soluzioniPAGINE E PAROLEvol.A s

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soluzioniPAGINE E PAROLEvol.A s
Annalisa Micheloni
PAGINE E PAROLE – vol. A
Trevisini Editore
SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI A RISPOSTA CHIUSA
MOD. 1 - LE CARATTERISTICHE DEL TESTO NARRATIVO
U.D.1 - La struttura di un testo narrativo
pagg. 25-26 “Una storia Zen”
PIANO DELLA STORIA
1. Un uomo cammina per un campo
2. L’incontro con una tigre
3. Inaspettato e aperto
4. Un uomo, una tigre, due topi
5. La tigre e i topi costituiscono dei pericoli per il protagonista
6. In un tempo e in un luogo indeterminati
PIANO DEL DISCORSO
1. Sì
2. La narrazione segue l’ordine di svolgimento dei fatti
3. Narrativa
4. Dinamico
5. “…Afferrandosi alla vite con una mano sola…”
INTERPRETAZIONE
Svolgimento libero.
pag. 26 “Il bosco sull'autostrada” di I. Calvino
PIANO DELLA STORIA
1. Per es.: “Un bosco in città”
2. SIT. INIZ.: dall’inizio fino a “…come lampi di genio che subito svaniscono…”; EV.
MOD.: da “…Camminavano per la città…” a “…lo fecero a pezzi e lo portarono a
casa…”; VIC.: da “…Marcovaldo tornava…” a “…E se ne riparte soddisfatto…”;
SC.: “…Tutto è silenzio e gelo…” fino alla fine
3. La mancanza di legna in famiglia
4. Parzialmente prevedibile e aperto
5. Marcovaldo, Michelino, Astolfo
6. Protagonista è una famiglia, costituita da padre, madre e figli; ad essi si aggiunge un
agente della polizia stradale
7. Era “un po’ corto di vista”, ma non portava occhiali per paura di essere licenziato: la
sua miopia crea l’equivoco
8. La parte di una sera
9. In una città industriale non definita
1
PIANO DEL DISCORSO
1. Sì
2. Ordine narrativo e ordine naturale dei fatti coincidono
3. Lineare
4. Per es: S1 Una famiglia infreddolita senza legna per riscaldarsi; S2 Il padre esce a
cercare legna senza successo; S3 I figli escono per aiutare il babbo senza conoscere i
boschi; S4 Ricerca infruttuosa di un bosco in città; S5 Scoperta del “bosco” di cartelli
autostradali; S6 Abbattimento di un cartellone e alimentazione della stufa; S7
Marcovaldo imita la soluzione dei figli; S8 l'agente stradale Astolfo; S9 L'agente
indaga sull'abbattimento dei cartelli; S10 L'agente non riconosce Marcovaldo all'opera
su di un cartellone
5. Dinamico
6. S9, perché ci si aspetta una conclusione negativa
7. Lo scioglimento aperto può prevedere il ritorno ad analoga situazione di difficoltà della
famiglia
INTERPRETAZIONE
1. Le difficoltà della vita in città
2. Evidenziare il difficile adattamento dei contadini trasformati in operai
3. Perché gli abitanti delle città hanno minori mezzi per resistere alla cattiva stagione
4. Perché è emblematica di tutte le città industriali
5. e 6. Svolgimento libero.
pagg. 35-36 “Il lungo viaggio” di L. Sciascia
PIANO DELLA STORIA
1. Sì, perché il viaggio è stato solo apparentemente lungo, i protagonisti sono stati
imbrogliati, hanno circumnavigato la Sicilia pensando di andare in America
2. L'esordio presenta i protagonisti, le loro motivazioni e il loro obiettivo.
3. Lo scioglimento è inaspettato, chiaro e aperto
4. La disperazione e le aspettative di chi emigra; gli imbrogli a cui sono soggetti gli
emigranti.
5. Svolgimento libero
6. Gli emigranti siciliani
7. Per es. a pag. 30: “…una specie di commesso…onesto nel volto…”; a pag. 31: “…e la
differenza tra un uomo e un fagotto…questi villani…”
8. Un anno imprecisato degli anni '60-'70 (lo si comprende dalle auto); undici giorni
9. Dai tempi verbali: per es. gli antefatti al trapassato prossimo “…erano arrivati
all’imbrunire…”, “…aveva detto l’uomo…”; da precisazioni del narratore: per es.
“…Il viaggio durò meno del previsto: undici notti…”
10. Dalla Sicilia alla... Sicilia
PIANO DEL DISCORSO
1. La partenza col suo carico di aspettative; il viaggio e la sua pena; il riconoscimento
dell'imbroglio
2. È necessario spiegare gli avvenimenti precedenti, per chiarire le aspettative e le
motivazioni dei protagonisti. Il seguito richiede un ordine naturale per preparare lo
Spannung
3. Lineare
4. Nella parte conclusiva, per mettere in evidenza la sorpresa e l'equivoco
5. Dinamica
2
6. Concitato, anche a causa della non coincidenza di fabula e intreccio
7. All'inizio della terza parte, la progressiva scoperta “dell'America”
INTERPRETAZIONE
1. Descrivere la disperazione e le aspettative di chi emigra; gli imbrogli a cui sono
soggetti gli
emigranti
2. Per attirare la sua attenzione sul tema
3. L'ignoto
4. e 5. Svolgimento libero.
pagg. 39-40 “L'amante di Gramigna” di G. Verga
PIANO DELLA STORIA
1. Il titolo è esplicito, collegato al tema. Per es.: “Un amore irresistibile” oppure
“…distruttivo” oppure “…senza fine”…
2. SIT. INIZ.: dall'inizio fino a “…mula bianca…” - EV. MOD.: “…Ma Peppa un bel
giorno gli disse…non voglio maritarmi…” – VIC.: parte centrale, fuga di Peppa con
Gramigna, arresto e carcerazione, Peppa davanti alle carceri – SC.: “…Rimase
dov'era…”
3. Classico
4. L'innamoramento di Peppa per Gramigna
5. Quelle della donna al seguito del bandito
6. Inaspettato, aperto e chiaro
7. Per es.: “…una delle più belle ragazze di Licodia…”, è ostinata e decisa “…Peppa non
rispondeva neppure, colla testa bassa, la faccia dura, senza pietà per la mamma…”,
passionale “…pensava sempre a lui, lo vedeva in sogno, la notte, e alla mattina si
levava colle labbra arse assetata anch’essa come lui…”, innamorata fino al sacrificio
“…E lo seguì per valli e per monti, affamata, seminuda, correndo spesso a cercargli
un fiasco d’acqua…Se tornava con le mani vuote…il suo amante…la batteva…”
8.
da REGINA
a STROFINACCIO
“il corredo...come quello di una regina”; “ammanettata, come una ladra, lei che ci aveva
“orecchini che le arrivavano alle spalle e dell’oro quanto santa Margherita!”; “povera,
anelli d’oro per le dieci mani delle mani” malata, svergognata”; “rincantucciata nella
cucina come una bestia feroce”; “era sempre
per la caserma, spazzando i camerini e
lustrando gli stivali”
9. Per es.: un eroe negativo, un fuorilegge amato da molti, ammirato per il suo coraggio e
il suo tenace fuggire. Per es. a pag. 36: “…un nome maledetto come l'erba…era solo
ma valeva per dieci…non dormiva, combatteva sempre…coraggio, forza, lotta
disperata…”
10. Alla fine dell'Ottocento. Sì, il fenomeno del brigantaggio è caratteristico dei primi
decenni dopo l’unificazione italiana
11. In Sicilia
PIANO DEL DISCORSO
1. Sì
2. Sia nell’esordio che nella conclusione si alternano le vicende di Gramigna a quelle di
Peppa, a rappresentare il loro destino (quello di Peppa deciso da lei stessa, a fronte
della possibilità di svolgere una vita di tranquillo benessere
3
3. Seconda macrosequenza: (da “…Peppa…” a “…l'inferno nella faccia…”) narrativa; si
introduce l'evento modificante e le sue conseguenze immediate; titolo
“L'innamoramento di Peppa per Gramigna”- terza macrosequenza: (da “…Finalmente
si sentì a quanto Santa Margherita…”): narrativa con elementi descrittivi; vengono
descritte le peripezie di Peppa al seguito del suo amante; titolo “Lo seguì per valli e per
monti” - quarta macrosequenza: (da “…La povera madre di Peppa…” alla fine):
descrittiva del triste destino della donna
4. Prevalentemente dinamiche
5. Concitato, tranne che nell’esordio
6. Quando Peppa se ne va dal paese, ci si potrebbe aspettare una sua redenzione, una
nuova vita, invece…
INTERPRETAZIONE
1. Per es. a pag. 37: “…quello sì che era un uomo…” “…si levava con le labbra arse
assetata anch'essa come lui…”; a pag. 38: “…accennò col capo avidamente, sì. E lo
seguì…la batteva…”
2. A pag. 38: “…ammanettata, come una ladra, lei che ci aveva dell’oro quanto santa
Margherita!”
3. La sottomissione passiva della donna all'uomo
4. Peppa è attratta dalla forza
5. e 6. Svolgimento libero.
4
U.D.2 - C’è chi ascolta e chi narra
pagg. 62-63 “Il vendicatore” di A. Checov
PIANO DELLA STORIA
1. Sì, in realtà i propositi di vendetta vengono a cadere
2. Classico
3. Il tradimento da parte della moglie
4. Inaspettato, aperto, chiaro
6.
PROPOSITO DEL VENDICATORE
MOTIVO PER CUI VIENE ABBANDONATO
Uccidere la moglie, l'amante e se stesso
Il commesso lo convince che è di cattivo gusto
Uccidere l'amante e se stesso
Per il dispetto di non poter vedere le sofferenze
della moglie
Uccidere l'amante, assistere ai funerali e in Perché una sua condanna permetterebbe alla
seguito, dopo il processo, uccidersi
moglie di risposarsi
7. Per es.: “…fece finta di soffocare per l’entusiasmo…”; “…Uccidersi o uccidere la
moglie con una Le forche è oggi un segno di cattivo gusto. Il bon ton riconosce soltanto
la Smith e Vesson…”; “…A noi non interessa a che scopo voi la compriate…”
8. Nel secondo Ottocento
9. Il tempo di permanenza nel negozio: qualche decina di minuti
10. In Russia
11. Tula e Sachalin: la prima è luogo di produzione di armi, nella seconda ha sede un
penitenziario
PIANO DEL DISCORSO
1. Coincidenti
2. Presenza di sequenze dialogate
3. Per es. a pag. 58: “…Fedor Fedorovic Sigàev, subito dopo aver sorpreso la moglie in
flagrante adulterio, si trovava…” (sequenza narrativa); “…la sua immaginazione già
gli figurava…” (sequenza riflessiva)
4. Dinamico
5. Narratore esterno, implicito
6. Per es. a pag. 59: “…Guardando il suo volto affascinato, si poteva pensare che
egli…”; a pag. 59: “…non ho bisogno né di uccidermi né di uccidere – mentì
Sigàev…”; a pag. 61: “…Il marito offeso…”
7. 3a pers. per permettere la focalizzazione zero
8. Per es. a pag. 59: “...Guardando il suo volto affascinato, si poteva pensare che egli...”;
a pag. 59: “...non ho bisogno né di uccidermi né di uccidere – mentì Sigàev...”; a pag.
60: “...Andare a Sachalin per una sporcacciona qualunque, non è cosa ragionevole –
riflettè Sicàev...”
INTERPRETAZIONE
1. Vendere la sua merce
2. E’ un uomo indeciso, imbelle, velleitario
3. La mentalità piccolo borghese
4. Evidenziarne la grettezza
5. Lettore passivo, che deve accettare la morale dell'Autore
6. Svolgimento libero.
5
pag. 68 “Il cuore rivelatore” di E. A. Poe
PIANO DELLA STORIA
1. Per es. “Batte un cuore sotto il pavimento”
2. Un uomo in preda alla pazzia uccide un vecchio amico, vicino di casa, senza un valido
motivo e ne nasconde il cadavere sotto il pavimento. All’arrivo della polizia, chiamata
da qualcuno che aveva sentito gridare, egli non può resistere all’impressione di sentir
battere ancora il cuore sotto il pavimento e infine confessa tutto
3. Preannuncia l’omicidio, ricercandone i motivi
4. Inaspettato
5. La sua malattia si manifesta con l’estremo nervosismo, gli sbalzi di umore, gli scatti
d’ira furibonda, la cinica freddezza con cui prepara per sette notti l’omicidio, la sua
risata “per la gioia” subito dopo l’omicidio, l’apparente tranquillità del suo
comportamento diventa rapidamente esagitato
6. Prevalentemente da locuzioni temporali (per es. “l’ottava notte” o “Ogni sera”)
7. No, non è dato sapere né la città, né il tipo di abitazione, né altra informazione di luogo
PIANO DEL DISCORSO
1. Il lettore viene attratto dalla ricostruzione del fatto di sangue preannunciato nell’esordio
2. Soggettive: lo scopo è l’emozione del lettore
3. Dinamiche: si narra l’omicidio con enfasi che cresce progressivamente con l’attesa
dell’evento preannunciato
4. Sì, quando di fronte alla polizia, già convinta dalla sua apparente tranquillità, egli
comincia a sentire il battito sempre più forte del cuore sotto il pavimento. Infine
(scioglimento) egli confessa
5. Per es. “…State dunque attenti…”; “…Voi credete che…”; “…Ma, dunque non siete
persuasi? …”; “…Voi pensate che…” “…Mi seguite con attenzione?...”
6. Permette di raccontare il vissuto del l’io narrante, protagonista dell’omicidio
7. Per es. a pag. 64: “…Immagino che fosse il suo occhio…”: egli sembra non sapere il
motivo del suo gesto, nel narrarlo sembra volerlo ricercare; a pag. 66: “…Cosa potevo
temere, ormai?...”: l’io narrante invece sa che poi l’io narrato confesserà,
evidentemente vuole tener viva l’attenzione del lettore; a pag. 66 “…non so come,
desiderai che se ne andassero…”: il narratore in realtà sa che l’agitazione crescente
culminerà con la confessione dell’io narrato
8. Per es. come una cronaca giornalistica: UN OMICIDIO INSPIEGABILE - I motivi
dell’omicidio scoperto nell’abitazione di via… resteranno, pensano gli inquirenti,
sempre nascosti. Qualcuno ha ipotizzato la passione, ma…ecc.
INTERPRETAZIONE
1. Probabilmente per aumentare l’interesse del lettore, che si aspetta di conoscere a chi si
rivolge l’io narrante
2. I giudici del processo, o i suoi carcerieri, o i suoi compagni di prigione
3. Sì, perché costituiscono l’antagonista che si oppone all’omicida e fa crollare la sua
copertura
4. È un testo largamente enfatico, fatto per suscitare forti emozioni
5.
AUTORE REALE
AUTORE IMPLICITO
NARRATORE
NARRATARIO
LETTORE IMPLICITO
LETTORE REALE
E.A. Poe (1809-1849)
Appassionato di horror e di storie macabre e terrificanti
Il protagonista
I giudici o le guardie o i compagni di cella
Appassionati di racconti macabri
Tutti coloro, compresi gli studenti, che da oltre un secolo leggono
i suoi racconti
6
pagg. 73-74 “L’uomo sulla soglia” di J. L. Borges
PIANO DELLA STORIA
1. L’autore presenta una storia narratagli da un amico. La storia ha un esordio classico,
introdotto rapidamente
2. Inaspettato e ambiguo
3. Il primo narratore, il suo amico Dewey (secondo narratore), uno sconosciuto (il terzo
narratore)
4. “…Un uomo vecchissimo…levigato come le acque fanno con una pietra…” , coperto
di stracci; un uomo di antica saggezza (“…non v’è generazione che non conti quattro
uomini retti che segretamente sorreggono l’universo…” pag. 71), che critica la crisi del
suo paese (sempre a pag. 71: “…Dio aveva permesso, nella sua collera, che la gente si
corrompesse; piene di maledizione erano le bocche e d’inganni e di frode…”), ma che
vede lucidamente le sopraffazioni dei dominatori coloniali (“…Giunse il cristiano e
non tardò a prevaricare e ad opprimere, a coprire delitti abominevoli e a vendere
decisioni…” pag. 71); egli è in grado di spiegare perché il giudizio sia affidato a un
pazzo: “…affinché la sapienza di Dio parlasse attraverso la sua bocca e umiliasse le
superbie umane…” (pag. 71)
5. Tra la prima e la seconda guerra mondiale
6. Una ventina di giorni (diciannove il processo)
7. In India
PIANO DEL DISCORSO
1. Il governo inglese manda in India, per sedare dei disordini un uomo energico, che
svolge il ruolo di giudice in maniera ingiusta. Egli viene rapito e condannato dalla
gente che aveva subito la sua ferocia, per mezzo di un giudice scelto nella persona di
un pazzo. Egli viene infine ucciso e colui che ha raccolto la rivelazione incontra colui
che ha eseguito la sentenza, rendendosi conto che essa è appena avvenuta
2. Un gruppo di amici, a cui viene presentato un pugnale orientale, viene a conoscenza di
un fatto avvenuto in India tra le due guerre, raccontato da uno dei presenti. La vicenda
viene poi presentata in ordine cronologico
3. Narrativa: per es. a pag. 70 “…Tre o quattro giorni più tardi…Sentii, quasi subito…”.
Riflessiva: per es. a pag. 70 “…Un proverbio dice che l’India è più grande del mondo;
Glencairn, forse onnipotente nella città che una firma in calce a un decreto gli aveva
destinata, era appena una cifra nel meccanismo dell’amministrazione dell’Impero…”.
Dialogica: per es. a pag. 72 “…chiesi quanti fossero stati i giorni del processo.
«Almeno diciannove» rispose…”
4. Prevalentemente incalzante
5. Sì, quella conclusiva, in cui incontra un uomo nudo incoronato di fiori, con una spada
“lorda di sangue”
6. Essendoci tre narratori, narratari diventano i primi due: l’autore e Dewey
7. Per es. a pag. 69: “…un curioso pugnale…”, “…carattere esotico del racconto…”,
“…un antico e semplice sapore che sarebbe peccato perdesse…”
8. In maniera diretta: “…Tento di ricostruire quella che segue…” (pag. 69); “…Gli parlai
senza preamboli di David Alexander Glencairn…” (pag. 70)
9. Ciascuno dei tre narratori parlano secondo il loro, diverso, punto di vista
INTERPRETAZIONE
1. Che le cose accadute nel passato sono conservate dalla mente
2. Che la storia si ripete, ciò che è accaduto ieri può accadere ancora
3. Nessuno può giudicare gli altri, ogni giudizio è arbitrario, dei fatti si possono avere
punti di vista diversi
7
4. Forse per dare delle pause, o anche per contestualizzare la vicenda, ma più che altro per
anticipare l’inatteso finale (quella che sembra una festa era in realtà un’esecuzione a
morte)
5. A pag. 70 quando Dewey cerca notizie di Glencairn: “…Sentii, quasi subito, l’infinita
presenza di una congiura…I più, interrogati, professavano un’illimitata
ignoranza…Altri, al contrario l’avevano scorto…”. Il labirinto di informazioni
rappresenta la labilità della verità
6. Svolgimento libero.
pagg. 77-78 “Il figlio cambiato” di L. Pirandello
PIANO DELLA STORIA
1. In medias res
2. La madre e le donne del paese pensano che certe streghe avevano rubato il figlio di tre
mesi a una donna lasciandogliene in cambio un altro, menomato.
Chi racconta la storia pensa che si tratta di superstizioni, che forse il bambino aveva
avuto una paralisi.
Il padre del bambino pensa che il figlio sia morto e che la moglie abbia preso un
trovatello.
3. È una strega anch’essa, o almeno è in contatto con gli spiriti (così pensa la gente), in
realtà svolge una funzione “psicologica” sulle persone ignoranti: nella sua saggezza
consiglia alla madre di trattare bene il figlio “sostituito” e la rassicura sulle sorti del
suo: “… tanto aveva usato di crudeltà quanto di carità, punendo della sua
superstizione quella madre…e non levandole poi del tutto la speranza…” (pag. 76).
Che poi tutto ciò avvenga a pagamento, fa parte dell’ironia dell’autore: “…perché ci
aveva il suo tornaconto con le visite della Longo, una al giorno, e per ognuna un
tanto…” (pag. 76)
4. Spiriti della notte, streghe dell’aria. Fanno dispetti alle madri, come “…levare i
bambini dalle culle e andare a deporli su una sedia in un’altra stanza; farli trovare
dalla notte al giorno coi piedini sbiechi o con gli occhi strabi…” (pag. 75)
5. Inizialmente si dispera, prova ribrezzo per “quel mostriciattolo” e rifiuta di vedere e
allattare il bambino, che crede non sia il suo; in seguito, dopo la visita a Vanna Scoma,
segue i suoi consigli e si prende cura, sebbene non proprio amorevolmente, del bimbo
menomato
6. In un tempo indeterminato, contemporaneo all’autore
7. Un anno circa, o poco più
8. In un paese del sud Italia, presumibilmente la Sicilia, dove viveva l’autore
PIANO DEL DISCORSO
1. Coincidono
2. Si odono delle urla strazianti nella notte – Le donne del vicinato spiegano cosa è
avvenuto (con intersezione riflessiva dell’autore) – La madre si reca da Vanna Scoma –
Commento del narratore sul personaggio di Vanna Scoma – Breve ritorno a casa del
marito – Scoperta da parte della madre di una nuova gravidanza – Rifiuto del padre
della giustificazione della moglie, che poi lo convince a tenere il bambino menomato –
Conclusione
3. Dinamico, veloce
4. Esterno: non crede alle superstizioni e dà giudizi espliciti
5. Osservazioni razionali: per es. “…Nessun dubbio per me che doveva essergli
sopravvenuto qualche male…” (pag. 75), “…Stimando inutile…convincere quelle
donne della loro superstizione…” (pag. 75). Ironia: per es. “…di fronte a una prova
così tangibile…” (pag. 75), “… (e si capisce) …” (pag. 75)
8
6. Punto di vista delle donne: per es. a pag. 75 “…Uh, ne facevano tanti, di quei dispetti,
alle povere mamme!...”
Punto di vista di Vanna Scoma: per es. a pag. 76 “…Veduto. Non poteva dir dove. Ma
stesse tranquilla perché il bambino…”
Punto di vista dei genitori: per es. a pag. 77 “…La Longo si faceva alla porta col
neonato in braccio…e volgeva uno sguardo pietoso a quel disgraziato…” e a pag. 76
“…non voleva in casa bastardi…”
7. Focalizzazione zero
INTERPRETAZIONE
1. Per lasciare spazio al punto di vista dei personaggi descritti. L’effetto è un ritmo veloce
2. Perché, pur non credendo all’interpretazione superstiziosa della madre, vedendo la
necessità che il bimbo non venga abbandonato, la asseconda per convincerla a fare del
suo meglio nei confronti del bimbo menomato
3. Sì, è un giudizio negativo sulla superstiziosità, ma dimostra di apprezzare il buon senso
della saggezza popolare
4. Rappresentare uno spaccato sul punto di vista popolare.
9
U.D. 3 - Il sistema dei personaggi
pag. 105 “Mammarolo” di A. Moravia
PIANO DELLA STORIA
1. SIT. INIZ.: dall'inizio fino a “…scendevo un pomeriggio…” - EV. MOD.: “…quando
notai una macchina…” - VIC.: il seguito dei suoi furtarelli coperti dalla madre,
l'incontro con Gesuina, il fidanzamento e l'abbandono dell'attività di ladruncolo, la noia
conseguente e la tentazione di tornare alla vecchia vita - SC.: un furto non commesso,
ma seguito da una punizione esemplare, lo portano a cambiare vita, sposando Gesuina
2. Un narratore interno, il protagonista
3. Due proprietari di auto derubati
4. Un giovanotto trentenne di nome Gigi, disoccupato e senza grandi doti, che vive con
una madre vedova e protettiva, di basso ceto sociale. Ha un carattere debole, afferma
che le sue azioni avvengano per caso; prova grande amore per la madre, che ritiene
l'unica che lo comprenda e lo giustifichi, e quando s'innamora, è attratto da una ragazza
storpia e bruttina che però lo ama come la madre, anche se lo convince a non rubare
più.
5. Nell'immediato dopoguerra o nei primi anni '50
6. A Roma
7. L’Acqua Acetosa, viale Parioli, via Giulia, corso Vittorio, il lungotevere Flaminio,
Regina Coeli
PIANO DEL DISCORSO
1. Per es. pag. 100: “…Ora dovevo nascondere la refurtiva…Abitavo dalle parti di via
Giulia…”
2. Pag. 103: “…e allora lui mi acchiappò per il bavero…” fino a “…a Regina Coeli…”
3. Si tratta in entrambi i casi di un tentativo di furto in un'auto, con esiti diversi
4. Narratore interno con focalizzazione interna
5. Per es. pag. 100: “…Detto questo, se ne andò in camera sua, che mi sembra ancora di
vederla come se fosse adesso: massiccia, bassa, lo sciallino nero sulle spalle…”
6. Indizi progressivi
7. Personaggio piatto
8. Idem c.s.
9. Discorso diretto, in cui si riferiscono le parole dei personaggi senza interferenze. Per
es. pag. 100: “…si limitò a dirmi con voce tranquilla «Tu, la roba è inutile che la
nascondi»…”
Discorso diretto libero, senza verbi dichiarativi. Per es. pag. 103: …«Ma quale
spuntone?» «Lo spuntone, il ferro»…
Discorso indiretto, in cui il narratore filtra attraverso di sé le parole dei personaggi. Per
es. pag. 101: “…Quindi, mentre infilava l'ago, disse, calma, che mia madre non era
poi…”
Discorso indiretto libero. Frequentissimo per il tipo di focalizzazione scelta; per es. a
pag. 102: “…tizio calvo e rosso in faccia...congestionato e sazio, proprio il signore
che, dopo pranzo, va a prendere una boccata d'aria…”
Soliloquio, in cui un personaggio parla a se stesso o a un interlocutore immaginario:
non presente
Monologo interiore, in cui i pensieri del personaggio sono riferiti così come si
presentano alla sua mente. Per es. a pag. 101: “…Eh, se ne dicono tante sui figli e sulle
madri…”
Flusso di coscienza, in cui il narratore finge di entrare nella mente del personaggio, e
registra i suoi pensieri: non presente
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INTERPRETAZIONE
1. Presentare un tipo umano
2. Indurre un giudizio
3. Perché è un tipo umano
4. Per es. il tipo di focalizzazione.
pagg. 111-112 “La confessione del marchese” di L. Capuana
PIANO DELLA STORIA
1. In medias res
2. Prevedibile, chiuso (ma aperto per il prosieguo del romanzo)
3. Il marchese e Don Silvio; Rocco e Agrippina
4. La sorella del sacerdote; la madre e la zia del marchese
5. Comprimari antitetici
6. Il marchese, ricco esponente dell'aristocrazia meridionale, è succube delle convenzioni
sociali, che lo portano ad una situazione complicata che scatena la sua gelosia e la sua
colpa. È orgoglioso e abituato ad essere obbedito, la confessione dell'omicidio gli costa
uno sforzo di umiltà a cui è indotto dal rimorso, alimentato dal temporale notturno
7. In Sicilia
8. Un’ora circa, il tempo della confessione
PIANO DEL DISCORSO
1. Il marchese di Roccaverdina ha una relazione da lungo tempo con una popolana,
Agrippina – Per non suscitare scandali, poiché la famiglia è contraria al matrimonio (e
lui stesso concorda che l'onore della famiglia vada mantenuto), fa sposare la donna al
suo fattore, con l'obbligo di non consumare il matrimonio – I due non rispettano i patti
e il marchese uccide il rivale – Dell'omicidio viene accusato un innocente - Preso dal
rimorso, dopo molto tempo il marchese confessa il suo crimine ad un sacerdote
2. Le sequenze riflessive, in cui l’azione si ferma, per lasciare spazio ai pensieri del
marchese. Per es. a pag. 107 da “…Ah! Perché il vento taceva in quel momento…Quel
segreto, da cui era stato torturato tanti e tanti mesi, gli era finalmente sfuggito di
bocca! Ed ora egli sentiva il bisogno…”
3. Incalzante, rallenta solo nelle sequenze riflessive
4. No, i fatti sono prevedibili, se mai è imprevista la mancanza di rimorso con cui si
chiude la confessione
5. Don Silvio
6. Narratore esterno per quanto riguarda il racconto, interno per quanto riguarda la
vicenda, che viene narrata dal protagonista
7. Focalizzazione interna ai due personaggi
8. Per es. tutto il dialogo di pag. 107 evidenzia la posizione dei due protagonisti rispetto
all'omicidio
9. Entrambe le modalità per quanto riguarda il sacerdote, di cui si descrive anche l'aspetto
fisico. La personalità del marchese viene progressivamente delineata dai fatti
10. Statiche, perché rappresentano i due giudizi antitetici sull'omicidio
11. Discorso diretto, per es. nel dialogo a pag. 107. Discorso indiretto libero, per es. nella
sequenza riflessiva a pag. 107 “…Ah! Perché il vento taceva in quel momento…”.
12. Pag. 106: Il marchese disse di volersi confessare soggiungendo di avere fretta. Il prete
rispose che sarebbe subito venuto – pag. 107: Il marchese soggiunse che meritava di
essere ammazzato, ma il sacerdote gli obiettò che dunque, egli non era pentito. - pag.
108: Il prete disse che si era trattato di un grande sacrilegio poiché al concubinato
11
aveva sostituito l'adulterio, ma il marchese spiegò che egli non poteva sposarla e che la
voleva sempre sua
INTERPRETAZIONE
1. No, la posizione dei protagonisti non si modifica. La confessione ha forse tolto un peso
all'omicida
2. Per rendere l'atmosfera più cupa e per permettere delle pause al dialogo
3. Esprimono il pathos e le pause di riflessione dei pensieri
4. Il marchese è forte della sua posizione sociale, il dogma religioso non scalfisce il suo
punto di vista, anche se sente il bisogno di confessarsi non è pentito
5. Da sacerdote. Egli ricorda continuamente al marchese le leggi di Dio.
pag. 117 “La tribù” di I. Svevo
PIANO DELLA STORIA
1. La parte I e la parte II
2. In medias res
3. Un narratore esterno
4. Hussein
5. Dal narratore, da cui sappiamo che egli è vecchio e saggio. Nel prosieguo della
narrazione, egli si rivela anche abile e perspicace
6. In un tempo impreciso, ma certamente dell’era industriale, forse nel periodo stesso in
cui vive l’autore
7. Parecchi anni
8. Ai margini di un deserto, probabilmente africano
PIANO DEL DISCORSO
1. Le diverse parti rappresentano una fase della storia della tribù
2. Dal nomadismo alla stanzialità – Problemi derivanti dalla proprietà privata – La
necessità delle leggi – La partenza di Achmed e la sua formazione in Europa – Il
ritorno di Achmed e le sue richieste alla tribù – La risposta di Hussein – La decisione
di Achmed di ingannare la tribù – Il discorso di Achmed – L’inganno – Il pagamento di
quanto pattuito – Conclusione
3. Sì, le azioni si svolgono in ordine cronologico
4. Onnisciente e implicito
5. La terza persona singolare, dimostra la sua estraneità e ciò gli permette di dare un
giudizio, anche se implicito e simbolico
6. No, in nessuna parte
7. Focalizzazione zero: egli costruisce il racconto secondo una precisa conoscenza di cosa
avviene in seguito
8. Quelle relative al carattere
9. Idem c.s.
10. Per es. a pag. 112: “…Uno dei due diceva spettargli anche una parte del raccolto
dell’altro…”; a pag. 113: “…Gli anziani riconobbero la giustezza
dell’osservazione…”; a pag. 114: “…cominciò dal dichiarare che la storia della tribù
non era altro che la storia stessa dell’umanità…”
11. Pag. 112: Uno dei due proprietari disse: “Mi spetta anche una parte del suo raccolto”;
pag. 113: Gli anziani osservarono: “Le tue osservazioni sono giuste”; pag. 114:
Achmed iniziò il suo discorso così: “La storia della nostra tribù non è altro che
quella…”
12
INTERPRETAZIONE
1. È costruita come una favola morale, di valore simbolico, contenente osservazioni
critiche sulla società contemporanea e aperta alla possibilità di un cambiamento, che
contempli un ritorno alle origini, ritenuto però impossibile
2. Alì rappresenta colui che non si adatta ai cambiamenti; Achmed è il prototipo di colui
che viene deviato dai propri ideali, diventando egoista; Hussein è il personaggio
positivo, coerente e integerrimo, capace di apprendere e di modificarsi attraverso
l’esperienza: egli è un vero leader
3. Si riferisce forse alla lotta per la sopravvivenza, o alla visione pessimistica dell’autore,
secondo il quale l’istinto di sopraffazione è insito nell’uomo.
pagg. 121-122 “L’infelice matrimonio di Emma” di G. Flaubert
PIANO DELLA STORIA
1. Le progressive delusioni di Emma
2. Prevedibile e aperto: Emma si rende conto di essere delusa dal matrimonio e non si sa
se cercherà di modificare la sua vita
3. Tra Emma e Charles c’è una totale antiteticità, l’uno è l’opposto dell’altra sia nelle
aspirazioni che nei comportamenti. Charles ama la madre, che riteneva infallibile nel
giudicare e cerca di convincere la moglie della correttezza delle sue osservazioni. La
suocera è prevenuta nei confronti di Emma, la critica e ne è gelosa.
4. Emma è giovane graziosa, elegante e curata; ha aspirazioni piccolo-borghesi e vive di
sogni. Si rende conto di aver sposato un uomo comune, che la fa vivere in un quieto
benessere che tuttavia non ha confronto con le sue fantasie.
5. Appassionata, superficiale, velleitaria
6. Ordinario, tranquillo, privo di slanci
7. Nella campagna francese
8. Nella prima metà dell’Ottocento
PIANO DEL DISCORSO
1. Prevalentemente coincidono. Solo in alcuni punti vengono riferiti episodi precedenti:
per es. a pag. 119 “…All’epoca della vedova Dubuc…” e a pag. 120 “…Un
guardacaccia, curato da una flussione di petto, aveva donato alla moglie del medico
una piccola levriera italiana…”
2. Prevalentemente soggettive: la maggior parte di esse si svolge dal punto di vista di
Emma
3. No, è un narratore implicito
4. Focalizzazione interna, multipla: viene presentato anche il punto di vista di Charles
5. Presentazione mista. Il narratore ci presenta un uomo innamorato della moglie,
orgoglioso di lei ma incapace di capirla e di assecondarla. Emma lo vede come un
uomo ordinario, senza passione, privo di curiosità, di idee comuni e dal comportamento
noioso. La madre apprezza il suo senso del risparmio, ma critica la sua arrendevolezza
verso la moglie
6. A pag. 118: “…se solo Charles avesse voluto, se appena avesse intuito qualcosa, se
almeno una volta fosse venuto con gli occhi incontro al suo pensiero…Ma via via che
aumentava l’intimità della loro esistenza, lei sentiva acuirsi il distacco, si sentiva
sempre più lontana da lui…”
7. Secondo Emma un vero uomo “…avrebbe dovuto conoscer tutto, eccellere in ogni
attività, essere in grado, insomma d’iniziare la propria donna alle violenze della
passione…” (pag. 118). Charles, invece, non ha curiosità, si accontenta di una vita
tranquilla, manca di slanci e di passione: “…Le espansioni del marito erano diventate
13
regolari; la baciava a ore fisse. Un’abitudine come un’altra…” (pag. 120)
8. A tutto tondo e dinamico (nel corso del romanzo infatti muterà la sua vita)
9. Charles è un personaggio piatto
10. Rappresenta il tipo umano della suocera critica e gelosa
INTERPRETAZIONE
1. L’autore utilizza prevalentemente il monologo interiore, anche i dialoghi dei
personaggi sono presentati solo mediante discorso indiretto
2. Rappresenta efficacemente la mentalità e i pensieri della protagonista
3. Emma è attenta alle forme mondane e all’aspetto esteriore dei piatti, che costruisce in
modo elaborato; Charles “…trangugiava gli avanzi…grattava la crosta del formaggio,
addentava una mela…” (pag. 119). Quanto Charles è parsimonioso, Emma è
spendacciona
4. No, sono antitetici
5. Emma non sa leggersi dentro in profondità, non sa ricercare le proprie aspirazioni
profonde; è una donna superficiale, succube delle mode esteriori e dei luoghi comuni
piccolo-borghesi
6. Rappresenta il desiderio di evasione dalla monotonia e dalla tranquillità della vita di
provincia, la sopravvalutazione delle passioni e l’asservimento velleitario alla
suggestione dei luoghi mondani ed esotici.
14
U.D. 4 - Il tempo
pagg. 140-141 “Il colombre” di D. Buzzati
PIANO DELLA STORIA
1. SIT. INIZ.: dall'inizio fino a “…E chiedeva di questo e di quello...gli davano tutte le
spiegazioni…”-EV. MOD.: “…il ragazzo si fermò, incuriosito, a osservare una cosa
che…”- VIC.: lo sbarco e la vita successiva di Stefano, fino al momento in cui si sente
morire “…Ciò detto, prese commiato…”- SC.: l'incontro con il colombre
2. L'avvistamento del colombre
3. PROTAG.: Stefano e il colombre; PERS. SECOND.: il padre, la madre, altri marinai
4. Stefano,
5. Dal narratore (esterno)
6. Per es.: ragazzo di buona volontà, avventuroso, coraggioso
7. In un passato indefinito
8. Continuo
9. In una indefinita città di mare
PIANO DEL DISCORSO
1. Lineare
2. A pag. 138: “…Eccomi a te, finalmente...non hai capito niente…”
3. Esterno, con focalizzazione zero
4. Prevalentemente implicito, tranne che a pag. 137: “…Grandi sono le soddisfazioni di
una vita laboriosa…”
5. Per es. a pag. 137: “…Eppure egli sapeva che…”, oppure a pag. 138: “…Navigare,
navigare, era il suo unico pensiero…”
6. Con indizi sparsi nel testo, via via che la vita del personaggio si svolge
7. Prevalgono nettamente le descrizioni del carattere e dei sentimenti
8. Discorso diretto e d.d. libero
9. Per es.a pag. 138 “…- Non vedete niente da quella parte? - chiedeva…” e “…- No,
noi non vediamo proprio niente. Perché? …”
10. Per es. a pag. 137: “…appena fu uomo…”
11. Per es. a pag. 138: “…Navigava, navigava, e sulla scia del suo bastimento…”
12. Per es. l'incontro finale con il colombre, a pag. 138 da “…All'improvviso il muso
orribile…” a “…E sprofondò nelle acque nere per sempre…”
13. Tempi narrativi, legati alla presenza di un narratore esterno, e alla lunga durata
temporale del racconto
INTERPRETAZIONE
15
1. Crediamo di inseguire per tutta la vita una cosa reale e invece essa è diversa da quello
che pensavamo, è un pregiudizio, e, come il colombre, forse non esiste
2. Per lasciare credere al lettore che l'idea di Stefano sia vera
3. Per es.: “giardinetto” “plancia” “poppa”.
pagg. 147-148 “La luna come un fungo” di I. Calvino
PIANO DELLA STORIA
1. La formazione della Luna raccontata in modo comico (“come un fungo”)
2. Presenta già la conclusione
3. Qfwfq è il protagonista; Bm Bn è l’antagonista; Flw e l’Ispettore Oo sono personaggi
secondari; i compagni di pesca sono comparse
4. L’antagonista, Bm Bn, rappresenta il male, mentre Qfwfq è orientato al bene; inoltre
cerca di ostacolare le azioni di salvataggio delle persone che Qfwfq mette in atto, e
concupisce la stessa donna, Flw
5. Da se stesso in quanto narratore, ma il suo carattere e il suo sistema di valori si
delineano nel corso degli eventi
6. Qfwfq è un “paziente” pescatore, che nell’emergenza del disastroso evento cerca di
“…salvare un equilibrio più vasto, generale…” (pag. 143), di aiutare tutti quelli che ne
vengono coinvolti. È, quindi, generoso e tendente al bene di tutti (“…Mi sarebbe
piaciuto che l’onda di pietra trasportasse insieme il male del suo squallido emergere e
il bene delle azioni in cui io mi prodigavo…” pag. 143). Le sue speranze, però,
vengono deluse: non solo non riesce nelle sue intenzioni, ma si scontra da perdente con
l’antagonista, Bm Bn (pag. 143: “…non sapevo come…trattenere Bm Bn dal
commettere violenze e saccheggi…”). Anche la sua fiducia negli altri viene
compromessa: l’Ispettore Oo si rivela egoista e opportunista (pag. 144: “…Io sono un
tecnico. Se qui, come mi pare di aver capito, è il signore ad avere il comando…è alla
sua attenzione che vorrei sottoporre i risultati dei miei calcoli…”) e la stessa fanciulla
amata, Flw, si rivela sciocca e attenta solo alle esteriorità (pag. 146: “…s’avvolge
morbida nella pelliccia di cincillà, sorride al flash dei fotografi…”). Qfwfq è, perciò,
nel nuovo mondo che si è creato, un disadattato, utopista senza speranza, un severo
critico dei comportamenti dei suoi simili
7. Nell’era dei dinosauri (a pag. 145: “…Già i primi iguanodonti, messaggeri del futuro,
uscivano in avanscoperta…”)
8. Sì, l’autore utilizza termini scientifici precisi “granito”, “basalto”, “lava”,
“iguanodonti”, “calcinosa”, “alisei”; anche il paesaggio di barche del periodo
precedente è indicato da nomi tecnici delle imbarcazioni: “sandolino”, “chiatta”,
“canoe”, “bucintori”; infine quando descrive il “paesaggio” urbano del futuro lo fa
seguendo il percorso dell’evoluzione della civiltà nei suoi oggetti emblematici: “…le
città dalle fondamenta di pietra…le strade percorse da cammelli e cavalli…e le
piramidi, e le torri, e gli orologi, e i parafulmini, e i tramway, le gru, gli ascensori, i
grattacieli…” (pag. 144)
PIANO DEL DISCORSO
1. Lineare
2. Esordio: il ricordo di Qfwfq della formazione della Luna – La formazione di una
protuberanza di granito – Anticipazione: qualcuno lo aveva previsto – La barca di
Qfwfq viene trasportata dall’onda di pietra, che compie devastazione ovunque – Le
azioni di Qfwfq per salvare persone e cose - Anticipazione: qualcuno avrebbe potuto
16
approfittarsene – Il pirata Bm Bn sale sull’onda di terra e inizia a predare – Bm Bn
rapisce Flw – Qfwfq decide di fuggire – Sale sull’onda l’Ispettore Oo, che si adegua al
più forte – Qfwfq fugge portando con sé Flw – La massa si stacca dalla Terra andando
a formare la Luna – Qfwfq e Flw si ritrovano sulla Terra che via via si va trasformando
– Conclusione (commento)
3. Narrative, con elementi descrittivi
4. Prevalentemente oggettive, perché lo scopo dell’autore è anche scientifico, sebbene in
forma comica. Non mancano tuttavia osservazioni soggettive del narratore-protagonista
5. Egli è il protagonista e ha il compito di presentare la visione dell’autore: egli incarna il
giudizio di Calvino sul nostro modello di vita
6. Per es. a pag. 142: “…Ma chi poteva prendere sul serio queste apocalittiche
profezie?...”; a pag. 145: “…ma in me ormai queste profezie favolose non destavano
più alcuna speranza, perché non significavano altro che il perpetuarsi del regno del
mio nemico…”; a pag. 146: “…Alle volte alzo lo sguardo alla Luna e penso a tutto il
deserto, il freddo, il vuoto che pesano sull’altro piatto della bilancia…”
7. A un lettore contemporaneo, disposto a riflettere, magari in forma comica, sulla vita di
oggi
8. L’aspetto fisico è totalmente assente
9. Discorso narrato
10. Tempo commentativo, che esprime la visione dell’autore-protagonista: “…Flw, non c’è
dubbio, è contenta. Passa nella notte…” (pag. 145-146). Tempo narrativo, nettamente
prevalente nel testo: “…La scena era dunque questa: la bolla di granito…” (pag. 142)
11. Per es. nella conclusione, a pag. 145: “…Così andarono le cose, come sapete, fino ad
oggi. Flw, non c’è dubbio, è contenta…”
INTERPRETAZIONE
1. A inquadrare il racconto (di fantasia) in un quadro scientifico
2. La differenza è, innanzitutto, quantitativa: la teoria di Darwin viene spiegata in modo
sintetico. Il tipo di terminologia (per es. la parola “granito”) è, invece lo stesso. E così
pure la frase conclusiva dell’introduzione (“…Senza la Luna l’evoluzione della vita
sulla Terra…”) richiama la visione generale del racconto, e la frase conclusiva (“…Alle
volte alzo lo sguardo alla Luna e penso a tutto il deserto, il freddo, il vuoto che pesano
sull’altro piatto della bilancia…”. Naturalmente la “nuda” teoria non riesce a
presentare il vissuto delle persone, i loro sentimenti, le loro azioni ed emozioni: questo
è il compito della letteratura
3. Il fatto di essere vecchissimo (quanto la vita sulla Terra) e perciò di aver assistito a tutta
la storia del mondo.
pagg. 152-153 “Eveline” di J. Joyce
PIANO DELLA STORIA
1. Per es.: “Un impossibile cambiamento”
2. Prevedibile
3. Il padre, la madre, i fratelli, i vicini di casa, i ragazzi del quartiere
4. Compare già nell'esordio e via via si delinea il suo carattere
5. Viene presentata attraverso i suoi pensieri e i suoi dubbi (narratore esterno, ma
focalizzazione interna)
6. Una giovane ragazza, orfana di madre e con un padre duro e insensibile, che svolge il
lavoro di commessa e vive in una vecchia casa di uno misero quartiere di Belfast e che
sogna di abbandonare quella vita per un futuro lontano da lì con il fidanzato marinaio
17
7. Un ambiente di dignitosa povertà, di piccola borghesia decaduta
8. Viene presentato attraverso pochi ma incisivi cenni (per es. nell'esordio “…cretonne
polveroso…misere casupole nere come le loro…l'harmonium scordato…”)
9. Sì, l’ambiente è la città stessa in cui nacque e visse Joyce
PIANO DEL DISCORSO
1. Una giovane ragazza di Belfast che sogna di abbandonare la sua vita squallida ma è
incerta e dubbiosa sul passo che ha deciso di compiere. Nel momento in cui sta per
salire sulla nave che la porterà lontano, non ha il coraggio di andare.
2. È quello dei pensieri della protagonista, lento nella prima parte. Nella seconda il ritmo
diviene concitato
3. Per approfondire l'analisi psicologica del personaggio
4. Prevale l'aspetto interiore, in accordo con il tema del racconto: il carattere impotente e
rinunciatario
5. Statica, immobile alla finestra, attanagliata dai suoi stessi dubbi
6. Per es. a pag. 148: “…Anche Tizzie Dunn era morto e i Water erano tornati in
Inghilterra. Come tutto cambia! Toccava a lei ora d'andarsene…”
7. Per es. a pag. 151: “…Sentì ch'egli l'afferrava per mano. “Vieni!” Tutti i mari del
mondo...”Eveline! Evy!... ”
8. Per es. a pag. 148: “…Un tempo c'era un campo…”
INTERPRETAZIONE
1. Gli affetti famigliari, i ricordi. In realtà essa si sente soffocare da quegli stessi legami,
“ruvidi” e insensibili come il padre e il fratello e “polverosi” come la sua casa e il suo
quartiere.
2. Subito, vedi a pag. 149: “…Ma era ragionevole da parte sua?...”
3. Ai ricordi, allo squallore della sua esistenza, al suo reddito modesto
4. Alla possibilità di fuggire
5. Che non regge al distacco.
pagg. 160-161 “La tempesta di neve” di A. Puskin
PIANO DELLA STORIA
1. SIT. INIZ.: Mar’ja Gavrílovna, innamorata di un povero alfiere dell’esercito, è
ostacolata dai genitori, ma decide di fuggire con il suo amato (dall’inizio fino a “…e i
cavalli presero il volo…” a pag. 155). Intanto l’innamorato, Vladimir, organizza il
matrimonio segreto (da “…Per tutto il giorno Vladimir…” fino a “…La strada gli era
familiare, e non c’erano che venti minuti di cammino…” a pag. 155)
EV. MOD.:
la tempesta di neve disorienta Vladimir mentre sta andando
all’appuntamento: egli arriva in ritardo alla chiesa, dove non trova più Mar’ja. (a pag.
155-156 da “…Ma appena Vladinir…” a “…Nella corte la sua troika non c’era…”)
VIC.: La fanciulla è tornata a casa ed è gravemente ammalata, tanto che i genitori
acconsentono al matrimonio con Vladimir, di cui ripete il nome nel delirio. Ma
Vladimir, stranamente, rifiuta, raggiunge l’esercito e muore in battaglia. Muore anche il
padre di Mar’ja, la quale si trasferisce con la madre in un’altra città, dove le si
presentano inutilmente numerosi pretendenti. Infine, dopo tre anni, si innamora
dell’ufficiale in licenza Burmín, il quale, al momento di dichiararsi, le rivela di essere
già sposato, ma di non conoscere sua moglie. (a pag. 156-159 da “…I due vecchi si
svegliarono e vennero in salotto…” a “…sono già tre anni che sono ammogliato, e non
so chi sia mia moglie, e dove sia, e se mi sarà dato d’incontrarla mai…”
SC.: Burmín rivela di aver trovato, quella notte di tempesta, nella chiesa, una fanciulla
18
2.
3.
4.
5.
6.
7.
semisvenuta, e il prete, senza sapere di essere in errore, li aveva sposati. Al momento
del bacio ella aveva gridato che non era lui il suo sposo ed era caduta priva di sensi.
Egli era fuggito. Mar’ja gli rivela che era lei quella fanciulla. (da pag. 159 “…Al
principio del 1812…” alla fine)
Giovanissima (diciassettenne), carina, sognatrice (“…educata sui romanzi
francesi…”), indecisa (per es. riguardo alla fuga con Vladimir). Dopo tre anni, ella ha
acquisito sicurezza di sé, rifiuta tutti i pretendenti, ma, quando si sente attratta da un
uomo che si dice essere stato uno scapestrato, non esita a mettere in atto civettuoli
comportamenti (“operazioni militari” le definisce l’autore) per incoraggiarlo
I genitori, ma soprattutto la tempesta di neve
Vladimir è un soldato di basso grado, dotato di scarsi mezzi economici, mentre Burmín
è un colonnello degli ussari decorato al valore. Vladimir è molto innamorato e si
dimostra ardito nel proporre il matrimonio segreto e coraggioso nell’affrontare la
tempesta; Burmín viene descritto come bello (dell’aspetto di Vladimir non si fa cenno),
simpatico e intelligente “…di quella intelligenza che piace alle donne…”, semplice e
disinvolto: è quindi un uomo decisamente più affascinante di Vladimir, inoltre la sua
reticenza a rispondere alle civetterie di Mar’ja, malgrado i suoi sguardi appassionati, lo
rende ancor più desiderabile. Vladimir è veramente disperato dopo il matrimonio per
errore (si definisce “…uno sventurato per cui unica speranza rimaneva la morte…”);
ma anche la dichiarazione d’amore di Burmín è piena di sincera infelicità a causa
dell’impossibilità di realizzare il matrimonio: essi sono dunque entrambi fortemente
legati alla fanciulla
La guerra tra Russia e Francia, tra il 1811 e il 1815
Si indicano date precise (1811, 1812), si parla della fine della guerra e si indica in “tre
anni” il periodo di tempo trascorso dal matrimonio segreto
Nenaràdovo, Žàdrino, un governatorato imprecisato (indicato con ***), Mosca e San
Pietroburgo, Vilna
PIANO DEL DISCORSO
1.
FABULA
INTRECCIO
ESORDIO: indicazione temporale, descrizione di
Mar’ja e del suo amore contrastato per Vladimir
Decisione di fare il matrimonio segreto
Preparativi per il matrimonio da parte di Mar’ja
Organizzazione dello stesso da parte di Vladimir
ESORDIO: indicazione temporale, descrizione di
Mar’ja e del suo amore contrastato per Vladimir
Decisione di fare il matrimonio segreto
Preparativi per il matrimonio da parte di Mar’ja
Intervento del narratore per seguire le azioni
contemporanee di Vladimir
Organizzazione dello stesso da parte di Vladimir
Partenza di Vladimir per la chiesa e suo smarrirsi
nella tempesta
Avvistamento di un’izba e richiesta di soccorso ad
un contadino
Arrivo di Vladimir alla chiesa e scoperta
dell’assenza di Mar’ja
Matrimonio inconsapevole di Mar’ja, semisvenuta
per la lunga attesa, con un ufficiale capitato lì per
caso, Burmín, e suo sconvolgimento alla scoperta
Ritorno a casa di Mar’ja e sua grave malattia.
Consenso dei genitori al matrimonio con
Vladimir. Rifiuto di Vladimir, sua partenza e
morte in battaglia
Morte del padre di Mar’ja e trasferimento in
un’altra città. Suo rifiuto di vari corteggiatori
Arrivo di Burmín e mancato riconoscimento
d’identità da parte di entrambi; innamoramento da
Partenza di Vladimir per la chiesa e suo smarrirsi
nella tempesta
Avvistamento di un’izba e richiesta di soccorso
ad un contadino
Arrivo di Vladimir alla chiesa e scoperta
dell’assenza di Mar’ja
Anticipazione dell’autore sulla sorpresa che
aspettava Vladimir (non precisata: si scoprirà
solo alla fine) e ripresa del filo dell’azione il
giorno successivo
Ritorno a casa di Mar’ja e sua grave malattia.
Consenso dei genitori al matrimonio con
19
parte di Mar’ja e incoraggiamento alla
dichiarazione d’amore
Dichiarazione d’amore da parte di Burmín ma
anche dell’ impossibilità al matrimonio
Racconto di Burmín del matrimonio involontario
SCIOGLIMENTO: riconoscimento dei due
Vladimir. Rifiuto di Vladimir, sua partenza e
morte in battaglia
Morte del padre di Mar’ja e trasferimento in
un’altra città. Suo rifiuto di vari corteggiatori
Commento dell’autore sulla fine della guerra
Arrivo di Burmín e mancato riconoscimento
d’identità da parte di entrambi; innamoramento
da parte di Mar’ja e incoraggiamento alla
dichiarazione d’amore
Dichiarazione d’amore da parte di Burmín ma
anche dell’ impossibilità al matrimonio
Racconto di Burmín del matrimonio involontario
SCIOGLIMENTO: riconoscimento dei due
2. Narratore esterno
3. Sì, esplicitamente, con anticipazioni, retrospezioni, osservazioni e commenti. Per es. a
pag. 155: “…Affidata la signorina…volgiamoci al nostro giovane amante…”, oppure
a pag. 156: “…Che notizia lo attendeva! Ma torniamo ai buoni proprietari…”, o
anche a pag. 157-158 il lungo commento sulla guerra: “…Intanto la guerra era
gloriosamente finita…Tempo indimenticabile! Tempo di gloria e di entusiasmo! Come
batteva forte un cuore russo…”
4. Focalizzazione zero
5. Per es. a pag. 155: “…Affidata la signorina…volgiamoci al nostro giovane amante…”,
oppure a pag. 156: “…Che notizia lo attendeva! Ma torniamo ai buoni proprietari…”.
L’intreccio, inoltre, non seguendo la fabula, rivela solo alla fine la causa del rifiuto di
Vladimir al matrimonio
6. SOMMARIO: per es. a pag. 157 “…Intanto la guerra era gloriosamente finita…”,
oppure a pag. 157 “…La giornata passò felicemente…”.
ELLISSI: per es. a pag. 156 “…Cantavano i galli ed era già chiaro, quando
raggiunsero Žàdrino…”, oppure a pag. 157 “…tutt’e due lasciarono Nenaràdovo,
luogo di tristi ricordi, e andarono a stare nella tenuta di…”.
ESTENSIONE: per es. a pag. 154 “…Ora le sembrava che nell’istante stesso in cui si
sedeva nella slitta…”, oppure a pag. 157 “…Mar’ja Gavrílovna scoteva il capo e si
faceva pensosa. Vladimir non c’era più; era morto a Mosca…”
7. Per es. a pag. 156: “…Che notizia lo attendeva! …”
8. Per es. a pag. 159: “…Al principio del 1812, - disse Burmín – mi affrettavo verso
Vilna…”
INTERPRETAZIONE
1. La fuga nella tempesta, perché è l’elemento determinante della vicenda
2. È tipico degli scrittori realisti. Il narratore onnisciente ha una visione della realtà molto
chiara, che viene spiegata con principi di causa-effetto che gli permettono di “giocare”
col filo della narrazione
3. L’amore romantico, diffuso – come si dice nel racconto – dalla narrativa francese del
primo Ottocento. Lettori acculturati, intellettuali di tutta Europa e, novità del tempo,
anche donne.
20
U.D. 5 - Lo spazio
pag. 178 “Due paesaggi al confronto” A. Manzoni - N. Tommaseo
PRIMO PASSO
1. Tempi della vicenda: per es. pag. 175 “…Ai tempi in cui accaddero i fatti…”
Tempi del narratore: per es. pag. 176 “…Il luogo stesso di dove contemplate…”
Tempi dell'autore: per es. pag. 175 “…un gran borgo al giorno d'oggi, e che
s'incammina a diventar città…”
2. Dalla biografia in appendice all'antologia si può rilevare che visse a Milano. Si può
avviare una ricerca autonoma
3. Per es. pag. 176: “…Il luogo stesso di dove contemplate...il monte di cui passeggiate le
falde, vi svolge...ciò che v'era sembrato…”. Il lettore viene coinvolto nella visione del
paesaggio per introdurlo al suo significato simbolico di percorso alla conoscenza di
Dio
4. Esterno. Lo rivela la minuziosità dei dettagli che il lettore viene accompagnato ad
osservare
5. La focalizzazione zero è indicata dall'onniscienza del narratore, che gestisce la
descrizione come se avesse in mano una fotocamera, delle cui inquadrature decide il
taglio
6. Per coinvolgere il lettore nel confronto tra l'epoca passata e suoi avvenimenti e la
presente
7. Si dà prevalenza alla vista
8. Le catene montuose del Resegone e del San Martino (Dio) e le acque del lago e del
fiume Adda con la città di Lecco (le brutture dell'umanità)
SECONDO PASSO
1. No
2. Narratore esterno, che crea un clima di attesa, prima delle rivelazioni del personaggio
3. L'ambiente viene descritto nelle notazioni che servono a descrivere i sentimenti dei due
personaggi. Per es. a pag. 176 “…Maria guardava alle nubi, all'acque dell'Odet, a
Giovanni: egli sotto le nebbie di Bretagna pensava all'Italia…”
4. In particolare ai suoni e alle sensazioni, ma anche ai colori
5. Un'atmosfera di attesa: per es. a pag. 176 “…acque quiete…”, “…s'inerpicano
lenti…” e “…una modesta pace, una letizia raccolta spirava nell'aria, simile alla
malinconia di timida giovinezza…”
6. Per mescolare la vicenda dei due personaggi e i loro sentimenti alla descrizione
dell'ambiente
7. Dopo la descrizione del fiume si passa a indicare il flusso della marea che sale: l'arrivo
dei due al mare è implicito.
21
pag. 181 “La pensione di madame Vaquer” di H. de Balzac
PIANO DELLA STORIA
1. A pag. 179: “…poltrone e sedie coperte di stoffa…tavolo rotondo con un piano di
marmo…vassoi di porcellana…impiantito malconcio…pareti…pannello tra le due
finestre…caminetto di pietra…vasi pieni di fiori artificiali…una pendola…”
2. A pag. 179-180: “…credenze appiccicose...caraffe sbreccate, opache, dischi di metallo
marezzato, pile di piatti…una cassetta a scomparti numerati…un barometro con il
frate cappuccino…orribili stampe…un orologio a muro di tartaruga…una stufa
verde…un lungo tavolo coperto di tela cerata…sedie zoppicanti, logori
tappetini…miseri scaldapiedi…”
3. Lo squallore, il vecchiume, il pessimo gusto e l'atmosfera opprimente
PIANO DEL DISCORSO
1. Dalla minuziosità dei dettagli, scelti accuratamente per suscitare l'impressione di
squallore
2. Sì, per es. a pag. 179: “…questi mediocri orrori…”
3. Sì, per es. a pag. 179: “…se paragonaste…” e “…Potreste vedere…” e a pag. 180:
“…i lettori frettolosi…”
4. La focalizzazione zero permette l'abbondanza dei dettagli
5. Mediocrità dell'ambiente, repulsione suscitata dagli oggetti, “miseria senza poesia”
6. La trasandatezza esterna corrisponde alla povertà morale della Signora Vaquer
INTERPRETAZIONE
SPORCIZIA
AMBIENTE In sala da
pranzo
“credenze
appiccicose”,
“tovaglioli
macchiati”,
“tela cerata
unta”...
MADAME
VAQUER
VECCHIAIA
CATTIVO GUSTO
Per es.: in salotto
l'impiantito malconcio;
due vasi di fiori
artificiali “vecchi ed
accartocciati”; la stanza
da pranzo “era stata
dipinta in passato di un
colore oggi indistinto”,
ecc...
Per es.: in salotto un
vassoio di porcellana
bianca profilata d'oro
sbiadito “che oggi si
trovano dappertutto”;
“una pendola di
marmo bluastro di
pessimo gusto”; in sala
da pranzo mobili
“ovunque proscritti”
“faccia
vecchiotta
paffuttella”
e “figura rotonda da
topo di chiesa”
“corpetto troppo pieno
e svolazzante”
PUZZA
Il salotto “sa di
rinchiuso, di
ammuffito, di
rancido...”
“respira l'aria
calda e fetida
senza esserne
nauseata”
pag. 185 “Macondo e i suoi dintorni” di G. G. Marquez
PIANO DELLA STORIA
1. Viene “…travolto dalla febbre della calamita, dai calcoli astronomici, dai sogni di
trasmutazione e dalle ansie di conoscere il mondo…” che spingono il protagonista a
partire per prendere “…contatto con le grandi invenzioni…” (pag. 182)
2. PERS.PR. José Arcadio Buendìa; PERS.SEC. il figlio Aureliano Buendìa; COMP. la
moglie Ursula, gli zingari, gli uomini del villaggio
22
3. Intraprendente, sia nella costruzione del villaggio, che nel desiderio successivo di
conoscere il resto del mondo. Egli diventa ciondolone e trascurato nell’aspetto, dopo
aver perso il suo spirito d’iniziativa, che ritrova nella spedizione nella foresta
4. Perifrasi temporali (per es. a pag. 182 “…Alla fine della prima settimana…”), sommari
(per es. a pag. 182 “…Durante i primi giorni…”) ed ellissi (per es. a pag. 182 “…in
poco tempo…” o a pag. 183 “…Molti anni dopo…”)
5. A pag. 182 si fa riferimento all’epoca di Sir Francis Drake e alla regina Isabella a cui
probabilmente appartiene il galeone. Si intuisce che il protagonista vive molto tempo
più tardi, in un’epoca di “…grandi invenzioni…”
6. Circa ventotto giorni il viaggio, un tempo indeterminato di mesi o di anni il periodo
dalla fondazione della città alla partenza
7. In Colombia
PIANO DEL DISCORSO
1. Dopo aver fondato nella foresta una città ideale e perfetta, di concordia e felicità, José
Arcadio Buendìa, preso dal desiderio di conoscere il resto del mondo, parte insieme ad
alcuni uomini del villaggio in direzione di una civiltà più avanzata. Nel corso del
viaggio trovano un antico galeone spagnolo e, infine il mare, che pone termine alla
spedizione
2. L’anticipazione “…Molti anni dopo il colonnello Aureliano Buendìa, percorse di
nuovo la regione…”
3. Narratore onnisciente, evidente dalla costruzione dell’intreccio, non coincidente con la
fabula
4. Egli cambia numerose volte nel corso del brano: da leader organizzatore intelligente e
saggio diventa trascurato e scontento, poi un uomo avventuroso e infine deluso
5. A tutto tondo
6. Attraverso la descrizione del narratore
7. No, fabula e intreccio non coincidono: vi sono anticipazioni, retrospezioni, estensioni
8. Per es. a pag. 181: “…Macondo fu un villaggio più ordinato e laborioso di quanti ne
avessero conosciuto…” e a pag. 182: “…dove in epoche remote – come gli aveva
raccontato il primo Aureliano , suo nonno – Sir Francis Drake si dava allo sport…”, e
“...Nella sua gioventù, lui e i suoi uomini…”
9. Per es. a pag. 182: “…sparì in poco tempo…” e “…dopo ventisei mesi avevano
abbandonato l’impresa…”, oppure “…Gli zingari navigavano per sei mesi su quella
rotta , prima di raggiungere…”
10. ELEMENTI REALI: per es. da ogni casa “…si poteva raggiungere il fiume e far
rifornimento di acqua con uguale sforzo…”, la sierra è “impenetrabile”, la sponda del
fiume è “pietrosa”, man mano che si addentrano nella foresta “…La terra diventò
molle e umida…”
ELEMENTI IRREALI: per es. “…nessuna casa riceveva più sole delle altre nell’ora
della calura…”, a Macondo “…nessuno aveva più di trent’anni e dove non era morto
nessuno…”; dopo la palude grande che “…non aveva confini…” nella distesa acquatica
“…c’erano cetacei dalla pelle delicata con testa e busto di donna…”; nella foresta
incontrano “…gigli sanguinosi e salamandre dorate…un soffocante odore di
sangue…”, un galeone “…vietato ai vizi del tempo…”: essa è una “…regione
incantata…”
11. Macondo rappresenta l’Eden, il Paradiso terrestre, dove non c’è malattia, fatica o
morte. Lo spazio esterno è, al contrario, luogo di insicurezza, paura, mistero, il galeone
stesso è avvolto in un’atmosfera rarefatta, come una visione del passato. Il mare, tanto
cercato all’epoca della fondazione della città, una volta trovato si dimostra deludente
“…color cenere e sudicio, che non meritava i rischi e i sacrifici della sua
avventura…”: esso rappresenta l’errore di aver voluto entrare in contatto con il
23
progresso e la civiltà, che li travolgeranno
12. L’uno è funzionale all’altra
13. Frequente l’uso del colore, soprattutto luce/buio (per es. a Macondo c’è il sole in ogni
casa, invece la foresta è un luogo triste, “…un universo di afflizione, appena illuminati
dal tenue riverbero di insetti luminosi…”; quando ne escono rimangono
“…stupefatti…nella luce del mattino…”; il mare si presenta “…color cenere…”.
Prevalenti anche i suoni, in particolare quelli degli uccelli.
INTERPRETAZIONE
1. Per es. il galeone, un reale reperto archeologico, ma sospeso in un’aura quasi magica
“…uno spazio di solitudine e di dimenticanza, vietato ai vizi del tempo e alle abitudini
degli uccelli…”: esso rappresenta il passato della regione, indica il contatto degli
abitanti originari con gli Europei, ma contemporaneamente, anticipando la vicinanza
del mare, anche la relazione con il progresso che travolgerà la felicità di Facondo
2. Forse che il peccato originale di Adamo ed Eva, il desiderio di conoscenza, porta
infelicità e dolore; ma anche che la cosiddetta civiltà e il progresso cancellano la vita
semplice e felice dello stato di natura.
pag. 187 “La casa di Cosima” di G. Deledda
1. Due camere per piano; l’ingresso diviso in mezzo da un parte: a destra la scala, a
sinistra i gradini che portano in cantina. La stanza a sinistra dell’ingresso era adibita a
vari usi, con un letto, uno scrittoio, un armadio e delle sedie; la stanza a destra era la
sala da pranzo, e vicino si accedeva in cucina, che si apriva con una porta verso il
cortile e l’orto
2. Una stanza grande, alta, bene illuminata da una finestra e da una porta con uno
sportello apribile. Era “…l’ambiente più abitato, più tiepido di vita e d’intimità…”,
tutto era “…semplice e antico…grande e solido…” (pag. 186)
3. Un camino e un focolare centrale, sopra il quale stava un graticcio con piccole forme di
formaggio, e appesa ad esso una lucerna di ferro nero; un forno “monumentale” e tre
fornelli, accanto ai quali in un braciere si conservava sempre un po’ di brace e vicino ad
esso dei treppiedi di ferro per cucinare; un acquaio di pietra, sotto il quale si teneva il
carbone. Una serie di masserizie: padelle di rame, sedie basse intorno al camino,
panche, scansia per le stoviglie, mortaio di marmo, una tavola, una mensola con un
recipiente di legno pieno di formaggio grattugiato e un canestro col pane; una scansia
con una fila di lumi di ottone e l’oliera per riempirli, un orcio di olio per cucinare,
caffettiere, tazze e piatti e il tagliere pastorale (un vassoio di legno con l’incavo per il
sale). Un paiolo di rame pieno d’acqua sull’acquaio e un’anfora di creta con l’acqua
potabile. Altri oggetti “paesani” completavano l’ambientazione: una stella attaccata a
una parete, un sacco di tessuto grezzo di lana, che serviva da mantello e da coperta per
il servo, la bisaccia e una stuoia di giunchi sulla quale egli dormiva.
4. La stanza all’ingresso, con lo scrittoio, fa pensare ad una specie di ufficio di controllo
delle consegne dei servi, alcuni dei quali, magari saltuariamente, vivevano in cucina.
L’insieme dà l’idea di un benessere semplice, senza lussi, ma anche senza che manchi
nulla
5. Perché, come in tutte le famiglie patriarcali e contadine, è l’ambiente più importante
della casa: di esso si dice infatti che era “…l’ambiente più abitato, più tiepido di vita e
d’intimità…” (pag. 186)
24
6. Un cortile triangolare, da cui si accedeva nell’orto, fornito di un pozzo per l’acqua e
con un alto muro di cinta “…con una catasta di legna da ardere, rifugio di numerosi
gatti e delle galline…” in cui si apriva “…un grande portone…” che dava sulla strada
e che serviva, più del portoncino della facciata, “…per il passaggio degli abitanti e
degli amici di casa…”. Dall’orto si vedeva “…il grigio e l’azzurro dei monti…” (pag.
187)
7. Sì: l’odore delle forme di cacio pecorino poggiate sul graticcio del focolare centrale
(pag. 186)
8. Sì: le sedie “…verniciate allegramente di azzurro…” nella stanza a sinistra
dell’ingresso (pag. 186); le travi del soffitto della cucina “…annerite dal fumo…” (pag.
186); la lucerna “…di ferro nero…” (pag. 186); le antiche “…tazze rosse e gialle…”
sulla scansia (pag. 186); il “…verde dell’orto; e fra questo verde il grigio e l’azzurro
dei monti…” (pag. 187); il portone “…tinto di color marrone scuro…” che dava sulla
strada (pag. 187)
9. Svolgimento libero.
25
U.D. 6 - Le scelte stilistiche ed espressive
pag. 209 “La notte brava di Tommaso e dei suoi amici” di P. P. Pasolini
PIANO DELLA STORIA
1. In medias res
2. PERS. PRINC.:Tommaso e i suoi amici (Lello, il Matto, il Cagone, Ugo e Salvatore);
PERS. SEC.: il ricettatore; COMP.: due suonatori, i turisti stranieri, un guardiano
3. Dalle loro azioni si comprende che il gruppo è composto di giovani delinquentelli di
borgata, dediti al furto, al gusto per il rischio, senza scrupoli
4. Una nottata
5. A Roma
6. I luoghi
PIANO DEL DISCORSO
1. Coincidenti
2. S1: la decisione di andare “a avventurà” - S2: il furto di un “millante TV” da parte di
Salvatore, Lello e il Cagone e il recupero degli altri amici - S3: il furto delle valigie a
una famiglia di turisti - S4: la vendita delle valigie al ricettatore
3. Dinamiche
4. FOC. EST: per es. a pag. 204 “…«E allora », disse il Matto, «si te senti così forte,
annamose a avventurà!» «'Namo, 'namo, 'namo!» gridò Lello, «già me so' stufato de
stà qua!» …”. In generale tutti i dialoghi sono costruiti con discorso diretto.
FOC. ZERO: per es. a pag. 205 “…Salvatore, felice, con la sua faccia burina…” e
“…che ormai parevano tanti melagrani, dopo il terzo tubo…”; a pag. 207 “…al neno
venne la solita idea di cacciare la grana…”
5. Piatti
6. Tempi narrativi. Tempi commentativi nei dialoghi a discorso diretto
7. No, non coincidono, le azioni sono spesso riassunte in un solo verbo
8. Reale
9. Lessico basso, con uso del dialetto romanesco e di gergo della malavita.
TERMINI DIALETTALI: per es. ”'Namo, 'namo, 'namo!”; TERMINI VOLGARI: per
es. “A stronzi!”; TERMINI GERGALI: per es. “cricche e campane”, “riboncia”
10. Per es. a pag. 207: “…No sì, sì no…”
11. Abbondanti e oggettivi, spesso espressi con il gergo dei personaggi stessi
12. A pag. 205 “…come un vecchio cane...” e “…come due sparagi di galera…”; a pag.
206 “…come un motoscafo…”; a pag. 207 “…come cadaveri di morti…”
INTERPRETAZIONE
1. La tendenza all'ubriachezza e la voglia di rischio fine a se stesso; la mancanza di
scrupoli; l'abilità, evidentemente di vecchia data, nel rubare le auto; la frequentazione
di ricettatori abituali...
2. Una criminalità di scarso rilievo (per es. il furto di valigie), fatta di episodi poco
importanti: per questi giovani, infatti, più che un reato o una necessità è un’avventura,
un gioco. A pag. 204 il gruppo parte dicendo: “…annamose a avventurà!...”.
pag. 213 “Il Commissario Ingravallo” di C. E. Gadda
PIANO DELLA STORIA
1. Presenta il protagonista
2. Il brano traccia un ritratto complesso e completo del personaggio
26
3. Giovane (trentacinquenne), di statura media e di corporatura tozza, con capelli neri e
ricciuti che sembravano una parrucca “…lucida come pece e riccioluta come d’agnello
d’Astrakan…” (pag. 210) su di una fronte con due bernoccoli “metafisici”. Labbra
carnose e bianche, da cui pende un mozzicone di sigaretta spenta, lo sguardo sempre un
po’ assonnato e un “…quasi-ghigno, tra amaro e scettico…” (pag. 211) nella metà
inferiore della faccia
4. Dal Molise, probabilmente dalla campagna. Si dice che pareva vivere “…Nella sua
saggezza e nella sua povertà molisana…” (pag. 210)
PIANO DEL DISCORSO
1. Per es. a pag. 210: “…Era, per lei, lo statale distintissimo lungamente sognato…”e
“…A prima vista, cioè al primo udirle, sembravano banalità. Non erano banalità…”; a
pag. 211: “…Qualche collega un tantino invidioso delle sue trovate, qualche prete più
edotto dei molti danni del secolo, alcuni subalterni, certi uscieri, i superiori,
sostenevano che leggesse dei libri stran: da cui cavava tutte quelle parole che non
vogliono dir nulla, o quasi nulla, ma servono come non altre ad accileccare gli
sprovveduti…”
2. Multipla
3. Le informazioni su di lui sono amplissime, passano dall’aspetto fisico ai
comportamenti, alle abitudini, al suo modo di intendere il suo lavoro, alla sua visione
della vita
4. Mediante discorso diretto, spesso libero, ma anche discorso indiretto e discorso
indiretto libero. Si utilizza anche il soliloquio
5.
LESSICO
ALTO
“affari
tenebrosi”
“crespati”
“greve e
dinoccolato”
“impercettibili”
“del di lui
tempo”
“evocato”
“non ostante”
“perentoria”
“codesto”
“enunciare”
“crepitìo”
“inopinate”
“soleva
atteggiare”
“vieto”
“edotto”
LINGUAGGIO
BUROCRATICO
LINGUAGGI
SETTORIALI
“onorario”
“intimazione”
“ammenda”
“locazione”
“mobile”
“bella assolata
affittasi”
“teoretica”
“timpani”
“incubatoio”
“vortice”
“depressione
ciclonica”
“causali”
“movente”
DERIVATI
DA
LATINO
E GRECO
“ubiquo”
“pìceo”
“erotia”
CALCHI
GERGALI
“accileccare”
“filosoficherie”
DIALETTO
“in parma de
mano”
“bon’anima”
“e mo”
“me butto”
“gnommero”
“quanno me
chiammeno”
“Sì me
chiammeno a
me”
“nu guaio”
“quacche
gliuommero”
“sberretà”
“ch’i femmene
se retroveno
addo ni vuò
truvà”
“‘e femmene”
“italiani”
“sigheretta”
6. “arruffio”, “vortice”,
“groviglio”,
“garbuglio”,
“gnommero”,
“gomitolo”,
“gliuommero”, “una rosa di causali…a mulinello”, “s’avviluppano”, “storce”
7. Abbondanti e dipendenti dal punto di vista di chi descrive
27
8. Per es. a pag. 210: “…E’ uno scandalo che prendano per affittacamere una signora
come me, vedova del Commendator Antonimi, che era conosciuto da tutta Roma e
rispettato da tutti…Piuttosto del disonore, preferisco suicidarmi buttandomi nel
fiume…”
9. A pag. 210: “…come di persona che combatte…”, “…come pece…”, “…come
d’agnello d’Astrakan…”; a pag. 211: “…come dopo un misterioso tempo…”, “…come
un vortice…”, “…come i sedici venti…”, “…Come si torce il collo…”, “…come d’aver
calunniato…”, “…come temendo…”, “…come non altre…”
INTERPRETAZIONE
1. Non ha una visione del mondo fatta di certezze assolute, la verità è per lui ingarbugliata
e insolubile
2. I capelli
3. Perché ciò rispecchia la sua visione della vita.
pag. 217 “Di sera, un geranio” di L. Pirandello
PIANO DELLA STORIA
1. In medias res
2. Inaspettato e aperto (non si può prevedere se ci saranno altri momenti simili a quello
del geranio)
3. Quasi immediatamente: la sua anima si libra sopra di lui dopo la morte e lo osserva
4. La vicenda in sé pochi minuti, ma il tempo è ampliato dai ricordi e dalle riflessioni,
oltre che dalle scoperte (per es. a pag. 214 “…Ma come, n’è già fuori? …”
5. Dai tempi verbali (passato/presente)
6. Ambienti (la camera) e luoghi (il giardino) hanno approssimativamente il medesimo
spazio
PIANO DEL DISCORSO
1. L’anima di un uomo appena morto si libra sopra di lui e osserva il suo corpo e gli
oggetti nella stanza; poi ricorda gli ultimi giorni di vita e la scelta di non tentare
un’inutile intervento chirurgico; poi l’anima inizia a distaccarsi dalla casa, aleggia
osservando il giardino; rimpiange la possibilità di provare delle sensazioni, e, mentre si
avvia “…nella tristezza infinita d’una così vana eternità…”, riesce a cogliere
l’improvviso illuminarsi di un geranio rosso
2. Esterno
3. Focalizzazione interna, segnalata dal prevalere di sequenze riflessive
4. Prevale nettamente il monologo interiore
5. Tempi commentativi, che corrispondono al progressivo allontanarsi dell’anima dalle
cose terrene e che segnano le sue scoperte e riflessioni
6. No
7. A pag. 214: “…Come gli suonano strane, in quella camera, le ultime parole della
vita…” e a pag. 215: “…all’alba, lungo una proda, volle esser erba, lui, una volta…”
8. Soggettivamente
9. La focalizzazione interna permette di guardare lo spazio con occhi particolari, per es.
quando osserva la stanza da un altro punto di vista: “…il soffitto (come di qua pare
polveroso) …” (pag. 214), oppure quando osserva la vasca in giardino: “…Il risucchio
della bocca che s’ingorga è come un rimbrotto rauco a queste sciocche frettolose a cui
par che sia tardi di sparire ingoiate, come se non fosse bello nuotar lievi e così bianche
sul cupo verde vitreo dell’acqua. Ma se sono cadute! se sono così lievi! E se ci sei tu,
bocca di morte, che fai la misura!...” (pag. 215)
28
10. I colori (delle coperte, dell’uomo, del muro del giardino, dell’acqua…), che anticipano
l’illuminarsi del geranio rosso della conclusione
11. Per es.: “riviene”, “alienato dai sensi”, “serba”, “smemorato spavento”, “inerte”, “vita
ristretta”, “questo sgomento del suo disgregarsi e diffondersi”, “stille”…
12. Per es.: “…Dormiva, e non è più nel suo corpo; non si può dire che si sia svegliato; e
in che cosa ora sia veramente, non sa…” (pag. 214); “…Lui, quello! Uno che non è
più. Uno a cui quel corpo pesava già tanto…” (pag. 214); “…Il muro della villa. Ma
come, n’è già fuori? La luna vi batte sopra; e giù è il giardino…” (pag. 214)
13. Per es.: “liberato”, “ombra galleggiante”, “peli quasi metallici”, “le cose che…gli
s’agitavano dentro”, “la luna vi batte sopra”, “il muro tutto vestito di verde”, “un filo
di vetro”, “la bocca del tubo di ferro dello scarico, che si berrebbe in silenzio” “queste
sciocche frettolose”…
INTERPRETAZIONE
1. L’anima
2. Egli rappresenta ogni uomo.
pag. 222 “Zazie e il metrò” di R. Queneau
PIANO DELLA STORIA
1. SIT. INIZ: Dall’inizio a “…ecco spuntare una ragazzina…” (pag. 219) Gabriel attende
la nipote alla stazione - EV. MOD.: da “…«Sono Zazie…»” “ a “…«Ciao, Gaby…»…”
(pag. 219) L’arrivo di Zazie e il suo affidamento da parte della madre - VIC.: Zazie e la
sua pretesa di vedere il metrò; i goffi tentativi di descrivere alla ragazzina i monumenti
più importanti di Parigi e le discussioni in merito tra lo zio Gabriel e il suo amico
tassista - SC.: frase finale di Gabriel “…«La verità!…Come se tu sapessi cos’è…»…”
2. PERS. PRINC.: lo zio Gabriel e Zazie; PERS. SEC.: Charles, l’amico tassista e la
madre di Zazie; COMP.: la coppia in attesa alla stazione
3. La pretesa di Zazie di prendere il metrò
4. Lo sciopero del metrò
5. In epoca più o meno contemporanea (tenendo presente che il romanzo è del 1959). Lo
si deduce dalla presenza dei taxi e dalla descrizione della città
6. A Parigi
7. La Gare d’Austerlitz, la Gare de Lyon, il Panteon, Les Invalides, la caserma di Reuilly
PIANO DEL DISCORSO
1. Sì
2. Narratore esterno, che riferisce stati d’animo o descrive gli atteggiamenti dei
personaggi, che commenta le situazioni. Per es. a pag. 218: “…«Ma che è questo
puzzo?» disse una tizia, a voce alta. Non pensava a se stessa,così dicendo. Non era
egoista, voleva parlare del profumo emanato da quel signore…”; a pag. 219: “…Per
fortuna, ecco il treno in arrivo, ottima distrazione…”; a pag. 221: “…Il tono beffardo
diventa quasi offensivo per l’interlocutore…”
3. Prevalentemente focalizzazione interna, evidenziata dal lessico, che è quello del
protagonista
4. A tutto tondo, è molto originale
5. Prevalgono il discorso diretto e il discorso diretto libero
6. Gli avvenimenti vengono narrati quasi come se avvenissero nel momento della lettura,
il che rende la vicenda vicina al lettore e molto immediata, anche per l’uso dominante
del dialogo rispetto alla descrizione
7. Nella narrazione prevale l’immediatezza, tanto che fabula e intreccio coincidono. Le
29
retrospezioni sono, quindi, solo dei cenni che inquadrano alcune situazioni. Per es.
l’indole e il comportamento di Gabriel: a pag. 218 “…Gabriel sospirò. Dover ricorrere
ancora alla violenza…”; il motivo dell’arrivo di Zazie: a pag. 219 “…«Hai voluto
occupartene, e ora ce l’hai»…”; il carattere della madre di Zazie: a pag. 219
“…«Natürlich» dice Jeanne Lalochère, che era stata invasa…”; le particolarità di
Charles: a pag. 220 “…Charles, effettivamente, aspettava, per l’intanto scorrendo su di
un settimanale la rubrica dei cuori infranti…”
8. I riferimenti spaziali sono molto scarsi: si citano luoghi della città senza particolare
descrizione
9. Agli elementi strutturali: per es. il metrò nella sua linea esterna è indicato come
“…qualcosa in aria…” che poi “…esce dalla terra e poi ci ritorna…” (pag. 220). La
stazione, invece, è descritta attraverso le tipologie umane che si incontrano: “…La folla
odorosa dirige i suoi multipli sguardi verso i viaggiatori, che cominciano a sfilare.
Sono in testa, a passo svelto, gli uomini d’affari; senz’altro bagaglio fuor che la loro
borsa portacarte e l’aria di saper viaggiare meglio di chiunque altro…” (pag. 219),
oltre che connotata dall’odore “di umanità” che apre il brano, descritta attraverso le
riflessioni del protagonista sulle abitudini igieniche della gente
10. Il lessico dell’autore è un vero e proprio pastiche, che mescola scorrettezze sintattiche
(per es. “…io ce l’ho detto di prenotarcelo…” a pag. 220) a terminologia “alta”,
termini specialistici e neologismi a parole gergali o volgari:
LESSICO ALTO
“froge”
“emanato”
“costrizione”
“forgiarsi”
“purchessia”
“finir per le
terre”
“multipli”
“eminentemente”
“cialtroni”
“laconicamente”
“notabili”
“beffardo”
“indulgenza”
“candore”
PAROLE
GERGALI
“macchiffastapuzza” “bambolina”
“arcistufo”
“tardona”
“quelkaidettóra”
“forzuto”
“tàssi”
“gorilla”
“eurekazione”
“scocciare”
“menare”
“ganzo”
“svitata”
“la spiega”
“svitata”
“cicciona”
“pupa”
“macinino”
“un cavolo”
“muggisce”
“sgonfione”
“carrette”
“bidonata”
NEOLOGISMI
PAROLE
VOLGARI
“me ne
sbatto”
“vacca
potenziale”
“natiche”
“balle”
“fessi”
“coglionerie”
TERMINI
SPECIALISTICI
“pentasillabo
monofasico”
“endecasillabo”
11. La paratassi, che rende con immediatezza l’originale parlato dei protagonisti, dando
l’idea di una totale confusione di ruoli e certezze (si veda la battuta conclusiva)
12. Per es. “le froge” che ricorda la natura animalesca, oppure “il diritto di coprirla
legalmente” ingenerosa indicazione di marito; “l’impalcatura” e “armadio a
specchiera” indicano la corporatura del protagonista paragonandolo all’altezza di un
cantiere e alla larghezza della mobilia; “forgiarsi uno scudo verbale” dà l’idea della
raffinata difesa dell’omuncolo, imparagonabile nella forza a Gabriel; “l’arnese” per
indicare la ragazzina ne sottolinea ironicamente il suo essere di peso; “gli addetti alle
pinze perforanti” fa riferimento agli operai che lavorano su strumenti pesanti; “cuori
infranti” è una metafora molto usata per i dolori sentimentali, così come
“quarantacinque ciliegie delle sue primavere” è un modo di dire assai comune per
indicare l’età…ecc.
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INTERPRETAZIONE
1. Per rendere ancora maggiore l’immediatezza della situazione, in cui al lettore si sente
quasi presente
2. La battuta finale di Gabriel spiega che la verità non è chiara, tutto è un pastiche come il
suo lessico
3. Vedi risposta precedente.
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MOD. 2 - LE FORME DELLA NARRAZIONE
U.D.1 - La narrazione di fantasia – Il mito
pagg. 234-235 “Il diluvio” Mito tahitiano
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Da chi siamo nati? Come si è formata Tahiti? Perché ha quelle caratteristiche
geografiche?
2. C’è riferimento esplicito al dio Ta’aroa, unico fondamento del mondo
3. Un diluvio di proporzioni gigantesche, causato dallo scioglimento dei ghiacci creatisi
nell'ultima glaciazione che interessò in tempi antichissimi l’area mediorientale, l’Africa
e le Americhe
4. La sopravvivenza di due sole persone, marito e moglie, da cui sarebbe rinata tutta
l’umanità; la crescita istantanea e rapida dei nuovi nati e dei frutti delle nuove piante
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Un uomo e una donna, semplici, capaci di sopravvivere col buon senso
3. Un tempo lontano e indefinito, che scorre rapidamente
4. Variare la narrazione, anche se con farsi brevi e semplici
RIFLETTI SUL TESTO
1. Alla loro determinazione e alle loro capacità, ma anche al fatto che, al momento
opportuno, la vegetazione rinasce velocemente
2. Il cibo, la vegetazione, le abitazioni, le caratteristiche geografiche
3. Svolgimento libero.
pagg. 237-238 “Filemone e Bauci” di Ovidio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. A celebrare il valore dell’ospitalità e a spiegare la presenza di un tiglio e una quercia
davanti al tempio della Frigia
2. Sì, ribadisce la sacralità di alcuni ideali
3. Perché spiega l’origine di un ideale condiviso dalla cultura greca
4. Per es. la distruzione di tutte le case tranne quella dei due protagonisti, e la sua
trasformazione in un grandioso tempio; e, ancora, la loro morte simultanea e la loro
trasformazione in piante
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Permette l’utilizzo di tempi narrativi, per collocare la vicenda in un tempo lontano e
indefinito
3. Essi sono poveri, ma sereni; semplici, ospitali e cordiali, mettono ogni loro povero
avere a disposizione degli ospiti; ubbidiscono senza chiedere il motivo delle richieste,
si accontentano di ottenere in cambio solo la loro unione per sempre
4. A tutto tondo, anche se esemplari nel comportamento, per essere, appunto di esempio
per tutti
5. Si svolge rapidamente
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RIFLETTI SUL TESTO
1. Mettono ogni loro povero avere a disposizione degli ospiti, dando tutto ciò che hanno
2. L’oca che viene inseguita per essere sacrificata si rifugia vicino agli dei, che si rivelano
3. Spuntarono loro delle fronde; le cime degli alberi cresciuti su di loro avvolsero i loro
volti; la corteccia infine li ricoprì interamente
4. La presenza di orti con i loro prodotti, come cicoria, radicchio e frutta (noci, fichi
secchi, datteri, prugne, mele e uva rossa); l’abitudine al consumo della carne di maiale
affumicata e delle olive, di bacche autunnali, di miele (il favo candito) e di uova
scottate nella cenere; l’uso del vino servito in boccali di legno.
pagg. 240-241 “La creazione” di Platone
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un mito d’origine
2. Sì, gli dei sono protagonisti di tale nascita
3. Sì, perché spiega la nascita delle varie specie viventi e soprattutto del genere umano, e
della società e religione
4. Al logos appartengono per es. le diverse caratteristiche delle specie, la scoperta del
fuoco, che dà all’umanità la capacità di sopravvivere, e le fasi dello sviluppo della
civiltà umana. Al mito appartengono invece le spiegazioni riguardo al come l’umanità
ottenne le sue facoltà, cioè per intervento di Prometeo e Epimeteo, Ermes e Zeus
STRUTTURA DEL TESTO
1. L’autore, Platone, come narratore esterno
2. Prometeo, saggio e previdente; Epimeteo, sciocco e imprudente; Atena ed Efesto,
provvisti delle capacità tecnico-pratiche e della guerra e del fuoco; Ermes, portatore di
giustizia e rispetto; Zeus, dio di tutti gli dei e generatore di ogni cosa
3. Il tempo in cui non esistevano le stirpi viventi; l’intervento degli dei e la nascita di esse;
la nascita dell’uomo; lo sviluppo della civiltà umana grazie all’acquisizione delle
capacità tecniche; l’intervento di Zeus e l’acquisizione della “sapienza politica”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Il destino
2. Perché viene creato come tutte le altre stirpi viventi ma anche “…divenne partecipe di
sorte divina…” (pag. 239)
3. Evidenzia l’importanza del suo ruolo nella crescita delle facoltà umane, dice che
compie “furtivamente” un furto e sottolinea che “…subì la pena del suo furto…” (pag.
239), sembra perciò consapevole che Prometeo è colpevole, malgrado sia degno di
gratitudine
4. Inizialmente l’uomo era “…ignudo, scalzo, scoperto e inerme…”, poi, per intervento di
Prometeo riceve le “…risorse per la vita…”; la società umana per prima cosa crea la
religione, in secondo luogo dà origine al linguaggio, poi alle abitazioni con gli arredi,
agli abiti e alle calzature e infine all’agricoltura; si creano quindi le città, dove essi
“…si facevano ingiustizie l’un l’altro, perché non possedevano l’arte politica…”;
Zeus, perciò dona a tutti indistintamente (le basi della democrazia!) il rispetto e la
giustizia.
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pag. 243 “Piramo e Tisbe” di Ovidio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché giustifica il colore rosso scuro delle more del gelso col colore del sangue dei
due amanti
2. L’amore come forza inarrestabile, che nessuno deve ostacolare
3. Semiramide, regina della città di Babilonia, vedova di Nino
4. No, non c’è intervento divino
STRUTTURA DEL TESTO
1. L’autore, Ovidio, come narratore esterno con presenza esplicita, perché interviene
spesso con commenti
2. A pag. 241: “…Da nessuno notato nel lungo corso dei tempi, questo difetto voi per
primi, o amanti, vedeste…”. Il cambiamento stilistico introduce il commento sulla
forza dell’amore: “…di che non s’accorge amore? …”
3. Ella accetta senza esitare la proposta di fuga; attende sotto l’albero, col “coraggio”
ispirato dall’amore, il suo innamorato; sebbene “tremante” trova il rifugio dalla
leonessa in una grotta; l’amore le dà la forza di seguire Piramo nel suicidio con lo
stesso pugnale
4. Egli dimostra la stessa audacia nel perseguire la fuga, ma, dopo aver visto il velo
insanguinato di Tisbe “…si coperse di pallore…” (pag. 242) e ritiene di essere
colpevole della morte dell’amata: “…io ti ho uccisa, o mia poveretta, io ti ho imposto
di venire, di notte, in luoghi pieni di paure, e qui non sono venuto io per primo…”
(pag. 242). Invoca di morire tra le fauci dei leoni, ma poi ritiene che sia “…proprio di
un uomo vile il desiderio di essere ucciso…” e quindi si dà la morte con il pugnale
5. A pag. 241: “nell’anima ardevano” e “il fuoco d’amore divampa”; a pag. 242 anche la
ferita di Piramo suicida è chiamata “bruciante”
RIFLETTI SUL TESTO
1. L’oggetto del desiderio è la possibilità di unione dei due innamorati, a cui si
oppongono le famiglie di entrambi e il muro (metafora della contiguità dei due e della
loro separazione, così come il pertugio da cui si parlano può essere considerato
metafora della limitatezza dell’opposizione)
2. La vicenda di Romeo e Giulietta ha simile svolgimento.
U.D.1 - La narrazione di fantasia – La leggenda
pag. 250 “L’acqua di Curubusco” Leggenda messicana
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché è ambientata in un luogo reale (Città del Messico), che diventa teatro di un fatto
di fantasia
2. La fondazione della città sulle isole di un lago, la sapienza degli architetti aztechi nella
costruzione di canali per l’acqua, la presenza nella zona di periodi di siccità alternati a
periodi molto piovosi
3. La vendetta del dio Belam sul monarca crudele, la spiegazione dell’alternanza di
siccità/piovosità della zona come conseguenza dell’atto egoistico di Uizolt, la
posizione sconosciuta del villaggio di Curubusco
4. Per la commistione tra fatti magici ed elementi reali
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STRUTTURA DEL TESTO
1. Da un narratore esterno
2. Giudica i personaggi e le loro azioni, per es. attraverso l’aggettivazione (“il buon
Coyocan”, “il perfido Uizolt”)
3. Dei tipi: essi rappresentano il buono e il cattivo, non sono descritti in altre qualità o
caratteristiche, non modificano le loro azioni nel corso della vicenda
4. A pag. 247: “…la calura inghiottì…soffocò…gettò il suo imperio squallido…”, “…la
bocca luminosa…le polle luminose…”, “…praterie infuocate…alito rovente…”, “…il
cantar festoso dell’acqua…”, “…vacue gole disperate…campi roventi…strade di
fuoco…uomini e bestie ridotti a ombre…”; a pag. 248: “…viaggio duro…”,
“…paradiso solitario…”, “…esplodendo in limpide polle…”, “…dal cuore nascosto
del Bosco Azzurro…”, “…rianimò i giardini…fremette in piccole, carezzevoli
onde…”; a pag. 249: “…l’acqua…saliva implacabile…”, “…emettendo stridi
d’uccellaccio…”, “…le fontane estenuate, le cascatelle senza voce…”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Ha un ruolo importante, ma non è collegato direttamente alla religione messicana
2. La vicenda punisce il cattivo per la sua arroganza egoistica, esalta l’eroe positivo per le
sue qualità di saggezza, lealtà e obbedienza; i commenti impliciti del narratore
orientano il giudizio dei lettori.
pag. 252 “San Marcello e il drago” di V. Fortunato
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché presenta una mescolanza di fatti reali e di una strana creatura: il drago o
serpente, che rappresenta simbolicamente il male (“ ...il serpente che l'aveva trascinata
da viva nella colpa...” pag. 251); perché il santo viene presentato come un modello di
comportamento da imitare (“...O uomo santissimo...” pag. 251)
2. L’ambientazione in Gallia, il comportamento e la morte della matrona, il vescovo
Marcello e il papa Silvestro
3. Il drago, detto anche serpente, con il suo significato simbolico; l’intervento di San
Marcello sul drago e il suo allontanarsi
4. Nel Medioevo
5. Veniva raccontata a scopo educativo, per ammaestramento religioso, dai monaci dei
conventi e dai sacerdoti e si diffuse in tutti gli ambienti legati alla religione cristiana
per mezzo dei pellegrini
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Interviene con commenti e giudizi, in particolare dopo la conclusione della vicenda,
con l’elogio esplicito dell’exemplum
3. Coraggioso (affronta da solo il drago), sicuro della forza della virtù (“...nel cui bastone
leggero si mostrò il peso della virtù...”) e del potere dell'autorevolezza più che della
violenza fisica
4. “Incrudeliva” sul cadavere della donna; atterriva la gente mostrandosi e “...flagellando
l'aria con la coda...”. Poi diviene subito mansueto (“...chinando supplichevolmente il
capo, cominciò a invocare il perdono con le carezze della coda...”, e, obbediente, si fa
guidare lontano dalla città, grazie all’autorevolezza di San Marcello e alle tre percosse
sulla testa: il drago (o serpente) simbolo del male viene vinto dalla virtù
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RIFLETTI SUL TESTO
1. Per esaltare l'impresa del santo
2. Il rito simbolico del percuotere con il bastone, oggetto che richiama il bastone pastorale
dei capi religiosi (“...nel cui bastone leggero si mostrò il peso della virtù...”); combatte
per il suo popolo, proponendosi come guida spirituale (“...il popolo ne fu rianimato...”
pag. 251); viene chiamato esplicitamente “pontefice” (pag. 251), termine che
originariamente significa solo “sacerdote”, ma assume via via il termine di “capo
spirituale”; la parte terminale del testo consiste in un elogio esplicito dell'esempio da
imitare (“...Ecco come la difesa della patria...” pag. 251).
pag. 255 “La bella annegata”- Leggenda lombarda
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Per la presenza di elementi fantastici e di spunti di saggezza popolare
2. I luoghi geografici, la vita dura dei contadini, il costume di cercare marito prima di
diventare “zitella”, il re di Francia
3. L’avverarsi della maledizione della madre; il lamento disperato che si sente “…di tanto
in tanto…da un punto imprecisato del Po…”
4. Alle leggende sovrannaturali, per la presenza di elementi magici
5. Perché il Romanticismo recupera il gusto per il fantastico ed il magico ed in questo
periodo nascono raccolte di leggende che hanno per oggetto la saggezza popolare
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Focalizzazione zero, evidenziata dalla conoscenza dei pensieri e delle emozioni dei
personaggi; egli inoltre non dimostra di credere totalmente alla spiegazione della
leggenda (“…Fosse una maligna coincidenza, fosse qualsiasi altra cosa…” pag. 254;
“…che lì alla Mortizza…sembra…” pag. 255)
3. È una bella ragazza, affascinante e civettuola, dal carattere realistico, che desidera
prendere marito prima di diventare “zitella” e in ciò è ostacolata dalla madre, che non
si accontenta di nessun pretendente. La giovane si ribella alla volontà materna, perché
si scopre inebriata dall’amore
4. Il ragazzo è stato adottato dalle due donne e si dimostra affezionato e servizievole,
cerca di aiutare la sorella nel suo desiderio
5. Il testo dice genericamente “molti secoli fa”, tuttavia si cita la guerra tra ilo re di
Francia contro il Papa e gli Spagnoli, alludendo forse alla guerra di Luigi XII contro la
Lega Santa
6. Sì, perché la leggenda serve a spiegare il nome Mortizza dato ad una precisa zona del
Po
RIFLETTI SUL TESTO
1. Forse che – secondo la saggezza popolare - una contadina non deve aspirare a diventare
moglie di un re, non deve illudersi di poter cambiare radicalmente status
2. Al fratellino, portatore dei valori dell’affetto, che si prende “…l’impegno quotidiano di
portare in riva al fiume un mazzolino di fiori da gettare in quella crudele e immensa
tomba liquida…”, ricordando a tutti l’avvenimento.
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U.D.1 - La narrazione di fantasia – La fiaba
pag. 265 “Sindibad il marinaio” di Anonimo
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Popolare, perché non ha un autore preciso, essendo una raccolta di fiabe provenienti da
varie parti dell’Oriente
2. Le scimmie che assaltano la nave abbandonando i passeggeri in un’isola sconosciuta; le
orribili creature che abitano la prima isola e la seconda
3. Perdita di tutti i suoi averi; pericolo di perdere la vita per mano dell’uomo nero e del
serpente; morte per fame su un’isola deserta. Dimostra che ci si può salvare grazie
all’intelligenza
4. Gli antagonisti, che Sindibad affronta e sconfigge, rappresentano il male che si può
incontrare nel corso della vita: l’insegnamento che viene dalle azioni salvifiche
dell’eroe è che ci si può liberare dal male per mezzo del coraggio e della razionalità,
dandosi da fare per aiutare gli altri. Tale insegnamento è racchiuso, per es. nella frase a
pag. 262: “…noi dobbiamo usare astuzia contro di lui e ucciderlo, ci libereremo così
dall’affanno che ci dà e libereremo il genere umano da questo guaio…”
STRUTTURA DEL TESTO
1. Il protagonista; focalizzazione interna
2. È un tipico eroe: malgrado la paura, affronta i pericoli e supera le prove con la
razionalità; guida i suoi compagni e ottiene la giusta ricompensa (sotto forma di
salvezza e di arricchimento)
3. L'uomo nero: orribile nel fisico (“...nero e alto come una gran palma...zanne uguali a
quelle dei cinghiali...labbra simili a quelle del cammello...orecchie come due
zatteroni...” pag. 262) e crudele nel comportamento. Scontata l'altezza, il colore;
originali le orecchie e le labbra, soprattutto nelle similitudini. La donna: “...più grande
e più brutta di lui...” (pag. 263), ovvia somiglianza, che il narratore non sviluppa
nemmeno.
Il serpente: “...dal corpo grosso e dal ventre vasto...” (pag. 263) come tutti i serpenti
delle fiabe, che mangia i malcapitati marinai
4. Imprecisati
5. Indefinito, perché le vicende sono immaginate in luoghi fantastici
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. a pag. 261 i numerosi riferimenti alla volontà di Dio: “…Iddio conosce meglio
di ogni altro…Iddio mi aveva fatto rifare di tutto…partimmo con la benedizione di
Dio…”. Essi, non casualmente, sono ripetuti all’inizio della vicenda, ad indicare che
nulla accade senza precisa volontà di Dio
2. L’avventura di Ulisse e il Ciclope. Nell’Odissea Polifemo, che ha numerose analogie
con l’uomo nero di questa fiaba, è però connotato dall’unico occhio al centro della
fronte; non è citata, inoltre, alcuna donna dalle stesse caratteristiche e neppure
l’abitazione si presenta come un castello, è invece una caverna.
pag. 268 “Cappuccetto Rosso” di Anonimo
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. La fiaba è un tipo di narrazione ambientato in un mondo diverso da quello reale,
collocato in un tempo e in uno spazio lontani e indefiniti, che ha un intento educativo e
contemporaneamente rassicurante, grazie al lieto fine. La vicenda di Cappuccetto
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2.
3.
4.
5.
Rosso è in tal senso esemplare: il divieto dato dalla mamma di non attraversare il bosco
non va trasgredito, il mondo esterno contiene pericoli (il lupo), il salvataggio
dell’eroina costituisce la rassicurazione
V. J. Propp sostiene che le fiabe vadano ricondotte ai rituali primitivi per l’iniziazione
dei giovani all’età adulta, mediante il superamento di prove. Cappuccetto Rosso, in
effetti, si allontana da casa, decidendo il percorso in autonomia rispetto alle indicazioni
materne: il gesto rappresenta il tentativo di distaccarsi dalla famiglia. All’interno delle
tipologie dei personaggi e delle azioni classificate da Propp, Cappuccetto Rosso è la
tipica eroina-vittima di persecuzione, che compie l’azione di allontanamento e incorre
in un tranello ordito da un antagonista (il lupo), con il rischio di un danneggiamento
(essere divorata dal lupo insieme alla nonna), cui segue nel finale la punizione del
colpevole, grazie ad un aiutante (il cacciatore)
È ambientata in un tempo lontano e generico (“C’era una volta…”)
È uno spazio genericamente identificato (un bosco)
È un punto del bosco ben preciso e rintracciabile; il numero tre ha di solito valore
simbolico e si ritrova frequentemente in questo tipo di narrazione
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente (focalizzazione zero)
2. Lo Spannung è costituito dal momento del dialogo tra Cappuccetto Rosso e il lupo
travestito da nonna: “…Oh, nonna, che orecchie grosse! – Per sentirti meglio. – Oh,
nonna, che occhi grossi! – Per vederti meglio. – Oh, nonna, che grosse mani! – Per
meglio afferrarti. – Ma, nonna, che bocca spaventosa! – Per meglio divorarti. – E
subito il lupo balzò dal letto e ingoiò il povero Cappuccetto Rosso…” . Qualsiasi
bambino a cui si racconta la fiaba spalanca progressivamente gli occhi aspettandosi il
peggio…
3. È una ragazzina a cui tutti vogliono bene per il suo aspetto, i suoi buoni sentimenti e
per la sua semplicità, che la fa essere anche ingenua e inconsapevole dei pericoli
4. Il lupo è il classico “cattivo”: ordisce un tranello per la bambina, mangia lei e la nonna,
e non certo per fame
5. Cappuccetto Rosso è l’eroina, destinata a trionfare sull’antagonista, il lupo che le si
oppone con un tranello
6. Perché il motivo centrale è l’inganno e la sostituzione del lupo con la nonna e il
momento di Spannung ne è il culmine
RIFLETTI SUL TESTO
Svolgimento libero.
pagg. 271-272 “Lo stivale ingioiellato” di Anonimo
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. La fiaba manca di elementi fantastici veri e propri; presenta tuttavia alcune situazioni
abbastanza incredibili, per es. la carriera dell’eroe presso i più grandi re d’Europa;
l’azione della vecchia che riesce a non essere scoperta; lo scioglimento all’ultimo
momento, l’innamoramento e le nozze: tutto appare verosimile, ma ambientato in una
realtà semplificata
2. Per es. dal commento finale “…Loro restarono felici e contenti / E noi siam qua che ci
nettiamo i denti…” che pare alludere all’ascolto collettivo, davanti al focolare, di
questo genere di narrazione orale; ma anche dall’ambientazione siciliana dei tempi
passati, connotata culturalmente dalla riservatezza richiesta alle donne non sposate
3.
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4. Essa è ambientata in un passato lontano, che si direbbe medievale dalla esistenza dei
mercanti, ma che è definito genericamente dalla presenza di non nominati Re di Spagna
e Portogallo
5. Palermo e la corte di Spagna e di Portogallo sono luoghi precisi; tuttavia, soprattutto
questi due ultimi, sono caratteristici topoi della fantasia popolare
6. Il tranello del malvagio viene scoperto e punito; i buoni ottengono il premio
STRUTTURA DEL TESTO
1. La partenza di Don Giuseppe
2. Nella prima è Don Giuseppe, nella seconda sua sorella
3. L’onestà, la schiettezza, la bontà d’animo. La prima
4. Il Braciere, che è invidioso del successo dell’eroe e non ha timore di mentire
5. Il Re di Spagna
6. Aiutanti dell’eroe: i carcerieri; aiutante dell’antagonista: la vecchia
7. Allontanamento: esordio
Divieto: raccomandazioni alla sorella da parte di Don Giuseppe
Tranello: la bugia del Braciere, che calunnia la sorella di Don Giuseppe
Connivenza: l’azione della vecchia, che taglia i tre peli dalla spalla della fanciulla
Danneggiamento: imprigionamento di Don Giuseppe e sua condanna a morte
Trasferimento nello spazio: la sorella si reca alla corte di Spagna
Lotta: la donna fa cadere in contraddizione il Braciere
Vittoria: il malvagio cade nella trappola
Rimozione Del Danno: liberazione di Don Giuseppe e sua riabilitazione a corte
Punizione: condanna a morte del Braciere
Nozze: lieto fine
8. I buoni trionfano sui cattivi: intento evidentemente rassicurante
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché “…sta ritirata…non è mai uscita di casa…”
2. Per l’assenza di elementi fantastici come streghe, orchi, fate, bacchette magiche ecc.
U.D.1 - La narrazione di fantasia – La favola
pagg. 277-278 “La volpe e il capro” di Esopo - J. La Fontaine
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Ne presentano le principali caratteristiche: sono brevi; hanno una struttura tripartita
(presentazione - svolgimento - morale); presentano come protagonisti degli animali;
l’intento pedagogico è esplicito, dopo la conclusione della vicenda
2. Un narratore vissuto in Grecia nel VI sec. a.C.
3. Un narratore francese del XVII secolo
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno, che diventa esplicito alla fine, nella enunciazione della morale
2. Idem c.s.
3. Una volpe, astuta e convincente nel parlare; un capro, ottuso e credulone
4. Il capro “…non vedeva più in là del proprio naso…”; Capitan Volpone “…in fatto di
imbrogli era maestro patentato…”
5. Nella versione di La Fontaine è più accentuato l’egoismo della volpe, che tradisce un
amico, mentre Esopo non parla di una precedente amicizia tra i due, che s’incontrano
per caso, evidenzia invece la prepotenza della volpe
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RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. “La volpe e l’uva” e “La volpe e il leone”, sempre di Esopo, rielaborate da J. La
Fontaine; “L’allodola terragna e la volpe” e “La volpe e la cicogna” di Fedro. La volpe
è sempre indicata come astuta
2. Occorre aggiungere elementi fantastici (per es. l’intervento prodigioso di un
personaggio stregato) e togliere l’enunciazione della morale finale.
pag. 279 “La favola del luccio” di G. Gozzi
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. SIT. IN.: la prima frase, fino a “…farvi le sue prede…” – SV.: fino a “…ne fece un
saporito boccone…” – MORALE: la frase finale
2. In conclusione della favola, dicendo, per es: “Anche tra gli esseri umani accade la
stessa cosa; infatti, se qualcuno si getta in nuove avventure, finisce male”
3. Perché spesso, come in questo caso, mettono in luce difetti del genere umano
STRUTTURA DEL TESTO
1. Coincide quasi totalmente con l’intreccio, a parte l’anticipazione della conclusione
“…quello fu l’ultimo punto della sua vita…” (pag. 278)
2. Il desiderio di avventurarsi fuori dal proprio ambito abituale per trovare cose nuove
3. Sono generici e indefiniti, perché valgono sempre e per tutti
4. A pag. 278: “…quello fu l’ultimo punto della sua vita…”; forse per dare maggiore
immediatezza
5. Semplice e quotidiano
RIFLETTI SUL TESTO
1. “Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che perde ma non sa quel che trova”;
“Chi di gallina nasce convien che razzoli”; “Nessuno faccia il passo più lungo della
gamba”…
2. Svolgimento libero
3. Occorre aggiungere elementi fantastici e togliere l’enunciazione della morale finale.
pag. 280 “La quaglia e i suoi pulcini” di L. Tolstoj
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Il fatto che gli animali parlino; la quaglia madre che si rivolge ai pulcini col termine
“bambini”
2. La falciatura del prato e la cattura delle quaglie
3. Per rendere chiaro e immediato il messaggio
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Presentazione del contesto e dei personaggi – Svolgimento della vicenda (manca
l’enunciazione della morale)
3. Segue la fabula, per dare semplicità ed efficacia al racconto
4. Attenta e materna coi suoi pulcini. Essi, invece, sono ingenui e sprovveduti. La loro
caratterizzazione ha il fine di preparare la tragica conclusione
5. In un tempo e in luogo indeterminati, ma realistici
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RIFLETTI SUL TESTO
1. L’inesperienza della giovinezza porta alla rovina
2. Forse perché risultava già evidente dalla conclusione, oppure perché, trattandosi di
favole di lettura per bambini, faceva parte dell’esercizio chiedere loro di trarre un
insegnamento
3. Gli esseri umani compiono il loro mestiere senza farsi carico di altre conseguenze,
soprattutto per gli animali. Rappresentano l’inevitabilità del procedere del mondo.
4. Essendo rivolta alla lettura infantile, fa una raccomandazione di obbedienza dei giovani
agli adulti.
U.D.1 - La narrazione di fantasia – L’apologo
pag. 284 “Apologo di Giotam contro Abimelec”
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Entrambi raccontano vicende di fantasia anche se verosimili, ambientate in tempi
lontani e indefiniti, hanno avuto diffusione soprattutto scritta, raccontano episodi con
scopo educativo o moraleggiante
2. Si differenzia per lo stile, che può essere anche elaborato, per le dimensioni, che sono
variabili (possono essere brevi o lunghe)
3. Insieme ai libri più antichi, come la Bibbia
4. Soprattutto scritta, perché il genere fu legato a libri importanti (come la Bibbia) o ad
autori molto conosciuti (come Esopo)
STRUTTURA DEL TESTO
1. Da un narratore interno (Giotam)
2. Agli abitanti di Sichem, per impedire che eleggano un re (suo fratello Abimelec) che
egli giudica negativamente
3. L’ulivo, il fico e la vite si dimostrano altruisti, si preoccupano di dare i loro frutti
(“…posso io rinunziare ai miei ottimi frutti…”) senza farsi attrarre dalla prospettiva di
avere egemonia sugli altri (“…per dondolarmi sopra gli altri alberi…”); il pruno
ironizza sulla proposta che gli viene fatta, sottolineando l’assenza di qualità per regnare
sugli altri (“…venite a riposarvi sotto la mia ombra…” mentre non può fare ombra
perché è un rovo) e prospettando le conseguenze negative che ne conseguirebbero
(“…esca dal pruno un fuoco che divori i cedri del Libano.”)
4. Entrambi indeterminati, perciò validi sempre e ovunque
RIFLETTI SUL TESTO
1. Sì, gli alberi da frutto citati sono tipici di quella zona geografica
2. Per dimostrare agli altri il loro errore.
U.D.1 - La narrazione di fantasia – Il racconto allegorico
pag. 289 “L’apparizione della filosofia” di S. Boezio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un racconto che ha due significati: uno, letterale, riguarda le situazioni narrate,
l’altro, simbolico, ha natura mistico-religiosa e inizialmente soprannaturale (in seguito
la caratteristica si è persa)
2. Per adattarsi al messaggio che contiene
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3. Nel Medioevo, quando era diffusa l’esigenza di interpretare in chiave religiosa tutti i
testi scritti fino a quel momento, e in particolare quelli classici greco-latini che erano
considerati molto significativi e necessitavano perciò di una rivalorizzazione nell’ottica
culturale del tempo
4. Una comunicazione elaborata, adatta a trattare temi particolarmente complessi
STRUTTURA DEL TESTO
1. L’io narrante coincide con l’autore
2. “…occhi sfolgoranti e penetranti oltre la comune capacità umana…”; “…inesausto
vigore – per quanto ella fosse così onusta di anni…”; “…dalla statura difficile da
valutare. Infatti ora si riduceva alla normale misura degli uomini, ed ora sembrava
toccare il cielo con la sommità del capo; quando poi lo sollevava ancora più in alto,
penetrava anche lo stesso cielo…”; “…le sue vesti erano fatte…di sottilissimi fili
d’indistruttibile materia…”
3. La metafora, per es. “…occhi sfolgoranti e penetranti…” e “…penetrava lo stesso
cielo…”, che sconfina nell’iperbole: “…ora si riduceva alla normale misura degli
uomini, ed ora sembrava toccare il cielo con la sommità del capo…”. Entrambe sono
tipiche dell’enfasi retorica usata da questo genere di testo, che desidera suscitare
meraviglia
4. Pochissima, perché l’importante è il contenuto
RIFLETTI SUL TESTO
La filosofia è una disciplina antichissima e proprio per questo merita massima
considerazione e rispetto; essa permette scoperte di enorme importanza per l’umanità e la
sua forza principale è lo spirito di ricerca. Il suo modo di ragionare è sottile e ricercato.
Essa si occupa dei problemi degli uomini, sia quelli vicini alla loro vita terrestre che quelli
che rimandano all’ultraterreno, passando per tutti i gradi intermedi.
U.D.2 - La novella e il racconto
pag. 301 “Chichibìo e la gru” di G. Boccaccio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un componimento narrativo di medie dimensioni, che presenta una vicenda ben
individuata e conclusa, di contenuto e ambientazione realistici o verosimili, molto vari.
L’intento del narratore è soprattutto narrativo, il piacere del raccontare e di divertire il
pubblico, ma in epoche più vicine a noi spesso vi è anche scopo di riflettere sulla vita e
sull’umanità
2. Poiché ne fissò le caratteristiche fondamentali, divenendo un modello per molti secoli
3. Dal “Decamerone”
4. Si tratta di cento novelle, raccolte in una cornice che le racchiude: Boccaccio immagina
che un gruppo di giovani fiorentini sfuggano alla peste del 1348 rifugiandosi in una
villa di campagna, dove per dieci giorni ognuno di essi, a turno, racconti agli una
novella per ingannare il tempo
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STRUTTURA DEL TESTO
1. Prima macrosequenza: “…Il quale con un suo falcone avendo un dì…” (pag. 298);
seconda macrosequenza: “…Essendo poi davanti a Currado…”(pag. 298); terza
macrosequenza: “…Ma già vicini al fiume pervenuti, gli venner…” (pag. 299)
2. Un narratore esterno (in questo caso è una donna delle sette presenti nel gruppo)
3. Gli altri nove giovani presenti (in particolare la narratrice si rivolge alle altre ragazze);
essi sono esplicitati all’inizio: “…sì come ciascuna di voi e udito e veduto puote
avere…”
4. Chichibìo viene definito uno sciocco (“…come nuovo bergolo era così pareva…” pag.
298), chiacchierone e bugiardo (per es. risponde prontamente al padrone con una
frottola “…Signor mio, le gru non hanno se non una coscia e una gamba…” pag. 298);
pavido, ma dotato di arguzia e di prontezza di spirito, si salva cogliendo l’occasione
con l’istinto (“…ma voi non gridaste hohò! a quella d’iersera…” pag. 299).
Currado è nobile d’animo e di nascita (“…nobile cittadino, liberale e magnifico…vita
cavalleresca tenendo…”), ospite cortese (“…per amore de’ forestieri che seco avea,
non volle dietro alle parole andare…”), ma collerico (“…ma ti giuro in sul corpo di
Cristo che, se altrimenti sarà…”) e testardo (“…Tosto vedremo chi avrà iersera
mentito…”); si rivela alla fine generoso e dotato di senso dell’umorismo (“…tutta la
sua ira si convertì in festa e riso…”)
5. Le loro personalità sono delineate con molta attenzione
6. La novella è breve e narra sinteticamente i passaggi meno significativi ai fini della
vicenda: per es. la cottura della gru è riassunta sommariamente (“…La quale essendo
già presso che cotta…”) per passare all’arrivo in cucina di Brunetta; subito dopo il
breve dialogo tra i due il testo riassume “…E in breve le parole furon molte…” per
venire subito al punto in cui Chichibìo ne stacca una coscia, provocando il danno. Le
ellissi sono presenti con la stessa motivazione: per es. subito dopo l’episodio
precedente si passa istantaneamente alla scena in cui i convitati e Currado si accorgono
che la gru ha una coscia sola: “…gliela diede. Essendo poi davanti a Currado…” (pag.
298). E ancora: “…Finite quella sera le parole, la mattina seguente…” (pag. 299)
7. La novella è ambientata a Firenze, di cui Currado Gianfigliazzi è eminente cittadino
(“…sempre della nostra città è stato nobile cittadino, liberale e magnifico…” pag.
298); si citano poi luoghi vicini come Peretola e un non nominato fiume (“…una
fiumana alla riva della quale sempre soleva…” pag. 299). I due ambienti presenti sono
la cucina e la sala da pranzo, ma di essi si fa cenno solo per l’uso che se ne fa, senza
descriverli
8. Lessico popolare: “bergolo”, “feminetta de la contrada”, “Voi non l’avrì da mi”,
“ronzino” - Lessico elegante: “liberale”, “magnifico”, “dilettato ”, “soleva”, “si
convertì”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Currado sa che il cuoco mente, non lascia correre la cosa, ma si mostra vendicativo e
testardamente deciso a punire Chichibìo. Il suo atteggiamento cambia solo alla fine,
quando dimostra di apprezzare la prontezza di spirito che ha ispirato la battuta al suo
cuoco
2. L’autore è chiaramente prevenuto, mostrandone un esemplare sciocco e bugiardo
3. Con intento realistico, per caratterizzare i due personaggi, di diversa estrazione sociale.
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pagg. 305-306 “Landolfo Rufolo e la cassa che non volle” di G. Boccaccio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. “Cosa nuova”, “notizia”
2. Novella in cui il racconto dei fatti prevale sul ritratto dei personaggi
3. Quella in cui la vicenda è un pretesto per delineare un personaggio o il contesto in cui
vive
4. Geoffrey Chaucer
STRUTTURA DEL TESTO
1. 1) a pag. 302 da “...com'è abitudine dei mercanti...” a “...cosa che quasi lo manda in
rovina...”
2) a pag. 302 da “…Provato dal tipico disagio...” a “...si mise ad appropriarsi della
roba altrui, meglio se turca...”
3) a pag. 302 da “...ammonito dal primo dispiacere...” a “...si mise sulla rotta del
ritorno...”
4) a pag. 302 da “...Era già arrivato nell'Egeo...” a “...in attesa di venti più
favorevoli...”
5) a pag. 302 da “...Poco dopo pervennero...” a “...che una misera canottiera...”
6) a pag. 303 da “...Ma verso il tramonto si levò...” a “...e la notte seguente...”
7) a pag. 303 da “...Il giorno dopo, a Dio piacendo...” a “...Così fece...”
8) a pag. 304 da “...Lui, che non si ricordava...” a “...ritornò a Ravello...”
9) a pag. 304 da “...scoprì che aveva...” a “...visse in modo sopraffino fino alla fine”
2. Narratore esterno onnisciente
3.
Riflessioni
Azioni
Siccome la sua ricchezza non gli bastava mai ...fatti bene i suoi conti, comperò...la stipò...e
e desiderava raddoppiarla...
salpò...
Provato dal tipico disagio...non sapendo che
fare e vedendosi dall'oggi al domani
poverissimo ... pensò o di farla finita o di
recuperare i danni subiti...
Trovò così un acquirente...comperò una piccola
imbarcazione...la armò...e si mise a appropriarsi
della roba altrui...
...ammonito
dal
primo
dispiacere... Si preparò a fare ritorno a casa sua...messi i remi
consapevole di aver ammassato...e non in mare...si mise sulla rotta del ritorno
volendo incappare...si convinse che...
...dato che era già stato messo due volte a ...le avvolse in alcuni stracci e disse...
tappeto dalla sorte, pensò che era meglio...
Col rimanente, senza volere più commerciare, ...e visse in modo sopraffino fino alla fine
si mise il cuore e il portafoglio in pace...
4. Notevole importanza: determinano le sue scelte successive e la sua sopravvivenza
conclusiva
5. A tutto tondo: egli è descritto dettagliatamente; è un personaggio dinamico: è
disponibile a rischiare e impara dai suoi errori, modificando i suoi comportamenti nel
corso delle avventure
6. La donna di Corfù e i mercanti a Trani
7. Maggior ricchezza, che si ottiene con l'intraprendenza, correndo dei rischi e utilizzando
la saggezza, ma col contributo decisivo della fortuna
8. Numerosi sommari: per es. a pag. 302 “...Siccome la sua ricchezza non gli bastava mai
e desiderava raddoppiarla...”; “...In meno di un anno depredò e prese...”; a pag. 304
“...montato su una barca, sbarcò a Brindisi e da qui, costeggiando, arrivò sino a
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Trani...”. Lo scopo è quello dell'efficacia stilistica: le azioni descritte in quei passi
servono solo a introdurre elementi più importanti ai fini della vicenda. In altri punti
invece l'Autore si sofferma più a lungo, per es. le notti che Landolfo passa in alto mare,
abbracciato alla cassa, che danno drammaticità e suspence all'esito
9. Il personaggio si delinea attraverso le sue azioni, perché esse sono la cosa più
importante nella visione del mondo dei mercanti
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché è variabile e incerto, come la fortuna
2. Tutte quelle relative alla ricchezza: dalla decisione di partire a quella - senza nessuno
scrupolo - di diventare pirata, a tutte quelle con cui cerca di conservare ciò che ha
conquistato.
pag. 310 “Frate Cipolla” di G. Boccaccio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Scrittura in prosa – intento: piacere del narrare e del leggere – narrazione in sé conclusa
– argomenti e ambientazione realistici o verosimili – protagonista principale: l’uomo e
le sue caratteristiche – personaggi ben delineati – varietà dei temi, della struttura e dello
stile - indicazioni temporali precise
2. Una battuta pronta e spiritosa, garbatamente mordace
3. Novella di carattere
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Presentazione del protagonista e introduzione all’ambiente della vicenda (fino a “…alla
messa nella chiesa parrocchiale…” pag. 307) – Promessa di far vedere la reliquia della
penna dell’angelo Gabriele (fino a “…Detto questo, tacque e ritorno alla messa…”
pag. 307) – Ideazione della beffa da parte di alcuni giovani (da “…Tra i molti presenti
nella chiesa…” fino a “…per vedere come poi se la sarebbe cavata frate Cipolla
quando avesse dovuto mostrarla ai fedeli…” pag. 307) – Presentazione del servo
Guccio e suo allontanamento dalla stanza (da “…Frate Cipolla aveva un servo…” pag.
307 fino a “…del suo cappuccio unto e dei suoi discorsi vuoti…” pag. 308) Sostituzione della penna (da “…I due giovani trovarono dunque Guccio…” fino a
“…trovando carboni al posto della penna…” pag. 308) – Inizio del sermone di Frate
Cipolla e scoperta della sostituzione (da “…I fedeli semplicioni…” fino a
“…trascurato e smemorato…” pag. 308) – Sua pronta reazione e predica-beffa (da
“…Tuttavia senza cambiar colore…” pag. 308 fino a “…mostrò i carboni…” pag.
310) – Reazione dei fedeli e restituzione della penna da parte dei giovani (da “…Dopo
che la moltitudine di gonzi…” alla fine)
3. Frate truffatore, “…ottimo parlatore e pronto…” tanto da essere paragonabile a
“…Tullio medesimo o forse Quintiliano…”, che imbroglia i fedeli creduloni grazie al
suo ingegno. La retorica è messa al servizio della beffa, l’ingegno del frate consiste
soprattutto nell’uscire dalla difficoltà mediante la sua parlantina
4. Guccio ha dei soprannomi che ne indicano le caratteristiche: Balena, Imbratta, Porco.
Di lui si dice che “…era veramente un cattivo soggetto, pieno di ogni possibile
difetto…”. Donnaiolo, si fa distrarre appunto da una donna, la Nuta, che gli corrisponde
nelle caratteristiche fisiche: “…grassa e grossa, piccola e malfatta… tutta sudata, unta
e affumicata…”. Il servo del frate ne è anche in qualche modo il doppione: se pure con
risorse più modeste cerca di usare la parola per incantare la Nuta
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5. Sì, tuttavia all’interno della predica-beffa si trova la narrazione delle avventure
precedenti, anche se immaginarie (per questo non può essere considerato un vero e
proprio flashback, ma, se mai, un racconto nel racconto), raccontate dal protagonista
6. Identificati con precisione, anche se non si notano ampie descrizioni
7. Per evidenziare le qualità espressive del protagonista
8. L’accumulazione. Per es. a pag. 307-308 la descrizione di Nuta: “…grassa e grossa,
piccola e malfatta, con un paio di poppe così grosse, che sembravano due recipienti
per portare il letame, tutta sudata, unta e affumicata…”; a pag. 309 i luoghi, quasi
sempre immaginari, visitati dal frate: “…allontanatomi da Vinegia e andandomene per
il Borgo dei Greci, quindi cavalcando per il regno del Garbo e per Baldacca, giunsi in
Parione … giunsi in Sardegna…in Truffia e Buffia…nella terra di Menzogna…alle
montagne dei Baschi…in India Pastinaca…”; a pag. 309 l’elenco delle finte reliquie:
“…il dito dello Spirito Santo… un ciuffo di capelli del serafino che apparve a San
Francesco; un’unghia dei cherubini; una delle costole del Verbum-caro-fatti-allefinestre, alcuni abiti della Santa Fede Cattolica; molti raggi della stella che apparve ai
tre Re Magi…un’ampolla del sudore di San Michele…la mascella di San Lazzaro; uno
dei denti della Santa Croce; un’ampolletta col suono delle campane del Tempio di
Salomone; la penna dell’arcangelo Gabriele…”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. a pag. 307: “…una delle penne dell’arcangelo Gabriele, che rimase nella
camera della Vergine Maria, quando l’angelo le portò la lieta novella…”; a pag. 308:
“…in quelle terre dove appare il sole…”; a pag. 309: “…evitare i disagi per amor di
Dio, poco curandosi della fatica degli altri, se c’era la possibilità di guadagnarci…”;
“…dove tutte le acque scorrono verso il basso…”; “…vidi volare i pennati…”;
“…padre Non-mi-blasmate-se-voi-piace…”; “…se io anche volessi contarle, non ci
riuscirei neppure in parecchie miglia…” ecc…
2. All’inizio della novella: “…a raccogliere le elemosine fatte al suo ordine dagli
sciocchi…accolto volentieri…anche perché quel territorio produce cipolle famose in
tutta la Toscana…”; per dare fini dall’inizio l’idea che il frate befferà la gente
3. Al frate, per la sua arguzia, perché ciò che dice sarebbe facilmente smascherabile, se
solo la gente usasse l’intelletto, i fedeli vengono infatti sempre indicati come
“creduloni” o “semplicioni”. Anche i giovani che lo beffano sono presentati con
cordialità, perché sono “astuti” e del frate “…tuttavia erano molto amici…”, quindi
hanno agito per scherzo, cosa che l’autore dimostra di apprezzare.
pagg. 321-322 “Rosso Malpelo” di G. Verga
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. La novella ricopre uno spazio temporale più esteso, seguendo un lungo tratto della vita
del protagonista; le novelle di Boccaccia si riferiscono di solito a spazi temporali più
brevi, talvolta brevissimi
2. Il realismo verghiano risponde a una visione del mondo generalmente pessimistica e di
denuncia delle condizioni di vita dei ceti sociali più bassi; Boccaccio presenta i diversi
aspetti della natura umana e della società trecentesca borghese e mercantile, non
perdendo l’occasione di rappresentare spesso anche i ceti più umili, di solito però in
chiave buffonesca
3. No, perché l’intento di rappresentare vizi e virtù umane fa sì che anche i migliori non
siano esenti da imperfezioni
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STRUTTURA DEL TESTO
1. Malpelo è un ragazzo siciliano, orfano del padre, che lavora in una cava di rena. Egli è
maltrattato da tutti e reagisce con comportamenti duri, ben rappresentati dal suo
soprannome, anche con gli unici esseri umani a cui vuole bene, l’amico Ranocchio e
l'asino grigio della cava. Un giorno viene ritrovato il corpo del padre, che era morto
nella cava sepolto da una frana, e poco dopo anche Ranocchio si ammala di TBC e
muore. Infine anche Malpelo muore, perdendosi nella miniera.
2. Narrative, per dare forza alla tecnica dell'impersonalità
3. Per es.: a pag. 311 la descrizione del ragazzo attraverso ciò che si dice di lui: “… era
un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone…” e
“…un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti…”; la logica di
Malpelo presenta la visione pessimistica dell’autore: “…La rena è traditora…somiglia
a tutti gli altri, che se sei più debole ti pestano la faccia, o se siete in molti, come fa lo
sciancato, allora si lascia vincere…” (pag. 314) o anche “…- Se ti accade di dar delle
busse, procura di darle più forte che puoi; così gli altri ti terranno da conto…” (pag.
314) e “…- Vedi quella cagna nera, - gli diceva – che non ha paura delle tue sassate?
Non ha paura perché ha più fame degli altri. Gliele vedi quelle costole al grigio?
Adesso non soffre più. -…” (pag. 316)
4. Malpelo ha i capelli rossi “…perché era un ragazzo malizioso e cattivo…” (pag. 311);
Malpelo è un brutto ceffo, torvo, ringhioso e selvatico, infatti “…al mezzogiorno,
mentre tutti gli altri operai della cava si mangiavano in crocchio la loro minestra...egli
andava a rincantucciarsi col suo corbello…” (pag. 311); Malpelo è abituato a ogni
genere di maltrattamento da parte di tutti “…la sorella gli faceva la ricevuta a
scapaccioni...lo accarezzavano coi piedi...gli tiravan dei sassi...” (pag. 311) “…si
stringeva nelle spalle, aggiungendo: - Io ci sono avvezzo. Era avvezzo a tutto, lui...”
(pag. 314) “…nemmeno sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non
gliene faceva mai...” (pag. 314); Malpelo ama molto il padre, infatti quando il padre
viene travolto dalla frana “…si graffiava la faccia e urlava…scavava con le unghie…”
(pag. 313); e poi “…non volle più allontanarsi da quella galleria e sterrava con
accanimento…” (pag. 313); quando si trovò una scarpa del padre “…fu colto da tal
tremito che dovettero tirarlo all'aria aperta…” (pag. 315); e, dopo il ritrovamento del
cadavere ed egli fu rivestito coi suoi abiti “…se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di
fustagno quasi nuovi, e gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che
solevano accarezzargli i capelli, quantunque fossero così ruvide e callose…” (pag.
316)
5. Egli è paragonato a una bestia, per es. tutti lo schivavano “…come un can rognoso…”,
era “…ringhioso e selvatico…”; “…andava a rosicchiarsi quel po’ di pane bigio, come
fanno le bestie sue pari…” e “…si lasciava caricare meglio dell’asino grigio…” (pag.
311). E ancora “…si graffiava la faccia e urlava, come una bestia davvero…mordeva
come un cane arrabbiato…” (pag. 313); “…come un cane malato…” (pag. 315).
Anche “…lavorava al pari di quei bufali feroci che si tengono coll’anello di ferro al
naso…”. Le similitudini si attagliano alla vita del personaggio e alla sua fama
6. La madre e la sorella, che non gli manifestavano affetto (“…persino sua madre…aveva
quasi dimenticato il suo nome di battesimo…” pag. 311), anzi lo picchiavano senza
motivo (“…la sorella maggiore gli faceva la ricevuta a scapaccioni…” pag. 311), poi,
dopo il ritrovamento del cadavere del padre, se ne erano andate e gli “…avevano chiuso
la porta di casa…” (pag. 318); gli operai della cava, che lo ingiuriavano e gli tiravano
sassi e pedate (“…Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di
manico di badile, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti…” (pag.
314); il padrone della cava, che lo puniva ingiustamente lasciandolo senza cibo “…il
padrone lo puniva levandogli il pane…” (pag. 314)
7. Ranocchio, sfruttato come tutti gli altri, nonostante la sua infermità (“…un povero
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ragazzetto, venuto a lavorare da poco tempo nella cava, il quale per una caduta da un
ponte s’era lussato il femore, e non poteva far più il manovale. Il poveretto, quando
portava il suo corbello di rena in spalla, arrancava…” pag. 313); gli operai, che
lavoravano quattordici ore al giorno in condizioni disumane (“…degli uomini ce
n’erano rimasti tanti, o schiacciati o smarriti nel buio, e che camminano da anni e
camminano ancora…” pag. 315); l'asino grigio, picchiato e sfruttato fino alla morte
(“…curvo sotto il peso, ansante e coll’occhio spento…Alle volte la bestia si piegava in
due per le battiture, ma stremo di forze, non poteva fare un passo, e cadeva sui
ginocchi…” pag. 314)
8. Un luogo buio, pericoloso, dove si lavora con grande fatica in condizioni disumane, e
in cui si rischia la vita per pochi soldi. Per es.: “…in quegli occhiacci di gatto che
ammiccavano se vedevano il sole…ci sono degli asini…in quei sotterranei, dove il
pozzo d’ingresso è a picco, ci si calan colle funi, e ci restano finché vivono…”;
“…aveva sempre visto quel buco nero, che si sprofondava sottoterra…l’intricato
labirinto delle gallerie…e come degli uomini ce n’erano rimasti tanti, o schiacciati o
smarriti nel buio, e che camminano da anni e camminano ancora…” (pag. 315)
9. Sì. ELLISSI frequenti: per es. a pag. 318: “…Intanto Ranocchio non guariva…”
oppure “…Verso quell’epoca…” o a pag. 319: “…Invece le ossa le lasciò nella
cava…”
RETROSPEZIONI: per es. a pag. 312-313 da “…Era morto così…” fino a “…Non
volle più allontanarsi da quella galleria…”
10. Per sottolineare la ripetitività e l'immutabilità dell'esistenza umana, nelle sue
connotazioni negative
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché occorre sopravvivere, e così va il mondo: “...Sua madre si sarebbe asciugati gli
occhi, poiché anche la madre di Malpelo s'era asciugati i suoi...” (pag. 318)
2. Per es. la sua disperazione al momento della morte del padre: “…si graffiava la faccia
e urlava...scavava con le unghie…quando si accostarono col lume gli videro tal viso
stravolto, e tali occhiacci invetrati e la schiuma alla bocca da far paura; le unghie gli
si erano strappate…” (pag. 313); e poi “…non volle più allontanarsi da quella galleria
e sterrava con accanimento…” (pag. 313). Quando si trovò una scarpa del padre “…fu
colto da tal tremito che dovettero tirarlo all'aria aperta…” (pag. 315); e, dopo il
ritrovamento del cadavere ed egli fu rivestito coi suoi abiti “…se li lisciava sulle
gambe, quei calzoni di fustagno quasi nuovi, e gli pareva che fossero dolci e lisci come
le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli, quantunque fossero così ruvide
e callose…” (pag. 316)
Nei confronti di Ranocchio egli mette in atto in realtà una serie di atteggiamenti
protettivi, per es. gli dà una parte del suo cibo: “...Malpelo gliene dava anche del suo,
per prendersi il gusto di tiranneggiarlo, dicevano…” e gli altri interpretano il gesto in
modo scorretto (pag. 313) perché di solito Malpelo picchiava Ranocchio (“…Infatti
egli lo tormentava in cento modi...dicendogli: - To', bestia! Bestia sei! Se non ti senti
l'animo di difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il
viso da questo e da quello...” pag. 314) in realtà lo incitava a non farsi sopraffare:
“…Se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi; così gli altri ti
terranno da conto…” “...Ogni volta che a Ranocchio toccava un lavoro troppo
pesante... - Lasciami fare; io sono più forte di te. - Oppure gli dava la sua mezza
cipolla...” (pag. 314). Quando il ragazzo si ammala “…Ei si caricava Ranocchio sulle
spalle, e gli faceva animo alla sua maniera, sgridandolo e picchiandolo…prese dei
soldi dalla paga della settimana, per comperargli del vino e della minestra
calda…Malpelo se ne stava zitto e immobile, chino su di lui, colle mani sui
ginocchi…” (pag. 318). Quando capisce che non c’è più nulla da fare, si augura una sua
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rapida morte “…È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio
che tu crepi!… ” e così viene interpretata la frase: “…E il padrone diceva che Malpelo
era capace di di schiacciargli il capo, a quel ragazzo…” (pag. 318)
3. Per es. a pag. 314: “…Quando cacciava un asino carico per la ripida salita…Malpelo
soleva dire a Ranocchio: - L'asino va picchiato, perché non può picchiar lui…”; e
ancora pag. 314: “…La rena è traditora...somiglia a tutti gli altri…”
4. A tale destino sono e saranno condannati tutti gli esseri sfruttati, per sempre.
pag. 328 “Cinci” di L. Pirandello
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Principali differenze: spazio con valenze simboliche; presenza di numerose sequenze
riflessive, per sottolineare la visione dell’autore; visione relativistica della realtà
2. La visione relativistica della realtà: le cose appaiono diverse a seconda del punto di
vista; l’esistenza intesa come fluire continuo (tematiche legate al diverso clima
culturale dell’epoca novecentesca)
STRUTTURA DEL TESTO
1. Cinci torna a casa da scuola, ma non può entrare in casa, perché la madre è fuori –
Cinci si dirige verso la campagna e intanto i suoi pensieri corrono a una serie di
riflessioni – Entra nelle chiesetta ai margini della cittadina e disturba la funzione per
dispetto – Si dirige verso il poggio – Si ferma a osservare il crepuscolo – Incontro con
un ragazzo contadino che uccide una lucertola per gioco – Cinci si accapiglia col
ragazzo e, senza volerlo, lo uccide con una pietra – Sorpresa di Cinci e suo rientro a
casa, come se nulla fosse accaduto
2. Descrizione del cane sulla porta chiusa – Commento (“…Cane, sa che non può fare di
più…”)
– Reazione di Cinci davanti alla porta chiusa (pag. 322 fino a “…si guarda attorno,
mentre il cane salta indietro e lo mira…”) – Descrizione del ragazzo (pag. 323 fino a
“…queste che ha ai piedi sono già rotte…”) – Decisione di andare fuori città, in
campagna – Descrizione del paesaggio e riflessioni di Cinci (a pag. 323 da “…Ora,
stufo, s’abbraccia le gambe…” a “…scomparire da una finestra e ricomparire
dall’altra…” a pag. 324) con numerosi flash-back – Descrizione della piazzetta (a pag.
324 da “…È arrivato alla piazzetta…” a “…Qualche vecchia in ritardo si affretta alla
chiesina per il Vespro…”) – Cinci entra in chiesa - descrizione della chiesa - e disturba
la funzione (a pag. 324 da “…Cinci d’improvviso…” a “…Non bisogna abusare delle
povere beghine scandalizzate…”) – Cinci si dirige verso il poggio, suo stato d’animo (a
pag. 324 da “…Esce dalla chiesina…” a “…per quella smania che gli s’è messa allo
stomaco, di fare qualche cosa…” – Descrizione del viottolo di campagna (pagg. 324325 da “…Strada di campagna…” a “…e tante mogli se un uomo…”) – Giochi,
descrizioni del paesaggio e riflessioni di Cinci (pag. 325 da “…Cinci vuol far la prova
su Fox…” a “…ultime giornate d’ottobre, ancora di sole caldo…”) – Incontro col
ragazzo di campagna che uccide una lucertola (pag. 325 da “…A un tratto…” a “…col
bianco della pancia al lume della luna…”) – Intervento di Cinci, suo accapigliarsi col
ragazzo e involontario omicidio (pagg. 325-326 da “…Cinci se ne adira…” a
“…Qualcuno di là si ritrae: sarà Fox…”) – Sorpresa per la morte del ragazzo (pag.
326 da “…Scagliata la pietra…” a “…si china a guardare…”) – Descrizione del
ragazzo morto (pag. 326 da “…Il ragazzo ha la testa sfracellata…” a “…pende ancora
dal collo…” – Cinci se ne va e ritorna a casa (da “…Lui se ne va…” alla fine)
3. Quelle descrittive e riflessive. L’autore ha scelto di descrivere gli stati d’animo e il
paesaggio dal punto di vista del protagonista, attraverso i suoi pensieri
49
4. Cinci è un ragazzino trasandato (“…ciuffi scompigliati…capelli di stoppa…ispido e
giallo…butta sbiechi i piedi, camminando…non ci son scarpe che gli durino…” a pag.
323), con il disagio interiore che gli deriva dall’adolescenza (“…comincia a sentirsi
ribollire nelle viscere tutto il cattivo che gli viene da tante cose che non sa spiegarsi…”
pag. 323), dall’assenza del padre (“…suo padre, lui, non l’ha conosciuto…” pag. 324)
e dall’incomprensione della madre, che mantiene con fatica la famiglia, allontanandosi
di casa per lavorare (“…maledetta, così lontana…” pag. 323). Egli sfoga le sue rabbie
con la violenza: prende a calci il cane, la porta di casa (“…calci anche alla porta, pur
sapendo che è chiusa…” pag. 322), disturba per dispetto la funzione in chiesa
(“…gettare a terra quel fagotto di libri…” pag. 324), si accapiglia con il contadino
perché ha ucciso la lucertola (“…Cinci avventa con tutta la forza un pugno in petto…”
pag. 325) e, senza volere, lo uccide (“…Scagliata la pietra, d’un tratto – com’è? -…”
pag. 326). Egli, però non è né malvagio, né colpevole fino in fondo, è solo, come tutti,
vittima della sua sofferenza
5. È un personaggio descritto minuziosamente, nei suoi pensieri e nella sua sofferenza
interiore
6. Appare antagonista agli occhi gelosi ed egoisti di Cinci
7. I passanti e le beghine sono delle comparse. Fox è l’alter ego di Cinci, perché ne
condivide le pene. Il ragazzo che viene ucciso è il deuteragonista
8. Il sobborgo “puzzolente” è il simbolo della brutta vita di Cinci, da cui egli vuole
fuggire, rifugiandosi in campagna, dove tutto inizialmente gli appare più gradevole, ma
tutto poi diventa malinconico e triste “…muro illividito…solitaria…larva di
luna…cielo morente…senso d’umido corrotto nell’afa…” (pagg. 324-325), perché egli
lo vede con gli occhi della sofferenza
9. REGISTRO VERBALE DI CINCI: per es. “balordo”, “puzzolente”, “bisogna chiudere
gli occhi, da come accecano”, “traballanti sulle molle, come ragni”, “buttar giù due
bocconi”…
REGISTRO DEL NARRATORE: per es. “esser lecito”, “lo mira”, “lastricato
strepitoso”, “molle bontà soffusa di rassegnata malinconia”…
10. Per es.: “…Dove? In campagna, a far merenda…” (pag. 323) “…maledetta, così
lontana: ogni giorno, a volare…” (pag. 323)
RIFLETTI SUL TESTO
1. Dalla sua sorpresa: “…Scagliata la pietra, d’un tratto – com’è? -…” (pag. 326), perché
l’atto è stato del tutto involontario, Cinci non ha neanche visto contro chi lanciava la
pietra
2. La rabbia e la reazione violenta anche contro chi, come Fox, gli vuole bene;
l’incomprensione da parte degli adulti; la sostanziale solitudine.
pag. 332 “Dalfino” di G. D'Annunzio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. La tipologia dei personaggi; le tematiche; la visione della realtà
2. Le tematiche; la visione della realtà
3. Le tematiche; la visione sensoriale e passionale della realtà; l’interiorità semplificata
dei personaggi; la rappresentazione quasi simbolica della natura
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per scandire il tempo che passa
2. Sì, ne è quasi affascinato; per es. nella descrizione del suo aspetto fisico “...con quel
vigore sovrumano di gambe e di braccia…bisognava vederlo! …” (pag. 329) o nel
paragone “…fremente come un leopardo in catene…” (pag. 330)
50
3. Un ragazzo dalla testa grande e piena di capelli, con un corpo forte e muscoloso e un
atteggiamento fiero e coraggioso, un “…cuore forte come il granito degli scogli e largo
quanto il mare…” (pag. 331)
4. Su entrambi, tuttavia con prevalenza del primo: l'atteggiamento del personaggio
corrisponde al suo aspetto
5. È una donna affascinante (Delfino la paragona a una sirena, l’autore a una pantera con
denti di vipera), dall'aspetto fiero e appassionato. Forse perché corrisponde all’idea di
donna dell’autore, rilevabile dalla presenza di numerose figure simili, nella sua
produzione letteraria
6. A pag. 329: “…acqua verde…lo scirocco sibilava…la tempesta mugghiava…il
libeccio urlava…il cielo a ponente sembrava sangue…immensa distesa…il mare
pareva olio…”; a pag. 330: “…l’acqua prendeva dei riflessi violetti qua e là…l’odore
del mare…il flutto verde come un immenso prato a maggio mosso dal vento…su ‘l
mare paonazzo da’ larghi e placidi ondeggiamenti. Folate di gabbiani gittavano gridi
che parevano scrosci di risa umane…l’acqua turchina…”; a pag. 331: “…la marea
picchiava, su le scogliere spumeggiando e sonando che pareva bestemmiasse…la cima
bianca dei marosi…i fischi dello scirocco…”
7. Alcune si riferiscono al mare e alle barche (per es.: “…come la chiglia della
paranza…come un albero di trinchetto…” a pag. 329), ma la maggior parte sono
paragoni con animali (per es.: “…come un aquilastro ferito…come cento lupi…da
pantera…” a pag. 329; “…come uccellacci…come le serpi…come un leopardo in
catene…da pescecane…” a pag. 330; e “…come un capodoglio sventrato…come una
tigre…come un delfino…” a pag.331). Molti anche i paragoni con elementi naturali con
qualità di durezza (per es.: “…come una lama d’acciaio…” a pag. 329; “…come una
colonna di granito…come il ferro…” a pag. 330) o di calore: “…come una cappa di
metallo rovente…come lingue di foco…” (pag. 331)
8. Una metonimia. Significa che si vedeva il colore chiaro dei gabbiani fare contrasto sul
colore del mare mentre essi sfiorano l’acqua
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per le sue caratteristiche sanguigne e passionali
2. Il colore rosso è presente in parecchi punti: per es. a pag. 329 “…che ficcava nel
sangue…”; a pag. 330 “…la vela rossa…” di Delfino; “…si avvinazzava…cirri color
carmino…”; a pag. 331: “…sguardo arroventato…Il sangue è rosso! …un incendio di
nuvoli…cappa di metallo rovente…come lingue di foco…”
3. Per es.: “…canzoni selvagge gridate a squarciagola…” (pag. 329); “…bella forte
audace giovinezza temprata nell'acqua salsa…”;
“…l'odore del mare li
ubriacava…”;
“… - Pazzo! - diceva lei co' denti stretti e le labbra aperte,
cacciandogli le mani dentro a' capelli e tenendolo lì prostrato e fremente…” (pag.
330); “…l'onda paonazza…” (pag. 331).
pag. 342 “In campagna” di G. De Maupassant
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Per es. a pag. 337: “…I due contadini lavoravano duramente la terra infeconda per
mantenere tutti i loro figli…”
2. Per es. a pag. 338: “…con la tenacia della donna caparbia e viziata che non vuole mai
aspettare…”
51
3. Si comprende più che altro dalla descrizione della vita contadina “…Tutti quanti
campavano a stento di minestra, di patate e di aria aperta…” (pag. 337) e dai veicoli:
“…una carrozza si fermò…” (pag. 338)
STRUTTURA DEL TESTO
1. Coincidono
2. Dialogiche: esse danno realismo alla rappresentazione
3. Un narratore esterno
4. Prevalentemente sì, anche se in alcuni punti le scelte lessicali lasciano trasparire il suo
pensiero: per es. a pag. 338 “…donna caparbia e viziata che non vuole mai
aspettare…” oppure a pag. 339 “…come si porta via dal negozio il desiderato
gingillo…”
5. Le due famiglie Tuvache e Vallin; la coppia borghese d'Hubières.
Ritratto della ricca signora: capricciosa e viziata, abituata ad avere esaudito ogni suo
desiderio, ma sinceramente desiderosa di avere un bambino, nei fatti si dimostra,
probabilmente, una buona madre adottiva, poiché il ragazzo, quando si ripresenta ai
veri genitori, appare sereno e ben educato
6. La madre Tuvache, che si oppone alla proposta di acquisto
7. Il tempo della vicenda copre quasi un ventennio, quindi, per dare efficacia alla
rappresentazione, è stato necessario modificarlo con sommari ed ellissi, dando
maggiore evidenza invece alle scene significative
8. La tavola “…lustrata da cinquant'anni d'uso…”, il piatto fondo (unico piatto in tavola),
l'unico piatto in due della famiglia Vallin: rappresentano la povertà della loro
condizione. Al contrario, la coppia borghese, e poi il loro figlio adottivo, sono connotati
da oggetti lussuosi: carrozza, dolci e caramelle, catena d'oro
9. Per es. a pag. 337: “…come fanno le guardiane d'oche…” descrive l'atteggiamento
materno che raccoglie il gruppo dei numerosi figli; a pag. 337: “…come una
ragazzina…” e, in effetti, la signora si comporta come una bambina viziata; a pag. 339:
“…come si porta via dal negozio il desiderato gingillo…” esplicito giudizio sulle
abitudini della signora d'Hubières
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. a pag. 337: “…la terra infeconda…campavano a stento di minestra, di patate e
di aria aperta…un po’ di carne lessa, la domenica, era una festa per tutti…”; a pag.
338: “…spaccando la legna per cuocere la minestra…”; a pag. 339: “…erano in urto
coi vicini, perché la Tuvache li copriva di contumelie…Charlot, che entrava nei
diciott’anni, educato in quest’idea, ripetutagli di continuo, si credeva lui stesso
superiore…Da ciò derivava l’implacabile rabbia dei Tuvache, restati in miseria…”; a
pag. 340: “… - Dovete esser stati proprio stupidi, per lasciar prendere il ragazzo dei
Vallin!…Avrei preferito non esistere, piuttosto di essere quel che sono…Andate
all’inferno, zotici!…”
10. Svolgimento libero.
pagg. 347-348 “La bella serata” di A. Moravia
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Un componimento narrativo di medie dimensioni, caratterizzato da varietà dei
contenuti e delle forme
52
2. Il racconto realista descrive vicende, personaggi, situazioni e ambienti in modo
estremamente fedele alla realtà
3. Perché ha descritto, nelle sue raccolte di racconti, spaccati di vita delle periferie
metropolitane romane
STRUTTURA DEL TESTO
1. Descrizione dei personaggi e dell’ambiente – Arrivo all’osteria e descrizione –
Ordinazione della cena – Attesa e discussione sulla scelta – Delusione per il cibo
scadente – Remo canta per Gemma – Battibecco e rissa con alcuni avventori –
Conclusione
2. Le sequenze prevalentemente alternano descrizioni e dialoghi. Entrambi sono strumenti
descrittivi, servono a caratterizzare l’ambiente e i personaggi
3. Focalizzazione interna. Per es. a pag. 343: “…Dovevamo pensarci prima…”; a pag.
344: “…noi, come sempre avviene nei locali non attrezzati, ci abbottavamo di vino e di
pane…”; a pag. 345: “…non dico che non cantasse bene, ma le canzoni erano sempre
le stesse...”
4. Quasi tutti, descritti in modo ben delineato: Amilcare “…grasso e allegro…”; Adele
“…una donna secca e triste…”; Gemma “…una bella ragazza bruna…”; l’oste “…un
omaccione con la faccia tetra, quadrata, e gli occhi pesti e malcontenti…”; Remo
“…piccoletto, con la faccia bruna e accesa, la fronte bassa tutta riccioletti neri, gli
occhi strizzati e iniettati di sangue…”; un avventore “…un biondino ricciuto,
basso…”. L’intento dell’autore è, evidentemente, il realismo
5. L’oste, grande e grosso, torvo e scontento, è un tipo, quello del bettoliere svogliato e
indifferente al benessere dei clienti. Il personaggio, come tutti gli altri, è statico, perché
deve rappresentare un esempio emblematico della realtà descritta
6.
ESPRESSIONE DEL TESTO
IMPRESSIONE CHE COMUNICA
“…c’era un primo stanzone coi tavoli di ambienti ampi, ma con una certa promiscuità
marmo…da un tramezzo…”
tra chi desidera mangiare con calma e chi,
invece, entra solo per bere del vino ⇒ scarsa
attenzione nei confronti del cliente
“…da una parte la cucina, dall’altra la struttura popolare delle case del quartiere: non
trattoria vera e propria con cinque o sei grandi e adattate in qualche modo ad esercizio
tavoli con le tovaglie…”
commerciale ⇒ presumibilmente si sentiva
odore stantio di cibo
“…segatura in terra, intonaco scrostato alle povertà dell’offerta, scarsi guadagni, scarsa
pareti, seggiole sgangherate, tavoli idem, pulizia ⇒ probabilmente si mangia male
tovaglie rammendate, bucate, e per giunta
sporche…”
“…freddo: intenso, umido, di grotta…”
povertà della struttura ⇒ scarsa attenzione nei
confronti del cliente, scarsi guadagni
7. Per far sì che il lettore abbia quasi l’impressione di partecipare in diretta alle situazioni
8. Il lessico è colloquiale, come quello dei protagonisti, sia, com’è ovvio, nei dialoghi, che
nelle parti narrative, che non risentono della presenza del narratore (il quale, oltretutto,
è interno). Anche la sintassi, prevalentemente paratattica, rende la prosa vicina al
parlato. La scelta di forte presenza del discorso indiretto libero rafforza l’effetto
realistico
RIFLETTI SUL TESTO
1. Alcune frasi dei personaggi, come per es. a pag. 343: “…«Aho, giovanotti, voglio farmi
una mangiata numero uno»...”; oppure a pag. 344: “…tu vuoi mangiare ma non vuoi
spendere…”; “…«Ma che fumo…di fumo il mio brodo? …il fumo ce l’ha lei nella
53
testa»...”; e anche le abitudini di Remo a pag. 345: “…con voce appassionata,
scivolosa, insinuante. Le sue canzoni, poi, hanno tutte le rime in «ore»: dolore, cuore,
amore…” e la reazione degli altri avventori: “…uno si mise a cantare rifacendo il
verso a Remo e un altro…imitò il verso del gatto…”; la risposta di Sirio: “…non ti
occupare di certa gente ignorante e maleducata…”; la degenerazione in rissa: “…Il
biondino disse: «Ma tu chi sei? Che vuoi?...”
2. Nel racconto è presente una certa autoironia (per es., a pag. 343 la scena del tentativo
inutile di farsi riconoscere dall’oste da parte dell’amico che ha scelto la trattoria:
“…«Sor Giovanni, si ricorda di me?»…«Mi chiamo Serafino e non Giovanni»…”), la
volontà di divertire con il racconto di una serata finita male (a pag. 343 “…il primo
errore fu…il secondo…”), ma il narratore non esprime nessun giudizio sull’estrazione
sociale dei personaggi, perché egli è uno di loro.
pag. 357 “L’andata” di B. Fenoglio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Descrivere la realtà mettendo il lettore in grado di trarre autonomamente le sue
conclusioni; descrivere per cercare di cambiare la realtà; attirare l’attenzione di chi
legge su situazioni di ingiustizia o disuguaglianza; denunciare le condizioni di vita
delle classi più deboli o l’esagerata ricchezza di classi superiori o l’atteggiamento di
incomprensione tra ceti sociali
2. Nel XIX secolo
3. Egli narra le vicende di partigiani-contadini delle Langhe durante la Resistenza,
descrivendole senza retorica, con linguaggio semplice, che adotta spesso un registro
attinto dal dialetto piemontese
STRUTTURA DEL TESTO
1. Focalizzazione esterna
2. Coincidenti
3. Bimbo è un giovane entusiasta e tracotante; deciso a dimostrare il loro valore, non vede
l’ora dell’azione (per es. a pag. 350: “…A metà tra Mango e Neive...l’un tornante e
l’altro sono congiunti da scorciatoie diritte e ripide come scale. Bimbo le sfruttava
tutte, al fondo si fermava a guardar su se gli altri quattro le sfruttavano…”; a pag. 351
“…- Ehi, partigiano delle balle! Guarda noi e impara come si fa il vero
partigiano!...”).
Negus è il capo del piccolo gruppo, e, come tale, ha un comportamento responsabile e
prende le decisioni in modo razionale (per es. a pag. 350 egli guida e modera i
comportamenti dei suoi ragazzi: “…Negus capiva che adesso quei quattro
cominciavano a far progetti sul maresciallo e finivano col perdere la nozione di quello
che dovevano fare in quel mattino. Così disse...”; o anche a pag. 351, dopo
l’avvertimento circa la presenza della cavalleria: “…Negus disse niente ma allungò il
passo…”; oppure a pag. 353: “…Negus calò la mano sul moschetto di Biagino e disse:
- Basta. Tanto non li coglieresti. Non hai mai avuto il polso fermo…”)
4. Morgan è il capo della formazione partigiana da cui dipende il piccolo gruppo che
compie l’azione; essi tendono ad essere indisciplinati e ad essere insofferenti per le
decisioni del comando generale
5. Alcuni vedono con favore le azioni dei partigiani e li aiutano (come per es. il vecchio a
Treiso, pag. 351: “…- Andate verso Alba, o patrioti?...Allora, quando siete al piano,
lasciate la strada e mettetevi per la campagna. Si cammina meno comodi ma siete
54
anche meno al pericolo…A quest’ora la repubblica di Alba manda sempre fuori la sua
cavalleria…”; o a pag. 355: “…Uno si calò per una ripa...- Di’, partigiano, lo
ammazzate? – Sicuro che lo ammazziamo. L’altro guardò la schiena del sergente, poi
disse: - Mi piacerebbe andare a sputargli in un occhio…”); altri si dimostrano
spaventati o, comunque, non partecipi (come per es. la famiglia dell’oste o la gente del
paese, a pag. 355: “…Al loro passaggio, i cani alla catena latravano e la gente delle
cascine si faceva cauta sull’aie a spiare in istrada. I più vecchi, vedendo il
repubblicano e riconoscendolo, cercavano di ritirarsi e non facendo in tempo
s’irrigidivano a guardare impassibili. Ma poi, passato il sergente, si voltavano ai
cinque e battevano le mani, ma solo la mossa facevano e non il rumore…”)
6. Sono delle figure a tutto tondo, ciascuno con le sue peculiarità ben delineate, perché
sono reali
7. Da Mango a Neive verso Nord, da Neive a Treiso verso Sud e poi verso Alba fino
all’osteria tra i due paesi
8. La guerra partigiana del 1943-45 dopo la caduta del Fascismo e la formazione della
Repubblica di Salò alleata dei Nazisti
9. L’azione dura una mattinata, dalle cinque fino oltre l’alba; il periodo dell’anno è
indicato chiaramente a pag. 352, quando Biagino, Colonnello e Bimbo citano la caduta
della città di Alba del novembre 1944: “…- Pensare che solo due settimane fa
c’eravamo noi dentro e loro erano di là…”
10. In contrasto con l’apparente semplicità discorsiva, il linguaggio accosta, nella stessa
pagina o nella stessa frase, vocaboli o espressioni appartenenti al linguaggio colto e, al
contrario, termini attinti al dialetto piemontese. Per es. a pag. 352: “…Puntò il dito
verso tre uomini in arme che incedevano giù nel viale di circonvallazione. Il viale era
lontano e basso e c’era in aria quel brusìo che di giorno sale dalle città, ma loro
cinque sentivano distintamente la cadenza di quei tre sull’asfalto. Biagino inghiottì
saliva e disse: - È una ronda. Io che ho il moschetto di qua potrei sparargli…”. Al
registro colto appartengono le parole incedevano, brusìo, distintamente, cadenza, a
quello popolare espressioni come loro cinque, Io che ho il moschetto di qua potrei
sparargli
11. Le similitudini sono rare, e di solito sono riferite a dati reali: per es. “come un
domestico” a pag. 349; “come scale” a pag. 350; “come nuovi” a pag. 352; “come al
banco del tirasegno” a pag. 356
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché si riferisce all’andare alla morte
2. Per Fenoglio gli uomini che combatterono contro i nazifascismi non erano figure
eccezionali, dotate di particolari doti, bensì persone come tutti, con i loro limiti umani.
Si veda per es. la descrizione della tracotanza di Bimbo, quando insulta
immotivatamente la sentinella del presidio di Neive (a pag. 351: “…- Ehi, partigiano
delle balle! Guarda noi e impara come si fa il vero partigiano! A far la guardia a Neive
ti credi d’essere un partigiano? Fai un po’ come noi, brutto vigliacco, che la
repubblica andiamo a trovarla a casa sua...”) o, addirittura, il “bisogno” di Colonnello,
che smorza decisamente qualsiasi tono epico alla situazione (a pag. 352: “…Aveva
voglia di andar di corpo, ma non pensava a fermarsi per paura di rimanere indietro
tutto solo...”). Del resto, anche la rappresentazione dei nemici è priva di connotazione
ideologica: si tratta di “…quattro o cinque soldati poco più che ragazzi…” agli ordini
di un quieto e un po’ vanitoso sergente, desideroso solo di andarsi a bere un po’ di vino
(pag. 353).
La frase emblematica sembra essere quella di Negus a pag. 351: “…Questo mondo è
fatto per viverci in pace…”
55
pagg. 363-364 “Il mantello” di D. Buzzati
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Agli inizi dell’Ottocento, in Germania, durante il Romanticismo, che diffuse il gusto
per narrazioni con atmosfere misteriose e personaggi inquietanti, in opposizione al
razionalismo illuminista
2. Mentre la fiaba si svolge in epoche e luoghi indeterminati e presenta una conclusione a
lieto fine, il racconto fantastico è attento alla caratterizzazione dei luoghi e dei
personaggi, racconta vicende spesso dall’esito infelice o comunque inquietanti, che
disorientano e spaventano il lettore
3. Per avvincere e legare il lettore senza concedergli distrazioni
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per es. a pag. 359: “...volavano cornacchie...”; a pag. 360: “...come un prodigio...” e
“...dava sensazione di nero...”
2. Narratore esterno, con focalizzazione prevalentemente interna (il punto di vista è quello
della madre)
3. Alto, bello e fiero, ma pallido e stanco. Affettuoso, ma distratto da qualcosa che lo
tormenta; felice di rivedere la madre, ma intristito da qualcosa; inquieto e timoroso di
svelare un segreto
4. È felice di rivedere il figlio, per la cui vita temeva, ma subito si accorge con
inquietudine che qualcosa non va. Il suo amore si dimostra assillante nelle sue ripetute
domande per capire che cosa c’è di strano in lui
5. Quasi piatte, anche se dettagliatamente connotate, perché sono emblematiche
dell'amore materno e filiale
6. In una casa indefinita, solo alla fine appare la prateria verso le montagne
7. No, è indeterminato e irreale
8. I colloqui sono espressi prevalentemente con discorso diretto; i pensieri della madre
con discorso indiretto libero (per es. a pag. 360: “...Ormai era tornato...Ma con la
mamma, come poteva vergognarsi...”
9. Il vocabolo “mamma”, poche volte sostituito da “madre”, ha una sua spiegazione
intrinseca alla vicenda. Il termine “mantello”, che la madre si ostina a fargli togliere,
crea sul motivo del diniego una notevole attesa: che cosa nasconde? Le domande della
madre sono, in genere, assillanti, come la sua preoccupazione crescente (per es. a pag.
359-360: “…«Sei pallido, sei» Era alquanto pallido, infatti…anche se un po’ troppo
pallido…«Devi uscire? Torni dopo due anni e vuoi subito uscire …Devi uscire
subito?» …”; “…«Ma un bicchiere di vino? glielo possiamo portare, no, un bicchiere
di vino?» …”; oppure a pag. 361: “…«Sei qui finalmente, sei qui finalmente!» …”;
“…«Sei contento, Giovanni? sei contento?…»”; “…«Giovanni…Che cos’hai? che
cos’hai, Giovanni?» …” “…«Ma torni più tardi? torni?» …”)
10. Sì, per es. a pag. 360: “...come un prodigio...”; “...come se temesse qualcosa...”; a pag.
361: “...come chi ha desiderio di conchiudere...”. Esse sottolineano la stranezza del
comportamento del protagonista
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per far cadere l'attenzione del lettore su un elemento fondamentale del mistero
2. Per es. a pag. 359 “...Ecco il momento aspettato per mesi e mesi, così spesso balenato
nei dolci sogni dell’alba, che doveva riportare la felicità...” e a pag. 360 “...in mezzo ai
turbini della grandissima gioia, una pena misteriosa ed acuta...Le pene sembravano
finite, ecco invece subito una nuova inquietudine...” le frasi preannunciano il dramma
finale. A pag. 361 “…egli posò lo sguardo sulle sue gracili spalle, sguardo di
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inesprimibile tristezza…” e a pag. 362: “...«Oh, Giovanni, creatura mia, cosa ti hanno
fatto»...” le frasi sottolineano la tragedia dell’amore materno/filiale travolto e distrutto
dalla morte
3. Per es. la morte irrompe brutalmente nella realtà, soprattutto se si pensa a un figlio di
vent'anni
pag. 369 “Il drammatico risveglio di Gregorio Samsa” di F. Kafka
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Il racconto fantastico presenta vicende, situazioni e contesti apparentemente reali, ma
caratterizzate da aspetti inspiegabili, misteriosi o inquietanti
2. Il letto, la stanza, il tavolo, la foto ritagliata dal giornale, la sveglia sul cassettone, la
mamma che bussa sono elementi di realtà quotidiana…ma egli si è trasformato in un
orribile insetto, con zampe, ventre e dorso di scarafaggio
3. Lo scopo della narrazione fantastica può essere quello di evadere da una realtà storica
vissuta come deludente o conflittuale; oppure quello di presentare la fantasia come
strumento di conoscenza della condizione umana o mezzo di espressione artistica
superiore alla razionalità; oppure ancora quello di rappresentare il lato più nascosto
dell’animo umano; o semplicemente per stupire ed emozionare i lettori
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per permettere una rappresentazione efficace del dolore di Gregorio
2. Per es. a pag. 365: “…a occhi chiusi per non vedere tutte quelle gambe guizzanti…E
ora, che fare? …”; o a pag. 366: “…Che il cambiamento di voce non fosse se non il
presagio di un violento raffreddore, la malattia professionale dei viaggiatori di
commercio, di questo egli non aveva il menomo dubbio…”
3. Egli svolge un lavoro che non ama, faticoso e monotono: per es. a pag. 365 “…che
mestiere gravoso ho mai scelto! Ogni giorno viaggiare! Preoccupazioni d’affari molto
più gravi che quando avevamo negozio noi…l’affanno delle coincidenze, i pasti cattivi
a ore irregolari, e coi propri simili delle relazioni che mutano sempre, che non durano
mai, che non divengono mai cordiali…”, che egli svolge per necessità, per sostenere la
famiglia “…Se non mi frenassi per amore dei miei genitori, già da un pezzo mi sarei
licenziato…”
4. Gregorio ama la sua famiglia, che si preoccupa per lui: per es. a pag. 366
“…«Gregorio», si udì – era la mamma…La voce soave!…subito il padre picchiò a una
delle porte laterali…«Gregorio, Gregorio!» gridò «che c’è?». E dopo un istante
ammonì di nuovo, con voce più profonda: «Gregorio, Gregorio!». All’altra porta
laterale la sorella piagnucolò piano: «Gregorio, non stai bene? Hai bisogno di qualche
cosa?» …”
5. Dinamico: egli è descritto minuziosamente, sia nei suoi sentimenti da commesso
viaggiatore che nelle nuove, straordinarie emozioni da insetto
6. L’uomo è un po’ burbero, forse, e, comunque, Gregorio ne teme i rimproveri in caso di
richiamo da parte del principale
7. La stanza è piccola, spoglia, triste, grigia, ossessiva: anche il personaggio conduce una
vita triste, ripetitiva, si accontenta di arredare la sua stanza con foto ritagliate dal
giornale, è un uomo senza ambizioni, ossessionato dal lavoro e dagli orari
8. Il tempo della storia scorre sull’onda di lunghezza delle sensazioni e riflessioni del
personaggio
9. Mediante discorso indiretto libero
10. Gregorio essere umano si sveglia “malinconico” come il tempo fuori dalla finestra, vive
in particolare il lavoro “con affanno”, e quel giorno “non si sentiva né molto fresco né
57
molto in gamba”, anche se “non era mai stato malato neppure una volta”. Ha spesso
“prudente abitudine”, e il cambiamento lo fa diventare “inferocito”.
Come scarafaggio è “un insetto mostruoso”, con il “…ventre bruno convesso solcato
da nervature arcuate…”, “…coperto di puntini bianchi…”, e “…innumerevoli zampine
ininterrottamente vibranti…”, scopre di potersi esprimere solo con un “…pigolio
doloroso…”.
Sembrano due gruppi di definizioni quasi equivalenti, anche se leggermente prevalgono
le caratteristiche umane, che rappresentano la condizione di squallore della vita del
personaggio. L’autore non insiste troppo sull’aspetto mostruoso dell’insetto
RIFLETTI SUL TESTO
1. Sì, si dice che il cielo è “tetro” e piove, inoltre c’è la nebbia. Il tempo è grigio e triste
come la vita di Gregorio; la nebbia può forse essere utilizzata come simbolo
dell’impossibilità a capire che cosa gli è accaduto
2. Per es. a pag. 365 “…il resto divenne difficile, soprattutto perché egli era divenuto così
smisuratamente largo…non aveva che le innumerevoli zampine ininterrottamente
vibranti e che non sapeva dominare…”; oppure “…vide di nuovo le sue zampine
lottare l’una contro l’altra con accanimento ancor maggiore…”
3. Svolgimento libero.
pag. 373 “Un osso di morto” di I. U. Tarchetti
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Spesso è esplicitato il narratario, inoltre si avvale di focalizzazione interna per
coinvolgere il lettore e, per non concedere distrazioni, esso ha un’estensione breve
2. Ebbe una grande diffusione durante il Decadentismo nella forma del surreale, adatto a
rappresentare il senso di smarrimento dell’uomo novecentesco
3. Iginio Ugo Tarchetti, Arrigo Boito, Massimo Bontempelli, Dino Buzzati…
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno (il protagonista) con focalizzazione interna (anche se nell'incipit
preannuncia un fatto “inesplicabile”)
2. Per coinvolgerlo e spaventarlo
3.
Reale
Mistero
gli studi di anatomia e l'uso di ossa come le sedute spiritiche e la comparsa di fantasmi;
soprammobili;
la scomparsa della rotula
la bettola dove il protagonista si ubriaca;
la portinaia che lo sveglia
4. Il protagonista-narratore è uno studente di disegno in una scuola di Pavia, dove, per non
sembrare pusillanime, accetta di frequentare le lezioni di anatomia del professor
Federico M., malgrado gli ripugnino.
È impaurito riguardo a tutto ciò che ha a che fare con il soprannaturale e superstizioso
riguardo alle ossa che egli conserva
5. È un fantasma-tipo: indossa il classico lenzuolo bianco, è preceduto e seguito da rumori
assordanti, ecc...
6. Tempo della vicenda e tempo del racconto inizialmente sono diversi: nella prima parte
(pag. 370) si nota la presenza di numerosi sommari ed ellissi (per es. “...si trovava già
collocato da undici anni sul mio tavolino...), anticipazioni (“...nel modo inesplicabile
che sto per raccontare...”) e flashback (“...Aveva conosciuto a Milano nella scorsa
58
primavera...”). Poi, dalla prima comparsa del primo fantasma, i due tempi
sostanzialmente coincidono (a parte il sommario nella scena della bettola e “...Durai
non so quanto tempo...” a pag. 372).
Il tempo della scrittura è quello dello scrittore (all'inizio cita il 1855 come data di
trasferimento a Pavia, undici anni dopo accadono gli avvenimenti narrati)
7. Il luogo (Pavia) e gli ambienti (il salottino della seduta spiritica, la bettola, la camera da
letto) sono solo accennati: evidentemente sono elementi di secondo piano nella
vicenda, che punta a sottolineare gli aspetti macabri
8. Si utilizzano termini medico-anatomici (“rotella” “femore” “fibula”...) all'interno di
un lessico medio
RIFLETTI SUL TESTO
1. O si accetta la possibilità di avere contatti con persone morte, oppure si cerca una
spiegazione razionale per la scomparsa della rotula (per es. il fermacarte è stato buttato
via per errore durante le pulizie)
2. Ciascuno di noi può essere attratto da una seduta spiritica, anche solo per curiosità, con
conseguenze imprevedibili (o ridicole o prevedibili)
pagg. 379-380 “Il suo primo ballo” di K. Mansfield
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un racconto che descrive e analizza l’animo dei personaggi, per rappresentarne i
conflitti interiori oppure il tipo di rapporti che essi hanno con il mondo esterno
2. Perché racconta le emozioni e le sensazioni della protagonista
3. Verso la fine dell’Ottocento, insieme con la sensibilità romantica, per evidenziare
l’importanza dei sentimenti nella vita dell’uomo
STRUTTURA DEL TESTO
1. Una ragazza si reca al suo primo ballo, provando nuove sensazioni e imparando cose
nuove, che nella sua immaginazione diventano meravigliose
2. Le sequenze riflessive: lo scopo del racconto è quello di analizzare le emozioni della
protagonista
3.
Viaggio in carrozza
Leila è felice perché sta vivendo un'importante novità, ma diventa triste se
pensa che nessuno dei suoi cavalieri arrivi e lei debba solo guardare gli altri
ballare
Primi due balli
Leila è contenta perché si diverte, ma è un po' perplessa perché i cavalieri
ripetono sempre le stesse frasi
Ballo con l'uomo grasso
Leila è contenta perché finalmente si parla d'altro, ma diventa triste perché
lui le ricorda che anche lei invecchierà
4. Inizialmente Leila appare timida e ritrosa (per es. a pag. 375: “...aveva supplicato sua
madre di telefonare ...che le era proprio impossibile andare...”), ingenua (per es. a pag.
376: “...sembrava una cosa così laboriosa che Leila era confusa...”) e romantica (per
es. a pag. 375: “...Le sarebbe piaciuto conservare quella carta velina per ricordo...”);
ma poi si dimostra entusiasta dell’esperienza che sta per vivere (per es. a pag. 376: “...si
disse col fiato sospeso: «È meraviglioso, semplicemente meraviglioso!»...”)
5. I cugini (Meg, Jose, Laura e Laurie), che l’accompagnano, presentandola a tutti; i
cavalieri che la invitano a ballare
6. Per es. a pag. 375: “...sul marciapiede coppie gaie parevano fluttuare nell'aria; tante
scarpette di satin s'inseguivano come uccellini...”; a pag. 376: “...una grande ondata di
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musica che si rovesciò sul pavimento luccicante...” e “...Le azalee non erano più dei
fiori isolati: erano bandiere bianche e rosa...”
7. Per es. a pag. 375: “...si dimenticò che mentre si vestiva...”; a pag. 376: “...Che cosa
aspettavano? Se ne stavano lì...”; “...come se solo allora avessero deciso che erano lì
proprio per quello...”
8. Mediante discorso indiretto libero (per es. a pag. 375: “...Mio Dio, com'era difficile...”);
soliloquio (per es. a pag. 376: “...Perché non incominciavano? Che cosa
aspettavano?...”); discorso diretto e diretto libero (per es. a pag. 376: “...«È un buon
pavimento, vero?» le sussurrò...«Prego?»...”)
9. Una metonimia
RIFLETTI SUL TESTO
1. A pag. 375 la cugina Laura viene paragonata a un fiore: “…la testolina scura di Laura
che usciva dal collo di pelliccia bianca come un fiore dalla neve…” tutte le ragazze
sono giovani ragazze “in fiore”; le azalee che adornano la sala da ballo sono descritte
con gli occhi di Leila che gira nel ballo, così da trasformarsi: “...Le azalee non erano
più dei fiori isolati: erano bandiere bianche e rosa...” (pag. 376)
2. Per es. a pag. 375: “...Ma era tutto così nuovo, emozionante...”; a pag. 377:
“...Com'erano belli i gelati sui piattini...”; a pag. 378: “...Ma dentro di lei una bambina
si buttò il grembiulino sulla testa...”
3. Svolgimento libero.
pag. 384 “Any where out of the world” di A. Tabucchi
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Fabula molto semplice e predominanza delle sequenze riflessive; narratore interno o
con focalizzazione interna; utilizzo del discorso indiretto libero o del monologo
interiore o del flusso di coscienza
2. Descrivere il modo in cui l’uomo si rapporta alla realtà, rappresentare il senso di
smarrimento dell’uomo contemporaneo, la sua difficoltà ad avere rapporti con gli altri,
la sua solitudine
3. I temi preferiti da Tabucchi, tra cui in questo racconto è un buon esempio, riguardano
soprattutto la difficoltà a capire la realtà che ci circonda, spesso dominata dalla
casualità
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno, che coincide col protagonista
2. Spesso l’io narrante si rivolge a se stesso: per es. a pag. 380 “…Ma perché sta
succedendo a te? Questo ti chiedi…” e poi a pag. 382: “…Anche tu parli con te stesso,
prima dentro di te, in silenzio, e poi chiaramente…”
3. Egli è un uomo disincantato, inquieto, colto, che dice di sé di essere distratto. Fuggito
lontano da un sottile dolore, crede inutilmente di poterlo affondare in una città diversa,
dove invece esso si ripresenta, sotto forma di annuncio sul giornale. Egli è sconvolto
dalla casualità dell’avvenimento, che suscita in lui ricordi e riferimenti letterari
4. Per es. a pag. 380 “…Ah, il velo delle parole, che pena…”; “…il mondo perde i
contorni, tutto entra in un’opacità sorda, si spenge tutto…” e a pag. 381: “…le luci si
sono di nuovo accese per i tuoi occhi e il tuo ricordo…”; e anche a pag. 382: “…vaghi
passanti attardati, nottambuli distratti, anime inquiete che portano a passeggio i loro
corpi insonni conversando con se stessi…”
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5. A pag. 380: “…è un’orribile coincidenza…è solo un caso, un piccolo caso fra i
miliardi di casi…è una frase dislocata, un piombo non fuso rimasto in tipografia…”;
“…mi hanno dato un giornale vecchio…”; a pag. 381: “…Pensi ancora: è una
coincidenza…”; a pag. 382: “…Non è possibile, nessuna sa che sono qui…è solo una
frase che tanta gente conosce, una altro lettore di Baudelaire che comunica…”
6. Per es. a pag. 380: “…è solo un caso, un piccolo caso fra i miliardi di casi che ci sono
al mondo, una cosa che sta succedendo. Ma perché sta succedendo a te?…”; a pag.
381: “…la frase si trascina dietro, come un fiume in piena trascina i detriti, rottami di
parole che la tua memoria va ordinando…”; “…E inarrestabile, come se possedesse
una voce propria dentro la tua memoria, quasi come una appiccicosa cantilena
infantile della quale credevi di esserti sbarazzato solo perché era stata inghiottita dal
passato, ma che non era scomparsa…la misura di quelle pagine si risveglia…un getto
travolgente che ti trasporta con sé, nei suoi gorghi, non vale la pena resistere…”; a
pag. 382: “…come se fosse plausibile che la ruota del destino possedesse degli
stereotipi…”; “…è colpa delle cose, che vogliono così, chissà cosa guida le cose…”
7. A Lisbona, che viene descritta in modo realistico e dettagliato, per far risaltare la
stranezza della vicenda
8. Discorso diretto libero (per es. a pag. 380 “…Ma perché sta succedendo a te? Questo ti
chiedi…”); monologo interiore (quasi tutte le riflessioni, per es. a pag. 381: “…Pensi
ancora: è una coincidenza. Ma una coincidenza con cosa? È una coincidenza
impossibile, perché è una seconda coincidenza…”)
9. Per la sua lunghezza
10. Mette chiarezza sui suoi pensieri e sentimenti
RIFLETTI SUL TESTO
1. A un fiume in piena che trascina i detriti, cioè i ricordi
2. Per es. a pag. 380: “…Ah, il velo delle parole, che pena…”: egli è un uomo
disincantato, che tutto ha già visto e che non si stupisce di niente. Le citazioni di
Baudelaire, come per es. quella a pag. 381: “…Cette vie est un hôpital où chaque
malade est possédé du désir de changer de lit… » : la sua inquietudine nasce
dall’interno, ma egli crede di poter star meglio cambiando spesso dimora
3. Svolgimento libero
pag. 388 “Un’assenza” di N. Ginzburg
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché l’analisi dettagliata dei personaggi, inserendo larghi brani di rappresentazione di
emozioni e sentimenti, crea un tipo di narrazione diversa da altri
2. Perché ha fatto comprendere l’importanza della vita interiore e la relatività di ciò che
appare all’esterno
3. Anton Checov, James Joyce, Franz Kafka, Katherine Mansfield, Arthur Schnitzler
STRUTTURA DEL TESTO
1. No, sono scarni: Maurizio si veste, cena ed esce
2. Un narratore esterno
3. Focalizzazione interna, per es. a pag. 385: “...scelse un volume di poesie francesi
moderne, che ad Anna piacevano, e si annoiò. Lui preferiva...”; a pag. 386: “...Così si
trovò solo davanti alla tavola, e scoprì per la prima volta che una tavola dopo che si è
mangiato ha qualcosa di triste...”; oppure a pag. 387: “...ma non mi getterei nel fiume,
così scuro e sporco. Tutta la spazzatura della città. Anna dice che sono schifiltoso...”
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4.
5.
6.
7.
8.
9.
Debole, inetto, senza volontà, infantile, tenero e affettuoso con il figlio
Vivace, decisa, pratica
Perché i personaggi sono profondamente diversi
Un giorno
Le azioni sono scarsissime, prevalgono nettamente i pensieri del protagonista
Per es. a pag. 385: “...Buona gente, diceva. Quando diceva così...”; a pag. 386: “...S'era
messo a raccontare, raccontare. La sua infanzia! Così viva...”; a pag. 387: “...Chi sa
come sarebbe stato Villi da grande?...”
10. Una mescolanza di tempi narrativi e tempi commentativi (nei monologhi interiori)
RIFLETTI SUL TESTO
1. Secondo la psicoanalisi, Peter Pan rappresenta l'io-bambino, che in Maurizio è ben
sviluppato anche se è adulto
2. Il suo senso di inferiorità nei suoi confronti, la sua sudditanza ad una donna forte
3. Svolgimento libero.
U.D.3 – Il romanzo e i suoi sottogeneri
pag. 401 “I dolori del giovane Werther” di J.W. Goethe
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Una narrazione per mezzo di lettere, scritte da uno solo o più personaggi
2. Le lettere scritte da più personaggi presentano spesso i fatti da punti di vista differenti,
oppure, se scritte da un solo personaggio, presentano i fatti da suo punto di vista. Ci
può essere però un curatore della raccolta, che interviene a spiegare alcuni punti della
vicenda
3. Samuel Richardson
STRUTTURA DEL TESTO
1. Esordio: ringraziamento a Dio - Descrizione del cielo stellato e ricordi - Invocazione a
Lotte(1) -Disposizioni per la sua morte(1) - Invocazione a Lotte(2) - Disposizioni(2) Conclusioni
2. Disposizioni sulla sua sepoltura e Invocazioni a Lotte: entrambe aumentano il pathos
3. Werther è un giovane dominato dalla passione: i sentimenti sono al centro della sua
vita; è sensibile, mal inserito nella società borghese che egli disprezza
4. È solo, ma amato da tutti, che giungono piangenti al suo capezzale; come tutti i suicidi,
non viene benedetto prima della sepoltura (per divieto ecclesiastico)
5. Il ritratto di Carlotta e il suo fiocco: ella è lo scopo della sua vita
6. Le pistole, il sangue sulla spalliera della sedia, i suoi abiti, il bicchiere di vino bevuto
prima di suicidarsi, il leggìo aperto su un famoso dramma d'amore: ogni oggetto
rappresenta il dramma vissuto dal protagonista o un aspetto del suo carattere
7. Con un colpo di pistola alla tempia, di sera, a casa sua, seduto alla scrivania. Lo si
viene a sapere dalla aggiunta dell’Editore
8. La scelta dei vocaboli predilige le emozioni; si notano numerosi puntini di sospensione
e punti esclamativi; spesso le frasi sono invocazioni (a Dio, a Lotte) enfatiche
RIFLETTI SUL TESTO
1. Svolgimento libero
2. È il “motore” della vita, al centro di ogni pensiero e comportamento; senza di esso non
si può vivere.
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pagg. 404-405 “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” di U. Foscolo
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Nel '700
2. Perché l’epoca fu caratterizzata da grandi viaggi e dal conseguente uso frequente di
corrispondenza
3. No, è infrequente
STRUTTURA DEL TESTO
1. Mittente: Jacopo Ortis; Destinatario: Lorenzo Alderani; Colli Euganei; 11 Ottobre
1797 e 26 Ottobre 1797
2. A pag. 402. La lista di proscrizione per i ricercati dalla polizia austriaca; le lotte tra gli
stati italiani prima dell'unificazione; Venezia; il clima famigliare della visita alla
famiglia di Teresa
3. Focalizzazione interna. Per es. a pag. 402: “...il mio sciagurato paese...”; “...Il mio
cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere...”; a pag. 403: “...Lo spettacolo
della bellezza basta forse ad addormentare, in noi tristi mortali, tutti i dolori?...”
4. Il dolore provocato dalla necessità dell'esilio. L'incontro con Teresa e l'immediato
innamoramento
5. Un uomo di forti sentimenti e di grandi ideali; desideroso di giustizia e ribelle contro
chi non la attua; che ama la sua patria e partecipa con grande emozione alle vicende
politiche; un uomo che si sente perseguitato e deluso dalla realtà
6. Un uomo passionale, che vive la bellezza come una consolazione dai dolori della vita
7. Una donna bella e gentile, affettuosa con i suoi famigliari, che dispensa serenità
intorno a sé
8. Il ritmo cadenzato dà maggior enfasi al dramma
9. Nella prima lettera lo stile è retorico, enfatico, ridondante e ricercato nel lessico (per
es. a pag. 402: “…la vita, seppur ne verrà concessa, non ci resterà che per
piangere…”). Nella seconda il lessico diventa più essenziale e nella sintassi prevale la
paratassi (per es. a pag. 403: “…come se volesse farmi sentire che gli mancava sua
moglie. Non la nominò. Si ciarlò lunga pezza…”)
RIFLETTI SUL TESTO
1. Patria-madre; vita-morte; bellezza-amore-dolore
2. No, è un'illusione destinata ad aver fine: a pag. 403 “...unica, certo, e chi sa! Fatale...”
3. Svolgimento libero.
pag. 407 “Caro Michele” di N. Ginzburg
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché la finzione del carteggio dà l'idea di una documentazione direttamente ricavata
dalla realtà
2. Perché deve ricostruire la vicenda attraverso una miriade di informazioni che lo
costringe a un'attenzione costante
STRUTTURA DEL TESTO
1. Mittente: Michele; Destinatario: sua sorella Angelica; Leeds; 27 marzo e 5 aprile 1971
Mittente: Angelica; Destinatario: Michele; Roma; 2 aprile e 8 aprile1971
2. Prevalente focalizzazione interna. Per es. a pag. 405: “...Quando alla nostalgia viene a
mescolarsi la repulsione...”; e a pag. 406 “...Ci sono dei periodi in cui si sta bene con
gli sconosciuti...”
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3.
4.
5.
6.
Sì, tranne quando cita informazioni sulla situazione di Mara
La nostalgia e l'incomunicabilità con la moglie, con la quale vive un rapporto infelice
La situazione difficile di Mara, gli ospiti da Boston, Bruges
Tormentato (“…se venissi, voi mi osservereste, avrei i vostri sguardi fissi su di me…”
pag. 405), infelice, solo (“...Ci sono dei periodi in cui si sta bene con gli sconosciuti...”
pag. 406), vive il disagio dell'allontanamento dalla famiglia e dagli amici (“…Quando
alla nostalgia viene a mescolarsi la repulsione, succede allora che i luoghi e le
persone che amiamo li vediamo situati in una grande lontananza…” pag. 405)
7. Saggia, comprensiva (“…Forse dovrei sdrammatizzare questa tua lettera…” pag.
406), disponibile (“…Potrei venire io a trovarti, se non vieni tu…” pag. 406)
8. Colloquiale, semplice, famigliare
RIFLETTI SUL TESTO
1. Angelica, perché immediatamente si rende disponibile ad aiutare il fratello, malgrado
abbia dei problemi (“...Io pure attraverso un momento difficile...” pag. 406). Michele
prima chiede aiuto, la spaventa, e poi rifiuta il suo aiuto ( “...ti mancano alcuni
elementi essenziali...” pag. 407)
2. Forse pensa che i legami famigliari e affettivi non siano un possesso
pag. 417 “Ivanhoe” di W. Scott
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È una narrazione ambientata in un'epoca antecedente a quella dell'autore, che può
riguardare fatti reali o di fantasia
2. Il fatto che sia un componimento misto di storia e di invenzione
3. Sì, di solito nella forma della biografia romanzata di un personaggio famoso
STRUTTURA DEL TESTO
1. Esterno, onnisciente
2. Focalizzazione zero. Per es. a pag. 412: “...guai che stavano per venire...”; a pag. 414:
“...qualità mutata poi nell'arroganza e nel fasto che, alla fine, causarono la
soppressione dell'ordine...”
3. Sì, soprattutto nelle descrizioni degli avvenimenti storici del contesto, su cui si
esprimono pareri e si forniscono interpretazioni. Per es. il Duca d'Austria viene definito
“...perfido e crudele...”; oppure si citano le conseguenze politico-sociali dovute alla
presenza dei reduci dalle Crociate: “...fuorilegge che...ponevano tutte le loro speranze
di fortuna in una guerra civile...”
4. Viene sommariamente descritto di aspetto fisico esile, di statura media
5. Si comporta nobilmente, dimostra coraggio e rispetto per la nobiltà presente
6. È un tipo: incarna tutte le virtù cavalleresche ideali
7. Forte, fiero, coraggioso, ma anche arrogante, presuntuoso, orgoglioso e irascibile
8. Circondata da un bosco, su di un prato pianeggiante, l'area era rettangolare, delle
dimensioni di un quarto di miglio X un ottavo, con gli angoli arrotondati e due aperture
per il passaggio. Su una piattaforma dietro uno dei due ingressi erano allestiti cinque
padiglioni per i cavalieri. Davanti all'altro ingresso c'era un recinto per i cavalieri
disposti a entrare in lizza con gli sfidanti. Gli altri lati del recinto erano occupati da
tribune riparate da tende e coperte di tappeti e cuscini per ospitare le dame e i nobili.
Una delle tribune era più alta delle altre, sfarzosamente adornata e fornita di un trono
con baldacchino con lo stemma reale. Sul lato opposto ce n'era una simile, ma meno
sontuosa, destinata al Principe. Un breve spazio oltre le tribune era dedicato agli altri
spettatori
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9. Per es. a pag. 412: “...guai che stavano per venire...”; a pag. 414: “...qualità mutata poi
nell'arroganza e nel fasto che, alla fine, causarono la soppressione dell'ordine...”. Il
narratore intende guidare il giudizio del lettore
RIFLETTI SUL TESTO
1. Re Riccardo Cuor di Leone, il Duca d'Austria (l'imperatore Enrico VI di Germania), il
principe Giovanni (detto Senzaterra), il re di Francia Filippo II, Goffredo Plantageneto
e il figlio Arturo, duca di Britannia; la prigionia del re Riccardo e il tentativo di
usurpazione di Giovanni, le Crociate e le loro negative conseguenze sulla società, la
miseria della popolazione e la pestilenza
2. L'Inghilterra del XII secolo vede fallire il tentativo di costruire una monarchia
accentrata a causa dei numerosi conflitti tra re e feudatari, che approfittavano del fatto
che i re inglesi, come Riccardo, erano spesso assenti per partecipare alle Crociate (e
che imporranno nel 1215 il riconoscimento di una lunga serie di privilegi con la
“Magna Charta Libertatum”); la presenza di gruppi sociali disadattati e diseredati a
seguito delle Crociate, che fomentavano rivolte e si mettevano al soldo di interessi
diversi; la miseria cronica dei ceti più bassi e la presenza di pestilenze endemiche.
pagg. 428-429 “I promessi sposi” di A. Manzoni
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Testi, documenti originali, illustrazioni, fiabe, proverbi... tutto ciò che può servire per
creare un contesto reale
2. Di solito comincia in medias res, ha un narratore onnisciente e contiene numerose
digressioni che illustrano la situazione storica della vicenda
3. Amore, avventura, riflessioni...
STRUTTURA DEL TESTO – Primo passo
1. Esterno onnisciente
2. Focalizzazione zero. Per es. a pag. 419: “…Questa specie, ora del tutto perduta, era
allora floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne avesse idea…”;
oppure a pag. 420: “…ma noi delle posteriori non crediamo dover far menzione, come
di cosa che esce dal periodo della nostra storia…”; o a pag. 422: “…Come stesse di
dentro, s’intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de’
tempi in cui gli era toccato di vivere…”
3. Don Abbondio tornava “bel bello” dalla sua passeggiata, leggendo il breviario e
osservando il paesaggio, fino a una curva della strada dove, “com’era solito”, butta lo
sguardo ad un tabernacolo: egli è un uomo abitudinario tranquillo, che vuole vivere
quietamente. Quando vede i due bravi, comprende di avere un problema e dal suo
comportamento emergono altri tratti del suo carattere: timore e soggezione per i potenti
(“…Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente…” pag. 421),
indecisione (“…Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo
stesso che dire, inseguitemi…” pag. 421), capacità di fingere (“…compose la faccia a
tutta quella quiete e ilarità che poté…” pag. 421), debolezza e incapacità di reazione
autonoma (“…Disposto…disposto sempre all’ubbidienza…” pag. 422)
4. Attenzione al dato storico, che viene ricostruito in ogni dettaglio
5. Il dialogo permette una immediata caratterizzazione dei personaggi, di tipo realistico
6. Sono brani tratti da documenti autentici, ed egli desidera permettere ai lettori di
verificarlo. Coprono un cinquantennio, dal 1583 al 1632
7. Circa duecento anni. Tale distanza permette un credibile giudizio sui fatti e un esplicito
paragone con i fatti del tempo dell’autore
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8. La precisione ha scopo realista, in sintonia con tutti gli altri aspetti. I luoghi raffigurati
sono quelli delle rive del lago di Como, paesaggio ben noto all’autore, che in questo
passo descrive le montagne color porpora del tramonto, il viottolo costeggiato da un
muretto, il tabernacolo dove la via si biforca
9. A pag. 418: “bel bello”, “pezze”, “stradetta”, “bigiognolo”, “scalcinatura”, “a
cavalcioni”, “spenzolata”, “mustacchi”; a pag. 419: “coltellaccio”, “spadone”,
“congegnate come in cifra”; a pag. 420: “con tutta quella buona voglia”; a pag. 421:
“con la coda dell’occhio”, “darla a gambe”, “schivare il pericolo”, “disse
mentalmente: ci siamo”, “su due piedi”, “piantandogli gli occhi in faccia”, “maritar”,
“pasticci”, “come s’anderebbe a un banco a riscotere”, “non me ne vien nulla in
tasca”, “metterebbe in sacco”, “compagnone”; a pag. 422: “avrebbe dato un occhio”,
“canzonaccia”, “aggranchiate”
10. Alla realtà storica appartengono i brani delle grida secentesche, l’abbigliamento dei
bravi e la ricostruzione del paesaggio; Don Abbondio, Don Rodrigo e i due bravi sono
personaggi di fantasia
STRUTTURA DEL TESTO – Secondo passo
1. Per es. a pag. 422: “...Alzandosi tutti, vedevano né più né meno...”; la lunga riflessione
a pag. 423: “...Ne' tumulti popolari c'è sempre un certo numero di uomini...”; l’ironia
con cui descrive la situazione a pag. 425: “…il luogo chiesto così gentilmente…quella
decorosa bellezza…”;
2. Narratore esterno onnisciente; dagli interventi per guidare il lettore nella corretta
interpretazione degli eventi
3. È un sempliciotto, di scarsa esperienza politica, che si fa facilmente convincere dal
primo che incontra
4. Per il suo senso di giustizia, crede che Ferrer sia un difensore delle giuste cause del
popolo
5. Il gran cancelliere è un uomo furbo, falso, senza scrupoli e abile manipolatore. Per es.
a pag. 422: “...veniva a spender bene una popolarità mal acquistata...”; a pag. 424:
“...presentava...un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso...”; “...si tirava
indietro un momento, gonfiava le gote, mandava un gran soffio...”; a pag. 425:
“...Vengo per condurlo in prigione...si es culpable...”. Il paragone a pag. 426 “...come
la coda di una serpe...”: Ferrer è veramente una viscida serpe!
6. La massa è per Manzoni un elemento pericoloso a causa della sua irrazionalità: essa è
volubile, perché può essere facilmente influenzata da sobillatori e facinorosi; ha un
innato istinto violento che la può condurre a gesti estremi
7. L'abbondante aggettivazione e l'uso di una sintassi elaborata, l'utilizzo di numerose
figure retoriche di antitesi nella descrizione della folla, la minuziosità delle descrizioni
dei comportamenti, l'inserimento costante del discorso diretto libero per illustrare il
comportamento e i pensieri del personaggio Ferrer e della massa
8. Gli spazi principali (la piazza e la carrozza) non sono descritti se non come contenitori
di persone e comportamenti. Ad essi si contrappone il “pertugio” in cui si infila il
cancelliere per entrare nella casa del vicario
9. Il fuoco delle passioni (per es. a pag. 423: “...per un riscaldamento di passione...soffian
sul fuoco...”); un mare in tempesta: (per es. a pag. 425: “...a guisa di cavalloni...”);
l'esplosione di fuochi artificiali (a pag. 426: “...gli si faceva sentire, come lo scoppio di
un razzo...”); elementi contrapposti (per es. a pag. 423: “...inclinati a una certa
giustizia...vogliosi di vederne qualcheduna di grossa...”; “...bisognosi di gridare,
d'applaudire a qualcheduno, o d'urlargli dietro...”; “...attori, spettatori, strumenti,
ostacoli...”); un “corpaccio” animalesco (a pag. 423: “...con quell'osso in bocca...” e a
pag. 424: “...a levar loro dall'unghie...”). Tutti gli esempi citati avvalorano la tesi per
cui secondo Manzoni la massa è un animale pericoloso
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10. Alla realtà storica appartengono i tumulti per il pane, le indicazioni precise di luoghi di
Milano e il personaggio del Gran Cancelliere Ferrer. Renzo è un personaggio di
fantasia
RIFLETTI SUL TESTO - Primo passo
1. Ti avvisiamo che se non ubbidisci all’ordine o ne parlerai sarai ucciso o subirai
violenza
2. Allontanamento, pena l’arresto, di tutti coloro che “non hanno esercizio alcuno”, cioè i
disoccupati; arresto e tortura dei forestieri che, per testimonianza diretta, sono
riconosciuti come “bravi” e condanna a tre anni di lavori forzati su una galera
3. No, a pag. 419 si dice: “…Questa specie, ora del tutto perduta…”
4. Sì, per es. a pag. 421: “…i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui,
che non desiderava altro che d’abbreviarli…” e a pag. 422: “…il povero Don
Abbondio…”. Sembra, per il momento, che Manzoni manifesti una certa comprensione
per i sentimenti del personaggio, mentre, nel prosieguo della vicenda, il sacerdote verrà
giudicato impietosamente per non aver preso le parti degli oppressi
RIFLETTI SUL TESTO - Secondo passo
1. Rispecchia il giudizio di Manzoni, dando al lettore la possibilità di condividerlo
2. La vecchiaia dovrebbe portare con sé la saggezza, la moderazione, il senso della
giustizia. Ferrer è, al contrario, schierato con i potenti e i loro soprusi
3. Nel primo caso frasi come “…pio e spontaneo orrore del sangue…Il cielo li
benedica…” (pag. 423) o “…i benevoli…” (pag. 425). Nel secondo caso, giudizi come
“… fanno di tutto per ispinger le cose al peggio…non è mai troppo per costoro…”
(pag. 423)
4. La folla è “…un miscuglio accidentale d’uomini…” che, in caso di crisi, parteggiano
per l’uno o l’altro estremo, attraverso tutte le gradazioni possibili. Per tale motivo,
aggiunto al fatto che la folla ha la forza che le deriva dal numero, essa viene indirizzata,
circuita e istigata da ciascuna delle due parti attive, che “…usa ogni arte per tirarla
dalla sua…”. In genere Manzoni ritiene, quindi, che in tali situazioni, la gente non
riesca a ragionare, ma si comporti in modo esasperato ed estremista.
pag. 432 “La chimera” di S. Vassalli
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Nell'Ottocento, quando si diffuse la curiosità per la storia in generale e per il Medioevo
in particolare, a causa della nascita della maggior parte delle nazioni europee sostenuta
dal formarsi di una coscienza nazionale
2. “Ivanhoe” di W. Scott
3. Per illustrare gli avvenimenti storici del contesto
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente
2. Prevalentemente quando si parla della “bestia” e di Antonia: il narratore commenta, a
volte ironicamente, le credenze superstiziose della gente. Per es. a pag. 430: “...per il
bisogno che l'umanità ha sempre avuto...di bisogni che rimescolino gli umori della
gente...”; “...io non mi sentirei di escludere che...qualcuno che l'abbia incontrata si
trovi ancora oggi...”; a pag. 432: “...e chissà Antonia come reagiva, se reagiva, a
quell'improvvisa follia dei suoi compaesani! ...Nessun processo per maleficio, che si
sappia, s'occupò mai dei sentimenti della strega...”
3. Nel primo decennio del Seicento, in piccolo paese in provincia di Novara
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4. Ambiente contadino, ignorante, ottuso, superstizioso
5. Introduce informazioni sui luoghi, sugli usi, sui modi di dire, ecc.
6. Da drago, classico mostro medievale, a forme più familiari di animali comuni con
attributi eccezionali o strani (per es. il porcocane). La variabilità dipende dalle fantasie
proiettive della gente, che incarna le sue paure in un mostro di tipo diverso a seconda
del momento
7. “...Gli occhi, piccoli e rossi…denotavano la natura diabolica. Spariva con un segno di
croce...” (pag. 431)
8. Perché “accalappiava i suoi morosi”
9. “...attorno a Antonia si fece il vuoto...la gente scappava...si sbarravano le finestre...si
faceva il segno della croce...” (pagg. 431-432)
10. Indica in modo preciso mese ed anno di svolgimento della vicenda, fa un'anticipazione
sul processo per stregoneria (“...di cui poi si fece cenno nel corso del processo...” pag.
431); indica con precisione anche gli orari della giornata in cui viene avvistata la
“bestia”; in modo più generico, invece, (“...sul finire di quello stesso inverno...” pag.
431) viene indicato il trascorrere dei mesi
11. Lo spazio geografico viene descritto con precisione: per es. a pag. 430 “...tra il fiume
Sesia e le colline...”; e a pag. 431 “...un fontanile confinante col territorio di
Zardino...”
12. I luoghi geografici e del paese (l’osteria, il fienile, le stalle…) sono dati di realtà, i
personaggi e le vicende, sebbene realistiche, sono di fantasia
RIFLETTI SUL TESTO
1. “...per il bisogno che l'umanità ha sempre avuto...di bisogni che rimescolino gli umori
della gente...” (pag. 430)
2. Svolgimento libero.
pag. 439 “Il bacio di una morta” di C. Invernizio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché era pubblicato a puntate in appendice alle pagine dei giornali
2. A partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, in Francia
3. L’intrattenimento del lettore
STRUTTURA DEL TESTO
1. Esterno, onnisciente
2. Focalizzazione zero
3. Per es. a pag. 437: “…e tutto l’amore condensato nel suo puro cuore…” oppure “…Lo
spettacolo che avvenne è più facile immaginarlo che descriverlo…”; o a pag. 438:
“…Se la giustizia umana non poteva colpirla, l’aveva colpita tremendamente la
giustizia di Dio!...”. Gli interventi hanno, di solito, l’intento di sottolineare il giudizio
dell’autore
4.
CLARA
La moglie si dimostra magnanima e serena,
sinceramente innamorata di Guido, che ella
perdona e salva dalle accuse.
Anche le sue caratteristiche fisiche
manifestano la sua bontà: “…un viso pallido,
ma celestiale…voce dolcissima…”
NARA
Nara appare egoista e senza rimorso,
confessa “…con occhi fiammeggianti…” il
tentato omicidio senza badare alle
conseguenze, tenta infine di uccidere
l’amante, avventandosi su di lui “…come una
tigre…” e prorompendo “…in una risata
stridente…” (aspetti quasi animaleschi che
preannunciano la sua follia)
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5. Guido appare debole e imbelle, succube di una donna-vampiro e poi marito perdonato e
docile. È descritto in modo schematico e stereotipato, i suoi comportamenti
appartengono alla categoria dell’uomo-succube, senza approfondimenti sugli aspetti
psicologici o del carattere
6. Assolutamente prevedibili: alla comparsa della donna creduta morta, che nella sua
grande bontà addirittura scagiona il marito dal tentato omicidio, egli non può che
sentirsi schiacciato dal rimorso e l’amante reagire con violenza, diventando (o
dimostrandosi) pazza: in tal modo l’ideale della famiglia felice è salvo, perché chi
attenta a tale felicità non può che essere pazzo
7. RIPETIZIONE: per es. a pag. 436 “…L’incognita…”
IPERBOLE: per es. a pag. 436 “…pallido ma celestiale…”
SIMILITUDINE: per es. a pag. 437 “…come una tigre…”
FRASE FATTA: per es. a pag. 436 “…Fu come un colpo di fulmine!…”
CONTRASTO: per es. a pag. 435 “…pallido e rosso…”
PARATASSI: per es. a pag. 436 “…Tutti pendevano dalle labbra di lei. Guido aveva
represse le lacrime, ma il suo viso sconvolto mostrava le sensazioni dell’anima. Nara
fremeva sordamente…”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Clara è la legittima moglie, madre di una bambina, in nome della quale perdona il
marito, salvaguardando “l’integrità della famiglia”. Nara è l’amante, che tenta di
distruggere la famiglia, spinge il marito all’omicidio e, alla fine, si dimostra pazza
2. Il presunto omicidio, la follia dell’amante, la ricomparsa di una persona creduta
morta…
pag. 443 “Il conte di Montecristo” di A. Dumas padre
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Per evitare di annoiare il lettore, attratto più dalla vicenda che dall’ambientazione
2. Dei tipi, per rispondere, come le strutture stilistiche, al livello di lettori non molto
acculturati e per aderire a vicende emblematiche e ricorrenti
3. Per estendere il pubblico
STRUTTURA DEL TESTO
1. Esterno, onnisciente
2. Per es. a pag. 441: “…La dignità della sposa mise un freno allo slancio dell’amante e
della madre…”; oppure a pag. 442: “…Il leone era domato, il vendicatore era vinto…”
e “…esse scomparvero subito, perché si staccò dal cielo un angelo per raccoglierle,
essendo più preziose al Signore che le più ricche perle di Guzarate o d’Ofir…”
3. Edmondo è un uomo vendicativo e indurito dalla sofferenza, capace di sferzante ironia
(per es. a pag. 440: “…non è molto più odioso che, francese d’adozione, essere passato
nelle file degli inglesi; spagnolo di nascita, aver combattuto contro gli spagnoli;
stipendiato da Alì, aver tradito e assassinato Alì!...”); egli appare spietato, ma la sua
inflessibilità vacilla di fronte al dolore di Mercedes per il figlio (a pag. 442:
“…Mercedes pronunciò queste parole con un dolore così possente, con accento così
disperato, che un singhiozzo sfuggì dalla gola del conte…”) ed egli si dimostra
generoso fino al sacrificio di se stesso per amore (a pag. 442: “…sul terreno, che
doveva essere bagnato dal sangue di vostro figlio, scorrerà il mio sangue…”
69
4. Per es. a pag. 441: “…il cielo, giusto punitore dei malvagi, mi ha inviato a punire, ed
eccomi qui!...” e “…«Che io disobbedisca al cielo, il quale mi ha risorto per la loro
punizione?»...” e ancora: “…«Le colpe dei padri ricadranno sui figli fino alla terza e
quarta generazione»...”
5. Emblematica la frase a pag. 441: “…La dignità della sposa mise un freno allo slancio
dell’amante e della madre…” nel gesto con cui ella, che ha tradito la memoria del suo
grande amore, si umilia per salvare il figlio. Ella rivela a Edmondo il dolore provato nel
perderlo, dimostrandosi più coerente di quanto apparisse: “…ve lo giuro sulla testa di
questo figlio per il quale vi imploro, Edmondo, per dieci anni ho visto gli uomini che
libravano qualche cosa d’informe…Edmondo, credetemi, per quanto sia rea, oh sì, io
pure ho sofferto molto!...” (pag. 441) ed, infine, di amarlo ancora: “…Eccoti come ti ho
sempre sognato, come ti ho sempre amato…Oh, ora posso dirlo!...” (pag. 442), di
essere “…sempre la stessa nel cuore…” (pag. 443)
6. Il suo ingiusto arresto, la sua detenzione nel Castello d’If, la sua avventurosa fuga, la
morte di suo padre per la fame, il suo ritorno per vendicarsi
7. A pag. 442: “…No, tutto non è finito, lo sento da ciò che mi rimane ancora nel
cuore…”
8. Il tipo del buono oppresso ingiustamente dai malvagi, l’amore senza tempo, l’eroina da
difendere, la vendetta, i colpi di scena, la ricomparsa di una persona creduta defunta, il
classico lieto fine con cui la giustizia trionfa…
RIFLETTI SUL TESTO
1. Scontate e prevedibili, anche se di grande forza emotiva: la madre che difende il figlio,
l’ex fidanzato ancora innamorato, l’uomo che sacrifica la sua vita per amore della
donna, la rivelazione di eterno amore…
2. Edmondo è l’incarnazione del Bene, destinato a trionfare sui malvagi: Danglars,
Morcerf.
pag. 450 “L'amore ai tempi del colera” di G. G. Marquez
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Al suo contenuto sentimentale
2. Al grande pubblico femminile
3. Utilizza uno stile semplice ed emotivamente coinvolgente
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per es.: “...soffriva di stitichezza cronica che lo obbligò...” (pag. 446); “...cataclisma
amoroso che mezzo secolo dopo non era ancora terminato...” (pag. 447)
2. “...Gli parve una visione rara: la figlia che insegnava a leggere alla madre...” (pag.
447); “...Dalle sette di mattina si sedeva...finché vedeva passare la donzella
impossibile...” (pag. 447); “...A poco a poco venne idealizzandola, attribuendole
virtù...e dopo due settimane non pensava ad altro che a lei...” (pagg. 447-448);
“...decise di mandarle un semplice biglietto...” (pag. 448)
3. “...il giorno che in cui Fermina Daza aveva trascurato un attimo la
lezione...Florentino Ariza l'aveva impressionata...” (pag. 448); “...Queste notizie
avevano aumentato il suo interesse...” (pag. 448); “...l'unica cosa che le ispirava
Florentino Ariza era un po' di pena, perché le era parso malato...” (pag. 448); “...si
affrettavano a cercare con un rapido sguardo la sentinella sparuta...” (pag. 448);
“...Non seppe mai in che momento il divertimento si trasformò in ansia, e il sangue le
si sconvolgeva per l'urgenza di vederlo, e una notte si svegliò spaventata...Allora
desiderò con tutta l'anima che si avverassero i pronostici della zia...” (pag. 449)
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4. Florentino: allampanato, di aspetto squallido, con i capelli da indio impomatati e gli
occhiali da miope. Fermina: occhi a mandorla, naso affilato e una grossa treccia di
capelli, cammina altera e andatura da cerbiatta.
Fiorentino è riservato, ingenuo in amore ma galante, capace di sentimenti profondi e
immediati, sognatore e idealista. Fermina è una ragazza un po’ altera, ingenua nelle
cose amorose
5. Pur essendo zitella e molto religiosa, non si dimostra affatto austera come il suo
aspetto, poiché “…aveva un istinto alla vita e una vocazione alla complicità che erano
le sue migliori virtù…” (pag. 448), ed infatti farà da tramite tra i due innamorati
6. La madre, Tránsito, che gli dà dei consigli per accendere l'interesse di Fermina
7. La zia Escolastica: dà a Fermina dei consigli per incoraggiare il suo spasimante ed è
sua complice nella scoperta dell'amore
8. Si tratta di una delle case più vecchie della città, con un patio “…che sembrava il
chiostro di un'abbazia…”, e un corridoio ad arcate. Essendo “mezza in rovina”, il
padre di Fermina la sta restaurando con grande dispendio di mezzi
9. Svolgimento libero
RIFLETTI SUL TESTO
1. e 2. Svolgimento libero.
pag. 458 “Le confessioni di un italiano” di I. Nievo
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Da una parola tedesca, Bildungsroman
2. Il percorso di formazione umana, sentimentale, intellettuale e morale di un personaggio
3. Un periodo di solito lungo: dall’adolescenza all’età adulta
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per es. a pag. 455: “…non ci voleva nulla di meglio per me, che della vita altro non
conoscevo se non quello che eran venuti raccontando…” e: “…Voglio raccontarle,
perché quella passeggiata mi votò forse per sempre a quella religione semplice e
poetica della natura…”
2. La rabbia nei confronti della Pisana, il desiderio di avventura e la curiosità per l’ignoto
3. La scoperta del mare lo mette in contatto con l’idea di immensità, luminosità e
bellezza, avvicinandolo all’idea di Dio
4. “…l’atto di fede insegnatomi dal piovàno a tirate d’orecchi…” (pag. 456), perché era
semplice imitazione, non esperienza diretta
5. Carlino è un ragazzo sensibile, solitario e sognatore (“…Io stava lì lunghe ore,
contemplandole...” pag. 454), affascinato dalla natura, attratto dal contatto con essa
intesa come rasserenatrice dalle sofferenze (“…quella religione semplice e poetica
della natura, che mi ha poi consolato d’ogni tristizia umana…” pag. 455)
6. Le comari dei paesi vicini; i servitori del castello, Martino e Mastro Germano; il
sacrestano Fulgenzio e il cappellano del castello; il messo giudiziario del castello,
Marchetto; sua cugina, la Pisana e i cuginetti di lei
7. A pag. 455: “…cose nuove e inusitate…meravigliose e incredibili”; “…allargatasi
quanto l’occhio poteva correre…”; a pag. 456: “…La gran prateria coll’ignoto e
l’infinito…sbigottimento di maraviglia…vastissimo spazio…più in là ancora l’occhio
mio non poteva indovinare cosa fosse quello spazio infinito d’azzurro…lontanissimo
azzurro misterioso…iride immensa…”
8. Perché è l’esperienza da cui prende avvio la sua maturazione, dunque quella più
importante
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RIFLETTI SUL TESTO
1. La curiosità e la rabbia lo spingono a varcare i confini del territorio fino a lì conosciuto
(simboleggiati dal canale che egli deve guadare); la prateria suscita subito in lui l’idea
di “ignoto e l’infinito”; la vista del mare oltre la prateria, “…quello spazio infinito
d’azzurro…”, e il suo successivo mutar colore nel tramonto, lo fanno cadere in
ginocchio e gli suscitano in mente “…quel buono e grande Iddio che è nella natura…”
2. Svolgimento libero.
pag. 464 “Siddharta” di H. Hesse
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Con la maturità e la piena conoscenza di sé, con l'accettazione delle regole e/o con la
rottura dalle regole della società
2. Il protagonista è di solito giovane d'età e viene descritto soprattutto nelle sue
caratteristiche interiori e nelle cause dei suoi comportamenti. Ciò è funzionale allo
svolgimento del percorso di cambiamento verso la maturità. È quindi sempre un
personaggio dinamico
3. In Germania nel corso dell'Ottocento
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per es.: “...Era un grande sapiente, un sommo sacerdote quello ch'egli vedeva
svilupparsi in lui...” (pag. 459); “...Sapeva bene Govinda: questo non diventerà un
Brahmino come ce n'è tanti...” (pag. 459); “...Govinda si rese conto: ora comincia, ora
trova Siddharta la sua via...” (pag. 461)
2. Per es.: “...un pigro ministro di sacrifici, o un avido mercante d'incantesimi, un vano e
vacuo retore, un prete astuto e cattivo...” (pag. 459); “...dov'erano i saggi, dove i
sacerdoti o i penitenti, ai quali fosse riuscito, non soltanto di conoscerla, questa
profondissima scienza, ma di viverla?...” (pag. 460); “...tre uomini secchi e spenti, né
vecchi né giovani...estranei e ostili al mondo...” (pag. 461)
3. È rispettoso e garbato, studioso, avido di sapere, intelligente, di “alti, generosi
pensieri”, volonteroso e tenace, “...a tutti egli dava gioia, tutti ne traevano piacere...”.
Tuttavia è infelice, “...lo assalivano sogni e pensieri irrequieti...”
4. È un uomo dotto, saggio e ammirevole, nobile e calmo nel contegno, puro nei
comportamenti e di alti e profondi pensieri
5. Siddharta, che è rispettoso dei suoi genitori, non esita tuttavia a prendere le sue
decisioni autonomamente, ma si reca comunque a chiedere il permesso al padre. Il
padre, che ama e ammira profondamente Siddharta, all'annuncio della decisione del
figlio di unirsi ai Samana, reagisce con rigidità e durezza “...tacque così a lungo che
nella piccola finestra le stelle si spostarono...” (pag. 461); tuttavia, di fronte
all'irremovibile tenacia del figlio, capisce di non poterlo trattenere (“...s'accorse che
Siddharta non abitava già più con lui...” pag. 462) e umilmente si pone al suo fianco,
come aiutante e come allievo: “...Se nella foresta troverai la beatitudine, ritorna e
insegnami la beatitudine. Se troverai la delusione, ritorna: riprenderemo insieme a
sacrificare agli dei...” (pag. 462)
6. Govinda ama Siddharta: “...Amava gli occhi di Siddharta e la sua cara voce, amava il
suo passo e il garbo perfetto...ma soprattutto ne amava profondamente lo spirito, i
suoi alti, generosi pensieri, la sua volontà ardente...” (pag. 459); ammira
profondamente l'amico, di cui condivide la decisione di ascetismo, pur non
comprendendola del tutto: “...A queste parole Govinda impallidì...si rese conto: ora
comincia, ora trova Siddharta la sua via, ora comincia il suo destino a germogliare, e
con il suo il mio...” (pag. 461) e decide di andare con lui
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7. La sua sete di conoscenza lo spinge a cercare il principio assoluto che dà senso
all'esistenza dell'uomo. Govinda lo segue perché lo ama e lo ammira: sarà il primo
seguace del Buddha
8. No, è un lessico alto, con molti vocaboli colti (per es.: abluzioni, bruniva, inspirare,
emana, garbo, compìto…) e sintassi elaborata, (per es. le proposizioni interrogative
retoriche, come: “…ma anche lui, che tanto sapeva, viveva forse nella beatitudine,
possedeva la pace, non era anche lui soltanto un uomo che cerca, un assetato?...”) che
ben rappresenta la complessità dei dubbi e della rielaborazione filosofica del
personaggio
RIFLETTI SUL TESTO
1. Aveva cominciato a sentire che l'amore dei suoi genitori e del suo amico non gli
avrebbero dato la felicità per sempre; aveva capito che i saggi gli avevano già
insegnato tutto quello che potevano: “...ma questo recipiente non s'era riempito, lo
spirito non era soddisfatto, l'anima non era tranquilla, non placato il cuore...” (pag.
460). Voleva conoscere l'uno e il tutto, la cosa più importante di tutte, la sola cosa
importante, che anche i più grandi saggi non avevano ancora raggiunto
2. Svolgimento libero.
pag. 467 “Una vita violenta” di P. P. Pasolini
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché diventa esasperato il conflitto del giovane con il mondo che lo circonda, in cui
predominano l’apparenza e la superficialità; il percorso di formazione, inoltre, diventa
molto più difficile e tortuoso, e, talvolta, fallimentare
2. L’asino d’oro di Apuleio
3. Perché il protagonista si trasforma da bullo a eroe
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Focalizzazione interna (quella del protagonista)
3. Tommaso si dimostra coraggioso ed eroico, sprezzante del pericolo si butta con forza a
compiere una buona azione: si evidenzia per es. la gratuità del suo gesto (“…- Voi non
siete pratichi…nun conoscete er fondo!...Fatemece annà…” a pag. 465), la fatica
(“…non cascava solo per la disperazione…” a pag. 466), di cui quasi si vergogna
(“…perché non si voleva far vedere in faccia com’era ridotto…” a pag. 467)
4. Per es. a pag. 466: “…- A signo’, ma mica so’ un facchino, io!...- Ce provamo, aaa
cosa!...”
5. La totale generosità del suo gesto
6. Perché abitava nella borgata, prima di andare in carcere
7. La donna è terrorizzata e ostacola, per la paura, il gesto del suo salvatore; i pompieri
all’inizio non gli danno retta, poi accondiscendono a fargli fare un tentativo; i
compagni si danno da fare per soccorrere la gente alluvionata. Tommaso è diventato
come loro, generoso e disponibile all’aiuto
8. Il lessico è dialettale, è quello della borgata romana in cui è ambientata la vicenda. Il
narratore adotta lo stesso linguaggio, aderendo ad una nuova forma di realismo
RIFLETTI SUL TESTO
1. Il giudizio dell’autore è di piena solidarietà col personaggio: Tommaso è il
rappresentante di un ceto sociale che devia dai valori di solidarietà sociale a causa della
alienazione moderna, ma che riesce a tornare ad essi grazie agli ideali di impegno
73
sociale dei compagni. Il giudizio è completamente interno alla vicenda stessa, non
emerge mai direttamente
2. Svolgimento libero.
pag. 475 “Conversazione in Sicilia” di E. Vittoriani
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Si tratta di un romanzo che esprime idee o teorie attraverso una narrazione
2. L’intento educativo e morale
3. Per agevolare la comprensione dei contenuti
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno
2. Focalizzazione interna
3. È un uomo alto, “grande” (il che evoca una qualche grandezza morale), “…grosso
nelle cosce e nelle braccia…”, con una “…fronte olimpica…” come una divinità, forse
lo stesso Zeus, “…capelluto come un uomo antico…” e dall’aria schietta e aperta (il
che fa stare in attesa di una sua rivelazione)
4. Il Gran Lombardo si descrive come un uomo realizzato, sia in senso famigliare che
economico, tuttavia afferma di non essere soddisfatto, perché non si sente in pace con
gli uomini; avrebbe voluto avere una “…coscienza fresca…che gli chiedesse da
compiere altri doveri…dei nuovi doveri, e più alti, verso gli uomini…” (pag. 472). Il
catanese gli dà ragione, afferma di condividere pienamente la sua insoddisfazione; il
vecchietto è, invece, indifferente; gli altri non intervengono
5. Il vecchietto viene descritto con “…la testa di serpe…” e una bocca “…a fessura di
salvadanaio…”, un rametto verde di arancio in bocca accentua tale caratteristica; egli si
limita a ridere (“Ih!”) all’asserzione del Gran Lombardo, dimostrandosi indifferente,
perciò il narratore lo descrive con disprezzo come un animale infido
6. Viene descritto in modo vago e indeterminato
7. RIPETIZIONI: per es. il Gran Lombardo inizia spesso le sue osservazioni con “credo”
ESPRESSIONI SINTETICHE: per es. “…un tipo carrettiere forse solo per questo…”
(pag. 470)
ACCUMULAZIONE: per es. “…Uno, anche giovane, era sanguigno, forte, coi capelli
crespi e neri, il collo nero, un popolano di città…” (pag. 470)
USO DI GERUNDIO E INFINITO: per es. “…ridendo fisso, guardando a sé dinanzi,
me, il sedile, il giovane catanese, e ridendo: felice…” (pag. 471)
GIOCHI DI PAROLE: per es. “…avrebbe potuto sollevare e non aveva sollevato…”
(pag. 470)
COSTRUZIONI INNATURALI: per es. “…che cosa la puzza fosse…” (pag. 471)
FRASI ACCOSTATE: per es. “…tornava a casa, a Leonforte, era di Leonforte, su nel
Val Demone tra Enna e Nicosia, era un padrone di terre…” (pag. 472)
RIFLETTI SUL TESTO
1. La risposta agli “astratti furori” che guidano il suo viaggio: la ricerca di un nuovo
rapporto con l’umanità
2. Forse un nuovo tipo di solidarietà tra gli uomini
3. Perché gli uomini non sentono il problema con la stessa intensità
pag. 480 “Il visconte dimezzato” di I. Calvino
CARATTERISTICHE DEL GENERE
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1. A seconda delle esigenze, possono essere tratteggiati in modo superficiale o dettagliato
2. A partire dal Settecento, in Francia
3. Sì, per es. Italo Calvino e Antonio Tabucchi ne hanno fatto dei capolavori
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno
2. Essendo il nipote del protagonista, può esprimere dei giudizi autorevoli dall’interno
della vicenda
3. Compie una serie di molestie gratuite: fa cadere nel pozzo la madre di Pamela per
parlarle, fa azzoppare il cavallo perché lo spinge al galoppo giù per un burrone
4. Ogni sua azione motivata da un suo desiderio è accompagnata da un gesto di bontà nei
confronti degli altri (per es. per parlare con il padre di Pamela gli raccoglie le olive)
5. Dal fatto di avere “…l’esperienza dell’una e dell’altra metà…” cioè di possedere la
saggezza derivante dall’aver sperimentato la massima cattiveria e la più grande bontà,
di avere in sé il Bene e il Male mescolati tra loro
6. Come una bambina, parla con gli animali e addirittura li veste da paggetti; ma è scaltra
e saggia come una donna adulta, quando promette di sposare entrambi i visconti per
riunificarli
7. Spicca salti di gioia “…con le sue gambe da grillo…”, sembra uno scienziato un po’
pazzoide; ma salva il visconte con un intervento miracoloso, facendo combaciare tutti
gli organi. Ogni personaggio è “doppio”, con aspetti negativi e aspetti positivi
8. Semplice, immediato, ironico, quasi come una favola
9. Per permettere una efficace e diretta comprensione del messaggio
RIFLETTI SUL TESTO
1. Ogni animale fa del male a se stesso, come sta per accadere dei due “mezzi” visconti
2. “…Forse ci s’aspettava che, tornato intero il visconte, s’aprisse un’epoca di felicità
meravigliosa…” ma il mondo ha ancora molto da scoprire per raggiungere la
completezza e la felicità
3. Perché essi sono coloro che ci hanno formato, dandoci i loro difetti e le loro virtù;
passato e presente si mescolano: i personaggi simboleggiano i problemi dell’uomo
moderno
4. Svolgimento libero.
pag. 490 “Germinale” di E. Zola
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Appartengono alle classi più umili, sono in stretta relazione con l'ambiente che li
circonda, la loro presentazione avviene, di solito, nel corso della narrazione, sono
figure a tutto tondo e dinamiche
2. In Francia nella seconda metà dell'Ottocento
3. Perché era limitato dall'uso rigido del canone dell'impersonalità della rappresentazione
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Focalizzazione zero, con un certo distacco
3. Il panico fa loro perdere la testa, l'istinto di sopravvivenza scatena l'aggressività: per
es. a pag. 485 “...l'idea di trovarsi soli abbandonati...metteva le ali ai piedi...Lo stesso
caposquadra perdeva la testa...” e a pag. 486 “...un fuggi fuggi pauroso...si lanciavano
all'assalto delle gabbie...si massacravano per imbarcarsi...”. Quelli che riescono a
75
scampare sono inebetiti: “...fissavano istupiditi la bocca del nero budello...con gesti di
mentecatti...” (pag. 487)
4. Comprende che il crollo della galleria è dovuto a un sabotaggio. La sua reazione:
“…all’idea che un uomo fosse stato capace di tanto, raccapricciava…” e di quel
“malfattore” ha paura
5. Per es.: Danseart, il capo assistente: obbedisce agli ordini superiori in modo acritico e
incosciente (quando l'acqua sale eccessivamente nel pozzo di scarico “...rispose che
bisognava aspettare l'arrivo dell'ingegnere...” pag. 486); solo a disastro avvenuto
prende delle decisioni operative (“...Allora Danseart si decise...” pag. 486; “...cercava
d'imporsi… minacciava...s'adoprava per mettere ordine...intimava agli addetti al
carico di attendere...”). Ma, alla fine, terrorizzato, abbandona codardamente gli ultimi
che stanno giungendo (pag. 486): “...dalle gallerie sbucavano ancora operai quando,
sopraffatto dal panico, anche lui saltò su una berlina...”)
6.
Vista
Per es.: “...Lì in alto, il rivestimento era intatto...dell'armatura non restava più che qualche
tavola...Dietro, nella parete, enormi vuoti si andavano scavando; e da quei varchi le sabbie
gialle sgorgavano in massa ...” (pag. 488)
Udito
Numerosissimi riferimenti: la miniera è un insieme di suoni sinistri: “...Strani rumori, lontani
scalpiccii...” (pag. 485); “...La si udiva anfanare con un singulto di fatica...” (pag. 486); “...un
sinistro scricchiolio, seguito dal fracasso...”; (pag. 486); “...sordi schianti si susseguivano...”
(pag. 486). Ma, soprattutto, si sentono le urla dei minatori bloccati in fondo al pozzo: “...si
distingueva tra il fragore delle acque e quello delle frane, il loro urlo...” (pag. 487);
“...seguitava a salire straziante l'urlo dei disgraziati...” (pag. 488); “...quand'ecco l'urlo
cessare...” (pag. 488)
Olfatto Non rilevato
Tatto
“...Inzuppati, feriti, rantolanti si aggrapparono alla gabbia superstite...” (pag. 486); “...al tatto
constatò nel legno...dei colpi di sega, di trapano...tastava ancora le tavole...” (pag. 488)
Gusto
Non rilevato
7. Per es. a pag. 486: “...ebbene, se l'acqua saliva, che ci poteva fare lui?...”; a pag. 487:
“...s'era in una ventina, possibile che quei porci di capi li abbandonassero così?...”;
“...l'ingegnere spallucciava: andiamo! che l'armatura d'un pozzo poteva sfasciarsi così
facilmente? certo si esagerava!...”
8. Per es.: “puntellare”, “mazze”, “traino”, “piano inclinato”, “berline”, “pozzetto di
scarico”, “pompa”, “armatura”, “gabbie”...
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. l'assenza di sistemi di allarme: la galleria dove sta lavorando la squadra di
Stefano è “...tagliata fuori da ogni comunicazione...” (pag. 485) tanto che nessuno li
avverte del crollo; l'incoscienza del capo assistente che non provvede a verificare il
problema dell'acqua crescente concorre al disastro: “...se l'acqua saliva, che ci poteva
fare lui?...” (pag. 486); l'impotenza dei minatori, privi di sistemi di sicurezza, di fronte
al precipitare degli eventi: “...e tutti e due, il vecchio e la bestia, assistevano stupefatti
al rapido crescere della piena...” (pag. 487); la drammaticità della morte decine di
metri sottoterra: “...Inzuppati, feriti, rantolanti si aggrapparono alla gabbia superstite.
Due li accoppò la caduta d'un trave; un terzo...precipitò da una cinquantina di metri e
sparì nello smaltitoio...” (pag. 486)
2. Per es.: l'ambiente della miniera è più volte indicato come un “budello”, un “nero
buco”, un luogo chiuso e opprimente, una sorta di Inferno dantesco, dove sono
condannati a stare chiusi molte ore al giorno, se non per sempre, i minatori. In tali
condizioni di lavoro, il panico e l'istinto di sopravvivenza prevalgono sulla solidarietà
76
pag. 395 “I Malavoglia” di G. Verga
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Il romanzo naturalista ha come oggetto del suo interesse la realtà (il termine “natura”
indica ciò che non è artefatto), in particolare quella del proletariato e sottoproletariato
urbano, che viene rappresentata in modo oggettivo e analizzata con atteggiamento
scientifico.
Il romanzo verista rappresenta le stesse tematiche, occupandosi principalmente delle
condizioni di vita dei contadini e pescatori del Sud d'Italia. Lo stile narrativo
radicalizza la tecnica di scrittura naturalistica con l'utilizzo di un'impersonalità quasi
totale.
2. Il romanzo naturalista vuole denunciare le situazioni negative con lo scopo di
migliorarle
3. Il romanzo verista ha scopi divulgativi, ma senza alcuna fiducia in un possibile
cambiamento
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno quasi impercettibile
2. Descrive gli avvenimenti con gli occhi dei diversi personaggi del paese, tutti insieme
protagonisti della vicenda
3. Per es. la Santuzza: finge di essere pudica e profondamente religiosa, mentre è civetta e
spregiudicata: è corteggiata da tutti (“...se n'era andata in chiesa, tirandosi dietro gli
avventori...”) e intrattiene una relazione sentimentale con un uomo sposato.
Evidentemente attaccata al denaro, imbroglia gli avventori dell'osteria (di lei si dice
“vende l'acqua per vino”) e lascia che il padre viva di elemosina.
4. Maruzza la Longa (evidentemente era una donna alta); Menico della Locca (nel senso
che è figlio di una donna chiamata allocca); suor Mariangela la Santuzza (soprannome
ironico, perché ella, malgrado appartenesse ad una congregazione religiosa di donne
laiche nubili, aveva avuto una relazione sentimentale); Tino Piedipapera
(evidentemente per il suo modo di camminare); Turi Zuppiddu (perché era zoppo);
compare Mangiacarrubbe (forse per il cibo, di solito dato ai cavalli, che egli
mangiava); Mariano Cinghialenta (forse dai pantaloni sempre larghi); la Zuppidda
(moglie di Turi Zuppiddu); la Vespa (una donna dai modi antipatici e insistenti); lo zio
Crocifisso Campana di legno (perché finge di non sentire)
5.
Paura e
preoccupazione
dei Malavoglia
per la tempesta
“...Maruzza... non poteva star ferma un momento...”(pag. 491);
“...Sulla riva c'era soltanto Padron 'Ntoni...”(pag. 491);
“...Sull'imbrunire comare Maruzza...era andata ad aspettare sulla sciara...” (pag.
494)
Indifferenza dei “...Padron Fortunato Cipolla...diceva che non avrebbe dato due baiocchi di
compaesani per Bastianazzo...” (pag. 491);
il loro dramma “...-Adesso tutti vogliono fare i negozianti, per arricchire!...” (pag. 491);
“...Comare la Longa non ci viene in chiesa...Poi non bisogna stare a cercare perché il
Signore ci castiga!...” (pag. 492);
“...Ciascuno non poteva fare a meno di pensare che quell'acqua e quel vento erano
tutt'oro per i Cipolla; così vanno le cose di questo mondo...mentre i Malavoglia
diventavano bianchi e si strappavano i capelli...” (pag. 492);
“...e lo speziale gli domandava...se andasse a spasso con quel tempaccio, e gli diceva
pure: Bella Provvidenza, eh!...” (pag. 494);
“...Lo zio Crocifisso è andato a cercare Padron 'Ntoni con Piedipapera, per fargli
confessare davanti a testimoni che i lupini glieli aveva dati a credenza...” (pag. 494)
77
6. Il mare impersona, in negativo, la Provvidenza (che è anche il nome della barca dei
Malavoglia), che procura sventura o fortuna a suo piacimento (per es. a pag. 491:
“...quel settembre traditore che vi lascia andare un colpo di mare tra capo e collo
come una schioppettata fra i fichidindia...”). È l'elemento di sfondo onnipresente,
intorno al quale si muovono tutte le vicende e i personaggi del paese (per es. a pag.
494: “...per dare un'occhiata verso il mare, e vedere di che umore si addormentasse il
vecchio brontolone...”)
7. I Malavoglia continuano a recarsi sulla spiaggia per scrutare il mare e il ritorno della
barca; i compaesani, invece, continuano le loro occupazioni e i loro pettegolezzi, dal
barbiere, all'osteria, in chiesa. I primi in preda alla loro angoscia, i secondi
egoisticamente a guardare
8. Per es. “...come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese...”(pag. 491): noi, gente di
città, non abbiamo i gatti che scorrazzano sul tetto; “...il mare nero come la sciara...”
(pag. 493): le cose sono viste con gli occhi dei pescatori; “...come una schioppettata fra
i fichidindia...” (pag. 491): tipico del passato siciliano, di tendere un agguato in
campagna
9. Per es. a pag. 491: “…colla Provvidenza e il carico di lupini…”; a pag. 492:
“…Persino la madre di Menico stava in chiesa…”; e a pag. 493: “…così vanno le cose
di questo mondo, che i Cipolla, adesso che avevano la paranza bene ammarata…”
10. “...Il mare si udiva muggire attorno ai fariglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi
della fiera di sant'Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell'anima di Giuda...”
(pag. 491)
RIFLETTI SUL TESTO
1. A pag. 491: “…il vento s’era messo a fare il diavolo…nero come l’anima di Giuda…
settembre traditore, che vi lascia andare un colpo di mare…vela sbrindellata…il
diavolo in poppa…si facevano la croce…”; a pag. 493: “…la vera disgrazia…la sera
scese triste e fredda…quando si ha la barca al sicuro…mare nero come la sciara…”;
a pag. 494: “…La piccina piangeva…il piangere della bambina…”
2. Per es.: “...quando hanno perso la mula vanno cercando la cavezza...” (quando il
disastro è compiuto è inutile cercare i dettagli); “...Chi fa credenza senza pegno, perde
l'amico la roba e l'ingegno...” (fare un debito senza averne copertura ci fa perdere la
roba, gli affetti e il senno); “…nessuno è contento del suo stato e vuol pigliare il cielo a
pugni…” (vuole combattere contro il proprio destino)
3. Svolgimento libero.
pag. 502 “ Mastro Don Gesualdo” di G. Verga
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Lo scrittore naturalista si pone di fronte alla materia del suo lavoro con l’atteggiamento
dello scienziato, convinto che il metodo sperimentale debba essere applicato anche allo
studio dell’uomo e delle sue passioni: lo scrittore ha il compito di descrivere le leggi
che governano la psiche umana e che spingono gli uomini alle loro azioni.
Lo scrittore verista scrive facendo in modo che siano i fatti stessi a raccontarsi, facendo
in modo che la “mano” dell’artista sia invisibile e che l’opera sembri “essersi fatta da
sé”
2. Il Positivismo, che, similmente al Naturalismo, sottolinea il ruolo della scienza nei
confronti della realtà
3. L’uno determina la nascita dell’altro
78
STRUTTURA DEL TESTO
1. Per es. il commento a pag. 498: “…Così va il mondo, pur troppo, che passato il primo
bollore, ciascuno tira innanzi per la sua vita e bada agli affari propri…”; il giudizio:
“…da villano malizioso…” a pag. 498; oppure le battute che manifestano il narratore
onnisciente, come a pag. 500: “…Allora si fregò bene gli occhi, e la voglia di dormire
gli andò via a un tratto…”
2. Per es. “…la figliola che gli veniva dinanzi con quella faccia desolata, e poi teneva il
sacco al marito, e lo incarcerava…” (pag. 498); oppure a pag. 499: “…Gli vennero
insieme delle altre cose sulle labbra…quei sospetti odiosi che dei bricconi, nelle
questioni di interessi, avevano cercato di mettergli in capo…”; “…Le raccomandava la
sua roba, di proteggerla, di difenderla…li passava tutti in rassegna amorosamente;
rammentava come erano venuti a lui, uno dopo l’altro, a poco a poco…”
3. Per es. a pag. 500: “…Ma non lo lasciava dormire quell’accidente…”; “…una specie
di rantolo che dava noia e vi accapponava la pelle…”; oppure a pag. 501: “…il
vecchio se n’era andato, grazie a Dio!...Entrate pure; non vi mangiano mica…E
neanche lui…non vi mette più le mani addosso di sicuro…”
4. Mastro Don Gesualdo è un manovale (“…«Si vede com’era nato…» osservò
gravemente il cocchiere maggiore. «Guardate che mani!» «Già, son le mani che hanno
fatto la pappa!»...” a pag. 501) arricchitosi con grandi sacrifici (“…Spiegava quel che
gli erano costati quei poderi…” a pag. 500), ma privo di affetti veri: neppure quello
della figlia, come quello della nobile moglie, è sincero (“…la figliola che gli veniva
dinanzi con quella faccia desolata, e poi teneva il sacco al marito…” a pag. 498). In
punto di morte si rende conto che ciò che ha accumulato, la “roba”, non gli ha dato la
felicità ed è destinato a essere dissipato dopo di lui (“…Allora vuol dire che non te ne
importa nulla…come a tuo marito…” a pag. 499)
5. Isabella è simile alla madre (“…colla ruga ostinata dei Trao fra le ciglia…” a pag.
500), indifferente e distante dalla mentalità e dall’affetto del padre (“…chiudendosi in
sé, superba, coi suoi guai e il suo segreto. E lui allora sentì di tornare Motta, com’essa
era Trao…” a pag. 500)
6. Provengono da mondi e mentalità totalmente diversi
7. Per controllarne il testamento. Egli cerca di non credere alla cruda verità che alcuni gli
hanno insinuato, anche se spesso il dubbio lo assale
8. Alla morte di Gesualdo, all’alba, la vita nel palazzo continua il suo ritmo: “…Nella
corte udivasi scalpitare dei cavalli, e picchiare di striglie sul selciato…Lo stalliere che
faceva passeggiare un cavallo malato…” (pag. 501)
9. Il servitore incaricato di vegliarlo si disinteressa di lui (a pag. 500: “…«Ah, sissignore.
Ora vado a chiamarla» rispose il domestico, e tornò a coricarsi…”); il portinaio
commenta la morte: “…«Ah… così…alla chetichella?»…” (pag. 501); tutti si recano
nella stanza a vedere il padrone morto “…in manica di camicia e colla pipa in
bocca…” (pag. 501)
10. Per es.: “…Non perdiamo tempo inutilmente…Parliamo dei nostri affari. Non ci
perdiamo in chiacchiere…quando tuo marito torna a proporti di firmare delle
carte…Vorrei lasciare qualche legato…”
11. Forse rappresentano la difficoltà di comunicare esistente tra i due: i tanti “non detto”
che sono sottintesi ai loro discorsi
12. Sì, anche se meno frequente. Per es. a pag. 498: “…a guadagnare almeno quelli, uno
dopo l’altro, così come venivano, pazienza! Finché c’è fiato, c’è vita!...ci faceva il
callo. Lui aveva le spalle grosse, e avrebbe tirato in lungo…”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché i due titoli sono antitetici, appartengono a ceti sociali molto diversi, che non
possono convivere
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2. Per es. l’elenco affannato delle terre: “…Spiegava quel che gli erano costati, quei
poderi, l’Alia, la Canziria, li passava tutti in rassegna amorosamente; rammentava
come erano venuti a lui…” (pag. 499)
3. Nei cinque romanzi del ciclo dei “Vinti” progettati da Verga, egli intendeva mostrare
come qualsiasi ceto sociale sia destinato a fallire nei suoi obiettivi. Egli realizzò
compiutamente solo i primi due romanzi, in cui due rappresentanti delle classi inferiori
condannano la propria vita alla sconfitta per cercare di emergere e di risalire la china
sociale: sia la famiglia Malavoglia, con l’affare dei lupini, che Mastro-Don Gesualdo
con l’accumulo di beni, infatti, non solo non riescono nei loro obiettivi, ma soprattutto
perdono la cosa più importante, gli affetti famigliari e l’unità della famiglia.
pag. 511 “Don Chisciotte della Mancia” di M. de Cervantes
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È una narrazione di vicende insolite, pericolose, a volte esotiche, ricche di azioni e
colpi di scena
2. Divertire il lettore, suscitandone la curiosità e l'interesse
3. Talvolta scopo documentario o di riflessione
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente
2. Focalizzazione zero. Per es. a pag. 509: “...tutto preso e imbevuto di ciò che aveva letto
nei suoi libri fallaci...”; e: “...cominciarono a salutargli le orecchie con pietre...” e
ancora: “...lo raggiunse un altro confetto...”
3. Sì, esse permettono di dimostrare i due modi opposti, quello di Don Chisciotte e quello
del suo scudiero, di leggere gli avvenimenti. Per es. a pag. 506 il protagonista ricorda
ciò che è accaduto nell’osteria: “…quando dal muro del cortile assistevo allo svolgersi
della tua triste tragedia…”; e a pag. 507 Sancho Panza: “…tranne quella del
biscaglino, e anche da quella la signoria vostra n’uscì con mezzo orecchio e mezzo
elmo di meno…”; oppure le fantasie distorte di Don Chisciotte nel descrivere le due
greggi di pecore, che egli trasforma in due grandi eserciti di cavalieri: “…questo
Alifanfarone è un fanatico pagano ed è innamorato della figlia di Pentapolino…”
(pag. 508)
4. Il protagonista è un illuso, che pensa sia possibile ancora comportarsi come ai tempi
dei cavalieri antichi (per es. a pag. 596: “...avrei dovuto contravvenire alle leggi della
cavalleria che...non consentono che un cavaliere metta le mani addosso...”; a pag. 507:
“...«Che cosa dobbiamo fare?» rispose Don Chisciotte. «Favorire e aiutare i bisognosi
e i deboli»...”); tutto preso dalla sua illusione, interpreta la realtà con folle fantasia (per
es. a pag. 507: “...Vedi, Sancho, quel polverone che si alza là? Ebbene, esso è sollevato
da un ingente esercito...”; e a pag. 508: “...Quel cavaliere che vedi là con le armi
gialle...”), tuttavia non esita a lanciarsi coraggiosamente nella battaglia (pag. 509:
“...posta la lancia in resta, discese come un fulmine...”) e si dimostra buono e giusto
5. Per es. a pag. 506: “..la cosa migliore e più opportuna da farsi...sarebbe di tornarcene
al nostro paese...” e a pag. 507: “...Sarà così...anche se io non lo so; so soltanto che da
quando siamo cavalieri erranti...non abbiamo mai vinto alcuna battaglia...da allora in
poi, sono state tutte legnate su legnate...”; e a pag. 508: “...ma dove metteremo questo
asino, per esser certi di trovarlo quando sarà cessata la mischia?...”
6. Col suo carattere bonario e pacato, serve fedelmente il suo padrone, assecondandolo
ma anche cercando ogni volta, con la sua saggezza, di ricondurlo alla realtà, perché ne
ammira il senso di giustizia e la bontà
80
7. Don Chisciotte trasforma l’osteria in un castello incantato, e gli assalitori in fantasmi;
Sancho cerca di riportarlo alla realtà, chiamando le persone con i loro nomi e cognomi
e indicando la verità: “…il non poter salire sul muro del cortile né smontare da
cavallo, dipendeva da ben altro che da incantamento…”
8. Poco descritto, solo per quel tanto che serve da sfondo alle avventure: “...per strada su
cui essi andavano avanzava un grande e denso polverone...” (pag. 507); “...su quella
piccola altura...” (pag. 508)
9. Retorico e ampolloso (per es. a pag. 506: “...Ora ho finito di convincermi...ti giuro
sulla mia fede di cavaliere...”; a pag. 507: “...cercherò di trovare una spada fatta con
tale arte che a colui che la porti...”); con lessico alto (per es. a pag. 506:
“contravvenire” a pag. 507: “...quale piacere può eguagliare...”; “rammarico”); segue
modi di dire consueti al genere cavalleresco (per es. a pag. 507: “...questo è il giorno in
cui si mostrerà...il valore del mio braccio...”)
10. Colloquiale (per es. a pag. 507:“...Sarà così...anche se io non lo so...”), ironico (per es.
a pag. 509: “...Signore, non si vede in giro nemmeno uno di tutti gli uomini, giganti,
cavalieri che la signoria vostra dice; per lo meno io non li vedo: forse sarà tutto un
incantesimo, come i fantasmi di stanotte...”), razionale (per es. a pag. 507: “...so
soltanto che da quando siamo cavalieri erranti...non abbiamo mai vinto alcuna
battaglia...da allora in poi, sono state tutte legnate su legnate...”)
RIFLETTI SUL TESTO
1. A pagg. 508-509: “...trasportato dall’estro della sua inaudita pazzia...tutto preso e
imbevuto di ciò che aveva letto nei suoi libri fallaci...”
2. L'onore del cavaliere consiste nella guerra per una giusta causa (per es. a pag. 507:
“...quale gioia più grande può esserci al mondo o quale piacere può eguagliare quello
di vincere una battaglia o trionfare del proprio nemico?...”; e: “...Che cosa dobbiamo
fare?...Favorire e aiutare i bisognosi e i deboli...”); la spada magica che solo il
cavaliere giusto può trovare (a pag. 507: “...cercherò di trovare una spada fatta con
tale arte che a colui che la porti...”); la descrizione degli eserciti schierati (a pag. 508:
“...Quel cavaliere che vedi là con le armi gialle, che porta sullo scudo un leone
coronato...l'altro, con le armi dai fiori d'oro...”).
Adeguandosi al lessico e ai modelli del genere
3. A pagg. 508-509: “...andò nominando molti cavalieri...che egli s'immaginava di
vedere...trasportato dalla sua inaudita pazzia...tutto preso e imbevuto di ciò che aveva
letto nei suoi libri fallaci...”
4. Essi lo aggrediscono a sassate e lo lasciano per terra senza dargli soccorso, dopo aver
tentato di farlo smettere di spaventare le greggi.
pagg. 516-517 “Moby Dick” di H. Melville
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Articolato, elaborato, con interruzioni e riprese, anticipazioni e flashback, episodi
secondari...
2. Per complicare il corso degli eventi e far crescere la tensione del lettore
3. In quell'epoca avvengono numerose conquiste coloniali in Africa e in Asia, che
diffondono il gusto per paesi e popoli lontani
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno: il mozzo Ismaele, che sarà anche l'unico a salvarsi. L'espediente
del narratore interno, testimone dei fatti, serve a proporre l’interpretazione degli eventi
81
2. Sequenza 1: dall'inizio fino a “...con lo stesso fanatismo d'intento nell'aspetto...” (pag.
512)
Sequenza 2: da “...S'avvicinava la fine del giorno. Improvvisamente egli s'arrestò...” a
“...va a prendere la grande misura di grog...” (pag. 514)
Sequenza 3: da “...Ma cos'è quel muso lungo, signor Starbuck?...” alla fine
3. Il suo incessante, maniacale passeggiare sulla tolda della nave, che rappresenta la sua
fissazione per la balena bianca; il nervosismo dei suoi gesti, quelli di un uomo
tormentato; l'abilità manipolatoria dei suoi discorsi all'equipaggio, di cui tocca l'animo
venale; la profondità della sua riflessione sul significato dell'esistenza; il suo coraggio
nell'opporsi al male per cercare la verità dell'esistenza
4. La vendetta per avergli strappato una gamba nasconde il suo desiderio di lottare contro
le forze malvagie della natura
5. Tutto ciò che noi vediamo nasconde qualcosa di sconosciuto. La “maschera” che
ricopre questa parte sconosciuta va spezzata con coraggio, anche a costo della morte.
Moby Dick rappresenta questa apparenza, è una “forza atroce innerbata da una
malizia imperscrutabile”, cioè da un dio creatore malvagio, che ha permesso l'esistenza
del male. Occorre non farsi limitare da ciò per conoscere i misteri dell'universo: “La
verità non ha confini”
6. Starbuck adduce alla richiesta di Achab di inseguire la balena bianca una serie di
obiezioni relative al guadagno, che dimostrano la sua mentalità economicistica: “...io
sono venuto qua per dare la caccia alle balene, non per la vendetta del mio
comandante. Quante botti frutterà la tua vendetta...” (pag. 514); poi gli contesta
l'empietà di infuriarsi contro un animale, per paura dell'ira divina: “...Vendetta sopra
un bruto che non ha parola!...mi sembra un'empietà...” (pag. 514)
7. Starbuck ha opposto delle obiezioni relative al guadagno: Achab gli risponde con una
spiegazione sul senso della vita
8. A pag. 513: “...una balena dalla testa bianca, dalla fronte rugosa e dalla mandibola
storta...”; “...dibatte la coda in modo un po' curioso...”; “...ha uno spruzzo...molto
grosso...”; “...ha uno, due, tre, oh! Molti ferri in pelle...”; “...il suo spruzzo è grande
come un fascio di grano e bianco come un mucchio della lana di Nantucket...”;
“...dibatte la coda come un fiocco sbrindellato...”
9. Il lessico delle parti narrative è alto, con l'inserimento di numerosi termini
marinareschi
10. Per es.: “eburneo” (pag. 512), “non del tutto sgombre di apprensioni” (pag. 512); per i
termini marinareschi, per es.: “tambuccio”, “albero di maestro”, “murata”, “buca di
trivello”, “sartia”...
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. a pag. 513: “...con un tono di feroce approvazione...” e “...mezzo volgendosi ora
sul suo perno...” e “...emettendo un suono così stranamente soffocato e inarticolato che
pareva il ronzio macchinale delle ruote della vitalità che aveva dentro...”; a pag. 514:
“...egli urlò con un terribile e altissimo singhiozzo da belva...”
2. Svolgimento libero.
pag. 520 “Il vecchio e il mare” di E. Hemingway
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Avvio mediante avvenimento imprevisto o progetto del protagonista – serie di
peripezie – superamento delle avventure ed esito positivo, spesso con accrescimento
spirituale od economico
2. Il romanzo picaresco
3. Le avventure di Leucippo e Clitofonte di Achille Tazio e il Satyrikon di Petronio
82
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Focalizzazione interna, quella del protagonista. Per es. a pagg. 518-519:
“…L’inclinazione della lenza rivelò che il pesce nuotava a una profondità minore.
Questo non significava necessariamente che avrebbe fatto il salto. Ma poteva farlo. –
Dio, fa che salti – disse il vecchio…”; e a pag. 519: “…L’uccello lo guardò, mentre il
vecchio parlava. Era troppo stanco perfino per esaminare la lenza e barcollava
mentre le zampe delicate la stringevano stretta. – È ferma – gli disse il vecchio – È
troppo ferma. Non dovresti essere così stanco dopo una notte senza vento…”
3. No, vi sono retrospezioni, (per es. a pag. 518: “…Ricordò che una volta gli era rimasta
presa all’amo…”), giustificate dallo svolgimento della vicenda quasi sempre sull’onda
dei pensieri e delle riflessioni del protagonista
4. Appare come un uomo amante della natura, amico di tutti gli animali (si veda per es. la
breve scena con l’uccellino), ma consapevole delle leggi della natura, che prevedono la
morte di alcuni: in questa chiave va letta la sua tenace lotta con il pesce
5. Il vecchio pescatore accetta la sfida con il grande pesce senza odio, anzi quasi con
amicizia, nella consapevolezza di una legge di sopravvivenza universale (si veda a
questo proposito anche il flashback in cui ricorda la cattura di una femmina di marlin a
pag. 518: “…È stata la cosa più triste che abbia mai visto, pensò il vecchio. Anche il
ragazzo era triste e le abbiamo chiesto scusa e l’abbiamo squartata senza indugi…”).
Ne ha paura, ma accetta la sfida: o io o lui (“…- Pesce – disse – ti voglio bene e ti
rispetto molto. Ma ti avrò ammazzato prima che finisca questa giornata…” pag. 519)
6. Perché è nella logica dell’esistenza
7. Spesso i suoi comportamenti e le sue azioni sono in parallelo con quelle del pesce (per
es. a pag. 517: “…Chissà se ha qualche piano o è disperato come me?...”; a pag. 518:
“…Aveva scelto di restare nell’acqua profonda e scura al largo, fuori di tutte le
trappole e le reti e gli inganni. La scelta mia era stata quella di andare laggiù a
scoprirlo al di là di tutta la gente. Al di là di tutta la gente del mondo. Ora siamo
legati l’uno all’altro e lo siamo da mezzogiorno, E nessuno dei due ha qualcuno ad
aiutarlo…” e: “…Forse il filo gli è scivolato sulla schiena. Certo la schiena non può
fargli male coma la mia…”). Tutti siamo disperati, tutti lottiamo per la sopravvivenza,
tutti moriremo
8. Il pesce e l’uccellino
9. Il pesce rappresenta la sfida per la sopravvivenza, forse l’ultima dell’esistenza.
L’uccellino l’amicizia, la solidarietà, la compagnia nel “viaggio” della vita
10. L’autore mescola discorso diretto, discorso indiretto e indiretto libero in ogni
riflessione del vecchio: per es. “…- Come vorrei che ci fosse il ragazzo – disse ad alta
voce, e si sistemò sulle assi tonde della prua e dalla lenza che gli attraversava le spalle
sentì la forza del grosso pesce che procedeva regolarmente nella direzione che aveva
scelto. Quando il mio inganno lo ha costretto a scegliere, pensò il vecchio. Aveva
scelto di restare nell’acqua profonda e scura al largo, fuori di tutte le trappole e le
reti e gli inganni. La scelta mia era stata quella di andare laggiù a scoprirlo al di là di
tutta la gente…” (pag. 518); “…e capì che non poteva aumentare lo sforzo. Non devo
farla muovere, pensò. Ogni movimento allarga il taglio fatto dall’amo allora quando il
pesce salta potrebbe liberarsi. Comunque mi sento meglio, ora che c’è il sole…” (pag.
519)
11. “esca” “lenza” “gaffa” “rostro” “fiocina” “prua” “poppa” “issare la vela”
12. Le frasi sono brevi, accostate una dopo l’altra senza sintassi complessa: prevale la
paratassi
RIFLETTI SUL TESTO
1. e 2. Svolgimento libero.
83
pag. 528 “Se questo è un uomo” di P. Levi
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Si tratta di una narrazione che racconta vicende vissute dal protagonista
2. Ogni romanzo può contenere elementi autobiografici che riflettono esperienze vissute
dall'autore
3. Il romanzo autobiografico può raccontare anche vicende di fantasia; l'autobiografia,
invece riferisce solo fatti reali
STRUTTURA DEL TESTO
1. L'autore, Primo Levi, come narratore interno
2. Focalizzazione interna, per es. a pag. 523: “...ci hanno fatto entrare in una camera
vasta e nuda, debolmente riscaldata. Che sete abbiamo!...”; a pag. 524: “...dice di
mettere le scarpe in un certo angolo, e noi le mettiamo, perché ormai è finito e ci
sentiamo fuori dal mondo...”
3. Per es. la prima sequenza, dall'inizio a “...ha odore di palude...” è narrativa, seguita
subito da una breve sequenza riflessiva: “...Questo è l'inferno. Oggi, ai nostri giorni,
l'inferno dev'essere così...”; oppure l'ultima sequenza, riflessiva, da “...Allora per la
prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere
questa offesa...” (pag. 526) è preceduta da una lunga sequenza narrativa, in cui si
descrive l'ingresso di un “vestito a righe” che spiega dove sono stati portati e li
introduce alle regole del campo (pag. 525)
4. Le sequenze narrative, poiché l'autore persegue lo scopo di far conoscere al mondo gli
orrori del lager, raccontando le raccapriccianti vicissitudini della deportazione e della
vita nel campo
5. Primo Levi ha una mente analitica, che cerca di utilizzare per descrivere, come un
osservatore, le crudeltà del lager (per es. a pag. 524: “...Finalmente si apre un'altra
porta: eccoci tutti chiusi, nudi tosati e in piedi, coi piedi nell'acqua, è una sala di
docce...”). Tuttavia la sua sensibilità emerge in numerosi punti (per es. quando a pag.
524 dice: “...Non avevo mai visto uomini anziani nudi. Il signor Bergmann portava il
cinto erniario...”), così come la sua disponibilità alla solidarietà e al conforto degli altri
detenuti (a pag. 524: “...L'ingegner Levi mi chiede se penso che anche le nostre donne
siano così come noi in questo momento e dove sono e se le potremo rivedere. Io
rispondo di sì...Ma ormai...è chiaro che ci uccidono...). Si dimostra profondamente
rispettoso nei confronti del dolore altrui (per es. a pag. 525: “...perché sento che ha
cominciato a soffrire prima di noi...”), ma totalmente disilluso riguardo alla fine a cui
sono condannati (per es. a pag. 525: “...Qualcuno si sente rinfrancato, io no...”)
6. Flesch è un ebreo tedesco sulla cinquantina, “chiuso e taciturno”, ma sensibile al
dolore altrui e generoso nei confronti dei compagni
7. Evita di tradurre ai compagni le frasi più crudeli degli aguzzini o tiene nascoste ai
compagni le rivelazioni più dolorose, per evitare loro la disperazione, per quanto
possibile
8. A pag. 524: “…Entrano con violenza quattro con rasoi, pennelli e tosatrici, hanno
pantaloni e giacche a righe, un numero cucito sul petto…Noi facciamo molte
domande, loro invece ci agguantano…” a pag. 525: “…È ebreo come noi? – No – dice
lui con semplicità – io sono un criminale...si vede bene che evita certi argomenti. Delle
donne non parla: dice che stanno bene, che presto le rivedremo, ma non dice né come
né dove. Invece ci racconta altro, cose strane e folli…In quel mentre ha suonato una
campana, e lui è subito fuggito, e ci ha lasciato attoniti e sconcertati…subito dopo
irrompono quattro (forse sono i barbieri) che, bagnati e fumanti, ci cacciano con urla
e spintoni nella camera attigua, che è gelida; qui altra gente ci butta addosso non so
che stracci…”
84
9. L'io narrante è sopravvissuto all'orrore, è condannato a portare dentro di sé i segni di
ciò che ha subito e visto subire, descrive la sua tragica esperienza per mostrare al
mondo le inaudite efferatezze del Nazismo; l'io narrato matura progressivamente
queste convinzioni, scoprendo le infinite possibilità di crudeltà umana come in un
viaggio dentro l'inferno
10. Sì, per es. “...Il debole fruscio dell'acqua nei radiatori ci rende feroci...” (pag. 523);
oppure “...frasi tedesche piene di gelo...” (pag. 524); o anche “...Eccoci trasformati nei
fantasmi intravisti ieri sera...” (pag. 525)
RIFLETTI SUL TESTO
1. Il deportato viene totalmente spersonalizzato, privato di tutto ciò che è, che possiede e
che ne costituisce l'identità, perfino dei capelli (“...accade facilmente, a chi ha perso
tutto, di perdere se stesso...” pag. 526); viene umiliato nel suo pudore, violentato nei
suoi sentimenti, nella sua libertà; viene infine considerato come una “macchina da
lavoro”, sfruttato nelle sue energie fisiche fino al suo annientamento
2. Il brano finale, che ci invita a riflettere sulle potenziali capacità di crudeltà delle
guerre, degli ideali sbagliati e delle persone
3. Svolgimento libero.
pag. 532 “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino” di Christiane F.
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Focalizzazione interna, perché il narratore sceglie che cosa e come raccontare e il
senso da dare agli avvenimenti secondo il proprio punto di vista
2. Permette di valutare gli avvenimenti con occhio critico, presentando un'opera con cui il
lettore potrà confrontarsi e su cui potrà riflettere
3. Emotivamente intenso, di solito con un lessico forte e figure retoriche dense di
significato
STRUTTURA DEL TESTO
1. La protagonista è l'autrice
2. Per es. a pag. 530: “...I rapporti che c'erano a scuola li trovavo incredibilmente
squallidi...La classe era comunque totalmente apatica...non c'era niente per cui
prendere appunti o da imparare...”; a pag. 531: “...La Kunfürstenstrasse all'incrocio
con la Potsdamerstrasse era piuttosto squallida...”; a pag. 531: “...Forse non voleva
affatto sapere come andavano esattamente le cose...”
3. Christiane presenta il tipico atteggiamento adolescenziale di ricerca dell'identificazione
nel gruppo, ma non mostra capacità di valutazione (per es. a pag. 529: “...Nessuno
opprimeva l'altro...ci piaceva chiunque faceva uno scasso, rubava una macchina o
rapinava una banca...”): è così che inizia a drogarsi: “...Dopo il mio viaggio mi sentivo
proprio uguale agli altri del gruppo...” e segue le scelte del gruppo verso droghe più
pesanti: “...Io presi due pasticche di efedrina, un eccitante, senza sapere esattamente
cosa mandavo giù...” (pag. 529). Cerca rapporti di vero reciproco interesse tra le
persone (a pag. 530: “...Questo dovremmo imparare in questa scuola di merda! Che
uno abbia interesse per l'altro...”) ma non vede che l'amicizia e l'amore all'interno del
gruppo, che lei enfatizza, non è affatto ciò che sta cercando (a pag. 530: “...nel gruppo
stavo spesso da parte. Sempre meno partecipavo ai discorsi. Si trattava sempre delle
solite cose: la roba, la musica, l'ultimo trip...”). Christiane non impara niente dalle
delusioni, come quella del mitico “Sound”, dove anche la sua amica si disinteressa di
85
4.
5.
6.
7.
8.
lei. Non riconosce, nella sua gioia di tornare a casa e nella sua voglia di avere vicino
sua madre, i suoi desideri veri, i suoi affetti veri: “...pensai: «Christiane, questo non è
il tuo mondo. Stai facendo qualcosa di sbagliato»...Sentivo il bisogno di parlare con
qualcuno di quello che avevo vissuto. Sapevo che nessuno del gruppo mi avrebbe
capita...potevo parlare solo con mia madre...non avevo il coraggio di parlare. Non
avevo neanche la consapevolezza che volevo parlare...” (pag. 531). La madre, del
resto, non è capace di starle al fianco, la delude anch'essa: “...Non voleva caricarsi di
altre arrabbiature... Forse non voleva affatto sapere come andavano esattamente le
cose...” (pag. 531) .
“...c'era qualcosa come amicizia, tenerezza e in un certo senso anche amore...Nessuno
opprimeva l'altro...Quando stavamo insieme per noi non esisteva il mondo miserabile
degli altri...” (pag. 529)
“...Si trattava sempre delle solite cose: la roba, la musica, l'ultimo trip...” (pag. 530):
in realtà il legame del gruppo si autoalimenta solo attraverso l'uso delle più svariate
droghe, senza le quali non ci sono elementi di coesione
La madre non è capace di starle al fianco, appare interessata maggiormente al suo
compagno, non vuole vedere realmente che cosa sta succedendo alla figlia, non è in
grado di reggere la relazione con un'adolescente in crisi
La scuola è uno spazio negativo, perché “...non c'era niente per cui prendere appunti o
da imparare...” (pag. 530), le relazioni con i compagni e con gli insegnanti sono
“squallidi”, non ci sono contatti personali: “...I rapporti consistevano nel mandarsi in
paranoia . Nessuno aiutava l'altro, ognuno voleva essere il migliore...” (pag. 530). Gli
insegnanti sono troppo indulgenti o deboli.
La discoteca è uno spazio positivo, ma solo nella sua immaginazione: “...Mi ero
immaginata che ci dovevano essere dei tizi eccezionalmente stupendi...Mi ero
immaginata il Sound come un vero palazzo. Tutto un luccichio. Effetti di luci pazzeschi
e la musica proprio da orgasmo...” (pag. 530)
Per es.: “trip”, “viaggio”, “chilom”, “stravolgimento”, “sballati”, “pasticche”... Il
gergo è intraducibile, ma è anche estremamente attuale, essendo entrato, dopo più di
trent'anni, nei modi di dire comuni non solo giovanili, perdendo in parte il suo vero
contenuto
RIFLETTI SUL TESTO
1.
Sostanza assunta
Sensazione e reazioni provate
Hascisc
La natura si dissolveva in colori, forme e rumori che rispecchiavano le sue
sensazioni; la vita le sembrava bella
Acidi
Trip, spesso dell'orrore; per lei invece “una visione incredibile”
Pasticche eccitanti
“...trovai di nuovo che tutto era pazzamente figo e che amavo tutti...”
2. Le droghe diventano via via sempre più pesanti, obnubilando completamente le sue
capacità di raziocinio
3. La protagonista vive nei sobborghi di una metropoli, i genitori sono assenti dalla sua
vita o hanno una presenza non significativa, mostra il desiderio di integrarsi in un
gruppo e di ribellarsi nei confronti delle regole sociali, sfida se stessa ogni volta che
assume una nuova droga, sentendosi più sicura di sé...
86
pag. 535 “Padre padrone” di G. Ledda
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Un momento importante, in cui chi racconta ritiene di essere giunto ad una svolta, o
una meta o alla morte…
2. Per fissare i ricordi, o pensieri ed emozioni, per fare bilanci, per il piacere di raccontare
le proprie esperienze, per dare una giustificazione al proprio operato…
STRUTTURA DEL TESTO
1. L’autore è il protagonista
2. Sì, in tutte le parti in cui il narratore esprime la sua valutazione dei fatti narrati. Per es.
a pag. 533: “…I primi giorni furono per tutti un vero supplizio. Per me, però, fu ancora
peggio. Ero abituato a quella libertà pastorale…”; oppure a pag. 534: “…Con quella
tirata il comandante rintuzzò le mie impennate…”; o a pag. 535: “…La lingua
nazionale era sempre più lontana dal sardo che da qualsiasi altro dialetto…”
3. Il suo girovagare senza tregua, la ricerca della solitudine e il divagare con la fantasia e i
ricordi per non vedere la situazione
4. In particolare quando il comandante lo convince a restare: “…M’impastoiò le caviglie
come bestia docile allo svezzamento…le mura della mia nuova tanca…i miei
belati…come un capo di bestiame…”
5. Si dimostra comprensivo e accomodante; anche se lo scuote con parole brusche, si
appassiona alla sua condizione, non lo prende in giro e lo convince a restare, trovando
una buona soluzione ai suoi problemi
6. Al contrario delle valli la caserma è uno spazio chiuso: “cinta di mura invalicabili”, gli
appare come una “prigione”; alle campagne perfettamente conosciute gli si oppongono
ora “interminabili labirinti”, “mura annerite e scalcinate”
7. Impastoiare = mettere la pastoia, cioè il laccio che impedisce il movimento, soprattutto
ai cavalli; termine tecnico usato soprattutto per l’allevamento, ma anche in senso
figurato al di fuori dell’ambito
Rintuzzare = spuntare, ribattere una punta, e in senso figurato “contrastare”; termine
tecnico
Impennata = movimento con cui l’animale, specialmente il cavallo, si solleva sugli arti
inferiori; termine tecnico
Tanca = termine dialettale sardo, indica il recinto per il bestiame
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. a pag. 533: “…Avevo ancora soggezione del prossimo. L’italiano non lo sapevo
parlare che sillabicamente. Dovevo fare il balbuziente senza esserlo…”; “…«signorsì»
e «signornò». Solo che all’inizio non sapevo quando bisognava dire la prima o la
seconda…”; “…Io ero muto e senza una lingua: come un essere inferiore che non
poteva esprimere quello che pensava…”; e a pag. 535: “…La lingua nazionale era
sempre più lontana dal sardo che da qualsiasi altro dialetto…E questo era un fatto che
costringeva noi sardi a stare sempre insieme: un branco di «animali diversi»…tra noi
sardi e gli altri soldati c’era di mezzo la separazione della lingua…”
2. Per Gavino Ledda il ricordo della sua vita di pastore è la salvezza nella solitudine
disperata della caserma…
87
pag. 544 “Il mastino dei Baskerville” di A. Conan Doyle
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Si tratta di una narrazione che racconta uno o più delitti e le indagini per la scoperta del
colpevole
2. Romanzo giallo, detective story, roman policier, Kriminalroman
3. Dal colore della copertina della prima collana italiana dedicata a questo tipo di
narrativa
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno: Watson, amico di Sherlock Holmes
2. Focalizzazione esterna, per permettere al lettore di trovare la soluzione del caso via via
che gli indizi vengono trovati e interpretati, accrescendo in tal modo l’attesa,
coinvolgendo il lettore nella suspence
3. Holmes viene presentato nella sua casa, dove segue le sue abitudini (per es. nel brano
sta facendo colazione, dopo essersi alzato tardi, come al solito); appare un uomo colto
e benestante, che si circonda di oggetti gradevoli (il caminetto, il divano) e preziosi (la
caffettiera d'argento). Ha un atteggiamento amichevole nei confronti di Watson, loda i
suoi sforzi di analisi degli indizi, però sottolinea i suoi limiti con una punta di ironia,
mettendo in rilievo la propria superiorità (per es. a pag. 541: “...Devo riconoscere che
in tutte le relazioni...lei ha solitamente sottovalutato le sue capacità personali. Può
essere che ella non sia di per se stesso luminoso, ma indubbiamente è un conduttore di
luce. Alcuni individui, pur senza possedere il genio, hanno il notevole potere di
stimolarlo...”). È orgoglioso delle sue capacità logiche con cui vede e interpreta gli
indizi
4. Watson è il tipico gregario: ammira il suo amico, cerca di emularlo, ma di solito si
dimostra ottuso
5. Di collaborazione amichevole
6. Le sue abitudini casalinghe, l'ambientazione domestica, la sua pacatezza
7. Nella casa di Holmes, per farne risaltare le caratteristiche di quotidianità
8. La raccolta e l'osservazione di indizi e la loro interpretazione; la personalità e gli
atteggiamenti del protagonista
RIFLETTI SUL TESTO
1.
Elementi dedotti da Watson
Il visitatore è
mezza età
un medico di L'età
Elementi errati
(secondo Holmes)
Elementi aggiunti da Holmes
È un giovane al di sotto dei
trent'anni
È un medico di campagna che
visita i suoi pazienti a piedi
La scritta sul bastone indica il La scritta non indica un circolo di La scritta indica il dono di un
dono di un circolo di caccia
caccia
ospedale in occasione del
trasferimento del medico in
campagna
Il medico possiede un cane, più
grande di un bassotto ma più
piccolo di un mastino
2. Holmes non parte da premesse universali, ma dall'osservazione di elementi particolari:
le sue conclusioni devono sempre essere confermate dalla realtà.
88
pag. 549 “Addio, mia amata” di R. Chandler
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Intrattenere e divertire rassicurando il lettore con il lieto fine
2. Con attenzione e precisione, senza lasciare al caso nessun particolare
3. Per confondere il lettore allungando la lista dei sospetti
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno, il protagonista
2. Il narratore procede lentamente, con lente descrizioni che creano suspence, utilizzando
nei commenti alle scene e alle descrizioni toni ironici e motti spiritosi. Le azioni sono
spesso rallentate dalla precisione dei dettagli, a volte sono anticipate da battute che
lasciano intendere che cosa succederà, oppure sono lasciate all’intuizione del lettore,
con un effetto umoristico e grottesco
3. Marlowe viene presentato come un uomo comune, senza doti particolari, né di
coraggio né di forza fisica; osserva e descrive i personaggi, le situazioni e le indagini
con umorismo e ironia
4. Egli è “…un negro robusto, dal collo di toro…” con un corpo grosso e forte, capelli
corti e crespi, e con “…una faccia devastata…appiattita e gonfia, rivoltata e
rinsecchita, piena di cicatrici e ricordi vari…” (pag. 545), che rendeva note a tutti le
sue esperienze e la sua forza: “…Era una faccia che non aveva da temere nulla…”.
Nello scontro con il gigante ha la peggio, e diventa un agnellino: “…Si muoveva dietro
i tavoli con aria stanca e avvilita. Era un uomo che all’improvviso era diventato
vecchio e aveva perduto tutte le illusioni…” (pag. 546)
5. Egli è un “omone”, con “occhietti grigi e tristi”, mani grosse con un “dito indice che
sembrava una banana”, fortissimo e implacabile nell’uso della forza, collerico e
arrogante, ma non molto intelligente, sa usare prevalentemente la forza fisica
6. Il bar, secondo i comuni pregiudizi, è probabilmente un posto malfamato, dove si gioca
e si beve, e le persone utilizzano modi violenti e armi; un posto solo per gente di
colore, probabilmente emarginati e quindi più facilmente dediti alla malavita
7. Per es.: “…«Da quanto tempo questa stiva è diventata una tana di scarafaggi?»...”
(pag. 546); “…un silenzio improvviso, pesante come una barca piena d’acqua…”
(pag. 545)
8. L’ambientazione nel mondo dei gangster e della malavita; la rissa; l’uccisione del
padrone del bar; l’utilizzo della suspence per preparare le azioni; l’utilizzo di gergo e
lessico volgari
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché la narrazione è focalizzata sulle azioni dei personaggi
2. Svolgimento libero.
pag. 554 “Il caso Saint-Fiacre” di G. Simenon
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. In tre parti: crimine, inchiesta, soluzione
2. La vittima, il criminale, l’investigatore
3. Egli è l’eroe del romanzo, anche senza essere per forza bello, forte e giovane: egli
dimostra la sua superiorità tramite l’intelligenza
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
89
2. In particolare nelle descrizioni di Ernest e dei suoi comportamenti (per es. a pag. 553:
“…Era curioso di vedere la vecchia diffidenza contadina che faceva capolino nel
ragazzo!...”)
3. Maigret rifiuta ogni tipo di violenza, si accosta alle persone con fare semplice, cercando
di capire i loro comportamenti e le loro motivazioni (per es. a pag. 553: “…«Domani ti
regalerò un messale ancora più bello…Non ti sgriderò»…”)
4. Capelli rossi, lentiggini, labbra carnose, “uno sguardo acuto, selvatico”; un carattere
ostinato e diffidente ma anche, contemporaneamente, ingenuo
5. La madre esordisce presentandosi come povera, ma onesta; chiede una mancia per il
ritrovamento del messale e li ripone con attenzione; la casa viene definita
“catapecchia” e l’abbigliamento dei suoi abitanti è analogo
6. Per es. l’udito (a pag. 550: “…A Maigret giungevano brandelli di frasi…”); la vista (a
pag. 550: “…Un giovanotto…con un fiore rosso all’occhiello della giacca di sargia
blu scuro…”); l’odorato (a pag. 552: “…portando con sé l’odore dell’incenso e dei ceri
spenti…”)
7. MONOLOGO INTERIORE: per es. a pag. 552 “…L’arma del delitto! Un ritaglio di
giornale…La contessa di Saint-Fiacre andava alla prima messa…Faceva la
comunione. Era tutto previsto…”); a pag. 553 “…Bersaglio colpito! Sapeva il fatto
suo, il ragazzo! Quali pensieri andava rimuginando in quella testa troppo grossa…”
DISC. INDIRETTO LIBERO: per es. a pag. 552 “…Sul viso di Maigret c’era
un’espressione che faceva paura: non aveva mai visto un delitto così vile e al tempo
stesso così ben congegnato…”; a pag. 553 “…Il ragazzo rimase sconcertato. Sicché il
commissario sapeva che esistevano messali con i capilettera rossi…”
8. La presenza di analisi psicologica dei personaggi; l’osservazione dell’ambiente in cui è
stato commesso il crimine (abitudini, modi di fare…)
RIFLETTI SUL TESTO
1. Le abitudini domenicali di un piccolo paese di provincia: i vestiti “della festa”, la
messa, il pranzo domenicale, il pic-nic o la bevuta alla locanda
2.
Investigatore
SHERLOCK
HOLMES
PHILIP MARLOWE
COMMISSARIO
MAIGRET
Problema
che deve affrontare
scoprire dal bastone da passeggio
dimenticato degli elementi sul suo
proprietario
aiutare un delinquente a ritrovare
la donna amata
trovare l’omicida della contessa
Modalità usate
per risolvere il problema
raccoglie e osserva indizi, da cui trae
deduzioni, formula delle ipotesi, che poi
cerca di confermare
si immerge nell’ambiente, cercando di
capire che cosa è avvenuto
osservando e chiedendo a persone,
interpretando i loro comportamenti e
ricostruendo la psicologia della vittima e
dell’assassino
pag. 562 “Frankenstein” di M. Shelley
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un romanzo che narra storie misteriose, inquietanti, spaventose o raccapriccianti
2. Romanzo gotico e romanzo nero
ANALISI DEL TESTO
1. Sì, sono uguali. La scelta serve a dare un tono realistico alla incredibile vicenda
2. Il dottor Frankenstein è animato da un grande entusiasmo nelle possibilità della
scienza, è infaticabile e audace nella sperimentazione, non prova disgusto o paura per i
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cadaveri in decomposizione. Inizialmente si sente orgoglioso della sua scoperta e della
sua capacità di dare la vita
Per es. a pag. 559 la sequenza della creazione della creatura: “...Con un'ansia che
arrivava quasi allo spasimo raccolsi attorno a me gli strumenti della vita per
infondere la scintilla animatrice...” seguita da quella dell'osservazione delle sue
caratteristiche: “...Bellezza! Gran Dio! La sua pelle gialla a malapena copriva...ora
che avevo finito, la bellezza del sogno svaniva, e un orrore e un disgusto soffocanti mi
riempivano il cuore...”
Per es. a pag. 559: “...una stanza solitaria, o meglio una cella...separata dagli altri
appartamenti...”; a pag. 559: “...una cupa notte...la pioggia batteva sinistramente...al
bagliore della luce che andava estinguendosi...”; a pag. 560: “...Il mattino, desolato e
piovoso...un cielo nero e spietato...”
Per es. a pag. 558: “miracolo”, “stupefacente”, “inconcepibili”, “complesso e
magnifico”, “ardua”, “vastità e complessità”...
Per es. a pag. 560: “livide”, “cadavere”, “sudario”, “i vermi brulicare”...
Per es. a pag. 557: “sull'orlo della conoscenza”. La metafora indica il limite che lo
scienziato vuole valicare; a pag. 558: “…come il verme erediti le meraviglie
dell'occhio e del cervello…”. La metafora dell'eredità del verme che si è nutrito del
corpo umano vuole suscitare orrore, ma rivela anche l'ammirazione dello scienziato per
la continua trasformazione della morte in vita (che è appunto il tema della sua
sperimentazione); a pag. 558 la similitudine “…come un uragano…” rende evidente
la forza dell'entusiasmo che lo spinge
RIFLETTI SUL TESTO
1. e 2. Svolgimento libero.
pag. 565 “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde” di R. L. Stevenson
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. L’intrattenimento di un particolare tipo di lettore, che desidera provare forti emozioni o
sfidare le proprie paure
2. Dà rilievo all’indagine della natura del male e delle pulsioni irrazionali e inconfessabili
3. Un ritmo alternante tra momenti di tensione e momenti di rilassamento emotivo
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore interno: Lanyon, amico di Jekyll
2. La lettera racconta a posteriori la scoperta della trasformazione di Jekyll in mostro: ciò
permette un’analisi dettagliata mediante terminologia medica, poiché Lanyon è,
appunto, medico, e una descrizione delle sue sensazioni di disagio alla vista dell’uomo
mostruoso
3. Per es. la tensione, iniziata all’arrivo di Hyde, si allenta nella lunga descrizione del suo
aspetto (da “…Non l’avevo mai visto prima…” a “…alle sue fortune e alla sua
condizione sociale…”, pag.563) per riprendere tono subito dopo, sull’onda dell’ansia
di Hyde per la pozione
4. La descrizione del mostro è dettagliata: fisicamente piccolo, gracile e “di corporatura
minuta”, mostra una straordinaria “vivacità muscolare”; gli abiti che indossa non sono,
evidentemente i suoi, perché “smisuratamente troppo grandi” e lo fanno apparire
“grottesco”
5. Ciò che inquieta particolarmente il dottor Canyon sono i suoi atteggiamenti: l’evidente
nervosismo sull’orlo dell’isteria, la sua “espressione malevola” che fa intuire che ha
commesso dei delitti e che non ne è affatto pentito
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6. Prova una immediata ripugnanza, di cui non sa spiegarsi la causa, anche se fa intuire
che essa aveva radici “…in qualcosa di più nobile che non il semplice principio
dell’odio…” (pag. 563), un grande disgusto, ma anche curiosità, che lo spinge, infine,
ad assistere alla sua terribile trasformazione in Jekyll
7. La descrizione di Hyde a pag. 563. Dopo di essa il narratore si giustifica dicendo:
“…Queste osservazioni così lunghe da riferire, le feci in pochi secondi…”
8. L’ora della mezzanotte; l’oscurità della piazza, fuori, in contrasto con la viva luce dello
studio
9. La pozione, come Jekyll-Hyde, subisce una metamorfosi: cambia colore, dal rosso al
verde. Forse i due colori vogliono simboleggiare il Male e il Bene, o piuttosto la
compresenza di opposti come sono Jekyll e Hyde
10. All’area semantica del vedere. Ma all’interno di essa si nota una serie di coppie di
opposti: buio/luce – abiti di ottima fattura/abbigliamento grottesco – curiosità/disgusto
– rosso/verde – scienza materiale/medicina trascendentale
RIFLETTI SUL TESTO
1. Quando Hyde ricorda al dottor Lanyon il giuramento di non rivelare ciò che vedrà: è in
quel momento Jekyll che si rivolge all’amico: “…- Come volete, - disse il mio
visitatore. E incomprensibilmente aggiunse: - Ma ricorda il tuo giuramento,
Lanyon…” (pag. 564)
2. Svolgimento libero.
pagg. 573-574 “1984” di G. Orwell
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un romanzo che racconta una vicenda ambientata in un mondo lontano nel tempo o
nello spazio e in cui scienza e tecnologia hanno un ruolo importante
2. Può essere di pura evasione, ma più spesso offre lo spunto per una riflessione sullo
sviluppo della scienza e sulle eventuali possibili evoluzioni della società
contemporanea
3. Di solito sono oggetti avveniristici
STRUTTURA DEL TESTO
1. Narratore esterno
2. Per es. a pag. 570: “...Fuori, anche attraverso i vetri chiusi della finestra, il mondo
pareva freddo...”; e “...C'erano sempre stati quei panorami di case novecento in
rovina, coi fianchi tenuti su a malapena...e quelle staccionate intorno ai giardini che
pendevano sghembe da tutte le parti?...”
3. Winston Smith è un uomo qualunque, come suggerisce il suo cognome, senza
particolarità: ha trentanove anni ma sembra già vecchio (per es. soffre di vene varicose,
fatica a fare le scale...), è piccolo e magro, biondastro, con un colorito malsano e la
pelle “raschiata” dai prodotti di bassa qualità che usa per lavarsi e per radersi
4.
Gesti che dimostrano l'asservimento di Winston al Grande Fratello
“...girò un interruttore e la voce si abbassò un poco, ma le parole si potevano distinguere...” (pag. 569)
“...Winston teneva le spalle al teleschermo. Era più sicuro...” (pag. 570)
“...e nemmeno s'era mai azzardato a entrare nel raggio d'un mezzo chilometro da esso...” (pag. 571)
“...Fece assumere alla sua fisionomia l'espressione di tranquillo ottimismo che era opportuno...
(pag. 571)
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Gesti che dimostrano il mancato asservimento di Winston al Grande Fratello
“...trasse dal cassetto una penna, una boccetta d'inchiostro e uno spesso quaderno rilegato...”
(pag. 571)
“...L'aveva visto nella vetrina d'un robivecchi...ed era stato assalito immediatamente da un enorme
desiderio di possederlo. I membri del Partito non avrebbero dovuto recarsi in botteghe ordinarie...”
(pag. 571)
“...Aveva buttato una rapida occhiata all'uno e all'altro capo della strada, e quindi era sgusciato dentro
la bottega e aveva comperato il quaderno...” (pag. 572)
“...La cosa che si disponeva a fare consisteva nell'incominciare un diario...se comunque fosse stato
scoperto...sarebbe stato condannato a morte, o a venticinque anni almeno di lavori forzati...” (pag. 572)
“...La penna...si adoperava assai di rado...e lui se n'era procurata una di nascosto e non senza
difficoltà...” (pag. 572)
5. A Londra, che viene descritta come una città tetra, fredda, senza colori, in decadimento
architettonico e dove si vive poveramente, con cibi e oggetti di bassa qualità. La scelta
vuole enfatizzare la visione pessimistica dell'autore riguardo alle dittature
6. Il teleschermo e il dittografo
7. Per es. “fresca limpida giornata”(pag. 569), “piccola fragile figuretta” (pag. 569),
“lucido candido cemento”(pag. 570), “color crema, un po' ingiallita”(pag. 571),
“piccole goffe cifre”(pag. 572)
8. Per es. a pag. 569: “...una placca di metallo oblunga, simile a uno specchio opaco...”;
“...un elicottero volava...se ne restava librato per qualche istante...”; “...nel campo
visivo comandato dalla placca di metallo...”; “...sui cavi che vi riguardavano...”; a
pag. 571: “...tremila locali sul livello del terreno e altrettanti in ramificazioni
sotterranee...”; “...un labirinto di passaggi protetti dal filo spinato, porte d'acciaio e
feritoie nascoste...”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Perché è un atto personale, non inquadrabile nell'omologazione generalizzata voluta
dalla dittatura; perché può avere dei contenuti censurabili dal punto di vista della
propaganda di partito; perché può raccontare delle verità scomode, da tenere celate
2. Svolgimento libero.
pag. 577 “Viaggio al centro della terra” di J. Verne
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Nell’Ottocento, in concomitanza con lo sviluppo tecnico scientifico dell’epoca
2. Perché sono ambientate in un mondo o in un tempo lontani e di solito facilmente
presentano elementi insoliti
3. È ricco di tecnicismi e vocaboli nuovi
STRUTTIRA DEL TESTO
1. Un narratore interno
2. Un diario di bordo, per permettere osservazioni personali, a volte “in diretta” per
creare suspence, e poi deduzioni e riflessioni
3. Per es. a pagg. 575-576: “…Intanto la pioggia forma una cateratta fragorosa davanti
a quell’orizzonte verso cui noi corriamo pazzamente. Ma prima ch’essa arrivi fino a
noi, il velo delle nuvole si straccia, il mare ribolle e l’elettricità, prodotta da una vasta
azione chimica che avviene negli strati superiori, entra in gioco. Al rumore del tuono
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si mischiano i bagliori scintillanti della folgore; lampi innumerevoli s’incrociano in
mezzo alle detonazioni; la massa dei vapori diviene incandescente; la gragnola che
batte il metallo dei nostri utensili e delle armi si fa luminosa; le onde sollevate
sembrano altrettanti ponticelli ignivomi sotto i quali cova un fuoco interno e di cui
ogni cresta è impennacchiata di fiamme. Ho gli occhi abbagliati dall’intensità della
luce e le orecchie rotte dal rumore della folgore! Bisogna che m’afferri all’albero il
quale si piega come una canna sotto la violenza dell’uragano!!!…”
Egli alterna atteggiamenti razionali, descrizioni e deduzioni scientifiche a notazioni di
paura, di sorpresa, di meraviglia
Lo zio è un geologo affascinato dall’esperienza che sta vivendo: si dimostra coraggioso
oltre ogni prudenza. La guida islandese che li accompagna appare calmo ed energico di
fronte a qualsiasi pericolo
Meraviglia e interesse
Per es. a pag. 575 “…«Ammainiamo,» dico io: «abbattiamo l’albero! Sarà cosa
prudente». «No, per il diavolo!» grida lo zio. «Cento volte no! Che il vento ci prenda!
Che l’uragano ci trasporti! Ma che io veda una buona volta le rocce d’una costa
quand’anche la nostra zattera dovesse spezzarvisi contro in mille pezzi!»…”. Spesso i
colloqui sono concitati, come le esperienze che essi stanno vivendo, c’è disaccordo tra
la prudenza e il desiderio di scoprire
Per es. a pag. 576: “…Ho gli occhi abbagliati dall’intensità della luce e le orecchie
rotte dal rumore della folgore! Bisogna che m’afferri all’albero il quale si piega come
una canna sotto la violenza dell’uragano!!!...”; e ancora: “…Non la finiremo mai!...”;
e a pag. 577: “…Ah! Che luce intensa! Il globo scoppia! Siamo coperta da getti di
fiamme!...”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Le descrizioni dei fenomeni chimico-fisici sotterranei non possono che essere di
fantasia, perché nessuno spettatore può avervi mai assistito. Tuttavia, è possibile una
ricostruzione scientifica dei fenomeni descritti
2. Verne ritiene che ciò che oggi è immaginario sia possibile, possa diventare reale
domani, soprattutto se è basato su verità scientifiche. L’esperienza ci dice che spesso
ciò è proprio avvenuto.
pagg. 582-583 “Le avventure del buon soldato Sc'vèik” di J. Hasek
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Un racconto di una storia divertente
2. Divertire il lettore
3. Stimolare la riflessione con intento critico o morale; talvolta denunciare i difetti, le
contraddizioni o le ingiustizie
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente, con focalizzazione zero
2. Per es. a pag. 580: “...affinché il signor maggior generale potesse essere contento.
Affinché, d'altro canto, avesse la sua parte di gioia pure il sottotenente Dub, il
capitano Sàgner gli comunicò che per quel giorno sarebbe toccato a lui di essere di
ispezione...”; “...come rondini sui fili telegrafici...”; oppure: “…Naturalmente in tutta
quella scena si vedeva la ferrea disciplina militare, lo spirito di organizzazione…”. Lo
scopo è quello di ironizzare sul militarismo, trasformando un momento di guerra in una
situazione ridicola
3. A pag. 581: “... Sc'vèik sentì tutta la serietà della situazione. Balzò su come si trovava,
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coi pantaloni abbassati...dopo aver ancora adoperato, all'ultimo momento, il pezzetto
di carta...E, dicendo questo, fece il suo bravo saluto...”; e anche: “...«Faccio
rispettosamente notare...fertig»...”
Il fatto che stia ritto sull'attenti con i pantaloni abbassati, facendo il saluto con la mano;
il fatto che informi il maggior generale di aver già completato l'azione che stava
facendo in latrina
Aiutante è il maggior generale; antagonista il sottotenente Dub
Il maggior generale passa in rassegna una squadra di soldati “in pompa magna” ma
“coi pantaloni abbassati”, sorridendo amabilmente; egli si esprime con buffe
sgrammaticature (per es. a pag. 581: “...Alor tirati su i calezon...”), ma soprattutto
valuta il gesto di Sc'vèik come un gesto di eroismo
Il sottotenente Dub si avvicina con “cipiglio minaccioso” assolutamente fuori luogo in
quella circostanza, e viene redarguito dal maggior generale per non aver dato lui
stesso, invece di Sc'vèik, l'ordine di attenti
In una latrina, che è un ambiente privato, dove si compiono azioni naturali ma
imbarazzanti da citare. Del resto la comicità fa uso spesso di termini legati alle
funzioni corporali
Dal contrasto tra la rigida durezza degli ordini in lingua tedesca da un lato, e, dall'altro,
la lingua sgrammaticata dell'ufficiale di più alto grado
RIFLETTI SUL TESTO
1. Egli non compie imprese coraggiose al fronte, ma un'attività ridicola in una latrina. La
comicità deriva spesso dalla descrizione di figure quotidiane in situazioni assurde o
ridicole, come in questo caso. Il protagonista riceverà poi addirittura una medaglia di
bronzo per “…la perfetta esecuzione del servizio…”, tipica situazione rovesciata che
genera comicità
2. Svolgimento libero.
pag. 587 “Il circolo Pickwick” di C. Dickens
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. L’accentuazione dei vizi e difetti; il ribaltamento o l’esasperazione di situazioni
quotidiane; presentazione di situazioni grottesche come normali; il non senso; la presa
in giro; scherzi…
2. Equivoci, paradossi, giochi di parole, doppi sensi, freddure, linguaggi inadeguati…
3. Stile rapido e vivace, con uso di lessico semplice
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente
2. Sì, per es. per spiegare degli antefatti (come a pag. 583: “…Ora va detto che
quest’orologio era uno degli oggetti più cari al signor Pickwick…”); oppure per
enfatizzare la situazione (come a pag. 584: “…sarebbe stato uno spettacolo proprio
delizioso, per qualche persona dotata di spirito, contemplare i sorrisi che gli
allargavano il volto radioso…”); o con anticipazioni per suscitare l’attenzione del
lettore (come a pag. 584: “…venne interrotto all’improvviso dall’incidente più
impreveduto…”); o, semplicemente, per commentare le caratteristiche del personaggio
o della situazione (per es. a pag. 586: “…Si trovava solo, per un corridoio aperto, in
una locanda sconosciuta, semivestito nel mezzo della notte. Impossibile sognarsi di
trovare, in quella tenebra assoluta, una stanza…”)
3. Picwick è un uomo semplice, in qualche momento un po’ semplicione, allegro, “…il
più modesto e delicato dei mortali…”, un po’ goffo ma educato e gentile (a pag. 586:
“…nulla valse a piegare la sua innata compitezza…”)
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Gesto o espressione
ad ogni piano di scale egli pensa di essere
arrivato
l’espressione di trionfo con cui raccoglie
l’orologio
le fughe dalle stanze aperte per errore
lo spavento all’ingresso nella sua camera di
uno sconosciuto
“…che situazione spaventosa!...Non mi è
capitato mai un caso così terribile…” (pagg.
584-585)
lo sporgersi dalla tenda arrampicato sul letto
gli inutili tentativi di sciogliere i legacci del
berretto da notte
“…C’è…c’è…soltanto
un
signore,
signora!…” (pag. 585)
egli scuote la testa “…con tanta energia che
la nappa del berretto da notte cominciò a
danzare…” (pag. 586)
l’inchino e la frase con cui si commiata
il cappello sopra il berretto da notte
l’inciampare nella serie di scarpe esposte
fuori dalle porte
Motivo per cui risulta divertente
l’ingenuità del suo meravigliarsene
la semplicioneria della sua soddisfazione
la sua goffaggine
si scopre poi che lo sconosciuto è una dama
molto contegnosa
la sua angoscia è eccessiva
la buffa posizione
la sua goffaggine
la goffaggine anche del suo esprimersi (nota
le ripetizioni)
il suo aspetto
per l’abbigliamento, inadatto alle formalità
il suo aspetto
la sua goffaggine
4. La signora che siede “pensierosa” davanti alla specchiera, è contegnosa ed energica
5. Quanto più il goffo Pickwick cerca di risolvere l’imbarazzante situazione, tanto più la
signora diventa energica nell’ordinargli di andarsene, nonostante egli sia in tenuta da
notte
6. Una locanda sconosciuta, in piena notte, senza poter ritrovare la propria stanza, la
tenuta da notte…tutto aumenta il comico smarrimento del personaggio
7. Per dare immediatezza comica alla situazione
RIFLETTI SUL TESTO
1. Abbigliamento: la sottoveste da uomo, le ghette, il berretto da notte, i diavolini per i
capelli, la cuffia da notte
Arredamento: il candeliere, il camino per riscaldare le stanze, le candele per
illuminazione, il baldacchino con le cortine, il lumino da notte, il catino
2. Svolgimento libero.
pag. 597 “I Buddenbrook” di T. Mann
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. È un tipo di narrazione che racconta vicende caratterizzate da un’atmosfera di
decadenza e di dissolvimento delle certezze e dei valori della tradizione
2. Perché affronta tematiche come l’incomunicabilità tra gli uomini, l’angoscia
esistenziale, l’incapacità di capire e gestire la realtà, la difficoltà a conoscere se stessi…
3. Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento
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STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno, alternando focalizzazione zero e focalizzazione interna
2. Per es. a pag. 592 gli occhi di Hanno lo segnano per la sua estraneità al mondo che lo
circonda: “…con le lunghe ciglia scure e gli occhi bruno-dorati…sembrava sempre
uno straniero…fra i compagni biondi dagli occhi azzurri come l’acciaio…” (si veda
anche a pag. 595 dove sono definiti “occhi assenti” e si osserva che “…quei timidi
occhi bruno-dorati, cerchiati di ombre azzurrognole, erano fin troppo osservatori…”),
dimostrando inoltre la sua insicurezza: “…occhi che, specialmente quando guardavano
di sbieco, avevano un’espressione così timida ed elusiva…”; a pag. 594 gli occhi di
uno dei fratelli Hagenström manifestano invece la sua forza violenta: “…Gli occhi
azzurri lampeggiavano attraverso capelli rossicci…”. Il padre di Hanno spesso tiene
“…gli occhi chiusi…” (pag. 595), quasi a manifestare la sua insoddisfazione per una
vita priva di slanci e piena di convenzioni e, al pensiero di avere lo stesso destino anche
“…Hanno chiudeva gli occhi…”
3. Hanno è minuto, gracile, dal colorito pallido a causa dell’anemia, spesso ammalato e
sempre bisognoso di cure. Il suo viso pallidissimo è ornato da capelli castani e occhi
bruni con occhiaie azzurrognole. La lunga descrizione, che copre quasi interamente
pagg. 592-595, costituisce un ritratto completo
4. Egli è un ragazzo “spaurito”, timido e insicuro, come si comprende, per es. dalle
“…labbra dolorosamente serrate…” o dalla arrendevolezza con cui assume le
medicine “…invincibilmente ripugnanti…”, o con cui si piega ai “…giochi
ginnastici…” malgrado provi per essi “…un’antipatia muta, riservata…”. È, come
dice suo padre, “…una mezza cartuccia…che cercava di evitare pavidamente tutto ciò
che richiedeva un po’ di baldanza, di forza, di vivacità e di sveltezza…” (pag. 593), e
viene schernito e tormentato dai fratelli Hagenström senza opporre alcuna reazione
5. Il senatore Thomas è un uomo insoddisfatto della sua vita, a cui guarda con “stanco
scoramento”, oppure su cui chiude gli occhi, per riuscire a sopportare gli “obblighi
sociali” in cui ripone tutte le sue migliori energie, trasformandosi in un uomo “serio e
tranquillo”, capace di ironia e complimenti, obblighi e doveri mondani che lo lasciano
“esausto”, “annientato e senza speranze”
6.
Gesti, affermazioni o azioni del padre
per educare il figlio ai suoi valori
una scuola tecnica, per destinarlo a lavorare
nell’azienda di famiglia
attività sportive per consolidare e migliorare la
sua “delicata costituzione” fisica
cure e medicine ricostituenti
introdurlo in azienda, facendosi accompagnare
al porto e cercando di suscitare il suo interesse
chiede di accompagnarlo al varo di una nave
si fa accompagnare nei salotti
Risposte di Hanno
accetta obbediente, anche se “spaurito, senza
aggiunte”, cioè senza convinzione
manifesta “antipatia per quel sano diporto”,
tuttavia esegue gli ordini
ingurgita obbediente e sottomesso
non mostra “alcun segno spontaneo di piacere
o di curiosità”
accondiscende fingendo desiderio
“sedeva muto al suo fianco” osservando tuttavia
“…quanto gli costasse quell’arte…”.... “…e
all’idea che anche lui era destinato un
giorno…chiudeva gli occhi con un brivido di
paura…” (pag. 595)
7. Essi condividono il piacere per la musica, per il teatro e le storie fantasiose; entrambi
odiano la ginnastica e gli sport. Il senatore giudica Kai “…sì, un bravo ragazzo, ma pur
sempre un essere indefinibile…”, che non possiede le qualità virili, per es. dei fratelli
Hagenström e che non spinge Hanno a sviluppare la passione per le attività fisiche
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8. Per es. a pag. 592: “…che, a prenderne una cucchiaiata, scivolava giù in gola come
una viscida salamandra…Perché mai tutte queste cose erano così invincibilmente
ripugnanti?...”
RIFLETTI SUL TESTO
1. La favola immagina gli straordinari poteri favoriti da un anello magico: Hanno forse
vorrebbe essere meno inetto
2. e 3. Svolgimento libero.
pagg. 600-601 “Il piacere” di G. D’Annunzio
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Quelle del Positivismo
2. Perché la realtà dei fatti aveva dimostrato che la scienza e la ragione umana non erano
in grado di garantire la felicità dell’uomo
3. Di prendere atto dello stato di crisi in cui versava la società e di prendere in maggior
considerazione le impressioni soggettive e le intuizioni irrazionali
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno
2. Focalizzazione zero
3. Egli è un uomo di grande cultura, che ha acquisito mediante “lunghe letture” e “lunghi
viaggi”, e quindi possiede un gusto artistico squisito, ma si possono considerare difetti
il suo “…paradossale disprezzo de’ pregiudizii, l’avidità del piacere…” (pag. 598) e il
suo “…ingegno malsano…”. Fin dall’inizio “…egli fu prodigo di sé…”, concedendosi
qualsiasi cosa (e persona) gli piacesse, ma ciò aveva distrutto la sua “forza morale”:
“…egli non si accorgeva che la sua vita era la riduzion progressiva delle sue facoltà,
delle sue speranze, del suo piacere…” (pag. 599) ed egli praticava la menzogna al
punto che “…egli giunse a non poter mai essere interamente sincero…”
4. L’educazione di Andrea era “…viva, cioè fatta non tanto su i libri quanto in cospetto
delle realtà umane…” (pag. 598); il padre lo aveva avviato al culto del piacere
(“…Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte…” pag. 599) e alla libertà
assoluta, in ogni campo (“…fin nell’ebbrezza…” possedendo senza essere posseduti e
“…occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni…”
pag. 599). Ultimo, ma non poco importante, “…la scienza della vita sta nell’oscurare
la verità…” (pag. 599)
5. Frasi come “potenza volitiva debolissima” e “incauto educatore”; aggettivi come
“malsano” e avverbi come “perfidamente” (pag. 599) fanno capire il giudizio
esplicitamente negativo, anche se ambiguo (perché in ogni caso Andrea viene
presentato come un uomo eccezionale), di D’Annunzio
6. Egoista e incentrato su di sé e sui suoi desideri, egli “…aveva una scienza profonda
della vita voluttuaria…”, non aveva saputo costruire un positivo legame coniugale, la
cui pace “…aveva travagliata e turbata in tutti i modi…” (pag. 598); “incauto
educatore”, aveva plasmato il figlio a suo piacimento
7. Il padre è audace e volitivo, mentre Andrea è un uomo “…la cui potenza volitiva era
debolissima…”, cioè senza forza di volontà
8. Fino a venti anni egli si era dedicato agli studi seguendo il padre, separato dalla moglie,
nei suoi viaggi; a ventuno anni era rimasto orfano del padre, aveva soggiornato per
quindici mesi in Inghilterra e si era infine stabilito a Roma
9. Egli ama i luoghi che evocano la Roma dei principi, poiché vorrebbe essere uno di loro
10. La vista, che attiene alla sfera dell’apparenza
11. Perché è dominato dallo spleen, che egli definisce “…un senso inesprimibile di
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scontento, di sconforto, di solitudine, di vacuità, di nostalgia…”, sentimenti tipici
dell’atmosfera decadente
12. Termini dotti: per es. arcadica, prodigo, artefici, gaudioso, istoriato, tepidario, vacuità
Termini rari: per es. cospetto, ebbrezza, sofisma, bussi
Termini antiquati: per es. italico, pedagoghi, intiera, ruinata, dilettoso, giovine, guisa
Neologismi: per es. byroniana
Termini stranieri: per es. home
Termini con apocope: per es. tradizion, espansion, riduzion, sebben, finir, ciel
Forme insolite dell’ortografia: per es. studii, pregiudizii, criterii, su i
RIFLETTI SUL TESTO
1. La sua grande sensibilità lo porta a sperimentare tutto senza freni, in una vita del tutto
immersa solo nei piaceri dei sensi, sia sul piano dell’arte che della vita quotidiana,
innalzandosi sopra la massa degli uomini comuni, che egli disprezza
2. Per es. a pag. 600: “…i bussi profondi, il granito rosso d’Oriente, il marmo bianco di
Luni, le statue della Grecia, le pitture del Rinascimento…”
3. Dominare le cose e le persone per procurarsi piacere, senza nessuna etica.
pagg. 610-611“Alla ricerca del tempo perduto: la strada di Swann” di M. Proust
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Si tratta di una narrazione che mette in primo piano le emozioni, i sentimenti e le idee
dei personaggi
2. Attraverso gli occhi dei personaggi
3. Figure complesse, perché sono analizzati fino nel profondo della loro personalità
STRUTTURA DEL TESTO
1. Il protagonista
2. L'attaccamento alla madre, la visita alla zia (che gli dava il biscotto che provoca la
scena del ricordo), i luoghi dei suoi giochi
3. Egli appare gravato da pessimismo (“...oppresso dalla giornata grigia e dalla
previsione d'un triste domani...” a pag. 607), sente che la vita è “...mediocre,
contingente, mortale...”
4.
Tappe della ricostruzione
dell'origine del ricordo involontario
Immagine o riferimento con cui il narratore
illustra o spiega questa tappa
Sensazione fisica
Sapore della madeleine
Sentimento che ne deriva
“...un piacere delizioso...” che gli rende indifferenti le
“vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità
illusoria...”
Riflessione critica
Si chiede da dove gli fosse venuta quella “gioia violenta”, dove
si potesse afferrarla
Ripetizione dell'esperienza
Beve un secondo e un terzo sorso di tè
Momenti di analisi interiore
“...È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me...”
Sensazione che qualcosa si muova nel “...dev'essere l'immagine, il ricordo visivo...ma si agita troppo
profondo del suo animo
lontano, in modo troppo confuso...”
Riposo
“...Adesso non sento più nulla, s'è fermato, è ridisceso forse...”
Apparizione improvvisa del ricordo
“...E appena ebbi riconosciuto il sapore...subito la vecchia casa
grigia sulla strada...e con essa la città...”
99
5. MEMORIA VOLONTARIA: “...alla base il salottino, la sala da pranzo...il
vestibolo...il primo gradino della scala, che mi era tanto duro a salire...e, in cima, la
mia camera da letto col piccolo corridoio dalla porta a vetri per cui entrava la
mamma...lo scenario strettamente indispensabile...al dramma dello spogliarmi, come
se Combray non fosse consistita che in due piani riuniti da un'angusta scala...” (pag.
606)
MEMORIA INVOLONTARIA: “...subito la vecchia casa grigia sulla strada...si
adattò...al piccolo padiglione sul giardino, dietro di essa, costruito per i miei
genitori...e con essa la città, la piazza dove mi mandavano prima di colazione, le vie
dove andavo in escursione dalla mattina alla sera...le passeggiate che si facevano se il
tempo era bello...i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swann, e le ninfee
della Vivonne...” (pag. 609)
Le due descrizioni sono profondamente diverse per quantità degli elementi,
infinitamente più dettagliati nella seconda, e per intensità delle emozioni: la prima
descrizione è fredda, la seconda richiama suoni, colori e gioie infantili
6. Il piano temporale di base è quello in cui egli racconta, il presente; quello di sfondo è
quello dei ricordi
7. A pag. 606: “...l'inizio dell'oscuro viale donde sarebbe giunto Swann...”
8. Sì, in effetti gli avvenimenti non seguono altro criterio che quello interiore del ricordo
9. Per es. a pagg. 608-609: “…E, appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di
maddalena inzuppato nel tiglio che mi dava la zia (pur ignorando sempre e dovendo
rimandare a molto più tardi la scoperta della ragione per cui questo ricordo mi
rendesse così felice), subito la vecchia casa grigia sulla strada, nella quale era la sua
stanza, si adattò come uno scenario di teatro al piccolo padiglione sul giardino, dietro
di essa, costruito per i miei genitori (il lato tronco che solo avevo riveduto fin allora);
e con la casa la città…”
10. Per es. a pag. 606 “…immerse nel buio…” e “…era morto per me…” (il buio della
memoria fa morire cose e persone); a pag. 607: “…trasaliscono allora, ci
chiamano...hanno vinto la morte...Essa l’ha risvegliata…” (il ricordo è una battaglia
contro l'oblio, che è il sonno della morte, cioè la scomparsa, di oggetti, fatti, persone);
“…il paese tenebroso…dove tutto il suo bagaglio non gli servirà…” (per trovare nella
memoria non sono sufficienti gli strumenti razionali); a pag. 608: “...l'impeto con cui
tenterà di riafferrarla...” (allude alla fatica della mente per ricordare, e l'attività del
ricordare è paragonata all'afferrare oggetti e persone dal profondo buio della
dimenticanza) e “...ciò che palpita così in fondo a me dev'essere l'immagine...” (la
mente che ricorda vede, come in uno specchio d'acqua, immagini in movimento, che
appaiono e scompaiono)
RIFLETTI SUL TESTO
1. La ricostruzione della vita intesa come scoperta graduale della realtà attraverso la
memoria. Solo nella memoria, secondo Proust, l’uomo può cogliere le trasformazioni
alle quali il tempo sottopone fatti, persone e sentimenti, che, risuscitati dalla memoria,
rivivono nelle pagine letterarie
2.
Buio
Luce
notte
lembo luminoso
tenebre indistinte
vampa di fuoco
oscuro viale
bengala
oscurità
proiettore elettrico
3. Svolgimento libero.
100
pag. 618 “Il fu Mattia Pascal” di L. Pirandello
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Perché essa è solo un pretesto per presentare la psiche dei personaggi
2. Le scienze psicologiche e in particolare la psicoanalisi
STRUTTURA DEL TESTO
1. Il testo è strutturato prevalentemente per macrosequenze che contengono diversi tipi di
microsequenze, tra cui prevalgono quelle riflessive:
La decisione di cambiare - dall’inizio a “…essere stato due uomini…” (sequenza
narrativa inframmezzata da sequenze riflessive)
Dal barbiere – da “…Già ad Alenga…” a “…me lo pose sotto gli occhi…” (sequenza
descrittiva e dialogica)
L’aspetto – da “…Se era stato bravo!...” a “…un po’ ridicola e meschina…” (sequenza
descrittiva inframmezzata da sequenze riflessive)
Il nome – da “…Il nome mi fu quasi offerto…” a “…M’hanno battezzato…” (sequenza
narrativa inframmezzata da sequenze descrittive e dialogiche)
Il viaggio – da “…Recisa di netto…” a “…col cappello del marito in capo…”
(sequenza descrittiva inframmezzata da sequenze riflessive)
L’anello matrimoniale – da “…Se non che…” a “…lì intombai il mio anellino di
fede…” (sequenza narrativa inframmezzata da sequenze riflessive)
La costruzione di Adriano Meis - da “…Quindi, non tanto per distrarmi…” fino alla
fine (sequenza riflessiva)
2. Pirandello utilizza diversi punti di vista, perché ritiene che la realtà sia complessa,
molteplice e sfuggente: ciò renderebbe la sua comprensione e rappresentazione
continuamente mutevoli e soggettive
3. Quello dell’io narrante che racconta in forma retrospettiva e quello dell’io narrato che
ha una visione parziale dei fatti
4. Il suo viso è caratterizzato da una fronte spaziosa, un mento piccolissimo e a punta
nascosto da una gran barba, un naso largo e un occhio strabico. Si fa crescere i capelli,
taglia la barba e maschera lo strabismo con degli occhiali
5. Quel “disgraziato” che credono morto, conduceva una vita infelice (una “sciagurata
esperienza”), che si lascia indietro come un “fardello”, una “catena” di legami e
obblighi
6. Egli ha “…un nuovo sentimento della vita…”: non vuole avere oneri di nessun tipo,
soprattutto quelli sgradevoli; vuole andare “…in cerca di belle vedute, di ameni luoghi
tranquilli…” (pag. 612) armato di una “…filosofia sorridente…” (pag. 613). Ma egli
non riuscirà a essere veramente libero, anzi finirà in una situazione più infelice di
prima, perché senza uno stato anagrafico non potrà inserirsi nel consorzio civile
7. Il più giovane ha la faccia pallida “…oppressa da una folta e ruvida barba…” , parla
con “…un vocione cavernoso, che contrastava stranamente con la sua aria da
ispirato…”. L’altro è “…un vecchietto magro magro…” e il “…collo lungo proteso
come sotto un giogo…” ma con una piega ironica agli angoli della bocca. Ciascuno dei
due aspetti è contraddetto da ciò che la persona pensa: il primo non è affatto ispirato, il
secondo non è sottomesso ma ironico
8. Lessico colloquiale e quotidiano: per es. disgraziato, “reni quasi ingommate”,
barbaccia, “come un flagello di Dio”, forbicioni, snebbiata, “si guasta il fegato”…
101
Vocaboli letterari: per es. fardello, foggiarmi, ameni, scempio, recisa, tumultuava,
sceverato, coloni, ritegno…
9. Per es. a pag. 612: “…Ah, un pajo d’ali! Come mi sentivo leggero!...”; a pag. 614:
“…Mi parve anche che questo nome quadrasse bene alla faccia sbarbata e con gli
occhiali, ai capelli lunghi, al cappellaccio alla finanziera che avrei dovuto portare.
«Adriano Meis. Benone! M’hanno battezzato.» …” a pag. 615: “…«Più unico di
così…Eppure no! …”;
RIFLETTI SUL TESTO
1. Pirandello ritiene che tutti noi portiamo delle “maschere” con cui entriamo in relazione
con gli altri: chi scopre tale finzione e riesce a vivere senza convenzioni è finalmente
libero, chi non ci riesce è condannato ad essere infelice
2. Svolgimento libero.
pag. 623 “Madame Bovary” di G. Flaubert
CARATTERISTICHE DEL GENERE
1. Il discorso indiretto libero, il monologo interiore e il flusso di coscienza
2. Perché sono le più adatte a descrivere direttamente l'animo del personaggio
3. Il tempo del racconto è più lungo del tempo della storia
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente
2. Focalizzazione zero. Lo si può capire dalla ricchezza delle descrizioni, estremamente
dettagliate, delle attività e dei pensieri dei personaggi, in particolare di Emma (per es. a
pag. 619: “...Divorava, senza lasciarsi sfuggire nulla, tutte le cronache delle prime,
delle corse, delle serate, si interessava al debutto di una cantante...Si teneva al
corrente con la moda, conosceva gli indirizzi...). Oppure dagli interventi espliciti per
spiegare: “...Per sostituire Nastasia (era infatti andata via da Tostes versando fiumi di
lacrime)...” (pag. 620). E anche dalla conoscenza perfetta dei pensieri e dei sentimenti
della protagonista (per es. a pag. 622: “...In fondo al cuore continuava a sperare che
accadesse qualcosa di diverso...volgeva sguardi disperati sulla solitudine della sua
vita...Non sapeva cosa stava aspettando...Ogni mattino, al risveglio, sperava che ciò
avvenisse, proprio quel giorno, e ascoltava ogni rumore, si alzava di soprassalto, e si
stupiva che ancora non accadesse nulla; poi, al tramonto, sempre più triste,
desiderava di essere all'indomani...”)
3. Emma sogna di vivere nella capitale (a pag. 619: “...immaginava di fare lunghe
passeggiate...Risaliva i boulevards...”), di frequentare il bel mondo “al Bois o
all'Opéra”, immagina gli ambienti di ambasciatori, duchesse e attrici (a pag. 620: “...i
saloni dai pavimenti lucidi, dalle pareti rivestite di specchi...Non mancavano gli abiti a
strascico...gli uomini, dotati di insospettate capacità sotto un'apparenza frivola,
sfiancavano i loro cavalli in gite di piacere, trascorrevano le estati a Baden...creature
prodighe come re, piene di ambizioni idealizzate e di deliri fantastici...”).
E, invece, abita in provincia, ha sposato un uomo comune, che la fa vivere in un quieto
benessere che non ha confronto con i suoi vagheggiamenti (per es. a pag.620: “...la
campagna noiosa, i piccoli borghesi imbecilli, la banalità della vita...Lo stalliere che
ogni mattina veniva a strigliare la cavalla...con i piedi nudi entro grossi zoccoli...)
102
4.
Aspetto
della vita
Emma
Charles
Condizione
fisica
Giovane e graziosa: “...aveva un odore “...Godeva buona salute, aveva un bel
fresco, un profumo che non si sapeva bene colorito...” (pag. 621)
da dove venisse, quasi fosse la pelle di lei a
possederlo...” (pag. 621)
Modo di
vestire
Elegante, curata: “...Emma indossava una
vestaglia molto aperta sul davanti, con il
collo a scialle che lasciava scorgere una
camicetta plissettata e con tre bottoni d'oro.
Un cordone con grosse nappine le serviva da
cintura e le pantofoline color granato
avevano un ciuffo di nastro alto che si
allargava fin sul collo del piede...” (pag.
621)
Pratico, quasi trascurato: “...A volte Emma
gli ricacciava nel panciotto il bordo rosso
delle maglie, gli raddrizzava la cravatta o
buttava via i guanti consumati che egli
stava per indossare...” (pag. 622)
Propositi da
realizzare
Migliorare la sua vita: “...In fondo al cuore
continuava a sperare che accadesse
qualcosa di diverso...volgeva sguardi
disperati sulla solitudine della sua vita...Non
sapeva cosa stava aspettando...Ogni mattino,
al risveglio, sperava che ciò avvenisse,
proprio quel giorno, e ascoltava ogni
rumore, si alzava di soprassalto, e si stupiva
che ancora non accadesse nulla; poi, al
tramonto, sempre più triste, desiderava di
essere all'indomani...” (pag. 622)
Nessuno: “...La sua reputazione si era
assai consolidata...Aveva una gran paura
di mandare il suo prossimo al Creatore e
di
conseguenza
si
limitava
a
prescrivere...Per tenersi al corrente, si
abbonò all'Alveare medico...lo leggeva, in
parte, dopo cena, ma il tepore della
stanza, insieme con la fatica della
digestione, facevano sì che in capo a
cinque minuti, fosse addormentato...” (pag.
621)
Spostamenti Scarsi, al massimo alla vicina città di Rouen: Solo per la sua attività di medico: “...Con
“...Le capitò di vedere a Rouen alcune qualunque maltempo, con la pioggia o con
signore....” (pag. 621)
la neve, Charles continuava a cavalcare
per le strade di campagna...” (pag. 621)
5. Emma: “...Emma avrebbe desiderato che il nome di Bovary...fosse illustre...Ma
Charles non aveva ambizioni!...«Che disgraziato! Povero disgraziato!» ripeteva,
mordendosi le labbra...” (pagg. 621-622)
Charles: “...la sera lo aspettavano il fuoco fiammeggiante, la tavola
apparecchiata...una moglie elegante, graziosa, che aveva un odore fresco...Emma
riusciva ad affascinarlo con innumerevoli raffinatezze...Meno Charles capiva queste
eleganze, più ne subiva il fascino. Esse aggiungevano qualcosa al piacere dei sensi e
alla dolcezza del focolare. Cospargevano di una polvere d'oro tutto il modesto sentiero
della sua vita...” (pag. 621)
6. Perché Felicitè, a differenza di Emma, si accontenta di piccole cose (un po' di zucchero
rubato dalla dispensa, quattro chiacchiere con i postiglioni davanti a casa)
7. Eugène Sue, Honoré de Balzac e George Sand
8. Campagna: “...la campagna noiosa...”, “...la cagnolina stessa riceveva le sue
confidenze ed ella ne avrebbe fatte anche ai ceppi del caminetto e al bilanciere della
pendola...”, “...Tornò la primavera. Emma provò...un senso di soffocamento, ai primi
calori, quando fiorirono i peri...”, “...L'avvenire si presentava come un corridoio nero
in fondo al quale v'era una porta sprangata...”
Parigi: “...smisurate promesse...”, “...più vasta di un oceano...”, “...i grandi misteri...”,
“...folla eterogenea...”, “...un'esistenza che si librava al di sopra di tutto fra cielo e
terra...”, “...si stendeva a perdita d'occhio lo sterminato paese della felicità...”
103
9. È il tempo narrativo che indica azione continuata: nella vita di Emma tutto continua
immutato senza cambiare
10. Per es. a pag. 619: “...Il visconte a Parigi. Così lontano. Com'era Parigi?...”; a pag.
620: “...Per l'amore, come per le piante esotiche, non era forse indispensabile un
terreno adatto...”; a pag. 621: “...Emma lo guardava e alzava le spalle. Perché non
aveva almeno per marito uno di quegli uomini accesi di taciturno fervore...”
Perché permette di descrivere i pensieri dei personaggi con le loro stesse parole
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. a pag. 622: “…Ed ecco di nuovo primavera! Mi sembra di soffocare…che noia
tutti questi peri in fiore! Ma quanto manca a ottobre? Ci sarà anche quest’anno il
ballo Vaubyessard?...”
2. Svolgimento libero.
pag. 629 “Briciole, storia di un'anoressia” di A. Arachi
STRUTTURA DEL TESTO
1. Il racconto, a focalizzazione interna, riferisce i fatti con interventi continui e costanti
anticipazioni: tale tecnica permette all'autore di guidare il lettore nel giudizio sugli
eventi
2. La protagonista, con focalizzazione interna
3. Per es.: “Comincia con tre polpette al sugo questa storia…Una storia da manuale…”
(pag. 626); oppure “…In quei giorni nella piazza del centro le illusioni di una
rivoluzione…” (pag. 627)
4. Per es. a pag. 626: “...È a metà della crescita che ho voluto rovinare una vita bella,
dunque tranquilla, dunque noiosa...”. La vita di Elena è vuota di affetti veri, manca di
obiettivi da perseguire, è carente di interessi che non siano superficiali
5. “...Occhi marroni, naso sottile. Gambe lunghe, ma non magre...” (pag. 626); “...le
cosce ingrassate da un'adolescenza veloce...” (pag. 627): sono appunto le gambe la sua
ossessione
6. Inizialmente vivace, allegra e sportiva, ma anche con “…un cervello troppo cupo,
senza motivi, per occhi troppo accesi…”, cioè piena di dubbi, come spesso sono gli
adolescenti.
7. Interessati solo al loro aspetto fisico, agli abiti firmati, ai soldi e agli oggetti, “a costo
di avere soltanto quello dalla vita”. Certamente non le hanno dato stimoli e interessi,
né affetto, troppo superficiali, attenti solo agli aspetti estetici dell'abbigliamento e del
fisico: Elena in realtà li disprezza e si sente sola. Essi, tuttavia, sono il “pubblico” a cui
mostrarsi, il “modello” di donna da copiare, la relazione in fondo più importante
8. A pag. 626: “...Mio padre non avrebbe mai voluto crederlo. Mio padre che poi non
avrebbe nemmeno vissuto abbastanza per la fine di questa storia...”; “...È a metà della
crescita che ho voluto rovinare una vita bella, dunque tranquilla, dunque noiosa...”; a
pag. 627: “...Forse, dopo, avrei vomitato tutto questo...”
9. Il tempo del racconto è spesso modificato da anticipazioni, poiché è narrato come una
lunga rievocazione, che anticipa i prevedibili esiti della malattia
10. Discorso indiretto libero
RIFLETTI SUL TESTO
1. Inizialmente mangia con piacere (a pag. 626: “...mangiare mi aveva sempre dato
gusto...”). L'origine della malattia “...mi sfugge. Le cosce ingrassate da un'adolescenza
veloce non possono bastare come spiegazione...” (pag. 627). Inizia una dieta, con
l'aiuto dei genitori: “...per tacitare lo stomaco mi nutrivo dei complimenti di chi
104
ammirava il mio sedere sgonfiarsi...” (pag. 627). Poi il cibo diventa un'ossessione:
“...In meno di un mese il mio cervello riuscì a trasformare un pezzo di pane in un
dannoso concentrato di zuccheri...riservavo al cibo tutti i pensieri della mia
giornata...” (pag. 627). A questo punto comincia a vomitare il cibo che la madre le
impone
2.
Aspetto della realtà
Giudizio espresso da Elena
La fissazione per gli abiti firmati
Si viene accettati “senza dar troppe spiegazioni”
L'incapacità a parlarsi tra amici
“...Le chiacchiere erano sempre le stesse...”
Anche alla musica non si dà attenzione “...un ritmo valeva
importanza...”
l'altro,
le
parole
non
avevano
La delusione della politica
“...le illusioni di una rivoluzione si stavano prosciugando...”
La superficialità degli amici
“...Parlavano di culi e bicipiti...Le palestre erano chiese nei
loro sogni avviati attorno ai soldi e al sesso...”
3. e 4. Svolgimento libero.
pag. 634 “La casa degli spiriti” di I. Allende
STRUTTURA DEL TESTO
1. Un narratore esterno onnisciente (ma alla fine del romanzo si scoprirà che è la nipote
di Clara)
2. Focalizzazione zero
3. Per es. nei confronti del vecchio Pedro García, il quale, avvalendosi della sua antica
sapienza, comprendente anche le arti magiche, riesce con semplicità (“...Parlandogli,
appunto...”) a cacciare le formiche: l'autrice è evidentemente schierata dalla parte della
saggezza antica, di cui anche Clara è una portavoce
4.
Aspetti di Clara che possono essere
ricondotti all'ambito della realtà
Aspetti di Clara che possono essere ricondotti
all'ambito della fantasia o del soprannaturale
Si occupa del laboratorio di cucito
Individua i sentimenti delle persone
Distribuisce medicine
Parla con esseri invisibili
Insegna alle donne principi di igiene
Sposta i mobili con la mente
Fa scuola ai bambini
Diffonde gli ideali femministi
5. Positivo, affettuoso
6. Férula è una zitella acida, invidiosa, gretta e insensibile; ritiene che il soprannaturale
sia pericoloso e retrogrado
Clara è, invece, altruista e generosa, si impegna per migliorare le condizioni di vita dei
contadini e per emancipare le donne, utilizza i suoi poteri soprannaturali a fin di bene
7. “...sembravano loro cose da pazzi...” (pag. 630): esse sono ancorate alla vecchia
mentalità, che non si sentono autorizzate a contrastare
8. Il “gringo” tecnico agricolo, contrapposto al vecchio Pedro García: il primo, forte delle
conoscenze tecniche, è arrogante (“...si sedette per terra ridendo come un matto...” a
pag. 632), ma non risolve il problema; il vecchio, invece, avvalendosi della sua antica
sapienza, che comprende anche le arti magiche, riesce con semplicità (“...Parlandogli,
appunto...”) a cacciare le formiche
105
9. Per es. a pag. 631: “...le formiche salivano senza arrestarsi e non rispettavano né pere
né mele e neppure le arance, s'infilavano nell'orto e rovinavano i meloni, entravano
nella latteria e il latte veniva ritrovato acido e pieno di minuscoli cadaveri;
s'introducevano nei pollai e divoravano...”; oppure anche a pag. 632: “...cercarono nel
granaio, nella stalla, nei pollai, andarono nei campi, arrivarono sino al fiume,
guardarono dappertutto...”
10. Prevalentemente mediante descrizioni, dando informazioni sparse progressivamente
(per es. a pag. 630: “...Clara aveva capito che c'era un posto anche per lei alle Tre
Marie e...sentì che aveva infine trovato...”), ma spesso anche mediante discorso diretto
(per es. a pag. 631: “...- Perché le guarda tanto, Mister, se sono tutte uguali? - disse
Pedro Secondo García...”) e mediante discorso indiretto (per es. a pag. 632: “...Ferula
si attaccò a questo per dire che vivevano in un buco, in una regione disumana...che un
giorno avrebbero cominciato a volare con la scopa...”)
RIFLETTI SUL TESTO
1. Per es. che il rapporto dovrebbe essere privo di violenza, basato sulla convivenza
pacifica
2. Svolgimento libero.
pag. 639 “Harun e il mar delle storie” di S. Rushdie
STRUTTURA DEL TESTO
1. Perché ogni sequenza corrisponde a un cambiamento di spazio o di tempo. S1:
dall’inizio a “…da raccontare”; S2: da “Dopo che sua madre…” a “…orologi in
movimento…”; S3: da ” …Alcuni giorni dopo…” a “…dispiegarsi monotono delle
pianure…”; S4: da ”…Alla stazione…” a “…«Ark , ark, ark»…”; S5: da “…Dopo di
che…” alla fine
2. Un narratore esterno onnisciente
3. Focalizzazione zero. Per es. le anticipazioni a pag. 635: “...Il giorno in cui tutto andò
storto...” e a pag. 636: “...Fu per questo che si sentì responsabile quando...si presentò
davanti a un pubblico numeroso, aprì la bocca e si accorse di non aver più storie da
raccontare...”. Oppure gli interventi per spiegare: per es. a pag. 636 ( “...È mio dovere
spiegare che nel paese di Alifbay molti luoghi erano chiamati...” )
4. Rashid
5. Harun, che inizialmente appare colui che ha provocato la crisi con la sua domanda
(“...A cosa servono le storie che non sono neanche vere?...), ma poi lo aiuterà a
diventare un padre più forte e un cantastorie ancor più motivato
6. Ritrovare le sue straordinarie capacità narrative, la sua fantasia
7. La moglie Soraya, abbandonandolo a causa della sua fantasia, lo ha messo in crisi; ma
anche il figlio lo ha fatto, con la domanda sulla funzione delle storie
8. Rashid è un uomo dolce, ma svagato, pieno di idee ma poco concreto, affettuoso con il
figlio, ma concentrato sul proprio dolore, si dimostra debole e incapace di risollevarsi
9. Harun è un ragazzino concreto (“...La prima cosa che disse Harun quando seppe della
partenza della madre fu: «Per quale motivo dovevi rompere il mio orologio?»...”),
dimostra il suo dispiacere per l'abbandono da parte della madre (forse) con lo strano
sintomo degli undici minuti; si dimostra affezionato al padre, di cui tuttavia non
comprende le capacità (“...A cosa servono le storie che non sono neanche vere?...”),
ma che cercherà di aiutare, sentendosi in colpa per aver avviato la sua crisi
10. Di collaborazione
11. Disperata per l'abbandono da parte del marito, ma decisa a recuperare la sua
indipendenza, ferma e sicura nelle proprie opinioni
106
12. I luoghi sono un miscuglio di fantasia (per es. la “città triste”, le “fabbriche di
tristezza”, “campi dorati e montagne d'argento”, “ruderi del castello di fate”) e di
riferimenti alle metropoli industriali (“fumo nero”, “ciminiere”, “fabbriche”, “taxi”,
“autobus”)
13. Per es. “...come una lampuga nel mare...” e “...come una gelatina...” a pag. 635;
“...come un orologio rotto...” a pag. 636; “…come una spugna gronda acqua…” a pag.
637
14. Svolgimento libero
15. Per es. a pag. 636: “...perse le staffe...” e “...estrarle dalle orecchie...e ricacciarsele in
bocca...” e: “...incollato al numero undici...”
16. Svolgimento libero
RIFLETTI SUL TESTO
1. e 2. Svolgimento libero
pag. 643 “La prosivendola” di D. Pennac
STRUTTURA DEL TESTO
1. Entra immediatamente nella vicenda
2. Il protagonista, Malaussène
3. Focalizzazione interna. Per es. le descrizioni sono fatte dal punto di vista del
protagonista: “...mi teneva imprigionato nella poltrona, strangolando i braccioli con le
mani enormi. La preistoria in persona...” e “...E io, lassù, sul mio trono, incapace di
pensare ad altro che a quella fottuta frase...” (pag. 640). Oppure la riflessione a
conclusione della scena: “...Piangi, amico mio, tanto siamo tutti nella merda fino al
collo e non basterai certo tu a fare alzare la marea...” (pag. 642)
4. È un personaggio strano, svagato fino all'incoscienza, ironico nei rapporti con i
colleghi di lavoro, di cui descrive difetti e virtù, critico nei confronti del mondo
5. “...Uno scheletro enorme con attorno una forma approssimativa. Ossa simili a clave e
l'attaccatura dei capelli appena sotto il naso...sopracciglia cespugliose...occhio da
cinghiale...una voce curiosamente infantile...” (pag. 640). Il gigante devastatore ha
però una sua fragilità interiore, che lo fa scoppiare in singhiozzi, per cui la scena si
conclude con Malaussène che lo consola come una tenera mamma
6. Il gigante, terribile nell'aspetto e nel comportamento, in realtà non fa paura:
“...l'attaccatura dei capelli appena sotto il naso...occhio da cinghiale...mi frugava
nella coscienza come se avesse perso le chiavi...” (pag. 640); “...Con una mano, gli
tenevo la testa nell'incavo della spalla, con l'altra gli accarezzavo i capelli...” (pag.
642)
Malaussène ironizza sui suoi stessi comportamenti: “...con la testa sprofondata nelle
spalle e incapace di dire se ero io. Mi chiedevo soltanto dove avessi letto quella
frase...sul mio trono, incapace di pensare ad altro che a quella fottuta frase...” (pag.
640); “...- Cosa sta facendo? - Faccio come lei, comunico...” (pag. 641); “...- Ha
ragione, dissi, quando non si può cambiare il mondo, bisogna cambiare
l'arredamento...” (pag. 641)
7. La regina Zabo (“…conficcata nella moquette…”, a pag. 640; “...sei tipografi che la
mia santa principale aveva messo in mezzo a una strada perché avevano consegnato il
lavoro con sei giorni di ritardo...” a pag. 641), la segretaria Mâcon (che tiene nel
cassetto della scrivania “…graffette, timbri e smalti per le unghie…” a pag. 641), il
collega Loussa di Casamance (“…un senegalese alto un metro e sessantotto, con occhi
da cocker e gambe da Fred Astaire…” a pag. 642)
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8. Richiamano le caratteristiche dei fumetti, piene di esagerazioni e comica ironia: per es.
“strangolando i braccioli”, “ossa simili a clave”, “sopracciglia cespugliose”,
“conficcata nella moquette”, “I libri volavano e cadevano morti”
RIFLETTI SUL TESTO
1. Svolgimento libero
2. Svolgimento libero
3. Forse che condividiamo tutti un unico destino: la morte.
pag. 648 “Oceano mare” di A. Baricco
STRUTTURA DEL TESTO
1. Il protagonista
2. Focalizzazione interna
3. NARRATORE: dimostra forza di volontà, resistenza (“...sto per morire, non morirò...”
pag. 644) nonostante la disperazione (“...io che urlo, e che urlo, e che urlo...” pag.
644), sensibilità e umanità (“...un uomo come uno straccio, appeso a un palo...si
abbracciano prima di darsi al mare...più di cento uomini sconfitti, perduti...” pag. 644;
“...quei disperati trascinarsi con le gambe spezzate fino a qualcuno di noi...” pag. 645)
nonostante la lotta, disumanizzante, per la sopravvivenza (“...c'è la mia vita sotto le sue
dita, e c'è la sua sulla punta della mia sciabola che alla fine gli entra in un fianco...”
pag. 645), capace di riflessioni profonde (“...Per la prima volta, dopo giorni e giorni,
lo vedo davvero...” pag. 646)
CORRÉARD: il cartografo, pessimista (“...Non possiamo farcela...” pag. 645)
LHEUREUX: primo ufficiale, organizza la distribuzione dei viveri, incoraggia il
gruppo (“...Noi ci salveremo, per l'odio che portiamo contro quelli che ci hanno
abbandonato, e torneremo per guardarli negli occhi...” pag. 645)
4. Nella conclusione del brano, a pag. 646, da “...Per la prima volta, dopo giorni e giorni,
lo vedo davvero...”
5. La sua “…voce immane…”, la sua bellezza: “…nel suo mantello
splendente...meraviglioso sopra ogni meraviglia…”; la sua forza: “…potente sopra
ogni potenza…”; le sue caratteristiche totalizzanti: “…il mare era tutto...padrone del
nulla, maestro del tutto...signore del tempo e padrone delle notti, l'unico e il solo…”; il
suo essere infinito: “…meraviglioso mostro infinito…”; il suo essere l'origine di tutto:
“…grembo di ogni nuovo nato e ventre di ogni morte...ricovero di qualsiasi
destino...inizio e fine, orizzonte e sorgente…”
6. Per es. nella seconda sequenza il termine “vista” (“sguardo...occhi...guardare”);
nella quarta il “rumore”(“rumori...urla...lamenti...preghiere...bestemmie...lamento…
silenzio... urlo”)
7. Per es. nella settima sequenza: “...e nella luce che va e sparisce io ricordo quei corpi
correre contro le nostre sciabole e lo schioccare dei colpi di fucile, e il sangue
schizzare fuori dalle ferite, e i piedi scivolare sulle teste schiacciate tra le assi della
zattera, e quei disperati trascinarsi con le gambe spezzate fino a qualcuno di noi...”
8. Per es. nell'ottava sequenza: “...nel pericolante scheletro della zattera su cui i vivi – i
vivi – si aggirano derubando i morti...Fantasmi. Tutti quelli che vedono terra, Terra!,
o navi...ed è lì che io – io – alzo lo sguardo – io alzo lo sguardo – lo sguardo...”
9. Per es. nella seconda sequenza: “...sto per morire, non morirò. Sto per morire non
morirò sto per morire non morirò sto – l'acqua arriva alle ginocchia, la zattera scivola
sotto la superficie del mare, schiacciata dal peso di troppi uomini – per morire non
morirò sto per morire non morirò...”
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10. L'autore vuole evidenziare la paura e la disperazione della situazione descritta
RIFLETTI SUL TESTO
1. Paura (“...Tutto sparisce e non rimane che lui, davanti a me, addosso a me...” pag.
646), meraviglia (“...meraviglioso sopra ogni meraviglia...” pag. 646), ammirazione
(“..signore del tempo e padrone delle notti, l'unico e il solo...”pag. 646), sottomissione
(“...in noi respira e vive...” pag. 646)
2. Svolgimento libero.
MOD. 3 – LA LETTURA DI UN TESTO
U.D.1 – I classici
pag. 660 “Perché leggere i classici?” di I. Calvino
1. I classici sono libri fondamentali per la formazione di un individuo, nel senso che
danno forma alle esperienze future, fornendo modelli, termini di paragone, scale di
valori. Essi hanno la caratteristica di apparire sempre nuovi anche alle letture
successive. Essi infatti portano in sé la traccia delle letture precedenti la nostra e il
segno che hanno lasciato nella cultura
2. Perché non ha mai finito di dire quello che aveva da dire
3. Perché l’inesperienza, o la distrazione, o l’impazienza della gioventù possono aver
impedito di apprezzare quel libro
4. La scuola, dando gli strumenti per scegliere i “propri” classici
5. Perché il desiderio di conoscenza non cessa mai, neanche in punto di morte
6. Essi costituiscono l’attualità, “un punto in cui situarci per guardare in avanti o
indietro” cioè un termine di paragone
7. Dovrebbe comprendere per metà libri che abbiamo letto e che hanno avuto importanza
per noi, e per metà libri che intendiamo leggere e che supponiamo possano avere
importanza, lasciando uno spazio vuoto per le scoperte occasionali
8. 9. e 10. Svolgimento libero.
pag. 664 “Harry Potter e la pietra filosofale” di J. K. Bowling
1. Harry, orfano di entrambi i genitori, vive in una famiglia che non gli dà affetto, ha un
fratellastro/cugino perfido e viziato, è infelice e inconsapevole delle sue qualità, che
scoprirà nel corso delle sue peripezie contro l'antagonista
2. Viene ingiustamente punito, gli vengono negati i piaceri che vengono invece concessi
al cugino (come il gelato), veste gli abiti smessi dal cugino... Essi sono gli elementi
della situazione iniziale di infelicità, che lo spingono verso l'evento modificante
3. I personaggi magici misteriosi e inquietanti che si aggirano intorno a Harry e quelli che
lo condurranno, attraverso il binario “nove e tre quarti” alla scuola di magia; gli
elementi fantastici, come i “fatti strani” che accadono ad Harry; il lieto fine col trionfo
dei buoni sui cattivi
4. e 5. Svolgimento libero.
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MOD. 4 – LETTERATURA E CINEMA
U.D.1 – Il cinema
pag. 698 “Autobiografia di uno spettatore” di I. Calvino
1. Schermo (telone su cui si proietta il film), cartelloni (locandine pubblicitarie del film),
proiezione (trasmissione delle immagini sullo schermo), cabina di proiezione o
dell’operatore (stanza da cui si proietta), doppiaggio (sostituzione della colonna sonora
originale con un’altra parlata nella lingua degli spettatori)
2. Per es. a pag. 696: “…Un altro mondo da quello che mi circondava…”, e:
“…soddisfare un bisogno di spaesamento, di proiezione della mia attenzione in uno
spazio diverso…”
3. Il contrasto tra due dimensioni temporali, climatiche e storiche diverse, dentro e fuori
dal film
4. Da spettatore (della vita, in quanto adolescente) egli si è trasformato in protagonista,
perché è diventato adulto e perché ha preso parte attiva nella Resistenza
5. A pag. 697: “…spezzando il filo temporale della storia e trasformandola in un puzzle
da ricomporre…”. Narrare con le parole o mediante immagini sono tecniche affini,
spesso identiche
6. Le sequenze; la classificazione dei personaggi; l’uso del dialogo; anticipazione e
retrospezione; ellissi, sommario, estensione; l’ambientazione; i generi; i classici
pag. 702 “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” di L. Pirandello
1. Girare (fare la ripresa), camerino (stanza o luogo dove l’attore si trucca e si veste),
pellicola (supporto fotosensibile su cui si registra), treppiedi (cavalletto su cui si fissa
la macchina da presa), manovella (a quei tempi serviva per far avanzare la
registrazione)
2. All’inizio del brano: “…dare in pasto a questa macchina la vita…”; a pag. 700:
“…preparare per il pasto la macchinetta…”; a pag. 701: “…aveva in corpo quella
macchina la vita di un uomo…” e: “…La vita, che questa macchina s’è divorata…”
3. Perché, come tutte le altre macchine, sta iniziando a divorare la vita dell’uomo; ma
anche perché racconta vite fasulle, prive di valori e sentimenti autentici
4. Nel mondo della inautenticità causata dal dominio delle macchine, l’operatore perfetto
è solo, muto e impassibile, non lascia alcuno spazio ai sentimenti o ai legami con altre
persone
U.D.2 – Dalla letteratura al cinema
pag. 718 “I Malavoglia” di G. Verga e “La terra trema” di L. Visconti
1. Elementi comuni: il luogo, i personaggi (pur con qualche differenza), l'ambiente,
l'importanza del legame familiare tra i protagonisti, la trama, la superiorità della natura
Elementi di diversità: la motivazione della povertà dei Malavoglia/Valastro, la figura
di 'Ntoni giovane, la sorte della sorella
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2. “Sgomenta...sbigottita”, attonita, come inebetita
3. Visconti si sofferma sul contrasto (di inquadratura, cromatico...) tra il mare in tempesta
e le figure delle donne; Mara, con i capelli scompigliati è sballottata dal vento, chiede
aiuto ad un pescatore: rappresenta il tentativo di opporsi alla forza del mare
4. Sono diverse: l'una impotente, l'altra tenta una, seppure inutile, resistenza
5. Verga sottolinea gli effetti della tempesta sulle persone; Visconti evidenzia la potenza
distruttiva del mare, si sofferma sulle onde e sul fragore per far risaltare le figure delle
donne che attendono sulla scogliera
6. Oltre che sul rumore del mare, l'attenzione di Verga si sofferma sui suoni pronunciati
dalle persone: “cantava...biascicava...balbettava...cicalavano...”.
Visconti ripete molte volte il suono della campana a martello, il segnale di pericolo che
fa da sfondo alle immagini, enfatizzando il dramma
7. È la voce del narratore, che racconta la storia (nel film gli attori parlano in dialetto
siciliano, che può risultare incomprensibile)
8. Il pessimismo verghiano non crede possibile nessun riscatto per i “vinti”; al contrario,
Visconti propone la vicenda con intenti didascalici, aprendo la possibilità di
costruzione di un mondo migliore, dove non si ripetano gli stessi errori.
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