na volta... al Graspo de Ua
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na volta... al Graspo de Ua
CITTÀ DI SPINEA Assessorato alla Cultura ’na volta... volta... ’na al Graspo Graspo de de Ua Ua al Nadia Tagliapietra Benito Romanato, Guido Bortoletto, Adolfo Stevanato Storia per immagini della vita dei nostri nonni1 Spinea da campagna a città Ricordi di un passato povero ma sereno Il fatto che la sala del centro sociale al Graspo d’Uva sia utilizzata soprattutto per incontri conviviali ed il contesto in cui si trova, aperta campagna, ha suggerito l’idea di una rappresentazione gioiosa di un ambiente naturale, che induca alla calma, alla gioia di stare insieme. Dal progetto di una semplice immagine naturalistica, si è passati a considerare la possibilità di introdurre qualche elemento che caratterizzasse la vita di campagna non di adesso, ma di una volta. Qualche immagine della vita contadina, suggerita dagli anziani che l’hanno vissuta. Anche Spinea ha subìto nel giro di pochi decenni la profonda trasformazione da paese di campagna a città vera e propria con le sue caratteristiche amministrative culturali, sociali e urbanistiche. La rappresentazione rievoca il passato in modo oggettivo, senza rimpianti o nostalgie ma con quella serenità che aveva la gente di allora, nonostante la povertà, le guerre, le grosse difficoltà quotidiane. Penso con queste immagini di rievocare negli anziani di Spinea ricordi ormai lontani della loro vita passata e di offrire ai giovani uno stimolo per conoscere meglio la storia locale, la storia del loro ambiente, la vita di un tempo rimasta inalterata per secoli e ormai superata. Potranno così confrontare il passato con il presente, con l’evoluzione frenetica del nostro tempo, sperando che possano preparare un futuro vivibile per tutti. Nella realizzazione della pittura murale, nella scelta della tecnica, ho seguito le indicazioni e le preferenze degli utenti della sala. La tecnica del graffito, l’avrebbe resa sicuramente più originale ma meno gratificante del ‘‘colore’’. Il lavoro è un omaggio alla città di Spinea, nelle cui scuole ho lavorato molto bene, con vera soddisfazione. Nadia Tagliapietra 2 Una casa di campagna La vastità della parete e la presenza di una porta mi hanno indotto a pensare di utilizzarla per costruirci intorno una casa di campagna con un camino esterno, come sicuramente erano le case dei contadini in questa zona. 3 Scene di vita quotidiana Accanto alla facciata della casa ho posto un fienile aperto, dal quale si intravede uno scorcio di vita quotidiana: una donna che allatta in primo piano; una donna con una bambina appoggiata alle sue ginocchia forse ascoltando una storia; una donna che cuce. L’insieme conferisce un senso di serenità, di tenerezza che penso caratterizzasse la vita di quella volta. I gigli rossi alla base completano la scena raccolta. 4 La stalla, la cantina, i salami Simmetricamente dall’altra parte della parete, ho dipinto l’edificio della trattoria del Graspo d’Uva come si vede ora e la vicina barchessa, immaginando l’attività che si poteva svolgere una volta. Si intravede la stalla, arnesi da lavoro, la cantina con i salumi appesi. Ciò che conferisce vivacità all’insieme, sono le immagini della vita quotidiana che si svolge all’aperto, nel cortile davanti alla fattoria e nella campagna circostante. 5 I panni lavati alla fontana Una donna con il mastello e la tavola di legno sta lavando i panni accanto alla fontana che versa l’acqua azionando l’asta. Vicino a lei un’altra donna col ‘‘bigolo’’ va a prendere l’acqua alla fontana. Sullo sfondo il Municipio di Spinea. Quasi immerso nel verde. 6 Il pane fatto in casa, i giochi Vicino alla casa di campagna una donna sta sistemando nel forno a legna il pane preparato con le sue mani. Sotto: davanti alla barchessa, dei bambini giocano a mosca cieca. L’immagine richiama alla mente i giochi di una volta molto diversi da quelli odierni. 7 Il tempo della vendemmia E’ tempo di vendemmia e al Graspo d’Uva si lavora. All’aperto davanti alla cantina, un contadino pigia l’uva nel tino, accanto al torchio e ad un cesto d’uva. Dietro alla barchessa si vede il vigneto tra i cui filari appena accennati; una donna raccoglie i grappoli d’uva per fare quel vino che verrà venduto nella trattoria. 8 I maniscalchi, i lavori sui campi Molti erano i lavori dei contadini una volta, ma non era il caso di metterne troppi. Qualcuno ha suggerito il lavoro da maniscalco, che evidentemente era tra quelli più richiesti. Sotto: nella campagna, sullo sfondo, dei contadini lavorano i campi. 9 Un buon bicchiere di vino In conclusione, per godere un meritato riposo e la compagnia degli amici, si beve un buon bicchiere di vino: il vino del Graspo d’Uva, rinomato e apprezzato. E’ un brindisi rivolto a tutti quelli che verranno nel Centro Sociale a festeggiare qualche ricorrenza con gli amici di Spinea. 10 La testimonianza del signor Severino Chinellato Vita di contadini al Graspo d’Uva Questa testimonianza è stata raccolta con l’intento di ricostruire le situazioni umane e ambientali di questo territorio nel secolo scorso. Guardando la pittura murale “na volta al Graspo d’Uva” affiorano i lontani ricordi del signor Severino Chinellato Signor Chinellato dove è nato? Sono nato nella fattoria Chinellato a Spinea, giù del cavalcavia, in mezzo al verde della campagna. La casa è stata ristrutturata, era del 1700. Mia nona par no aver soldi par far la polenta con mais, usava farina de sorgo. I vecchi, quando dovevano fare il letame, usavano dare da mangiare alle bestie di tutto: fieno, paglia, semola, bietole…Si teneva “el porseo” come una risorsa: lo uccidevamo verso Natale ed era una festa per tutti. E che roba buona! Col lardo si condiva il radicchio, non c’era olio. In quante persone eravate in famiglia? Eravamo in venti: tre nuclei familiari, padre, madre e figli. Dopo la morte della madre, il padre è rimasto con uno dei tre fratelli. Comandava il fratello più vecchio anche perché aveva i mustacchi.Tutti avevano i mustacchi, se qualcuno non li aveva, le tosate ghe rideva drio. Avevamo due campi a vigneto e tutti noi ci lavoravamo, davamo il solfato, a turno, tutti insieme levavamo l’uva, la pestavamo con i piedi e il vino era per tutti. Cosa ricorda della trattoria il Graspo d’Uva? Mia nonna si ricordava che la trattoria Graspo d’Uva c’è sempre stata. Nel 1936 gestore era Baldo con moglie e un figlio. Al tempo di guerra c’era Minto che ha fatto anche il ristorante “La stella alpina” a Mirano; è stato qualche anno al Graspo d’Uva. In seguito, appena finita la guerra, nel 1945 è venuto “Fighetti”, si chiamava così perché era piccolo. E’ rimasto due anni, la moglie era grassa.Veniva da Venezia e in due anni si è fatto tanti soldi che si è comprato a Mestre una trattoria grande. Dopo la guerra la trattoria ha realizzato una piattaforma per sala da ballo e tutti i giovani al sabato e alla domenica andavano a ballare e si trovavano la morosa. Mi no andavo mai a magnar parché schei no ghe n’avevimo. Il piatto preferito era il baccalà in tecia, il pollastro arrosto, anare roste, naturalmente con polenta. I vini più richiesti erano il clinton, il raboso e il bacò (il primo che vien giù, da una uva con chicchi piccoli, sempre nera). Alla sera o di sabato e domenica tanti uomini venivano a giocare a carte a briscola o a tressette. Si gioca in quattro a tressette. Una volta c’è stata una baruffa, anzi spesso facevano baruffa; saltavano le lampadine. Ad un uomo di nome Mario è arrivata una sedia in testa ed è rimasto fasciato per un bel po’. Mi ricordo di un certo Bruno che quando andava a ballare, trovava sempre qualcosa per arrabbiarsi: per uno sgarbo o una parola di troppo. In paese, quando facevano baruffa, suonavano le campane a martello. Tutta la gente accorreva per mettere pace. Ma questo succedeva prima della guerra. Ricorda qualche tradizione legata alla vita di campagna? Facevamo le crocette di legno che si mettevano nei campi, davanti ai vigneti. Al tempo di vendemmia o dell’uccisione del maiale o della raccolta del frumento facevamo le >>> 11 <<< questue per la parrocchia. Arrivava el nonsolo col careto a torse qualcossa. Come erano le condizioni economiche, i rapporti con i padroni della terra? I contadini avevano rapporti diversi: o erano in affitto o in mezzadria. Con la mezzadria si faceva a metà del raccolto col padrone, era più difficile starci dentro. Se la metà del raccolto non bastava, il mezzadro andava dal padrone a farsi vendere due quintali di grano. Col nuovo raccolto il padrone ne voleva il doppio e così era sempre più difficile andare avanti. Quando nasceva un vitello, bisognava darne 70 kg al padrone e lui ti lasciava il latte per tutto l’anno. Quando i sonava el granturco il fattore voleva che tutti i contadini andassero in una sola casa e il giorno dopo su un’altra casa perché voleva controllare tutti i contadini. Quando trebbiavano il frumento, il proprietario, seduto davanti alla bocca della trebbiatrice controllava i sacchi pieni. La padrona stava seduta vicino alla porta del granaio per controllare i sacchi che entravano. In giugno, a S. Antonio era un diritto per il padrone avere i polli. Aveva un cerchiello e se il pollo era un po’ più piccolo e passava dentro, il contadino doveva portarselo indietro per farlo diventare più grande. A S. Martin si davano i tacchini e a Natale i capponi. Quando piantavano il granoturco, cresceva anche un altro ramoscello che non faceva pannocchie.Allora il contadino lo tagliava per dar da mangiare alle bestie ma il fattore non voleva perché aveva paura che i contadini tagliassero il rametto della pannocchia. Non voleva che i contadini piantassero fagioli nel campo perché pensava che le pannocchie crescessero più piccole. Ricorda un fatto che le è stato raccontato da piccolo? Mia nonna mi ha raccontato che quando ha partorito, le hanno regalato una bottiglia di marsala. Gliel’ha bevuta tutta suo marito. ● 12 Nadia Tagliapietra, ex insegnante a Spinea e artista, ha realizzato presso il fabbricato del centro sociale al Graspo d’Uva una pittura murale di 17.3 metri di lunghezza per 3,5 metri di altezza dove è illustrata la vita di una volta proprio del Graspo d’Uva. Alcuni particolari sono pubblicati e spiegati in questo fascicolo. La realizzazione dell’opera ha visto, nelle sue fasi progettuali, la collaborazione dell’Assessore Giovanni Da Lio, cultore delle tradizioni popolari e profondo conoscitore della vita contadina e dei mestieri “di una volta”, che caratterizzavano varie aree della Città di Spinea, e che la mano sapiente, creativa ed artistica della pittrice Tagliapietra ha sapientemente tradotto nelle immagini, nelle figure, nelle ambientazioni che oggi noi possiamo ammirare attraverso il murales. L’opera quindi assume anche la valenza di degno strumento della memoria, soprattutto di quella che viene tramandata di generazione in generazione, capace di raccontare e di fermare in pochi tratti pittorici quello che diversamente rischierebbe di andare perduto ed in oblio. E’ un omaggio alla città e un richiamo alle tradizioni del passato ormai perdute. Grazie a Nadia per il suo lavoro; grazie per averci regalato questi bei ricordi della nostra terra. Claudio Tessari Sindaco Inserto redazionale di “Spinea in Comune” Settembre 2006 Realizzazione grafica: Paolo Favaretto Ufficio Stampa Città di Spinea Piazza Municipio, 1 30038 Spinea Venezia Tel. 041.5071183 e-mail: [email protected] Questa pubblicazione è disponibile gratuitamente in versione pdf su internet all’indirizzo www.comune.spinea.ve.it
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