Lulu – Il vaso di Pandora - SpazioAnteprima Saronno Circolo
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Lulu – Il vaso di Pandora G.W. Pabst, 1928 “La forza erotica d'una singolare creatura terrestre, dotata di bellezza animale, ma priva di qualsiasi senso morale, e incosciente nel compiere il male". La storia Lulu è una giovane ed affascinante donna che ha trascorso la sua infanzia in una povertà estrema. Viene salvata da questa miseria dal ricco e filantropo Dr. Schön, che la introduce nella società bene, e con l'aiuto del figlio Alwa concretizza per lei una radiosa carriera nel mondo dello spettacolo. Dopo un paio di matrimoni che conducono a tragica morte i suoi mariti, Lulu ottiene di sposare l'unico uomo che ella veramente ami, cioè il Dr. Schön in persona. Ma egli è attratto e nel contempo atterrito da questa figura fascinosa, dolce e carismatica ma nel contempo spregiudicata, volubile e violenta. Egli la vuole redimere, ma nel contempo ne subisce il fascino: irrisolto, snervato da questa presenza felicemente minacciosa, il Dr. Schön nel giorno del loro matrimonio decide per la morte di lei, e le porge una pistola con l'intimazione di suicidarsi. Si scatena così un furente litigio, poiché Lulu (ovviamente) non vuole saperne di morire; alla fine a farne le spese con la propria vita sarà lo stesso Dr. Schön. Per il figlio Alwa è maggiore la gioia di poter avere finalmente Lulu tutta per sé, che il dolore per la perdita del padre. Ma Lulu ora è sotto processo, accusata di aver ucciso il Dr. Schön. Comincia l'inesorabile declino: incombe la prigione, ma con l'inganno le riesce di fuggire, tira in piedi una strampalata compagnia con Alwa, la contessa Anna Geschwitz, morbosamente attratta da Lulu, e il mentore dei vecchi tempi Schilgoch. Si trascinano in viaggi per l'Europa e dilapidano presto il patrimonio di Alwa, finché diventano ostaggi dello spregiudicato marchese Casti-Piani, che minaccia di consegnarli alla polizia se Lulu non si sarà affidata a lui (che vuole venderla ad un turco come schiava). Riesce loro nuovamente di fuggire, ma solo per concludere la loro parabola in una squallida soffitta di Londra, nella miseria più nera. Il vaso di Pandora – spunti di non-riflessione Il film è tratto da due drammi dello scrittore tedesco Franz Wedekind. Il primo, Lo spirito della terra (Erdgeist), è pubblicato nel 1896 e narra la prima parte della storia, fino alla morte del Dr. Schön. In questa parte Lulu è all'apice del suo splendore e della sua potenza. Può e ottiene tutto ciò che vuole: è sposata prima a un ricco borghese, poi a un pittore, diventa famosa danzatrice, infine ottiene di sposare Schön. Il titolo esprime il tentativo di Wedekind di dare un significato archetipico a Lulu. Wedekind comincia il dramma con un prologo in cui vengono introdotti i personaggi; l'ambientazione è quella di un circo itinerante, e Lulu ci viene presentata così, dal padrone del circo: “Porta qui il nostro serpente!” Un uomo entra portando sulle braccia Lulu, in costume da Pierrot. “E' stata creata per provocare sciagure, per avvincere, per sedurre, per avvelenare, per uccidere, senza che uno se ne renda conto. […] Che dolce innocenza – il mio più grande tesoro!” Lulu ci viene presentata come una sciagura, incarnazione della dea della tempesta Lilith, portatrice di disgrazia, malattia e morte, Pandora contemporanea: “[...] una specie di Pandora che spargeva il male intorno a sé, una "donna fatale" non latina, ma germanica, condotta al compimento del proprio destino attraverso varie atmosfere create con notevole arte” [Georges Sadoul] Essa assume la precisa connotazione di un principio femminile, una forza della natura, estranea a qualunque morale e a un qualunque tentativo di interpretazione morale del suo agire. “Lulu è femmina, la somma di tutte le femmine. Nessuno sa chi fossero i suoi genitori, essa non ebbe genitori, come non ha un nome: può essere Lulu o Mignon o Eva – è la danzatrice, perché solo da danzatrice può cambiare sempre costume e ruolo”. [Vladislao Mittner] L'accostamento della donna al serpente (Eva) è una immagine di un'epoca, quella della stanca Europa fin de siecle, che testimonia insieme ad altre famosissime immagini di quel tempo, tutto il senso della decadenza di una cultura, di un sistema di valori, di una società intera. La donna-pitone qui riportata è stata dipinta dal simbolista Franz Von Stuck nel 1893; Mittner cita (vedi oltre) la donna vampiro, e la memoria non può che andare a quel vampiro dipinto da Munch nello stesso anno, o alla Madonna di un anno successivo. Questa è l'epoca della femme fatale: i riferimenti nella letteratura, nell'arte, nella musica si sprecano. Le eroine e anti-eroine sono le bibliche Salomè e Giuditta, entrambe dipinte dal Von Stuck, e della seconda celebre anche la versione di Klimt. Salomé è una danzatrice che incanta il suo Erode (così come danzatrice è Lulu), cui non mancano riferimenti nel campo della pittura (Moreau, Klimt, Beardsley), della letteratura (Oscar Wilde vi dedicò un dramma nel 1893), nella musica (un'opera lirica composta da Strauss nel 1905, ispirata all'opera di Wilde – lo stesso Strauss dello Zarathustra, composto nel 1896 un anno dopo la pubblicazione dell'opera di Nietzsche). Lo spirito della terra – altri spunti di non-riflessione Volendo smorzare un po' i toni, il critico e storico della letteratura Ladislao Mittner dà alla vicenda di Lulu anche una visione leggermente più “sociologica”, facendo valere il principio del condizionamento dell'ambiente sulla condotta malvagia di un individuo: “L'alienazione di Lulu non è conseguenza del suo istinto sessuale o della sua ambizione, ma della tremenda miseria in cui fu educata” Comunque, nessuna fiamma riscalda ormai la statua di marmo che può essere dipinta, secondo un artista, solo come neve sopra ghiaccio”: mai una parola di sincera passione nella donna vampiro, misera arrivista che, troppo calpestata dalla vita, vuole calpestare con infantile piacere tutti quelli che sono affascinati da lei”. Va detto tuttavia che se la condizione di miseria può essere senz'altro un fattore determinante, l'esito criminale non è per questo scontato. In ogni caso il personaggio di Lulu unisce in sé due precise volontà di Wedekind, dare dimensione “cosmica” al suo personaggio femminile, e nel contempo denunciare la società del tempo, aspetto quest'ultimo che appare comunque assai più nettamente in un'opera precedente (1891), Il risveglio di primavera. Queste due volontà sono anche conseguenti, nel senso che Wedekind spinge sulla simbolizzazione del suo personaggio (è questo la prassi culturale dell'epoca) in funzione di critica sociale: “Alla morale borghese Wedekind sa opporre soltanto l'esaltazione dell'istinto più sfrenato, in cui vede la sola realtà vera e quindi pura dell'esistenza, lo spirito stesso del cosmo, poiché la carne ha il suo proprio spirito”. E ancora (sempre secondo Mittner): “Egli si riteneva rappresentante dello spirito, in quanto paladino della carne, vedeva cioè solo il compito dello spirito nella lotta spregiudicata e ad oltranza per l'emancipazione della carne”. Queste idee erano decisamente nell'aria. Ne Il risveglio di primavera Wedekind denuncia la violenta ed ottusa bigotteria in materia sessuale mostrata da padri e madri nella Germania guglielmina. Bigotteria che porta invariabilmente alla tragedia, al suicidio dei figli. Non si tratta certo di una realtà isolata: nell'Inghilterra vittoriana i tavoli venivano coperti da lunghe tovaglie perché non se ne mostrassero le “gambe”... Nella mitteleuropa, in una società altrettanto ossessionata dal sesso, stava per affermarsi non a caso un certo Sigmund Freud... Nietzsche, nel campo della filosofia, dirà parole chiare e definitive. Per Wedekind “la carne ha il suo proprio spirito”? Per Nietzsche, la carne non ha spirito, lo spirito non esiste, esiste solo la carne, e la carne è degna di lode e di esaltazione. Nello Zarathustra (del 1885...), Nietzsche interpreterà e svilupperà lo Zeitgeist dell'epoca, il senso del crollo di tutti i valori, la percezione della morte di dio e la necessità dell'avvento dell'oltreuomo. E disgregherà con il martello i marmorei edifici filosofici della tradizione, andando contro agli abitanti di un retromondo, contro a coloro che disprezzano il corpo, contro ai predicatori di morte. E la sua critica allo spirito, e l'esaltazione della carne, lo porterà a scrivere: “Io sono corpo e anima – così dice il bambino. E perché non si dovrebbe parlare come i bambini? Ma il risvegliato, il sapiente, dice: io sono corpo, e niente altro, e anima è solo una parola per esprimere qualcosa che riguarda il corpo. Il corpo è una grande ragione, una pluralità con un solo senso, una guerra e una pace, una gregge e un pastore. Strumento del tuo corpo è anche la tua piccola ragione, fratello mio, che tu chiami “spirito”, un piccolo strumento e un giocattolo della tua grande ragione”. Per Nietzsche, e Wedekind gli fa eco, la carne non è debole. La piccola ragione è il piccolo spirito, la grande ragione è il grande spirito: erdgeist, lo spirito della terra.
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