n. 7 - Ottobre 2008 - La Galliavola
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n. 7 - Ottobre 2008 - La Galliavola
Arte Orientale n. 7 - Ottobre 2008 Netsuke dalla collezione Lanfranchi La Galliavola Arte Orientale Via Borgogna, 9 - 20122 Milano tel. +39 0276007706 - fax +39 0276007708 www.lagalliavola.com [email protected] Cari amici, spero non vi siate preoccupati per il ritardo di uscita del bollettino ma è stata una decisione obbligata per permettervi di avere una pubblicazione ben più ricca di pagine, come potete constatare, che vi consente di avere in anteprima una panoramica della mostra Netsuke. Sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali - che verrà inaugurata il 14 novembre e che si protrarrà fino al 15 marzo 2009 - presso il Museo Poldi Pezzoli, il salotto “buono” di Milano, situato, come penso tutti sappiate, in via Manzoni 12. Non nascondo la nostra soddisfazione nell’essere stati coinvolti da una istituzione così raffinata e prestigiosa, soprattutto per Milano, per contribuire alla realizzazione di questa avventura che è la prima grande mostra di netsuke in Italia. Ci gratifica pensare che il nostro interesse per i netsuke ed il nostro bollettino comincino ad acquisire un respiro sempre più ampio e godano di un buon credito. Il presente numero, che si intitola Netsuke dalla collezione Lanfranchi, sarà anche posto in vendita presso il bookshop del Museo Poldi Pezzoli come mini catalogo, un assaggio della esposizione in cui saranno presentati, accanto all’intera collezione di netsuke di Giacinto Lanfranchi, anche opere provenienti da collezioni private italiane e dal Linden Museum di Stoccarda, che conserva una raccolta di straordinario interesse. Nel nostro bollettino abbiamo deciso, come si può dedurre dal titolo, di proporre una selezione di cinquanta pezzi di provenienza esclusiva dalla collezione Lanfranchi, pervenuta al Museo nel 2005 per legato testamentario della moglie del collezionista e che si compone di circa quattrocento pezzi. Nella pubblicazione abbiamo quindi adottato, come d’abitudine, il criterio di dare il maggior rilievo possibile alle immagini e limitare i testi ad una breve scheda di presentazione del collezionista, stilata dal dottor Andrea Di Lorenzo, conservatore del Museo Poldi Pezzoli, lasciando quindi che a parlare siano gli oggetti, corredati da didascalie esemplificative dei vari soggetti dei netsuke redatte dal dottor Francesco Morena, curatore del catalogo generale della mostra. Abbiamo pensato, per dare più completezza all’evento, di affiancare alla mostra Netsuke. Sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali, una esposizione collaterale che si inaugurerà il 13 novembre presso la nostra galleria, dal titolo Netsuke, Inro e Sagemono in cui presenteremo, fra l’altro, una importante collezione di inro che sarà anche uno dei temi del prossimo bollettino che pubblicheremo in novembre. Come vi avevamo già preannunciato, organizzeremo per i nostri lettori una visita guidata al Poldi Pezzoli, della cui data vi informeremo per tempo, cercando di farla cadere durante il periodo della esposizione in galleria per consentite di vedere entrambe le mostre in un solo giorno. Un caro saluto e... a presto. Roberto Gaggianesi Hanno collaborato a questo numero: ANDREA DI LORENZO - CARLA GAGGIANESI ROBERTO GAGGIANESI - FRANCESCO MORENA - ANNA ROSSI GUZZETTI Referenze Fotografiche: DOMENICO COLLURA Fotolito e stampa: Grafiche San Patrignano - Ospedaletto di Coriano, Rimini. Giacinto Ubaldo Lanfranchi Giacinto Ubaldo Lanfranchi (1889-1971) apparteneva a un’importante famiglia di industriali di Palazzolo sull’Oglio (Brescia). Il padre Giovanni nel 1886 aveva fondato un bottonificio in cui veniva prodotto il bottone-frutto, una lavorazione che si era sviluppata inizialmente in Germania utilizzando il corozo, ricavato dai semi di alcune palme, che ha caratteristiche molto simili a quelle dell’avorio. Nel secondo dopoguerra si imposero nella produzione dei bottoni le materie plastiche, e il bottone-frutto cadde a poco a poco in disuso. La difficoltà di adeguare i vecchi macchinari, nati per la lavorazione dell’avorio vegetale, a questi nuovi materiali portò la ditta Lanfranchi - tuttora amministrata dagli eredi del fondatore - a convertire la produzione in quella delle chiusure lampo, divenendo una delle maggiori aziende del settore in Italia. Oltre che imprenditore, Giacinto Lanfranchi fu anche sportivo, bibliofilo e autore di Pietà Legno, cm 6,5x4,5x3. Giappone (?), fine del XVI - inizio del XVII secolo. Non firmato. Inv. 5630. Dopo aver attecchito profondamente tra i giapponesi tra il XVI e il XVII secolo, il Cristianesimo fu bandito dal governo che proibì e distrusse quasi tutte le immagini che riguardavano la religione straniera. Questo pezzo è quindi di grande interesse: eseguito in Giappone o in Italia, potrebbe trattarsi di uno dei più antichi netsuke conosciuti. numerosi studi di storia locale. Collezionista di armi e armature lombarde, porcellane e dipinti - fra i quali si ricorda in particolare un nucleo di una cinquantina circa di tele di Giorgio Duranti (1687-1753), pittore bresciano di origine palazzolese, specializzato nella raffigurazione di volatili vivi - iniziò ad appassionarsi ai netsuke negli anni Cinquanta. Nel 1967 Giacinto Lanfranchi donò la sua importante raccolta di volumi antichi, concentrata sulla produzione libraria bresciana, alla Biblioteca Civica di Palazzolo sull’Oglio, che venne intitolata al suo nome. Mentre le altre sue collezioni sono andate disperse, la raccolta di oltre quattrocento netsuke, legata al Museo Poldi Pezzoli nel 2005 dalla moglie Maria Taglietti (1908-2003) e della quale viene qui presentata una selezione, testimonia la qualità e la vitalità del suo impegno culturale e della sua passione di collezionista. 3 Portoghese Avorio e corno, cm12x2,8x2. XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5685. I portoghesi furono i primi occidentali a raggiungere il Giappone intorno alla metà del Cinquecento; furono espulsi definitivamente dal governo nel 1639. Nei netsuke sono raffigurati abbastanza raramente. Tartaro Corno di cervo, cm 10x3,7x3,7. XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5686. Durante il periodo Edo (1615-1868), i giapponesi non ebbero molte occasioni di vedere dal vivo persone provenienti dall’Asia centrale: la conoscenza di queste genti si basava dunque sulla visione di stampe cinesi importate attraverso il porto di Nagasaki. A queste immagini si ispirarono senz’altro anche gli artisti del netsuke del XVIII secolo. Olandese con due karako Avorio, cm 7,8x3x2,5. Seconda metà del XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5600. Giunti in Giappone verso l’inizio del XVII secolo, gli olandesi furono gli unici occidentali ai quali il governo giapponese concesse di risiedere sul proprio suolo, a condizione che si occupassero solo di transazioni commerciali, senza interferire nelle questioni interne dell’arcipelago. È un soggetto molto diffuso tra i netsuke del XVIII secolo. Il karako (letteralmente “bambino cinese”) è un motivo molto ricorrente nell’arte giapponese del periodo Edo: le sue raffigurazioni hanno il significato di buon auspicio. 4 Rakan Avorio, cm 4,8x3,4x2,3. XVII/XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5654. Il genere al quale questo netsuke scolpito a tutto tondo (katabori) appartiene è senz’altro tra i più antichi nella storia di quest’arte. Ispirati ad analoghi intagli eburnei di produzione cinese, questi primi netsuke si caratterizzavano per la scelta di temi relativi al mondo del sovrannaturale, quali le divinità della dottrina buddhista. In questo contesto si inseriscono anche le raffigurazioni dei rakan, discepoli del Buddha che dedicavano la propria vita alla meditazione e alla diffusione dei suoi insegnamenti. Immortale con scimmia Avorio, cm 8,2,7x2,5. XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5488. Gli immortali (sennin) della dottrina taoista, ovvero esseri umani capaci di trascendere il corpo per elevarsi all’ambito celeste, sono uno dei soggetti più comuni tra i netsuke del XVIII secolo: quasi sempre gli artisti si ispiravano alle xilografie contenute in libri cinesi importati attraverso il porto di Nagasaki. Solitamente è possibile identificare i vari sennin grazie alla presenza di un particolare attributo, come un oggetto o un animale: in questo caso specifico, tuttavia, non ci è di aiuto la presenza della scimmia, poiché non conosciamo un immortale abitualmente raffigurato con questo animale. Cinghiale su un giaciglio di erbe autunnali Legno di bosso, cm 2,6x7x2,7. Scuola di Kyoto, metà del XVIII secolo. Firmato Kunitsugu. Inv. 5531. Il cinghiale (inoshishi) è il dodicesimo animale dello zodiaco; rappresenta il decimo mese e l’ora tra le nove e le undici della sera. È considerato un animale forte e coraggioso che affronta i suoi nemici a testa alta senza voltarsi. Spesso è raffigurato mentre sonnecchia su un giaciglio di foglie di trifoglio (Lespedeza bicolor, in giapponese hagi) oppure, come in questo caso, su altre foglie autunnali tra cui quelle di acero (momiji). 5 Il braccio del demone Ibaraki Avorio, cm 1,9x5,2x2,5. Seconda metà del XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5448. Luogotenente di Minamoto no Yorimitsu (948-1021), Watanabe no Tsuna (953-1025) affrontò con intrepido coraggio il demone Ibaraki che da tempo terrorizzava la città di Kyoto: lo scontro finale avvenne presso il grande portale Rashomon, dove l’eroe staccò con un solo colpo di spada il braccio del mostro. In questo netsuke la vicenda è suggerita soltanto dalla presenza dell’arto. Cavallo che pascola Avorio, cm 4,5x3,5x1,7. Scuola di Kyoto, seconda metà del XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5601. Il cavallo (uma) è il settimo animale dello zodiaco; rappresenta il quinto mese e l’ora tra le undici e l’una di notte. Il cavallo dei samurai è considerato simbolo di coraggio, mentre i netsuke raffiguranti questo animale erano usati come talismani, soprattutto come portafortuna nelle questioni amorose. Hotei Avorio, cm 3,5x4,5x2,5. Seconda metà del XVIII secolo. Non firmato. Inv. 5739. Hotei era un monaco buddhista vissuto in Cina tra il IX e il X secolo, apprezzato, soprattutto dai bambini, per il modo spensierato e felice con cui affrontava le difficoltà della vita; è sempre raffigurato con un grande sacco sulle spalle nel quale trasportava le “cose preziose” (takaramono). In questa composizione, che rende il netsuke compatto e funzionale, la figura è completamente avvolta nel sacco trattenuto per due lembi tra i denti della divinità. 6 Hadesu e la tigre Avorio, cm 5x4,3x2,5. Fine del XVIII inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5479. Si narra nel Nihon shoki (“Cronache del Giappone”, 720 d.C.), uno dei primi testi della storia giapponese, che nell’anno 545 Hadesu accompagnasse un’ambasceria dell’imperatore Kinmei (539-571) in Corea; nella penisola coreana Hadesu perse suo figlio ucciso da una tigre, che a sua volta Hadesu trafisse mortalmente con la spada. La volpe travestita da Hyakuzosu Avorio, cm 6x2,8x1. Fine del XVIII - inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5395. Questo netsuke si ispira alla storia di Hyakuzosu, un vecchio prete vissuto durante il periodo Eitoku (1381-1384) e residente nel tempio Shorinji di Sakai, nella provincia di Izumo: egli era un devoto di Inaba, divinità dei raccolti, e teneva tre volpi con poteri magici come guardiani contro i ladri. La vicenda fu più volte ripresa come trama di alcuni drammi per il teatro, nei quali la volpe aveva il potere magico di trasformarsi in Hyakuzosu. Cane selvatico Legno di bosso e avorio, cm 3,5x4,6x1,8. Scuola di Kyoto, fine del XVIII inizio del XIX secolo. Firmato Okatomo. Inv. 5680. Il cane selvatico (yama-inu o okami) è un animale molto diffuso nelle foreste giapponesi. Incuteva paura come predatore, ma allo stesso tempo era apprezzato come protettore dagli animali che distruggono il raccolto. Nei netsuke è spesso raffigurato affamato, mentre sta accovacciato rosicchiando l’anca di un animale. 7 Pescatrice Avorio, cm 8,1x1,8x1,1. Fine del XVIII secolo - inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5432. Le pescatrici (ama) di molluschi e crostacei vestono, come in questo caso, solo un gonnellino di paglia e usano un coltello a falcetto. Questo tema, carico di valenze erotiche, fu utilizzato con maggiore intensità nel XVIII secolo, verso la fine del quale il pittore e disegnatore di stampe Kitagawa Utamaro (1754-1806) pubblicò le sue più belle composizioni di donne che si tuffano per pescare. Utensili per la cerimonia del the Avorio, cm 2,3x7,53,7. Scuola di Kyoto, inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5560. La cerimonia del the (chanoyu) è uno dei più affascinanti traguardi estetici raggiunti dalla civiltà giapponese; intorno alla preparazione della bevanda importata dalla Cina si è infatti sviluppato nell’arcipelago un movimento di arti tra le più variegate, dalla ceramica alla poesia, dalla lacca alla filosofia. 8 Serpente e rospo Avorio e corno, cm 2,6x3x3,2. Inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5582. Il serpente (hebi o mi) è la sesta creatura dello zodiaco, rappresenta il quarto mese e l’ora tra le nove e le undici del mattino; è tendenzialmente considerato un animale di buon auspicio anche se nel Buddhismo simboleggia sensualità, invidia e odio. In questo compatto netsuke le sue spire stanno per stritolare un inoffensivo rospo. Tigre su bambù Avorio, cm 2,9x4,2x2. Scuola di Kyoto, fine del XVIII - inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5593. La tigre (tora) è il terzo animale dello zodiaco, rappresenta il primo mese e l’ora tra le tre e le cinque pomeridiane. Non di rado è raffigurata insieme al bambù, simboleggiando l’ospitalità e il contrasto tra la flessibilità della pianta e la forza animale. Gallo su tamburo Avorio e corno, cm 4,5x3,5x2. Inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5612. Il gallo (niwatori) è il decimo animale dello zodiaco; rappresenta l’ottavo mese e l’ora tra le cinque e le sette di sera. Simboleggia bellezza maschile, potenza e forza. Secondo un’antica leggenda cinese, un grande tamburo (kankodori), utilizzato in tempo di guerra per raccogliere le truppe, fu usato nei periodi di pace come posatoio per i galli. Acquisita in Giappone, l’immagine del gallo sul tamburo venne così a simboleggiare tempi di pace e cittadini contenti. 9 Shojo Legno di ciliegio, cm 2,8x4,5x2,5. Scuola di Nagoya, inizio del XIX secolo. Firmato Tadatoshi. Inv. 5650. Gli shojo sono creature fantastiche di origini cinesi: abitanti del mare, avevano una pelliccia di colore giallo-arancione, corpo di animale, testa e piedi umanoidi. La passione di questi esseri per il vino è proverbiale: rappresentati spesso come ubriaconi felici, sono così descritti anche in alcuni famosi drammi per il teatro. Maschera di Hannya Legno, cm 5x2,7x3,5. Scuola di Edo, prima metà del XIX secolo. Firmato Shuzan. Inv. 5701. La maschera raffigurante Hannya è probabilmente la più conosciuta tra quelle utilizzate per il teatro No; essa era indossata per la rappresentazione dello spirito o del fantasma di una donna gelosa. Shuzan, l’autore di questo netsuke, faceva parte di una famiglia di artisti, tutti specializzati nella realizzazione di questo tipo di opere. Sigillo con karashishi Avorio, cm 2,6x3,9x2,6. Scuola di Edo, prima metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5633. Si tratta di un sigillo multiplo (in-tsukushi), composto da una serie di cinque moduli di varie forme, sui quali compaiono iscrizioni, alcune delle quali beneaugurati, altre corrispondenti ad alcuni nomi propri di persona. Il “leone cinese” (karashishi) è una creatura fantastica di ambito buddhista: statue che la raffigurano sono di solito poste all’ingresso dei templi a protezione del recinto sacro dalle influenza malefiche. 10 Daruma Legno, avorio e corno, cm 4,5x3x2,5. Scuola di Osaka, prima metà del XIX secolo. Firmato Anraku. Inv. 5570. Durante il periodo Edo (1615-1868), Daruma, il fondatore del Buddhismo Zen, era una divinità molto popolare tra tutte le classi sociali. Proliferarono le immagini che lo ritraevano e le varianti della sua iconografia: in questo caso la sua figura, priva di braccia e gambe, assume un carattere di gioco, noto come okiagari Daruma, “Daruma acrobata”. Yoshitsune Avorio, cm 4x2,5x2,5. Scuola di Osaka, prima metà del XIX secolo. Firmato Anraku. Inv. 5671. Minamoto no Yoshitsune (11591189) è sicuramente il più famoso eroe della storia giapponese. Le sue gesta hanno ispirato innumerevoli artisti e letterati che ne hanno messo in evidenza l’integrità morale, il grande coraggio e la grande abilità di guerriero. Fu ucciso per volere del fratello Yoritomo, che sarebbe diventato il primo shogun, “generalissimo”. Okame Seme di corozo, cm 4x4x3,3. Prima metà del XIX secolo. Firmato Shogyoku. Inv. 5562. Le prime notizie su Okame si trovano nel Kojiki (“Antiche memorie scritte”, 712 d.C.), il più antico testo giapponese: fin da allora, Okame si distinse per un approccio alla vita particolarmente gaudente e spensierato, con una particolare propensione per il sesso. Nel periodo Edo (1615-1868) divenne molto popolare come dea dell’abbondanza, della fertilità e della gioia. Questo netsuke è intagliato nel seme del corozo, una palma sudamericana, che col tempo assume caratteristiche simili a quelle dell’avorio. 11 Accendino Ottone e altri metalli, cm 3,4x4,5x2,5. Prima metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5478. Quando era utilizzato come fermaglio per appendere alla cintura del kimono la borsa contenente il tabacco, il netsuke era costituito da oggetti che svolgevano anche una funzione di tipo pratico strettamente connessa con l’abitudine di fumare, come l’accendino (hiuchi bako), il posacenere e la pipa. Pistola Legno e metallo parzialmente dorato, cm 2,3x6,2x2. XIX secolo. Non firmato. Inv. 5521. Le armi da fuoco furono conosciute dai giapponesi intorno alla metà del Cinquecento, allorché i portoghesi giunsero sulle coste dell’arcipelago. Apprese dagli stranieri le tecniche, subito gli artigiani nipponici, su commissione dei signori locali, si impegnarono nella manifattura di pistole, fucili e cannoni. Nei netsuke il tema della pistola si ritrova abbastanza frequentemente, ispirato da analoghi oggetti di piccole dimensioni che gli armaioli forse realizzavano come campionario di vendita. Capra Legno di bosso, cm 2,8x4x2,2. XIX secolo. Non firmato. Inv. 5411. La capra (hitsuji o yagi) è l’ottavo animale dello zodiaco; rappresenta il sesto mese e l’ora tra l’una e le tre del pomeriggio. Nei netsuke compare come tema già nel XVIII secolo, sfruttato soprattutto da alcuni maestri di Kyoto come Masanao e Okatomo; in questo caso, tuttavia, si tratta di un manufatto realizzato nell’Ottocento, da un anonimo artista forse attivo nella provincia di Tsu dove questo soggetto era prediletto. 12 Tadamori e abura bozu Avorio, cm 4,5 x 2,2. Metà del XIX secolo. Firmato Moritsugu. Inv. 5548. In questo netsuke di tipo manju (caratteristica forma a disco, che ricorda quella dei tradizionali dolci giapponesi da cui prende il nome) è raffigurata in bassorilievo (shishiaibori) una scena ispirata ad una storia che ha per protagonista Taira no Tadamori (1096-1153). Avuto l’ordine dall’imperatore di indagare su alcuni strani fenomeni che accadevano in un tempio, Tadamori scoprì che non era un mostro ad aggirarsi in quei luoghi, bensì un vecchio servo che aveva preso l’abitudine di rubare l’olio per alimentare il fuoco della sua lampada. Perciò questa figura è nota come abura bozu, il “ladro d’olio”. Gambo di fiore di loto con due granchi Legno di kaki, cm 18x2,5x1,8. Scuola di Mikuni, metà del XIX secolo. Firmato Hokkyo Sessai to (“intagliato da Hokkyo Sessai”). Inv. 5712. La sua proverbiale abilità nell’intaglio, soprattutto nella scultura di ambito sacro, valse a Sessai (1820-1879) il titolo di hokkyo, onorificenza buddhista conferita solo agli artisti più meritevoli: i pochi netsuke che realizzò sono tutte opere straordinarie, per fantasia e abilità nello sfruttare la forma naturale della materia a sua disposizione. 13 Bue Avorio e corno, cm 2,5x5x2,7. Scuola di Osaka (?), metà del XIX secolo. Firmato Rakuzan. Inv. 5610. Il bue (o il toro) (ushi) è il secondo animale dello zodiaco; rappresenta il dodicesimo mese e l’ora tra l’una e le tre di notte. È un animale molto apprezzato dal Buddhismo Zen, che paragona il suo stoicismo al silenzio della meditazione. Sebbene si conoscano altri netsuke firmati Rakuzan, non si hanno notizie biografiche di questo intagliatore. Stilisticamente, quest’opera si data alla metà dell’Ottocento. Zucchetta con vespa Legno, cm 15x2,2x1,7. Scuola di Nagoya, metà del XIX secolo. Firmato Kogetsu. Inv. 5458. Gli artisti di Nagoya, città nella quale risiedeva anche Kogetsu, erano particolarmente interessati a riprodurre la realtà fin nei suoi più reconditi dettagli. Il tema dell’insetto nel frutto era un cavallo di battaglia di questi intagliatori, che non di rado si ispirarono alle opere del grande Bazan (1834-1897 circa). 14 Paesaggio roccioso con padiglioni Legno umoregi, cm 4,2x3,2x2,8. Scuola di Kyoto, metà del XIX secolo. Firmato Horaku. Inv. 5635. Il paesaggio era una delle specialità di Horaku, artista che per le sue opere prediligeva l’utilizzo dell’umoregi, un tipo di legno fossilizzato simile nell’aspetto all’ebano. Straordinaria era la sua capacità di rendere anche i minimi dettagli della composizione, riproducendo perfettamente i canoni della pittura di paesaggio. Tenaga Corno, cm 8,6x3,2x1,8. Metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5704. Tenaga (letteralmente “braccia lunghe”), di solito raffigurato insieme all’inseparabile Ashinaga (“gambe lunghe”), era considerato un abitante di alcune zone lungo la costa orientale della Cina. I due, molto popolari in Giappone durante il periodo Edo, simboleggiavano i vantaggi della collaborazione. 15 Il cacciatore di topi Legno di bosso, cm 4,1x7x4,5. Metà del XIX secolo. Firmato Rokko. Inv. 5416. Il cacciatore di topi era una figura molto popolare nelle grandi città giapponesi durante il periodo Edo: armato di bastone e vestito solo di un perizoma, si poteva richiedere il suo intervento in qualsiasi momento del giorno e della notte. Artista raro, Rokko è in quest’opera riuscito a conferire una notevole dinamicità alla composizione. Crisantemo Legno, cm 1,4x4x3,8. Scuola di Takayama, metà del XIX secolo. Firmato Sukenaga. Inv. 5596. Il crisantemo (kiku) è il fiore più importante del Giappone, simbolo dell’autunno ed emblema dell’imperatore. Più famoso come autore di pezzi intagliati con la tecnica ‘cubista’ dell’ittobori, Shigenaga fu artista abile e prolifico, capace di confrontarsi con gli stili più variegati. Attore di No nel ruolo di Shojo Legno laccato e dorato, cm 3,5x3,2x1,5. Metà del XIX secolo. Firmato Komin. Inv. 5598. Shojo è il titolo di un famoso dramma per il teatro No che ha per protagonista l’omonima creatura fantastica: in varie versioni del dramma Shojo aiuta un venditore di riso, Gao Feng, offrendogli informazioni segrete dopo aver bevuto grandi quantità di alcool. 16 Maschera di Okina Legno e avorio, cm 4,2x3,3x2. Scuola di Edo, metà del XIX secolo. Firmato Shugetsu saku (“Fatto da Shugetsu”) con kao. Inv. 5717. Okina (letteralmente “vecchio uomo”) è il nome di uno spettacolo teatrale incentrato sulla danza e inscenato in occasioni particolarmente importanti, come il Capodanno, l’inaugurazione di un nuovo teatro o il compleanno di un attore molto stimato. Gli artisti del netsuke riproducevano quasi esattamente le maschere che venivano indossate durante le performance. Daruma Legno di bosso laccato e avorio, cm 6,2x7,7x4. Seconda metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5578. Daruma (in sanscrito Bodhidharma), vissuto nel VI secolo d.C., è il fondatore della dottrina Zen, una variante del Buddhismo. Nato in India, si trasferì in Cina per diffondere il suo pensiero, basato sulla meditazione. Qui è raffigurato mentre si stiracchia e sbadiglia dopo aver trascorso nove anni in completa immobilità. 17 L’immortale Gama e il rospo Avorio, metallo, madreperla e pietre varie, cm 4,3x1,8. Scuola di Edo/ Tokyo, seconda metà del XIX secolo. Firmato Ryumin con kao. Inv. 5547. L’iconografia dell’immortale taoista Ko Sensei è inconfondibile: egli è infatti sempre raffigurato insieme al rospo (gama) a tre zampe, con il quale prepara le sue pozioni miracolose; per questo è anch’egli comunemente noto con il nome di Gama. L’utilizzo di materiali diversi in uno stesso pezzo è una pratica che si diffuse tra i netsukeshi soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, periodo nel quale si può datare anche questo manju. Rakan Legno laccato e dorato, cm 11,3x2,1x1,9. Seconda metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5457. Gli asceti della dottrina buddhista (rakan) diventano tali dopo una vita dedicata esclusivamente alla meditazione; i segni degli stenti e delle privazioni sono evidenti sui loro corpi emaciati. Lo stile di questo pezzo richiama, anche se molto lontanamente, quello di Yoshimura Shuzan (1700-1773), il più grande artista del netsuke mai esistito. 18 Fukusuke e un bacile con due pesci rossi Legno laccato e dorato, cm 5x6x3,6. Seconda metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5388. Fukusuke (letteralmente “portafortuna”) è un tipo di bambolotto raffigurante un bambino paffuto dalla testa molto grande, le cui immagini si crede portino salute e prosperità. In realtà sembra che questo ninnolo sia ispirato ad un personaggio realmente esistito, ovvero un nano nato ad Osaka che diventò la principale attrazione di un circo di Edo, l’odierna Tokyo. Due oni Avorio, cm 3,5x4,2x3,5. Seconda metà del XIX secolo. Firmato Minzan. Inv. 5687. Gli oni sono creature demoniache al servizio dei Dieci Re dell’Inferno (Juo), spesso addette alla tortura dei peccatori. Sono raffigurate come esseri muscolosi, dalle piccole corna, la bocca larga con zanne; spesso indossano bracciali ai polsi o alle caviglie; i piedi e le mani hanno tre artigli e non indossano nessuno abito, se si esclude un perizoma di pelle di tigre. Hanno una grandissima forza, spesso usata a scopi malefici, soprattutto per procurarsi carne umana di cui sono ghiotti. Nei netsuke si mette spesso in evidenza il lato comico e grottesco di questi esseri. 19 Donna che si pettina i capelli Avorio, cm 3,1x3,5x2,5. Scuola di Edo/Tokyo, seconda metà del XIX secolo. Firmato Kyotani. Inv. 5434. Si tratta di una composizione sicuramente ispirata ad una stampa del genere dell’Ukiyo-e, le “immagini del mondo fluttuante”, forse da un foglio di Utamaro che più volte pubblicò simili scene già sul finire del Settecento. È stato quindi un tema particolarmente amato dagli artisti di Edo. Drago tra nuvole e onde Umimatsu e corallo, cm 2x5,2x3. Scuola di Edo/Tokyo, seconda metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5675. Il drago (ryu o tatsu) è il più importante animale fantastico di tutto l’estremo Oriente. È inoltre il quinto dello zodiaco, rappresenta il terzo mese e l’ora tra le sette e le nove del mattino. L’anonimo autore di questo netsuke è riuscito a combinare con eleganza e fantasia il corallo con l’umimatsu, materiale anch’esso di origine marina caratterizzato dal colore scuro e dalla grande compattezza. Gru Porcellana invetriata, cm 2,5x2,3x4,6. Scuola di Kyoto, terzo quarto del XIX secolo. Firmato Zoroku. Inv. 5618. Di origini cinesi, l’invetriatura di colore verde nota in Occidente come céladon era uno dei vanti di Zoroku, che realizzò una serie di esemplari in porcellana di questa tonalità. Sebbene alcuni ceramisti si siano dedicati alla manifattura di netsuke, solo poche tra queste fragili miniature sono sopravvissute. La gru (tsuru, Grus nipponense) è un soggetto molto diffuso in tutti gli ambiti dell’arte estremo-orientale. La sua principale simbologia, sia in Cina sia in Giappone, è connessa con la longevità e con il buon augurio. 20 Due rospi Legno, cm 2,6x2,5x2,8. Scuola di Ise-Yamada, seconda metà del XIX secolo. Firmato Masanao. Inv. 5606. In Giappone si credeva che il rospo (gama) possedesse poteri magici, per la sua capacità di introdursi nei buchi più stretti riuscendo così a sfuggire i pericoli. I netsuke con le raffigurazioni di questo animale erano una delle specialità della scuola dei Masanao, abili soprattutto nella resa della naturale scabrosità degli anfibi. Scimmia Avorio, cm 2,3x3,5x3,8. Scuola di Osaka, seconda metà del XIX secolo. Firmato Chokusai. Inv. n. 5681. La scimmia (saru) è il nono animale dello zodiaco; rappresenta il settimo mese e l’ora tra le tre e le cinque del pomeriggio. Questo netsuke illustra il tema delle “Tre scimmie” (sanpiki saru): l’animale si copre gli occhi per non vedere (mizaru), la bocca per non parlare (iwazaru) e le orecchie per non sentire (kikazaru), così che nessun tipo di male possa entrare nel suo corpo. 21 Kan’u e Chohi Avorio, cm 7x5x2,3. Scuola di Edo/Tkyo, terzo quarto del XIX secolo. Firmato Koyosai Tomonobu. Inv. 5506. Kan’u e Chohi sono, insieme a Ryubi, i maggiori eroi del “Romanzo dei Tre Regni”, capolavoro letterario cinese del XIV secolo nel quale si narrano gli avvenimenti militari occorsi all’indomani della caduta della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.). Nel 1594 Kan’u sarebbe stato nominato Dio della Guerra. Sesshu Avorio, madreperla, corallo, corno e metallo, cm 2,7x2,8x2,5. Fine del XIX - inizio del XX secolo. Firmato Gyokuzan. Inv. 5696. Sesshu Toyo (1420-1506) è forse il pittore più famoso nella storia dell’arte giapponese, specializzato nel genere della “pittura a inchiostro” (suibokuga) di tradizione cinese. Si narra che una volta dipingesse una serie di topi tenendo il pennello tra le dita dei piedi; nonostante ciò, i roditori furono realizzati con tanta abilità da sembrare vivi. 22 Inro Farfalle e peonie Legno laccato e dorato, cm 9,2x5x2,5. Firmato Kajikawa saku (“Realizzato da Kajikawa”) con sigillo rosso a forma di vaso. Ojime Sfera Legno laccato, diam. cm 1,2. Non firmato. Netsuke Due tartarughe millenarie Legno laccato e dorato, cm 1,8 x 4. Firmato Gyokusai Kyoseiko con kao. Seconda metà del XIX secolo. Inv. 5736. Non è impossibile che questo completo sia stato concepito nella maniera con la quale oggi lo ammiriamo: si possono infatti notare le affinità tecniche con cui sono stati realizzati l’inro, l’ojime, e il netsuke di tipo manju. Riguardo alle peonie che ornano l’inro, sembrano derivare da una composizione di Katsushika Hokusai (1760-1849), pubblicata nella celebre serie dei Grandi fiori. 23 La Galliavola Arte Orientale Via Borgogna, 9 - 20122 Milano tel. +39 0276007706 - fax +39 0276007708 www.lagalliavola.com [email protected] in collaborazione con Museo Poldi Pezzoli Via Manzoni, 12 - 20121 Milano tel. +39 02794889 - 02796334 - fax +39 0245473811 www.museopoldipezzoli.it [email protected]
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