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CASA DI CURA VILLA SANDRA TERZA UNITA’ OPERATIVA COMPLICANZE IN CHIRURGIA ORTOPEDICA IMPIANTI PROTESICI E OSTEOSINTESI La nostra C. di C. ospita numerosi pazienti sottoposti ad intervento di protesizzazione, di riprotesizzazione e di osteosintesi. PROTESI D’ANCA NELLA COXARTROSI 150.000 interventi in Europa, 70.000 solo nel nostro Paese, in aumento costante del 2% ogni anno LE DONNE OVER 70 LE PIU’ COLPITE 0,12 0,1 0,08 Femmine Maschi 0,06 0,04 0,02 ol tr e 94 e 10 0 90 … 84 80 … 74 70 … 64 60 … 54 50 … 44 40 … 34 30 … 24 … 20 … 10 0 … 4 14 0 INDICAZIONI ALLA PROTESIZZAZIONE DELL’ANCA • • • • • • • • • • • • • artrosi primaria dell’anca; artrosi secondaria a epifisiolisi; artrosi secondaria a lussazione congenita dell’anca; artrosi secondaria a coxa plana; necrosi asettica della testa del femore da terapia cortisonica; necrosi asettica della testa del femore da irradiazione; artrite reumatoide; esiti di fratture del collo del femore esiti di lussazioni traumatiche dell’anca; esiti di artodesi; insuccessi di osteotomie; tumori ossei della porzione prossimale del femore; tumori ossei della porzione prossimale dell’acetabolo. POSSIBILITA’ ALTERNATIVE Nelle fasi più avanzate non esistono possibilità terapeutiche alternative: i rimedi palliativi possono essere anche del tutto inefficaci come per esempio le terapie fisiche ( ultrasuoni, ionoforesi, laser…) o terapia medica locale (infiltrazioni) PROGNOSI La prognosi per un ritorno completo alla vita normale di relazione può configurarsi in tre mesi. La durata di efficacia della protesi mediamente è di 15-20 anni. Successivamente potrà essere eseguito un nuovo intervento di reimpianto protesico. VIE D’ACCESSO ALL’ANCA L'intervento di protesizzazione dell'anca può essere eseguito mediante vie differenti (anteriori, laterali o posteriori), ciascuna caratterizzata da una corrispondente posizione della ferita chirurgica. Non esiste una via ideale, e la scelta dipende prevalentemente dall'esperienza personale dell'operatore. IL POST OPERATORIO (avviene generalmente secondo le seguenti tappe) • 1° giornata: a letto con arto tutelato; • 2° 3° giornata: rimozione del drenaggio e mobilizzazione del malato in poltrona; • 3° 4° giornata: inizio della fisioterapia al letto ; • 5° 6° giornata: inizio del carico tutelato; • 7° 10° giornata: dimissione o trasferimento presso struttura riabilitativa: • 15° giornata: rimozione dei punti di sutura. PROTESI DI GINOCCHIO NELLA GONARTROSI Nell’anno 2001, in Italia, sono state protesizzate quasi 20 mila ginocchia. L’incremento degli interventi di artroprotesi del ginocchio è stato del 20-30 per cento ogni anno. IL DECORSO POST OPERATORIO NELLE PROTESI DEL GINOCCHIO • Già in prima giornata il paziente inizia gli esercizi passivi di flesso estensione del ginocchio, così da ridurre il rischio di rigidità. Il raggiungimento di una buona articolarità del ginocchio operato già nei primi giorni dopo l'intervento è un fattore fondamentale per avere un risultato ottimale. • La deambulazione inizia in genere in seconda giornata, con l'ausilio di stampelle per ridurre il carico sull'arto operato. Negli impianti cementati è possibile eliminare le stampelle precocemente, non appena i tessuti molli siano guariti (dopo 2-3 settimane). • Dopo 4-6 settimane, in presenza di un decorso regolare, il paziente può tornare ad una vita del tutto normale Le complicanze in chirurgia ortopedica sono proporzionali all’incremento degli interventi effettuati come pure l’incremento degli interventi di revisione per complicanze COMPLICANZE NELLA CHIRURGIA PROTESICA DELL’ANCA • • • • • • • • • • • • • • infezioni superficiali e profonde; anemizzazione post-operatoria che può richiedere la trasfusione; ematomi locali; trombosi venosa profonda embolia polmonare; danni nervosi per lesioni di nervi; danni vascolari per lesioni di vasi; lussazione delle componenti protesiche; ossificazione eterotopiche; cicatrici cheloidee; dismetrie degli arti; zoppia; dolore in sede di intervento; fratture periprotesiche. I RISCHI DELLA PROTESIZZAZIONE DEL GINOCCHIO La protesizzazione del ginocchio è un intervento di chirurgia maggiore e come tale comporta alcuni rischi. Di tutti i possibili, due sono particolarmente significativi: • L'infezione periprotesica è la complicazione più temibile. Il diabete mellito e le condizioni di immunodeficienza comportano un rischio significativamente maggiore. La maggior parte delle infezioni si presenti nell'immediato post-operatorio. Il trattamento può anche consistere in una sostituzione della protesi se l'infezione è cronicizzata o ad esordio tardivo. • La trombosi venosa, con il rischio di embolia polmonare, ha un'incidenza piuttosto bassa con gli attuali protocolli di prevenzione. Si è però dimostrato che oltre il 20% dei pazienti sviluppa una qualche forma di occlusione venosa, anche se solo raramente questa si rende sintomatica ed eccezionalmente dà origine ad un'embolia polmonare. DIAGNOSI NEI REIMPIANTI DI PROTESI D’ANCA Mobilizzazione asettica del cotile ,2 Mobilizzazione asettica globale 30 31 ,5 35 Mobilizzazione asettica stelo 30 Lussazione protesica Esito espianto 25 Frattura ossea Mobilizzazione stelo endoprotesi 20 Lussazioni endoprotesi Rottura protesi 15 11 ,2 Usura polietilene Mobilizzazione settica 10 7 Cotiloidite 0, 2 1, 1 Dolore senza mobilizzazione di endoprotesi 0,4 1, 8 1, 8 1, 4 1, 3 2 2 5 2, 9 2, 6 2, 6 Dolore senza mobilizzazione Frattura ossea in endoprotesi 0 Altro (ossificazioni, trauma, frattura) Le complicanze delle protesi richiedono un intervento tempestivo ed adeguato I pazienti operati giungono alla nostra osservazione mediamente entro la prima settimana dall’intervento e stazionano nella nostra struttura per un lungo periodo. Possono emergere diverse problematiche LE FERITE CHIRURGICHE Osserviamo spesso delle banali complicanze in alcune ferite chirurgiche recenti a presumibile evoluzione benigna ma che possono rappresentano un fattore di rischio. Le vere infezioni d’impianto protesico precoci (nei primi sei mesi dall’intervento) sono riscontrabili nell’ 1,8 % degli operati. LE INFEZIONI Le infezioni possono avere origine da: • flora batterica già presente nel paziente (infezione endogena primaria,o secondaria (Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Escherichia coli Acinetobacter spp, Serratia spp, Klebsiella, ). • microorganismi provenienti dall’ambiente esterno: infezione esogena (Staphylococcus) COSTITUISCONO RISCHIO DI INFEZIONE: l’alta densità di malati in corsia tutte le operazioni svolte in preparazione preoperatoria (la tricotomia è uno dei più importanti fattori di rischio) la durata dell’intervento fattori intrinseci del paziente: • l’età • l’obesità • il diabete • la gravità della malattia • la generale situazione immunitaria • la malnutrizione LA GESTIONE DELLE FERITE Tutte le ferite contengono microrganismi, eppure la maggior parte non è infetta. Ma le interazioni tra la popolazione microbica e l’ospite possono gradualmente alterarsi. DIAGNOSI D’INFEZIONE DELLA FERITA CHIRURGICA • La diagnosi di una ferita infetta consiste in un giudizio clinico e le informazioni sulle specie microbiche vengono fornite ai medici da parte dei laboratori. • I campioni raccolti dalle ferite per le analisi di laboratorio consistono in tamponi, pus, biopsie, aspirati e qualche volta frammenti di cellule. Infezione di una ferita: stadi clinici Stadio 1: • • Pochi segni sottili di infezione (leggero odore, dolore o essudato) La guarigione progredisce normalmente Stadio 2: • • Stadio 3: • • Segni manifesti di infezione localizzata (secrezione di pus, gonfiore, dolore,eritema e calore localizzato) Interessamento del tessuto circostante, la ferita acquista aspetto malsano (cellulite, linfangite o cancrena) Aumentano i segni di infezione (aumento dell’odore, del dolore o dell’essudato) La guarigione non progredisce più normalmente Stadio 4: • • Segni manifesti di infezione localizzata e segni di infezione generale (piressia ed aumento dei globuli bianchi) Possibile evidenza di interessamento del tessuto circostante che può tradursi in sepsi e insufficienza organica e mettere a repentaglio la vita del paziente Attuare d’abitudine la prevenzione e la sorveglianza continua • • • • Che deve fare il personale sanitario lavarsi le mani, più volte al giorno, e asciugarsele con carta (l’Oms ha emanato delle linee guida sull’igiene delle mani nell’assistenza); usare i guanti, che vanno indossati prima di venire in contatto con mucose non integre, con sangue, con liquidi biologici, ma ricordare che i guanti riducono l’incidenza della contaminazione delle mani, ma non prevengono le lesioni dovute ad aghi o altri oggetti taglienti; usare la mascherina, la visiera, gli occhiali se si è esposti a mucose della bocca, del naso, spruzzi, goccioline di sangue e liquidi biologici soprattutto se si entra in contatto con paziente affetto da malattia trasmissibile attraverso secrezioni; usare i camici e non uscire con il camice e gli zoccoli. Cosa ci può chiedere il paziente? • che siano state effettuate accurate procedure di sterilizzazione • che si utilizzino cateteri a circuito chiuso dotati di un rubinetto regolabile, e non da tappetti; • che il personale con il quale entra in contatto abbia il camice e, quando è il caso, i sovracamici di protezione • esigere accurate pulizia e cura delle lesioni cutanee, come le piaghe da decubito • che ogni paziente abbia il suo termometro; • che esistano le macchine di sterilizzazione per pappagalli o padelle; • che il personale si lavi sempre le mani; • che la biancheria sporca sia separata da quella pulita Sterilizzazione in autoclave Il processo di sterilizzazione in autoclave assicura l’eliminazione di microrganismi, incluse le endospore, mediante l’utilizzazione di calore umido. Tipo di confezionamento e durata in giorni • Busta carta e polietilene termosaldata 60 giorni • Carta surgical grade in doppio strato 30 giorni • Containers con filtro 30 giorni • Buste autoadesive 30 giorni • Carta Tyvek 60 giorni
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