta, è stato facile raggiungere livelli di suono pari a quelli percepibili da chi quella compagine ha diretto. Anche in questo caso, le voci escono pure e coinvolgenti, benché non si possa dire che il resto della compagine soffra di qualche costrizione. Forse i legni non sono lucidissimi, ma è una ricerca del classico pelo nell’uovo che lascia il tempo che trova. In compenso, l’acustica ambientale, non corretta durante il concerto dal vivo, è restituita dietro i pannelli con una chiara sensazione ping-pong delle percussioni lungo le pareti dell’abside della chiesa. Con la recente stampa commemorativa per i suoi cinquant’anni, Kind of Blue ha mantenuto il suo smalto ed in particolare le tracce mai pubblicate, contenute nel secondo cd del cofanetto, hanno presentato un Coltrane smagliante (forse è per quello che non avevano pubblicato quelle tracce, visto che Davis è quasi relegato in secondo piano). Il soffio del master analogico era leggermente smussato, a riprova che in gamma acuta l’accoppiata Lavardin/Spectral è più libera, eppure il timbro della tromba di Davis e del sax di Coltrane era pieno, assolutamente non etereo ma ricco di sfumature. Con l’accortezza di correggere leggermente le frequenze intorno ai 150 Hz, poi, anche il basso è diventato carnoso, ma mai eccessivo. Il suono pieno dell’MA7000 ha dato un effetto live anche ad un disco come Brain Salad Surgery di Emerson Lake & Palmer; il tappeto di basso che accompagna il brano Jesuralem era ben presente, continuo, senza nessun cedimento se non quando a cedere sono stati gli altoparlanti. Ma, per quanto imprecisi possano poi essere, i Wattmeter viravano spessissimo verso potenze preoccupanti. L’impressione di velocità con la mia amplificazione è maggiore; tuttavia con l’MA7000 non sono tanto gli attacchi ad apparire rallentati, ché non lo sono, quanto i decadimenti che appaiono più “calmi” rispetto a quanto offerto dalla velocissima amplificazione domestica. Insomma, che dire? Non sarà l’amplificatore per tutti o per tutte le stagioni; ma l’MA7000 ha costituito una piacevole sorpresa. Vero che era dai tempi dell’MA6100 che non avevo un Mac in casa in pianta stabile (e si parla degli anni 70) ma è altrettanto vero che questo apparecchio non mostra il fianco a particolari critiche. Ascoltato anche con delle 3.5, sempre di Magneplanar, non ho avuto altro che la conferma di quanto ascoltato in casa mia (anche con una coppia di piccole, deliziose – ed inefficienti Duntech Contessa e una coppia di Tannoy D100). Non sarà l’amplificatore più spietatamente lineare in commercio (né credo interessi a McIntosh proporre un tale apparecchio), ma sicuramente ha un grande fascino. E non mi riferisco all’estetica, ma al suono vero e proprio. Non credo di aver mai ascoltato così tanti lied e così tanta musica operistica come con questo MA7000 perché è proprio in quei generi che il suo fascino, la sua facilità di emissione, la sua levigatezza si manifestano maggiormente. E’ poi da considerare come dinamicamente spinga sempre e comunque, senza che il suono perda mai un’oncia della sua qualità. In quanto al rapporto qualità/prezzo, direi che il costo, visti gli attuali livelli di prezzo delle apparecchiature hi-end, ci sta ed è giustificato dai materiali e dalla costruzione, nonché dalla garanzia di un nome come quello di McIntosh che, piaccia o non piaccia, in quanto a blasone non è secondo a nessuno.
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