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CGIL Dipartimento Internazionale http://www.cgil.it/internazionale/ RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE 1 – 11 gennaio 2008 A cura di Maria Teresa Polico Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale DIPARTIMENTO INTERNAZIONALE CGIL RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE 1 – 11 gennaio 2008 INDICE ARGOMENTO TESTATA Unione Europea Francia Mercato del lavoro: i punti chiave dei negoziati tra padronato e sindacati Le Monde Regimi speciali: la CFDT denuncia lo schema di un decreto che rinnega gli impegni assunti con il ministro del lavoro Le Monde I sindacati rifiutano 41 anni di contributi per la pensione Le Monde Germania La Germania avverte un cambiamento nelle strategie sindacali degli scioperi International Herald Tribune Italia Vedili e poi muori El Sobrepaso The Economist Financial Times Africa L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale condanna il disordine causato dalle elezioni in Kenya Kenya: il sindacato aderisce all’invito al dialogo Il Cosatu avverte del caos al processo contro Zuma Gli alleati di Zuma accusano Mbeki Labour Start The Nation The Times Financial Times America Latina e Caraibi L’ONU ritiene che la crescita economica in America Latina si abbasserà al 4,7% nel 2008 El País Asia Il diritto del lavoro prepara l’aumento dei costi in Cina Financial Times Medio e Vicino Oriente Fermare la violenza contro le donne, lavoriamo insieme per la Giustizia, per l’Uguaglianza e il Diritto alla Vita Abbas e Olmet concordano seriamente l’avvio dei negoziati per questioni relative allo status finale Accordo per frenare i passi che pregiudicano i negoziati sullo status finale I lavoratori si stanno mettendo insieme Labour Start Al Ayyam Al Ayyam Ha’aretz Russia La Russia ridurrà i lavoratori migranti BBC 2 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Le Monde Mercato del lavoro: i punti chiave del negoziato tra padronato e sindacati LEMONDE.FR avec AFP | 09.01.08 | 18h19 • Mis à jour le 09.01.08 | 19h20 I negoziati sulla modernizzazione del mercato del lavoro sono in dirittura d’arrivo. Le discussioni tra i sindacati (CGT, CFDT, FO, CFTC, CFE-CGC) e padronato (Medef, CGPME, UPA), iniziate nel 2007, hanno continuato fino a giovedì 10 gennaio per giungere ad un testo che deve essere siglato perlomeno da tre sindacati. In caso di fallimento, il governo, che ha previsto una riunione con le parti sociali “attorno al 15 gennaio”, ha avvertito che riprenderà l’iniziativa con un testo di legge che, secondo François Fillon, potrebbe essere presentato agli inizi di febbraio. In questo negoziato, che riguarda 18 milioni di salariati del settore privato, il padronato e i sindacati si affronteranno su qualche punto chiave. La rescissione “amichevole” del contratto di lavoro. Per limitare i ricorsi al Collegio dei Probiviri da parte dei salariati, il padronato spera di instaurare un terzo modo per sciogliere il contratto di lavoro indeterminato (CDI), tra il licenziamento e la dimissione, mirante a “rassicurare” le attuali uscite negoziate, spesso sul limite della legalità. La rottura “convenzionale” garantirebbe al salariato un’indennità di licenziamento legale maggiorata e darebbe accesso ai sussidi di disoccupazione. Il salariato non potrebbe più contestare la rescissione del contratto di lavoro. Per FO e per la CFTC, contrari a questo modo di rescindere il contratto di lavoro indeterminato “con reciproco consenso”, bisogna innanzitutto mettere prima la conciliazione da parte del Collegio dei Probiviri per arrivare ad un’accettazione formale. L’allungamento del periodo di prova. Il padronato spera di prolungare il periodo di prova per gli operai, gli impiegati, e per i tecnici a tre mesi rinnovabili e a sei mesi rinnovabili per i quadri. I sindacati temono questo prolungamento: “E’ fuori discussione, ricreare un piccolo CNE [che prevedeva un periodo di prova di due anni] sotto la copertura di aumentare il periodo di prova” fa notare François Chérèque, segretario generale della CFDT. Come riassume Gabrielle Simon (CFTC), il periodo di prova proposto è ancora « troppo lungo » per i sindacati. «L ‘oggetto preciso » di un contratto. Ispirato da una delle proposte del rapport de Virville sul diritto del lavoro, il padronato propone di creare un contratto di lavoro determinato [CDI] con un oggetto preciso di minimo 18 mesi che avrà fine una volta realizzato il progetto per il quale il salariato è stato ingaggiato. La sua durata “approssimativa” deve essere menzionata nel contratto. In caso di licenziamento prima della scadenza della durata del contratto, sono previste delle indennità per la rescissione del contratto. La "portabilità" dei diritti. Il testo prevede per il salariato licenziato di conservare certi diritti acquisiti durante la sua ultima occupazione. Il testo propone che i salariati possano conservare il 50% del loro diritto individuale alla formazione nella loro nuova impresa. I salariati potrebbero conservare la copertura sanitaria per “un terzo del tempo del loro diritto all’indennità di disoccupazione”. Per Stéphane Lardy (FO), il trasferimento del diritto individuale alla formazione e alla copertura complementare sanità/previdenza, quando un salariato perde il suo posto di lavoro è “un punto essenziale” . Torna all’indice 3 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Le Monde 07/01/2008 Regimi speciali: la CFDT denuncia lo schema di un decreto che rinnega gli impegni assunti con il ministro del lavoro Mentre lo schema del decreto della riforma dei regimi speciali deve essere sottoposto lunedì 7 gennaio ad un esame del consiglio di amministrazione della nuova cassa previdenza e pensione del personale della SNCF (CPRP-SNCF), la CFDT ha denunciato il testo spiegando che “non restituisce il contenuto dei negoziati tripartiti” e “rinnega gli impegni assunti dal ministro del lavoro, Xavier Bertrand”. Lo schema del decreto prevede in particolare che la durata delle quote necessaria per avere una pensione completa passerà nei regimi speciali a 41 anni nel 2016, se, come lo prevede il governo, sarà deciso uno sviluppo simile l’anno prossimo per tutti i lavoratori a partire dal 2012. Uno schema di decreto che « pregiudica i negoziati tripartiti » I ferrovieri della CFDT ritengono che questo schema “non restituisca il contenuto dei negoziati tripartiti [dove] questa questione non è stata menzionata” e che rappresenti “una provocazione, un omaggio alla contestazione, un bonus alla radicalità”. Il sindacato contesta anche le disposizioni del testo che indicano che “l’età di riferimento è fissata di cinque anni dopo l’accesso ai diritti, instaurando una sopravvalutazione a partire dai 60 anni ». Dopo dieci giorni di sciopero nei trasporti a novembre, erano già stati avviati i negoziati impresa per impresa e settore per settore, con un rappresentante dello Stato. Questi negoziati sono terminati alla RATP, ma continuano ancora alla SNCF. Cinque federazioni dei ferrovieri (CGT, CFDT, CFTC, UNSA et CFE-CGC) hanno indetto una manifestazione nazionale unitaria contro la riforma dei regimi speciali di pensioni a Parigi il 22 gennaio, due giorni prima della nuova giornata di mobilitazione nella funzione pubblica. Torna all’indice 4 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Le Monde 02/01/2008 I sindacati rifiutano i 41 anni di contributi per la pensione Dopo aver allineato i regimi speciali di pensioni ai regimi generali, passando dai 37 anni e mezzo ai 40 anni, il governo si appresta ad approvare la durata dei contributi per tutti di 41 anni entro il 2012 (in ragione di un trimestre l’anno ad iniziare dal 2009). Questo obiettivo, spesso riaffermato dal primo ministro Francois Fillon, sarà oggetto di un esame con le parti sociali nel 2008. Sarà “probabilmente organizzato nel secondo trimestre”, ha indicato il ministro del lavoro, cioè dopo le elezioni locali del marzo 2008. Questa concertazione, scritta dalla legge sulle pensioni del 2003 elaborata da Fillon, allora ministro del lavoro, sarà l’occasione per valutare con le parti sociali “l’evoluzione dei livelli di attività delle persone oltre i 50 anni, l’evoluzione della situazione finanziaria dei regimi di pensione e della situazione occupazionale”. Il ministro del lavoro doveva rendere pubblico un rapporto prima del 1 gennaio 2008, che ha fatto alla fine lunedì sera. Il ministro vi riprende l’analisi del rapporto del Consiglio di orientamento sulle pensioni che ha pubblicato alla fine di novembre. Per i sindacati, quest’allungamento a 41 anni non costituisce la soluzione al deficit della cassa – assicurazione-malattia che passerà da 1,9 miliardi nel 2006 a 5,7 miliardi nel 2008. La CFDT, che aveva sostenuto la riforma Fillon prende le distanze, scottata dalla paralisi dei negoziati con il Medef sulla gravosità del lavoro, una delle contropartite rivendicate nel 2003. L’altro elemento messo in vista dalla CFDT era il dispositivo “carriere lunghe” che ha permesso la partenza anticipata di color che hanno iniziato a lavorare a 16 anni o 17 anni. Il rovescio della medaglia di questo dispositivo ha il suo prezzo: dovrà passare da 1,8 miliardi di euro nel 2006, a 2,2 e 2,3 miliardi nel 2007 e 2008. Fillon ha evocato la necessità di rivedere questo punto. Per Jean-Christophe Le Duigou, segretario confederale della CGT che si occupa delle pensioni, il problema risiede innanzitutto nel degrado della situazione occupazionale, in particolare nell’attività degli ultra cinquantenni per la quale la Francia è la lanterna rossa in Europa: il 38,1% del tasso di occupazione è rappresentato dai lavoratori tra i 55 e i 64 anni, rispetto al 43,6% dell’Unione europea. “I due terzi dei salariati che vanno in pensione non lavorano più al momento del loro pensionamento”, fa notare le Duigou, che ritiene che bisogna trovare delle risorse supplementari. “Dopo il 1970, non ci sono stati aumenti dei contributi per le imprese”, spiega. Il segretario generale di FO, Jean-Claude Mailly, aveva osservato al suo congresso di giugno 2007, che « la guerra che bisogna fare è restare sui 40 anni e rifiutare di passare a 41 » anni. R. Bx Articolo pubblicato nel numero del 03.01.08. Torna all’indice 5 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale International Herald Tribune 25/12/2007 Per parecchi mesi, il sindacato che rappresenta I ferrovieri, GDL,ha paralizzato con una serie di sciopero il sistema ferroviario e i passeggeri. (Kai Pfaffenbach/Reuters) La Germania avverte un cambiamento nelle strategie sindacali degli scioperi Di Judy Dempsey BERLINO. L’ordine economico della Germania del dopoguerra sta subendo un cambiamento fondamentale e significativo, in gran parte dovuto a una ristrutturazione del sistema sindacale del paese causata da un allontanamento degli organizzatori sindacali ed a una serie di scioperi. La GDL, il piccolo ma potente sindacato che rappresenta i ferrovieri che non ha svolto fino a poco fa nessun ruolo nella politica sindacale, ha paralizzato il sistema ferroviario e dei passeggeri per parecchi mesi con una serie di scioperi. Il sindacato, attraverso le fermate del lavoro, è stato l’ultimo ad essersi liberato di un sistema che ha rappresentato tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro professionalità, occupati nello stesso settore. Manfred Schell, tecnico specializzato di 64 anni diventato leader del sindacato GDL, nato e cresciuto nella Germania orientale comunista, ha affermato la scorsa settimana che i tecnici specializzati avrebbero ripreso gli scioperi all’inizio di gennaio se non ci fosse stato nessun accordo salariale prima di allora, terminando la breve tregua per la stagione di vacanze. L’annuncio ha irritato la Deutsche Bahn, la società ferroviaria federale, i cui funzionari hanno affermato di essere rimasti sorpresi dal successo di Schell nel mantenere il sostegno degli iscritti al sindacato e persino tra le grandi fette dell’opinione pubblica. Anche se la Deutsche Bahn avesse accolto le richieste di Schell di aumenti salariali fino al 13% e di migliori condizioni di lavoro al fine di prevenire ulteriori disagi, le conseguenze dello sciopero avrebbero significato maggiori perdite finanziarie per la Deutsche Bahn. Schell, affermano gli analisti, ha contribuito alla rottura del sistema sindacale del dopoguerra introdotto per creare una struttura unificata che andasse al di là della politica e della religione, e che ha forgiato l’economia tedesca per decenni. Era un sistema progettato per produrre il consenso e la solidarietà, per dare ai sindacati un peso durante le dispute del lavoro e per garantire la pace sociale per il resto del tempo. 6 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Gli analisti affermano che ora le cose stanno cambiando. Se i tecnici specializzati possono negoziare le loro condizioni, anche altri piccoli ma influenti settori dell’economia prenderanno probabilmente la stessa strada. Questo significherebbe che i datori di lavoro non potrebbero più dipendere da un unico sistema di contrattazione collettiva e dovrebbero invece trattare separatamente con le diversi parti della loro forza lavoro. Questo, a sua volta, potrebbe condurre ad un netto aumento del numero degli scioperi, indebolendo un’economia che è sempre stata capace di attrarre investitori con la promessa di stabilità nei luoghi di lavoro. “L’idea, dietro la struttura sindacale costruita dopo la seconda guerra mondiale, era liberarsi del sistema del periodo della Repubblica di Weimar”, ha affermato Axel Brower-Rabinowitsch, portavoce della Federazione Tedesca dei Sindacati. “I sindacati ebbero, allora, forti legami con i partiti politici e con le chiese. Come conseguenza di questa frammentazione, i sindacati non furono in grado di fermare il regime nazista. Dopo il 1945, fu creato un sindacato unificato per superare le divisioni ideologiche e sociali”. I sindacati, sia che rappresentassero i minatori di carbone, i lavoratori delle ferrovie o le professioni, i medici e le compagnie aeree, furono dell’organizzazione della Federazione Tedesca dei Sindacati. Dopo il esercitò un considerevole potere, mentre i suoi leaders cercavano di controllo delle attività dei sindacati e sulle trattative concernenti i salari. dell’industria chimica, posti sotto l’ombrello 1945, la federazione mantenere un fermo Nei luoghi di lavoro, il sindacato e i datori di lavoro, attraverso un sistema di contrattazione collettiva, raggiunsero un compromesso nei negoziati per gli aumenti dei salari per tutti i lavoratori iscritti al sindacato, evitando, così, gli scioperi. Si trattava di un sistema impregnato di uno spirito di solidarietà e di egualitarismo nel quale la parte di forza lavoro meno retribuita e meno qualificata tendeva a uscirne particolarmente bene. I sindacati, rispecchiando il declino del settore industriale, hanno subito un netto declino negli ultimi due decenni. Il numero degli iscritti alla Federazione Tedesca dei Sindacati è ora quasi la metà di 12 milioni e mezzo di lavoratori che aveva nel 1991. Quest’ordine economico si trova ora sotto assedio da parte di un secondo fronte, ha affermato Holger Lengfeld, un sociologo dell’Università Hagen. Lengfeld,spiega che quanto Schell ed altri pochi leaders sindacali stanno cercando di fare è allontanarsi dalla contrattazione collettiva al fine di forgiare i loro accordi per qualificare meglio i lavoratori che credono siano stati trascurati dai grandi sindacati. “Lo sciopero degli autisti delle ferrovie segna la fine della solidarietà”, ha scritto recentemente Lengfeld in un lungo saggio sul cambiamento della natura dei sindacati in Germania. “Il motto ora è ognuno per se stesso. Questo spiega perché il contrasto di opinioni sulle condizioni degli autisti delle ferrovie è così importante”. La Federazione tedesca dei Sindacati concorda. “Se dovesse continuare un simile orientamento, esso condurrebbe alla frammentazione e all’indebolimento della solidarietà”, ha affermato Brower-Rabinowitsch. “Sindacati piccoli che non hanno il senso della solidarietà con altri sindacati hanno un’influenza negativa”. 7 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Il leader sindacale più importante che ha sfidato l’ordine del dopo guerra e portato fuori i suoi iscritti dal sistema di contrattazione collettiva è stato Frank Ulrich Montgomery, presidente della Marburger Bund. Ha rappresentato dal 1947 le professioni, i medici, in particolare i medici degli ospedali, ma soltanto di recente ha iniziato a fare i suoi contratti sul salario. Lo scorso anno, Montgomery sconvolse l’istituzione sindacale e l’opinione pubblica invitando i medici degli ospedali a scioperare. La sua spiegazione era che i medici non erano sufficientemente retribuiti per le loro lunghe ore di lavoro, per la loro professionalità e per le loro competenze. Il suo principale lamento con i sindacati è stato il modo in cui erano negoziati i salari e gli stipendi. Ha spiegato che nello spirito di livellamento, coloro pagati meno spesso traggono maggiori benefici del personale altamente specializzato, che, ha affermato, non è stato sufficientemente riconosciuto. “Il livellamento dei salari appartiene al passato”, ha affermato Montgomery lo scorso mese durante un discorso alla convention della Marburg Bund. “Viviamo in una società competitiva nella quale si và avanti senza dire che i vincenti dovrebbero essere pagati in modo concorrenziale. Montgomery ha desiderato nel suo discorso il successo di Schell. Dopo mesi di disagi nel servizio sanitario, Montgomery ha ottenuto migliori condizioni per i suoi iscritti. In primo luogo, sono stati i piloti di aerei ad allontanarsi dal principale corso sindacale, che con l’organizzazione Cockpit hanno organizzato scioperi nel 2001, riuscendo ad ottenere aumenti salariali di quasi il 30%, molto di più degli altri lavoratori del settore. Gli scioperi dei piloti, dei medici ed ora dei tecnici specializzati sono stati efficaci perché hanno riguardato specialisti che si trovavano in punti di lavoro vulnerabili della società e dell’economia, ha affermato Lengfeld. “Hanno mostrato anche che il vecchio sistema, dominato dai grandi sindacati, come ver.di e la Federazione Tedesca dei Sindacati, si stava realmente indebolendo”, ha affermato. Il sindacato ver.di, che rappresenta il settore pubblico e dei servizi, e la Federazione Tedesca dei Sindacati sono stati scossi da quest’orientamento, temendo che altre professioni avrebbero lasciato l’organizzazione e andati per conto proprio quando per negoziare i livelli salariali. Ad oggi, la federazione non ha ancora una strategia che affronti questo fenomeno. “Guardiamo con molta attenzione ai recenti sviluppi dei macchinisti, la Marburger Bund a Cockpit”, ha affermato Brower-Rabinowitsch. “Se esiste davvero un orientamento per i piccoli sindacati che agiscono per conto proprio, avremo un problema con le tariffe unitarie che si negozieranno”. Torna all’indice 8 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale The Economist 12/01/2008 I rifiuti a Napoli Vedili e poi muori Roma La vera e propria crisi di Napoli riguarda tanto la govenance quanto l’immondizia L’immondizia disseminata nelle strade delle città può essere non solo malsana, ma anche politicamente pericolosa. Ricorda agli elettori la fragilità della civiltà, e può indurli a rovesciare i rappresentanti eletti. L’immondizia non raccolta ha contribuito a minare il governo laburista di James Callaghan nell’ “inverno del malcontento” in Gran Bretagna. Così a prima vista, sorprende che il governo di centro sinistra di Romano Prodi abbia lasciato che la situazione in Campania, la regione attorno a Napoli, diventasse così maleodorante. Dall’8 gennaio circa 60.000 tonnellate di spazzatura si sono accumulate nelle strade, circa 5.000 tonnellate nella stessa città di Napoli. In occasione di una discarica al di fuori della città, i residenti contrari alla sua riapertura hanno fatto di notte battaglie contro la polizia. Questa crisi riguarda tanto la governance quanto la spazzatura. La crisi non avviene in una notte. La Campania è stata afflitta da problemi dei rifiuti per 14 anni. Sono stati spesi circa 8 miliardi di euro (11 miliardi dollari). La raccolta della spazzatura nella regione ha fermato i suoi giri il 21 dicembre, perché le discariche all’interno e all’esterno di Napoli erano piene, e un inceneritore che avrebbe dovuto essere pronto non lo era. Entrambi gli sviluppi erano prevedibili. Il sindaco di centro sinistra di Napoli, Rosa Russo Jervolino, ha avvisato Prodi dell’incombenza della crisi un anno fa. Tuttavia, nulla è stato fatto. Il problema è che la Campania non ha moderni inceneritori. Questo è dovuto al fatto che i piani per costruirli hanno incontrato un’opposizione determinata e spesso aggressiva della popolazione locale. Le loro proteste sono frequentemente sostenute, se non orchestrate, dal potente gruppo della criminalità organizzata, la camorra, che fa succulenti profitti dallo smaltimento dei rifiuti in discariche abusive. Molti napoletani sono davvero preoccupati per la proposta di inceneritori e delle loro emissioni. Vi è stata una critica alla loro progettazione; e, dal momento che appena un ottavo della spazzatura della città è separato prima della raccolta, ci sono timori che i rifiuti tossici possano essere bruciati insieme alla roba innocua. Il signor Prodi, ha prima inviato l’esercito per eliminare l’immondizia al di fuori delle scuole, in modo che possano riaprire dopo la vacanza. Poi ha annunciato una serie di misure a gennaio. Ha nominato un commissario , un ex capo della polizia nazionale, Gianni De Gennaro, con ampi poteri per affrontare la montagna di spazzatura. Gli è stato dato un mandato di 120 giorni e garantito un aiuto continuato dall’esercito. Prodi ha promesso anche tre nuovi inceneritori e “abbastanza” discariche nuove. Ha dato alle autorità locali quattro mesi per portare la raccolta separata. Altrimenti, saranno posti sotto un’amministrazione speciale. Prodi aveva detto in precedenza di essere intenzionato a risolvere definitivamente il problema della spazzatura a Napoli. Il suo piano potrebbe fare questo se fosse realizzato. 9 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Ma un certo scetticismo è sicuramente valido. Il signor De Gennaro è almeno il settimo " zar del rifiuto " della campania. Il primo ministro non ha offerto alcun termine per il completamento degli inceneritori, che prenderanno circa tre anni per la costruzione e né ha detto come propone di superare l'opposizione locale alla creazione di discariche, che può essere anche più forte della resistenza alla costruzione di inceneritori. Almeno una misura annunciata dal Presidente Prodi avrà un impatto immediato. Ad altre regioni italiane è stato consentito di richiedere un pò dei rifiuti della Campania. Ma questo è in contrasto sia con la legislazione italiana e sia con la legislazione dell'Unione europea (la Commissione europea sta già minacciando procedimenti legali contro l'Italia per la spazzatura di Napoli). Romano Prodi lo ha chiamato un espediente a breve termine per permettere che siano emanate misure a più lungo termine. Ma nulla si è rivelata più difficile da realizzare nella crisi prolungata dei rifiuti della Campania delle soluzioni a lungo termine. Torna all’indice 10 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Financial Times 07/01/2008 Editoriale El sobrepaso L’Italia rifiuta indignata le dichiarazioni secondo le quali la Spagna ora è più ricca Per gli spagnoli sono delle statistiche, per gli italiani non sono altro che delle dannate bugie. Secondo Eurostat, l’ufficio di statistiche della Commissione europea, la media degli spagnoli ora è più ricca della media degli italiani. L’Italia, che nel 1987 dichiarò che la sua economia era più grande del 15% di quella calcolata precedentemente e superò, in un sorpasso, la Gran Bretagna, ora ribolle con indignazione per essere stata superata dal sobrepaso della Spagna. Romano Prodi, primo ministro dell’Italia che molto tempo fa era presidente della Commissione europea, ora mira invece alle statistiche del Fondo Monetario Internazionale. Il Fondo Monetario Internazionale e Eurostat utilizzano le stesse basi di calcolo, ed è probabile che il fondo collochi fra non molto la Spagna in testa. Questa “parità del potere d’acquisto” dei numeri è, a dire il vero, imperfetta. L’esempio più celebre del calcolo della parità del potere d’acquisto è il “Big Mac Index”, del The Economist che diede una fotografia globale del prezzo di due hamburger in un panino dolce. Né gli spagnoli e né gli italiani vivono soltanto di hamburger, le statistiche devono invece guardare al costo di quello che è ora acquistato, che è diverso secondo i luoghi. L’Eurostat non conosce in realtà il vero tasso di cambio del chorizo (specie di salsiccia) rispetto al salame, del vino Rioja al Barolo, e neanche di qualsiasi altro prodotto. Queste sono statistiche cavillose. Il successo della Spagna è innegabile, e la reazione dell’Italia, tra il malumore e la profonda paura, è significativa. La crescita dell’Italia è stata debole per anni e gli italiani sono stati alimentati di scuse dai loro leaders. Se la Spagna entra in difficoltà, che, dato il rischio di collasso del suo mercato immobiliare sopravalutato, non è difficile da immaginare, questo non metterà sul tavolo degli italiani ulteriore pasta. La crescita economica è un gioco che può vincere ognuno; non è necessario fallire per i vicini arricchitisi da poco. Il nuovo governo dell’Italia sta cercando di mettere l’economia del paese in ordine; dovrebbe farlo con il lavoro e dimenticare di sostenere i Juans. Se dovessimo metterci gli uni contro gli altri in un gioco competitivo a somma zero, allora di sicuro si spiegherebbe perché il calcio è stato inventato. Torna all’indice 11 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Labour Start 06/01/2008 L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale condanna il disordine causato dalle elezioni in Kenya Inviato il 4 gennaio 2008 L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale (OATUU) ha condannato giovedì il disordine che ha caratterizzato l’annuncio dei risultati elettorali per la presidenza in kenya. Una dichiarazione ufficiale firmata da Hassan A. Sunmonu, segretario generale del sindacato e riprodotta dall’agenzia stampa Ghana, ha affermato che la perdita di vite e di beni non potrebbe essere giustificata da nessuna situazione in un’amministrazione democratica. “Allo stesso tempo, l’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale (OATUU) non può accettare il manifesto imbroglio del mandato popolare da parte dei leader politici egoisti ed affamati di potere, che hanno perso la loro autorità morale a governare.” “L’Organizzazione Africana per l’Unità Sindacale (OATUU) insiste sul rigido rispetto del mandato del popolo keniota”, ha aggiunto la dichiarazione. L’OATUU rappresenta 256 milioni di lavoratori africani organizzati in tutti i paesi africani e appartenenti a tutte le tendenze sindacali. Torna all’indice 12 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale The Nation (Nairobi) 03/01/2008 Kenya: il sindacato aderisce all’invito al dialogo Nairobi L’Organizzazione Centrale dei Sindacati ha aderito all’invito al dialogo, definendolo la strada migliore per risolvere l’attuale fase di stallo del dopo elezioni. Il problema è stato incitato dalla politica e deve essere risolto politicamente, ha affermato il segretario generale Francio Atwoli. Ha escluso che la questione possa essere risolta in tribunale, ed ha spiegato che deve esserci la pace perchè i tribunali possano essere operativi,. Atwoli ha espresso dispiacere che un paese noto come intermediario della pace sia finito in una fase di stallo, ed ha osservato che i kenioti potrebbero non permettersi di rimanere passivi e guardare la distruzione di quello che è stato costruito in molti anni. Assumersi la responsabilità “I kenioti comuni che stanno morendo non hanno mai partecipato alle irregolarità elettorali. Hanno esercitato soltanto il loro diritto democratico di voto”, ha affermato Atwoli. Il segretario generale del sindacato keniota ha chiesto al presidente Kibaki di assumersi la responsabilità di avviare il dialogo. Atwoli ha affrontato la questione relativa alla dichiarazione del presidente della Commissione elettorale Samuel Kivuitu secondo cui è stato sollecitato dal PNU e dall’Odm del Kenya a rilasciare i risultati, ed ha affermato che doveva essere ampiamente consultato. Kivuitu era incaricato di seguire il processo elettorale e non aveva motivo di cedere alle pressioni esterne, ha affermato Atwoli. Torna all’indice 13 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale The Times 03/01/2008 Il Cosatu avverte del caos al processo contro Zuma Sapa Il Congresso dei Sindacati Sudafricani del KwaZulu-Natal avverte che il paese potrebbe sprofondare nel caos e che il sangue “sarà versato” in seguito alle ultimissime accuse mosse contro il presidente dell’ANC, Jacob Zuma. Il Procuratore Generale ha formalizzato la scorsa settimana un’accusa contro Zuma e fa fronte a 16 accuse in totale. Sowetan riferisce che il leader provinciale del Cosatu, Zet Luzipho, ha avvertito che esiste una rabbia in aumento da parte della popolazione specialmente nel KwaZulu-Natal dove Zuma ha il suo maggiore sostegno. “La gente ora è adirata. Questa volta sarà versato del sangue nel tribunale. La gente è pronta ad andare in prima linea. Non saremo ritenuti responsabili della loro rabbia”, ha dichiarato a Sowetan. Durante le precedenti udienze al tribunale, migliaia di sostenitori si fecero vedere in tribunale. Luzipho ha affermato che l’ultima serie di accuse contro Zuma sapeva di “cospirazione politica” da parte di coloro “che hanno perso la competizione politica a Limpopo”. Ha affermato di essersi intristito per gli ultimissimi sviluppi perché “molti di noi hanno visto Limpopo con una competizione elettorale giusta e non una piattaforma per creare futuri nemici”. Ha affermato che le azioni contro Zuma hanno diviso ulteriormente l’ANC. “Crea divisioni e farà sprofondare il nostro paese nel caos. La NPZ afferma che questo è un impegno indipendente, e ci conferma quanto la macchina statale sia ancora utilizzata per uno scopo politico”, ha affermato a Sowetan. Il portavoce del Procuratore, Tlali Tlali, ha però, affermato martedì: “Il Procuratore Generale è sensibile alla controversia che questa decisione richiama. Siamo consapevoli delle dichiarazioni che la Procura Nazionale sia stata male utilizzata per far avanzare gli obiettivi politici ed altri obiettivi di certi individui. Non si tratta di questo.” Torna all’indice 14 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Financial Times 31/12/2007 Gli alleati di Zuma accusano Mbeki Di Alec Russell in Cape Town Gli alleati di Jacob Zuma, leader recentemente eletto dell’African National Congress, hanno accusato nel fine settimana Thabo Mbeki, presidente del paese, di essere dietro l’accusa di corruzione, che si aggiunge alle preoccupazioni per le divisioni all’interno del partito di governo. Zuma è stato accusato venerdì di corruzione, di appartenere al racket per il riciclaggio di danaro sporco, proprio dopo una settimana dopo la sconfitta del suo vecchio alleato divenuto suo nemico nelle elezioni per la direzione del partito. Mentre Zuma e Mbeki hanno parlato della necessità di una riconciliazione, i loro sostenitori si stanno preparando ad un periodo di intensa fibrillazione politica prima del processo, previsto per agosto. Zuma è stato eletto, sulla scia di una campagna populista, leader dell’ANC in una conferenza di partito proprio prima di Natale. L’ascesa di Zuma è stata, però, problematica, dato lo scandalo del racket nel recente passato. Lo scorso anno fu accusato di stupro contro un’amica di famiglia, mentre il processo per corruzione, collegato alle accuse secondo le quali avrebbe ricevuto bustarelle da una società francese di armi, è stato respinto per un dettaglio tecnico. Tra le 18 accuse, ha affrontato accuse per aver ricevuto bustarelle attraverso il suo ex consigliere, Schabir Shahik, che sta scontando una pena di 15 anni per frode e corruzione. I suoi alleati hanno reagito con rabbia nel fine settimana all’accusa, e hanno accusato Mbeki di mettere sotto pressione l’Autorità Nazionale del Pubblico Ministero perchè acceleri i capi di accusa. Il Congresso dei Sindacati del Sud Africa, forza che sta dietro la rinascita di Zuma, ha affermato che la scelta dei tempi per le accuse aveva “tutte le caratteristiche di una vendetta, di una rabbia riposta nel profondo e di una frustrazione da parte dell’Autorità Nazionale del Pubblico Ministero e da chiunque altro sia dietro questo”. Mokotedi Mpshe, direttore dei processi pubblici, ha negato ieri che la decisione avesse una spiegazione politica. “Non ha nulla a che fare con il presidente”, ha affermato il Sunday Indipendent di Johannesburg. “Non ha affatto senso”. Gli uomini d’affari e gli analisti sono preoccupati che la divisione nell’ANC possa portare alla paralisi del governo mentre i ministri e i funzionari si sentono confusi tra i due leader contendenti. Zuma sarà radiato dalla presidenza se sarà accusato di qualsiasi accusa fa fronte. Zuma nega di aver compiuto atti illeciti. Torna all’indice 15 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale El País La ONU cree que el crecimiento en Latinoamérica bajará al 4,7% en 2008 Los expertos de la Unctad prevén un descenso moderado del desempleo EFE - Ginebra - 10/01/2008 El crecimiento en América Latina y el Caribe en 2008 se reducirá moderadamente con respecto al año anterior y se situará en el 4,7%, anunció ayer la ONU. La Conferencia de Naciones Unidas para el Comercio y el Desarrollo (Unctad) presentó ayer en Ginebra sus perspectivas económicas para este año. Según los economistas de la ONU, la región de Latinoamérica y el Caribe crecerá este año a un ritmo del 4,7%, frente al 5,3% del 2007. La mayor parte de esa desaceleración provendrá de los países de Suramérica, dado que tendrán que hacer frente a "términos menos favorables de comercio, porque se espera que los precios y la demanda de sus productos primarios caiga", reza el informe. Por su parte, América Central y México mantendrán "sus relativamente lentos niveles de crecimiento". No obstante, el texto especifica que cuando finalice 2008 la región habrá cumplido seis años ininterrumpidos de crecimiento y su Producto Interior Bruto (PIB) per cápita habrá aumentado un 20%, lo que representa casi un 3% anual. Esta visión positiva la comparte Alfredo Calcagno, uno de los expertos de la Unctad, “Yo no ilustraría nuestras previsiones para esa región como una ralentización, sino como la continuación del crecimiento, sobre todo si lo comparamos con el largo periodo entre 1990 y 2002”, cuando se observaron bajos niveles de crecimiento, dijo. “El escenario más pesimista implicaría que el crecimiento de América Latina sería positivo, pero sólo a una tasa de 2,6%, lo que sería prácticamente la mitad que en 2007”, agregó. El informe indica que el crecimiento económico ayudó a mejorar los indicadores laborales, dado que no sólo el desempleo decreció del 9,1% en 2005 al 8% en 2007, sino que también mejoró la calidad de los empleos. Para 2008, los economistas de la Unctad preven que el desempleo caerá moderadamente, llevándolo a niveles de principio de los noventa. Torna all’indice 16 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Financial Times 01/01/2008 Il diritto del lavoro prepara l’aumento dei costi in Cina Di Tom Mitchell in Hong Kong and Geoff Dyer da Shangai I datori di lavoro in Cina temono che la nuova legge sul contratto di lavoro entrato in vigore ieri intensifichi le pressioni crescenti sul costo di produzione attraverso il rafforzamento del potere contrattuale dei lavoratori. “Crediamo che, messi assieme, i costi del lavoro [nel territorio cinese] quest’anno [2008] saranno più alti di quasi il 40%”, ha affermato Willy Lin, direttore generale del Gruppo (internazionale) di Maglieria di Milo, situato a Hong Kong. Lin afferma che la nuova legge sul contratto di lavoro, che renderà più difficile il licenziamento dei lavoratori, potrebbe far aumentare quest’anno i costi di circa l’8%, con il restante aumento provocato da salari minimi, dai pagamenti per la sicurezza sociale più alti, e dalla continua rivalutazione della moneta cinese, il renminbi, rispetto al dollaro americano. “Essenzialmente, non esiste nulla che si possa fare”, ha aggiunto. “Alcune società hanno cercato di obbligare le dimissioni e cominciare da zero, ma questo non è un modo”. Il nuovo diritto del lavoro chiude una scappatoia che ha permesso alle società di licenziare i lavoratori con contratti temporanei o determinati senza risarcimento, o persino dare loro un’occupazione senza un contratto regolare, spesso attraverso agenzie di lavoro che operano per conto terzi. A partire dal 1 gennaio, i lavoratori che hanno lavorato con una società per 11 anni, o firmato due contratti determinati, avranno il diritto alla liquidazione di una mensilità per ogni anno lavorato. La legge richiede anche ai datori di lavoro di consultare un “congresso rappresentativo del lavoratore”, di solito è una diramazione del sindacato ufficiale cinese, l’ACFTU, per qualsiasi cambiamento relativo alle questioni dell’orario del lavoro, ai benefit e ai risarcimenti. La nuova legge, elaborata per oltre due anni prima dell’approvazione finale di luglio, è stata oggetto di un intenso interesse e di un minuzioso esame da parte delle imprese, dei lavoratori e dei sindacati. Quando nel marzo del 2006, fu pubblicata su internet una prima bozza per ricevere commenti dell’opinione pubblica, essa fece nascere oltre 190.000 risposte in un mese. “Questo è un esempio calzante di come le leggi dovrebbero essere concepite. Tenere conto dei commenti di ognuno”, ha affermato Harley Seyedin, presidente della Camera Americana del Commercio nella Cina meridionale. “Ci hanno dato qualcosa con la quale chiunque può vivere. I costi, però, stanno ancora andando oltre il loro corso”. I gruppi sindacali, che hanno apprezzato la legge come un passo in avanti “lodevole”, sono preoccupati che l’attuazione nel mosaico delle diverse località possa indebolire le tutele. L’ufficio di collegamento di Hong Kong della Confederazione dei Sindacati Liberi guarda alla nuova bozza di contratto tracciata dai funzionari del sindacato a Dongguan, importante centro manifatturiero della provincia meridionale del Guangdong, che dice “contenga clausole [regressive] che limitano gli scioperi e contraddicono la nuova legge stessa”. 17 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Il China Lbour Bullettin, gruppo per i diritti dei lavoratori situato ad Hong Kong, osserva che il diritto del lavoro ordina che i lavoratori delle fabbriche dove l’ACFTU non è presente debbano tuttavia cercare una “direzione” o “guida” del sindacato ufficiale. “Questo rappresenta una significativa marcia indietro dalle norme della seconda bozza del nuovo diritto del lavoro che consentiva la rappresentanza dei lavoratori a negoziare in maniera indipendente con la direzione”, ha affermato il CLB. Lin, nel frattempo, spiega che costringere la capacità delle imprese a licenziare i lavoratori è una questione ancora da discutere nel contesto di un mercato del lavoro rigido, con fabbriche nella zona costiera manifatturiera della Cina in lotta per rimanere con personale pieno. Crede che le fabbriche potrebbero sperimentare livelli di rotazione del 40% durante le vacanze per il nuovo anno cinese del prossimo mese, con un 20% di lavoratori che sceglieranno di lavorare più vicino alle loro case nelle province interne del paese. Torna all’indice 18 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Labour Start 03/01/2008 Fermare la violenza contro le donne, lavoriamo insieme per la Giustizia, per l’Uguaglianza e il Diritto alla Vita www.al-nnas.com APPELLO Nonostante il relativo miglioramento della sicurezza, il popolo iracheno continua a vivere in un’atmosfera di caos generale che non ha precedenti in Iraq o in altri paesi. Forse la manifestazione più importante di questo caos è l’illegalità, il terrorismo incontrollato, l’insicurezza e la diffusione del crimine organizzato. Questa situazione ha voluto la vita di oltre cinquanta donne durante la seconda metà di quest’anno, con uccisioni eseguite da estremisti, da forze reazionarie e da gang criminali, sotto motivazioni, pretesti sociali, religiosi e politici diversi. Le donne irachene, che sono l’oggetto di varie forme di discriminazione, di oppressione e di sfruttamento, e che affrontano la violenza quotidiana attraverso vari mezzi, affrontano oggi uccisioni di massa a causa della diffusione del terrorismo che le colpisce. Sono commessi contro di loro, alla luce del sole e impunemente gli assassini più mostruosi. Le uccisioni di donne nella città di Bassora sono una terribile prova della barbarie dei loro perpetratori e di coloro che stanno dietro di loro. Nonostante la condanna di questi crimini, il governo e le principali autorità non hanno preso le misure necessarie contro questi crimini, per fermarli e per punire i loro perpetratori. Noi, della Lega delle Donne Irachene, condanniamo fortemente i crimini di uccisioni di donne a Bassora e in altre città irachene, e denunciamo tutte le forme di violazione dei diritti umani in Iraq, e invitiamo le organizzazioni internazionali, al governo iracheno e alle principali autorità a: 1 – Inviare una missione d’indagine in Iraq, organizzata dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite con la partecipazione delle organizzazioni internazionali per I diritti umani, per indagare sui crimini contro le donne, aiutare le autorità irachene ad identificare i perpetratori e lavorare per fermare questi crimini. 2 – Rendere pubblici I criminali e coloro che stanno dietro di loro e portarli avanti alla giustizia. 4 – Prendere misure per salvaguardare le libertà personali che sono garantite dalla costituzione. 6 – Agire con decisione per migliorare le condizioni delle donne e per facilitare la loro partecipazione al processo di ricostruzione. La lega delle Donne Irachene/Coordinamento Comitato all’Estero Torna all’indice 19 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Al Ayyam Abbas e Olmet concordano seriamente l’avvio dei negoziati per questioni relative allo status finale Il presidente palestinese Abbas ha concordato con il primo ministro israeliano Olmert il quadro dei negoziati sullo status finale riguardo le questioni fondamentali. Quest’incontro giunge alla vigilia della visita del presidente Bush nella regione. Saeb Erekat ha affermato: concordiamo che la responsabilità dei negoziati sulle questioni relative a Gerusalemme, ai confini, ai rifugiati, agli insediamenti, alla risorsa idrica, alla sicurezza, alle relazioni e ai prigionieri, sarà del Comitato Direttivo e Orientamento diretto da Ahmad Qurei’ e Livni e che questo comitato inizierà a lavorare immediatamente, e gli incontri tra il presidente Abbas e il primo ministro continueranno a riguardare le questioni relative allo status finale e a ricevere le informazioni da Qurei’ e da Livni e a seguire le questioni e gli sviluppi quotidiani. Il presidente Abbas ha protestato contro le recenti dichiarazioni del ministro della difesa Barak riguardo il rifiuto di rimuovere i posti di blocco in Cisgiordania. Ha spiegato che questi posti di blocco ci impediscono di vivere e bloccano il nostro lavoro di costruzione delle nostre istituzioni e colpiscono la nostra economia e, pertanto, devono essere rimossi. Erekat ha affermato ad Olmert di non aver dato una risposta chiara alle proteste del presidente Abbas. Erekat ha affermato che il presidente Abbas chiederà domani al presidente Bush di ristabilire il comitato trilaterale che soprintende l’attuazione degli articoli della roadmap. Una fonte palestinese ha dichiarato ieri sera che c’è un progresso sulla questione degli insediamenti, ma esistono alcuni ostacoli che riguardano i confini, i rifugiati e gli insediamenti a Gerusalemme est occupata dove ambienti israeliani credono che questa sia parte dello stato di Israele dopo l’annessione e la decisione illegale di Israele nel 1969. La fonte spiega che esiste una preoccupazione verso le azioni israeliane di oggi che sarebbero un tentativo per rabbonire il presidente Bush che si trova alla fine del suo mandato e durante il suo viaggio nei paesi arabi. Non appena il presidente Bush lascerà l’incarico, la parte israeliana ritornerà alle vecchie posizioni intransigenti. La fonte ha affermato che gli Stati Uniti si sono rifiutati in passato di esercitare pressioni su Israele e quest’amministrazione non eserciterà alcuna pressione alla fine del suo mandato. Esistono segnali che spingono verso una certa insicurezza che la costituzione dello stato palestinese avvenga prima della fine del mandato di Bush perché le questioni sono complesse e richiedono una forte volontà politica di Israele e questa non è disponibile. Pubblicato dal quotidiano Al Quds il 9 gennaio 2008 Torna all’indice 20 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Al Ayyam Accordo per frenare i passi che pregiudicano i negoziati sullo status finale Ahmad Qurei’, capo delegazione dei negoziati palestinesi per lo status finale, ha annunciato che la prossima settimana riprenderanno i negoziati per lo status finale con la parte israeliana dopo che la parte israeliana ha annunciato durante l’incontro tra il presidente Abbas e il premier israeliano Olmert dei suoi impegni verso la roadmap che includono anche la fine degli insediamenti. Ahmad Qurei’ ha affermato che con la ripresa dei negoziati sullo status finale della prossima settimana lavoreremo per formare la struttura organizzativa dei comitati; ci saranno dei negoziati senza nessun insediamento come ha promesso la parte israeliana e abbiamo chiesto alla parte statunitense di svolgere il suo ruolo di controllore per vedere se le parti rispettano i loro impegni. Ha affermato che le promesse israeliane sono soddisfacenti per la parte palestinese, e rivelano che la parte israeliana ha promesso di studiare il processo per la riapertura graduale delle istituzioni a Gerusalemme. Ha affermato: “Rispetto ai prigionieri, abbiamo discusso di cambiare il criterio in quanto il vecchio criterio non sarà il principio ed esiste una volontà israeliana a considerare seriamente questa questione. Alla domanda se l’incontro abbia rappresentato l’inizio della fine degli insediamenti nei territori occupati, ha affermato: “Sì, l’incontro di oggi si è rivelato migliore degli incontri precedenti ed assisteremo alla sua realizzazione sul terreno. Ha affermato che è possibile condurre negoziati senza nessun insediamento e raggiungere un accordo nel 2008. Nel frattempo, fonti israeliane hanno affermato che il premier Olmert ha informato il presidente palestinese che Israele non costruirà nuovi insediamenti e non confischerà le terre palestinesi in Cisgiordania e non incoraggerà i coloni a spostarsi per vivere negli insediamenti della Cisgiordania. Le fonti affermano: “Olmert ha informato Abbas che Israele non compirà alcun passo che possa colpire la nostra capacità negoziale sulle questioni dello statuto finale con i palestinesi e Israele intende condurre i negoziati con buona volontà2. Nel frattempo, fonti israeliane hanno affermato che il premier Olmert ha rifiutato la richiesta del presidente Abbas durante il loro incontro di ieri di congelare i progetti di costruzione degli insediamenti israeliani. La radio israeliana ha citato un funzionario governativo che ha affermato: “Olmert non ha promesso al presidente Abbas di congelare le offerte annunciate prima. Le due parti hanno concordato di mettere da parte la questione relativa alla costruzione a Jabal Abu Ghneim fino a quando non sarà discussa nei negoziati tra le due parti. Il portavoce di Olmert ha affermato: “Non raggiungeremo dal primo giorno un accordo con i palestinesi su ogni questione; i palestinesi hanno le loro posizioni e noi abbiamo le nostre e l’impegno è lavorare per superare le divergenze”. Pubblicato nel quotidiano Al Ayyam il 28 dicembre 2007 Torna all’indice 21 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Ha’aretz 01/01/2008 I lavoratori si stanno mettendo insieme Di Meron Rapoport Il Caffè Bean & Tea Leaf, l’ospedale Kaplan, Castro, Vita, Cofee To Go, la facoltà di agricoltura dell’Università ebraica, Israir, l’Autorità delle Poste israeliane, questa è una lista parziale di posti di lavoro dove quest’anno i lavoratori si sono organizzati, hanno fondato un sindacato, e fatto cause. A volte con l’aiuto della federazione sindacale Histadrut, a volte senza il suo aiuto. Il numero è piccolo, poche decine di lavoratori in ogni luogo di lavoro, ma sembra essere un fatto. Dopo molti anni, durante i quali il sindacato dei lavoratori era nei migliori dei casi un’espressione esterna e nei peggiori dei casi una maledizione, sembra che si stia preparando un cambiamento. Fino alla metà degli anni ’80, Israele occupava i posti in alto della classifica nel mondo occidentale in termini di percentuale di lavoro organizzato: circa l’80% dei lavoratori salariati appartenevano al sindacato dei lavoratori. Quest’orientamento è stato cambiato dal programma economico e dalla Legge per le Disposizioni Economiche, dalla disintegrazione di Histadrut, dall’acceleramento della privatizzazione e dalla crescita dell’alta tecnologia e dall’assunzione di lavoratori sulla base di contratti individuali. Oggi, Israele si classifica ad uno degli ultimi posti in occidente: soltanto il 30% dei suoi lavoratori sono organizzati. La “solidarietà” sembra un’espressione fuori moda appartenente ad un mondo antiquato. Le cose stanno da poco cambiando. L’avvocato Itai Svirsky della clinica legale dell’Università di Tel Aviv ha affermato che circa un anno fa, svariati gruppi sociali decidevano di mettere in rilievo l’organizzazione dei lavoratori come il modo più efficace per realizzare i loro diritti. “Inizialmente, se qualcheduno ci chiamava e ci chiedeva di aiutarlo ad organizzarsi, noi avremmo detto: “Ma guarda!”, afferma Svirsky. “Oggi, qualcheduno chiama ogni settimana. E’ diventata una routine”. La maggior parte delle richieste provengono dai giovani che crescono in un mondo senza sindacati dei lavoratori. Alon Lee Green, che ha fondato un sindacato in una filiale della catena Coffee Bean a Tel Aviv ha 19 anni; kobi Karta, che ha fondato un sindacato di guardie per la sicurezza nella facoltà di agricoltura a Rehovot, ha iniziato la sua attività dopo aver finito il servizio militare nella Brigata Volani. Green è giunto a lavoro nel caffè dotato di coscienza politica, in quanto membro del partito comunista. Karta afferma di essere stato sollecitato ad organizzare i lavoratori soltanto perché era stanco di essere sfruttato e negato dei suoi diritti. Entrambi sono riusciti a convincere abbastanza facilmente i loro colleghi a lavoro che il miglior modo per andare avanti fosse l’organizzazione e la solidarietà. Queste attività economiche sono sorte nel vuoto lasciato da Histadrut. In principio, naturalmente, quell’organizzazione ha sempre sostenuto l’organizzazione sindacale, ma per anni è rimasta passiva e stava a guardare inattivamente mentre il numero dei lavoratori temporanei e a contratto cresceva. Di recente, ci sono stati segni di cambiamento. Histadrut è stato coinvolto fin dall’inizio nella lotta per il processo di Coffee Bean; ha aiutato ad organizzare il personale di Israir. Le critiche rivolte ad Histadrut dicono che questo non è abbastanza, e guardano al fatto che il suo presidente, Ofer Eini, abbia recentemente accettato di estendere il periodo richiesto ad un lavoratore di un’agenzia per l’impiego perché diventasse lavoratore permanente, passando da nove e 18 mesi. Anche se si tratta soltanto di un’adesione puramente formale, è chiaro che Histadrut sta realizzando progressi, nel senso che lo spirito del tempo è cambiato. 22 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale Svirsky ammette che gran parte dell’organizzazione sindacale è fatta da lavoratori provenienti dal un passato relativamente “forte”: guardie per la sicurezza che sono per lo più studenti universitari, camerieri consapevoli dei loro diritti. “Hai bisogno degli elementi di base del potere per poter agire”, osserva. “Non si è ancora raggiunta la popolazione più debole”. In realtà, la massiccia adesione di decine di migliaia di insegnanti durante l’ultimo sciopero, e il sorprendente radicalismo dimostrato, sembrerebbero far parte dello stesso processo. La “classe media” dei lavoratori inizia a muoversi. Questo non è un cambiamento da poco. Torna all’indice 23 Dipartimento Politiche Internazionali Rassegna stampa internazionale BBC 02/01/2008 La Russia ridurrà i lavoratori migranti Nazionalisti in marcia a Mosca contro l’utilizzo dei lavoratori migranti Il governo russo afferma di voler ridurre il numero dei lavoratori migranti stranieri di due terzi entro il 2008. Nel 2007, fu consentita l’entrata in Russia senza visto a sei milioni di lavoratori provenienti dalle ex repubbliche sovietiche. Il Servizio Federale per la Migrazione ha affermato all’agenzia stampa, Interfax, che il numero sarà ridotto di due milioni. La crescita economica della Russia ha provocato la necessità di lavoro straniero, ma i nazionalisti hanno protestato che i nativi russi stanno per essere superati di numero. Molti migranti sono giunti dalle repubbliche dell’Asia centrale o dal Caucaso e sono diventati una caratteristica regolare dei mercati di strada locali. Sono state create delle norme che vietano agli stranieri di lavorare in alcuni settori al dettaglio a causa delle tensioni etniche. Torna all’indice 24