bollettino dei musei istituti biologici
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BOLLETTINO DEI MUSEI E DEGLI ISTITUTI BIOLOGICI DELL’UNIVERSITÀ DI GENOVA PUBLISHED SINCE 1889 EDITORIAL BOARD GIANCARLO ALBERTELLI RICCARDO CATTANEO VIETTI MAURO GIORGIO MARIOTTI MARIA ANGELA MASINI LIDIA ORSI RELINI MARIO PESTARINO ROBERTO PRONZATO SILVIO SPANÒ MIRCA ZOTTI VOLUME 75 – 2013 PUBLISHED ON LINE – www.bmib.it DIRETTORE RESPONSABILE LORIS GALLI ——————————————————————————– Registrato al Tribunale di Genova al n. 257 in data 26 marzo 1953 ISSN 0373-4110 XXXIX Congresso della SOCIETA’ ITALIANA DI BIOGEOGRAFIA “Liguria: dagli Appennini alle Alpi..….passando per il mare” Rapallo, 29-31 maggio 2013 RIASSUNTI COMITATO ORGANIZZATORE Roberto Pronzato, Andrea Balduzzi, Giuseppina Barberis, Giorgio Bavestrello, Carlo Nike Bianchi, Giuliano Doria, Loris Galli, Giulio Gardini, Mauro Giorgio Mariotti, Luigi Minuto, Carla Morri, Maurizio Pansini, Roberto Poggi, Sebastiano Salvidio, Giorgio Troiano. COMITATO SCIENTIFICO Valerio Sbordoni, Marco Bologna, Bruno Massa, Lorenzo Peruzzi, Francesco Spada, Augusto Vigna Taglianti, Marina Cobolli. SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Antonio Sarà, Marco Bertolino, Marzia Bo, Matteo Capurro, Gabriele Casazza, Valentina Giussani, Fabio Ledda, Erica Perino. INDICE Contributo alla biogeografia da banche dati e reti per il monitoraggio della biodiversità 1 JACOMINI C. - “Contributo alla biogeografia da banche dati e reti per il monitoraggio della biodiversità” MARTELLOS S., DE FELICI S., ATTORRE F., FORTUNATO C., SBORDONI V. – “Il Network Nazionale della Biodiversità: accesso e condivisione dei dati in rete” MARIOTTI M.G., CASAZZA G., VENANZONI R., ASSINI S., MINUTO L. - “Banche dati e reti di monitoraggio della flora e della vegetazione: esperienze italiane e transfrontaliere” 10 Alpi-Appennini: vicarianza o dispersione? 13 WHITTAKER R. – “Conservation Biogeography and extinction debts” FACCINI F. – “Geodiversità e paesaggio geologico del territorio ligure al passaggio Alpi-Appennini” MINUTO L., BARBERIS G., ZAPPA E., CASAZZA G., MARIOTTI M.G. - “Recent biogeographical studies about Maritime and Ligurian Alps” POPONESSI S., MARIOTTI M.G., VENANZONI R., ALEFFI M. – “Considerazioni biogeografiche sulla flora briologica d’Italia: l’esempio della Liguria” FONTANETO D. – “Geography, climate, and patterns of genetic diversity in a bdelloid rotifer” 2 6 14 15 18 21 24 OTTONELLO D., ONETO F., BARONI D., GRIECO C., SINDACO R. – “Odonati dell’Appennino Ligure-Piemontese (Insecta: Odonata)” BARONI D., SAVOLDELLI P., SINDACO R. – “Gli Ortotteri (Insecta: Orthoptera) della Liguria” ZAPPAROLI M., BAINI F., BONATO L., MINELLI S. - “Le attuali conoscenze sui Chilopodi italiani: aspetti faunistici e zoogeografici” LODOVICI O., VALLE M. – “La tricotterofauna ligure” ALLEGRUCCI G., RAMPINI M., DI RUSSO C., COCCHI S., SBORDONI V. – “Filogeografia e sistematica delle Dolichopoda nord-occidentali (Orthoptera, Rhaphidophoridae)” GRATTON P., TRASATTI A., RICCARDUCCI G., TRUCCHI E., MARTA S., ALLEGRUCCI G., CESARONI D., SBORDONI V. – “The Erebia tyndarus species complex in the Alps and Appennines: new genetic data on a biogeographic riddle” BIANCO P.G., SOTO E. – “Le emergenze faunistiche dei distretti ittiogeografici italiani” MANCONI R., CADEDDU B., PRONZATO R. – “Spugne d’acqua dolce di Liguria” STOCCHINO G., MANCONI R., CADEDDU B., PALA M. – “Freshwater triclads from Liguria” BORGO E., DORIA G. – “L’Istrice (Hystrix cristata Linnaeus, 1758) in Liguria” 25 27 30 34 36 38 41 44 46 48 Wallace, Wallacea…..e i liguri 50 SBORDONI V. - “Wallace, le farfalle e la biogeografia” FOCHER F. – “Alfred Russel Wallace: selezione naturale... e oltre” 51 54 POGGI R. – “Wallacea... a Genova. Naturalisti legati al Museo di Genova nelle terre di Wallace” GALLI L., CAPURRO M., SARÀ S. – “Protura distribution riding the Wallacea” Biogeografia del Mediterraneo: dinamica e cambiamento MIGLIORE J., BAUMEL A., POUGET M., DIADEMA K., NOBLE V., LERICHE A., MÉDAIL F. - “Plant biogeography in the Western Mediterranean Basin: new insights from phylogeographical studies” DANOVARO R. – “Deep-sea biogeography: testing for latitudinal, longitudinal, bathymetric and energetic gradients driving deep-sea biodiversity” BO M., BAVESTRELLO G. – “Distribuzione, ecologia e conservazione dei coralli neri (Anthozoa, Antipatharia) del Mediterraneo” NOTARBARTOLO DI SCIARA G. – “I cetacei del Mediterraneo: aspetti biogeografici” AZZURRO E. – “Monitoring the changing mediterranean fish diversity: the promise of community-based actions” CADEDDU B., MELIS P., PRONZATO R., MANCONI R. – “Checklist of cave-dwelling Porifera from the Ligurian Sea” BIANCHI C.N., BOUDOURESQUE C.F., FRANCOUR P., MORRI C., PARRAVICINI V., TEMPLADO J., ZENETOS A. – “The changing biogeography of the Mediterranean Sea: from the old frontiers to the new gradients” BERTOLINO M., PANSINI M., BAVESTRELLO G. – “Distribuzione geografica delle principali specie di spugne presenti nel coralligeno del Mar Mediterraneo” 58 61 63 64 68 70 73 75 78 81 85 MELIS P., CADEDDU B., LEDDA F.D., RICCI S., MANCONI R. – “Petrobiona massiliana (Porifera, Calcarea): distribuzione e analisi morfometrica di alcune popolazioni del Mar Mediterraneo” BETTI F., BAVESTRELLO G., CATTANEO-VIETTI R., BAVA S. – “Gli Antozoi (Cnidaria: Anthozoa) dell’AMP Isola di Bergeggi (SV)” 87 89 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 1 –——————————————————————————————————– CONTRIBUTO ALLA BIOGEOGRAFIA DA BANCHE DATI E RETI PER IL MONITORAGGIO DELLA BIODIVERSITA’ XXXIX Congresso della SOCIETA’ ITALIANA DI BIOGEOGRAFIA “Liguria: dagli Appennini alle Alpi..….passando per il mare” Rapallo, 29-31 maggio 2013 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 2 –——————————————————————————————————– CONTRIBUTO ALLA BIOGEOGRAFIA DA BANCHE DATI E RETI PER IL MONITORAGGIO DELLA BIODIVERSITÀ BIOGEOGRAPHY CONTRIBUTION FROM BIODIVERSITY DATABASES AND MONITORING NETWORKS CARLO JACOMINI* Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – Dip. Difesa della Natura, Servizio Tutela della Biodiversità (ISPRA NATBIO), Responsabile del Settore Bioindicatori ed ecotossicologia, Via V. Brancati 60, 00144, Roma *Corresponding author. Email: [email protected] Nello studio della biodiversità, un ruolo rilevante e di fondamentale importanza per la corretta valutazione delle informazioni ambientali è rappresentato dallo studio delle distribuzioni geografiche delle popolazioni naturali. In particolare, l'analisi delle loro fluttuazioni o modifiche permette di coniugare le esigenze di sostenibilità delle attività antropiche con la conservazione. Inoltre, la biogeografia può aiutare a elaborare informazioni sulla possibilità che una specie esotica o comunque alloctona possa stabilirsi in un nuovo areale. In questo contesto, quale ruolo svolgono gli inventari auspicati sulle popolazioni naturali, quelli promossi e finanziati dai ministeri preposti, e quelli in via di realizzazione da decenni nelle più diverse istituzioni pubbliche? La Convenzione internazionale per la Diversità Biologica esige che ciascuno Stato Membro organizzi i propri dati sulla biodiversità all’interno di un sistema di interscambio denominato Clearing-House Mechanism (CHM). Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 3 –——————————————————————————————————– In Italia, l’istituzione di governo dell’ambiente, il MATTM, funge da organo di raccordo con le Amministrazioni Regionali e le Province Autonome, nonché con le realtà locali di studio e ricerca. Abbiamo poi le piattaforme informative in materia di natura e biodiversità e i progetti legati al National Network per la Biodiversità (NNB), per mettere in piedi un sistema organico (e omogeneo con i sistemi internazionali) di raccolta e condivisione delle informazioni. Infine, l’Osservatorio Nazionale per la Biodiversità, dove si stanno realizzando le prime analisi sugli indicatori disponibili (e non ancora su quelli necessari!) per monitorare la varietà e lo stato delle forme di vita in natura. Per quanto riguarda lo stato del territorio e del mare protetto sotto l’egida delle direttive europee Uccelli e Habitat, vantiamo un 21% della superficie nazionale incluso in Zone a Protezione Speciale (ZPS) per l’avifauna e in Siti di Importanza Comunitaria (SIC) per le specie e habitat incluse negli allegati della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Tali aree dovranno portare in un breve futuro a Zone Speciali di Conservazione, tuttavia dobbiamo evidenziare la solita contraddizione tra realtà e proposta normativa: a fronte delle cifre esposte e degli sforzi fatti finora da parte di singoli professionisti, associazioni ed enti pubblici e privati, manca ancora un’organica e completa raccolta di informazioni anche solo sulla situazione di tali aree. A livello nazionale, disponiamo di una carta dei suoli che identifica 34 Regioni Pedologiche, un dedalo che da’ vita alla maggiore biodiversità europea: oltre 6.700 piante vascolari, 1.100 briofite identificate, oltre 20.000 specie di macromiceti, 2.300 licheni e 58.000 specie di animali compongono un patrimonio ancora largamente da scoprire e valorizzare. Tuttavia, il fatto che in molti gruppi non protetti (ad esempio, la fauna del suolo) il tasso di endemismo sia superiore al 50% delle specie identificate, dovrebbe fare ragionare sulla necessità di Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 4 –——————————————————————————————————– superare la logica finora portata avanti in base alla quale si protegge solo ciò che l’Europa ci impone. Se una specie è presente solo sul nostro territorio, il suo valore come patrimonio naturale è enorme e va valorizzato con studi non invasivi e progetti di conservazione efficaci. Come realizzare un approccio più ecocompatibile ai nostri passi futuri? Innanzitutto, valorizzare quanto fatto finora. Poi, investire per ottenere ciò che non c’è ancora, ma si può ottenere ed è necessario. ISPRA, in collaborazione tra gli altri con l'Associazione Micologica Bresadola e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, ha contribuito a realizzare nel 2010 un EUReport disponibile sulla rete in inglese e in italiano), elaborando oltre 300.000 record sulla presenza degli elementi chimici in oltre 10.000 campioni di funghi. Tale raccolta risulta essere la prima banca dati stabile al mondo di informazioni di questo tipo, consentendo di analizzare anche gli areali delle specie più rilevanti sul territorio nazionale, tramite l’analisi di altri database (ammontando a quasi 200.000 altri dati di campo). Queste analisi stanno portando alla realizzazione del primo manuale sull’abbinamento delle specie micologiche italiane agli habitat naturali. Solo un’analisi omnicomprensiva dei sistemi naturali permette di valorizzare la realtà e di valutarne complessivamente i servizi ecosistemici o la qualità ambientale, prendendo in considerazione la morfologia, il genotipo e il fenotipo degli organismi considerati, la loro impronta biochimica, il potenziale fisiologico e riproduttivo, la loro auto- e sin-ecologia, la loro nicchia potenziale ed effettiva, ma soprattutto considerando la coerenza di tutti questi fattori, utile a disegnarne l’ipervolume. Un’indagine di questo tipo non sembrerebbe essere realizzabile con i mezzi e i fondi adesso disponibili, tuttavia va valutato che, anche solo dieci anni fa, non sarebbe stato ipotizzabile pensare di raccogliere un volume di informazioni pari a quelle di cui oggi possiamo disporre. Al momento attuale, lo sviluppo dei sistemi regionali ha consentito di disporre di informazioni di maggior dettaglio, sebbene Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 5 –——————————————————————————————————– spesso poco omogenee sul territorio nazionale. Un’indagine conoscitiva sui sistemi di monitoraggio della biodiversità dei suoli italiani è adesso in via di sviluppo grazie all’avvio in ISPRA di un tavolo tecnico su biodiversità e degrado dei suoli, volto a progettare una rete nazionale di monitoraggio omogenea e il più completa possibile su queste tematiche fondamentali per la sostenibilità ambientale. Il suolo, infatti, è il collettore di tutte le attività e i fenomeni impattanti sul territorio. Inoltre, da esso si innescano gran parte dei problemi (erosione, contaminazione, perdita di sostanza organica e di biodiversità) che poi finiscono inevitabilmente per colpire direttamente e indirettamente anche le altre matrici ambientali (aria, acqua) e umane (cibo e foraggio). A tal fine, è stato redatto dal tavolo tecnico un rapporto di prefattibilità e di inquadramento delle problematiche legate alla realizzazione di una rete nazionale di monitoraggio della biodiversità e del degrado dei suoli. Una specifica scheda di adesione e censimento per raccogliere informazioni utili sulle attività svolte è stata predisposta su <http://www.questionari.sinanet.isprambiente.it/index.php?sid=96916>. L’augurio è che questo nuovo decennio, così denso di impegni e sfide utili alla conservazione della natura e della nostra specie (elemento auto - esposto al maggior rischio di sopravvivenza), veda un’integrazione vera delle fonti informative e un’utile applicazione dei dati raccolti, così da suggerire le giuste correzioni a tutte le attività che stiamo conducendo sventatamente a danno della biodiversità. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 6 –——————————————————————————————————– IL NETWORK NAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ: ACCESSO E CONDIVISIONE DEI DATI IN RETE STEFANO MARTELLOS*1, STEFANO DE FELICI2, FABIO ATTORRE3, CARLO FORTUNATO4, VALERIO SBORDONI2 1. Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste, Via L.Giorgieri 10, 34127, Trieste; 2. Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma; 3. Dipartimento di Biologia Ambientale, Università La Sapienza, P.le A. Moro 5, 00185, Roma; 4. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Via Cristoforo Colombo 44, 00154 Roma *Corresponding author. Email: [email protected] L’aggregazione dei dati di biodiversità in grandi database federati è una delle priorità della ricerca nel campo della Informatica della Biodiversità (Biodiversity Informatics). Questa branca della Biologia si è evoluta in modo particolare negli ultimi 15 anni, specialmente in seguito alla nascita del Global Biodiversity Information Facility (GBIF) e del Biodiversity Collections Access Service for Europe (BioCASE). Questi due grandi aggregatori di dati primari di biodiversità veicolano ad oggi quasi 400 milioni di record, sui circa 2,5 miliardi che si stima esistano nel mondo. L’Italia è uno tra i paesi più ricchi al mondo di collezioni scientifiche, distribuite in numerosi Musei di Storia Naturale, presenti anche in città di medie e piccole dimensioni, nelle Università e in altri Centri di Ricerca. Questa situazione frammentata ha reso indispensabile cercare di aggregare tutti i dati, al fine di renderli fruibili per attività di ricerca e di conservazione. Per questo motivo, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) ha avviato nel 2005 il progetto Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 7 –——————————————————————————————————– “Sistema Ambiente 2010”, che, successivamente, si è trasformato in un vero e proprio programma, tuttora in corso, articolato in diversi progetti di innovazione tecnologica e scientifica integrati tra loro, inseriti nella Strategia Nazionale per la Biodiversità 2010-2020 (Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica - CBD) e nell’Agenda Digitale Italiana (Agenda Digitale Europea - Strategia Europa 2020), in coerenza con le politiche internazionali, comunitarie e nazionali in tema di ricerca e innovazione. Uno dei risultati di questo programma è stato l’istituzione del “Network Nazionale della Biodiversità” (NNB), accessibile in rete tramite il portale “Natura Italia” (un altro dei risultati di “Sistema Ambiente 2010”) all’indirizzo http://www.naturaitalia.it. Il Network, oltre a rendere disponibile documentazione sulla biodiversità e sulla sua tutela nella forma, richiesta dalla CBD e dalla Ue, di un Clearing House Mechanism (CHM), aggrega ed organizza, in due diversi database federati, realizzati, laddove possibile, secondo la Direttiva comunitaria 2007/2/EC (Infrastructure for Spatial Information Information in the European Community - INSPIRE): a) dati primari di biodiversità, ovvero record di osservazioni floristiche e faunistiche, e dati di campioni delle collezioni di storia naturale, b) dati legati alle specie, ovvero tutte le informazioni che non fanno parte della precedente categoria (dati ecologici, morfologici, sequenze di DNA, ecc.). I database federati, pur essendo difficili da mantenere e gestire, hanno l’indubbio vantaggio di consentire a ciascun data-provider di mantenere l’assoluto controllo e la proprietà dei dati. Nessuno, a parte il proprietario, infatti, può modificarli o spostarli dal server d’origine. Il database federato di dati primari utilizza il protocollo BioCASE ed Access Biological Collection Data (ABCD) come Concept Mapping File (CMF). BioCASE è stato scelto per la semplicità di installazione e configurazione, e per la sua indipendenza dal GBIF, richiesta da Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 8 –——————————————————————————————————– “Sistema Ambiente 2010”. ABCD consente di veicolare dati anche complessi, come quelli associati ai campioni presenti nelle collezioni di Storia Naturale. Questa scelta non preclude la possibilità di una aggregazione dei dati nel network GBIF. Infatti, il network BioCASE è a sua volta un data provider del GBIF. La ricerca viene eseguita mediante un’ interfaccia di interrogazione, che restituisce l’elenco dei record disponibili organizzati per database di origine. In presenza di dati georeferenziati, questi possono essere visualizzati sul sistema di WebGIS integrato nel portale “Natura Italia”, che è reso disponibile dal “Geoportale Nazionale” (INSPIRE) del MATTM. Il secondo database federato, che organizza dati legati alle specie, non utilizza protocolli e CMF preesistenti, ed è stato sviluppato interamente nell’ambito del programma “Sistema Ambiente 2010”. Il database si basa su un approccio pragmatico, che mette al centro le cosiddette “taxon page”. Ogni database di dati di biodiversità, normalmente, organizza le informazioni per taxon. Quando un utente ricerca delle informazioni, lo fa normalmente immettendo il nome di un taxon, ed il risultato è una scheda a questo dedicata, che riporta le informazioni disponibili nel database. Sfruttando questa caratteristica, il sistema permette di ricercare i metadati delle taxon page presenti in tutti i database federati tramite un’unica interfaccia di interrogazione, ed organizza i risultati per categorie di organismi e di contenuti. Per ogni risultato della ricerca sono riportati i crediti del data provider e degli autori. I nodi federati del sistema sono interrogati direttamente solo quando l’utente decide di accedere alla singola taxon page. Il “Network Nazionale della Biodiversità”, istituito formalmente nel 2012 ed entrato a regime all’inizio del 2013, organizza, ad oggi, più di un milione di record di dati primari, grazie all’aggregazione di 41 banche dati di diversi data-provider, e circa 250.000 taxon page di dati legati alle specie. Si tratta evidentemente di un risultato rilevante, anche Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 9 –——————————————————————————————————– considerato che a questo scopo sono stati utilizzati finora esclusivamente i database posseduti dai partner del primo progetto di “Sistema Ambiente 2010”, dedicato alla sperimentazione degli apparati tecnologici. Oggi, il NNB deve trasformarsi da sistema sperimentale a concreto strumento a disposizione della comunità scientifica, politicoamministrativa e generalista italiana e internazionale, che potrà attingere alle risorse in esso contenute e contribuire attivamente alla sua crescita. Nonostante il sistema sia perfettamente a regime, il suo massimo potenziale è ancora ben lungi dall’essere raggiunto. Infatti, le performance in aggregazione dei dati e nella produzione dei risultati, già di buon livello, potranno essere ottimizzate con il perfezionamento di alcuni aspetti tecnologici del sistema, quali, ad esempio: 1. la realizzazione di un sistema di caching per ridurre i tempi di search/retrival e ovviare ai (momentanei) disservizi dei nodi della rete; 2. il miglioramento del portale di ricerca, che consenta – al pari del portale principale del progetto BioCASE – l’interrogazione tramite un numero di campi molto maggiore dell’attuale. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 10 –——————————————————————————————————– BANCHE DATI E RETI DI MONITORAGGIO DELLA FLORA E DELLA VEGETAZIONE: ESPERIENZE ITALIANE E TRANSFRONTALIERE MAURO GIORGIO MARIOTTI1*, GABRIELE CASAZZA1, LUIGI MINUTO1, SILVIA ASSINI2, ROBERTO VENANZONI3 1 DISTAV, Università di Genova, Corso Dogali 1m, 16136 Genova; 2 DSTA Università di Pavia, Via S. Epifanio 14, 27100 Pavia; 3 Dipartimento di Biologia Applicata, Università di Perugia, Borgo XX Giugno 74, 06121 Perugia - *Corresponding author. Email: [email protected] Le banche dati rappresentano sempre più una base fondamentale per la maggior parte delle ricerche scientifiche. Più sono ricche di dati attendibili, facilmente confrontabili, interpretabili e implementabili tanto maggiore è il loro contributo per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti nelle diverse discipline. La standardizzazione dei protocolli di acquisizione e archiviazione di una ingente mole di dati su aree sempre più estese rappresenta una garanzia per la possibilità di impiegare strumenti di analisi e trattamento dei dati stessi con metodi sempre più sofisticati che consentono nuove interpretazioni sempre più attendibili. Mai in passato fu possibile archiviare in forma organizzata e trattare statisticamente tali quantità di dati e questo si accentuerà probabilmente, anche in futuro grazie alle nuove tecnologie informatiche, sia hardware sia software. Si è persa ormai la memoria dei tempi in cui i dati dei rilevamenti fitosociologici - raramente oltre il centinaio - venivano ordinati, ritagliando e accostando strisce di carta su ognuna delle quali era stato riportato (a mano o con la macchina da scrivere) ciascun rilevamento. Eppure in diversi centri di ricerca questo avveniva ancora una ventina di anni fa. I risvolti applicativi delle banche dati “naturalistiche” sono principalmente nel campo della gestione/conservazione dei valori ambientali. In Italia, una pietra miliare tra le banche dati di carattere botanico è rappresentata dal progetto “open source” AnArchive for Botanical Data, un web geodatabase predisposto per archiviare, elaborare e analizzare dati relativi a campioni di erbario, flora e vegetazione. Avviato nel 2000, AnArchive è stato sviluppato nel Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 11 –——————————————————————————————————– corso di un decennio in forma collaborativa da un gruppo di ricercatori delle Università di Perugia, Camerino e Siena (Venanzoni et al., 2012; Gigante et al., 2012). Agli enti fondatori se ne sono aggiunti altri e il progetto è ora supportato da oltre quindici Università italiane coordinate da quella di Perugia. La banca dati accoglie inoltre informazioni riversate da altri partecipanti al progetto, pubblici e privati. Complessivamente la banca dati è ora popolata da circa 130.000 record relativi ai campioni d’erbario e 31.000 rilevamenti fitosociologici. Molto importanti sono inoltre le diverse banche dati regionali e provinciali di carattere floristico. È anche grazie a queste banche dati che è possibile a) individuare più rapidamente novità per la flora nazionale e per quelle regionali e delle singole province; b) orientare le attività di ricerca verso gruppi critici e territori poco esplorati; c) verificare la presenza di piante per le quali è necessaria conferma. Per quelle dell’Italia settentrionale, nel corso di un workshop recentemente organizzato dalla Società Italiana di Scienza della Vegetazione a Pavia sono state presentate alcune informazioni sui rispettivi livelli di informazione. In particolare, a titolo di esempio, la banca dati floristica dell’Emilia Romagna riguarda quasi 4.200 taxa e accoglie 419.000 record (taxon-località) (Alessandrini, 2013); quella della Provincia di Trento accoglie circa 935.000 record georeferenziati e quella della Provincia di Verona oltre 179.000 (Prosser, 2013); quella del Piemonte 833.000 record di cui circa 67% originali (Selvaggi et al, 2013); quella della Valle d’Aosta oltre 100.000 record (Vanacore Falco, 2013); quella della Regione Veneto 14.500 record georiferiti (Vendrame et al., 2013); quella della Regione Liguria, focalizzata solo sulle specie patrimoniali, circa 7.000 record. Diverse sono inoltre le banche dati delle Regioni e delle Province Autonome relative agli habitat per lo più comprendenti cartografie tematiche a differenti scale dei siti della rete Natura 2000. Risvolti metodologici particolari, relativi sia a strutture e processi informatici sia a modalità di raccolta, trattamento e valutazione dei dati, caratterizzano alcuni progetti transfrontalieri relativi a banche dati georeferenziate dedicate alla flora e ad habitat/vegetazione. Fra questi si possono citare quelli italo-francesi: INTERREG II “Flora”; INTERREG III “Flora e Habitat”; ALCOTRA “AdM Natura 2000” (2008-2010); strategico Marittimo “COREM”, sottoprogetto C; ALCOTRA Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 12 –——————————————————————————————————– “BIODIVAM” 2013-2014, in corso di realizzazione. In particolare gli ultimi tre progetti, mediante appositi applicativi, selezionano le informazioni e le rendono disponibili in rete estraendole da banche dati già esistenti, senza la necessità di costruirne di nuove. Ciò ha contemplato, nelle fasi iniziali, un confronto dettagliato fra le diverse banche dati, che implica conoscenze aggiornate sulla nomenclatura e, più in generale sulla interpretazione di singoli taxa e sintaxa. BIBLIOGRAFIA Alessandrini A, 2013. La banca dati della flora dell’Emilia-Romagna. In: 1° workshop sulla Banca Dati della vegetazione italiana VegItaly “Le banche dati del Centro-Nord: metodologie e finalità a confronto” 7-8 febbraio 2013. Pavia. Alloisio A., Casazza G., Dente F., Mariotti M., Minuto L., Pavarino M., Salvidio S. & Zanella S., 2010. Biodiversità senza frontiere. Progetto ALCOTRA 016 Natura 2000 A.d.M. Rapporto finale. Il contributo italiano. 46 pp. Gigante D., Acosta A.T.R., Agrillo E., Attorre F., Cambria V.E., Casavecchia S., Chiarucci A., Del Vico E., Sanctis M. De, Facioni L., Geri F., Guarino R., Landi S., Landucci F., Lucarini D., Panfili E., Pesaresi S., Prisco I., Rosati L., Spada F. & Venanzoni R., 2012. VegItaly: Technical features, crucial issues and some solutions. Plant Sociology 49: 71-79. Prosser F., Bertolli A., Festi F. & Perazza G., 2013. La banca dati della cartografia floristica delle province di Trento e di Verona. In: 1° workshop sulla Banca Dati della vegetazione italiana VegItaly “Le banche dati del Centro-Nord: metodologie e finalità a confronto” 7-8 febbraio 2013. Pavia. Selvaggi A., Meirano P., Gallino B., Siniscalco C., Barni E. & Bouvet D., 2013. Le banche dati di vegetazione e flora in Piemonte: metodi ed esempi applicativi. In: 1° workshop sulla Banca Dati della vegetazione italiana VegItaly “Le banche dati del Centro-Nord: metodologie e finalità a confronto” 7-8 febbraio 2013. Pavia. Vanacore Falco I., 2013. L’Osservatorio regionale della Biodiversità della Valle d’Aosta: il progetto e le azioni. In: 1° workshop sulla Banca Dati della vegetazione italiana VegItaly “Le banche dati del Centro-Nord: metodologie e finalità a confronto” 7-8 febbraio 2013. Pavia. Venanzoni R., Landucci F., Panfili E. & Gigante D., 2012. Toward an Italian national vegetation database: VegItaly. In: Dengler J. et al. (Eds.): Vegetation databases for the 21st century. Biodiversity & Ecology 4: 185– 190. Vendrame M., Salogni G. & Buffa G., 2013. Esperienze di raccolta dati nella Regione del Veneto. In: 1° workshop sulla Banca Dati della vegetazione italiana VegItaly “Le banche dati del Centro-Nord: metodologie e finalità a confronto” 7-8 febbraio 2013. Pavia. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 13 –——————————————————————————————————– ALPI-APPENNINI: VICARIANZA O DISPERSIONE? XXXIX Congresso della SOCIETA’ ITALIANA DI BIOGEOGRAFIA “Liguria: dagli Appennini alle Alpi..….passando per il mare” Rapallo, 29-31 maggio 2013 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 14 –——————————————————————————————————– CONSERVATION BIOGEOGRAPHY AND EXTINCTION DEBTS ROBERT J. WHITTAKER Conservation Biogeography & Macroecology Programme, Oxford University Centre for the Environment, Oxford, UK & Centre for Macroecology, Evolution & Climate, University of Copenhagen; [email protected] Conservation biogeography is the science that places biogeography at the service of conservation, i.e. it refers to the application of biogeographical principles, theories, and approaches (i.e. those concerned with the distributional dynamics of taxa individually and collectively) to problems concerning the conservation of biodiversity. I briefly review the scope of conservation biogeography before turning to review a specific theme, the extinction estimate shortfall. Despite long standing concerns of an impending mass extinction event we have surprisingly poor resolution on contemporary rates of species extinction owing to fundamental limitations of data (so called Linnean and Wallacean shortfalls) and theory. In this presentation I focus on the problem of estimating extinction as a result of habitat loss and fragmentation. Lag effects mean that the full consequences of these processes may take generations to take effect, generating extinction debts. I discuss a protocol for estimating extinction debt, illustrated by a case study system. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 15 –——————————————————————————————————– GEODIVERSITÀ E PAESAGGIO GEOLOGICO DEL TERRITORIO LIGURE AL PASSAGGIO ALPI-APPENNINI FRANCESCO FACCINI Università degli Studi di Genova, DISTAV, Corso Europa 26, 16132 Genova - Email: [email protected] Con la Legge Regionale n. 39/2009 la Liguria traguarda un importante obiettivo in tema di valorizzazione della geodiversità, intesa come varietà o specificità del substrato roccioso, delle forme e dei processi in ambito geologico, geomorfologico, idrogeologico e pedologico; poiché questi aspetti influenzano le caratteristiche ecologiche di una zona, ne consegue che la geodiversità è strettamente legata alla biodiversità e, insieme a quest’ultima, costituisce la diversità naturale di un territorio e del suo paesaggio. La Liguria presenta, come noto, una geodiversità riconosciuta a livello internazionale, in quanto è stata da sempre considerata un’area di transizione tra la catena Alpina, a ponente, e quella Appenninica, a levante. La zona di confine tra i due settori è conosciuta in letteratura come “Linea Sestri Voltaggio”. Oggi la comunità scientifica è orientata ad evitare l’attribuzione di limiti precisi tra catene che hanno giocato ruoli complementari e vicarianti in un’evoluzione orogenetica continua; resta comunque oggettivo che la Liguria presenta unità tettoniche alpine, unità tettoniche appenniniche e unità coinvolte dapprima nell’evoluzione alpina e successivamente in deformazioni di pertinenza appenninica. Nell’ambito di questo articolato quadro geologico in Liguria è possibile individuare tre grandi unità tettoniche: la prima è quella di pertinenza Paleoeuropea, comprendente i domini Delfinese-Provenzale (calcari, calcari marnosi ed arenacei tra Ventimiglia, il confine di Stato e le pendici del M. Saccarello), Brianzonese (calcari, dolomie e calcari Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 16 –——————————————————————————————————– dolomitici, metaconglomerati, quarziti, ignimbriti, metapeliti, filladi, ortoe paragneiss, metabasiti, micascisti e anfiboliti tra Loano, Celle Ligure e il M. Galero) e Piemontese (calcari, quarziti, metaconglomerati, argilloscisti, dolomie e calcari dolomitici tra Borghetto Santo Spirito e Ponte di Nava in alta Val Tanaro, tra Sestri Ponente e Isoverde in alta Val Polcevera). Figura 1. Le unità geologiche della Liguria (Fonte: Giammarino et al., 2002) La seconda unità, di pertinenza Oceanica, è articolata in domini Metaofiolitici e relative coperture sedimentarie (calcescisti, quarzoscisti, metagabbri, metabasiti, serpentiniti, lherzoliti e filladi tra Varazze, Sestri Ponente, il Passo della Bocchetta e il Colle del Giovo), unità Flyschoidi della Liguria occidentale (flysch marnoso arenacei, arenarie torbiditiche e argilliti tra Bordighera, Capo Mele e il M. Saccarello), Unità Liguri interne (argilliti, flysch calcareo marnosi, torbiditi arenaceo-pelitiche, calcari, diaspri, brecce ofiolitiche, basalti, gabbri e lherzoliti tra il ponente genovese, Punta Mesco, La Spezia e il M. Antola) e Unità Liguri esterne (torbiditi calcaree, brecce ofiolitiche, arenarie torbiditiche con blocchi di ofioliti, brecce monogeniche e olistoliti di granito tra Borzonasca, il T. Trebbia e il M. Maggiorasca e in alta e media Val di Vara). La terza unità tettonica regionale è quella Adria, caratterizzata dal dominio Toscano (arenarie quarzoso-feldspatiche, argilliti e siltiti, Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 17 –——————————————————————————————————– calcilutiti, marne e calcari marnosi, calcari nodulari, calcari e calcari dolomitici, quarziti, filladi e marmi alle Cinque Terre, sui promontori di Portovenere e di Monte Marcello e in Val di Magra) e dal dominio Subligure (arenarie, calcareniti, torbiditi calcareo-marnose, argilliti con calcari tra Riomaggiore e Leccio e in Val di Magra). A queste grandi unità regionali si devono poi aggiungere i depositi tardo e post-orogeni del bacino Terziario del Piemonte (i conglomerati, le arenarie e le marne dell’alta Val Bormida, i conglomerati dell’alta Valle Scrivia, di Celle Ligure e del Monte di Portofino), le successioni marine neogeniche (i Calcari di Finale Ligure, i conglomerati e le marne argillose plioceniche di Ventimiglia, Albenga, Vado Ligure e Genova) e infine i depositi continentali e litorali recenti, comprendenti le frane, le spiagge e i depositi alluvionali dei corsi d’acqua principali. Da questo articolato quadro geologico che determina alcuni paesaggi tipicamente “geologici”, come quelli dei calcari e delle dolomie, dei conglomerati, delle ofioliti e delle arenarie, deriva un altrettanto complesso assetto geomorfologico: nel territorio ligure si osservano infatti, oltre a caratteristiche forme strutturali (ad es. il tratto appenninico mostra una disposizione delle valli parallele alla linea di costa, come le valli Fontanabuona, Vara e Magra, mentre nell’area alpina l’asse vallivo presenta assetto mediamente sub meridiano), forme di versante dovute alla gravità (ci sono oltre 6.000 frane in Liguria per oltre 352 km2, pari al 7% del territorio), forme fluviali e di versante dovute al dilavamento (terrazzi fluviali di diverso ordine nelle principali piane alluvionali e i meandri incassati dei bacini padani), forme carsiche (circa 1.500 grotte censite a catasto in oltre 350 km2 di rocce carsificabili, pari a poco più del 6% del territorio), forme glaciali (circhi glaciali e massi erratici nelle Alpi Marittime), forme crionivali (colate di blocchi e rockglacier nei Parchi del Beigua e dell’Aveto), forme di origine marina (terrazzi marini di diverso ordine lungo la costa alta rocciosa di Ponente) e forme antropiche (riempimenti, colmate e terrazzamenti agrari). Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 18 –——————————————————————————————————– RECENT BIOGEOGRAPHICAL STUDIES ABOUT MARITIME AND LIGURIAN ALPS LUIGI MINUTO*, GIUSEPPINA BARBERIS, ELENA ZAPPA, GABRIELE CASAZZA, MAURO GIORGIO MARIOTTI DISTAV – Università degli Studi di Genova, Corso Dogali 1M, I-16136 Genova (Italy). [email protected] The high plant diversity of the Maritime and Ligurian Alps derives from their situation as a biogeographical crossroad between the Mediterranean and Alpine regions (Casazza et al., 2005). The endemism of this regional hotspot is the result of an extremely disturbed history (geological and climatic) dating from the mid-Tertiary period. Recent statistical biogeographical analyses (Casazza et al., 2008) showed that present distribution patterns of endemic taxa reflect the influence of both ecological and historical factors. Glaciations seem to have had a certain influence on plant distribution but their effect was weakened by postglacial migrations. These last events were influenced by environmental factors, but also by the plants’ capabilities to disperse into and to recruit in available and empty patches as well as by their competitive abilities when spreading into already occupied areas. Recent molecular investigations of endemic plants belonging to the region showed that vicariance events are probably the most important factor explaining the distribution of these plants in the area (Diadema et al., 2005; Minuto et al., 2006). The Maritime and Ligurian Alps have been source of new species as demonstrated for Campanula (sect. Heterophylla – Nicoletti et al. in preparation), Moehringia (Fior et al., 2006; Casazza & Minuto, 2008) and Primula (sect. Auricula – Zhang et al., 2004) genera. There are many endemic species showing a local speciation generated by the interaction between ecological features and historical events. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 19 –——————————————————————————————————– Polyploidization within the context of the Pleistocene glacial cycles has been proposed as the main evolutionary process driving the diversification of Primula sect. Auricula (Zhang et al., 2004). This is the case of P. marginata Curtis resulting congruent with the allopolyploid hypothesis of dodecaploid origin. Long distance dispersal events probably influenced the present distribution of endemic plants. An example is Viola argenteria: the disjunction of some few populations in Corse are probably due to recent seed transports by seasonal migratory birds finding rest from a mountain chain to another. The Maritime and Ligurian Alps are considered as a major refuge area (Diadema et al., 2005) as well as a suture zone within the Alps (Comes & Kadereit, 2003). Some important example of the persistence of members belonging to the Tertiary flora are Saxifraga florulenta (Szövényi et al., 2009), Silene cordifolia and Berardia subacaulis (studies in preparation). Both species found in the glacial cycling of the Quaternary the opportunity to find shelter from the frequent climatic oscillations. Similarly, also more widespread species like Euphorbia spinosa (Zecca et al., 2011) and Saxifraga callosa (Grassi et al., 2009) showed their main refugia within the Maritime and Ligurian Alps. All these elements and detailed information should be widely divulgated to increase the awareness that this region needs a special conservation strategy undertaken by the joined commitment of the Italian and French administrative institutions managing this extraordinary world natural heritage. REFERENCES Casazza G. & Minuto L., 2008. Moehringia argenteria (Caryophyllaceae) a new species in the Maritime Alps (Italy). Candollea 63: 261-267. Casazza G., Barberis G. & Minuto L., 2005. Ecological characteristics and rarity of endemic plants of the Italian Maritime Alps. Biological Conservation 123: 361–371. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 20 –——————————————————————————————————– Casazza G., Zappa E., Mariotti M.G., Médail F. & Minuto L., 2008. Ecological and historical factors affecting distribution pattern and richness of endemic plant species: the case of the Maritime and Ligurian Alps hotsphot. Diversity & Distribution 14: 47–58. Comes H.P. & Kadereit J.W., 2003. Spatial and temporal patterns in the evolution of the flora of the European Alpine System. Taxon 52: 451– 462. Diadema K., Bretagnolle F., Affre L., Yuan Y.M. & Médail F., 2005. Geographic structure of molecular variation of Gentiana ligustica (Gentianaceae) in the Maritime and Ligurian regional hotspot, inferred from ITS sequences. Taxon 54: 887–894. Fior S., Karis P.O., Casazza G., Minuto L. & Sala F., 2006. Molecular phylogeny of the Caryophyllaceae (Caryophyllales) inferred from chloroplast matK and nuclear rDNA ITS sequences. American Journal of Botany 93: 399-411. Grassi F., Minuto L., Casazza G., Labra M. & Sala F., 2009. Haplotype richness in refugial areas: phylogeographical structure of Saxifraga callosa. Journal of Plant Research 122: 377–387. Minuto L., Grassi F. & Casazza G., 2006. Ecogeographic and genetic evaluation of endemic species in the Maritime Alps: the case of Moehringia lebrunii and M. sedoides (Caryophyllaceae). Plant Biosystems 140: 146–155. Nicoletti F., De Benedetti L., Airò M., Ruffoni B., Mercuri A., Minuto L. & Casazza G., 2012. Spatial genetic structure of Campanula sabatia a threatened narrow endemic species of the Mediterranean basin. Folia Geobotanica 47: 249-262. Szövényi P., Arroyo K., Guggisberg A. & Conti E., 2009. Effects of Pleistocene glaciations and life history on the genetic diversity of Saxifraga florulenta (Saxifragaceae), a rare endemic of the Maritime Alps. Taxon 58: 532–543. Zecca G., Casazza G., Minuto L., Labra M. & Grassi F., 2011. Allopatric divergence and secondary contacts in Euphorbia spinosa L.: influence of climatic changes on the split of the species. Organism Diversity & Evolution. 11: 357-372. Zhang L-B., Comes H.P. & Kadereit J.W., 2004. The temporal course of quaternary diversification in the european high mountain endemic Primula sect. Auricula (Primulaceae). International Journal of Plant Science 165: 191–207. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 21 –——————————————————————————————————– CONSIDERAZIONI BIOGEOGRAFICHE SULLA FLORA BRIOLOGICA D’ITALIA: L’ESEMPIO DELLA LIGURIA SILVIA POPONESSI¹٫², MAURO GIORGIO MARIOTTI¹, ROBERTO VENANZONI², MICHELE ALEFFI³ ¹Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e della Vita, Università degli Studi di Genova, Corso Dogali 1M, 16136 Genova. [email protected] ²Dipartimento di Biologia Applicata, sezione di Biologia vegetale e Geobotanica, Università degli Studi di Perugia, Borgo XX Giugno 74, I-06121 Perugia. ³Scuola di Scienze Ambientali, Laboratorio di Briologia, Università degli Studi di Camerino (MC). Notevoli sono stati i progressi che la ricerca briologica ha compiuto in Italia a partire dall’inizio del XVIII secolo fino ad oggi. Per molti anni gli unici lavori di riferimento sono stati la Flora Cryptogama di Zodda (1934) e il Syllabus Bryophytarum Italicarum di Giacomini (1947). I contributi degli ultimi 30 anni, anche grazie agli studi della Professoressa Carmela Cortini Pedrotti, hanno portato alla recente Check-list di Aleffi et al. (2008). Dall’analisi delle conoscenze briologiche è nato il presente studio, che intende valorizzare gli aspetti briogeografici della nostra penisola prendendo come punto di partenza la regione Liguria. Con i suoi 5.413 Km² di superficie la Liguria è una delle regioni più piccole d’Italia, ma caratterizzata da un elevato numero di ecosistemi estremamente diversi tra loro, che si estendono dal mare sino ai circa 2.000 m delle Alpi Liguri. Complessivamente, la flora briologica ligure, annovera 415 taxa (73 Epatiche e 342 Muschi) su un totale della flora briologica italiana di 1156 taxa (292 Epatiche e 864 Muschi). Le regioni che presentano una maggiore biodiversità sono Trentino Alto Adige, Lombardia e Piemonte, i cui territori sono occupati dalle cime più elevate della catena alpina, presentano una grande varietà Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 22 –——————————————————————————————————– di substrati e sono soggetti a differenti influenze climatiche, da quelle mediterranee a quelle continentali. Al contrario il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, pur facendo parte anche esse del dominio alpino, ospitano un minor numero di taxa, probabilmente a causa dell’uniformità del substrato, prevalentemente calcareo. La regione più povera è la Puglia per la sua grande superficie in rapporto al numero dei taxa relativamente basso. Occorre naturalmente precisare che il numero dei taxa regionali dipende dallo stato delle conoscenze briologiche: in effetti il grado di esplorazione varia fortemente da una regione all’altra. Sulla base della Check-list of the Hornworts, Liverworts and Mosses of Italy, Aleffi et al., (2008), viene effettuata un’analisi briogeografica del territorio italiano. Per quanto riguarda la Liguria, una prima analisi dei dati bibliografici evidenzia che i taxa segnalati, per la regione sono localizzati in aree puntiformi, in particolare Parchi e Riserve, frutto di raccolte realizzate a seguito di ricerche mirate in tali territori. Ulteriori ricerche verranno eseguite nei prossimi anni anche in altre aree del territorio ligure allo scopo di avere un quadro quanto più omogeneo possibile sulla consistenza floristica della regione. Prendendo in considerazione la Biogeographic Map of Europe di Rivas-Martinez et al., (2004) è possibile osservare come la penisola appartenga prevalentemente a due regioni fitogeografiche distinte: eurosiberiana e mediterranea. La maggior parte della superficie appartiene alla regione eurosiberiana, mentre la regione mediterranea è limitata alla fascia costiera che sul versante adriatico inizia a sud di Pescara per poi prolungarsi lungo il versante tirrenico fino al confine con la Francia. Per avere un quadro sintetico degli aspetti corologici che caratterizzano la brioflora, per ogni taxon viene preso in considerazione l’elemento corologico secondo la nomenclatura stabilita da Düll (1983- Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 23 –——————————————————————————————————– 1985); i diversi elementi vengono poi riuniti, tenendo conto delle affinità, in 12 gruppi maggiori secondo Sérgio et al. (1994). A partire dai principali elementi corologici che la compongono, vengono analizzati gli aspetti biogeografici della flora briologica italiana, considerata sia nel complesso del territorio nazionale sia in maniera comparativa con la regione Liguria. Gli elementi corologici più significativi sono rappresentati in maniera cartografica, dividendo le regioni italiane in sei classi di appartenenza. BIBLIOGRAFIA Aleffi M., Tacchi R. & Cortini Pedrotti C., 2008. Check-list of the Hornworts, Liverworts and Mosses of Italy. Bocconea 22: 1-255. Düll R., 1983. Distribution of European and Macaronesian liverworts (Hepaticophytina). Bryol. Beitr. 2: 1-115. Düll R., 1984-85. Distribution of European and Macaronesian mosses (Bryophytina). Bryol. Beitr. 4: 1-232. Giacomini V., 1947. Syllabus Bryophytarum Italicarum. Pars Prima: Andreaeales et Bryales. Atti Ist. Bot. Lab. Crittog. Univ. Pavia 4:179294. Rivas-Martinez S., Penas A. & Diaz T., 2004. Biogeographic Map of Europe. Cartographic Service, University of Leon, Spain. Sérgio C., Casas C. & Brugués M., 1994. Red list of Bryophytes of the Iberian Peninsula. ICN: 1-45. Zodda G., 1934. Flora Italica Cryptogama, IV. Bryophyta, Hepaticae. L. Cappelli, Rocca S. Casciano. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 24 –——————————————————————————————————– GEOGRAPHY, CLIMATE, AND PATTERNS OF GENETIC DIVERSITY IN A BDELLOID ROTIFER DIEGO FONTANETO Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, Verbania Pallanza - [email protected] The interplay between climate (current and past) and geography is known to be associated with spatial biodiversity patterns. Here we analyze genetic diversity in a bdelloid rotifer species complex along a latitudinal transect in Europe from ~40°N, Sardinia, to ~80°N, Svalbard. Contrary to what is described for larger organisms, none of the analyzed patterns of diversity correlates with climate, and a strange relationship with geographical distances is present. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 25 –——————————————————————————————————– ODONATI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE (INSECTA: ODONATA) DARIO OTTONELLO1, FABRIZIO ONETO1*, DANIELE BARONI2, CRISTINA GRIECO3, ROBERTO SINDACO3 1 Ce.S.Bi.N. srl, Corso Europa 26, 16132 Genova - *E-mail: [email protected] 2 Via Gaspare Buffa 4, 16158 Genova 3 IPLA - Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente, Corso Casale 476, 10132 Torino Il lavoro riassume le osservazioni dirette degli Autori, i dati bibliografici, lo studio di alcune collezioni museali e i dati forniti da altri ricercatori. L’area di studio (Figura 1) comprende l’Appennino ligure-piemontese che è punto di incontro di tre regioni biogeografiche: mediterranea, continentale ed alpina. Per uniformarsi agli standard di rappresentazione della distribuzione degli Odonati in Italia, è stato utilizzato il reticolo cartografico UTM di 10 km, per un totale di 36 maglie cartografiche. I record raccolti sono 2.150, relativi a 51 specie, di cui 22 Zigotteri e 29 Anisotteri (Tabella 1). La maggior parte delle specie ha una distribuzione più o meno omogenea all’interno dell’area di studio, mentre alcune specie sono state osservate solo nel settore padano (Gomphus vulgatissimus, Lestes dryas, Lestes virens, Libellula quadrimaculata, Ophiogomphus cecilia, Somatochlora metallica e Sympetrum pedemontanum) o prevalentemente in quello tirrenico (Calopteryx haemorrhoidalis e Calopteryx xanthostoma). Le specie note per un solo sito e non confermate di recente sono Coenagrion mercuriale (Casella GE, 1932), Erythromma najas (Mele GE, 1942), Lestes barbarus (Genova, 1939). Somatochlora meridionalis è stata confermata per Montezemolo (CN) nel 2006 e Libellula fulva è stata osservata per la prima volta all’interno dell’area di studio (Molare AL, 2009). Per quanto riguarda Anax ephippiger non si è a conoscenza di siti riproduttivi della specie all’interno dell’area di studio. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 26 –——————————————————————————————————– % maglie UTM occupate Ubiquitaria (> 75%) Specie C. virgo, O. forcipatus Molto comune (50%-75%) A. imperator, B. irene, C. splendens, C. puella, C. boltoni, L. depressa, O. uncatus, O. brunneum, P. pennipes, S. fonscolombii Comune (25%-50%) A. cyanea, C. haemorrhoidalis, C. tenellum, C. bidentata, C. erythraea, I. elegans, L. viridis, O. cancellatum, O. coerulescens, O. curtisi, P. nymphula, S. striolatum Localizzata (10%-25%) A. affinis, A. mixta, A. parthenope, C. xanthostoma, E. cyathigerum, E. lindenii, G. vulgatissimus, I. pumilio, L. dryas, O. albistylum, S. fusca, S. meridionale, S. pedemontanum, S. sanguineum A. ephippiger, C. mercuriale, C. scitulum, E. najas, E. viridulum, L. barbarus, L. sponsa, L. virens, L. fulva, L. quadrimaculata, O. cecilia, S. meridionalis, S. metallica Tabella 1. Classi di frequenza all’interno dell’area di studio Molto localizzata (<10%) Figura 1. Numero di specie per maglia UTM (10km x10km). In rosso lo spartiacque tirrenico-adriatico, in verde le Aree Protette. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 27 –——————————————————————————————————– GLI ORTOTTERI (INSECTA: ORTHOPTERA) DELLA LIGURIA DANIELE BARONI1*, PAOLO SAVOLDELLI2, ROBERTO SINDACO2,3 1 Via Gaspare Buffa 4, 16158 – Genova, Italia Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente, Corso Casale 476, 10132 Torino, Italia 3 Museo Civico di Storia Naturale, Cascina Vigna, Via San Francesco di Sales 188, 10022 Carmagnola (TO), Italia *Corresponding author. Email: [email protected] 2 Il presente contributo aggiorna la checklist di Ortotteri, Mantidi e Fasmidi della Liguria, integrando la recente sintesi di Sindaco et al. (2012) con ulteriori dati inediti e con quanto emerso dallo studio della collezione del Museo Civico di Storia Naturale “Giacomo Doria”. Sindaco et al. (2012) elencano per il territorio regionale 101 specie di Ortotteri, 6 di Mantidi e 2 di Fasmidi, a cui si aggiungono le seguenti specie: Phaneroptera falcata, Meconema thalassinum e Pseudomogoplistes squamiger; al contrario Rhacocleis tyrrhenica, segnalata da Fontana et al. (2005) è da escludere dalla fauna ligure in quanto la segnalazione si riferisce a un esemplare di R. neglecta. Per l’analisi biogeografica ed ecologica, oltre alla Liguria, è stata inclusa anche parte del basso Piemonte. Rispetto al popolamento di ortotteri possono essere individuati 4 macro-settori geografici: Appennino Ligure (1), Versante tirrenico (2), Rilievi collinari di Alta Val Bormida, Langhe e Basso Monferrato (3), Alpi Liguri (4). Le specie presenti in tali territori (N=123) sono state caratterizzate rispetto al corotipo (sensu Vigna Taglianti et al., 1992, 1999), all’appartenenza a un’associazione ortotterica (sensu La Greca & Messina, 1982, con opportune modifiche), alle principali caratteristiche ecologiche (in base all’umidità e alle temperature del loro habitat) e alla capacità di dispersione (sviluppo alare delle femmine, in quanto meno vagili). Il corotipo più rappresentato, con il 23% delle specie, è il SEuropeo; seguono l’Asiatico-Europeo (11%), il Paleartico (10%) e l’Europeo (10%). Gli endemismi italiani rappresentano l’8% delle Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 28 –——————————————————————————————————– specie; hanno nell’area di studio (o nel vicino Piemonte) il loro limite di distribuzione nord-occidentale: Poecilimon superbus, Metrioptera caprai, Ephippiger perforatus, Gryllotalpa octodecim, G. sedecim, G. viginti e Glyptobothrus rubratibialis. Ben 44 specie, corrispondenti al 36% del totale, sono segnalate in tutti i macro-settori individuati, sebbene in molti casi abbiano una distribuzione a carattere puntiforme. Sul versante tirrenico si trova il valore nettamente più elevato di ricchezza specifica (82 specie) e il maggior numero di endemismi italiani. Rispetto agli altri settori il versante tirrenico, l’unico con clima propriamente mediterraneo, mostra le frequenze più elevate di specie xerotermofile (32%) e le minori di mesofile e orofile (20%). Inoltre, la proporzione di specie abili al volo è relativamente alta (48%). Tra le specie esclusive o quasi si ricordano diverse mantidi e insetti-stecco (Ameles decolor, A. spallanzania, Geomantis larvoides, Iris oratoria, Bacillus rossius), gli ensiferi Acrometopa italica, Cyrtaspis scutata, Mogoplistes brunneus, Pseudomogoplistes squamiger, Myrmecophilus aequispina, Gryllotalpa septemdecimchromosomica, G. viginti, ed i celiferi Dyrshius raymondi e Glyptobothrus rubratibialis. A causa dell’orografia complessa e della presenza di microclimi freschi anche a bassa quota è difficile distinguere nettamente le specie Appenniniche da quelle Mediterranee. Tra i taxa che nell’area di studio sono limitati a quote elevate dei rilievi Appenninici si registrano solo Metrioptera caprai e Pholidoptera aptera goidanichi; anche P. superbus, sebbene diffuso anche a quote basse sul versante tirrenico, può essere assimilato a questo gruppo. Altre specie che nell’area di studio sono esclusivamente (o prevalentemente*) Tirreniche+Appenniniche sono: Empusa pennata, Metaplastes pulchripennis, Poecilimon superbus, Rhacocleis neglecta, *Gryllus bimaculatus, *Calliptamus barbarus e *Anacridium aegyptium. Queste specie sono in ampia parte inabili al volo (67%). Nell’area di studio 15 specie sono diffuse prevalentemente sulle Alpi Liguri: *Polysarcus denticauda, Metrioptera saussuriana, Pholidoptera aptera aptera, Anoncontus ligustinus, Ephippiger terrestris bormansi, Ephippiger terrestris caprai, *Podisma Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 29 –——————————————————————————————————– dechambrei, *Arcyptera fusca, *Pararcyptera alzonai, *Omocestus viridulus, *Dirshius haemorrhoidalis, Stenobothrodes cotticus, *Aeropus sibiricus, *Stauroderus scalaris, *Glyptobothrus apricarius, G. binotatus daimai. Le specie precedute da un asterisco hanno anche popolazioni isolate sull’Appennino. Per Stenobothrodes cotticus, è stata recentemente trovata una popolazione disgiunta in Bulgaria. Come atteso, il macro-settore delle Alpi Liguri è caratterizzato dal valore minimo di specie xerotermofile (19 %) e massimo di mesofile e orofile (30 %). In questo popolamento le specie non volatrici costituiscono la maggioranza (52%). Infine, risulta d’interesse citare alcune specie relativamente diffuse, quali Roeseliana azami e Bicolorana bicolor, mai segnalate ante 2000 (Massa et al., 2012), lasciando ipotizzare un fenomeno di espansione d’areale. BIBLIOGRAFIA Fontana P., La Greca M. & Kleukers R., 2005. Insecta Orthoptera. In: Ruffo S., Stoch F. (eds.), Checklist e distribuzione della fauna italiana. Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. 2a serie, Sezione Scienze della Vita 16: 137-139 + CD. La Greca M. & Messina A., 1982. Ecologia e biogeografia degli Ortotteri dei pascoli altomontani dell’Appennino Centrale. Quaderni sulla Struttura delle Zoocenosi Terrestri: 11-76. Massa B., Fontana P., Buzzetti F.M., Kleukers R. & Odé B., 2012. Fauna d’Italia, XLVIII. Orthoptera. Calderini, Bologna, 563 pp + CD. Sindaco R., Savoldelli P. & Evangelista M., 2012. Ortotteri, Mantidi e Fasmidi dell’Italia nord-occidentale (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria) (Insecta: Orthoptera, Mantodea, Phasmatodea). Rivista piemontese di Storia naturale, 33: 111-160. Vigna Taglianti A., Audisio P.A., Belfiore C., Biondi M., Bologna M.A., Carpaneto G.M., De Biase A., De Felici S., Piattella E., Racheli T., Zapparoli M. & Zoia S., 1992 – Riflessioni di gruppo sui corotipi fondamentali della fauna W-paleartica ed in particolare italiana. Biogeographia, Lavori della Società Italiana di Biogeografia, (n.s.), 16: 159-179. Vigna Taglianti A., Audisio P.A., Biondi M., Bologna M.A., Carpaneto G.M., De Biase A., Fattorini S., Piattella E., Sindaco R., Venchi A. & Zapparoli M., 1999 – A proposal for a chorotype classification of the Near East fauna, in the framework of the Western Palearctic region. Biogeographia, Lavori della Società Italiana di Biogeografia (n.s.) 20: 31-59. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 30 –——————————————————————————————————– LE ATTUALI CONOSCENZE SUI CHILOPODI ITALIANI: ASPETTI FAUNISTICI E ZOOGEOGRAFICI MARZIO ZAPPAROLI *1, FRANCESCO BAINI 1, LUCIO BONATO 2, ALESSANDRO MINELLI 2 1 Dipartimento per la Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali - DIBAF, Università degli Studi della Tuscia, Via San C. de Lellis, I-01100 Viterbo, Italia. 2 Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Padova, Via U. Bassi 58b, I-35131 Padova, Italia. *Corresponding author. Email: [email protected] I chilopodi costituiscono una classe di artropodi ancora poco conosciuta, di cui sono note 3.300 specie (su 6-10.000 stimate), ripartite in 325 generi, 21 famiglie e cinque ordini viventi. K-selezionati, longevi, a lento sviluppo, bassa mortalità, basso potenziale riproduttivo e, salvo litobiomorfi e scutigeromorfi, con cure parentali, essi colonizzano praticamente tutti gli ambienti terrestri, dove rappresentano una componente consistente della fauna del suolo, dal livello del mare a oltre 4.000 m. In genere predatori di invertebrati, igrofili e lucifughi, alle nostre latitudini sono frequenti negli ambienti forestali. La letteratura mondiale comprende circa 6.500 lavori e le conoscenze sui chilopodi italiani sono disperse in circa 700 lavori, per l’80% di carattere tassonomico e faunistico. Con questo contributo si vuole presentare un quadro di sintesi dal punto di vista faunistico e zoogeografico del popolamento dei chilopodi italiani, in base ai dati ad oggi disponibili. L’area di studio è costituita dall’Italia fisica (ca. 309.000 kmq: Italia politica più Alpi Marittime (in parte), Canton Ticino, Istria, Corsica, isole maltesi); per effettuare analisi di dettaglio su distribuzione della ricchezza specifica e Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 31 –——————————————————————————————————– spettri corologici, è stata adottata - con lievi modifiche - la suddivisione in 17 unità territoriali (u.t.) proposta da Baroni Urbani et al. (1978). Escludendo le entità di incerto valore tassonomico o di presenza dubbia, risultano segnalate nell’area di studio circa 160 specie. La regione italiana è quindi l’area con la maggiore diversità specifica in Europa e nel Mediterraneo, ospitando circa 1/3 delle oltre 500 specie segnalate in questi settori. Dal punto di vista tassonomico, il popolamento dei geofilomorfi risulta altamente articolato, con circa 65 specie accertate da ascriversi ad almeno 20 generi e sei famiglie. Anche il popolamento dei litobiomorfi è relativamente ricco e complesso, rappresentato da almeno 77 specie ascrivibili a 5 generi e due famiglie. Le 16 specie di scolopendromorfi sono ripartite in 4 generi, riferibili a tre famiglie. Un solo rappresentante è noto tra gli scutigeromorfi. Rispetto alla precedente check-list (Foddai et al., 1995), relativa all’Italia politica, in cui sono segnalate 155 specie nominali, compresa una ventina di incerte, il quadro attuale presenta novità di rilievo, scaturite da studi recenti, sia filogenetici e tassonomici, su famiglie (Plutoniumidae), generi (Eupolybothrus, Clinopodes, Eurygeophilus, Stenotaenia, Strigamia) e specie (con rivalutazione di taxa, descrizione di nuove entità, accertamento di altre ancora inedite), sia faunistici, colmando lacune o ampliando le conoscenze su aree critiche (Italia NE, Appennino centrale, Appennino siculo, Sardegna, Corsica). Tra i settori continentali, la maggiore diversità specifica si osserva in quello NE (Veneto-Friuli VG-Istria), con 70 specie, e nella Liguria W (dal Col di Cadibona al Col di Boréon, inclusi i territori piemontesi a S del T. Negrone e quelli francesi a E della valle del Var e della Vésubie), con 66 specie. Sono invece meno ricchi il settore SW della penisola (Basilicata e Calabria, escluso il Materano a E del F. Bradano) e la regione pugliese, con 39 e 29 specie rispettivamente. L’analisi di regressione condotta sulla ricchezza di specie e i valori latitudinali dei centroidi delle 17 u.t. adottate mette in evidenza una correlazione negativa significativa tra queste due variabili (R2=0,63; Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 32 –——————————————————————————————————– F=20,5; p<0,001). Le diminuzione della ricchezza specifica lungo un gradiente latitudinale potrebbe essere in relazione a un effetto penisola o a una minore intensità delle ricerche nelle u.t. meridionali. Tra i settori macroinsulari, Sicilia (25.706 kmq) e Sardegna (24.090 kmq) ospitano un numero di specie comparabile (48 e 50 rispettivamente), mentre in Corsica (8.680 kmq) il numero di specie accertato è assai più basso (26). Sui dati di presenza/assenza delle specie nelle 17 u.t. è stato calcolato l’indice di somiglianza (Baroni Urbani-Buser). Il dendrogramma ricavato (UPGMA) ordina le u.t. in due gruppi ben separati, uno relativo alle aree macroinsulari, l’altro al resto dell’Italia. In quest’ultimo gruppo è possibile individuare due sottoinsiemi, comprendenti l’uno tutte le u.t. settentrionali, l’altro tutte le u.t. appenniniche (dall’Emilia alla Calabria). Il settore pugliese, verosimilmente sottostimato, mostra un comportamento anomalo associandosi alla Corsica, nel cluster delle u.t. macroinsulari. Dall’analisi zoogeografica, nel popolamento dei chilopodi italiani prevale la componente delle specie ad ampia distribuzione in Europa (42%), rappresentata soprattutto da litobiomorfi (55%, nei generi Eupolybothrus, Lithobius, Harpolithobius) e geofilomorfi (41%, es. nei generi Schendyla, Geophilus, Strigamia). Tra queste, è di particolare interesse zoogeografico Dicellophilus carniolensis, unico rappresentante europeo di un genere ad areale fortemente disgiunto (Europa SE, Giappone, California), appartenente ad una famiglia, i mecistocefalidi, a distribuzione perlopiù tropicale e subtropicale. La componente europea è massima nell’Italia NE (70-80%), mentre diminuisce gradualmente nelle u.t. centrali e meridionali (ca 50%) e in quelle insulari (20%). Segue la componente mediterranea s.l. (20%), in cui prevalgono i geofilomorfi (67%, ad es. nei generi Himantarium, Haplophilus, Stigmatogaster, Dignathodon, Nannophilus, Gnathoribautia), a cui si associano alcuni scolopendromorfi (dei generi Theatops, Plutonium, Scolopendra) e pochi litobiomorfi (es. in Pleurolithobius). Tra gli elementi di maggior interesse zoogeografico in Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 33 –——————————————————————————————————– questo gruppo si trovano Pleurolithobius patriarchalis, unico chilopode a corotipo E-mediterraneo in Italia, Plutonium zwierleinii e Theatops erythrocephalus, i soli rappresentanti nella fauna W-paleartica di una famiglia, i plutoniumidi, diffusa in Europa meridionale, Cina e Nord America. Rispetto a quella europea, la componente mediterranea mostra una tendenza inversa, essendo massima nelle grandi isole (40-48%), con valori decrescenti da S a N, dalla Puglia (38%) alla Liguria W ed E (17%), ed essendo bassa (8-10%) nelle u.t. del settentrione. Assai scarsa è invece la componente delle specie ad ampia distribuzione, oloartica (3%) o afrotropicale-asiatica (1%). La componente endemica, rappresentata per il 70% da litobiomorfi (ca 1/3 dei quali cavernicoli), costituisce il 34% del popolamento ed è costituita soprattutto da endemiti appenninici (25%) e sardi (21%). In generale, gli elementi endemici mostrano in maggioranza affinità riferibili a corotipi settentrionali, europei, mentre 1/3 di essi ha affinità mediterranee, in particolare mediterranee occidentali. Scarso è il numero di specie alloctone (2) ma sono noti numerosi casi di transfaunazione (in Sicilia, Italia NE, Sardegna). Nel confronto tra il popolamento del settore ligure occidentale (alpino) e quello orientale (appenninico), malgrado il valore degli indici di somiglianza della composizione specifica e dello spettro corologico siano elevati (i. di Baroni Urbani-Buser = 0,83; i. di Bray-Curtis = 0,87), il settore occidentale si caratterizza rispetto a quello orientale per un più alto numero di endemiti ristretti (6 vs 2) e per la presenza di un maggior numero di specie, in particolare a gravitazione europea s.l. BIBLIOGRAFIA Baroni Urbani C., Ruffo S. & Vigna Taglianti A., 1978. Materiali per una biogeografia italiana fondata su alcuni generi di Coleotteri Cicindelidi, Carabidi e Crisomelidi. Mem. Soc. entomol. Ital. 56 (1977): 35-92. Foddai D., Minelli A., Sheller U. & Zapparoli M., 1995. Chilopoda, Diplopoda, Pauropoda, Symphyla. In: Minelli A., Ruffo S., La Posta S., (eds) Checklist delle specie della fauna italiana, 32, Calderini, Bologna, 35 pp. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 34 –——————————————————————————————————– LA TRICOTTEROFAUNA LIGURE OMAR LODOVICI, MARCO VALLE* Museo Scienze Naturali, Piazza Cittadella 10, 24129, Bergamo [email protected] Nel 1928 l’abate Navas, studiando i tricotteri del Museo di Storia Naturale di Genova, pubblicò i primi dati riferiti alla Liguria menzionando 6 specie. Bisogna tuttavia aspettare oltre mezzo secolo per avere studi più dettagliati su questa Regione, l’occasione fu il XXIV Congresso di Biogeografia del 1982 nel quale Cianficconi e Moretti esposero i risultati di una ricerca che portò a 60 le specie accertate nella Regione. Già nelle conclusioni del lavoro gli autori evidenziavano la compresenza di taxa alpini ed appenninici che nella regione trovavano il proprio limite distributivo. La pubblicazione della terza lista dei tricotteri italiani nel 2001 riporta per la Liguria 96 specie, circa un quarto della fauna italiana. Da allora numerose indagini specifiche, realizzate da Malicky e dal nostro museo, hanno consentito di giungere ad un livello di conoscenza adeguato anche se non esaustivo di questo ordine di Insetti. Numerose sono le specie steno-endemiche note di questa regione, spesso rinvenibili anche nei dipartimenti confinanti della vicina Francia. In questi anni sono state descritte 5 nuove specie, tutte delle Alpi Liguri: Synagapetus liguricus, Consorophylax corvo, Crunoecia fortunae, Bereamya gudrunae e Stactobia alpina, tutte rinvenute in poche stazioni caratterizzate da ambienti sorgentizi o igropetrici. L’area di indagine costituisce un evidente limite distributivo per le specie alpine, tra queste: Tinodes luscinia, Allogamus mendax, Metanoea flavipennis; numerose sono anche le specie appenniniche che Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 35 –——————————————————————————————————– in quest’area presentano il proprio limite settentrionale: Rhyacophila appennina, Polycentropus pirisinui e Allogamus botosaneanui. Il genere Potamophylax merita una trattazione particolare, la compresenza delle due sottospecie, P. cingulatus alpinus e P. cingulatus gambaricus, mostra forme intermedie tra i due taxa. Questo genere è presente anche con P. luctuosus rinvenuto sul Massiccio del Beigua, specie diffusa dall’Armenia alla Francia, è segnalata in Italia solo per questa stazione. Altre specie, pur avendo un’ampia distribuzione europea, sono presenti in Italia solo in questa regione: Grammotaulius submaculatus e Plectrocnemia kisbelai. Dall’analisi della tricotterofauna risultano evidenti, per la regione considerata, due importanti Hot spot per la biodiversità: il massiccio del Beigua in provincia di Savona e l’entroterra imperiese. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 36 –——————————————————————————————————– FILOGEOGRAFIA E SISTEMATICA DELLE DOLICHOPODA NORD-OCCIDENTALI (ORTHOPTERA, RHAPHIDOPHORIDAE) GIULIANA ALLEGRUCCI*+, MAURO RAMPINI**, CLAUDIO DI RUSSO**, SARA COCCHI*, VALERIO SBORDONI* *Dipartimento di Biologia, Università di Roma Tor Vergata **Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin, Università di Roma La Sapienza *+Corresponding author. Email: [email protected] Il genere Dolichopoda (Orthoptera; Rhaphidopohoridae) è attualmente presente in Italia con 9 specie diffuse nelle grotte del nord ovest (Piemonte e Liguria), in quelle di tutto l’Appenino fino alla Calabria, comprese le aree costiere tirreniche e la Sardegna. Esso risulta assente in tutta l’area nord orientale e nel Salento. In particolare, in Piemonte e Liguria è ampiamente diffusa la specie Dolichopoda ligustica Baccetti & Capra, 1959, tipica del Savonese e del basso Piemonte. La sottospecie D. ligustica septentrionalis, invece, risulta limitata ad una piccola area della Val di Lanzo in provincia di Torino, e a partite dagli anni ’80 è stata segnalata anche in alcune cavità della provincia di Bergamo. In alcune grotte delle Valli del Cuneese (grotta Barmassa della Roccarossa, Monterosso Grana, Cuneo) Baccetti & Capra (1959) indicavano la presenza di D. azami, specie ampiamente diffusa nel sudest della Francia (loc. tipica Var, Catheaudouble, Grotte de ChauvesSouris). Questa specie risulta molto affine morfologicamente alla D. ligustica (forma dell’epifallo e del X tergite del maschio) e quindi non sempre facilmente distinguibile. In particolare sono state campionate 27 popolazioni di cui 4 ascrivibili a D. azami, 2 a D. ligustica, 6 a D. ligustica septentrionalis e 15 non chiaramente attribuibili a nessuno dei due taxa. Per ogni Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 37 –——————————————————————————————————– popolazione sono stati analizzati almeno 5 individui a livello del DNA mitocondriale, di cui sono stati amplificati 3 geni: la citocromo ossidasi I, il 12S rRNA e il 16S rRNA. Su ogni popolazione è stata fatta anche un’analisi morfologica, considerando i caratteri diagnostici fra le specie. Gli obiettivi principali del presente lavoro sono: a) integrare i presenti dati molecolari con quelli precedenti ottenuti analizzando il 90% delle specie note di Dolichopoda e b) chiarire la posizione tassonomica delle popolazioni oggetto di questo studio, utilizzando sia i caratteri morfologici che le sequenze di DNA. Per quanto riguarda il primo obiettivo, i dati arricchiscono i risultati filogeografici da noi ottenuti in precedenza, secondo cui la dispersione del genere Dolichopoda si sarebbe attuata, a partire dal Miocene, in direzione est-ovest, iniziando dalle regioni caucasiche e dal Medio Oriente verso la Grecia e il Mediterraneo occidentale. Le popolazioni occidentali avrebbero colonizzato la penisola italiana, nonché le Alpi occidentali e i Pirenei. La posizione basale delle specie appenniniche rispetto al gruppo azami-ligustica solleva l’ipotesi di una dispersione verso la regione alpina occidentale a partire dall’Appennino. Per quanto riguarda l’aspetto tassonomico, i risultati sia morfologici che molecolari hanno evidenziato una variabilità molto bassa sia all’interno delle singole popolazioni, sia tra popolazioni e specie diverse. L’analisi genetica, condotta attraverso la costruzione di network, ha messo in evidenza un differenziamento geografico molto piccolo, attribuibile a popolazioni appartenenti alla stessa specie. L’analisi morfologica conferma questo dato, rivelando una modesta variabilità anche nei caratteri tassonomicamente diagnostici, come la morfologia dell’epifallo e quella del X tergite del maschio. In base al presente studio i risultati suggeriscono che in Piemonte, in Liguria e nelle Alpi Marittime francesi sia presente una sola specie che dovrebbe assumere, per priorità, il nome di Dolichopoda azami Saulcy, 1893. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 38 –——————————————————————————————————– THE EREBIA TYNDARUS SPECIES COMPLEX IN THE ALPS AND APENNINES: NEW GENETIC DATA ON A BIOGEOGRAPHIC RIDDLE PAOLO GRATTON1, ALESSANDRA TRASATTI1*, GIORGIO RICCARDUCCI1, EMILIANO TRUCCHI2, SILVIO MARTA1, GIULIANA ALLEGRUCCI1, DONATELLA CESARONI1, VALERIO SBORDONI1 1 Dipartimento di Biologia, Università “Tor Vergata”, Roma, Via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma 2 Centre for Ecological and Evolutionary Synthesis (CEES), University of Oslo, N-0316 Oslo, Norway *Corresponding author. Email: [email protected] The Erebia tyndarus species complex is a cluster of closely related alpine taxa, which have represented an intriguing issue for taxonomists, evolutionary biologists and biogeographers (eg. Lorković, 1958; Descimon & Mallet, 2009). The species within the ‘tyndarus’ group were defined using morphological and ecological characters, cross-breeding experiments, karyology, and molecular data from allozymes and mitochondrial DNA (mtDNA). However, the delimitation of species, their interrelationships, as well as the origin of their non-obvious geographic distribution, are still largely unclear, especially as far as the species inhabiting Alps and Apennines are concerned. Since Warren’s monography (1936), allowing for only one species, Erebia tyndarus, up to five different species have been described in the Alps, though most taxonomists currently consider four species: E. tyndarus, E. cassioides, E. calcaria and E. nivalis, all of them belonging to a unique “Alpine” clade (Albre et al., 2008). Figure 1a illustrates the distribution range of these taxa. Three species (E. tyndarus, E. nivalis, E. calcaria) are endemic to the Alps, while E. cassioides stretches its patchy distribution from the Alps into Apennines, Pyrenees and Balkans. This distribution pattern includes Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 39 –——————————————————————————————————– instances of allopatry, parapatry and quasi-sympatry; the latter case represented by E. nivalis narrowly overlapping along an altitudinal gradient with E. cassioides or (in a single site) E. tyndarus. As stenoecious butterflies with low dispersal ability, members of the ‘tyndarus’ group represents a valuable model for historical dynamics of alpine habitats in Italian mountain ranges. Here we present the progress of a PRIN2009 project, entitled “Comparative phylogeography of butterfies from Apennines addressed to the development of descriptive and predictive bioclimatic models”, aiming at elucidating the genetic relationships within the “Alpine” clade and the population range dynamics along Alps and Apennines. A fragment (1190 bp) of the mtDNA cox1 gene was sequenced in a sample of 112 individuals representative of the distribution of all the species of the “Alpine” clade in the Alps and Apennines, plus 3 individuals from the Pyrenean range of E. cassioides and 1 E. rondoui as an outgroup (Figure 1a). Restriction sites associated DNA (RAD) from the whole genomes of a subset of 45 individuals was sequenced on a single lane of a HiSeq Illumina machine. Our preliminary analysis of RAD data provide the first molecular support for the traditional 4-species taxonomy (Figure 1c) of the “Alpine” clade, which is not resolved by mtDNA data (Figure 1b). Both mtDNA and RAD data detect some geographic structure within E. cassioides, indicating relatedness between Apennine and western Alps (especially Maritime Alps) populations. Interestingly, RAD data show a rather continuous genetic gradient from Pyrenees to Alps and Apennines, while mtDNA highlights the genetic distinctiveness of Western Alpine and Apenninic populations from the rest of E. cassioides, consistent with the hypothesis of colonization of the Apennine range from Western Alps. REFERENCES Albre J., Gers C. & Legal L., 2008. Molecular phylogeny of the Erebia tyndarus (Lepidoptera, Rhopalocera, Nymphalidae, Satyrinae) species Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 40 –——————————————————————————————————– group combining CoxII and ND5 mitochondrial genes: A case study of a recent radiation. Molecular Phylogenetics and Evolution 47: 196– 210. Descimon H. & Mallet J., 2009. Bad species. 219-249. In: Settele J., Konvicka M., Shreeve T.G., Van Dyck H., (eds). Ecology of butterflies in Europe. Cambridge University Press, Cambridge. Lorković Z., 1958. Some Peculiarities of Spatially and Sexually Restricted Gene Exchange in the Erebia tyndarus Group. Cold Spring Harb Symp Quant Biol 23: 319-325. Warren B.C.S., 1936. Monography of the genus Erebia. British Museum of Natural History, London. Figure 1. The Erebia tyndarus species complex: sampling localities and results of the genetic analysis. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 41 –——————————————————————————————————– LE EMERGENZE FAUNISTICHE DEI DISTRETTI ITTIOGEOGRAFICI ITALIANI PIER GIORGIO BIANCO*, ELIZABETH SOTO Dipartimento di Biologia, Settore Zoologico, Università Federico II, Via Mezzocannone 8, I-80134 Napoli. *Corresponding author. Email: [email protected] La fauna ittica nativa della nostra penisola si trova in condizioni assai critiche soprattutto a causa dell’introduzione di specie esotiche, più che per il degrado ambientale. Queste specie tendono a sostituire le nostre soprattutto quelle congeneriche, o a predarle. Dal punto di vista biogeografico, la fauna ittica italiana è localizzata in tre distinti distretti ittiogeografici, ciascuno delimitato dalla distribuzione comune di elementi endemici. Il distretto Padano-Veneto era caratterizzato dalla presenza di 39 specie native, di cui 23 endemiche dominate dai ciprinidi con 14 specie. Le alloctone, da stime non aggiornate per difetto, risultano rappresentate da 37 specie, di cui 18 di ciprinidi. In Italia centrale il distretto Tosco-Laziale era caratterizzato da 16 specie native, di cui 6 endemiche (5 di ciprinidi). Di alloctone se ne contano ora 31, di cui 18 di ciprinidi. Recentemente è stato delimitato un terzo distretto, ApuloCampano la cui estensione comprende parte della Puglia, della Campania, del Lazio e della Basilicata. L’elemento caratterizzante è rappresentato dall’alborella meridionale di cui il distretto ne ricalca la distribuzione. In questa area studi ittiologici hanno dimostrato, oltre all’alborella meridionale, l’esistenza di una specie endemica di cobite, una di cavedano e popolazioni di lampreda di ruscello che presentano aplotipi unici nel contesto italiano ed europeo. Nel complesso, questo Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 42 –——————————————————————————————————– distretto conta 15 specie autoctone di cui 3 endemiche. Le alloctone sono rappresentate da 14 specie, di cui 6 di ciprinidi. Il distretto Padano-Veneto, soprattutto per la sua adiacenza al distretto Danubiano, è stato oggetto di notevoli immissioni in parte legali a causa della mancanza di una manualistica aggiornata sulla tassonomia delle nostre specie. Questo distretto ormai ospita circa un 60% di specie di origini in gran parte danubiane e per questo soprattutto il bacino del Po può ora considerarsi come un ramo danubiano. In Italia centrale la situazione appare oggi assai simile a quella padano-veneta. Mentre fino ad alcuni anni fa le specie aliene erano soprattutto di origini padano-venete, trasformando i bacini tosco-laziali in rami del Po, oggi l’invasione delle specie danubiane e altro ha reso questo distretto simile a quello padano-veneto, con il raddoppio delle spece aliene nel confronto della native. In Italia meridionale il distretto Apulo-Campano non ha ancora subito un estensivo processo di globalizzazione. Tuttavia, oltre agli autoctoni, conta un discreto numero di forme padane e la situazione sta modificandosi anche in questo distretto dove specie come la pseudorasbora di origini cinesi e il gobione danubiano hanno già fatto da tempo la loro comparsa. Gli effetti degli alieni sulle specie locali sono irreversibili e soprattutto nelle competizioni congeneriche, le specie che si sono originate in contesti ambientali più diversificati, tendono ad eliminare progressivamente, ma inesorabilmente, le specie native. Tra i casi più eclatanti, il gobione europeo sta eliminando progressivamente il nostro endemita benacensis. Le nostre lasche vanno rarefacendosi per immissione di lasche danubiane. La stessa sorte stanno subendo le rovelle i triotti e i pighi, per l’introduzione di innumerevoli ciprinidi danubiani, particolarmente il congenerico rutilo del Danubio. Anche il trasferimento di specie endemiche del Po in area tosco-laziale sta progressivamente eliminando nelle aree di contatto i congeneri ghiozzo dell’Arno e scardola meridionale. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 43 –——————————————————————————————————– In questo contesto la Liguria, tranne la parte terminale del fiume Magra, non riveste un ruolo primario in quanto la sua ittiofauna non conta specie primarie autoctone, dal momento che quelle presenti sono in gran parte di origini alloctone e contano per lo più specie di origini marine (spinarelli, anguille, alose, cagnetta ecc). Per questo può essere assimilata a una regione “sardo-corso-ligure” dove non sussistono componenti né endemiche né primarie. Unica eccezione, il vairone, ciprinide moderatamente frigofilo, reofilo obbligato le cui origini in Liguria potrebbero essere considerate trans’appenniniche in base a recenti analisi molecolari fatte su basi pan-italiane. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 44 –——————————————————————————————————– SPUGNE D’ACQUA DOLCE DI LIGURIA1 RENATA MANCONI1, BARBARA CADEDDU1, ROBERTO PRONZATO2 1 Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio, Università di Sassari, Via Muroni 25, 07100, Sassari, Italy * [email protected] 2 Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita, Università di Genova, Corso Europa 26, 16132 Genova, Italy La letteratura storica riguardante la fauna d’acqua dolce non riporta dati sui Porifera (Haplosclerida: Spongillina) della Liguria (Manconi e Pronzato, 2011). Il primo ritrovamento, risalente agli anni 80 del XX secolo, è avvenuto nel Torrente Scrivia grazie alla curiosità di un naturalista amateur (G. Olivieri). Le campagne di monitoraggio della qualità biologica delle acque correnti (M. Bodon, S. Gaiter) insieme a censimenti faunistici relativi all’attività di campo di laureandi dell’Università di Genova (C. Burgarello, E. Dessy, M. Terrizzano) hanno incrementato notevolmente i dati di presenza/assenza e distribuzione geografica in vaste aree della regione. La notevole rarità del taxon nei bacini liguri, sia appenninici sia alpini, è indicata dalla frequenza di ritrovamento pari a ca. 11 % delle stazioni distribuite a quote comprese da pochi metri fino a 637 m s.l.m., su un totale di 138 stazioni in 40 bacini. La spongillofauna di Liguria, che annovera 3 specie a vasta distribuzione appartenenti a 2 generi, è rappresentata esclusivamente dalla famiglia Spongillidae Gray, 1867. Il basso valore di ricchezza tassonomica è in accordo con quelli della penisola italiana (7 sp./6 gen./1 fam.), dell’Europa (18 sp./10 gen./4 fam.) e dell’Africa Paleartica (8 sp./7 gen./1 fam.) (Pronzato e Manconi, 1989, 2001; Manconi e Pronzato, 2008, 2009, 2011). Ephydatia muelleri (Lieberkühn, 1856) è presente solo nel Torrente Impero a Santo Lazzaro Reale. Spongilla lacustris (Linnaeus, 1759) è segnalata nei bacini dello Scrivia (Busalla, Mignanego, Ronco), della Bormida di Millesimo (Lago di Osiglia) e dell’Orba (Tiglieto). Ephydatia fluviatilis (Linnaeus, 1759) è nota per i bacini dello Scrivia (Ronco, Busalla, Pietra Bissara), Malvaro, Impero, Prino, Pontetto, San Francesco e Lavagna. L’identificazione a livello di specie non è stata possibile nel caso degli esemplari dei torrenti Sturla e Entella (Ephydatia sp.) per l’assenza delle gemmule con caratteri diagnostici chiave. La specie più comune E. fluviatilis è sintopica con S. lacustris nel Torrente Scrivia, e con E. 1 Lavoro finanziato da MIUR-PRIN 20085YJMTC ‘L’endemismo nella fauna italiana: dalla conoscenza sistematica e biogeografica alla conservazione’, Fondazione Banco di Sardegna e Regione Autonoma Sardegna (CRP-60215). Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 45 –——————————————————————————————————– muelleri nel Torrente Impero. Gli esemplari sono stati studiati in microscopia ottica e/o elettronica a scansione e registrati nella collezione POR-FW depositata presso il DISTAV dell’Università di Genova. Le popolazioni ibernanti di S. lacustris e E. fluviatilis di Ronco Scrivia sono state caratterizzate dal punto di vista del ciclo vitale (Manconi & Pronzato, 1991), delle strategie di colonizzazione e competizione per lo spazio (Pronzato & Manconi, 1991) e della composizione chimica (Manconi et al., 1988). Il ciclo vitale e la riproduzione sessuale sono state oggetto di studio nel caso della popola-zione di E. fluviatilis del rio costiero San Francesco (Corriero et al., 1994). BIBLIOGRAFIA Corriero G., Manconi R., Vaccaro P. & Pronzato R., 1994. Life strategies of Ephydatia fluviatilis (L., 1759) in two different environments. In: R.W.M. van Soest, Th.M.G. van Kempen & J.C. Braekman (eds.) Sponges in time and space. Balkema, Rotterdam: 321-326. Manconi R. & Pronzato R., 1991. Life cycle of Spongilla lacustris (Porifera, Spongillidae): a cue for environmental dependent phenotype. Hydrobiologia 220: 155-160. Manconi R. & Pronzato R., 2008. Global diversity of sponges (Porifera: Spongillina) in freshwater. In: E.V. Balian, C. Lévêque, H. Segers & K. Martens (eds.) Freshwater animal diversity assessment. Hydrobiologia 595: 27-33. Manconi R. & Pronzato R., 2009. Atlas of African freshwater sponges. Studies in Afrotropical Zoology 295: 214 pp. Manconi R. & Pronzato R., 2011. Suborder Spongillina (freshwater sponges). In: M. Pansini, R. Manconi, R. Pronzato (eds.) Porifera I. Calcarea, Demospongiae (partim), Hexactinellida, Homoscleromorpha. Fauna d’Italia. vol. XLVI, p. 341-366, Bologna: Edizioni Calderini-Il Sole 24 ore, ISBN: 978-88-506-5396-6. Manconi R., Piccialli V., Pronzato R. & Sica D., 1988. Mini Review. Steroids in Porifera. Sterols from fresh-water sponges Ephydatia fluviatilis (L.) and Spongilla lacustris (L.). Comparative Biochemistry and Physiology 91B(2): 237-245. Pronzato R. & Manconi R. 1989. Chiave dicotomica per il riconoscimento delle spugne d’acqua dolce italiane. Bollettino dei Musei e degli Istituti Biologici dell’Università di Genova 53: 81-99. Pronzato R. & Manconi R., 1991. Colonization, life cycle and competition in a freshwater sponge association. In: J. Reitner e H. Keupp (eds.), Fossil and Recent Sponges, Springer, Berlin: 432-444. Pronzato R. & Manconi R., 2001. Atlas of European freshwater sponges. Annali Museo Civico Storia Naturale Ferrara 4: 1-64. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 46 –——————————————————————————————————– FRESHWATER TRICLADS FROM LIGURIA GIACINTA A. STOCCHINO*, RENATA MANCONI, BARBARA CADEDDU, MARIA PALA Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio, Università di Sassari, Via Muroni 25, 07100, Sassari, * [email protected] The first record of triclads from Ligurian freshwater dates as far back as 1893 when Borelli reported Dugesia subtentaculata (presently Dugesia sp.) and Polycelis nigra from Rapallo. Up to now taxa of all the three families of Tricladida are present in Liguria, viz Dugesiidae (3 gen, 5 sp), Dendrocoelidae (1 gen, 1 sp) and Planariidae (1 gen, 2 sp) (Table 1) (Sanfilippo, 1950; Benazzi & Deri, 1980; Benazzi, 1982 and references therein; De Vries & Benazzi, 1983; De Vries, 1988; Sluys & Benazzi, 1992). All three endemic species are cave-dwelling. Although Dugesia liguriensis was only known until recently for the type locality, the present new records from the western Liguria and a recent record from a cave in Piedmont (Stocchino et al., 2005) suggest a wider distribution. The present first record of D. sicula is the northernmost of this Pan- Mediterranean species. For the genus Dugesia numerous nonidentified fissiparous and sexual populations are here recorded along the Ligurian arc. The presence of Schmidtea polychroa and of the alloctonous American species Girardia tigrina, introduced in Europe in the first half of the last century, are reported for the first time. __________________________________________________________ Table 1. Checklist of freshwater Tricladida from Liguria. Endemic species indicated by diamond (♦); alloctonous species indicated by circle (●). __________________________________________________________ Dugesiidae Ball, 1974; Dugesia Girard, 1850; Dugesia brigantii De Vries & Benazzi, 1983 ♦; Dugesia liguriensis De Vries, 1988; Dugesia sicula Lepori, 1948; Dugesia sp.; Girardia Ball, 1974; Girardia tigrina (Girard, 1850) ●; Schmidtea Ball, 1974; Schmidtea polychroa (Schmidt, 1861) Dendrocoelidae Hallez, 1892; Dendrocoelum Öersted, 1844; Dendrocoelum beauchampi del Papa, 1952 ♦; Dendrocoelum cf. beauchampi; Dendrocoelum sp.; Planariidae Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 47 –——————————————————————————————————– Stimpson, 1857; Polycelis Ehrenberg, 1831; Polycelis benazzii De Beauchamp, 1955 ♦; Polycelis nigra (Müller, 1774); Polycelis sp. __________________________________________________________ ACNOWLEDGEMENTS Financial support by Fondazione Banco di Sardegna, SYNTHESYS EC-7th (NL-TAF2772), the Regione Autonoma Sardegna (CRP-60215 ‘Conservazione e valorizzazione delle grotte sarde: biodiversità e ruolo socioeconomicoculturale) and MIUR-PRIN 20085YJMTC ‘L’endemismo nella fauna italiana: dalla conoscenza sistematica e biogeografica alla conservazione’. Authors are grateful to L. Galli and A. Balduzzi for their cooperation in the collections. REFERENCES Benazzi M., 1982. Tricladi cavernicoli italiani. Biogeographia 7: 7-14. Benazzi M. & Deri P., 1980. Histo-cytological study of the ex-fissiparous planarian testicles (Tricladida, Paludicola). Monitore Zoologico Italiano 14: 151-163. Borelli A., 1893. Osservazioni sulla Planaria alpina (Dana) e catalogo dei Dendroceli d’acqua dolce trovati nell’Italia del Nord. Bollettino Musei di Zoologia ed Anatomia comparata dell’Università di Torino 8: 1-13. De Vries E.J., 1988. Further contributions to the taxonomy and biogeography of the subgenus Dugesia (Platyhelminthes: Tricladida: Paludicola) in the Mediterranean region and the Middle East. Israel Journal of Zoology 35: 109-136. De Vries E. & Benazzi M., 1983. Dugesia brigantii n. sp., a freshwater planarian found in an Italian cave. Bollettino di Zoologia 50: 263-268. Sanfilippo N., 1950. Le grotte della provincia di Genova e la loro fauna. C.A.I. Memorie del Comitato Scientifico Centrale 2: 1-92. Sluys R. & Benazzi M., 1992. A new finding of a subterranean dendrocoelid flatworm from Italy (Platyhelminthes, Tricladida, Paludicola). Stygologia 7: 213-217. Stocchino G.A., Lana E., Manconi R., Corso G., Casu S., Rassu C.G. & Pala M., 2005. Studio di una popolazione di tricladi cavernicoli del Piemonte (Platyhelminthes, Tricladida). 66° Convegno U.Z.I., Roma, 40. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 48 –——————————————————————————————————– L’ISTRICE (HYSTRIX CRISTATA LINNAEUS, 1758) IN LIGURIA ENRICO BORGO*, GIULIANO DORIA Museo Civico di Storia Naturale “G. Doria”, Via Brigata Liguria 9, 16121, Genova *Corresponding author. Email: [email protected] L’istrice (Hystrix cristata Linnaeus, 1758) è presente nell’Africa settentrionale e nella Penisola italiana dove ha raggiunto, con un’espansione verso nord, la Lombardia sud-orientale, il Piemonte e il Veneto centro-occidentale. In Liguria, fino al 1999, le uniche segnalazioni della specie sono quelle riportate da Balletto (1977) e Vigna Taglianti & Bologna (1981) localizzate nell’estremo occidentale della provincia di Savona. Il 27 gennaio 1999 un esemplare è stato rinvenuto morto ad Andora (SV) e successivamente è stato portato al Museo di Storia Naturale di Genova; è iniziata quindi una raccolta di dati finalizzata a tracciare una carta della distribuzione della specie sul territorio ligure. Ad oggi abbiamo 63 record così suddivisi: - 29 osservazioni dirette; - 20 raccolte di aculei; - 1 documentazione fotografica da fototrappola; - 1 osservazione di tracce; - 12 esemplari rinvenuti morti (di cui solo 2 recuperati). Dall’osservazione della cartina risulta evidente la presenza dell’istrice nella Liguria occidentale e centrale dovuta all’espansione della specie verso nord-ovest; procedendo verso occidente si nota un’area priva di segnalazioni prima di incontrare quelle del Savonese occidentale che rappresentano probabilmente gli individui della popolazione già esistente. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 49 –——————————————————————————————————– Figura 1. Distribuzione di Hystrix cristata in Liguria. BIBLIOGRAFIA Balletto E., 1977. Analisi faunistico-venatoria ed ecologica della Regione Liguria. Grafica Don Bosco Genova, 124 pp. Vigna Taglianti A. & Bologna M.A., 1981. Piano di proposta per il Parco delle Alpi Liguri. Fauna. Ufficio del Piano, Imperia: 35. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 50 –——————————————————————————————————– WALLACE, WALLACEA…. E I LIGURI XXXIX Congresso della SOCIETA’ ITALIANA DI BIOGEOGRAFIA “Liguria: dagli Appennini alle Alpi..….passando per il mare” Rapallo, 29-31 maggio 2013 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 51 –——————————————————————————————————– WALLACE, LE FARFALLE, E LA BIOGEOGRAFIA VALERIO SBORDONI Dipartimento di Biologia, Università “Tor Vergata”, Roma, Via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma Nella storia della scienza non è sempre agevole tracciare con certezza la genesi di una teoria. Le idee si diffondono rapidamente, evolvono tramite il dibattito scientifico, attraversano generazioni strutturandosi nel tempo. Avviene di rado che il primo ispiratore abbia già maturato in maniera compiuta ed esauriente un’idea, interpretando correttamente, fin dall’inizio, la natura di un fenomeno. E’ perciò sorprendente notare che una idea complessa come la teoria dell’evoluzione per selezione naturale possa essere stata immaginata ed elaborata da Alfred Russel Wallace in un arco di tempo breve, brevissimo se paragonato al tempo impiegato dal suo illustre collega, Charles Darwin. Leggendo i lavori di Wallace e le sue opere divulgative come “The Malay Archipelago” o “Island Life”, si rimane ammirati dalla sua capacità di generare interpretazioni innovative di fenomeni naturali basate sulle sue osservazioni sul campo. Ma come nasce questa capacità? Sono convinto che alle notevoli doti di intelligenza, curiosità e tenacia espresse da Wallace, il contesto spazio-temporale dei suoi viaggi, e soprattutto quello nelle isole dell’Arcipelago Malese, abbia giocato un ruolo determinante nel definire il profilo scientifico di questo grande naturalista. Il contesto deve aver avuto un ruolo rilevante, specialmente se la curiosità del naturalista è indirizzata a cogliere e decifrare la diversità della vita, così ricca, spazialmente articolata e complessa quale quella delle isole del Sud Est Asiatico. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 52 –——————————————————————————————————– Lo sforzo di Wallace di leggere e interpretare le diversità era continuo e traspare ovunque nei suoi scritti, dalla descrizione antropologica della variabilità geografica nei tratti fenotipici, lingua, religione e tradizioni, delle popolazioni locali, alla valutazione.delle discontinuità nella distribuzione degli uccelli, ma certamente una particolare attenzione è stato tributata alle farfalle. Attraverso le farfalle Wallace ha affrontato e in parte decifrato in maniera moderna gran parte delle questioni chiave che, oltre mezzo secolo dopo, hanno sostenuto il dibattito scientifico nella Teoria Sintetica: dal mimetismo e il polimorfismo mimetico legato al sesso, ai fenomeni di vicarianza e dispersione, al meccanismo di speciazione allopatrica, fino al concetto di specie. E il ruolo delle farfalle non è stato di minor conto nella definizione dei confini tra regioni zoogeografiche e nella identificazione di quell’area di transizione tra Regione Orientale e Regione Australasiatica oggi nota come Wallacea. Ricordare Wallace oggi serve anche a mettere in luce il significato delle collezioni biologiche e dei musei di Storia Naturale, nonché a valorizzare la tassonomia come indispensabile strumento di conoscenza della diversità biologica. In fondo Wallace è stato anche un illustre collezionista di farfalle! RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Wallace A.R., 1858. On the Tendency of Varieties to Depart Indefinitely From the Original Type. Journal of the Proceedings of the Linnean Society: Zoology 3(9): 53-62. Wallace A.R., 1865. On the phenomena of variation and geographical distribution as illustrated by the Papilionidae of the Malayan region. Transactions of the Linnean Society of London 25, 1–71 Wallace A.R., 1867 On the Pieridæ of the Indian and Australian Regions. Transactions of the Entomological Society of London 4 (3rd s.), part III: 301-416. Wallace A.R., 1869 The Malay Archipelago; the land of the orang-utan and the bird of paradise; a narrative of travel with studies of man and nature, 2 voll. Macmillan & Co., London & New York. Wallace, A.R. 1875. The Malayan Papilionidae or swallow-tailed butterflies, as illustrative of the theory of natural selection. In Wallace, A.R. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 53 –——————————————————————————————————– (ed.), Contributions to the Theory of Natural Selection, 2nd edn. Macmillan & Co., London, pp. 130–200 Wallace A.R., 1880 Island life, or the phenomena and causes of insular faunas and floras, including a revision and attempted solution of the problem of geological climates, Macmillan & Co., London & New York. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 54 –——————————————————————————————————– ALFRED RUSSEL WALLACE: SELEZIONE NATURALE… E OLTRE FEDERICO FOCHER Istituto di Genetica Molecolare, CNR, Via Abbiategrasso, 207, 27100 Pavia Email: [email protected] Nel febbraio 1858 il naturalista inglese Alfred Russel Wallace (1823-1913), si trovava nell’Arcipelago malese. Sbarcato un giorno sull’isola di Gilolo, venne colpito da violenti accessi febbrili di origine malarica. Mentre giaceva a letto, fra i deliri della febbre, la sua mente venne assalita da “quella domanda” che lo tormentava da anni: come possono gli organismi evolversi, modificarsi e dare origine a nuove specie distinte dalle parentali? Ad un certo punto qualcosa gli riportò alla memoria un libro letto alcuni anni prima: il Saggio sul principio di popolazione di Thomas Malthus. «Fu come strofinare un fiammifero: si produsse quel lampo intuitivo che [mi] portò dritto alla semplice ma universale legge della “sopravvivenza del più adatto”, alla tanto a lungo cercata causa efficiente della continua modificazione e del continuo adattamento degli esseri viventi» (Marchant, 1916). In un momento di lucidità, nonostante le deboli forze, si sedette al tavolo per fissare sulla carta le proprie idee. Alla sera l’articolo (dal titolo On the Tendency of Varieties to Depart Indefinitely From the Original Type) era abbozzato e due giorni dopo era già pronto per essere inviato all’amico Charles Darwin per un giudizio critico. Questi riconobbe subito in quei pochi fogli manoscritti il nucleo essenziale della propria teoria, ancora inedita, sull’origine delle specie. Se il saggio di Wallace fosse stato pubblicato, lui avrebbe perso la priorità della grande idea alla quale stava lavorando da più di vent’anni! La delicata situazione venne saggiamente risolta dagli amici Lyell e Hooker con la Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 55 –——————————————————————————————————– decisione di pubblicare l’articolo di Wallace preceduto da alcuni scritti inediti di Darwin, così da attribuire ad entrambi il merito della scoperta e, nello stesso tempo, la priorità “morale” a Darwin (Darwin & Wallace, 1858). Spinto dagli eventi, Charles Darwin fu quindi costretto ad uscire allo scoperto e a pubblicare la sua grande Origine delle specie l’anno seguente. Ma chi era Alfred Russel Wallace? All’epoca fu sicuramente uno dei più noti naturalisti inglesi. Oggi, invece, nonostante i suoi seminali contributi in vari settori della scienza vittoriana, egli viene quasi unicamente ricordato per essere stato l’altro uomo che scoprì la selezione naturale. In effetti pochi conoscono la sua vita in parte trascorsa ai tropici, i suoi studi naturalistici e biogeografici, il lavoro di divulgazione del darwinismo, il sincero impegno sociale in difesa dei deboli, e la sua fede nello spiritualismo, che lo portava candidamente a credere in un disegno sovrannaturale mirante al progresso morale dell’umanità (Focher, 2006). Forse fu proprio questa sua ingenua fede nell’esistenza di un mondo spirituale ancora ignoto, ma secondo lui degno di essere esplorato dalla indagine scientifica, a gettare nell’oblio questa luminosa figura di scienziato vittoriano. In effetti, secondo Wallace - catturato dallo spiritualismo fin dal suo ritorno dall’Arcipelago malese (1862) tutta l’evoluzione, inorganica e organica, avrebbe rappresentato un processo teleologico che, partito dalla materialità, sarebbe approdato alla pura spiritualità. Nell’ambito di tale disegno cosmologico, l’uomo rappresentava l’essere atteso che, dopo aver acquisito una mente riflessiva, si era incamminato verso la perfezione dell’ultimo stadio evolutivo. Se quindi la selezione naturale era stata essenziale per far progredire il mondo fisico fino all’uomo (Wallace, 1864), un’altra legge, più fondamentale e comprensiva, doveva essere responsabile del completamento del disegno evolutivo: una legge che prima o poi sarebbe emersa dallo studio dei fenomeni psichici, all’epoca affrontati dalla frenologia. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 56 –——————————————————————————————————– L’interpretazione puramente naturalistica dell’evoluzione era dunque per Wallace insufficiente, e lo spiritualismo divenne la cornice ermeneutica dei fenomeni naturali, delle cause prime e ultime del mondo. Se sulle prime non era in grado di pronunciarsi, Wallace era però convinto che il fine ultimo dell’evoluzione dovesse essere il continuo miglioramento della specie umana dal punto di vista morale e sociale. In questa ascesa spirituale l’uomo non sarebbe stato solo, ma avrebbe avuto un aiuto e una guida da entità spirituali, da veri e propri spiriti evanescenti, che lo attorniavano “fisicamente” e che potevano comunicare con lui attraverso alcune persone dotate di capacità paranormali: i medium. Tale Weltanschauung (condivisa da non pochi scienziati dell’epoca) si palesa con chiarezza nel 1870, con un saggio dal titolo: The Limits of Natural Selection as Applied to Man. In queste pagine Wallace sostiene infatti che alcune caratteristiche fisiche dell’uomo come, per esempio, l’assenza di pelo, la mano, la voce e molte delle sue facoltà superiori, come la vena artistica e i sentimenti morali e sociali, non si sarebbero potute sviluppare attraverso la semplice legge della selezione naturale, non avendo questa potere teleologico, ma che «un’Intelligenza superiore deve aver guidato lo sviluppo dell’uomo in una ben precisa direzione e per uno scopo speciale, esattamente come l’uomo governa lo sviluppo di molte forme animali e vegetali. […] È più probabile che la vera legge si trovi troppo in profondità perché possa essere scoperta; tuttavia mi sembra che si abbiano ampie indicazioni che tale legge debba esistere, ed essere forse connessa con l’origine assoluta della vita e dell’organizzazione» (Wallace, 1870). La lettura di questo saggio lascia indubbiamente perplessi. Se non portasse la firma di Wallace si potrebbe dubitare che l’autore sia lo stesso che aveva scoperto la legge materialistica della selezione naturale. Tuttavia, giudicare gli scritti di Wallace attraverso la lente della moderna concezione del processo evolutivo è un approccio interpretativo deformante. Se ci si pone invece nella corretta prospettiva Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 57 –——————————————————————————————————– storica e si evita di attribuire a Wallace una mentalità scientifica che, in generale, non apparteneva alla sua epoca, ci si accorge che in nessuno dei suoi scritti precedenti sono rintracciabili prove certe che il suo attacco alla creazione speciale e la sua ferma fede nei poteri della selezione naturale implicassero, come implicano oggi per la quasi totalità dei biologi, un netto e generale rifiuto del finalismo. Per Wallace doveva essere chiaro che, qualunque fosse stato il fine della natura (voluto, secondo lui, da una Mente superiore), esso veniva perseguito non tramite la creazione ad hoc di esseri immodificabili, bensì attraverso l’evoluzione di organismi che si trasformano e si differenziano l’uno dall’altro a partire da antenati comuni, grazie all’azione di una legge naturale autosufficiente. Viene pertanto il fondato sospetto che in Wallace, contrariamente che in Charles Darwin, non sia mai avvenuto uno vero strappo con il rassicurante Zeitgeist vittoriano, e che quindi, molto probabilmente, Darwin si sbagliasse nel giudicare incomprensibile il comportamento dell’amico: Wallace non era andato incontro a nessuna «metamorfosi (in direzione retrograda)», bensì ad una lenta, progressiva e sempre più consapevole maturazione di una cosmologia evoluzionistico-teistica per nulla estranea all’ambiente culturale vittoriano. BIBLIOGRAFIA Darwin C. & Wallace A.R., 1858. On the Tendency of Species to Form Varieties; and on the Perpetuation of Varieties and Species by Natural Means of Selection. Journal of the Proceedings of the Linnean Society of London. Zoology 3: 45-62. Focher F., 2006. L’uomo che gettò nel panico Darwin. La vita e le scoperte di Alfred Russel Wallace. Bollati Boringhieri, Torino. Marchant J., 1916. Alfred Russel Wallace; Letters and Reminiscences. Cassell & Co., London. Wallace A.R., 1864. The Origin of Human Races and the Antiquity of Man Deduced from the Theory of Natural Selection. Journal of the Anthropological Society of London 2: 158-170. Wallace A.R., 1870. The Limits of Natural Selection as Applied to Man. In: Contributions to the Theory of Natural Selection. A Series of Essays. Macmillan & Co., London. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 58 –——————————————————————————————————– WALLACEA… A GENOVA. NATURALISTI LEGATI AL MUSEO DI GENOVA NELLE TERRE DI WALLACE ROBERTO POGGI Conservatore Onorario Museo Civico di Storia Naturale “G. Doria” Via Brigata Liguria 9, 16121 Genova E-mail: [email protected] Alla fine del XIX secolo, dal 1865 al 1894, e quindi esattamente per un trentennio, i territori insulari che vengono genericamente indicati col termine “Wallacea” e quelli a loro prossimi furono oggetto di approfondite esplorazioni e raccolte da parte dei naturalisti legati al Museo Civico di Storia Naturale di Genova, che annoverava all’epoca come Direttore il suo fondatore e grande mecenate Giacomo Doria (1840-1913) e come Vice Direttore quell’impareggiabile museologo che fu Raffaello Gestro (1845-1936). Nella Wallacea propriamente detta radunarono importanti collezioni Odoardo Beccari (1843-1920), Luigi Maria D’Albertis (18411901) e Antonie Augustus Bruijn (1842-1890). Nel 1872 Beccari e D’Albertis insieme visitarono Flores, Timor, Banda, Amboina (oggi=Ambon), Buru, Ceram (=Seram), Ghesser e Goram. Dopo essersi separati, D’Albertis toccò ancora nel 1872 le Key (=Kai), isole che avrebbe esplorato l’anno successivo anche Beccari, il quale fu in seguito a Ternate, Celebes (=Sulawesi) ed ancora Amboina. Importanti contributi giunsero da Bruijn, un ex ufficiale della Marina olandese che Beccari spinse a radunare materiali da donare al Museo di Genova. Da solo o grazie ai suoi cacciatori egli inviò dunque reperti dalle isole di Celebes, Sanghir (=Sangihe), Ternate, Halmahera, Tifore, Tidore e Buru. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 59 –——————————————————————————————————– Ma, al di là della Wallacea, tutti i territori circostanti videro l’intensa attività esplorativa dei naturalisti legati al Museo di Genova. Avevano iniziato nel 1865-66 Doria e Beccari, che furono insieme a Borneo (Sarawak), con la collaborazione di Abdul Kerim; ancora Beccari (tra il 1872 e il 1878) svolse ricerche nelle isole di Sumatra, Giava, Bali, Aru e organizzò tre spedizioni nel settore indonesiano della Nuova Guinea nord-occidentale. D’Albertis da parte sua raccolse nelle Aru, in Australia (Somerset, nel Capo York) e in Nuova Guinea, sia nel settore nordoccidentale (1872) che in quello sud-orientale (Isola Yule e Fly River, 1875-1877). Ulteriori spedizioni in Nuova Guinea sud-orientale (zona di Port Moresby e Is. Goodenough e Trobriand) furono organizzate tra il 1889 e il 1894 da Lamberto Loria (1855-1913), mentre Elio Modigliani (18601932) tra il 1886 e il 1894 effettuò raccolte a Sumatra (Siboga e SiRambé) e nelle isole Nias, Mentawei (=Mentawai) ed Engano (=Enggano), talora con la collaborazione di Abdul Kerim. Infine Leonardo Fea (1852-1903) nei quattro anni compresi tra il 1885 e il 1888 radunò splendide collezioni in Birmania (=Myanmar), che percorse dall’alto bacino dell’Irawaddy sino al Tenasserim. La quantità di reperti zoologici pervenuti al Museo di Genova da tutte queste esplorazioni è stata eccezionale ed altrettanto può dirsi per la qualità (Fig. 1). Dalle casse che giungevano nella prima sede del Museo, a Villetta Di Negro, uscivano centinaia di pelli di mammiferi ed uccelli, decine di vasi di rettili, anfibi e pesci e svariate migliaia di invertebrati, in particolare insetti, in gran parte inediti. I materiali, dopo essere stati tutti accuratamente preparati ed etichettati, vennero in piccola parte studiati direttamente da Doria e Gestro, ma soprattutto inviati ai migliori specialisti mondiali di ogni gruppo, i quali pubblicarono sugli “Annali” del Museo i risultati dei loro studi, descrivendo tra l’altro alcune migliaia di specie nuove per la scienza, che sono tuttora conservate nelle collezioni genovesi e Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 60 –——————————————————————————————————– costituiscono ancor oggi una base indispensabile di confronto per qualsiasi revisione tassonomica che riguardi la fauna presente nell’area austro-malese. Anzi, in considerazione delle gravissime alterazioni ambientali che molte regioni del Sud-Est asiatico hanno subito e stanno continuando a subire, c’è purtroppo il concreto rischio che alcuni di tali taxa non siano più reperibili in natura e che i materiali delle collezioni museali siano ormai gli unici ancora disponibili per le ricerche zoologiche. Non era certo questo il futuro che potevano ipotizzare i due grandi naturalisti di cui quest’anno celebriamo il centenario della scomparsa, avvenuta a distanza di appena 49 giorni l’uno dall’altro: il 19 settembre 1913 per Giacomo Doria, a 73 anni di età, e il 7 novembre per Alfred Russel Wallace, a 90 anni. Figura 1. Località austro-malesi in cui sono state effettuate raccolte zoologiche dai naturalisti legati al Museo di Genova. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 61 –——————————————————————————————————– PROTURA DISTRIBUTION RIDING THE WALLACEA LORIS GALLI*, MATTEO CAPURRO, ANTONIO SARÀ DISTAV, University of Genova. Corso Europa 26, 16132 Genova, Italy *Corresponding author. Email: [email protected] Due to their characteristics (small size, low mobility, low probability of mediated dispersal), soil borne arthropods seem to be good models for biogeographical analysis. Knowledge about Protura is still scarce, but, thanks to the work of many Authors (Imadaté, Tuxen, Womersley, Yin, among others), Asian and Australian faunas are rather well-known. In our contribution we analyzed the distribution of Protura in the Oriental and Australasian Regions (conservatively excluding New Zealand, considered, at least partially, Antarctic), across the so-called Wallacea, referring to the ranges outlined in the Catalogue of the World Protura by Szeptycki (2007), with few more recent updates. At the genus or family level, Protura distribution from both the analyzed Regions can be classified as exclusive/endemic (Oriental or Australasian, respectively), Gondwanan/Pantropical and cosmopolitan; in addition, many taxa recorded in the Oriental Region have their main distribution in the Holarctic one (Table 1). At the species level, more than 80% endemics (even if a degree of caution is ever necessary due to the incompleteness of knowledge) can be detected (Table 1). Unfortunately, there are no data for the Wallacean islands. The faunas of the study Regions result to be quite well differentiated, and this seems also supported by the fact that only 4 species are shared (Condeellum crucis, Australentulus noseki, Silvestridia keijiana and S. solomonis). Will further studies in the Indonesia islands lying in the Wallacea give a contribution to better delineate the boundaries between Oriental and Australasian Region, or will they create much more confusion? Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 62 –——————————————————————————————————– Chorotype Genus Endemic species* ORIENTAL REGION – Total number of species: 226 (81.9% endemics) Paracondeellum Yin, Xie, Zhang, 1994 1 Polyadenum Yin, 1980 1 Oriental Zhongguohentomon Yin, 1979 2 Neanisentomon Zhang & Yin, 1984 3 Hesperentomon Price, 1960 3 Huhentomon Yin, 1977 1 Neocondeellum Tuxen & Yin, 1982 3 Neobaculentulus Yin, 1984 1 Notentulus Yin, 1989 1 Filientomon Rusek, 1974 Huashanentulus Yin, 1980 Oriental + Holarctic Tuxenentulus Imadaté, 1973 1 Fujientomon Imadaté, 1964 1 Sinentomon Yin, 1965 1 Anisentomon Yin, 1977 4 Paranisentomon Zhang & Yin, 1984 3 Pseudanisentomon Zhang & Yin, 1984 16 Antelientomon Yin, 1974 2 Condeellum Tuxen, 1963 3 Australentulus Tuxen, 1967 5 Bolivaridia Bonet, 1942 1 Gondwanan/ Pantropical Kenyentulus Tuxen, 1981 29 Madagascaridia Nosek, 1978 1 Silvestridia Bonet, 1942 Protentomon Ewing, 1921 Baculentulus Tuxen, 1977 12 Berberentulus Tuxen, 1963 2 Cosmopolitan Gracilentulus Tuxen, 1963 4 Eosentomon Berlese, 1908 84 AUSTRALASIAN REGION – Total number of species: 41 (80.5% endemics) Tasmanentulus Tuxen, 1984 2 Australasian Condeellum Tuxen, 1963 Amphientulus Tuxen, 1981 5 Gondwanan/ Australentulus Tuxen, 1967 6 Pantropical Silvestridia Bonet, 1942 Isoentomon Tuxen, 1975 2 Acerentulus Berlese, 1908 1 Baculentulus Tuxen, 1977 1 Cosmopolitan Berberentulus Tuxen, 1963 3 Eosentomon Berlese, 1908 13 Table 1. Biogeographic classification of Protura families and genera recorded in the Oriental and Australasian Regions (* Nr of “endemic” species see text). Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 63 –——————————————————————————————————– BIOGEOGRAFIA DEL MEDITERRANEO: DINAMICA E CAMBIAMENTO XXXIX Congresso della SOCIETA’ ITALIANA DI BIOGEOGRAFIA “Liguria: dagli Appennini alle Alpi..….passando per il mare” Rapallo, 29-31 maggio 2013 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 64 –——————————————————————————————————– PLANT BIOGEOGRAPHY IN THE WESTERN MEDITERRANEAN BASIN: NEW INSIGHTS FROM PHYLOGEOGRAPHICAL STUDIES JÉRÉMY MIGLIORE1*, ALEX BAUMEL1, MARINE POUGET1, KATIA DIADEMA2, VIRGILE NOBLE1,2, AGATHE LERICHE1, FRÉDÉRIC MÉDAIL1 1 Institut Méditerranéen de Biodiversité et d’Ecologie marine et continentale, IMBE UMR Aix-Marseille Université / IRD 237 / CNRS 7263, Technopôle de l’Environnement Arbois-Méditerranée, Bâtiment Villemin, BP 80, 13545 Aix-en-Provence cedex 04, France; 2 Conservatoire Botanique National Méditerranéen de Porquerolles, 34 avenue Gambetta, 83400 Hyères, France *Corresponding author. Email: [email protected] Species diversity is unevenly distributed across the globe, with some concentrations of taxa within few relatively restricted biodiversity hotspots. In a conservation perspective, these areas associate high levels of species richness and endemism with high losses of “pristine” vegetation due to increased human population density (Myers et al., 2000). With the growing number of threatened species, much attention has been focused on the taxonomic level (i.e. species richness and endemism) within these biodiversity hotspots to identify priority areas for conservation. However, there are two other important components of biodiversity: functional diversity and evolutionary diversity. With the exponential increase of molecular tools, it is now largely admitted that the conservation of evolutionary processes sustaining biodiversity needs to be acknowledged as a priority task in the face of global change. Here, we aim to explore how a multidisciplinary approach centered on phylogeography can be used not only to infer the origin, dynamics and persistence of current patterns of biodiversity, but also to discuss the role of conservation biogeography and population genetics in biodiversity management, especially in the Western Mediterranean Basin. The Mediterranean region is an outstanding biogeographical crossroad which results from a complex history and highly heterogeneous environmental factors. Within the Palearctic, the Mediterranean has been considered as one of the 34 global biodiversity hotspots, since it encompasses 20% of the world’s total floristic richness in only 2% of the world’s surface (Médail & Quézel, 1997; Blondel & Médail, 2009). More recently, the multiplication of biological models genetically studied in the Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 65 –——————————————————————————————————– Mediterranean has conducted to define this region as a key hotspot of plant evolutionary history where genetic lineages of different Tertiary origins were shaped by the Quaternary glacial and interglacial cycles (Comes, 2004; Médail & Diadema, 2009). In this context, a new great challenge in the Mediterranean consists in taking into account the processes underlying the spatial and temporal dimensions of genetic variation at several spatial scales, in order to define key areas for biodiversity conservation in a changing world. A review of the literature aimed firstly at identifying congruent phylogeographical patterns for plants in the Mediterranean, focusing on the delimitation of glacial refugia (Médail & Diadema, 2009). Refugia have played an unsuspected role in shaping modern biodiversity in temperate regions, and especially around the Mediterranean. Response of plants and vegetation to natural change in climate and their survival in spatiallyrestricted refugia provide thus important insights to predict the effects of future climate change on biodiversity patterns. Of the 52 refugia defined, they were generally distributed either in low-altitude areas, notably moist sites, in deep gorges with continued moisture availability, and at midaltitude. Half of these “phylogeographical refugia” are largely associated with the ten regional hotspots of taxonomic diversity, being mainly situated in mountains and islands (Médail & Quézel, 1997; Médail & Diadema, 2009). They represent thus climatically stable areas characterized by the cumulative effects of complex historical and environmental factors that have occurred since the Tertiary and not only during the Last Glacial Maximum (ca 21,000 years BP.). To precise the location of these refugia, and more generally key evolutionary areas, we have to consider the high specificity of the Mediterranean mosaic of ecosystems by confronting the relative importance of historical and modern drivers on the biodiversity patterns (species richness, endemism, range size of species, and genetic variability) for different groups of species. At the interface between the Temperate, Alpine and Mediterranean bioclimatic regions, the Maritime and Ligurian hotspot in the south-western Alps is a relevant regional biodiversity hotspot with contrasted topography and historical biogeography (Médail & Diadema, 2006; Casazza et al., 2008). In the framework of a new french-italian program (BIODIVAM), we investigate the fundamental relationships between population processes and regional patterns of diversity and biogeography for flora and fauna. We are analyzing some key insights of a comparative phylogeography recently undertaken at the regional spatial scale, in order to identify patterns of genetic structure, migrations routes and genetic discontinuities. Another objective consists in evaluating spatial congruences with patterns of Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 66 –——————————————————————————————————– endemism and plant diversity established in south-western Alps. The taxonomic and evolutionary diversities will be then compared to the existing protected areas to evaluate the efficiency of the current network and to propose orientations for future improvements. However, evolution does not stop to hotspot areas! To promote more sustainable strategies of conservation, we have chosen to better understand the evolutionary history of Mediterranean representative plants at different spatial scales through an integrative phylogeography approach. This road to statistical phylogeography implies thus to draw together information from genetics to ecology and paleontology, to understand the processes underlying the spatial and temporal dimensions of genetic variation. Here, we explore in parallel to Mediterranean biogeography, how a multidisciplinary approach integrating molecular and fossil data with species distribution modeling can be used to infer the effects of past climate change on the distribution and genetic diversity of plants. Outside a biodiversity hotspot (S-E France) and despite its narrow distribution (ca. 145 km²), Arenaria provincialis (Caryophyllaceae) harbours a high level of nucleotidic variation within chloroplast DNA loci, supporting its persistence during the whole Pleistocene period (Pouget et al., in revision). Genetic, ecological and abundance data even emphasize the relevance of phylogeography to address the central-marginal hypothesis (Eckert et al., 2008) for Mediterranean endemic plants. The historical and ecological distinctiveness of populations can be used to define evolutionary significant units (Youssef et al., 2011; Pouget et al., in rev.). At a wider spatial scale, we provide a particular focus related to our recent findings about the phylogeography of the genus Myrtus (Myrtaceae), one of the few cases of circum-Mediterranean plant to have been studied at the scale of its whole distribution (Migliore et al., 2012). The Tertiary genus Myrtus bears witness to the evolutionary response of the flora to successive environmental changes, such as the Messinian salinity crisis, the onset of the Mediterranean climate, and the Quaternary climatic oscillations, including European glacial and interglacial periods and even Saharan arid and humid ones. Our comprehensive sampling of the populations of Myrtus communis in the Mediterranean and the centralSaharan endemic M. nivellei was analyzed using a multimarker approach to depict the historical biogeography of this genus through molecular dating and ancestral area reconstructions. A striking ability to persist locally in various climatic refugia is therefore associated to migration capacities to reach new areas over time (Migliore et al., in revision). Thus, the combination of spatial phylogeography and taxonomic diversity appears as a powerful test of assemblage-scale responses to Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 67 –——————————————————————————————————– environmental changes, and thereby provides a means for critical assessment of the scenarios produced by modeling of species’ distributions under paleoclimates. This provides also some robust predictions of future biogeographical processes related to global change. REFERENCES Blondel J. & Médail F., 2009. Biodiversity and conservation. In: Woodward J.C. Ed. The physical geography of the Mediterranean. Oxford University Press, Oxford: 615-650. Casazza G., Zappa E., Mariotti M.G., Médail F. & Minuto L., 2008. Ecological and historical factors affecting distribution patterns and richness of endemic plant species: the case of the Maritime and Ligurian Alps hotspot. Diversity and Distributions 14: 47-58. Comes H.P., 2004. The Mediterranean region - a hotspot for plant biogeographic research (Plant evolution in Mediterranean climate zones - IXth Meeting of the International Organization of Plant Biosystematics, Valencia, Spain, May 2004). New Phytologist 164: 11-14. Eckert C.G., Samis K.E. & Lougheed S.C., 2008. Genetic variation across species’ geographical ranges: the central-marginal hypothesis and beyond. Molecular ecology 17: 1170-1188. Médail F. & Diadema K., 2006. Biodiversité végétale méditerranéenne et anthropisation : approches macro et micro-régionales. Annales de Géographie 651: 169-192. Médail F. & Diadema K., 2009. Glacial refugia influence plant diversity patterns in the Mediterranean Basin. Journal of Biogeography 36: 1333-1345. Médail F. & Quézel P., 1997. Hot-spots analysis for conservation of plant biodiversity in the Mediterranean Basin. Annals of the Missouri Botanical Garden 84: 112-127. Migliore J., Baumel A., Juin M. & Médail F., 2012. From Mediterranean shores to central Saharan mountains: key phylogeographical insights from the genus Myrtus. Journal of Biogeography 39: 942-956. Migliore J., Baumel A., Juin M., Duong N., Fady B., Roig A. & Médail F. Surviving in mountain climate refugia: new insights from the genetic structure and diversity of the relictual shrub Myrtus nivellei (Myrtaceae) in the Sahara desert. PLoS ONE, in revision. Myers N., Mittermeier R.A., Mittermeier C.G., Da Fonseca G.A.B. & Kent J., 2000. Biodiversity hotspots for conservation priorities. Nature 403: 853-858. Pouget M., Youssef S., Migliore J., Juin M., Médail F. & Baumel A. Phylogeography shed light on the central-marginal hypothesis in a Mediterranean narrow endemic plant. Annals of Botany, in revision. Youssef S., Baumel A., Véla E., Juin M., Dumas E., Affre L. & Tatoni T., 2011. Factors underlying the narrow distribution of the Mediterranean annual plant Arenaria provincialis (Caryophyllaceae). Folia Geobotanica 46: 327-350. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 68 –——————————————————————————————————– DEEP-SEA BIOGEOGRAPHY: TESTING FOR LATITUDINAL, LONGITUDINAL, BATHYMETRIC AND ENERGETIC GRADIENTS DRIVING DEEP-SEA BIODIVERSITY ROBERTO DANOVARO Department of Life and Environmental Sciences, Polytechnic University of Marche, Via Brecce Bianche, 60131 Ancona, Italy. Fax: +39 071 2204650; e-mail: [email protected] The knowledge of the spatial distributions of species diversity both in marine and terrestrial ecosystems is one of the main goals of ecology and evolution. In particular, understanding how biodiversity varies at different spatial scales and the drivers of these patterns is a crucial issue in current research. This is particularly evident for the deep sea, the largest biome of the biosphere, where information on the spatial and temporal variability of biodiversity is almost completely lacking. Although the Mediterranean basin covers <1% of the world ocean surface, none the less it hosts more than 7.5% of the global biodiversity. The high biogeographic complexity and the presence of steep ecological gradients contribute in making the Mediterranean a region of very high diversity. Here we report the results of a series of investigations on the patterns of deep-sea biodiversity in the Mediterranean Sea and other oceanic regions, in relation with bathymetric, latitudinal, longitudinal and energetic gradients. We report here the presence of a high biogeographic complexity in the deep benthic domain of the Mediterranean Sea. This was largely related to the variability of species richness and turnover (beta) biodiversity. Using, for the first time, a hierarchical sampling strategy from 10s of meters (small scale) to 100s of kilometers (macroscale, between basins) we found that the variability in faunal biodiversity was 2-3 times lower than the one observed for Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 69 –——————————————————————————————————– abundance. Turnover diversity was highest at the macroscale, followed by variability at the mesoscale, which in turn were higher than those observed at the local scale. But turnover diversity was uncoupled with values of species richness. Functional diversity was largely associated to the change in the richness of deep-sea predators. We observed that the drivers of spatial variability of biodiversity were different at different spatial scales. Food quantity play a key role in controlling variability in biodiversity at the macroscale, while food quality and bioavailability play a key role in driving beta diversity at lower spatial scales. We conclude that changes in food availability, expected also as a consequence of climate change, will have a significant impact in setting biogeographic constraints of deep-sea species. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 70 –——————————————————————————————————– DISTRIBUZIONE, ECOLOGIA E CONSERVAZIONE DEI CORALLI NERI (ANTHOZOA, ANTIPATHARIA) DEL MEDITERRANEO MARZIA BO*, GIORGIO BAVESTRELLO Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita, Università di Genova. Corso Europa, 26 16132 Genova *Corresponding author. Email: [email protected] I coralli neri sono il gruppo meno noto tra gli antozoi del Mediterraneo a causa delle elevate profondità alle quali vivono. Cinque specie, tutte con distribuzione atlanto-mediterranea, sono note per questo bacino: Antipathes dichotoma Pallas, 1766, Antipathes fragilis Gravier, 1918 (Family Antipathidae), Parantipathes larix (Esper, 1790) (Family Schizopathidae), Leiopathes glaberrima (Esper, 1792) (Family Leiopathidae) ed Antipathella subpinnata (Ellis & Solander, 1786) (Family Myriopathidae) (Bo et al., 2008, 2009, 2010). Una sesta specie, appartenente a quest’ultima famiglia e tipicamente atlantica, Antipathella wollastoni (Johnson, 1899) è stata riportata per Gibilterra. Attualmente è in corso la descrizione di una nuova specie, probabilmente appartenente alla famiglia Aphanipathidae e proveniente dal Canale di Menorca. Tra quelle elencate, quattro sono le specie tipo dei rispettivi generi. In Mediterraneo questi organismi non sono mai stati soggetti a sfruttamento diretto sebbene il loro scheletro sia stato utilizzato fin dal neolitico come talismano e moneta di scambio. Fino a 5 anni fa gli scarsi dati presenti in letteratura identificavano le specie mediterranee di antipatari come molto rare, raccolte solo in località esplorate a fondo come il Golfo di Marsiglia e quello di Napoli. L’utilizzo del ROV ha rappresentato un punto di svolta nello studio degli ecosistemi profondi. Con questa tecnica il numero di Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 71 –——————————————————————————————————– ritrovamenti nel Mediterraneo si è moltiplicato permettendo una dettagliata descrizione della biodiversità di questo gruppo e della sua distribuzione nel Mediterraneo. A. dichotoma, è la prima specie descritta per l’intero ordine e sebbene esistano segnalazioni tropicali, oggi si attribuiscono queste ultime ad una specie separata, A. griggi Opresko, 2009. La specie cogenerica A. fragilis è la meno nota dell’antipatofauna mediterranea. É stata raccolta solo due volte, nel Golfo di Napoli e nel Mare Balearico. A. subpinnata, invece, un tempo considerata rara, è oggi riconosciuta come ampiamente distribuita nel Mediterraneo al di sotto dei 60 m. Probabilmente vive anche nell’Atlantico orientale dove i record sono dubbi a causa della possibile confusione con A. wollastoni (Bo et al., 2008). Il genere Antipathella presenta una tipica distribuzione tetiana essendo presente con una terza specie, A. fiordensis (Grange, 1990), nelle acque neozelandesi. L. glaberrima occupa fondi rocciosi tra 200 and 600 m ed è spesso segnalata sui banchi a coralli bianchi. P. larix appartiene a una famiglia che comprende principalmente specie profonde. Caratterizzata da una colonia con morfologia a cipresso, può formare ampie praterie prevalentemente su fondi duri infangati al di sotto dei 100 m. Da un punto di vista ecologico gli antipatari giocano un ruolo cruciale negli ambienti in cui costituiscono dense foreste come nel caso di A. subpinnata sulle coste calabresi (Bo et al., 2009). A causa delle dimensioni notevoli, talvolta eccedenti i due metri di altezza, e della morfologia arborescente i coralli neri ospitano una fauna associata abbondante e diversificata, sessile o vagile, adattata alla vita sia sui tessuti viventi del corallo (come idrozoi, policladi, echinodermi, pesci) che sulle sue porzioni scheletriche morte (come spugne, anemoni, briozoi, ascidie, bivalvi e policheti) (Bo et al., 2011). Le indagini ROV hanno messo in risalto che i coralli neri mediterranei sono soggetti a notevoli rischi principalmente dovuti all’impatto della pesca sia professionale che ricreativa. La pesca a Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 72 –——————————————————————————————————– strascico ha una influenza diretta principalmente sulle praterie di P. larix che si insediano sui fondi strascicabili. D’altra parte lo strascico aumenta la sedimentazione che danneggia indirettamente i coralli neri insediati sui fondi duri adiacenti. La piccola pesca o la pesca ricreativa, operata tramite reti e palamiti, danneggia direttamente le colonie che restano impigliate negli attrezzi. È necessario che le scogliere profonde, così come i tratti di fondo mobile non soggetti allo strascico siano tutelati con particolare attenzione al fine di preservare le foreste dei coralli neri del Mediterraneo (Bo et al., 2012). BIBLIOGRAFIA Bo M., Tazioli S. & Bavestrello G., 2008. Antipathella subpinnata (Antipatharia, Myriopathidae) in Italian seas. Italian Journal of Zoology 75: 185–195 Bo M., Bavestrello G., Canese S., Giusti M., Salvati E., Angiolillo M. & Greco S., 2009. Characteristics of a black coral meadow in the twilight zone of the central Mediterranean Sea. Marine Ecology Progress Series 397: 53-61. Bo M., Bavestrello G., Canese S., Giusti M., Angiolillo M., Cerrano C., Salvati E. & Greco S., 2010. Coral assemblages off the Calabrian Coast (South Italy) with new observations on living colonies of Antipathes dichotoma. Italian Journal of Zoology 78: 231 — 242 Bo M., Di Camillo C.G., Puce S., Canese S., Giusti M., Angiolillo M. & Bavestrello G., 2011. A tubulariid hydroid associated with anthozoan corals in the Mediterranean Sea. Italian Journal of Zoology 78: 487– 496 Bo M, Canese S, Spaggiari C, Pusceddu A, Bertolino M, Angiolillo M., Giusti M., Loreto M.F., Salvati E., Greco S. & Bavestrello G., 2012. Deep Coral Oases in the South Tyrrhenian Sea. PLoS ONE 7(11): e49870. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 73 –——————————————————————————————————– I CETACEI DEL MEDITERRANEO: ASPETTI BIOGEOGRAFICI GIUSEPPE NOTARBARTOLO DI SCIARA* Tethys Research Institute, Viale G.B. Gadio 2, 20121 Milano *Email: [email protected] Malgrado la loro ampia distribuzione e grande capacità di dispersione, le popolazioni dei cetacei sono spesso strutturate a livello regionale e talvolta sub-regionale, in risposta alla presenza di barriere geografiche e a variazioni oceanografiche e climatiche. Esemplare, in tal senso, è la fauna di cetacei del Mediterraneo. Delle 11 specie regolari nella regione, 10 (balenottera comune, Balaenoptera physalus; capodoglio, Physeter macrocephalus; zifio, Ziphius cavirostris; orca, Orcinus orca; globicefalo, Globicephala melas; grampo, Grampus griseus; tursìope, Tursiops truncatus; delfino comune, Delphinus delphis, stenella striata, Stenella coeruleoalba; steno, Steno bredanensis) derivano da popolazioni atlantiche, che hanno colonizzato il Mediterraneo in epoca successiva alla crisi di salinità del Messiniano. Completa il quadro delle specie regolari la focena, Phocoena p. relicta (sottospecie del Mar Nero), limitata alla porzione settentrionale del Mare Egeo, che è invece di chiara provenienza pontica. La presenza regolare dell’orca è limitata alle acque dello Stretto di Gibilterra, quella del globicefalo al Mediterraneo occidentale, mentre quella dello steno alla parte orientale del Mar di Levante; le specie rimanenti sono distribuite in maniera longitudinalmente più uniforme. Tutte le specie che sono state oggetto di ricerche genetiche (balenottera comune, capodoglio, zifio, grampo, tursìope, delfino comune e stenella striata) hanno rivelato differenze tra le popolazioni Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 74 –——————————————————————————————————– atlantiche e quelle mediterranee, indicando diversi livelli di isolamento riproduttivo di queste ultime. Inoltre, vi sono altre specie atlantiche (megattera, Megaptera novaeangliae; balenottera minore, B. acutorostrata; pseudorca, Pseudorca crassidens) che fanno frequente comparsa in Mediterraneo, seppure non vi siano rappresentate da popolazioni che vi risiedono in permanenza. Infine, ricordiamo la rara presenza in Mediterraneo di un piccolo numero di specie erratiche, in prevalenza provenienti dall’Atlantico (balenottera boreale, B. borealis; balena franca, Eubalaena glacialis; cogia di Owen, Kogia sima; iperodonte boreale, Hyperoodon ampullatus; mesoplodonte di Blainville, Mesoplodon densirostris; mesoplodonte di Gervais, M. europaeus), ma anche dal Mar Rosso (susa indopacifica, Sousa chinensis) e perfino dall’Oceano Pacifico (balena grigia, Eschrichtius robustus). Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 75 –——————————————————————————————————– MONITORING THE CHANGING MEDITERRANEAN FISH DIVERSITY: THE PROMISE OF COMMUNITY-BASED ACTIONS ERNESTO AZZURRO* ISPRA, National Institute of Environmental Protection and Research, Sts Livorno, Piazzale dei Marmi 2, 57123 Livorno Italy * Email: [email protected] The Mediterranean biodiversity is rapidly changing under the increasing pressure of climate change and biological invasions. The opening of the Suez Canal in 1869, allowed the passage of hundreds of tropical species from the Red Sea (Zenetos et al., 2012), starting a new episode in the Mediterranean history. Other tropical species arrive by natural means, expanding their distribution from the Atlantic Ocean trough the Straits of Gibraltar. These two major biotic fluxes act on very different time-scales, but both are thought to have enormously accelerated in the last two decades, resulting in a rapid ‘tropicalization’ (Bianchi, 2007) or even ‘demediterraneization’ (Quignard and Tomasini, 2000) of the Mediterranean fauna and flora. Changes in geographic distribution are also evident for a variety of native species that are now expanding northwards, conquering the coldest sectors of the basin (CIESM, 2008). What is the speed of these changes? Are there natural barriers to the dispersal of tropical biota? What can we predict for the future? Species occurrence records are a unique source of information to answer these questions and today this kind of data is being increasingly used for mapping and predicting biodiversity changes (e.g. Albouy et al., 2012). Moreover, records of species found out of their distribution limits, appear almost weekly to the point that new scientific journals have been created with the sole scope to publish these occurrences. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 76 –——————————————————————————————————– Here we compiled the historical sighting of exotic fish species in the Mediterranean Sea. A dynamic reconstruction of these records is given and some important bio-geographical implications are highlighted. Data were extracted from a total of 457 published sources, spanning from 1896 to 2013. Presence records were geo-referenced using ArcGIS 9.3 as Geographical Information System (GIS). Documentation of biological, ecological, taxonomic information, introduction pathways and other relevant data for each species was also considered. This database was here explored to: 1) reconstruct the chronology of exotic fish occurrences in the Mediterranean Sea and 2) provide insights on the methods we have used so far to detect these species. Results show as the boundaries of the ‘Lessepsian Province’ (Por, 1990) are vanishing, whilst an increasing number of Indo-Pacific species rapidly progress towards the Western Mediterranean and towards the Adriatic and northern Aegean Seas. The Sicily strait and the 38th parallel of Aegean are no longer insurmountable barriers to the dispersion of tropical fishes and the whole Mediterranean is rapidly loosing its biotic identity, in a sort of ‘crossroad’ between the Atlantic and the Indo-Pacific worlds. Our findings also illustrate a striking aspect of the study of Mediterranean fish invasions, that is the lack of survey methodologies. We are certainly witnessing changes of geological proportions in our lifetime, but at the same time we are loosing most of the information, because of the limited and non-continuous nature of scientific monitoring. The discovery of exotic fishes is usually an empiric, not planned episode and appropriate monitoring procedures are lacking for the Mediterranean region. The reasons why the process is inadequately and unequally followed are related to the massive efforts that would be needed to monitor and survey changes in species distribution over large spatial and temporal scales. To overcome this gap, new methodological approaches and reliable solutions are urgently needed. Toward this end, Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 77 –——————————————————————————————————– community-based actions are expected to have a role for Mediterranean research (CIESM, 2008) and in the last few years it starts to be tested, with some encouraging results (e.g. Azzurro et al., 2011). These emerging participatory approaches are here illustrated, with emphasis on the recent upsurge of Local Ecological Knowledge and Citizen Science networks. REFERENCES Albouy C., Guilhaumon F., Araújo M.B., Mouillot D. & Leprieur F., 2012. Combining projected changes in species richness and composition reveals climate change impacts on coastal Mediterranean fish assemblages. Global Change Biology 18: 2995-3003 Azzurro E., Moschella P. & Maynou F., 2011.Tracking signals of change in Mediterranean fish diversity based on Local Ecological Knowledge. Plos ONE 6(9) e24885. Bianchi, C.N., 2007. Biodiversity issues for the forthcoming tropical Mediterranean Sea. Hydrobiologia, 580: 7-21. CIESM workshop 35, 2008. Climate warming and related changes in Mediterranean marine biota, Briand F., Ed. 152 pages, Monaco. Por F.D., 1990. Lessepsian migration. An appraisal and new data. In: Godeaux J. Ed. A propos des migrations lessepsiennes. Bulletin de l’Institut Oceanographique Monaco. Num. Special 7: 1-10. Quignard J.P. & Tomasini J.A., 2000. Mediterranean fish biodiversity. Biologia Marina Mediterranea 7 (3): 1-66. Zenetos A., Gofas S., Morri C., Rosso A. & Violanti D., 2012. Alien species in the Mediterranean Sea by 2012. A contribution to the application of European Union’s Marine Strategy Framework Directive (MSFD). Part 2. Introduction trends and pathways. Mediterranean Marine Science 13 (2): 328-352 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 78 –——————————————————————————————————– CHECKLIST OF CAVE-DWELLING PORIFERA FROM THE LIGURIAN SEA BARBARA CADEDDU1*, PAOLO MELIS1, ROBERTO PRONZATO2, RENATA MANCONI1 1 2 Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio, Università di Sassari, Via Muroni 25, 07100, Sassari, *[email protected] Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita, Università di Genova, Corso Europa 26, 16132 Genova, Italy The checklist of the cave-dwelling sponge fauna from the Ligurian Sea is reported from literature (Cadeddu, 2012; Manconi et al., 2013). Sponges are recorded from 12 caves: 1. Punta Falconara caves (44°01'32''N 8°13'33''E); 2. Punta Sciusciaù caves (44°01'32''N 8°13'33''E); 3. Bergeggi Cave (44°14'38''N 8°26'37''E); 4. San Fruttuoso Cave (44°18'58''N 9°10'32''E); 5. Punta Carega Cave (44°19'02''N 9°10'38''E); 6. Paraggi Cave (44°18'43''N 9°12'36''E); 7. W-Zoagli Cave (44°20'N 9°16'E); 8. Galleria Zoagli-Chiavari Cave (44°19'N 9°17'E); 9. Piccola Zoagli-Chiavari Cave (44°19'N 9°17'E); 10. Corridoio Punta Manara (44°15'N 9°24'E); 11. Punta Manara Cave (44°15'N 9°24'E); 12. W-Bonassola Cave (44°11'N 9°35'E); 13. Tinetto Cave (44°01'24''N 9°51'03''E); 14. Lerici Cave (44°04'33''N 9°55'00''E). Taxonomic richness of cave-dwelling Porifera resulted in a total value of 60 species, belonging to 42 genera, 31 families, 15 orders, and 3 classes. The chorological categories are dominated by Cosmopolitan (C, n=23; 38%) and Atlanto-Mediterranean (AM, n=22; 37%) species, whereas lower values refer to Mediterranean endemics (E, n=12; 20%), Amphiatlantic (AA, n=2; 3%), and Indo-Mediterranean (IM, n=1; 2%) species. The following species were recorded: Clathrina clathrus (Schmidt, 1864) (E; 3, 10; Sarà, 1964; Bianchi et al., 1986; Bianchi & Morri, 1994); C. coriacea (Montagu, 1818) (C; 7, 8, 9, 10, 11; Sarà, 1964); C. rubra Sarà, 1958 (AM; 8; Sarà, 1964); Leucetta solida (Schmidt, 1862) (IM; 8; Sarà, 1964); Sycon elegans (Bowerbank, 1845) (C; 8; Sarà, 1964); S. raphanus Schmidt, 1862 (C; 5, 8; Sarà, Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 79 –——————————————————————————————————– 1964); Leucandra aspera (Schmidt, 1862) (C; 8; Sarà, 1964); Petrobiona massiliana Vacelet & Lévi, 1958 (E; 3; Bianchi et al., 1986; Bianchi & Morri, 1994); Oscarella lobularis (Schmidt, 1862) (AA; 13; Balduzzi et al., 1994; Cocito et al., 2002); Plakortis simplex Schulze, 1880 (C; 12; Sarà, 1964); Stelletta grubii Schmidt, 1862 (AA; 5; Sarà, 1964); Penares euastrum (Schmidt, 1868) (AM; 13; Cocito et al., 2002); P. helleri (Schmidt, 1864) (AM; 13; Cocito et al., 2002); Erylus discophorus (Schmidt, 1862) (AM; 3; 11; 12; Sarà, 1964; Bianchi et al., 1986); Delectona madreporica Bavestrello et al., 1997 (E; 6; Bavestrello et al., 1997); Cliona celata Grant, 1826 (C; 8; Sarà, 1964); C. viridis (Schmidt, 1862) (C; 3, 8; Sarà, 1964; Bianchi et al., 1986); Diplastrella bistellata (Schmidt, 1862) (AM; 3; Bianchi et al., 1986); Spirastrella cunctatrix Schmidt, 1868 (AM; 3; Bianchi et al., 1986); Aaptos aaptos (Schmidt, 1864) (C; 3, 5; Sarà, 1964; Bianchi et al., 1986; Bianchi & Morri, 1994); Suberites carnosus (Johnston, 1842) (C; 9, 12; Sarà, 1964); Terpios fugax Duchassaing & Michelotti, 1864 (C; 9; Sarà, 1964); Chondrosia reniformis Nardo, 1847 (C; 1, 2, 3, 7, 9, 11, 13; Sarà, 1964; Bianchi et al., 1986; Balduzzi et al., 1994; Bianchi & Morri, 1994; Cocito et al., 2002); Chondrilla nucula Schmidt, 1862 (C; 6; Arillo et al., 1993); Clathria (Clathria) toxivaria (Sarà, 1959) (E; 8; Sarà, 1964); Clathria (Microciona) toxitenuis Topsent, 1925 (AM; 11; Sarà, 1964); Antho (Antho) involvens (Schmidt, 1864) (C; 11; Sarà, 1964); Rhabderemia topsenti van Soest & Hooper, 1993 (AM; 12; Sarà, 1964); Crambe crambe (Schmidt, 1862) (AM; 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12; Sarà, 1964); Hemimycale columella (Bowerbank, 1874) (AM; 8; Sarà, 1964); Hymedesmia (Hymedesmia) castanea Sarà, 1964 (E; 11; Sarà, 1964); H. paupertas (Bowerbank, 1866) (AM; 8, 9; Sarà, 1964); Phorbas fictitius (Bowerbank, 1866) (AM; 11, 12; Sarà, 1964); P. tenacior (Topsent, 1925) (AM; 1, 2, 3, 11; Sarà, 1964; Balduzzi et al., 1994; Bianchi & Morri, 1994); Mycale (Aegogropila) tunicata (Schmidt, 1862) (AM; 12; Sarà, 1964); Axinella cannabina (Esper, 1794) (E; 3; Bianchi & Morri, 1994); A. damicornis (Esper, 1794) (AM; 13; Cocito et al., 2002); A. verrucosa (Esper, 1794) (AM; 3, 4; Pansini, 1984 Bianchi & Morri, 1994); Acanthella acuta Schmidt, 1862 (AM; 3; Bianchi & Morri, 1994); Agelas oroides (Schmidt, 1864) (E; 3; Bianchi Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 80 –——————————————————————————————————– & Morri, 1994); Haliclona (Haliclona) varia (Sarà, 1958) (E; 11, 12; Sarà, 1964); Haliclona (Reniera) cinerea (Grant, 1826) (C; 7, 8, 12; Sarà, 1964); Haliclona (Soestella) mucosa (Griessinger, 1971) (AM; 4; Pulitzer-Finali, 1983); Petrosia (Petrosia) ficiformis (Poiret, 1789) (AM; 1, 2, 3, 6, 13; Bianchi et al., 1986; Arillo et al., 1993; Balduzzi et al., 1994; Bianchi & Morri, 1994; Cocito et al., 2002); Aplysilla rosea (Barrois, 1876) (C; 7, 13, 14; Sarà, 1964; Pulitzer-Finali & Pronzato, 1980); Dysidea avara (Schmidt, 1862) (C; 3; Bianchi & Morri, 1994); D. fragilis (Montagu, 1818) (C; 7, 8, 9, 12; Sarà, 1964); D. incrustans (Schmidt, 1862) (AM; 14; Pulitzer-Finali & Pronzato, 1980); Ircinia oros (Schmidt, 1864) (E; 7; Sarà, 1964); I. variabilis (Schmidt, 1862) (C; 11; 12; 13; Sarà, 1964; Cocito et al., 2002); Sarcotragus fasciculatus (Pallas, 1766) (AM; 8, 11; Sarà, 1964); S. spinosulus Schmidt, 1862 (C; 13; Cocito et al., 2002); Spongia lamella (Schulze, 1879) (E; 3; Bianchi & Morri, 1994); S. officinalis Linnaeus, 1759 (C; 3, 5, 8, 12; Sarà, 1964; Bianchi et al., 1986); S. virgultosa (Schmidt, 1868) (AM; 5, 9, 11, 12; Sarà, 1964); Cacospongia scalaris Schmidt, 1862 (E; 9, 12; Sarà, 1964); Hyrtios collectrix (Schulze, 1880) (AM; 12; Sarà, 1964); Halisarca dujardini Johnston, 1842 (C; 7; Bianchi et al., 1986); Aplysina cavernicola (Vacelet, 1959) (AM; 3; Bianchi & Morri, 1994). Chorological categories (letters), recorded caves (numbers) and references (records) are reported in brackets for each species. For cited records see Cadeddu (2012) and Manconi et al. (2013) and references therein. The status of taxa was checked from Van Soest et al. (2013). REFERENCES Cadeddu B., 2012. Biodiversity assessment in Mediterranean caves: the case of Porifera as model taxon. PhD Thesis, University of Sassari, Italy. Manconi R., Cadeddu B., Ledda F.D. & Pronzato R., 2013. An overview of the Mediterranean cave-dwelling horny sponges (Porifera, Demospongiae). Zookeys 281: 1-68. Van Soest R.W.M., Boury-Esnault N., Hooper J.N.A., Rützler K., de Voogd N.J., Alvarez de Glasby B., Hajdu E., Pisera A.B., Manconi R., Schoenberg C., Janussen D., Tabachnick K.R., Klautau M., Picton B., Kelly M., Vacelet J., Dohrmann M. & Díaz M.C., 2013. World Porifera Database. Available online at http://www.marinespecies.org/porifera. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 81 –——————————————————————————————————– THE CHANGING BIOGEOGRAPHY OF THE MEDITERRANEAN SEA: FROM THE OLD FRONTIERS TO THE NEW GRADIENTS CARLO NIKE BIANCHI1,*, CHARLES F. BOUDOURESQUE2, PATRICE FRANCOUR3, CARLA MORRI1, VALERIANO PARRAVICINI4, JOSÉ TEMPLADO5, ARGYRO ZENETOS6 1 DiSTAV (Department of Earth, Environmental and Life Sciences), University of Genoa, Corso Europa 26, 16132 Genoa, Italy 2 Mediterranean Institute of Oceanography (MIO), Aix-Marseille University, Campus Universitaire de Luminy, case 901, 13288 Marseille cedex 9, France 3 University of Nice-Sophia Antipolis, EA 4228 ECOMERS, Parc Valrose, 06108 Nice cedex 2, France 4 IRD-UR 227 Coreus, Laboratoire Arago, BP 44, 66651 Banyuls sur Mer, France 5 Museo Nacional de Ciencias Naturales, Scientific Spanish Council (MNCNCSIC), Calle José Gutiérrez Abascal 2, 28006 Madrid, Spain 6 Hellenic Centre for Marine Research, PO Box 712, 19013 Anavyssos, Greece * Corresponding author. Email: [email protected] While the Mediterranean Sea as a whole is considered as a single distinctive province of the Atlantic-Mediterranean warm-temperate region, its high compartmentalization into fairly isolated sub-basins implies the existence of a number of distinct biogeographic sectors within the Mediterranean Sea (Lejeusne et al., 2010). A major inner frontier is said to be the Straits of Sicily, which was acting as a filter bridge between the western and eastern basins during the immigration waves from the Atlantic since the Pliocene (Bianchi et al., 2012). However, ongoing rapid environmental change, driven by both climate and human influx, is apparently challenging this long established view (Coll et al., 2010). Present seawater warming is favouring the spread of tropical species entering through the man-made Suez Canal and the natural portal of the Straits of Gibraltar, or introduced intentionally or accidentally by human activities. To date, Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 82 –——————————————————————————————————– marine alien species established in the Mediterranean Sea approach 1000, i.e. nearly one tenth of the native biota (Zenetos et al., 2012). Northward moving of surface isotherms, due to climate warming and to the associate change in water circulation, is allowing warm-water species, either exotic or native, to cross the Straits of Sicily and to penetrate in sub-basins where they were formerly absent (Francour et al., 2010). Thus, the wall between West and East has apparently been torn off: species coming from the tropical Atlantic through Gibraltar have reached the Levant Sea while Red Sea species have reached the Western Mediterranean (Gambi et al., 2008). The spread of tropical organisms together with sea water warming are leading to what has been called the ‘tropicalization’ of the Mediterranean Sea (Bianchi, 2007). Tropicalization has been said to affect especially the southern sectors of the Mediterranean, which result more and more occupied by tropical exotic species. Contemporaneously, the northward spread of southerners, i.e., Mediterranean indigenous species with (sub)tropical affinities which were confined in the southern parts of the basin until recently, should cause the ‘meridionalization’ of the northern sectors, where the temperature conditions are not yet favourable for the tropical invaders. The Ligurian Sea, located in the NW of the basin, is one of the coldest sectors of the Mediterranean. There, sea water warming has been causing mortality of native species with cold-temperate (boreal) affinity and establishment of warm-water newcomers, either southerners or aliens. Based on the analysis of historical data series, temperature rise and warm-water species richness showed correlated between 1950 and 2010. However, notwithstanding a general positive trend, the number of southerner species did not increase consistently – rather, it apparently oscillated over decadal time-scales. On the contrary, the number of tropical aliens has been growing continuously with time; they are showing eurythermal enough to settle and survive in the Ligurian Sea, Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 83 –——————————————————————————————————– flanking or even replacing the natives (Fig. 1). These results contradict the above-mentioned scheme that opposes a ‘tropicalized’ southern Mediterranean to a ‘meridionalized’ northern Mediterranean. The northern Mediterranean is getting more and more tropical too, although pace and intensity of ‘tropicalization’ are lower than in the southern Mediterranean. Figure 1. Historical trend of occurrence of tropical alien (black) and native southerner (light grey) warm-water species in the Ligurian Sea. Data come from surveys on the sessile epibenthos of subtidal rocky reefs. Should the present sea-water warming continue in the future, the Mediterranean would undergo a generalised process of biotic homogenisation, and the well established differentiation among its distinctive sub-basins would probably fade away. The traditional idea of a major biogeographic frontier between western and eastern Mediterranean at the Straits of Sicily should be abandoned in favour of a series of smooth gradients in a south-north direction, with alien species assuming an even greater role in the future biogeography and ecology of the Mediterranean Sea. ACKNOWLEDGEMENTS Work partly done in the frame of the project ‘The impacts of biological invasions climate change on the biodiversity of the Mediterranean Sea’ funded by the Italian Ministry of the Environment. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 84 –——————————————————————————————————– REFERENCES Bianchi C.N., 2007. Biodiversity issues for the forthcoming tropical Mediterranean Sea. Hydrobiologia 580: 7-21. Bianchi C.N., Morri C., Chiantore M., Montefalcone M., Parravicini V. & Rovere A., 2012. Mediterranean Sea biodiversity between the legacy from the past and a future of change. In: Stambler N. Ed. Life in the Mediterranean Sea: a look at habitat changes. Nova Science Publishers, New York: 1-55. Coll M., Piroddi C., Steenbeek J., Kaschner K., Ben Rais Lasram F., Aguzzi J., Ballesteros E., Bianchi C.N., Corbera J., Dailianis T., Danovaro R., Estrada M., Froglia C. , Galil B.S., Gasol J.M., Gertwagen R., Gil J., Guilhaumon F., Kesner-Reyes K., Kitsos M.S., Koukouras A., Lampadariou N., Laxamana E., López-Fé de la Cuadra C.M., Lotze H.K., Martin D., Mouillot D., Oro D., Raicevich S., Rius-Barile J., SaizSalinas J.I., San Vicente C., Somot S., Templado J., Turon X., Vafidis D., Villanueva R. & Voultsiadou E., 2010. The biodiversity of the Mediterranean Sea: estimates, patterns, and threats. PLoS ONE 5 (8): e11842. Francour P., Mangialajo L. & Pastor J., 2010. Mediterranean marine protected areas and non-indigenous fish spreading. In: Golani D. & AppelbaumGolani B. Eds. Fish invasions of the Mediterranean Sea: change and renewal, Pensoft Publisher, Sofia-Moscow: 127-144. Gambi M.C., Barbieri F. & Bianchi C.N., 2008. New record of the alien seagrass Halophila stipulacea (Hydrocharitaceae) in the western Mediterranean: a further clue to changing Mediterranean Sea biogeography. Biodiversity Records 2: e84. Lejeusne C., Chevaldonné P., Pergent-Martini C., Boudouresque C. & Pérez T., 2010. Climate change effects on a miniature ocean: the highly diverse, highly impacted Mediterranean Sea. Trends in Ecology and Evolution 25 (4): 250-260. Zenetos A., Gofas S., Morri C., Rosso A., Violanti D., García Raso J.E., Çinar M.E., Almogi-Labin A., Ates A.S., Azzurro E., Ballesteros E., Bianchi C.N., Bilecenoglu M., Gambi M.C., Giangrande A., Gravili C., HyamsKaphzan O., Karachle P.K., Katsanevakis S., Lipej L., Mastrototaro F., Mineur F., Pancucci-Papadopoulou M.A., Ramos-Esplá A., Salas C., San Martín G., Sfriso A., Streftaris N. & Verlaque M., 2012. Alien species in the Mediterranean Sea by 2010. A contribution to the application of European Union’s Marine Strategy Framework Directive (MSFD). Part 2. Introduction trends and pathways. Mediterranean Marine Science 13 (2): 328-352. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 85 –——————————————————————————————————– DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLE PRINCIPALI SPECIE DI SPUGNE PRESENTI NEL CORALLIGENO DEL MAR MEDITERRANEO MARCO BERTOLINO*, MAURIZIO PANSINI, GIORGIO BAVESTRELLO Università degli Studi di Genova - Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita (DISTAV), Corso Europa 26, 16132 – Genova *Corresponding author. Email: [email protected] Le concrezioni coralligene sono caratteristiche dell’intero bacino mediterraneo ad eccezione delle coste del Libano e di Israele. Il coralligeno, insieme alle praterie di Posidonia oceanica, rappresenta la maggior fonte di biodiversità di questo mare. I Poriferi costituiscono il phylum più diversificato della biocenosi coralligena con 287 specie note (Bertolino et al., in stampa). Pur non partecipando come costruttori primari alla formazione dei conglomerati calcarei, essi svolgono un ruolo importante nella comunità: da un lato agiscono come organismi compattanti la struttura carbonatica, dall’altro operano come biodemolitori (spugne perforanti) con un’azione erosiva sul substrato calcareo, contribuendo, inoltre, al benthic-pelagic coupling. Analizzando la bibliografia esistente sul coralligeno (Melone, 1965; Sarà 1968, 1969; Pansini & Pronzato, 1973; Templado et al., 1986; Corriero et al., 1988, 1997; Maldonado, 1992; Bavestrello et al., 1996; Kefalas et al., 2003; Ballesteros, 2006; Calcinai et al., 2007a, 2007b; Bertolino et al., 2008; Bertolino et al., in stampa) abbiamo selezionato 21 specie di spugne (Oscarella lobularis, Penares helleri, Penares euastrum, Geodia cydonium, Dercitus plicatus, Cliona janitrix, Cliona viridis, Aaptos aaptos, Suberites carnosus, Chondrosia reniformis, Phorbas tenacior, Axinella damicornis, Axinella polypoides, Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 86 –——————————————————————————————————– Axinella verrucosa, Acanthella acuta, Agelas oroides, Petrosia ficiformis, Ircinia oros, Sarcotragus spinosulus, Spongia officinalis, Spongia virgultosa) che si possono considerare come le più comuni tra le 287 specie presenti nel coralligeno del Mar Mediterraneo. Seguendo la ripartizione in province ed ecoregioni marine proposta da Spalding et al. (2007), si può notare come tutte le specie di Poriferi prese in considerazione abbiano una distribuzione atlanticomediterranea e siano presenti, ad eccezione di Cliona janitrix, nella provincia lusitanica. Mentre solo quattro specie (Penares helleri, Phorbas tenacior, Ircinia oros e Spongia virgultosa) non vanno al di là di questa provincia. Altre estendono il loro areale o verso sud lungo le coste africane, o verso i mari nord europei o in entrambe le direzioni. Una sola specie (Suberites carnosus) ha un areale che si estende dall’Artico al Golfo di Guinea, quindi su un ampio range di temperatura. Cliona janitrix è l’unica specie che, apparentemente, presenta una distribuzione disgiunta, in quanto, al di fuori del bacino del Mar Mediterraneo, vive solo nell’area caraibica. Anche Oscarella lobularis è presente nell’area caraibica, ma i record di questa specie vanno valutati criticamente, soprattutto dopo la descrizione di nuove specie di questo stesso genere in Mediterraneo. La distribuzione geografica delle specie di Poriferi prese in considerazione mette in evidenza come buona parte delle specie prese in esame sia legata ad acque temperate, anche se alcune mostrano una notevole adattabilità alle variazioni di temperatura. Questo risultato è in accordo con la notevole stabilità, nell’arco di migliaia di anni, che è stata messa in evidenza nelle comunità di poriferi delle concrezioni carbonatiche mediterranee (Bertolino et al., 2013). Il pool di specie temperato fredde (Oscarella lobularis, Geodia cydonium, Aaptos aaptos, Suberites carnosus, Axinella damicornis e Petrosia ficiformis) che è stato individuato potrebbe rappresentare, se adeguatamente monitorato, un buon indicatore per controllare gli effetti del cambiamento climatico in atto in Mediterraneo. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 87 –——————————————————————————————————– PETROBIONA MASSILIANA (PORIFERA, CALCAREA): DISTRIBUZIONE E ANALISI MORFOMETRICA DI ALCUNE POPOLAZIONI DEL MAR MEDITERRANEO PAOLO MELIS*¹, BARBARA CADEDDU¹, FABIO D. LEDDA, SANDRA RICCI², RENATA MANCONI¹ *¹Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio, Università di Sassari, Via Muroni 25, 07100 Sassari, Italia, [email protected] ²Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, Via di San Michele 23, 00153 Roma, Italia Petrobiona massiliana Vacelet & Lévi, 1959 (Lithonida) è un paleoendemita del Mar Mediterraneo con distribuzione limitata ad habitat criptici semi-oscuri o oscuri. Lo status di endemita riguarda non solo la specie ma anche il genere Petrobiona Vacelet & Lévi, 1958 e la famiglia Petrobionidae Borojevic, 1979, entrambi monotipici. In questo lavoro viene riportato un nuovo ritrovamento dalla Grotta Azzurra di Capri nel Mar Tirreno centrale. L’areale di P. massiliana comprende parte del bacino orientale del Mar Mediterraneo (Mar Adriatico, Mar Ionio, Canale di Sicilia, Mar Egeo, Rodi) e parte del bacino occidentale (Golfo del Leone, Mar Ligure, Mar di Sardegna, Mar di Corsica, Mar Tirreno). L’analisi morfometrica è stata condotta su 325 spicole della popolazione della Grotta Azzurra di Capri (Tab. 1) in comparazione con popolazioni delle grotte di Provenza (località tipo), Sardegna e Penisola Sorrentina (Vacelet & Lévi, 1958; Rützler, 1966; Vacelet, 1964; Manconi et al., 2009). Nonostante la distribuzione disgiunta delle popolazioni considerate, l’analisi sulla morfometria spicolare non ha evidenziato divergenze nei caratteri diagnostici. Nella popolazione di Capri come in altre popolazioni in fase di studio si riscontra tuttavia la presenza di un tipo spicolare peculiare (macrodiactina) riportata soltanto da Vacelet (1964) per alcune popolazioni cavernicole di Marsiglia e considerata finora rara o assente in altre popolazioni. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 88 –——————————————————————————————————– BIBLIOGRAFIA Manconi R., Ledda F.D., Serusi A., Corso G. & Stocchino G.A., 2009. Sponges of marine caves: Notes on the status of the Mediterranean palaeoendemic Petrobiona massiliana (Porifera: Calcarea: Lithonida) with new records from Sardinia. Italian Journal of Zoology 76 (3): 306-315. Rützler K., 1966. Die Poriferen Einer Sorrentiner Hahle Ergebnisse Der stereichischen Tyrrhenia-Expedition. Teil XVIII. Zoologischer Anzeiger 176: 303-319. Vacelet J. & Lévi C., 1958. Un cas de survivance, en Méditerranée, du groupe d’éponges fossiles des Pharétronides. Compte Rendu Hebdomadaire des Séances de l’Académie des Sciences 246 (2): 318-320. Vacelet J., 1964. Etude monographique de l’éponge calcaire pharétronide de Méditerranée, Petrobiona massiliana Vacelet et Lévi: les Pharétronides actuelles et fossiles. Tesi di dottorato. Località/ Grotta Diapason (µm) 70-100 Marsiglia Olotipo Triactine (µm) 50-200 x 20-40 Marsiglia/ Varie località 25-200 x 6-40 Penisola Sorrentina/ GrottaTuffoTuffo Sardegna Punta Giglio/ Grotta Terrazze Sardegna Punta Giglio/ Grotta Galatea Sardegna Punta Giglio/ Grotta Fantasmi Sardegna Capo Caccia/ Grotta Nereo Capri/ Grotta Azzurra 45-300 x 15-48 45-170 x 10-25 55-175 x 10-25 50-200 x 10-30 35-200 x 5-30 42,7-183 x 7-31,5 Tetractine (µm) 300 ax x 80 lat x 8-27 thick Microdiactine (µm) 30-40 x 2 Macrodiactine (µm) 30-70 x 5-8.5 bas 20-50 x 4-7 lat 70-130 x 6-8 total 40-130 x 2228 lat 8-100 x 10-28 ax 130-150 ax x 80-135 lat x7,5-18 thick 30-60 x 2-3 270-480 x 11-20 Vacelet 1964 30-65 x 2-4 assenti Rützler 1966 35-60 x 3-8 bas 23-48 x 3-5 lat 45-63 x 5-8 bas 20-55 x 4-5 lat 35-63 x 3-8 bas 20-55 x 3-8 lat 40-73 x 5-10 bas 20-50 x 4-8 lat 22-76 x 5-8 bas 100-165 ax x 60-105 lat x 5-10 thick 25-40 x 3 assenti Manconi et al. 2009 80-155 ax x 50-95 lat x 5-19 thick 25-38 x 2-3 assenti Manconi et al. 2009 70-190 ax x 45-100 lat x 5-15 thick 28-55 x 2-4 assenti Manconi et al. 2009 50-180 ax x 35-170 lat x 4-20 thick 18-43 x 3 assenti Manconi et al. 2009 3,5-11 thick 92,5-124 x 5,5-6,5 Presente lavoro 30-75 x 2-8 lat 38,5-83 x 2,5-6 68,5-192 ax x 30-75 lat assenti Vacelet & Levi 1958 Tabella 1. Petrobiona massiliana. Principali tratti spicolari della popolazione di Capri e di altre popolazioni cavernicole del Mediterraneo. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 89 –——————————————————————————————————– GLI ANTOZOI (CNIDARIA: ANTHOZOA) DELL’AMP “ISOLA DI BERGEGGI” (SV) FEDERICO BETTI1,2, GIORGIO BAVESTRELLO2, RICCARDO CATTANEOVIETTI3, SIMONE BAVA1*, 1 Comune di Bergeggi Sett. AMP Isola di Bergeggi, V. De Mari 28 D, 17028, Bergeggi (SV) - 2 Distav, Università degli Studi di Genova, Corso Europa, 26, 16132, Genova - 3 Disva, Università Polit. delle Marche, Via Brecce Bianche, 60131, Ancona *Corresponding author. Email: [email protected] Nell’AMP “Isola di Bergeggi”, nel SIC “Fondali NoliBergeggi” e negli ambienti limitrofi sono state censite 47 specie di antozoi (Cnidaria: Anthozoa) (tab.1), 4 delle quali (il ceriantario Pachycerianthus solitarius, e gli attiniari Andresia parthenopea, Halcampoides purpureus e Peachia cylindrica) nuove per il Mar Ligure. I dati sono stati ottenuti tramite immersioni con ARA condotte nella zona compresa tra l’estremità meridionale del porto di Vado Ligure e Capo Noli, con indagini ROV ad opera di ISPRA e del Centro Carabinieri Subacquei di Genova, ed indirettamente, attraverso ricerche bibliografiche e d’archivio, integrate dall’apporto fornito da interviste ad enti di ricerca, subacquei ricreativi e centri d’immersione. La ricchezza della zona è dovuta, in particolar modo, alla coesistenza di diversi habitat (in particolare fondi detritici estremamente floridi ed affioramenti rocciosi profondi) ed alla presenza di fondali molto ripidi, che favoriscono la risalita di acque profonde. La segnalazione di Dendrophyllia cornigera ad 82 metri di profondità rappresenta il record più superficiale di questa specie per l’intero Mediterraneo. Rilevante è anche la popolazione di Corallium rubrum lungo la cigliata de “I Maledetti”, al di sotto dei 60 m di profondità, seconda, per importanza, in Liguria. Sul relitto del piroscafo Transylvania a 630 m di profondità è stata rinvenuta una popolazione vivente di Madrepora oculata (Ordine Scleractinia). Oculina patagonica, da taluni autori considerata endemica Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 90 –——————————————————————————————————– del Mediterraneo, e da altri aliena, è presente in zona con pochi esemplari. Ben 17 di queste specie, considerando anche la “dubbia” Oculina patagonica, sono endemiche del Mediterraneo o si trovano al di fuori di esso solo nei pressi di Gibilterra, mentre 26 sono ad affinità boreale, trovandosi anche in mari più settentrionali o in acque fredde profonde, e solo 4 risultano essere ad affinità calda. Ciò rende la fauna ad antozoi della zona particolarmente sensibile al riscaldamento delle acque superficiali del Mediterraneo; a dimostrazione di ciò, 5 delle 6 specie di gorgonacei (Cnidaria: Holaxonia) censite, con l’eccezione del corallo rosso Corallium rubrum, hanno subito, negli ultimi anni, morie dovute ad anomalie termiche, e tutte e 3 le madrepore (Cnidaria: Scleractinia) associate ad alghe simbionti presenti (Cladocora caespitosa, Oculina patagonica e Balanophyllia europaea) hanno mostrato fenomeni di bleaching. L’apparente scomparsa delle 2 specie di pennatule (Cnidaria: Pennatulacea) precedentemente osservate, Pteroeides spinosum e Virgularia mirabilis, unita alla rarefazione di altre specie di fondo mobile, potrebbe essere causata dai danni generati dalla pesca professionale, oltre che dai ripascimenti stagionali e dalla presenza, a partire dal 2000, dell’alga invasiva Caulerpa racemosa. Alcyonacea Cornularia cornucopiae Clavularia crassa Alcyonium acaule Alcyonium coralloides Paramuricea clavata Corallium rubrum Leptogorgia sarmentosa *Eunicella verrucosa Eunicella cavolini Eunicella singularis Pennatulacea Pteroeides spinosum *Virgularia mirabilis Antipatharia *Antipathella subpinnata Ceriantharia *Cerianthus membranaceus *Pachycerianthus solitarius Ceriantharia Arachnanthus oligopodus Zoanthidea *Parazoanthus axinellae Epizoanthus arenaceus Actiniaria *Savalia savaglia *Anemonia viridis Scleractinia Actinia cari °Madracis pharensis *Actinia equina Cladocora caespitosa *Aiptasia mutabilis *Leptpsammia pruvoti °Aiptasia diaphana *Caryophyllia inornata *Cereus pedunculatus Balanophyllia europaea *Halcampoides purpureus Oculina patagonica *Aulactinia verrucosa °Phyllangia mouchezi *Alicia mirabilis °Polycyathus muellerae *Andresia parthenopea *Balanophyllia regia Cribrinopisis crassa *Desmophyllum dianthus *Telmatactis forskalii *Madrepora oculata *Calliactis parasitica *Dendrophyllia cornigera *Adamsia palliata Corallimorpharia *Peachia cylindrica *Corynactis viridis Tabella 1. Le 47 specie rinvenute; * indica specie ad affinità fredda, ° specie ad affinità calda, le rimanenti sono endemiche del Mediterraneo. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 91 –——————————————————————————————————– INDICE DEGLI AUTORI Aleffi M. - 21 Allegrucci G. - 36, 38 Assini S. - 10 Attorre F. - 6 Azzurro E. - 75 Baini F. - 30 Barberis G. - 18 Baroni D. - 25, 27 Baumel A. - 64 Bava S. - 89 Bavestrello G. - 70, 85, 89 Bertolino M. - 85 Betti F. - 89 Bianchi C.N. - 81 Bianco P.G. - 41 Bo M. - 70 Bonato L. - 30 Borgo E. - 48 Boudouresque C.F. - 81 Cadeddu B. - 44, 46, 78, 87 Capurro M. - 61 Casazza G. - 10, 18 Cattaneo Vietti R. - 89 Cesaroni D. - 38 Cocchi S. - 36 Danovaro R. - 68 De Felici S. - 6 Diadema K. - 64 Di Russo C. - 36 Doria G. - 48 Faccini F. - 15 Focher F. - 54 Fontaneto D. - 24 Fortunato C. - 6 Francour P. - 81 Galli L. - 61 Gratton P. - 38 Grieco C. - 25 Jacomini C. - 2 Ledda F.D. - 87 Leriche A. - 64 Lodovici O. - 34 Manconi R. - 44, 46, 78, 87 Mariotti M. - 10, 18, 21 Marta S. - 38 Martellos S. - 6 Médail F. - 64 Melis P. - 78, 87 Migliore J. - 64 Minelli S. - 30 Minuto L. - 10, 18 Morri C. - 81 Noble V. - 64 Notarbartolo di Sciara G. - 73 Oneto F. - 25 Ottonello D. - 25 Pala M. - 46 Pansini M. - 85 Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 75, 2013 92 –——————————————————————————————————– Parravicini V. - 81 Poggi R. - 58 Poponessi S. - 21 Pouget M. - 64 Pronzato R. - 44, 78 Rampini M. - 36 Riccarducci G. – 38 Ricci S. - 87 Sarà A. - 61 Savoldelli P. - 27 Sbordoni V. - 6, 36, 38, 48, 51 Sindaco R. - 25, 27 Soto E. - 41 Stocchino G. - 46 Templado J. - 81 Trasatti A. - 38 Trucchi E. - 38 Valle M. - 34 Venanzoni R. - 10, 21 Whittaker R. - 14 Zappa E. - 18 Zapparoli M. - 30 Zenetos A. - 81