LULU di Frank Wedekind Traduzione e adattamento di
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LULU di Frank Wedekind Traduzione e adattamento di Mario Missiroli Cesena (Forlì) TEATRO COMUNALE 4 marzo 1991 Schon, poi Jack lo squartatore Schwarz, poi Casti Piani Lulu Alwa Schigolch Contessa Von Gesscwitz Rodrigo, poi Hunidei Goll, poi Ferdinando, poi Puntschu Hugenberg, poi Ludmilla Bob, poi Hungu Poti Henriette, poi Magelons Luigi Pistilli Daniele Griggio Milva Roberto Accornero Cesare Gelli Caterina Vertova Nestor Garay Alberto Ricca Lorenzo Lavia Herr Buanam Lorella Serni Scene e costumi Enrico Job Collaboratore alle scene e ai costumi Gino Persico Musiche Benedetto Ghiglia Regia Mario Missiroli Lulu 156 Lulu di Wedekind, è una ragazza di modeste condizioni sociali, che usa la propria bellezza e carica erotica per migliorare la propria vita. La sua ascesa però è breve. Incontra diversi uomini tutti destinati a morire tragicamente. Lei stessa si macchierà di un delitto e sarà arrestata, ma grazie alla complicità della contessa Geschwitz, innamorata di lei, riuscirà a evadere. Decaduta fino a prostituirsi nei vicoli dei docks di Londra, finirà assassinata da Jack lo squartatore (n. d. r.). “… L’impianto scenografico di Enrico Job, costringe l’intera vicenda ai piedi di una scalinata semicircolare così da sottolineare la sostanziale discesa agli inferi di tutti i personaggi che hanno la sventura di innamorarsi di Lulu” (Gastone Geron, Così Milva grida l’erotismo di Lulu, il Giornale, 6 marzo 1991). “Un gigantesco sipario firmato Gustav Klimt, con la più voluminosa vagina mai apparsa sul nostro palcoscenico. Liberamente ispirata allo Jungenstil, la fascinosa scenografia di Enrico Job unisce una scalinata che scende come verso un’arena a una serie di lastre verticali di finti lapislazzuli, che nascondono i gradini più alti mostrandoci sempre i personaggi in arrivo a partire dai piedi. Con questo sfondo un po’ incombente il proscenio diventa di volta in volta atelier di pittore, salottino, salone di ricevimenti e via dicendo, fino al sordido tugurio del finale, quando viene tumultuosamente invaso da rifiuti che rotolano dall’alto con grande effetto” (Masolino D’Amico, Milva, una Lulu gatta, La Stampa, 6 marzo 1991). “Missiroli ha voluto uno spettacolo vicino al cabaret nero nel quale, oltre alla metaforizzazione della vicenda, fosse evidenziato non tanto il destino tragico della femme fatale, quanto l’erotismo degradato e grottesco dell’universo maschile fin de siècle. Il tutto in un dispositivo scenico unificante di Enrico Job, di un’impianto cupamente voyeristico, con pochi cambiamenti a indicare i vari luoghi della vicenda,Vienna, Parigi, e Londra, dove Lulu soccomberà a Jack lo Squartatore” (Anonimo, È Milva la Lulu perversa, Il Giorno, 6 marzo 1991). “Enrico Job, che nei Giganti della Montagna aveva allestito per lo stesso regista uno scivolo come luogo di scarico dei protagonisti nella ristretta zona sotto- Wedekind’s Lulu is a girl of modest social background who makes use of her good looks and erotic charm in order to improve her life. But her ascent is brief. She meets various men, all destined to die tragically. She herself is implicated in a crime and arrested, but thanks to the complicity of the Countess Geschwitz, who is in love with her, she manages to escape. Reduced to prostituting herself in the London docklands, she ends up murdered by Jack the Ripper (ed.). “... Enrico Job’s set presents the whole story at the foot of a semi-circular stairway, underlining the substantial descent into the underworld of all the characters who have the misfortune of falling in love with Lulu” (Gastone Geron, Così Milva grida l’erotismo di Lulu, il Giornale, 6 March 1991). “A gigantic stage curtain with a picture by Gustav Klimt, with the biggest vagina ever to appear on stage. Freely inspired by Art Nouveau, Enrico Job’s fascinating set joins a stairway, which descends as if down to an arena, with a series of vertical flaps of false lapis lazuli, which hide the upper steps so that the first thing to appear is always the feet of the descending characters.With this rather bulky backdrop, the stage becomes, successively, a painter’s studio, a sitting room, a reception area and so on, finally becoming a sordid hovel, tumultuously invaded by the refuse which tumbles down from above to great effect” (Masolino D’Amico, Milva, una Lulu gatta, La Stampa, 6 March 1991). “Missiroli has aimed at a production which is close to ‘black cabaret’ which, apart from the metaphoricization of the story, emphasizes not so much the tragic destiny of the femme fatale as the decadent and grotesque eroticism of the fin de siècle male universe. All this takes place in a single set by Enrico Job, of a darkly voyeuristic nature, with just a few changes indicating the various settings of the story: Vienna, Paris and London, where Lulu succumbs to Jack the Ripper” (anon., È Milva la Lulu perversa, Il Giorno, 6 March 1991). “In I Giganti della Montagna, for the same director, Enrico Job constructed a slide which jettisoned the characters into the restricted underlying zone. This time he has stante, monta stavolta una scalinata, ma non classica come quella modulata da Peduzzi per Chéreau: chiusa da due fiancate ai lati, potrebbe apparire una tribuna, ma è comunque una scena da teatrino con strisce verticali di pannelli o paraventi appesi davanti fino a mezza altezza a far da sipari, e come i gradini laccati in una fantasia di stile giapponese; di atto in atto cambiano naturalmente i riferimenti d’epoca e la colorazione degli arredi, e anche dei costumi, per approdare alla spazzatura che cade violentemente dal soffitto per l’atto londinese, mentre in primo piano rimangono solo stracci e pagliericci. Le scene sono separate l’una dall’altra dal seduttivo calare di un velario: sul biancore da foglio di disegno è disteso un nudo disegnato da Klimt, reso tremulo dalle iridescenze dell’illuminazione, o forse dalle vibrazioni impresse dalla calda voce di Milva” (Franco Quadri, Attenti alla ragazza chi la tocca muore, la Repubblica, 8 marzo 1991). set up a stairway, but not a classical one like that designed by Peduzzi for Chéreau. Closed off on either side, it looks almost like a tribunal, but it is nevertheless a piece of theatre scenery, with vertical strips of panels or windbreaks hung in front, at medium height, to act as curtains, and with lacquered steps in a Japanese-style fantasy.The period references and the colours of the furniture and costumes naturally change from act to act, with rubbish raining down from above in the finale, set in London, the front of the stage decorated only with rags and straw mattresses. The scenes are separated from each other by the seductive falling of a curtain: white as a sheet of cartridge paper, it depicts a nude drawn by Klimt, rendered tremulous by the iridescence of the lighting, or perhaps by the vibrations impressed upon it by Milva’s warm voice” (Franco Quadri, Attenti alla ragazza chi la tocca muore, la Repubblica, 8 March 1991). 15 Lulu. Pianta della scena
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