L`esofagite eosinofila in età pediatrica Eosinophilic esophagitis in
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http://www.geneticapediatrica.it/rigip/page.php?id=4 Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno II numero 1 - gennaio 2010 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali Home page | Archivio telematico | Norme editoriali | Stampa l'articolo Feed Rss 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 Motore ricerca Cerca ◀ Indietro pagina 4 Avanti ► L’esofagite eosinofila in età pediatrica Eosinophilic esophagitis in children Valeria Ferraù, Paolo Rossi, Annalisa Famiani, Antonella Talenti, Italia Loddo, Claudio Romano Dipartimento di Scienze Pediatriche, UOC Genetica e Immunologia Pediatrica, Università degli studi di Messina Abstract During the last decade, clinical practice saw a rapid increase of patients with esophageal eosinophilia who were thought to have gastroesophageal reflux disease but who did not respond to medical and/or surgical management. Subsequent studies demonstrated that these patients had a new disease termed eosinophilic esophagitis (EE). EE is a clinicopathological disease characterized by clinical symptoms of esophageal dysfunction, ≥ 15 eosinophils/HPF, exclusion of other disorders with similar clinical, histological or endoscopic features, especially GERD (use of high dose PPI treatment or normal Ph monitoring). Appropriate treatments include dietary approaches based eliminating exposure to food allergens, topical or systemic corticosteroids, cromolyn sodium and biologics. Riassunto Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un progressivo incremento dei pazienti sia di età adulta che di età pediatrica affetti da una nuova patologia: l’esofagite eosinofila (EE). L’EE è un disordine clinico-patogenetico ad eziologia ancora sconosciuta, presumibilmente immuno-allergica, caratterizzato da: sintomi gastrointestinali, biopsia esofagea che mostri ≥ 15 eosinofili/HPF, assenza di MRGE, intesa come ph-metria negativa e/o mancata risposta ad alte dosi di inibitori di pompa protonica (2 mg/Kg/die). La terapia dell’EE piuttosto complessa, è volta al mantenimento della remissione clinica e alla prevenzione delle complicanze, oltre che all’ approccio della fase acuta. Le possibili opzioni terapeutiche attualmente includono: diete di eliminazione, steroidi per via sistemica o topica, sodio cromoglicato. I composti biologici sono ancora in fase di studio. Introduzione L’esofagite eosinofila (EE) è un entità clinica caratterizzata da una severa eosinofilia esofagea con iperplasia squamosa epiteliale, che generalmente si manifesta con sintomi gastrointestinali alti, in primis esofagei. E’ una patologia emergente la cui prevalenza ha subito un netto aumento negli ultimi dieci anni. Ogni età può essere interessata, l’esordio più comune è nell’infanzia e nell’adolescenza. Più precisamente è stato dimostrato vi siano due picchi di incidenza: nel bambino tra i 6 e gli 8 anni, nell’adulto intorno alla terza-quarta decade di vita. L'incidenza dell'EE è di 1/10.000 casi l’ anno, con una prevalenza di 4/10.000. E’ più frequente nel sesso maschile (rapporto M/F di circa 3:1). E’ una condizione clinica ad eziopatogenesi presumibilmente immuno-allergica. Sono stati chiamati in causa diversi meccanismi che suggeriscono una disregolazione immunologica e il contributo di allergeni sia alimentari che inalanti. Fenomeni autoimmunitari che coinvolgono altri tratti dell’apparato gastrointestinale possono essere implicati nello sviluppo di questa malattia. In oltre la metà dei pazienti viene riferita una storia familiare o personale positiva per allergia con episodi di asma, rinite o dermatite atopica. Il meccanismo di reclutamento degli eosinofili è regolato da numerosi mediatori dell’ infiammazione che includono citochine pro-infiammatorie (IL3-IL4-IL5), chemochine (RANTES) e proteine pro-macrofagiche come le eotaxine 1, 2, 3. Solo l’IL5 e le eotaxine sono però dotate di elevata specificità nei confronti degli Eosinofili, in particolar modo l’ eotaxina 1 possiede un ruolo chiave nella modulazione dell’ infiltrato eosinofilo a livello del tratto gastrointestinale. Altro ruolo fondamentale nella genesi dell’EE è svolto dalla citochina Th2 e dall’IL-5 necessari nell’induzione di tale patologia. E’ stato dimostrato infatti che una iperespressività dell’IL-5 sotto il controllo delle cellule T (CD2) o degli enterociti intestinali può determinare un aumento della concentrazione di eosinofili a livello della mucosa esofagea. Quadri clinici Clinicamente l’esofagite eosinofila può presentarsi con una varietà di quadri sintomatologici. Nei bambini di età inferiore ai 5-6 anni il quadro clinico è in genere caratterizzato da: dolore addominale in sede epigastrica, inappetenza, episodi di vomito e/o rigurgiti. Nel bambino più grande ed in età adolescenziale predominano invece la disfagia, il dolore toracico e il “food impaction”. Diagnosi L’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) con biopsie esofagee multiple può essere considerata la tecnica diagnostica gold standard. Le biopsie vanno eseguite a livello di tutto l’esofago (prossimale, medio, distale) e a livello gastroduodenale per escludere un concomitante quadro di gastroenteropatia eosinofila. E’ utile eseguire almeno 4-5 prelievi bioptici (1-2 per porzione esofagea) per raggiungere una sensibilità diagnostica pari al 90-95%. L’aspetto macroscopico dell’esofago dipende dal grado e dall’ entità dell’infiltrato eosinofilo presente. Il quadro endoscopico può essere caratterizzato da granularità, friabilità, edema, aspetto colonnare longitudinale, anelli transitori o fissi. Tale condizione si accompagna ad importanti alterazioni della motilità e peristalsi esofagea e giustifica la disfagia che talvolta rappresenta il “sintomo guida”. Il pattern di infiltrazione può essere presente nella porzione sia prossimale che distale dell’ esofago. La presenza di placche biancastre che sormontano la mucosa esofagea possono essere evidenti nelle fasi più avanzate, necessitano di diagnostica differenziale nei confronti di lesioni da Candida e sono espressione della presenza di ascessi eosinofili. Sebbene nessuna di queste caratteristiche possa essere considerata patognomonica di EE, uno o più dei suddetti aspetti endoscopici possono essere fortemente suggestivi di tale patologia, in presenza di sintomi clinici. La stenosi o la riduzione del calibro esofageo rappresentano le lesioni più gravi ed avanzate, secondarie all’infiammazione a prevalente componente eosinofila, alla deposizione di collagene e alla conseguente fibrosi. Tale condizione si associa al rischio di episodi di bolo carneo che talvolta rappresentano una reale complicanza o emergenza. Non esistono dati certi in letteratura che permettano di individuare un’istologia tipica dell’ esofagite eosinofila, ovvero il cut-off nel conteggio degli eosinofili nella biopsia esofagea. I dati disponibili indicano che un numero di eosinofili ≥ 15 per campo (HPF) rappresenti la diagnosi istologica di EE da correlare poi al quadro clinico. Altre caratteristiche istologiche utili, ma non indispensabili per la diagnosi istologica sono: l’iperplasia della zona basale, l’allungamento delle papille, la fibrosi della lamina propria e la stratificazione in superficie degli eosinofili con aggregati o microascessi. Effettuata la diagnosi clinica ed istologica di EE ed inquadrato il paziente dal punto di vista anamnestico (familiarità o anamnesi personale immunoallergologica) è possibile effettuare un ciclo di terapia con IPP per 8 settimane, verificandone la risposta, oppure una ph-impedenzometria delle 24 ore. Contemporaneamente il paziente deve essere introdotto nell’iter diagnostico allergologico, per l’identificazione di un possibile allergene implicato (sia trofo che http://www.geneticapediatrica.it/rigip/page.php?id=4 aereo allergene). Molti studi infatti, sembrano confermare come l’allergia alimentare giochi un ruolo significativo nella sua patogenesi. L’ipotesi di una reazione di ipersensibilità di tipo I verso alcuni alimenti è supportata dal riscontro di eosinofilia sia a livello tissutale che a livello sierico, dagli elevati livelli di IgE e da una risposta positiva alla terapia steroidea. Nei soggetti sensibilizzati si è riscontrata la presenza di una connessione tra le IgE e i siti recettoriali dei mastociti per il frammento Fc; si potrebbe quindi supporre che il contatto di queste cellule con specifici antigeni alimentari possa provocarne la degranulazione, con il conseguente rilascio di alcuni fattori citoplasmatici quali il fattore chemiotattico eosinofilo ed il fattore di attivazione piastrinico, in grado di attirare a loro volta gli eosinofili in queste sedi. Negli adulti con EE solo occasionalmente l’allergia alimentare rappresenta un inequivocabile fattore patogenetico, viceversa può rivestire un ruolo fondamentale in età pediatrica. Si procederà pertanto alla determinazione delle IgE sieriche e degli eosinofili circolanti, all’esecuzione degli skin prick test e skin patch test verso trofo e aereo allergeni, e al dosaggio delle IgE specifiche (RAST) verso gli allergeni risultati positivi ai prick. Terapia Il trattamento dell’EE resta tuttora controverso e assai complesso. Il ruolo primario della terapia rimane l’approccio della fasi acute e la prevenzione delle complicanze, oltre che il mantenimento della remissione clinica. I cardini dell’ approccio terapeutico nella EE sono costituiti da dieta di eliminazione, corticosteroidi per via sistemica o topica, IPP (Inibitori di pompa protonica), sodio cromoglicato, antileucotrienici (Montelukast) e anticorpi monoclononali anti-IL5 (Mepolizumab). La terapia farmacologica va valutata in base all’andamento clinico del paziente, alle alterazioni anatomiche e al grado di interessamento flogistico istologico. L’identificazione degli antigeni alimentari causali tramite prick test e patch test e la loro successiva eliminazione può determinare un miglioramento sia clinico che istologico. Nei pazienti con meno di 10 allergeni identificati si può avviare una dieta di eliminazione oligoantigenica per 3 mesi, nei pazienti invece, con positività superiore ai 10 allergeni può essere proposta una dieta elementare per 8 settimane con successiva reintroduzione graduale degli alimenti, seguita da controlli endoscopici seriati per mettere in evidenza eventuali alterazioni esofagee macroscopiche e/o istologiche. L’eliminazione degli allergeni alimentari sospetti in associazione all’uso di IPP può essere considerato il trattamento di elezione. In alternativa è possibile ricorrere all’uso di steroidi per via sistemica o topica, molto efficaci nell’ indurre una remissione clinica e nel ridurre l’eosinofilia mucosale esofagea. Tuttavia questa remissione risulta essere temporanea con precoce ricaduta alla sospensione della terapia (circa 4-6 mesi). Gli steroidi sistemici (prednisone o metilprednisolone) sono generalmente utilizzati nelle fasi acute di malattia per un ciclo di 2-4 settimane, mentre gli steroidi topici (fluticasone dipropionato spray, budesonide sospensione orale) nel controllo a lungo Home page termine della sintomatologia. Gli IPP vengono in genere utilizzati in fase diagnostica o in corso di terapia con corticosteroidi per via sistemica. Sono stati riportati inoltre casi di pazienti in età adulta, che rispondono alla terapia con sodio cromoglicato. Questo farmaco in genere ben tollerato nella terapia a breve termine, previene il rilascio di mediatori tossici da parte dei mastociti, come l’istamina, il fattore attivante le piastrine e i leucotrieni. Infine prospettive terapeutiche che attendono di essere valutate adeguatamente mediante studi clinici randomizzati sono costituiti dall’utilizzo di anticorpi monoclonali anti-IL5 o degli antileucotrienici. Per quanto riguarda l’anti-IL5 (Mepolizumab) è stato dimostrato in diversi studi un’azione sinergica con i glucocorticoidi in grado di ridurre significativamente il numero degli eosinofili nel sangue periferico. Il montelukast, invece, si è dimostrato molto efficace nel controllo dei sintomi clinici e potrebbe costituire un’ alternativa al trattamento a lungo termine con corticosteroidi. Questo farmaco sembrerebbe in grado di inibire selettivamente il recettore del cisteinil leucotriene D4 presente sulla superficie degli eosinofili, con conseguente inibizione del reclutamento degli eosinofili stessi. Bibliografia 1. Furuta GT, Liacouras CA, Collins MH et al. Eosinophilic esophagitis in children and adults : a systematic review and consensus raccomendations for diagnosis and treatment. Gastroenterology 2007;133:1342-1363 2. De Angelis P, Markowitz JE, Torroni F et al. Pediatric eosinophilic esophagitis:towards early diagnosis and best treatment. 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