1-11 gennaio - Filtea

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1-11 gennaio - Filtea
CGIL
Dipartimento Internazionale
http://www.cgil.it/internazionale/
RASSEGNA STAMPA
INTERNAZIONALE
1 – 11 gennaio 2008
A cura di Maria Teresa Polico
Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
DIPARTIMENTO INTERNAZIONALE CGIL
RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE
1 – 11 gennaio 2008
INDICE
ARGOMENTO
TESTATA
Unione Europea
Francia
Mercato del lavoro: i punti chiave dei negoziati tra padronato e sindacati Le Monde
Regimi speciali: la CFDT denuncia lo schema di un decreto che rinnega
gli impegni assunti con il ministro del lavoro
Le Monde
I sindacati rifiutano 41 anni di contributi per la pensione
Le Monde
Germania
La Germania avverte un cambiamento nelle strategie sindacali
degli scioperi
International
Herald Tribune
Italia
Vedili e poi muori
El Sobrepaso
The Economist
Financial Times
Africa
L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale condanna il disordine
causato dalle elezioni in Kenya
Kenya: il sindacato aderisce all’invito al dialogo
Il Cosatu avverte del caos al processo contro Zuma
Gli alleati di Zuma accusano Mbeki
Labour Start
The Nation
The Times
Financial Times
America Latina e Caraibi
L’ONU ritiene che la crescita economica in America Latina
si abbasserà al 4,7% nel 2008
El País
Asia
Il diritto del lavoro prepara l’aumento dei costi in Cina
Financial Times
Medio e Vicino Oriente
Fermare la violenza contro le donne, lavoriamo insieme per la Giustizia,
per l’Uguaglianza e il Diritto alla Vita
Abbas e Olmet concordano seriamente l’avvio dei negoziati
per questioni relative allo status finale
Accordo per frenare i passi che pregiudicano i negoziati
sullo status finale
I lavoratori si stanno mettendo insieme
Labour Start
Al Ayyam
Al Ayyam
Ha’aretz
Russia
La Russia ridurrà i lavoratori migranti
BBC
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Le Monde
Mercato del lavoro: i punti chiave del negoziato tra padronato e
sindacati
LEMONDE.FR avec AFP | 09.01.08 | 18h19 • Mis à jour le 09.01.08 | 19h20
I negoziati sulla modernizzazione del mercato del lavoro sono in dirittura d’arrivo. Le discussioni tra
i sindacati (CGT, CFDT, FO, CFTC, CFE-CGC) e padronato (Medef, CGPME, UPA), iniziate nel
2007, hanno continuato fino a giovedì 10 gennaio per giungere ad un testo che deve essere
siglato perlomeno da tre sindacati.
In caso di fallimento, il governo, che ha previsto una riunione con le parti sociali “attorno al 15
gennaio”, ha avvertito che riprenderà l’iniziativa con un testo di legge che, secondo François Fillon,
potrebbe essere presentato agli inizi di febbraio. In questo negoziato, che riguarda 18 milioni di
salariati del settore privato, il padronato e i sindacati si affronteranno su qualche punto chiave.
La rescissione “amichevole” del contratto di lavoro. Per limitare i ricorsi al Collegio dei
Probiviri da parte dei salariati, il padronato spera di instaurare un terzo modo per sciogliere il
contratto di lavoro indeterminato (CDI), tra il licenziamento e la dimissione, mirante a “rassicurare”
le attuali uscite negoziate, spesso sul limite della legalità. La rottura “convenzionale” garantirebbe
al salariato un’indennità di licenziamento legale maggiorata e darebbe accesso ai sussidi di
disoccupazione. Il salariato non potrebbe più contestare la rescissione del contratto di lavoro. Per
FO e per la CFTC, contrari a questo modo di rescindere il contratto di lavoro indeterminato “con
reciproco consenso”, bisogna innanzitutto mettere prima la conciliazione da parte del Collegio dei
Probiviri per arrivare ad un’accettazione formale.
L’allungamento del periodo di prova. Il padronato spera di prolungare il periodo di prova per gli
operai, gli impiegati, e per i tecnici a tre mesi rinnovabili e a sei mesi rinnovabili per i quadri. I
sindacati temono questo prolungamento: “E’ fuori discussione, ricreare un piccolo CNE [che
prevedeva un periodo di prova di due anni] sotto la copertura di aumentare il periodo di prova” fa
notare François Chérèque, segretario generale della CFDT. Come riassume Gabrielle Simon
(CFTC), il periodo di prova proposto è ancora « troppo lungo » per i sindacati.
«L ‘oggetto preciso » di un contratto. Ispirato da una delle proposte del rapport de Virville sul
diritto del lavoro, il padronato propone di creare un contratto di lavoro determinato [CDI] con un
oggetto preciso di minimo 18 mesi che avrà fine una volta realizzato il progetto per il quale il
salariato è stato ingaggiato. La sua durata “approssimativa” deve essere menzionata nel contratto.
In caso di licenziamento prima della scadenza della durata del contratto, sono previste delle
indennità per la rescissione del contratto.
La "portabilità" dei diritti. Il testo prevede per il salariato licenziato di conservare certi diritti
acquisiti durante la sua ultima occupazione. Il testo propone che i salariati possano conservare il
50% del loro diritto individuale alla formazione nella loro nuova impresa. I salariati potrebbero
conservare la copertura sanitaria per “un terzo del tempo del loro diritto all’indennità di
disoccupazione”. Per Stéphane Lardy (FO), il trasferimento del diritto individuale alla formazione e
alla copertura complementare sanità/previdenza, quando un salariato perde il suo posto di lavoro è
“un punto essenziale” .
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Le Monde
07/01/2008
Regimi speciali: la CFDT denuncia lo schema di un decreto che rinnega
gli impegni assunti con il ministro del lavoro
Mentre lo schema del decreto della riforma dei regimi speciali deve essere sottoposto lunedì 7
gennaio ad un esame del consiglio di amministrazione della nuova cassa previdenza e pensione
del personale della SNCF (CPRP-SNCF), la CFDT ha denunciato il testo spiegando che “non
restituisce il contenuto dei negoziati tripartiti” e “rinnega gli impegni assunti dal ministro del lavoro,
Xavier Bertrand”.
Lo schema del decreto prevede in particolare che la durata delle quote necessaria per avere una
pensione completa passerà nei regimi speciali a 41 anni nel 2016, se, come lo prevede il governo,
sarà deciso uno sviluppo simile l’anno prossimo per tutti i lavoratori a partire dal 2012.
Uno schema di decreto che « pregiudica i negoziati tripartiti »
I ferrovieri della CFDT ritengono che questo schema “non restituisca il contenuto dei
negoziati tripartiti [dove] questa questione non è stata menzionata” e che rappresenti “una
provocazione, un omaggio alla contestazione, un bonus alla radicalità”. Il sindacato
contesta anche le disposizioni del testo che indicano che “l’età di riferimento è fissata di
cinque anni dopo l’accesso ai diritti, instaurando una sopravvalutazione a partire dai 60
anni ».
Dopo dieci giorni di sciopero nei trasporti a novembre, erano già stati avviati i negoziati
impresa per impresa e settore per settore, con un rappresentante dello Stato. Questi
negoziati sono terminati alla RATP, ma continuano ancora alla SNCF.
Cinque federazioni dei ferrovieri (CGT, CFDT, CFTC, UNSA et CFE-CGC) hanno indetto
una manifestazione nazionale unitaria contro la riforma dei regimi speciali di pensioni a
Parigi il 22 gennaio, due giorni prima della nuova giornata di mobilitazione nella funzione
pubblica.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Le Monde
02/01/2008
I sindacati rifiutano i 41 anni di contributi per la pensione
Dopo aver allineato i regimi speciali di pensioni ai regimi generali, passando dai 37 anni e mezzo
ai 40 anni, il governo si appresta ad approvare la durata dei contributi per tutti di 41 anni entro il
2012 (in ragione di un trimestre l’anno ad iniziare dal 2009). Questo obiettivo, spesso riaffermato
dal primo ministro Francois Fillon, sarà oggetto di un esame con le parti sociali nel 2008. Sarà
“probabilmente organizzato nel secondo trimestre”, ha indicato il ministro del lavoro, cioè dopo le
elezioni locali del marzo 2008.
Questa concertazione, scritta dalla legge sulle pensioni del 2003 elaborata da Fillon, allora ministro
del lavoro, sarà l’occasione per valutare con le parti sociali “l’evoluzione dei livelli di attività delle
persone oltre i 50 anni, l’evoluzione della situazione finanziaria dei regimi di pensione e della
situazione occupazionale”. Il ministro del lavoro doveva rendere pubblico un rapporto prima del 1
gennaio 2008, che ha fatto alla fine lunedì sera. Il ministro vi riprende l’analisi del rapporto del
Consiglio di orientamento sulle pensioni che ha pubblicato alla fine di novembre.
Per i sindacati, quest’allungamento a 41 anni non costituisce la soluzione al deficit della cassa –
assicurazione-malattia che passerà da 1,9 miliardi nel 2006 a 5,7 miliardi nel 2008. La CFDT, che
aveva sostenuto la riforma Fillon prende le distanze, scottata dalla paralisi dei negoziati con il
Medef sulla gravosità del lavoro, una delle contropartite rivendicate nel 2003. L’altro elemento
messo in vista dalla CFDT era il dispositivo “carriere lunghe” che ha permesso la partenza
anticipata di color che hanno iniziato a lavorare a 16 anni o 17 anni. Il rovescio della medaglia di
questo dispositivo ha il suo prezzo: dovrà passare da 1,8 miliardi di euro nel 2006, a 2,2 e 2,3
miliardi nel 2007 e 2008. Fillon ha evocato la necessità di rivedere questo punto.
Per Jean-Christophe Le Duigou, segretario confederale della CGT che si occupa delle pensioni, il
problema risiede innanzitutto nel degrado della situazione occupazionale, in particolare nell’attività
degli ultra cinquantenni per la quale la Francia è la lanterna rossa in Europa: il 38,1% del tasso di
occupazione è rappresentato dai lavoratori tra i 55 e i 64 anni, rispetto al 43,6% dell’Unione
europea.
“I due terzi dei salariati che vanno in pensione non lavorano più al momento del loro
pensionamento”, fa notare le Duigou, che ritiene che bisogna trovare delle risorse supplementari.
“Dopo il 1970, non ci sono stati aumenti dei contributi per le imprese”, spiega. Il segretario
generale di FO, Jean-Claude Mailly, aveva osservato al suo congresso di giugno 2007, che « la
guerra che bisogna fare è restare sui 40 anni e rifiutare di passare a 41 » anni.
R. Bx
Articolo pubblicato nel numero del 03.01.08.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
International Herald Tribune
25/12/2007
Per parecchi mesi, il sindacato che rappresenta I ferrovieri, GDL,ha paralizzato con una serie di
sciopero il sistema ferroviario e i passeggeri. (Kai Pfaffenbach/Reuters)
La Germania avverte un cambiamento nelle strategie sindacali degli scioperi
Di Judy Dempsey
BERLINO. L’ordine economico della Germania del dopoguerra sta subendo un cambiamento
fondamentale e significativo, in gran parte dovuto a una ristrutturazione del sistema sindacale
del paese causata da un allontanamento degli organizzatori sindacali ed a una serie di scioperi.
La GDL, il piccolo ma potente sindacato che rappresenta i ferrovieri che non ha svolto fino a
poco fa nessun ruolo nella politica sindacale, ha paralizzato il sistema ferroviario e dei
passeggeri per parecchi mesi con una serie di scioperi.
Il sindacato, attraverso le fermate del lavoro, è stato l’ultimo ad essersi liberato di un sistema
che ha rappresentato tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro professionalità, occupati
nello stesso settore.
Manfred Schell, tecnico specializzato di 64 anni diventato leader del sindacato GDL, nato e
cresciuto nella Germania orientale comunista, ha affermato la scorsa settimana che i tecnici
specializzati avrebbero ripreso gli scioperi all’inizio di gennaio se non ci fosse stato nessun
accordo salariale prima di allora, terminando la breve tregua per la stagione di vacanze.
L’annuncio ha irritato la Deutsche Bahn, la società ferroviaria federale, i cui funzionari hanno
affermato di essere rimasti sorpresi dal successo di Schell nel mantenere il sostegno degli
iscritti al sindacato e persino tra le grandi fette dell’opinione pubblica.
Anche se la Deutsche Bahn avesse accolto le richieste di Schell di aumenti salariali fino al 13%
e di migliori condizioni di lavoro al fine di prevenire ulteriori disagi, le conseguenze dello
sciopero avrebbero significato maggiori perdite finanziarie per la Deutsche Bahn.
Schell, affermano gli analisti, ha contribuito alla rottura del sistema sindacale del dopoguerra
introdotto per creare una struttura unificata che andasse al di là della politica e della religione, e
che ha forgiato l’economia tedesca per decenni. Era un sistema progettato per produrre il
consenso e la solidarietà, per dare ai sindacati un peso durante le dispute del lavoro e per
garantire la pace sociale per il resto del tempo.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Gli analisti affermano che ora le cose stanno cambiando. Se i tecnici specializzati possono
negoziare le loro condizioni, anche altri piccoli ma influenti settori dell’economia prenderanno
probabilmente la stessa strada. Questo significherebbe che i datori di lavoro non potrebbero più
dipendere da un unico sistema di contrattazione collettiva e dovrebbero invece trattare
separatamente con le diversi parti della loro forza lavoro.
Questo, a sua volta, potrebbe condurre ad un netto aumento del numero degli scioperi,
indebolendo un’economia che è sempre stata capace di attrarre investitori con la promessa di
stabilità nei luoghi di lavoro.
“L’idea, dietro la struttura sindacale costruita dopo la seconda guerra mondiale, era liberarsi del
sistema del periodo della Repubblica di Weimar”, ha affermato Axel Brower-Rabinowitsch,
portavoce della Federazione Tedesca dei Sindacati.
“I sindacati ebbero, allora, forti legami con i partiti politici e con le chiese. Come conseguenza di
questa frammentazione, i sindacati non furono in grado di fermare il regime nazista. Dopo il
1945, fu creato un sindacato unificato per superare le divisioni ideologiche e sociali”.
I sindacati, sia che rappresentassero i minatori di carbone, i lavoratori
delle ferrovie o le professioni, i medici e le compagnie aeree, furono
dell’organizzazione della Federazione Tedesca dei Sindacati. Dopo il
esercitò un considerevole potere, mentre i suoi leaders cercavano di
controllo delle attività dei sindacati e sulle trattative concernenti i salari.
dell’industria chimica,
posti sotto l’ombrello
1945, la federazione
mantenere un fermo
Nei luoghi di lavoro, il sindacato e i datori di lavoro, attraverso un sistema di contrattazione
collettiva, raggiunsero un compromesso nei negoziati per gli aumenti dei salari per tutti i
lavoratori iscritti al sindacato, evitando, così, gli scioperi.
Si trattava di un sistema impregnato di uno spirito di solidarietà e di egualitarismo nel quale la
parte di forza lavoro meno retribuita e meno qualificata tendeva a uscirne particolarmente bene.
I sindacati, rispecchiando il declino del settore industriale, hanno subito un netto declino negli
ultimi due decenni. Il numero degli iscritti alla Federazione Tedesca dei Sindacati è ora quasi la
metà di 12 milioni e mezzo di lavoratori che aveva nel 1991.
Quest’ordine economico si trova ora sotto assedio da parte di un secondo fronte, ha affermato
Holger Lengfeld, un sociologo dell’Università Hagen. Lengfeld,spiega che quanto Schell ed altri
pochi leaders sindacali stanno cercando di fare è allontanarsi dalla contrattazione collettiva al
fine di forgiare i loro accordi per qualificare meglio i lavoratori che credono siano stati trascurati
dai grandi sindacati.
“Lo sciopero degli autisti delle ferrovie segna la fine della solidarietà”, ha scritto recentemente
Lengfeld in un lungo saggio sul cambiamento della natura dei sindacati in Germania. “Il motto
ora è ognuno per se stesso. Questo spiega perché il contrasto di opinioni sulle condizioni degli
autisti delle ferrovie è così importante”.
La Federazione tedesca dei Sindacati concorda.
“Se dovesse continuare un simile orientamento, esso condurrebbe alla frammentazione e
all’indebolimento della solidarietà”, ha affermato Brower-Rabinowitsch. “Sindacati piccoli che
non hanno il senso della solidarietà con altri sindacati hanno un’influenza negativa”.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Il leader sindacale più importante che ha sfidato l’ordine del dopo guerra e portato fuori i suoi
iscritti dal sistema di contrattazione collettiva è stato Frank Ulrich Montgomery, presidente della
Marburger Bund. Ha rappresentato dal 1947 le professioni, i medici, in particolare i medici degli
ospedali, ma soltanto di recente ha iniziato a fare i suoi contratti sul salario.
Lo scorso anno, Montgomery sconvolse l’istituzione sindacale e l’opinione pubblica invitando i
medici degli ospedali a scioperare. La sua spiegazione era che i medici non erano
sufficientemente retribuiti per le loro lunghe ore di lavoro, per la loro professionalità e per le loro
competenze.
Il suo principale lamento con i sindacati è stato il modo in cui erano negoziati i salari e gli
stipendi.
Ha spiegato che nello spirito di livellamento, coloro pagati meno spesso traggono maggiori
benefici del personale altamente specializzato, che, ha affermato, non è stato sufficientemente
riconosciuto.
“Il livellamento dei salari appartiene al passato”, ha affermato Montgomery lo scorso mese
durante un discorso alla convention della Marburg Bund. “Viviamo in una società competitiva
nella quale si và avanti senza dire che i vincenti dovrebbero essere pagati in modo
concorrenziale.
Montgomery ha desiderato nel suo discorso il successo di Schell.
Dopo mesi di disagi nel servizio sanitario, Montgomery ha ottenuto migliori condizioni per i suoi
iscritti.
In primo luogo, sono stati i piloti di aerei ad allontanarsi dal principale corso sindacale, che con
l’organizzazione Cockpit hanno organizzato scioperi nel 2001, riuscendo ad ottenere aumenti
salariali di quasi il 30%, molto di più degli altri lavoratori del settore.
Gli scioperi dei piloti, dei medici ed ora dei tecnici specializzati sono stati efficaci perché hanno
riguardato specialisti che si trovavano in punti di lavoro vulnerabili della società e dell’economia,
ha affermato Lengfeld.
“Hanno mostrato anche che il vecchio sistema, dominato dai grandi sindacati, come ver.di e la
Federazione Tedesca dei Sindacati, si stava realmente indebolendo”, ha affermato.
Il sindacato ver.di, che rappresenta il settore pubblico e dei servizi, e la Federazione Tedesca
dei Sindacati sono stati scossi da quest’orientamento, temendo che altre professioni avrebbero
lasciato l’organizzazione e andati per conto proprio quando per negoziare i livelli salariali.
Ad oggi, la federazione non ha ancora una strategia che affronti questo fenomeno.
“Guardiamo con molta attenzione ai recenti sviluppi dei macchinisti, la Marburger Bund a
Cockpit”, ha affermato Brower-Rabinowitsch. “Se esiste davvero un orientamento per i piccoli
sindacati che agiscono per conto proprio, avremo un problema con le tariffe unitarie che si
negozieranno”.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
The Economist
12/01/2008
I rifiuti a Napoli
Vedili e poi muori
Roma
La vera e propria crisi di Napoli riguarda tanto la govenance quanto l’immondizia
L’immondizia disseminata nelle strade delle città può essere non solo malsana, ma anche
politicamente pericolosa. Ricorda agli elettori la fragilità della civiltà, e può indurli a rovesciare i
rappresentanti eletti. L’immondizia non raccolta ha contribuito a minare il governo laburista di
James Callaghan nell’ “inverno del malcontento” in Gran Bretagna.
Così a prima vista, sorprende che il governo di centro sinistra di Romano Prodi abbia lasciato
che la situazione in Campania, la regione attorno a Napoli, diventasse così maleodorante.
Dall’8 gennaio circa 60.000 tonnellate di spazzatura si sono accumulate nelle strade, circa
5.000 tonnellate nella stessa città di Napoli. In occasione di una discarica al di fuori della città, i
residenti contrari alla sua riapertura hanno fatto di notte battaglie contro la polizia.
Questa crisi riguarda tanto la governance quanto la spazzatura. La crisi non avviene in una
notte. La Campania è stata afflitta da problemi dei rifiuti per 14 anni. Sono stati spesi circa 8
miliardi di euro (11 miliardi dollari). La raccolta della spazzatura nella regione ha fermato i suoi
giri il 21 dicembre, perché le discariche all’interno e all’esterno di Napoli erano piene, e un
inceneritore che avrebbe dovuto essere pronto non lo era. Entrambi gli sviluppi erano
prevedibili. Il sindaco di centro sinistra di Napoli, Rosa Russo Jervolino, ha avvisato Prodi
dell’incombenza della crisi un anno fa. Tuttavia, nulla è stato fatto.
Il problema è che la Campania non ha moderni inceneritori. Questo è dovuto al fatto che i piani
per costruirli hanno incontrato un’opposizione determinata e spesso aggressiva della
popolazione locale. Le loro proteste sono frequentemente sostenute, se non orchestrate, dal
potente gruppo della criminalità organizzata, la camorra, che fa succulenti profitti dallo
smaltimento dei rifiuti in discariche abusive. Molti napoletani sono davvero preoccupati per la
proposta di inceneritori e delle loro emissioni. Vi è stata una critica alla loro progettazione; e, dal
momento che appena un ottavo della spazzatura della città è separato prima della raccolta, ci
sono timori che i rifiuti tossici possano essere bruciati insieme alla roba innocua.
Il signor Prodi, ha prima inviato l’esercito per eliminare l’immondizia al di fuori delle scuole, in
modo che possano riaprire dopo la vacanza. Poi ha annunciato una serie di misure a gennaio.
Ha nominato un commissario , un ex capo della polizia nazionale, Gianni De Gennaro, con
ampi poteri per affrontare la montagna di spazzatura. Gli è stato dato un mandato di 120 giorni
e garantito un aiuto continuato dall’esercito. Prodi ha promesso anche tre nuovi inceneritori e
“abbastanza” discariche nuove. Ha dato alle autorità locali quattro mesi per portare la raccolta
separata. Altrimenti, saranno posti sotto un’amministrazione speciale.
Prodi aveva detto in precedenza di essere intenzionato a risolvere definitivamente il problema
della spazzatura a Napoli. Il suo piano potrebbe fare questo se fosse realizzato.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Ma un certo scetticismo è sicuramente valido. Il signor De Gennaro è almeno il settimo " zar del
rifiuto " della campania. Il primo ministro non ha offerto alcun termine per il completamento degli
inceneritori, che prenderanno circa tre anni per la costruzione e né ha detto come propone di
superare l'opposizione locale alla creazione di discariche, che può essere anche più forte della
resistenza alla costruzione di inceneritori.
Almeno una misura annunciata dal Presidente Prodi avrà un impatto immediato. Ad altre regioni
italiane è stato consentito di richiedere un pò dei rifiuti della Campania. Ma questo è in contrasto
sia con la legislazione italiana e sia con la legislazione dell'Unione europea (la Commissione
europea sta già minacciando procedimenti legali contro l'Italia per la spazzatura di Napoli).
Romano Prodi lo ha chiamato un espediente a breve termine per permettere che siano emanate
misure a più lungo termine. Ma nulla si è rivelata più difficile da realizzare nella crisi prolungata dei
rifiuti della Campania delle soluzioni a lungo termine.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financial Times
07/01/2008
Editoriale
El sobrepaso
L’Italia rifiuta indignata le dichiarazioni secondo le quali la Spagna ora è più ricca
Per gli spagnoli sono delle statistiche, per gli italiani non sono altro che delle dannate bugie.
Secondo Eurostat, l’ufficio di statistiche della Commissione europea, la media degli spagnoli ora è
più ricca della media degli italiani.
L’Italia, che nel 1987 dichiarò che la sua economia era più grande del 15% di quella calcolata
precedentemente e superò, in un sorpasso, la Gran Bretagna, ora ribolle con indignazione per
essere stata superata dal sobrepaso della Spagna.
Romano Prodi, primo ministro dell’Italia che molto tempo fa era presidente della Commissione
europea, ora mira invece alle statistiche del Fondo Monetario Internazionale. Il Fondo Monetario
Internazionale e Eurostat utilizzano le stesse basi di calcolo, ed è probabile che il fondo collochi fra
non molto la Spagna in testa.
Questa “parità del potere d’acquisto” dei numeri è, a dire il vero, imperfetta. L’esempio più celebre
del calcolo della parità del potere d’acquisto è il “Big Mac Index”, del The Economist che diede una
fotografia globale del prezzo di due hamburger in un panino dolce. Né gli spagnoli e né gli italiani
vivono soltanto di hamburger, le statistiche devono invece guardare al costo di quello che è ora
acquistato, che è diverso secondo i luoghi. L’Eurostat non conosce in realtà il vero tasso di cambio
del chorizo (specie di salsiccia) rispetto al salame, del vino Rioja al Barolo, e neanche di qualsiasi
altro prodotto.
Queste sono statistiche cavillose. Il successo della Spagna è innegabile, e la reazione dell’Italia,
tra il malumore e la profonda paura, è significativa. La crescita dell’Italia è stata debole per anni e
gli italiani sono stati alimentati di scuse dai loro leaders. Se la Spagna entra in difficoltà, che, dato il
rischio di collasso del suo mercato immobiliare sopravalutato, non è difficile da immaginare, questo
non metterà sul tavolo degli italiani ulteriore pasta. La crescita economica è un gioco che può
vincere ognuno; non è necessario fallire per i vicini arricchitisi da poco.
Il nuovo governo dell’Italia sta cercando di mettere l’economia del paese in ordine; dovrebbe farlo
con il lavoro e dimenticare di sostenere i Juans. Se dovessimo metterci gli uni contro gli altri in un
gioco competitivo a somma zero, allora di sicuro si spiegherebbe perché il calcio è stato inventato.
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11
Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Labour Start
06/01/2008
L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale condanna il disordine
causato dalle elezioni in Kenya
Inviato il 4 gennaio 2008
L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale (OATUU) ha condannato giovedì il disordine che
ha caratterizzato l’annuncio dei risultati elettorali per la presidenza in kenya.
Una dichiarazione ufficiale firmata da Hassan A. Sunmonu, segretario generale del sindacato e
riprodotta dall’agenzia stampa Ghana, ha affermato che la perdita di vite e di beni non potrebbe
essere giustificata da nessuna situazione in un’amministrazione democratica.
“Allo stesso tempo, l’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale (OATUU) non può accettare il
manifesto imbroglio del mandato popolare da parte dei leader politici egoisti ed affamati di potere,
che hanno perso la loro autorità morale a governare.”
“L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale (OATUU) insiste sul rigido rispetto del mandato
del popolo keniota”, ha aggiunto la dichiarazione.
L’OATUU rappresenta 256 milioni di lavoratori africani organizzati in tutti i paesi africani e
appartenenti a tutte le tendenze sindacali.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
The Nation (Nairobi)
03/01/2008
Kenya: il sindacato aderisce all’invito al dialogo
Nairobi
L’Organizzazione Centrale dei Sindacati ha aderito all’invito al dialogo, definendolo la strada
migliore per risolvere l’attuale fase di stallo del dopo elezioni.
Il problema è stato incitato dalla politica e deve essere risolto politicamente, ha affermato il
segretario generale Francio Atwoli.
Ha escluso che la questione possa essere risolta in tribunale, ed ha spiegato che deve esserci la
pace perchè i tribunali possano essere operativi,.
Atwoli ha espresso dispiacere che un paese noto come intermediario della pace sia finito in una
fase di stallo, ed ha osservato che i kenioti potrebbero non permettersi di rimanere passivi e
guardare la distruzione di quello che è stato costruito in molti anni.
Assumersi la responsabilità
“I kenioti comuni che stanno morendo non hanno mai partecipato alle irregolarità elettorali. Hanno
esercitato soltanto il loro diritto democratico di voto”, ha affermato Atwoli.
Il segretario generale del sindacato keniota ha chiesto al presidente Kibaki di assumersi la
responsabilità di avviare il dialogo.
Atwoli ha affrontato la questione relativa alla dichiarazione del presidente della Commissione
elettorale Samuel Kivuitu secondo cui è stato sollecitato dal PNU e dall’Odm del Kenya a rilasciare
i risultati, ed ha affermato che doveva essere ampiamente consultato.
Kivuitu era incaricato di seguire il processo elettorale e non aveva motivo di cedere alle pressioni
esterne, ha affermato Atwoli.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
The Times
03/01/2008
Il Cosatu avverte del caos al processo contro Zuma
Sapa
Il Congresso dei Sindacati Sudafricani del KwaZulu-Natal avverte che il paese potrebbe
sprofondare nel caos e che il sangue “sarà versato” in seguito alle ultimissime accuse mosse
contro il presidente dell’ANC, Jacob Zuma.
Il Procuratore Generale ha formalizzato la scorsa settimana un’accusa contro Zuma e fa fronte a
16 accuse in totale.
Sowetan riferisce che il leader provinciale del Cosatu, Zet Luzipho, ha avvertito che esiste una
rabbia in aumento da parte della popolazione specialmente nel KwaZulu-Natal dove Zuma ha il
suo maggiore sostegno.
“La gente ora è adirata. Questa volta sarà versato del sangue nel tribunale. La gente è pronta ad
andare in prima linea. Non saremo ritenuti responsabili della loro rabbia”, ha dichiarato a Sowetan.
Durante le precedenti udienze al tribunale, migliaia di sostenitori si fecero vedere in tribunale.
Luzipho ha affermato che l’ultima serie di accuse contro Zuma sapeva di “cospirazione politica” da
parte di coloro “che hanno perso la competizione politica a Limpopo”.
Ha affermato di essersi intristito per gli ultimissimi sviluppi perché “molti di noi hanno visto Limpopo
con una competizione elettorale giusta e non una piattaforma per creare futuri nemici”.
Ha affermato che le azioni contro Zuma hanno diviso ulteriormente l’ANC.
“Crea divisioni e farà sprofondare il nostro paese nel caos. La NPZ afferma che questo è un
impegno indipendente, e ci conferma quanto la macchina statale sia ancora utilizzata per uno
scopo politico”, ha affermato a Sowetan.
Il portavoce del Procuratore, Tlali Tlali, ha però, affermato martedì: “Il Procuratore Generale è
sensibile alla controversia che questa decisione richiama. Siamo consapevoli delle dichiarazioni
che la Procura Nazionale sia stata male utilizzata per far avanzare gli obiettivi politici ed altri
obiettivi di certi individui. Non si tratta di questo.”
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financial Times
31/12/2007
Gli alleati di Zuma accusano Mbeki
Di Alec Russell in Cape Town
Gli alleati di Jacob Zuma, leader recentemente eletto dell’African National Congress, hanno
accusato nel fine settimana Thabo Mbeki, presidente del paese, di essere dietro l’accusa di
corruzione, che si aggiunge alle preoccupazioni per le divisioni all’interno del partito di governo.
Zuma è stato accusato venerdì di corruzione, di appartenere al racket per il riciclaggio di danaro
sporco, proprio dopo una settimana dopo la sconfitta del suo vecchio alleato divenuto suo nemico
nelle elezioni per la direzione del partito.
Mentre Zuma e Mbeki hanno parlato della necessità di una riconciliazione, i loro sostenitori si
stanno preparando ad un periodo di intensa fibrillazione politica prima del processo, previsto per
agosto.
Zuma è stato eletto, sulla scia di una campagna populista, leader dell’ANC in una conferenza di
partito proprio prima di Natale.
L’ascesa di Zuma è stata, però, problematica, dato lo scandalo del racket nel recente passato. Lo
scorso anno fu accusato di stupro contro un’amica di famiglia, mentre il processo per corruzione,
collegato alle accuse secondo le quali avrebbe ricevuto bustarelle da una società francese di armi,
è stato respinto per un dettaglio tecnico. Tra le 18 accuse, ha affrontato accuse per aver ricevuto
bustarelle attraverso il suo ex consigliere, Schabir Shahik, che sta scontando una pena di 15 anni
per frode e corruzione.
I suoi alleati hanno reagito con rabbia nel fine settimana all’accusa, e hanno accusato Mbeki di
mettere sotto pressione l’Autorità Nazionale del Pubblico Ministero perchè acceleri i capi di
accusa.
Il Congresso dei Sindacati del Sud Africa, forza che sta dietro la rinascita di Zuma, ha affermato
che la scelta dei tempi per le accuse aveva “tutte le caratteristiche di una vendetta, di una rabbia
riposta nel profondo e di una frustrazione da parte dell’Autorità Nazionale del Pubblico Ministero e
da chiunque altro sia dietro questo”.
Mokotedi Mpshe, direttore dei processi pubblici, ha negato ieri che la decisione avesse una
spiegazione politica.
“Non ha nulla a che fare con il presidente”, ha affermato il Sunday Indipendent di Johannesburg.
“Non ha affatto senso”.
Gli uomini d’affari e gli analisti sono preoccupati che la divisione nell’ANC possa portare alla
paralisi del governo mentre i ministri e i funzionari si sentono confusi tra i due leader contendenti.
Zuma sarà radiato dalla presidenza se sarà accusato di qualsiasi accusa fa fronte. Zuma nega di
aver compiuto atti illeciti.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
El País
La ONU cree que el crecimiento en Latinoamérica bajará al 4,7% en
2008
Los expertos de la Unctad prevén un descenso moderado del desempleo
EFE - Ginebra - 10/01/2008
El crecimiento en América Latina y el Caribe en 2008 se reducirá moderadamente con
respecto al año anterior y se situará en el 4,7%, anunció ayer la ONU. La Conferencia de
Naciones Unidas para el Comercio y el Desarrollo (Unctad) presentó ayer en Ginebra sus
perspectivas económicas para este año. Según los economistas de la ONU, la región de
Latinoamérica y el Caribe crecerá este año a un ritmo del 4,7%, frente al 5,3% del 2007.
La mayor parte de esa desaceleración provendrá de los países de Suramérica, dado que
tendrán que hacer frente a "términos menos favorables de comercio, porque se espera que los
precios y la demanda de sus productos primarios caiga", reza el informe. Por su parte,
América Central y México mantendrán "sus relativamente lentos niveles de crecimiento".
No obstante, el texto especifica que cuando finalice 2008 la región habrá cumplido seis años
ininterrumpidos de crecimiento y su Producto Interior Bruto (PIB) per cápita habrá aumentado
un 20%, lo que representa casi un 3% anual. Esta visión positiva la comparte Alfredo
Calcagno, uno de los expertos de la Unctad, “Yo no ilustraría nuestras previsiones para esa
región como una ralentización, sino como la continuación del crecimiento, sobre todo si lo
comparamos con el largo periodo entre 1990 y 2002”, cuando se observaron bajos niveles de
crecimiento, dijo. “El escenario más pesimista implicaría que el crecimiento de América Latina
sería positivo, pero sólo a una tasa de 2,6%, lo que sería prácticamente la mitad que en 2007”,
agregó.
El informe indica que el crecimiento económico ayudó a mejorar los indicadores laborales,
dado que no sólo el desempleo decreció del 9,1% en 2005 al 8% en 2007, sino que también
mejoró la calidad de los empleos. Para 2008, los economistas de la Unctad preven que el
desempleo caerá moderadamente, llevándolo a niveles de principio de los noventa.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Financial Times
01/01/2008
Il diritto del lavoro prepara l’aumento dei costi in Cina
Di Tom Mitchell in Hong Kong and Geoff Dyer da Shangai
I datori di lavoro in Cina temono che la nuova legge sul contratto di lavoro entrato in vigore ieri
intensifichi le pressioni crescenti sul costo di produzione attraverso il rafforzamento del potere
contrattuale dei lavoratori.
“Crediamo che, messi assieme, i costi del lavoro [nel territorio cinese] quest’anno [2008] saranno
più alti di quasi il 40%”, ha affermato Willy Lin, direttore generale del Gruppo (internazionale) di
Maglieria di Milo, situato a Hong Kong.
Lin afferma che la nuova legge sul contratto di lavoro, che renderà più difficile il licenziamento dei
lavoratori, potrebbe far aumentare quest’anno i costi di circa l’8%, con il restante aumento
provocato da salari minimi, dai pagamenti per la sicurezza sociale più alti, e dalla continua
rivalutazione della moneta cinese, il renminbi, rispetto al dollaro americano.
“Essenzialmente, non esiste nulla che si possa fare”, ha aggiunto. “Alcune società hanno cercato
di obbligare le dimissioni e cominciare da zero, ma questo non è un modo”.
Il nuovo diritto del lavoro chiude una scappatoia che ha permesso alle società di licenziare i
lavoratori con contratti temporanei o determinati senza risarcimento, o persino dare loro
un’occupazione senza un contratto regolare, spesso attraverso agenzie di lavoro che operano per
conto terzi.
A partire dal 1 gennaio, i lavoratori che hanno lavorato con una società per 11 anni, o firmato due
contratti determinati, avranno il diritto alla liquidazione di una mensilità per ogni anno lavorato. La
legge richiede anche ai datori di lavoro di consultare un “congresso rappresentativo del lavoratore”,
di solito è una diramazione del sindacato ufficiale cinese, l’ACFTU, per qualsiasi cambiamento
relativo alle questioni dell’orario del lavoro, ai benefit e ai risarcimenti.
La nuova legge, elaborata per oltre due anni prima dell’approvazione finale di luglio, è stata
oggetto di un intenso interesse e di un minuzioso esame da parte delle imprese, dei lavoratori e
dei sindacati. Quando nel marzo del 2006, fu pubblicata su internet una prima bozza per ricevere
commenti dell’opinione pubblica, essa fece nascere oltre 190.000 risposte in un mese.
“Questo è un esempio calzante di come le leggi dovrebbero essere concepite. Tenere conto dei
commenti di ognuno”, ha affermato Harley Seyedin, presidente della Camera Americana del
Commercio nella Cina meridionale. “Ci hanno dato qualcosa con la quale chiunque può vivere. I
costi, però, stanno ancora andando oltre il loro corso”.
I gruppi sindacali, che hanno apprezzato la legge come un passo in avanti “lodevole”, sono
preoccupati che l’attuazione nel mosaico delle diverse località possa indebolire le tutele.
L’ufficio di collegamento di Hong Kong della Confederazione dei Sindacati Liberi guarda alla nuova
bozza di contratto tracciata dai funzionari del sindacato a Dongguan, importante centro
manifatturiero della provincia meridionale del Guangdong, che dice “contenga clausole [regressive]
che limitano gli scioperi e contraddicono la nuova legge stessa”.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Il China Lbour Bullettin, gruppo per i diritti dei lavoratori situato ad Hong Kong, osserva che il diritto
del lavoro ordina che i lavoratori delle fabbriche dove l’ACFTU non è presente debbano tuttavia
cercare una “direzione” o “guida” del sindacato ufficiale.
“Questo rappresenta una significativa marcia indietro dalle norme della seconda bozza del nuovo
diritto del lavoro che consentiva la rappresentanza dei lavoratori a negoziare in maniera
indipendente con la direzione”, ha affermato il CLB.
Lin, nel frattempo, spiega che costringere la capacità delle imprese a licenziare i lavoratori è una
questione ancora da discutere nel contesto di un mercato del lavoro rigido, con fabbriche nella
zona costiera manifatturiera della Cina in lotta per rimanere con personale pieno. Crede che le
fabbriche potrebbero sperimentare livelli di rotazione del 40% durante le vacanze per il nuovo anno
cinese del prossimo mese, con un 20% di lavoratori che sceglieranno di lavorare più vicino alle
loro case nelle province interne del paese.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Labour Start
03/01/2008
Fermare la violenza contro le donne, lavoriamo insieme per la Giustizia,
per l’Uguaglianza e il Diritto alla Vita
www.al-nnas.com
APPELLO
Nonostante il relativo miglioramento della sicurezza, il popolo iracheno continua a vivere in
un’atmosfera di caos generale che non ha precedenti in Iraq o in altri paesi. Forse la
manifestazione più importante di questo caos è l’illegalità, il terrorismo incontrollato, l’insicurezza e
la diffusione del crimine organizzato. Questa situazione ha voluto la vita di oltre cinquanta donne
durante la seconda metà di quest’anno, con uccisioni eseguite da estremisti, da forze reazionarie e
da gang criminali, sotto motivazioni, pretesti sociali, religiosi e politici diversi.
Le donne irachene, che sono l’oggetto di varie forme di discriminazione, di oppressione e di
sfruttamento, e che affrontano la violenza quotidiana attraverso vari mezzi, affrontano oggi
uccisioni di massa a causa della diffusione del terrorismo che le colpisce. Sono commessi contro
di loro, alla luce del sole e impunemente gli assassini più mostruosi. Le uccisioni di donne nella
città di Bassora sono una terribile prova della barbarie dei loro perpetratori e di coloro che stanno
dietro di loro.
Nonostante la condanna di questi crimini, il governo e le principali autorità non hanno preso le
misure necessarie contro questi crimini, per fermarli e per punire i loro perpetratori.
Noi, della Lega delle Donne Irachene, condanniamo fortemente i crimini di uccisioni di donne a
Bassora e in altre città irachene, e denunciamo tutte le forme di violazione dei diritti umani in Iraq,
e invitiamo le organizzazioni internazionali, al governo iracheno e alle principali autorità a:
1 – Inviare una missione d’indagine in Iraq, organizzata dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani
delle Nazioni Unite con la partecipazione delle organizzazioni internazionali per I diritti umani, per
indagare sui crimini contro le donne, aiutare le autorità irachene ad identificare i perpetratori e
lavorare per fermare questi crimini.
2 – Rendere pubblici I criminali e coloro che stanno dietro di loro e portarli avanti alla giustizia.
4 – Prendere misure per salvaguardare le libertà personali che sono garantite dalla costituzione.
6 – Agire con decisione per migliorare le condizioni delle donne e per facilitare la loro
partecipazione al processo di ricostruzione.
La lega delle Donne Irachene/Coordinamento Comitato all’Estero
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Al Ayyam
Abbas e Olmet concordano seriamente l’avvio dei negoziati per
questioni relative allo status finale
Il presidente palestinese Abbas ha concordato con il primo ministro israeliano Olmert il quadro dei
negoziati sullo status finale riguardo le questioni fondamentali. Quest’incontro giunge alla vigilia
della visita del presidente Bush nella regione. Saeb Erekat ha affermato: concordiamo che la
responsabilità dei negoziati sulle questioni relative a Gerusalemme, ai confini, ai rifugiati, agli
insediamenti, alla risorsa idrica, alla sicurezza, alle relazioni e ai prigionieri, sarà del Comitato
Direttivo e Orientamento diretto da Ahmad Qurei’ e Livni e che questo comitato inizierà a lavorare
immediatamente, e gli incontri tra il presidente Abbas e il primo ministro continueranno a
riguardare le questioni relative allo status finale e a ricevere le informazioni da Qurei’ e da Livni e a
seguire le questioni e gli sviluppi quotidiani. Il presidente Abbas ha protestato contro le recenti
dichiarazioni del ministro della difesa Barak riguardo il rifiuto di rimuovere i posti di blocco in
Cisgiordania. Ha spiegato che questi posti di blocco ci impediscono di vivere e bloccano il nostro
lavoro di costruzione delle nostre istituzioni e colpiscono la nostra economia e, pertanto, devono
essere rimossi. Erekat ha affermato ad Olmert di non aver dato una risposta chiara alle proteste
del presidente Abbas. Erekat ha affermato che il presidente Abbas chiederà domani al presidente
Bush di ristabilire il comitato trilaterale che soprintende l’attuazione degli articoli della roadmap.
Una fonte palestinese ha dichiarato ieri sera che c’è un progresso sulla questione degli
insediamenti, ma esistono alcuni ostacoli che riguardano i confini, i rifugiati e gli insediamenti a
Gerusalemme est occupata dove ambienti israeliani credono che questa sia parte dello stato di
Israele dopo l’annessione e la decisione illegale di Israele nel 1969. La fonte spiega che esiste una
preoccupazione verso le azioni israeliane di oggi che sarebbero un tentativo per rabbonire il
presidente Bush che si trova alla fine del suo mandato e durante il suo viaggio nei paesi arabi. Non
appena il presidente Bush lascerà l’incarico, la parte israeliana ritornerà alle vecchie posizioni
intransigenti. La fonte ha affermato che gli Stati Uniti si sono rifiutati in passato di esercitare
pressioni su Israele e quest’amministrazione non eserciterà alcuna pressione alla fine del suo
mandato. Esistono segnali che spingono verso una certa insicurezza che la costituzione dello stato
palestinese avvenga prima della fine del mandato di Bush perché le questioni sono complesse e
richiedono una forte volontà politica di Israele e questa non è disponibile.
Pubblicato dal quotidiano Al Quds il 9 gennaio 2008
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Al Ayyam
Accordo per frenare i passi che pregiudicano i negoziati sullo status
finale
Ahmad Qurei’, capo delegazione dei negoziati palestinesi per lo status finale, ha annunciato che la
prossima settimana riprenderanno i negoziati per lo status finale con la parte israeliana dopo che
la parte israeliana ha annunciato durante l’incontro tra il presidente Abbas e il premier israeliano
Olmert dei suoi impegni verso la roadmap che includono anche la fine degli insediamenti. Ahmad
Qurei’ ha affermato che con la ripresa dei negoziati sullo status finale della prossima settimana
lavoreremo per formare la struttura organizzativa dei comitati; ci saranno dei negoziati senza
nessun insediamento come ha promesso la parte israeliana e abbiamo chiesto alla parte
statunitense di svolgere il suo ruolo di controllore per vedere se le parti rispettano i loro impegni.
Ha affermato che le promesse israeliane sono soddisfacenti per la parte palestinese, e rivelano
che la parte israeliana ha promesso di studiare il processo per la riapertura graduale delle
istituzioni a Gerusalemme. Ha affermato: “Rispetto ai prigionieri, abbiamo discusso di cambiare il
criterio in quanto il vecchio criterio non sarà il principio ed esiste una volontà israeliana a
considerare seriamente questa questione. Alla domanda se l’incontro abbia rappresentato l’inizio
della fine degli insediamenti nei territori occupati, ha affermato: “Sì, l’incontro di oggi si è rivelato
migliore degli incontri precedenti ed assisteremo alla sua realizzazione sul terreno. Ha affermato
che è possibile condurre negoziati senza nessun insediamento e raggiungere un accordo nel
2008.
Nel frattempo, fonti israeliane hanno affermato che il premier Olmert ha informato il presidente
palestinese che Israele non costruirà nuovi insediamenti e non confischerà le terre palestinesi in
Cisgiordania e non incoraggerà i coloni a spostarsi per vivere negli insediamenti della
Cisgiordania. Le fonti affermano: “Olmert ha informato Abbas che Israele non compirà alcun passo
che possa colpire la nostra capacità negoziale sulle questioni dello statuto finale con i palestinesi e
Israele intende condurre i negoziati con buona volontà2.
Nel frattempo, fonti israeliane hanno affermato che il premier Olmert ha rifiutato la richiesta del
presidente Abbas durante il loro incontro di ieri di congelare i progetti di costruzione degli
insediamenti israeliani. La radio israeliana ha citato un funzionario governativo che ha affermato:
“Olmert non ha promesso al presidente Abbas di congelare le offerte annunciate prima. Le due
parti hanno concordato di mettere da parte la questione relativa alla costruzione a Jabal Abu
Ghneim fino a quando non sarà discussa nei negoziati tra le due parti. Il portavoce di Olmert ha
affermato: “Non raggiungeremo dal primo giorno un accordo con i palestinesi su ogni questione; i
palestinesi hanno le loro posizioni e noi abbiamo le nostre e l’impegno è lavorare per superare le
divergenze”.
Pubblicato nel quotidiano Al Ayyam il 28 dicembre 2007
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
Ha’aretz
01/01/2008
I lavoratori si stanno mettendo insieme
Di Meron Rapoport
Il Caffè Bean & Tea Leaf, l’ospedale Kaplan, Castro, Vita, Cofee To Go, la facoltà di agricoltura
dell’Università ebraica, Israir, l’Autorità delle Poste israeliane, questa è una lista parziale di posti di
lavoro dove quest’anno i lavoratori si sono organizzati, hanno fondato un sindacato, e fatto cause.
A volte con l’aiuto della federazione sindacale Histadrut, a volte senza il suo aiuto. Il numero è
piccolo, poche decine di lavoratori in ogni luogo di lavoro, ma sembra essere un fatto. Dopo molti
anni, durante i quali il sindacato dei lavoratori era nei migliori dei casi un’espressione esterna e nei
peggiori dei casi una maledizione, sembra che si stia preparando un cambiamento.
Fino alla metà degli anni ’80, Israele occupava i posti in alto della classifica nel mondo occidentale
in termini di percentuale di lavoro organizzato: circa l’80% dei lavoratori salariati appartenevano al
sindacato dei lavoratori. Quest’orientamento è stato cambiato dal programma economico e dalla
Legge per le Disposizioni Economiche, dalla disintegrazione di Histadrut, dall’acceleramento della
privatizzazione e dalla crescita dell’alta tecnologia e dall’assunzione di lavoratori sulla base di
contratti individuali. Oggi, Israele si classifica ad uno degli ultimi posti in occidente: soltanto il 30%
dei suoi lavoratori sono organizzati. La “solidarietà” sembra un’espressione fuori moda
appartenente ad un mondo antiquato.
Le cose stanno da poco cambiando. L’avvocato Itai Svirsky della clinica legale dell’Università di
Tel Aviv ha affermato che circa un anno fa, svariati gruppi sociali decidevano di mettere in rilievo
l’organizzazione dei lavoratori come il modo più efficace per realizzare i loro diritti. “Inizialmente, se
qualcheduno ci chiamava e ci chiedeva di aiutarlo ad organizzarsi, noi avremmo detto: “Ma
guarda!”, afferma Svirsky. “Oggi, qualcheduno chiama ogni settimana. E’ diventata una routine”.
La maggior parte delle richieste provengono dai giovani che crescono in un mondo senza sindacati
dei lavoratori. Alon Lee Green, che ha fondato un sindacato in una filiale della catena Coffee Bean
a Tel Aviv ha 19 anni; kobi Karta, che ha fondato un sindacato di guardie per la sicurezza nella
facoltà di agricoltura a Rehovot, ha iniziato la sua attività dopo aver finito il servizio militare nella
Brigata Volani. Green è giunto a lavoro nel caffè dotato di coscienza politica, in quanto membro del
partito comunista. Karta afferma di essere stato sollecitato ad organizzare i lavoratori soltanto
perché era stanco di essere sfruttato e negato dei suoi diritti. Entrambi sono riusciti a convincere
abbastanza facilmente i loro colleghi a lavoro che il miglior modo per andare avanti fosse
l’organizzazione e la solidarietà.
Queste attività economiche sono sorte nel vuoto lasciato da Histadrut. In principio, naturalmente,
quell’organizzazione ha sempre sostenuto l’organizzazione sindacale, ma per anni è rimasta
passiva e stava a guardare inattivamente mentre il numero dei lavoratori temporanei e a contratto
cresceva. Di recente, ci sono stati segni di cambiamento. Histadrut è stato coinvolto fin dall’inizio
nella lotta per il processo di Coffee Bean; ha aiutato ad organizzare il personale di Israir.
Le critiche rivolte ad Histadrut dicono che questo non è abbastanza, e guardano al fatto che il suo
presidente, Ofer Eini, abbia recentemente accettato di estendere il periodo richiesto ad un
lavoratore di un’agenzia per l’impiego perché diventasse lavoratore permanente, passando da
nove e 18 mesi. Anche se si tratta soltanto di un’adesione puramente formale, è chiaro che
Histadrut sta realizzando progressi, nel senso che lo spirito del tempo è cambiato.
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Rassegna stampa internazionale
Svirsky ammette che gran parte dell’organizzazione sindacale è fatta da lavoratori provenienti dal
un passato relativamente “forte”: guardie per la sicurezza che sono per lo più studenti universitari,
camerieri consapevoli dei loro diritti. “Hai bisogno degli elementi di base del potere per poter
agire”, osserva. “Non si è ancora raggiunta la popolazione più debole”.
In realtà, la massiccia adesione di decine di migliaia di insegnanti durante l’ultimo sciopero, e il
sorprendente radicalismo dimostrato, sembrerebbero far parte dello stesso processo. La “classe
media” dei lavoratori inizia a muoversi. Questo non è un cambiamento da poco.
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Dipartimento Politiche Internazionali
Rassegna stampa internazionale
BBC
02/01/2008
La Russia ridurrà i lavoratori migranti
Nazionalisti in marcia a Mosca contro l’utilizzo dei lavoratori migranti
Il governo russo afferma di voler ridurre il numero dei lavoratori migranti stranieri di due terzi entro
il 2008.
Nel 2007, fu consentita l’entrata in Russia senza visto a sei milioni di lavoratori provenienti dalle ex
repubbliche sovietiche.
Il Servizio Federale per la Migrazione ha affermato all’agenzia stampa, Interfax, che il numero sarà
ridotto di due milioni.
La crescita economica della Russia ha provocato la necessità di lavoro straniero, ma i nazionalisti
hanno protestato che i nativi russi stanno per essere superati di numero.
Molti migranti sono giunti dalle repubbliche dell’Asia centrale o dal Caucaso e sono diventati una
caratteristica regolare dei mercati di strada locali.
Sono state create delle norme che vietano agli stranieri di lavorare in alcuni settori al dettaglio a
causa delle tensioni etniche.
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