Diritto di famiglia – aspetti, processuali e penali

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Diritto di famiglia – aspetti, processuali e penali
Diritto di famiglia
aspetti penali e civili
Avv. Massimo Simbula
FONTI INTERNE
Costituzione:
Art. 2, 30, 31, 34, 37
Codice Penale:
Codice Civile
Codice di Procedura Civile
Codice di procedura penale
Leggi Speciali
571 c.p., 572 c.p., 578 c.p. – 581 c.p. – 582 c.p.
583 c.p. – 583 bis – 330 c.p.p. - 331 c.p.p. – 332
c.p.p. – 333 c.p.p. - 334 c.p.p. - 361 c.p. – 362 c.p.
– 365 c.p. - artt. 600 bis c.p., art. 609 bis, Legge
184/1983 modificata dalla 149/2001 – Art. 392 –
404 c.p.p., Art. 342 bis e ter c.c. e 736 c.p.c.
FONTI INTERNAZIONALI
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1902) Aja – Convenzione per regolare la tutela del minorI
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1913) Bruxelles – Conferenza internazionale per la protezione dell'infanzia
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1919) O.I.L. - limite al lavoro per 14 e 18 anni
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1921) Ginevra – Convenzione per eliminare la tratta delle donne e dei fanciulli
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1923) Jebb – fondatrice di “Save the Children” elaborò la prima “Dichiarazione dei diritti dei bambini”
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1924) Dichiarazione di Ginevra sui diritti del Fanciullo
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1948) ONU - Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
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1948) ONU - Dichiarazione dei diritti dell'infanzia
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1952) Ginevra -Convenzione per la protezione della maternità
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1956) Aja – Convenzione per le obbligazioni alimentari per i figli minori
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1959) Risoluzione ONU – Dichiarazione dei diritti del Fanciullo
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1967) Strasburgo – convenzione europea sull'adozione dei minori
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1979) Aja – Convenzione europea relativa al rimpatrio dei minori
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1989) ONU – Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia (convertita in Italia con legge n.176/1991)
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1993) Aja – Convenzione europea sull'adozione internazionale
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1996) Strasburgo - Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo (25 gennaio 1996)
Cenni sul ruolo della normativa nazionale e internazionale
il ricorso alla legge e all'intervento giudiziario, spesso invasivo e
complesso, è da considerarsi l'extrema ratio.
moltitudine di norme, ma anche carenza nella corretta individuazione del “bene
protetto”
Molte norme penali a tutela dei minori (ma anche in altri ambiti) parlano di
“morale”, “scandalo”, “oscenità”, ma cosa rappresentano questi concetti variabili
nel tempo e nello spazio, come evidenziato dalle numerose e contraddittorie
sentenze a livello nazionale?
ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA
TRIBUNALE PER I MINORENNI
.
Organo giurisdizionale specializzato
con funzione penale, civile e amministrativa
Tribunale del
dibattimento
Tribunale di
Sorveglianza
GUP
GIP
Giudice
Tutelare
Polizia Giudiziaria presso
T.M.
Servizi Minorili
Procuratore della Repubblica
(P.M.)
Coordina sostituti procuratori
Difensore
Comunità Private
P.M. Presso
Tribunale Minori
P.M. Presso Corte
d'Appello
Curatore speciale
Difensore d'ufficio
Patrocinio stato
Il rapporto tra servizi socio-sanitari, giustizia minorile e
giustizia penale
Quando si considera un bambino vittima di violenza si deve pensare ad un
duplice ordine di guai che gli possono capitare: da una parte i guai connessi alla
violenza del familiare, del parente, dell'estraneo, dall'altra i guai connessi
all'intervento delle istituzioni chiamate in causa.
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Gli strumenti legali sono deficitari per varie ragioni:
a) norme vetuste (c.c. del 1940, riforma del diritto di famiglia del 1975; codice rocco
del 1935)
b) servizi sociali generalisti e non specifici per l'infanzia che intervenendo con
approccio globale tendono a privilegiare le fasce sociali in grado di richiedere
l'intervento lasciando poi prevalere l'aspetto sanitario sull'aspetto sociale.
c) magistratura civile priva di specializzazione per i diritti del fanciullo.
d) magistratura penale spesso lenta per cause di vario tipo, scoordinata con il
Tribunale minorile (es. del padre in carcere e figlio allontanato dalla casa
familiare) , obbligatorietà della azione penale e impossibilità di opzioni di
recupero e ravvedimento (come in GB o Francia).
e) Tribunali minorili sono pochi (uno per ogni distretto di corte d'appello)
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Il rapporto tra servizi socio-sanitari, giustizia minorile e
giustizia penale
Normalmente in Italia i distretti di corte d'appello coincidono con le regioni per cui può
capitare che per una popolazione di 6-7 milioni di persone c'è solo un Tribunale
minorile.
e) la Magistratura minorile pur essendo una magistratura specializzata, non lo è
completamente. Mentre infatti nella sua componente “non giuridica”, cioè nei
giudici onorari, c'è sicuramente una specializzazione adatta a comprendere le
problematiche sottese alla violenza all'infanzia, nella componente “giuridica” cioè
nei giudici togati, questa capacità e questa formazione sono molte volte rimesse
alla buona volontà del singolo giudice. Salvo casi di autogoverno magistratuale e
organizzazione giudiziaria, la stessa cosa accade alla Procura della Repubblica
per i Minorenni e lo stesso discorso vale per tutti gli altri Uffici Giudiziari che si
occupano di minori. E nemmeno gli avvocati in molti casi sono specializzati tramite
opportuni corsi di formazione, ma si specializzano seguendo i singoli casi concreti.
Il rapporto tra servizi socio-sanitari, giustizia minorile e
giustizia penale
Pensiamo al caso della violenza fisica sul bambino commessa da un familiare. Di
questo caso si devono occupare la Giustizia Penale perché è stato commesso un
reato, la Giustizia Minorile perché c'è da controllare il modo in cui i genitori
esercitano il loro ruolo educativo e affettivo, i Servizi Sociali perché la situazione
della famiglia maltrattante deve essere oggetto di un intervento assistenziale o di
salute mentale. Può anche darsi che sia già in corso o inizi un procedimento di
divorzio, e allora il caso potrà interessare anche il giudice civile per quanto riguarda
l'affidamento del figlio all'uno o all'altro dei genitori. Altri soggetti collaterali devono
poi occuparsene: i sanitari che hanno diagnosticato le lesioni, la Polizia che deve
fare denuncia e indagine, il P.M:, l'avvocato difensore dell'imputato, il difensore della
parte civile, il CTU e il CTP.
Ebbene, spesso capita che ognuno di questi soggetti non intervenga in modo
coordinato.
I servizi sociali tendono ad avere un approccio globale sul nucleo familiare individuando
cause e concause e cercando di recuperare ove possibile la struttura familiare. Il
giudice minorile tenderà più a proteggere il fanciullo rispetto ai genitori. La giustizia
penale invece deve trovare il colpevole e punirlo.
Il sistema della Giustizia Penale è molto articolato: comprende polizia, P.M., giudice
penale di diversi livelli, più gradi di giurisdizione (ricorso in appello e cassazione),
carcerazione preventiva senza informare i servizi o il giudice minorile
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Il rapporto tra servizi socio-sanitari, giustizia minorile e
giustizia penale
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In generale sarebbe opportuno dedicare ad ogni singolo caso un
pool di operatori specializzati e sopratutto tempo al fine di
valutare effettivamente l'importanza del fatto analizzato.
Reati e procedura
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571 c.p. – Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
572 c.p. – Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli
578 c.p. – Infanticidio in condizioni di abbandono
materiale e morale
581 c.p. – Percosse
582 c.p. – Lesione personale
583 c.p. – Circostanze aggravanti
583 bis – Pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili
330 c.p.p. - Acquisizione delle notizie di reato
331 c.p.p. – Denuncia da parte di pubblici ufficiali e
incaricati di pubblico servizio
332 c.p.p. – Contenuto della denuncia
333 c.p.p. - Denuncia da parte di privati
334 c.p.p. - Referto
reati
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361 c.p. – Omessa denuncia di reato da parte del pubblico
ufficiale
362 c.p. – Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico
servizio
365 c.p. - Omissione di referto
Reati previsti dalla cosiddetta legge sulla pedofilia (artt. 600 bis
c.p. e seguenti)
I delitti contro la libertà sessuale (art. 609 bis e seguenti)
Scheda procedibilità reati
Gli interventi previsti dal codice civile: Art. 330 e 333 c.c., art 342
bis e ter c.c. e 736 c.p.c. (ordini di protezione contro gli abusi
familiari)
Legge 184/1983 modificata dalla 149/2001 – Diritto del minore ad
una famiglia
Difesa tecnica nei procedimenti minorili
Art. 392 – 404 c.p.p. (incidente probatorio)
Art. 571 e 572 c.p.
Delitti contro l'assistenza familiare
Titolo XI – Libro II – Capo IV
Art. 571 c.p.
Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.
Art. 572 c.p.
Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli
571 c.p. - abuso dei mezzi di
correzione o di disciplina
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in
danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a
lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura,
vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una
professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il
pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la
reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale si applicano le
pene stabilite negli articoli 582 c.p. (lesione personale)
e 583 c.p. (circostanze aggravanti), ridotte di un terzo;
se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a
otto anni.
571 c.p. Analisi della fattispecie
Sistematica incoerente
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Presupposto del reato è l'esistenza di un rapporto
disciplinare fra soggetto passivo e soggetto attivo (ius
corrigendi).
Il rapporto disciplinare è da considerarsi in modo molto ampio
(figli, soggetti sottoposti a tutela, discepoli, alunni, etc.)
No moglie e marito (cass. 19/02/1974) o rapporti di lavoro
subordinato (ad eccezione dell'apprendistato)
l  Elemento materiale del reato
è l'abuso dei mezzi di
correzione o di disciplina che presuppongono l'esistenza
dello ius corrigendi da parte di chi ha un potere disciplinare
su una persona. E' quindi importante individuare quando il
mezzo è lecito e quando trasmoda nell'abuso.
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571 c.p.
In dottrina e in giurisprudenza si ritiene comunemente che devono
considerarsi leciti solo quei mezzi correttivi e disciplinari che nel
più sacro rispetto dell'incolumità fisica e della personalità psichica
e morale, risultino necessari al raggiungimento del fine che il
rapporto disciplinare si propone, purché vengano usati nella
misura e nella entità minima richiesta.
Devono quindi intendersi banditi dallo ius corrigendi il ricorso alla
violenza fisica (pugni, schiaffi, percosse con la cinta, etc.). E'
stato così deciso che le ingiurie, le intemperanze, i rimproveri
violenti, non costituiscono un mezzo lecito di correzione. In alcuni
casi, con riferimento alle relazioni familiari con figli minori
conviventi, può tollerarsi il ricorso ad una vis modicissima, che in
tal caso non integra l'elemento materiale del reato in esame.
571 c.p.
Momento consumativo del reato = realizzazione del fatto
che costituisce l'abuso dei mezzi di disciplina o correzione
sempre che ne derivi il pericolo di una malattia nel corpo o
nella mente (Cass. 29/11/1990 n. 15903)
Per malattia può intendersi un processo patologico acuto o
cronico, localizzato o diffuso, che determina apprezzabile
menomazione funzionale dell'organismo (sono da
ricomprendersi stati d'ansia, insonnia, depressione, disturbi
del carattere e del comportamento – Cass. 3/05/2005)
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571 c.p. - elemento soggettivo
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Elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà
di compiere il fatto, sapendo che si tratta di un abuso e che da
esso possa derivare una malattia nel corpo o nella mente.
La giurisprudenza ritiene che l'evento dannoso o pericoloso non
deve essere voluto dall'agente, perché se voluto rimane escluso il
fine esclusivamente disciplinare e perciò il fatto costituisce un
delitto contro la persona.
La giurisprudenza esclude la compatibilità dell'attenuante della
provocazione con il delitto in esame: si osserva infatti che poiché
l'eventuale torto del soggetto passivo è un presupposto
dell'abuso del potere correttivo da parte dell'agente, esso è da
ritenersi compreso nella fattispecie criminosa e quindi non può
assumere, al tempo stesso, rilevanza come elemento accidentale
del reato.
Art. 571 c.p. - procedibilità
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Si procede d'ufficio.
La competenza è della Corte d'Assise se dal fatto deriva la
morte.
La competenza è del tribunale Monocratico se deriva una
lesione grave o gravissima e in tutti gli altri casi.
Art. 571 – sentenze
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Cass. 16/05/1996. n. 4904
Con riguardo ai bambini il termine “correzione”va assunto come sinonimo
di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi
di ogni processo educativo. In ogni caso non può ritenersi tale l'uso
della violenza finalizzato a scopi educativi: ciò sia per il primato che
l'ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore,
ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice
oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli
adulti; sia perché non può perseguirsi quale meta educativa, un risultato
di armonico sviluppo della personalità, sensibile ai valori di pace, di
tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini
contraddice. Ne consegue che l'eccesso di mezzi di correzione violenti
non rientra nella fattispecie del 571 giacché intanto è ipotizzabile un
abuso (punibile in maniera attenuata) in quanto sia lecito l'uso.
Art. 571 c.p. - sentenze
Cass. pen. Sez. VI, 10/01/2011, n. 4444
È erronea la decisione del Giudice di qualificare i fatti sottoposti al suo vaglio ai sensi dell'art. 571 c.p.
allorquando la vittima, all'epoca dei fatti, risultava già maggiorenne e, pertanto, non più sottoposta alla potestà
genitoriale. Il reato di abuso dei mezzi di correzione, infatti, presuppone un uso consentito e legittimo di tali
mezzi che sussiste fino a che il genitore ha la predetta potestà. I fatti de quibus devono, pertanto, ricondursi al
reato lesioni personali di cui all'art. 582 c.p., con la conseguenza che, essendo tale ultima fattispecie penale
punibile a querela di parte, qualora la persona offesa abbia rimesso la querela e l'imputato l'abbia accettata
(come verificatosi nel caso concreto), il reato risulta estinto per remissione della querela.
Trib. Milano, 02/07/2010
l delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina in tanto può prefigurarsi, in quanto l'abuso riguardi
mezzi di correzione, ossia mezzi educativi leciti; viene perciò a mancare l'elemento oggettivo del reato se sono
usati mezzi illeciti - come nel caso di espressioni ingiuriose rivolte dall'insegnante all'alunno - ovvero se si
tratta di mezzi contrari o contrastanti con lo scopo disciplinare, il cui uso e abuso concretano, invece, il delitto
di maltrattamenti in famiglia.
Cass. pen. Sez. VI, 16/02/2010, n. 18289
Ai fini dell'integrazione della fattispecie prevista dall'art. 571 cod. pen. è sufficiente il dolo generico, non
essendo richiesto dalla norma il fine specifico, ossia un fine particolare e ulteriore rispetto alla consapevole
volontà di realizzare la condotta di abuso. (In senso conforme, n. 16491 del 2005, non mass.). (Annulla con
rinvio, App. Milano, 03 ottobre 2007)
Art. 571 – sentenze
Cass. pen. Sez. VI, 16/02/2010, n. 18289
Il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non ha natura di reato necessariamente abituale, sicché
ben può ritenersi integrato da un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi
dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile
e complessivamente considerati, realizzano l'evento, quale che sia l'intenzione correttiva o disciplinare del
soggetto attivo. (Fattispecie in cui alcuni bambini affidati ad un'insegnante di scuola materna erano stati in più
occasioni oggetto di minacce e percosse, ovvero sottoposti a umilianti dileggi per il loro basso rendimento
scolastico). (Annulla con rinvio, App. Milano, 03 ottobre 2007).
Cass. pen. Sez. V, 15/12/2009, n. 2100
Essendo escluso che il reato di abuso dei mezzi di correzione debba configurarsi ed abbia forma di reato
necessariamente abituale, poiché esso può commettersi trasmodando nell'impiego di un mezzo lecito, sotto gli
aspetti sia della forza fisica esercitata in un singolo gesto punitivo, che della reiterazione del gesto stesso, deve
ritenersi che anche un solo schiaffo, quando sia vibrato con violenza tale da cagionare pericolo di malattia, sia
sufficiente ad integrare l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 571, 1° comma, c.p..
Cass. pen. Sez. VI, 12/02/2008, n. 11038
Per integrare il reato di abuso dei mezzi di correzione o disciplina è sufficiente il mero pericolo che le persone
offese subiscano una malattia nel corpo o nella mente.
Art. 571 – sentenze
Cass. pen. Sez. VI, 28/06/2007, n. 42648
Integra il reato di abuso di mezzi di correzione o di disciplina la condotta del genitore che, pur sorretta da
animus corrigendi, si esplichi con modalità tali da determinare il pericolo del sorgere di una malattia psichica
(fattispecie in cui il padre, ritenendo la propria figlia responsabile della sottrazione di un ciondolo, la
costringeva a scrivere ripetutamente su un quaderno frasi come "io non sono una ladra, non devo rubare",
minacciandola con percosse e cagionandole un trauma psichico).
Trib. Palermo, 27/06/2007 – NON PUNIBILITA’
L'insegnante che, per punizione, fa scrivere cento volte all'allievo la frase "sono deficiente" per aver vessato
con episodi di bullismo un compagno più debole, non è punibile per abuso dei mezzi di correzione o disciplina,
essendo tale strumento correttivo proporzionato, efficace, l'unico immediatamente disponibile, ed illustrato a
tutta la classe nel suo intento educativo.
Cass. pen. Sez. VI, 20/02/2007, n. 34460
La condotta relativa al delitto di maltrattamenti in famiglia si distingue rispetto a quella propria del delitto di
abuso dei mezzi di correzione e disciplina, in quanto, mentre quest'ultima presuppone un uso consentito e
legittimo dei mezzi correttivi, che, senza attingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a cagione
dell'eccesso, arbitrarietà o intempestività della misura, la prima implica un regime di prevaricazione e violenza
ed una abitualità di comportamenti illegittimi, tali da rendere intollerabili le condizioni di vita della vittima.
(Nella fattispecie si è ritenuto che il comportamento del padre che, fin dalla più tenera età, abbia impedito alla
figlia di frequentare persone di sesso maschile e di uscire di casa se non per andare a scuola o a fare la spesa
integri il reato di maltrattamenti in famiglia)
Art. 572 c.p. - maltrattamenti in
famiglia o verso fanciulli
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,
maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni
quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a
lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura,
vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di
un'arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la
reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione
gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne
deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni
572 c.p. - elemento materiale
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Presupposto del delitto in esame è che tra il soggetto
passivo ed il soggetto attivo sussista un rapporto di
familiarità o un rapporto disciplinare nel senso precisato
prima.
Discusso è il problema del rapporto di familiarità. Secondo
una parte della dottrina sarebbero da considerarsi solo
quelle di cui al 540 c.p. (filiazione legittima e illegittima). Agli
effetti della più recente giurisprudenza e della dottrina
dominante famiglia è ogni consorzio di persone tra le quali,
per intime relazioni e consuetudini di vita, siano sorti legami
di reciproca assistenza e protezione. Parte della
giurisprudenza ritiene NON essenziale la convivenza,
essendo sufficiente l'esistenza di relazioni continuative.
Art. 572 c.p. - elemento materiale
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L'elemento oggettivo del reato è costituito dai maltrattamenti. Secondo
la giurisprudenza e la dottrina dominante tale fatto è costituito da una
condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o meno,
realizzati in momenti successivi con la consapevolezza di ledere
l'integrità fisica e il patrimonio morale del soggetto passivo sì da
sottoporlo ad un regime di vita dolorosamente vessatorio.
Si ritiene che lo stato di separazione legale non esclude il reato di
maltrattamenti “quando l'attività persecutoria valga o incida su quei
vincoli che, rimasti intatti a seguito del provvedimento giudiziario,
pongono la parte offesa in posizione psicologica subordinata (cass.
22/11/1996 n. 10023). Integra il reato in esame la sottoposizione dei
familiari, ancorché non conviventi, a comportamenti abituali
caratterizzati da una serie indeterminata di atti di molestie, ingiuria,
minaccia, etc. a fine di rendere disagevole e per quanto possibile
penosa l'esistenza dei familiari (cass. 18/3/1999 n. 3570; cass.
22/12/2003 n. 49109)
572 c.p. - elemento materiale
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Il delitto in esame quindi può essere costituito anche da atti che,
singolarmente considerati, , non costituiscono reato, come ad
esempio i fatti che costituiscono sofferenze solo morali, come lo
spavento, l'angoscia, il patema d'animo, etc. (cass. 27/4/1995, n.
4636).
Il delitto di maltrattamenti può essere realizzato anche tramite
condotte omissive (vedi art. 40 c.p.), individuabili nel deliberato
astenersi, da parte di chi aveva l'obbligo di assistenza e cura di
determinate persone, dall'impedire condotte illegittime realizzanti
appunto maltrattamenti a danno delle persone medesime (cass.
16/1/1991 n. 394). Si tratta quindi di un reato a condotta plurima e
NON sono sufficienti episodi singoli e sporadici occasionali in
quanto i più atti devono essere legati da un nesso di abitualità e
da una unica intenzione criminosa (avvilire e opprimere la vittima)
Art. 572 c.p. - elemento materiale
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Non è tuttavia necessario che il comportamento vessatorio
dell'agente, assunto a sistema, perduri indefinitamente,
bastando che la situazione penosa della vittima si sia
protratta per un lasso di tempo apprezzabile. Parte della
dottrina ritiene invece che non sia rilevante il lasso di tempo
ma se si è prodotto o meno a danno della vittima quello
stato abituale di sofferenza morale o fisica che la legge
designa con il nome di maltrattamenti.
Naturalmente, essendo un reato a condotta plurima,
assorbe in sé quelle condotte (ingiurie, percosse, minacce)
che integrano il reato dei maltrattamenti.
572 c.p. - elemento soggettivo
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Elemento soggettivo è il dolo generico costituito dalla
coscienza e volontà di maltrattare il soggetto passivo, non
avendo alcuna rilevanza le finalità avute di mira dall'agente
(cass. 15/3/1994 n. 3141). Non rilevano quindi particolari fini
culturali o religiosi. Ad esempio se il soggetto attivo è di
religione musulmana e rivendica particolare potestà in
ordine al proprio nucleo familiare poiché trattasi di prassi e
costumi incompatibili con i principi cosituzionali italiani -art.
1, 2 e 3 cost. (cass. 8/01/2003 n. 55)
572 c.p. - circostanze aggravanti
speciali
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Il reato è aggravato se deriva una lesione personale grave,
gravissima o se ne deriva la morte della vittima. Trattandosi
di circostanze, nessuno dei tre eventi deve essere
preveduto e voluto dall'agente, neppure nella forma di dolo
eventuale, che altrimenti risponderà del relativo delitto
doloso
Differenze tra il 571 c.p. e il 572 c.p.
Si deve avere riguardo alla condotta e poi all'elemento
soggettivo, per cui: se il mezzo correttivo o disciplinare
impiegato NON E' un mezzo lecito si è sempre in presenza
di un atto di maltrattamento; se invece il mezzo correttivo e
disciplinare impiegato E' un mezzo lecito, allora occorrerà
distinguere:
a) se l'abuso di tale mezzo è sorretto dall'animus corriggendi,
ricorre il 571 c.p.
b) se l'abuso del mezzo lecito è accompagnato dal dolo di
maltrattare, anche eventualmente in aggiunta all'animus
corrigendi, ricorre il delitto ex art. 572.
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Differenze tra 571 e 572 c.p.
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La giurisprudenza richiamandosi alla Convenzione di New
York del 20.11.1989 sui diritti del fanciullo (recepita con
legge del 27/05/1991 n. 176) ritiene che non può ritenersi
lecito l'uso della violenza per finalità rieducative, sicché la
differenza tra 571 e 572 andrebbe riguardata solamente dal
punto di vista della condotta (cass. 16/05/1996 n. 4904).
Altra giurisprudenza invece ritiene opportuno fare sempre
riferimento all'elemento soggettivo - finalità correttiva
prevista nel 571 c.p. E non nel 572 c.p. (cass. 11/4/1996 n.
3526)
572 c.p. - procedibilità
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Si procede d'ufficio
Competenza della Corte d'Assise se dal fatto deriva la
morte
Competenza del Tribunale collegiale se deriva una lesione
gravissima
Competenza del Tribunale monocratico se deriva una
lesione grave e negli altri casi.
Sono sempre applicabili le misure cautelari personali (Divieto di
espatrio, Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, Allontanamento dalla casa familiare, Divieto o obbligo
)
L'arresto è obbligatorio per il II comma terza ipotesi,
facoltativo per il I e II comma (prima e seconda ipotesi). Il
fermo è consentito per il II comma.
di dimora, Arresti domiciliari, Custodia cautelare in carcere, Custodia cautelare in luogo di cura
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Art. 572 – sentenze
Uff. indagini preliminari Napoli, 02/12/2010, n. 268
Ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 572 c.p., occorre in primo luogo che venga rintracciato
tra le singole manifestazioni della condotta l'esistenza del cd. nesso di abitualità, cioè la frequente e non
sporadica ripetizione di comportamenti omogenei, essendo la reiterazione degli episodi lesivi elemento
costitutivo del reato. In secondo luogo appare opportuno evidenziare che i singoli comportamenti vessatori
possono anche essere naturalisticamente dissimili (ad esempio, ingiurie, percosse, atti di privazione della
libertà personale). Ciò che, infatti, rileva è l'omogeneità del contenuto offensivo delle singole condotte e la
possibilità di ricondurre le stesse, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nella generica nozione di
maltrattamento (ovviamente nella sua accezione laica, non giuridica).
Cass. pen. Sez. VI, 25/11/2010, n. 4480
La configurabilità del delitto di cui all'art. 572 c.p. richiede la sussistenza di un rapporto, tra l'agente ed il
soggetto passivo, caratterizzato da un potere autoritativo, esercitato di fatto o di diritto, dal primo sul secondo,
il quale versa in una condizione di apprezzabile soggezione. La descritta situazione, tradizionalmente confinata
in ambito familiare, è stata successivamente estesa anche ai rapporti educativi, di istruzione, cura, vigilanza e
custodia, ovvero quelli che si instaurano in ambito lavorativo. In relazione a tale ultimo rapporto, in particolare,
è necessario che il soggetto agente versi in una posizione di supremazia non solo formale ma sostanziale, la
quale si traduca nell'esercizio di un potere direttivo o disciplinare tale da rendere specularmente ipotizzabile
un'apprezzabile soggezione del soggetto passivo ad opera di quello attivo.
Cass. pen. Sez. V, 22/10/2010, n. 41142
Il delitto di cui all'art. 572 c.p. deve ritenersi sussistente anche qualora lo stato di sofferenza e di umiliazione delle
vittime derivi non già da specifici comportamenti dell'agente, bensì da un clima negativo generalmente instaurato
all'interno di una comunità di soggetti proprio in conseguenza degli atti di sopraffazione indistintamente e variamente
commessi, consapevolmente, dall'agente medesimo. In tal senso, pertanto, a nulla rileva la entità numerica degli atti
vessatori e la loro riferibilità ad una qualsiasi delle vittime del reato.
Art. 572 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. V, 22/10/2010, n. 41142
§  La configurabilità del delitto di cui all'art. 572 c.p. a danno dei minori non è esclusa nelle
ipotesi in cui questi non siano stati l'oggetto diretto delle invettive, delle aggressioni e dei
comportamenti anche moralmente distruttivi posti in essere dal padre in maniera diretta nei
confronti della coniuge. In ipotesi siffatte, invero, non può non rilevarsi che i minori
verosimilmente risentono del comportamento vessatorio posto in essere dall'agente nei
confronti della madre (acclarato nella specie dalla circostanza che i minori temevano di
andare a scuola per non lasciare la mamma da sola).
§  Trib. Ivrea, 19/10/2010
§  Soggetto passivo del reato di maltrattamenti in famiglia è qualunque convivente, infatti il
richiamo contenuto nell'art. 572 del c.p. alla famiglia deve intendersi riferito ad ogni
consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti
rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo.
sentenze
§  Trib. Cassino, 13/10/2010
§  Il delitto di maltrattamenti in famiglia consiste nel
sottoporre i familiari ad atti di vessazione continui e
tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni,
che costituiscono fonte di un disagio continuo e
incompatibile con normali condizioni di esistenza.
Nello schema del delitto non rientrano soltanto le
percosse, le ingiurie le minacce e le privazioni
imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e
di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e
proprie sofferenze morali.
Artt. 578, 581, 582, 583, 583 bis c.p.
Delitti contro la vita e l'incolumità individuale
Titolo XII, libro II, capo I
l 
Art. 578 c.p. – Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e
morale.
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Art. 581 c.p. - Percosse
l 
Art. 582 c.p. - Lesione personale
l 
Art. 583 c.p. - Circostanze aggravanti
l 
Art. 583 bis c.p. – pratiche di mutilazione degli organi genitali
gemminili
l 
Art. 578 c.p. - Infanticidio
Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e
morale
La madre che cagiona la morte del proprio neonato
immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto,
quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono
materiale e morale connesse al parto, è punita con la
reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si
applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia
se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la
pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall'art. 61 c.p.
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Art. 578 c.p. - nozione e struttura
oggettiva
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l 
L'art. in esame prevede una figura particolare di omicidio, attenuata per i
particolari moventi che hanno spinto a commetterlo.
Soggetto attivo del reato può essere soltanto la madre, da sola o
eventualmente in concorso con altre persone; trattasi dunque di un
reato proprio.
Il fatto materiale può consistere o nella uccisione del feto durante il
parto (cd. Feticidio) o nella uccisione del neonato subito dopo il parto
(cd. Infanticidio).
Il Feticidio presuppone che si sia compiuto il processo fisiologico di
gravidanza; la morte quindi deve essere cagionata nella fase di
transizione che va dal momento in cui inizia il distacco del feto dall'utero
materno al momento in cui il neonato acquista vita autonoma.
Come per l'omicidio (di cui l'infanticidio è una sottospecie), il neonato
deve essere nato vivo; la prova della vita è data dalla avvenuta
respirazione (cd. Docimasia polmonare); come per l'omicidio però non è
richiesta la vitalità.
Art. 578 c.p. - nozione e struttura
oggettiva
Tuttavia, perché ricorra l'infanticidio, occorre che l'uccisione del neonato
avvenga immediatamente dopo il parto; secondo la giurisprudenza, tale
espressione sta ad indicare il periodo di emozione o turbamento che
segue il parto; cessato tale momento viene meno la ragione
dell'infanticidio, ed il reato sarà omicidio comune.
l 
Del reato in esame (reato proprio) risponde la madre. Tutte le altre
persone che pongano in essere il fatto incorreranno nelle pene
dell'omicidio comune, anche se compartecipi (art. 575 c.p. - chiunque
cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad
anni ventuno).
l 
E' previsto però un trattamento più favorevole per i concorrenti che
abbiano agito al solo scopo di favorire la madre
Art. 578 c.p. - Elemento soggettivo e
circostanze
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Sotto il profilo soggettivo il delitto in esame è il tipico delitto doloso: la morte
del feto o del neonato infatti, deve essere preveduta e voluta dalla madre
come conseguenza della sua azione od omissione.
In tale figura criminosa acquista particolare rilievo il movente , il motivo cioè
che ha spinto la donna ad ammazzare il proprio feto o neonato. In
particolare l'art. 578 c.p. Postula uno stato di abbandono della madre inteso
non come fatto contingente legato al momento culminante della gravidanza,
bensì come condizione di vita che si sostanzia nell'isolamento materiale e
morale della donna dal contesto familiare e sociale (situazione di indigenza
e difetto di assistenza pubblica e privata; solitudine causata da insanabili
contrasti con parenti e amici e conseguente allontanamento, spontaneo o
coatto dal nucleo originario di appartenenza, e così via) produttivo di un
profondo turbamento spirituale, che si aggrava grandemente, sfociando in
una vera e propria alterazione della coscienza, in molte partorienti immuni
da processi morbosi mentali e tuttavia coinvolte psichicamente al punto da
smarrire, almeno in parte, il lume della ragione (Cass. 4/2/2000) n. 1387)
Non si applicano le aggravanti ex 61 c.p.
Art. 578 c.p. - Sentenze
§  Cass. pen. Sez. I, 07/10/2009, n. 41889
§  L'infanticidio in condizioni di abbandono materiale o morale postula uno stato di abbandono della madre
inteso non come fatto contingente legato al momento culminante della gravidanza, bensì come condizione
di vita, che si sostanzia nell'isolamento materiale e morale della donna dal contesto familiare e sociale
(situazione d'indigenza e difetto di assistenza pubblica e privata; solitudine causata da insanabili contrasti
con parenti e amici e conseguente allontanamento spontaneo o coatto, dal nucleo originario di
appartenenza e così via) produttivo di un profondo turbamento spirituale, che si aggrava grandemente,
sfociando in una vera e propria alterazione della coscienza, in molte partorienti immuni da processi morbosi
mentali e tuttavia coinvolte psichicamente al punto da smarrire almeno in parte il lume della ragione.
(Fattispecie relativa a ritenuta configurabilità di omicidio volontario nella soppressione, subito dopo la
nascita, con modalità efferate, del figlio da parte di madre volontariamente isolatasi dal contesto familiare e
sociale). (Rigetta, Ass.App. Roma, 27/01/2009)
§  Cass. pen. Sez. I, 18/10/2004, n. 46945
§  Sia nella fattispecie dell'omicidio volontario che in quella dell'infanticidio costituisce presupposto necessario
che il feto sia vivo fino al realizzarsi della condotta che ne cagiona la morte, pur non richiedendosi che esso
sia altresì vitale ovvero immune da anomalie anatomiche e patologie funzionali, potenzialmente idonee a
causarne la morte in tempi brevi, perché costituisce omicidio anche solo anticipare di una frazione minima
di tempo l'evento letale.
578 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. I, 18/10/2004, n. 46945
§  In tema di delitti contro la persona, l'elemento distintivo delle fattispecie di soppressione del prodotto del
concepimento è costituito anche dal momento in cui avviene l'azione criminosa. La condotta di procurato
aborto, prevista dall'art. 19, L. 22 maggio 1978, n. 194, si realizza in un momento precedente il distacco
del feto dall'utero materno; la condotta prevista dall'art. 578 c.p. si realizza invece dal momento del
distacco del feto dall'utero materno, durante il parto se si tratta di un feto o immediatamente dopo il parto
se si tratta di un neonato. Di conseguenza, qualora la condotta diretta a sopprimere il prodotto del
concepimento sia posta in essere dopo il distacco, naturale o indotto, del feto dall'utero materno, il fatto, in
assenza dell'elemento specializzante delle condizioni di abbandono materiale e morale della madre, previsto
dall'art. 578 c.p., configura il delitto di omicidio volontario di cui agli artt. 575 e 577, n. 1, c.p.,.
§  Trib. Minorenni Perugia, 08/11/199
§  Ricorre il delitto di infanticidio in condizioni di abbandono morale connesse al parto, e non quello di
omicidio, nel caso di una minore che abbia cagionato la morte della propria neonata subito dopo averla
partorita nel bagno della propria abitazione, al termine di un lungo travaglio e di una gravidanza vissuti in
stato di profondo isolamento psicologico e di totale incomunicabilità, a causa dell'assoluta incapacità
dell'ambiente familiare della minore, pur apparentemente coeso e del tutto normale, di cogliere l'evidenza
del dramma dalla minore vissuto e di avvertire ogni esigenza d'aiuto e di sostegno alla minore stessa
necessari. L'istituto della messa alla prova applicato nei confronti di una imputata di infanticidio, previa
ponderata valutazione della sua personalità in sede peritale, persegue finalità educative, maturative e
responsabilizzanti attraverso un'articolata progettualità di recupero personale, familiare e sociale, con il
coinvolgimento di tutto l'ambiente di vita dell'imputata.
Art. 578 c.p. - sentenze
§  Ass. Belluno, 01/03/1994
§  I disturbi e la disintegrazione della personalità, la mancanza di controllo, l'inadeguatezza affettiva e
dell'amore, l'abuso di alcool e l'alimentazione disordinata possono cagionare uno stato morboso che si rivela
e si acutizza in una donna in occasione del parto, tale da determinare l'incapacità d'intendere e di volere
rispetto alla soppressione del neonato. In tal caso, pur in mancanza di un'attuale pericolosità sociale, può
disporsi un programma di trattamento psichiatrico che consenta una prognosi favorevole di non pericolosità.
Art. 581 c.p. - Percosse
Chiunque percuote qualcuno, se dal fatto NON deriva una
malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della
persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa
fino a € 309.
Tale disposizione non si applica quando la legge considera la
violenza come elemento costitutivo o come circostanza
aggravante di un altro reato.
l 
581 c.p. – aspetti sostanziali
Il Codice Rocco, al contrario del precedente, ha
espressamente previsto tale delitto, conformemente al
codice francese, enucleando l'ipotesi di lesione senza
conseguenza.
Percossa è dunque un qualsiasi atto che procuri alla vittima
una sensazione dolorosa senza però cagionare una
malattia nel corpo o nella mente. Parte della dottrina ritiene
che la percossa può anche essere non dolorosa.
l  L'elemento materiale è costituito dalla violenza idonea a
produrre soltanto dolore, senza postumi di alcun genere.
Per aversi tale reato basta la semplice idoneità a produrre
una sensazione dolorosa per cui si risponde del reato anche
se la vittima è persona insensibile al dolore.
l 
581 c.p. – aspetti sostanziali
l 
l 
L'elemento soggettivo consiste nella coscienza e volontà di offendere
l'altrui integrità fisica. Per la giurisprudenza è sufficiente la sola volontà
di colpire; parte della dottrina richiede anche l'intenzione di arrecare un
dolore alla vittima. Non costituisce reato la percossa soltanto colposa.
Il delitto di percosse rimane assorbito in quei reati in cui la violenza
fisica è considerata elemento costitutivo o circostanza aggravante
(violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, abuso mezzi di
correzione, etc.). Il tentativo è configurabile (soggetto che cerca di
schiaffeggiare la vittima che lo blocca afferrandogli la mano).
581 c.p. - sentenze
§  Trib. Napoli Sez. IV, 07/10/2010
§  E' configurabile. il mero delitto di.percosse solo allorquando il comportamento del soggetto
agente abbia provocato nel soggetto passivo.una semplice sensazione fisica di dolore senza
nessuna altra conseguenza di alcun genere, mentre si configura il delitto di lesioni
ogniqualvolta la persona offesa subisca una qualsiasi alterazione dell'organismo funzionale o
anche solo anatomica, seppure localizzata e di lieve entità; con la conseguenza che debbono
considerarsi lesioni anche le ecchimosi, le escoriazioni, le contusioni e gli stati di shock.
§  Giudice di pace Arezzo, 16/02/2007
§  E' carente dell'elemento del dolo quel gesto istintivo che si concretizza in uno schiaffo a
fronte di manifestazioni di insofferenza ed ingratitudine, ovvero lo schiaffo dato a mò di
rimprovero che non ha provocato alcuna conseguenza lesiva, cioè dolore fisico, dato che non
ha avuto alcuna ripercussione sulla parte lesa anche perché del tutto leggero. Il fatto
dunque c'è stato ma lo stesso non costituisce reato.
§  App. Milano Sez. II, 27/06/2006
§  Qualora non è risultata provata quella azione violenta produttiva di una sensazione fisica
dolorosa nei confronti della presunta parte lesa, non potendosi ritenere tale un semplice e
probabilmente involontario spintonamento in una situazione, come quella descritta in
querela, in cui l'imputato tentava di prendere un oggetto che la moglie non voleva
consegnargli, non sussiste il reato di cui all'art. 581 c.p.
581 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. I, 09/11/2005, n. 7043
§  Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, sempre che tali
comportamenti siano stati contestati come finalizzati al maltrattamento, ma non quello di lesioni attesa la
diversa obiettività giuridica dei reati
§  Cass. pen. Sez. VI, 26/10/2004, n. 44621
§  Deve ritenersi configurabile il reato di lesioni personali (articolo 582 del c.p.), e non quello di percosse
(articolo 581 del c.p.) quando la condotta lesiva abbia provocato lividi o tumefazioni: in tal caso, infatti, non
ci si trova in presenza di una semplice sensazione fisica di dolore (cosa che sarebbe propria della percossa),
bensì di alterazioni, sia pure lievi, dell'integrità della persona, derivanti dalla rottura dei vasi sanguigni e
delle relative infiltrazioni del tessuto sottostante l'epidermide.
§  Cass. pen. Sez. V, 06/02/2004, n. 15004
§  Ai fini della sussistenza della ipotesi criminosa dell'omicidio preterintenzionale, prevista dall'art. 584 c.p., è
sufficiente che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un
rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte. Infatti nell'art. 581 c.p. il termine
"percuotere" non è utilizzato solo nel significato di battere, colpire o picchiare, ma anche in un significato
più ampio, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica. Anche la spinta integra
un'azione violenta, estrinsecandosi in un'energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente nei
confronti della persona; tale condotta, ove consapevole e volontaria, rivela la sussistenza del dolo di
percosse o di lesioni, per cui, quando da essa derivi la morte, dà luogo a responsabilità a titolo di omicidio
preterintenzionale.
Art. 582 c.p. - Lesioni personali
Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale
deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la
reclusione da tre mesi a tre anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non
occorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt.
583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e
nell'ultima parte dell'art. 577, il delitto è punibile a querela della
persona offesa.
l 
Art. 582 c.p. - Nozioni e tipi
Dalla lettura dell'art. si deduce che il legislatore ha previsto
quattro tipi di lesioni personali dolose:
a) la lesione personale lievissima che è quella dalla quale deriva
una malattia che ha una durata non superiore ai venti giorni
(guaribile cioè entro il ventesimo giorno)
b) la lesione personale lieve che è quella dalla quale deriva una
malattia che ha una durata compresa tra i 21 e i 40 giorni
c) la lesione personale grave (art. 583, primo comma)
d) la lesione personale gravissima (art. 583, secondo comma)
l 
Art. 582 c.p. - Struttura oggettiva:
il concetto di malattia
l 
l 
Si discute se la lesione o la malattia siano due eventi naturalisticamente
intesi oppure se la malattia non è altro che una specificazione del
contenuto della lesione. Secondo l'orientamento accolto
prevalentemente dalla dottrina, la definizione contenuta nel 582 è
impropria, in quanto il legislatore non ha voluto distinguere le due figure,
ma piuttosto ha voluto considerare il reato di lesione semplicemente
come quello che in qualunque modo produce una malattia.
L'elemento materiale del delitto non consiste necessariamente in una
azione violenta: se infatti normalmente le lesioni (e quindi la malattia),
sono cagionate con atti di violenza fisica e morale, la violenza può
anche mancare del tutto (si pensi ai casi di malattia cagionati mediante
le esposizioni al freddo, l'immersione nell'acqua, la privazione di cibo).
La lesione d'altronde può cagionarsi anche mediante omissione.
Art. 582 c.p. - Struttura oggettiva:
il concetto di malattia
Non si richiede inoltre che la lesione e i suoi effetti patologici siano soltanto
dovuti alla condotta del colpevole; dunque il nesso causale tra condotta ed
evento lesivo non è interrotto dalla presenza di una condizione che abbia
concorso a cagionare la malattia o un suo aggravamento (si pensi ad es.
alla trascuratezza del personale medico).
Quanto alla nozione di malattia, secondo la Relazione Ministeriale sul progetto
del Codice Penale, malattia è qualsiasi alterazione anatomica o funzionale
dell'organismo, ancorché localizzata e non influente sulle condizioni
organiche generali. Tale definizione è stata accolta anche dalla
giurisprudenza (cfr. Cass. 16/03/1971), che ha altresì precisato la
definizione, affermando che per malattia del corpo o della mente deve
intendersi ogni lesione della struttura anatomica degli organi corporei, ogni
sovvertimento delle normali funzioni fisiologiche o psichiche dell'organismo
offeso, conseguenti, con diretto nesso di causalità efficiente, alla violenza
esplicata dall'agente e determinante un processo di riparazione mediante
specifici mezzi di cura e appropriate prescrizioni, ovvero limitazioni
funzionali permanenti, consecutive alla menomazione, certamente o
probabilmente insanabile, dello stato di integrità psico-fisica della vittima.
l 
Art. 582 c.p. - Struttura oggettiva:
il concetto di malattia
In dottrina si definisce la malattia come un processo patologico
acuto o cronico, localizzato o diffuso, che determina apprezzabile
menomazione funzionale dell'organismo. Appare incontrovertibile
che, con il non accontentarsi più di un qualsiasi danno alla
persona ma col richiedere una vera e propria malattia perché
possa configurarsi il delitto di lesioni, siano esse dolose o
colpose, il legislatore ha fatto propria la tesi secondo cui per la
sussistenza del reato non basta una qualsiasi alterazione
dell'organismo, ma ci vuole una vera e propria alterazione
funzionale tale da compromettere in modo obiettivamente
apprezzabile, la vita vegetativa e/o di relazione.
Il reato si consuma con il verificarsi della malattia. E' previsto anche
il tentativo (parte della dottrina ritiene che il tentativo è sempre
perseguibile a querela di parte).
l 
Art. 582 c.p. - elemento soggettivo
l 
Il delitto è punibile a titolo di dolo generico, cioè la coscienza e la
volontà di provocare lesioni anche solo a livello di dolo eventuale.
Si richiede che all'agente si sia rappresentato e che abbia voluto
la lesione dell'altrui integrità fisica, e non anche che abbia voluto
cagionare la malattia nel corpo o nella mente. In presenza di
animus necandi , si configura il tentativo di omicidio, in cui resta
assorbito il reato di lesioni. Bastando il dolo generico, il movente
dell'agente, come ad esempio l'intenzione di scherzare, non
incide su di esso lasciando sussistere il reato.
Art. 582 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. VI, 10/01/2011, n. 4444
§  È erronea la decisione del Giudice di qualificare i fatti sottoposti al suo vaglio ai sensi dell'art. 571 c.p.
allorquando la vittima, all'epoca dei fatti, risultava già maggiorenne e, pertanto, non più sottoposta alla
potestà genitoriale. Il reato di abuso dei mezzi di correzione, infatti, presuppone un uso consentito e
legittimo di tali mezzi che sussiste fino a che il genitore ha la predetta potestà. I fatti de quibus devono,
pertanto, ricondursi al reato lesioni personali di cui all'art. 582 c.p., con la conseguenza che, essendo tale
ultima fattispecie penale punibile a querela di parte, qualora la persona offesa abbia rimesso la querela e
l'imputato l'abbia accettata (come verificatosi nel caso concreto), il reato risulta estinto per remissione della
querela.
§  Trib. Bari Sez. I, 26/10/2010
§  La fattispecie di reato di cui all'art. 582 c.p. si caratterizza per la condotta libera punendo, in particolare, il
soggetto che ricorrendo anche ad una pluralità di diverse condotte cagiona alla P.O. una lesione personale
dalla quale deriva una malattia nel corpo e nella mente. Integra, pertanto, il reato de quo l'atteggiamento
del soggetto, innamorato respinto, che, con il proprio comportamento insistente volto a far rivivere un
rapporto che per la vittima è ormai solo fonte di intima angoscia, le cagioni una grave sofferenza psichica
come oggettivamente diagnosticata.
§  Cass. pen. Sez. I, 22/09/2010, n. 37516
§  Ricorre la fattispecie di tentato omicidio, e non quella di lesioni personali, se il tipo di arma impiegata e
specificamente l'idoneità offensiva della stessa, la sede corporea della vittima raggiunta dal colpo di arma e
la profondità della ferita inferta inducano a ritenere la sussistenza in capo al soggetto agente del cosiddetto
"animus necandi". (Rigetta, App. Cuneo, 06/05/2009)
Art. 582 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. III, 22/10/2009, n. 49433
§  La nozione di malattia rilevante ai fini del reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina è più ampia
di quella relativa al reato di lesione personale, comprendendo ogni conseguenza rilevante sulla salute
psichica del soggetto passivo, dallo stato d'ansia all'insonnia, dalla depressione ai disturbi del carattere e
del comportamento. (Annulla senza rinvio, App. Torino, 17/06/2008)
Art. 583 c.p. - circostanze aggravanti
La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette
anni:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della
persona offesa, ovvero una malattia o una incapacità di attendere alle
proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 gg.
2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un
organo.
l 
La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a
dodici anni, se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso
3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile,
ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare,
ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
4) la deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso.
l 
Art. 583 c.p. - competenza
l 
l 
E' competente il Tribunale collegiale per le lesioni
gravissime mentre il Tribunale monocratico per gli altri casi.
Per la lesione grave come per quella gravissima sono
applicabili le misure cautelari personali. L'arresto in
flagranza è facoltativo in entrambi i casi e negli stessi i
fermo è consentito.
Art. 583 - Sentenze
§  Trib. Salerno, 03/02/2000
§  Ove la volontà sia diretta in modo non equivoco non a uccidere ma a sfregiare la vittima, sopravvissuta
all'aggressione, stante l'incompatibilità del dolo eventuale col tentativo, l'imputazione di tentato omicidio a
carico di chi abbia inferto molteplici coltellate non profonde nè in parti vitali, ma in viso, va derubricata in
quella di lesioni gravissime; con la circostanza aggravante dei futili motivi, se moralmente susciti
riprovazione la sproporzione tra lo stimolo per l'azione delittuosa e il risultato dell'azione stessa.
Art. 583 bis c.p. - Pratiche di
mutilazione degli organi genitali femminili
§  .Chiunque,
in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli
organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini
del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi
genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra
pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.
§  Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le
funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al
primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la
reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è
di lieve entità.
§  La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo
comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per
fini di lucro.
§  Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è
commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero
in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il
colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia
Art. 583 bis c.p. - nozione
l 
Trattasi di nozione introdotta dalla legge 9 gennaio 2006 n. 7, nel
novero di un complesso di misure finalizzate a prevenire,
contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale
femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all'integrità della
persona e alla salute delle donne e delle bambine. Configurando
una ipotesi speciale del delitto di lesione personale, con essa
condivide l'oggetto giuridico, essendo posta a tutela
dell'incolumità della persona (cui va aggiunto l'interesse statuale
all'integrità fisica e psichica dei cittadini), mirando alla repressione
di condotte lesive degli apparati connessi alla funzione sessuale,
dunque gravemente pregiudizievoli dell'equilibrio psico-fisico
dell'individuo, della sua dignità personale, nonché della stessa
vita di relazione.
Art. 583 bis c.p. - struttura oggettiva
e soggettiva della fattispecie
l 
Secondo le definizioni mutuate dalla scienza medica tradizionale, la clitoridectomia o
escissione, chiamata anche in arabo Tahara (purificazione) o Khefad (riduzione),
consiste nella rimozione dell'intero clitoride e delle adiacenti labbra. L'infibulazione
(dal latino fibula, spilla) è invece una mutilazione genitale femminile praticata in molte
società di stampo patriarcale dell'Africa, del sud della penisolaAraba e del sud-est
asiatico. Con tale pratica (nota anche come escissione faraonica) il clitoride viene
rimosso insieme alle piccole labbra e parte delle grandi (circa i 2/3), ed al termine
dell'operazione, l'apertura viene ricucita con una sutura o con spine, lasciando solo
un piccolo spazio per l'uscita delle urine e del sangue mestruale. Trattasi, come
evidente, di una pratica, che seppur saldamente ancorata in talune tradizioni
culturali, è totalmente inammissibile in ordinamenti i cui precetti pongono al centro di
ogni previsione la salvaguardia dell'integrità e della dignità dell'individuo, specie se si
considera che i rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati
fino alla defibulazione (prima della consumazione del matrimonio) che dopo ogni
parto viene effettuata una nuova infibulazione per ripristinare la situazione
prematrimoniale, e che la pratica dell'infibulazione faraonica ha lo scopo di
conservare e di indicare la verginità al futuro sposo rendendo la donna una sorta di
oggetto sessuale.
Art. 583 bis c.p. - struttura oggettiva
e soggettiva della fattispecie
l 
Il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui vengono
realizzate le orride mutilazioni di cui alla norma. Quanto
all'elemento soggettivo, la fattispecie è punibile a titolo di dolo
generico, richiedendosi esclusivamente la cosciente e volontaria
realizzazione delle condotte produttive delle mutilazioni a
prescindere dalle finalità perseguite concretamente dal reo.
Art. 583 bis c.p. - analisi del secondo
comma
La norma completa la tutela della sfera genitale femminile predisposta dal primo
comma, sanzionando penalmente chiunque cagioni lesioni ad organi genitali
femminili diverse da quelle prima descritte, da cui derivi una malattia nel corpo o
nella mente, al fine di menomare le funzioni sessuali, anche in tale ipotesi al di
fuori dei casi in cui sussistano esigenze terapeuitco-curative.
l 
Quanto al momento consumativo si identifica con il prodursi dell'evento
naturalistico della fattispecie, consistente nella malattia.
In proposito è opportuno evidenziare che se il riferimento alla patologia mentale ha
un senso rispetto alle lesioni personali (582 c.p.), difficilmente è configurabile
rispetto ad una fattispecie nella quale si richiede il prodursi di una malattia ad
organi genitali, se non quale conseguenza ulteriore rispetto alla patologia
“corporea”.
l 
Quanto all'elemento soggettivo, il delitto, a differenza di quello di cui al primo
comma, è punibile a titolo di dolo specifico, richiedendosi la coscienza e volontà
di cagionare la lesione, al fine di menomare le funzioni sessuali.
l 
Artt. 330, 331, 332, 333, 334 c.p.p.
Parte seconda
Indagini preliminari (Libro V)
Notizia di reato (titolo II)
l 
l 
l 
l 
l 
l 
Art. 330 c.p.p. Acquisizione delle notizie di reato
Art. 331 c.p.p. Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un
pubblico servizio
Art. 332 c.p.p. Contenuto della denuncia
Art. 333 c.p.p. Denuncia da parte di privati
Art. 334 c.p.p. Referto
Notizie di reato - Note generali
§  SEGNALAZIONE E DENUCIA
§  La notitia criminis può derivare:
§  1) dalla ricezione da parte del pubblico ministero o della polizia
giudiziaria della rivelazione (descrizione de fatto verbalizzata e
sottoscritta) del reato da parte della vittima o di terzi, che costituisce
quindi una denuncia
§  2) da un’ iniziativa diretta da parte di tali organi comunque venuti a
conoscenza del fatto mediante una segnalazione ossia una
comunicazione di fatti penalmente rilevanti.
Notizie di reato
§  Alcune categorie di soggetti, i “pubblici ufficiali” (ad esempio in ambito
scolastico i dirigenti scolastici , gli insegnanti), gli incaricati di un pubblico
servizio ( i bidelli), o gli operatori sanitari, hanno l’ obbligo giuridico di
segnalare tempestivamente all’ Autorità Giudiziaria i fatti costituenti reato di
cui abbiano avuto notizia o ne siano venuti a conoscenza. Si è quindi in
presenza di un atto obbligatorio che espone a precise responsabilità,
anche penali, in caso di omissione. L’ art. 331 c.p.p. prevede l’ obbligo di
denuncia per il pubblico ufficiale e l’ incaricato di un pubblico servizio per i
reati procedibili d’ ufficio. Sono infatti perseguibili d’ ufficio i reati di
maltrattamenti in famiglia, abuso di mezzi di correzione e i più significativi
tra i delitti sessuali compiuti in danno di minori. Negli altri casi i reati
sessuali sono procedibili a querela, ossia su richiesta della persona
danneggiata, da presentarsi entro sei mesi dal fatto. Se si tratta di un
minorenne che non ha compiuto almeno quattordici anni deve provvedere
chi esercita la potestà; se invece il minorenne ha più di quattordici anni può
presentare personalmente la querela oppure, nonostante ogni sua
contraria volontà, può presentarla chi esercita su di lui la potestà.
Notizie di reato - Note generali
§  La presenza di queste condizione e/o circostanze può non essere facilmente identificabile al
momento della denuncia. La notizia di reato può anche essere “de relato”, vale a dire
quando una persona riferisce al pubblico ufficiale e/o incaricato di pubblico servizio, non
quanto visto o subito, ma quanto appreso da altra persona. In tali casi, il fatto di invitare la
fonte diretta a presentare denuncia non esime dall’ obbligo della stessa.
§  Il privato cittadino, invece, non “deve” ma “può” segnalare la situazione sempre nel caso in
cui il reato sia perseguibile d’ ufficio. La segnalazione può anche essere fatta in forma
anonima, purchè le notizie inviate all’ Autorità Giudiziaria siano sufficientemente dettagliate e
permettano l’ individuazione del minore maltrattato e del suo contesto. Il fatto denunciato
non verrà però iscritto come notizia di reato, ma verrà inserito nel Registro Anonimi e il PM
incaricato disporrà le opportune indagini attraverso la Polizia Giudiziaria per accertare la
fondatezza delle notizie trasmesse.
Notizie di reato - Note generali
§ 
§ 
§ 
§ 
§ 
§ 
§ 
LE AUTORITA’ COMPETENTI A CUI RIVOLGERSI
La segnalazione e/o denucia può essere fatta e/o presentata:
1) alla Procura della Repubblica presso il Tribunale
2) all’ Ufficio Minori della Questura
3) al Tribunale per i Minorenni
4) presso qualsiasi comando dei Carabinieri
§  Sarebbe comunque opportuno che in ogni caso la denuncia venga effettuata sia presso il
Tribunale ordinario (procura) sia presso quello per i minorenni perché questo provveda all’
assunzione dei necessari provvedimenti urgenti a tutela del minore
Notizie di reato - Note generali
§  IL RUOLO DELLA POLIZIA DI STATO
§  Presso ogni Questura, nell’ ambito della Polizia Anticrimine, è presente l’
Ufficio Minori. Nato nel 1996 come pronto soccorso per i problemi degli
adolescenti e delle famiglie in difficoltà, l’ attuale obiettivo non è solo
quello di tenere sotto controllo la delinquenza ma anche e soprattutto di
prevenire gli abusi e gli abbandoni di minori e recuperare i loro diritti. L’
Ufficio Minori è composto da Ispettori della Polizia di Stato
professionalmente preparati al contatto con i minori e le famiglie in
situazioni difficili. Collaborano con loro assistenti sociali, neuropsichiatri
infantili, psicologi, pediatri, medici ed associazioni di volontariato
Notizie di reato
§  . Il personale qualificato dell’ Ufficio Minori dispone di un metodo operativo appropriato e
di una forte interazione con altre Istituzioni: non svolge infatti soltanto compiti tipici di un
ufficio di Polizia, ma è anche un punto di riferimento per le associazioni, gli enti morali, gli
uffici sanitari ed assistenziali impegnati sui temi del disagio minorile. Nel corso degli anni
la Polizia di Stato si è fatta promotrice di numerose iniziative, grazie anche alla
costituzione di Uffici Minori, che hanno portato alla stipula di importanti protocolli di intesa
tra le questure, le province, i comuni, i tribunali per i minorenni. L’ esigenza di controllare
in maniera puntuale l’ andamento degli abusi sessuali nei confronti dei minori e l’
inadeguatezza delle banche dati preesistenti, hanno indotto a realizzare, presso la
Direzione Centrale della Polizia Criminale, un apposito database. In questo vengono
inserite tutte le notizie riguardanti il soggetto vittima del reato (età, sesso, rapporto con l’
autore) contenute nelle segnalazioni provenienti quotidianamente dagli uffici delle forze di
polizia presenti sul territorio ed in particolare dagli Uffici Minori delle Questure.
§ 
Notizie di reato - Note generali
§  I SERVIZI SOCIALI E TERRITORIALI
§  La segnalazione di un abuso e/o violenza fa scattare un meccanismo di intervento da parte di vari
soggetti: il Tribunale per i Minorenni del luogo ove si trova il bambino delegherà i servizi sociali
competenti ad accertare l’ effettiva situazione del minore e della sua famiglia. Mentre la magistratura
ordinaria si occupa dell’ accertamento dei fatti costituenti reato e il Tribunale per i minorenni garantisce la
protezione del minore da ulteriori comportamenti di violenza, dall’ altra parte i servizi sociali cercano di
fornire un sostegno terapeutico al minore abusato e dove è possibile svolgono attività per il recupero tra
la vittima ed il genitore non abusante. Quando è necessario intervenire in una difficile situazione familiare,
occorre innanzitutto valutare se nei rapporti relazionali tra i componenti della famiglia siano presenti sia
fattori di rischio (che possano favorire la violenza), sia elementi protettivi (che invece tendano ad
affievolire i primi). Infatti se vi è prevalenza di fattori protettivi, la giusta strategia di intervento è quella di
fornire aiuto e sostegno al bambino ed alla sua famiglia; se vi è una compresenza di entrambi i fattori,
deve essere protetto il minore e devono essere potenziate le risorse familiari; infine se vi è assenza di
fattori protettivi, è necessario fornire una forte protezione e tutela al minore, accompagnata da
prescrizioni rivolte alla famiglia.
Notizie di reato
§  La tutela dei minori non si può limitare all’ ambito penale, né alle misure
per fronteggiare l’ emergenza, ma deve abbracciare un intero processo di
intervento che abbia al centro l’ interesse della vittima e come scopo la sua
sana crescita psicofisica. Proteggere il minore, capire le cause familiari
dello sviluppo dell’ abuso e riparare, quando è possibile, le relazioni tra la
vittima ed i suoi familiari, costituiscono i momenti cardine del processo di
intervento dei servizi sociali. I servizi preposti alla tutela sociale, sanitaria
ed educativa del minore sono molteplici. Essi comprendono i consultori
familiari pubblici e privati accreditati e le loro articolazioni, i servizi di tutela
dei minori gestiti dalle ASL , su delega dei Comuni, o dai Comuni stessi, i
servizi sociali, i servizi di neuropsichiatri infantile, i medici pediatri, le
strutture di accoglienza dei minori fuori dalla famiglia ecc. Di detti servizi si
avvale l’ Autorità giudiziaria sia per l’ accertamento delle condizioni psicofisiche del minore abusato e/o maltrattato e per definire il quadro sociosanitario ed educativo dello stesso, degli adulti di riferimento e delle
relazioni affettive, sia per un eventuale successivo programma riabilitativo
e/o terapeutico a favore del minore stesso.
Notizie di reato - Note generali
§  L’ ITER PROCEDURALE
§ 
Quando la notizia di reato è giunta alla procura, il pubblico ministero incaricato inizia l’ indagine
preliminare diretta ad accertare i presupposti di fatto richiesti per il concreto esercizio dell’ azione. Se il
caso non viene archiviato ed anzi le indagini preliminari evidenziano sufficienti elementi a carico dell’
inquisito, allora viene promossa l’ azione penale. Fino a quando non viene emessa una sentenza di
condanna definitiva, l’ abusante può essere sottoposto a misure restrittive (misure cautelari) solo nel caso
in cui sia ritenuto socialmente pericoloso o vi sia il pericolo di una sua fuga. La nuova disciplina dei reati
sessuali (legge 66/96) compiuti a danni di minorenni prevede alcuni strumenti di tutela processuale del
minore. Si segnala in particolare l’ estensione dell’ istituto dell’ incidente probatorio allorché si renda
necessario assumere la testimonianza del minore (verosimilmente la vittima): in tale ipotesi, infatti, l’
incidente probatorio può essere promosso anche in assenza dei requisiti di ammissibilità di cui al primo
comma dell’ art. 392 c.p.p. che, si ricorda, sono fondati sulla non rinviabilità al dibattimento dell’
assunzione della prova.
§  Il Pubblico Ministero può chiedere che l’ assunzione della testimonianza possa avvenire anche in luogo
diverso dal Tribunale avvalendosi di strutture specializzate o anche presso l’ abitazione dello stesso. La
ratio di questa innovazione va individuata nell’ esigenza di rafforzare la tutela della dignità e della
riservatezza del minore, evitando che egli sia interrogato nella successiva fase dibattimentale. Ad
analoghe esigenze di riservatezza risponde la previsione dell’ art. 15 della legge in esame a norma del
quale i procedimenti per i delitti di violenza sessuale a danno di minorenni escludono il pubblico
dibattimento.
Notizie di reato - Note generali
§  L’ art. 609 decies c.p. contiene una serie di disposizioni volte a tutelare efficacemente le condizioni
psicologiche del minore vittima di violenza sessuale, di abusi e di corruzione. In particolare detta norma
prevede che il Procuratore della Repubblica del Tribunale Ordinario deve informare il Tribunale per i
Minorenni quando si procede per i delitti di cui agli artt. 609 bis. 609 octies e 609 quinquies c.p. commessi
in danno di minorenni. In ogni stato e grado del procedimento, il minore è assistito psicologicamente ed
affettivamente dal genitore o da altra persona idonea indicata dal minorenne ed ammessa dall’ Autorità
Giudiziaria procedente.
§ 
Il minore è in ogni caso assistito dai servizi minorili dell’ Amministrazione della Giustizia e dai servizi
istituiti dagli enti locali. Poiché solo il Tribunale per i Minorenni può assicurare l’ immediata protezione del
minore, sarebbe opportuno anticipare sempre la comunicazione del Tribunale ordinario facendo una
segnalazione anche al giudice minorile. Al contrario della magistratura ordinaria, infatti, quella minorile ha
l’ obbligo di segnalare i casi di abuso sia ai colleghi che operano in ambito penale, sia ai servizi sociali, e
svolge un ruolo fondamentale per la tutela dei minori abusati e per l’ aiuto della sua famiglia. In particolare
la magistratura minorile ordina gli accertamenti giudiziari, sociali e psicologici necessari per riuscire a
comprendere la situazione e per poter così formulare un programma di interventi che abbia come scopo
principale la tutela del minore, parallelamente e successivamente all’ azione penale.
Notizie di reato - Note generali
§  PROVVEDIMENTI URGENTI CHE VENGONO EMANATI DALL’ AUTORITA’ GIUDIZIARIA
§ 
§  A tal proposito occorre distinguere i provvedimenti conseguenti alla commissione da parte del genitore del
reato sessuale in danno al figlio minore e quelli conseguenti alla commissione del reato da parte di
persona diversa. Le finalità degli strumenti in esame sono generalmente quelle di porre al riparo, in via
temporanea, il minore dal ripetersi di condotte a suo danno, di disporre di un contesto di tipo neutro, al di
fuori di intuibili condizionamenti, per poter approfondire la condizione fisica e psicoemotiva del bambino, e
quindi, indirettamente agevolare l’ accertamento della responsabilità penale dell’ abusante. Nel caso di
abusi intrafamiliari, la comunicazione da parte del Procuratore della Repubblica al Tribunale per i
Minorenni è finalizzata all’ adozione, nelle more del procedimento penale, di provvedimenti che
comportino vincoli all’ esercizio della potestà genitoriale e che consentano l’ allontanamento del minore o
del presunto abusante dalla residenza familiare. All’ esito del procedimento penale, il giudice, in caso di
condanna, può applicare ai sensi dell’ art. 609nonies c.p. la pena accessoria della decadenza dalla
potestà genitoriale (tale statuizione esula dalle competenze del T.M).
Notizie di reato - Note generali
§  Nel caso in cui il presunto abusante sia persona diversa dal genitore, i possibili esiti della
comunicazione di cui all’ art. 609 decies c.p. sono diversi a seconda che il minore, a causa
di un’ anomala situazione familiare, versi in condizione di disagio, oppure che i fatti
evidenzino una condotta irregolare dello stesso. In particolare se il minore versa in
condizioni di disagio il Tribunale per i Minorenni può in presenza di una situazione di
abbandono del minore, aprire il procedimento previsto dagli artt. 8 e segg. della L. 4.5.83 n.
184 finalizzato alla dichiarazione di adattabilità, e disporre provvedimenti temporanei urgenti
nell’ interesse dello stesso. In presenza poi di una situazione che evidenzi una condotta dei
genitori (pur non direttamente colpevoli degli abusi subiti dal figlio) comunque
pregiudizievole, può essere iniziato d’ ufficio, il procedimento finalizzato alla dichiarazione di
decadenza della potestà genitoriale (ar. 330 c.c.). Per i casi meno gravi, quando la condotta
di uno o di entrambi i genitori, pur non direttamente colpevoli degli abusi subiti dal figlio, non
è tale da dar luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’ art. 330 c.c., ma appare
comunque pregiudizievole per il figlio, il Tribunale per i Minorenni potrà, ai sensi dell’ art. 333
c.c., secondo le circostanze, adottare i provvedimenti convenienti nell’ interesse del figlio,
disponendone anche l’ allontanamento dalla residenza familiare.
Notizie di reato
§ Nel caso in cui i fatti oggetto di indagine
evidenzino una condotta irregolare del minore, l’
art. 25 R.D.L. 25.07.1934 n. 1404 consente di
esperire una procedura amministrativa presso il
Tribunale per i Minorenni, all’ esito del quale è
possibile, per finalità rieducative, disporre l’
affidamento del minore al servizio sociale
minorile oppure l’ inserimento in un istituto
minorile.
Notizie di reato - Note generali
§  Tra le norme che disciplinano nel nostro ordinamento gli strumenti di tutela dell’ infanzia
maltrattata ed abusata, devono annoverarsi quelle contenute nella legge n. 154/01. Quest’
ultima ha in primo luogo introdotto nel codice di procedura penale l’ art. 282 bis che dispone
l’ allontanamento del familiare violento dall’ abitazione; con lo stesso provvedimento il
Giudice può prescrivere il pagamento di un assegno di mantenimento a favore di coloro che
convivono con il soggetto sottoposto a questa misura. Per l’ attivazione di tale misura
cautelare valgono i principi generali: la richiesta da parte del PM ed il successivo
provvedimento del GIP. La legge n. 154/01 ha introdotto strumenti attivabili dall’ Autorità
Giudiziaria Ordinaria Civile, ovvero i cosiddetti ordini di protezione ai quali fanno riferimento
gli artt. 342 bis e ter c.c. e 736 bis c.p.c..
§ 
Notizie di reato
§  L’ordine di protezione del Tribunale civile ordinario può contenere
oltre alla prescrizione dell’ allontanamento dalla casa familiare, il
divieto di avvicinarsi a determinati luoghi frequentati dalla vittima,
quali la scuola o la residenza di familiari e congiunti. E’ utile
sottolineare che la misura dell’ allontanamento dalla casa familiare
può essere disposta anche quando questa è di proprietà esclusiva
del soggetto allontanato.
§  L’ innovazione non sta tanto nella possibilità di ottenere misure
cautelative, del resto già esistenti nel nostro ordinamento (misure
cautelari in sede penale), ma nella possibilità di ricorrervi anche
quando non si è in una situazione configurabile come reato. La
suddetta legge introduce un’ accezione ampia di violenza, che
configura tutte le situazioni di grave pregiudizio dell’ integrità fisica
e morale, della libertà di un membro familiare, causate da altro
componente del nucleo stesso.
Art. 330 c.p.p. - Acquisizione delle notizie di
reato
§  Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei
reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o
trasmesse a norma degli articoli seguenti.
Art. 330 c.p.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. VI, 20/05/1996, n. 1997
§  E' legittimo il provvedimento con il quale il p.m. autorizza la polizia giudiziaria a sorvegliare, a debita
distanza e in modo non invasivo, l'incontro tra un genitore ed il figlio minore al fine di impedire la
sottrazione, già verificatasi in passato, di questo da parte del primo, poichè tali compiti rientrano tra quelli
istituzionali della polizia giudiziaria di ricerca della notitia criminis e di impedimento a che i reati siano
portati a più gravi conseguenze. Contro tale provvedimento è comunque inammissibile il ricorso per
cassazione, non essendo previsto uno specifico mezzo di impugnazione e non rientrando tra quelli limitativi
della libertà personale.
§  Cass. pen. Sez. VI, 21/09/2006, n. 36003
§  Sulla base di una denuncia anonima non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni
telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l'esistenza di indizi di reità. Tuttavia, gli
elementi contenuti nelle denunce anonime possono stimolare l'attività di iniziativa del P.M. e della polizia
giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall'anonimo possano ricavarsi estremi
utili per l'individuazione di una "notitia criminis".
Art. 330 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. III, 02/12/1998, n. 3261
§  Presupposto necessario perchè possano essere iniziate le indagini preliminari è
l'esistenza di una "notitia criminis" la quale per essere tale, deve avere per
oggetto un fatto specifico idoneo ad integrare estremi di reato e deve essere
dotata, per la fonte da cui proviene, di adeguata credibilità. Pertanto è da
escludere che possano essere promosse indagini preliminari non già sulla base
di una notizia di reato ma al fine di eventualmente acquisirla, come nel caso di
indagini a tappeto ed in forma indiscriminata, dirette ad accertare se
eventualmente ipotetici reati siano stati commessi, essendo una tale attività
consentita soltanto agli organi di polizia nell'esercizio della propria attività
amministrativa di prevenzione e repressione dei reati; attività che, in quanto
svolta al di fuori delle norme del codice di rito, va effettuata nel pieno rispetto
delle altrui libertà, fatti salvi, ovviamente, gli specifici poteri di accertamento
attribuiti da specifiche disposizioni di legge.
Art. 331 c.p.p. - denuncia da parte di pubblici
ufficiali e incaricati di un pubblico servizio
§  1. Salvo quanto stabilito dall'articolo 347 (obbligo di riferire la notizia di
reato), i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che,
nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia
di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto,
anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è
attribuito.
§  2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico
ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.
§  3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo
fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
§  4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un
fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità
che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico
ministero
Art. 331 c.p.p. -sentenze
§  Trib. Minorenni Napoli, 05/02/1992
§  Qualora la revoca dell'adozione in casi particolari venga domandata allegando
una condotta delittuosa del minore in danno del genitore adottivo (nella specie,
tentato omicidio), il procedimento non va sospeso in attesa dell'accertamento e
della qualificazione del fatto in sede penale.
Art. 332 c.p.p. - contenuto della
denuncia
§  1. La denuncia contiene:
§  a) l'esposizione degli elementi essenziali del fatto;
§  b) il giorno dell'acquisizione della notizia;
§  c) le fonti di prova già note.
§  Quando è possibile contiene:
§  a1) le generalità;
§  b1) il domicilio;
§  c1) quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è
attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su
circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
Art. 333 c.p.p. - denuncia da parte di
privati
§  1. Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può
farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è
obbligatoria.
§  2. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a
mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di
polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta dal
denunciante o da un suo procuratore speciale.
§  3. Delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto
disposto dall'articolo 240 (salvo costituiscano corpo del reato o
provengano comunque dall'imputato).
Art. 333 c.p.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. IV, 22/12/1995, n. 4308
§  L'art 333 c.p.p. el prescrivere che delle denunce anonime non può essere fatto
alcun uso, salvo quanto disposto dall'art. 240 c.p.p., stabilisce che la denuncia
anonima non può valere come notitia criminis e non deve, pertanto, essere
iscritta nell'apposito registro previsto dall'art. 335 c.p.p. Ciò, però, non esclude
che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria che, ex art. 330 c.p.p., prendono
notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o
trasmesse, possano trarre utile spunto per la loro attività da un'informazione
anche anonima, in quanto una notitia criminis può essere legittimamente
ricercata ed appresa in base alle indicazioni di una denuncia anonima, così
scaturendo dall'attività del pubblico ministero o della polizia giudiziaria.
Art. 334 c.p.p. - Referto
§  1. Chi ha l'obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore
o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a
qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la
propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all'ufficiale di polizia
giudiziaria più vicino.
§  2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è
possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto
altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze
dell'intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze
del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato
o può causare.
§  3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima
occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e
sottoscrivere un unico atto
Art. 334 c.p.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. VI, 29/04/1998, n. 7034
§  In tema di elemento psicologico del reato di omissione di referto, la valutazione
da parte dell'esercente la professione sanitaria della perseguibilità d'ufficio del
delitto ravvisabile nel caso a lui sottoposto non deve essere fatta in astratto, ma
in concreto, ossia con l'adozione di ogni criterio di giudizio che tenga conto delle
peculiarità della situazione effettiva, dovendosi riconoscere al sanitario un
margine di discrezionalità nell'apprezzamento della natura dell'infortunio in
relazione al tipo di lesione riscontrata, alla descrizione di fatti fornita dal paziente
o dai suoi eventuali accompagnatori e agli altri possibili elementi di riscontro.
(Fattispecie di lesione da infortunio sul lavoro nella quale la S.C. ha escluso il
dolo in capo al medico in ordine al contestato reato di cui all'art. 365 c.p., avuto
riguardo alla totale assenza di indicazioni da parte del paziente circa la dinamica
dell'infortunio ed essendo stata anzi fornita dal medesimo una versione del fatto
tale da escludere qualunque violazione delle norme a tutela della prevenzione
degli infortuni sul lavoro).
DELITTI CONTRO L'ATTIVITA' GIUDIZIARIA
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TITOLO III, CAPO I
Art. 361 c.p. (Omessa denuncia di reato da parte di un
pubblico ufficiale)
Art. 362 c.p (Omessa denuncia di reato da parte di un
incaricato di un pubblico servizio)
Art. 365 c.p. (Omissione di referto)
Art. 384 c.p. (casi di non punibilità)
Art. 361 c.p. - Omessa denuncia
di reato da parte di un p.u.
Il Pubblico Ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare alla Autorità
Giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia l'obbligo di riferirgli,
un reato di cui abbia avuto notizia a causa o nell'esercizio delle sue
funzioni, è punito con la multa da € 30 a 516.
La pena è della reclusione fino ad un anno se il colpevole è un ufficiale o
un agente di polizia giudiziaria che ha avuto comunque notizia di un
reato del quale doveva fare rapporto.
Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano se si tratta di reato
punibile a querela della persona offesa.
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Art. 361 c.p. - aspetti sostanziali
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Il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui si
doveva fare la denuncia.
Le cause di estinzione del reato o di non punibilità
relative al fatto da denunciare, non esentano
dell'obbligo del rapporto perché esse possono essere
rivalutate e riconosciute solo dall'Autorità Giudiziaria.
Il dolo è generico e consiste nella coscienza e volontà
di omettere o ritardare la denuncia di un reato punibile
d'ufficio. Se l'omissione o ritardo è dovuto a
trascuratezza o dimenticanza (e cioè a colpa) il reato
non sussiste.
Art. 361 c.p. - Sentenze
§  Trib. Genova Sent., 31/03/2009
§  Ex art. 361 c.p. il reato di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale si configura come un
reato di pericolo, a consumazione istantanea, non essendo necessario che il funzionamento della
amministrazione della giustizia abbia subito un danno dalla omissione o dal ritardo della denuncia, onde al
pubblico ufficiale tenuto a dare la notizia non spetta alcun potere dispositivo della notizia medesima né altra
facoltà di indagare sulla vicenda nella quale sia ravvisabile un reato perseguibile di ufficio. Inoltre in tema di
omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, l'esistenza di una prassi contra legem, in materia di
omissione o ritardo dell'atto dovuto, non può valere ad escludere il dolo, ma solo può suffragare l'ipotesi di
un errore sulla doverosità della denuncia, inescusabile perché vertente sulla legge penale. L’obbligo di
denuncia sussiste a carico di tutti i pubblici ufficiali intervenuti nella trattazione di un affare amministrativo,
rispetto ai reati di cui abbiano preso conoscenza nell'esercizio dell'attività esplicata, in ordine all'affare
unitariamente considerato.
§  Cass. pen. Sez. V Sent., 04/04/2008, n. 26081
§  L'omissione o il ritardo del pubblico ufficiale nel denunciare i fatti di reato idonei ad integrare il delitto di cui
all'art. 361 cod. pen. si verifica solo quando il p.u. sia in grado di individuare, con sicurezza, gli elementi di
un reato, mentre, qualora egli abbia il semplice sospetto di una possibile futura attività illecita, deve,
ricorrendone le condizioni, semplicemente adoperarsi per impedire l'eventuale commissione del reato ma
non è tenuto a presentare denuncia. (Annulla senza rinvio, App. Milano, 26 Febbraio 2007)
Art. 361 c.p. - sentenze
§  Trib. L'Aquila, 07/02/2008
§  Il delitto di omessa denuncia di reato, ex art. 361 c.p., è reato istantaneo, poiché il termine di
adempimento dell'obbligo giuridico è unico, finale e non iniziale, decorso il quale il soggetto agente non è
più in grado di tenere utilmente la condotta comandata. Il delitto si consuma allorché il pubblico ufficiale
apprende del fatto di reato, momento che segna anche il dies "a quo" della prescrizione, mentre l'elemento
soggettivo consiste nella consapevolezza e volontarietà dell'omissione della denuncia allorché si sia
verificato il presupposto da cui deriva l'obbligo di informare l'autorità giudiziaria, ovvero la conoscenza, da
parte del pubblico ufficiale, del fatto costituente reato a causa e nell'esercizio delle sue funzioni.
§  Cass. pen. Sez. VI Sent., 19/03/2007, n. 18457
§  Ai fini della valutazione di tempestivo adempimento dell'obbligo della polizia giudiziaria di riferire la notizia
di reato al pubblico ministero, le espressioni adoperate dalla legge - che ci si riferisca alla locuzione "senza
ritardo" o all'avverbio "immediatamente", usati, rispettivamente, nei commi primo e terzo
dell'art. 347 cod. proc. pen. - pur se non impongono termini precisi e determinati, indicano attività da
compiere in un margine ristretto di tempo, e cioè non appena possibile, tenuto conto delle normali esigenze
di un ufficio pubblico onerato di un medio carico di lavoro. (Nella specie, relativa a denuncia per ipotesi di
tentato omicidio, che andava comunicata immediatamente, la Corte ha ritenuto sussistere il reato di
omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, per avere gli addetti al competente commissariato
di polizia, informati oralmente dei fatti dal posto di polizia presso un ospedale, trattenuto la denuncia per
oltre un mese, quantunque più volte sollecitati, inoltrandola al P.M. solo dopo che la vittima aveva
provveduto a presentarne altra direttamente agli uffici di Procura). (Rigetta, App. Genova, 12 aprile 2005)
Art. 362 c.p. - Omessa denuncia da parte di un incaricato
di un pubblico servizio
L'incaricato di un pubblico servizio che omette o ritarda di denunciare
all'Autorità indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia
avuto notizia nell'esercizio o a causa del suo servizio, è punito con la
multa fino a € 103.
Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela
della persona offesa né si applica ai responsabili delle comunità
terapeutiche e socio-riabilitative per fatti commessi a persone
tossicodipendenti affidate per l'esecuzione del programma definito da un
servizio pubblico.
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Differenze tra p.u. e i.p.s.
§  Sono definiti pubblici ufficiali coloro che esercitano una pubblica funzione; è pubblica la funzione
amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla
formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per
mezzo di poteri autoritativi o certificativi (art. 357 c.p.). Alcuni esempi di pubblici ufficiali: medici
ospedalieri, assistenti sociali di un ente pubblico, dipendenti di uffici pubblici (es. uffici anagrafici) che
rilasciano certificati, insegnanti di scuole pubbliche e private, notai, il capotreno e chi ha la funzione di
controllore sui mezzi pubblici.
§  Sono definiti incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico
servizio; per pubblico servizio si intende un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione,
ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di
semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale (art. 358 c.p.). Alcuni esempi
di incaricati di pubblico servizio: i bidelli, i dipendenti comunali che preparano i certificati senza avere
potere di firma, i dipendenti delle aziende sanitarie locali, i volontari della protezione civile. N. B.: non sono
pubblici ufficiali né incaricati di pubblico servizio, coloro che svolgono semplici mansioni d'ordine o
prestazioni d'opera meramente materiali, anche presso enti pubblici (art. 358 c.p.).
Differenze tra p.u. e i.p.s.
§  Pret. Ragusa, 07/10/1996 Il farmacista (colui, cioè,
che esercita la professione sanitaria e non anche il
proprietario dell'azienda - farmacia, ove si tratti di
soggetti distinti) riveste la qualifica di incaricato di
pubblico servizio. In tale veste, pertanto, in forza
dell'obbligo imposto in via generale
dall'art. 331 c.p.p., egli è tenuto a denunciare un
reato del quale, nell'esercizio o a causa del servizio, e
comunque, in dipendenza dell'attività svolta, sia
venuto a conoscenza, onde, in caso di mancato
adempimento al c.d. obbligo di rapporto, incorre nel
reato di cui all'art. 362 c.p. (Fattispecie relativa
all'emissione di ricette false al fine di incrementare le
vendite di determinati farmaci)
Art. 365 c.p. - Omissione di referto
§  Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la
propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di
un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio (art. 334 c.p.p.), omette
o ritarda di riferirne all'autorità indicata nell'art. 361 c.p., è punito con la
multa sino ad € 516.
§  Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la
persona assistita a procedimento penale.
Art. 365 c.p. - sentenze
§  Trib. Milano, 22/09/2009
§  Ai fini della sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di omissione di
referto (art. 365 c.p.), che è reato di pericolo e non di danno, occorre, oltre alla
coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto da parte dell'esercente la
professione sanitaria, che questi si trovi in presenza di fatti i quali presentino i
caratteri di un delitto perseguibile d'ufficio. Per verificare la configurabilità di tale
reato (e della responsabilità anche civile che ne discende a carico del sanitario)
occorre che il giudice accerti (come affermato dalle sezioni penali della Suprema
Corte di Cassazione, tra le altre, con sentenze n. 3447 e n. 9721 del 1998), con
valutazione "ex ante" (e tenendo conto delle peculiarità del caso concreto), se il
sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere, in
termini di astratta possibilità, la configurabilità di un delitto perseguibile d'ufficio,
e se abbia avuto la coscienza e la volontà di omettere o ritardare il referto,
rimanendo esclusa la configurabilità del dolo qualora - dalle circostanze del caso
concreto - emerga la ragionevole probabilità che l'accadimento si sia verificato
per cause naturali o accidentali.
Art. 365 c.p. - sentenze
§  Cass. pen. Sez. VI, 09/04/2001, n. 18052
§  L'esonero del sanitario dall'obbligo di referto di cui al
comma 2 art. 365 c.p. è previsto solo per il caso in cui i
fatti che si dovrebbero descrivere nel referto convergono
nell'indicare il paziente quale autore del reato esponendolo
a procedimento penale. (Fattispecie nella quale la Corte
non ha ritenuto che il sanitario potesse esimersi
dall'obbligo di referto nel caso di ricovero di un paziente
per tossicosi acuta da assunzione di droga, in quanto
l'ipotesi che l'assistito fosse egli stesso un trafficante non
poteva essere direttamente collegata al referto ma solo
all'esito di ulteriori indagini che dal referto potevano
prendere solo spunto).
Art. 365 c.p. - sentenze
§  Non è punibile per falsa o reticente testimonianza, ex art. 384 comma 2 c.p., il
sanitario chiamato a deporre su un fatto dal quale può derivare la sua
responsabilità per omissione di referto, non potendosi applicare in tale ipotesi
l'art. 200 comma 1 c.p.p., che riguarda il diverso caso in cui il dovere di riferire
all'autorità giudiziaria, che supera il segreto professionale, non implica profili di
responsabilità penale del dichiarante. (Nella specie, una psicologa era stata
esaminata come teste su un caso di maltrattamenti e di violenza sessuale in
danno di una paziente che era stata da lei visitata, fatto in relazione al quale
essa non aveva assolto all'obbligo di referto).
Cass. pen. Sez. VI, 07/10/1998, n. 13626
Art. 365 c.p. - sentenze
§  Il reato di omissione di referto si sostanzia nella violazione di un obbligo
d'informazione da parte dell'esercente la professione sanitaria che abbia
prestato la propria assistenza in casi che possono presentare i caratteri di un
delitto per il quale si debba procedere d'ufficio. Atteso il carattere valutativo
dell'informativa, che implica una prognosi ed una verifica anche ai fini penali di
quanto accaduto, l'obbligo di referto insorge quando il sanitario si convinca
della possibilità che quanto prospettatogli costituisca un reato procedibile
d'ufficio. Per l'esistenza del dolo è necessario che il medico sia a conoscenza di
tutti gli elementi di fatto da cui scaturisce l'obbligo di referto; cosicchè è da
escludere che ricorra l'elemento psicologico nel caso di errore sul carattere
criminoso del fatto.
Cass. pen. Sez. V, 08/09/1998
§  L'elemento psicologico del reato di omissione di referto è il dolo, che richiede
non solo la coscienza e volontà di omettere il referto, ma altresì la
consapevolezza in capo al sanitario della sussistenza di un fatto delittuoso
perseguibile d'ufficio, da ravvisare sulla base di una valutazione concreta del
fatto da cui è derivata la lesione.
Cass. pen. Sez. VI, 29/04/1998, n. 7034
Art. 365 c.p. - sentenze
Cass. pen. Sez. VI, 20/03/1998, n. 5829
In tema di omissione di referto, il convincimento del medico che all'onere di referto abbiano già
adempiuto i sanitari intervenuti subito dopo la causazione delle lesioni, si configura come
erronea rappresentazione di un elemento di fatto idoneo ad escludere il dolo del delitto, inteso
come rappresentazione ed intenzione dell'evento di pericolo proprio della fattispecie legale di
cui all'art. 365 c.p., cioè la mancata immediata informazione dell'autorità giudiziaria.
Cass. pen. Sez. VI, 30/04/1996, n. 4400
L'art. 334 comma 2 c.p.p., nell'individuare il contenuto del referto, indica requisiti il cui
mancato rispetto non integra il delitto di cui all'art. 365 c.p., ove non comporti una sostanziale
incompletezza o reticenza della denuncia
Art. 384 c.p. - casi di non punibilità
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Nei casi previsti dagli artt. 361, 362, 365 c.p. Non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare
sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile
nocumento nella libertà e nell'onore.
Legge sulla pedofilia – art. 600 bis c.p. e seguenti
All'origine della legge contro la prostituzione e la pornografia minorile
(legge 3/8/1998, n. 269), vi è l'impegno dell'Italia, assunto con la
Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, stipulata il 20/11/1989 e
ratificata con la legge 27/5/1991, n. 176. Con tale trattato gli insegnanti
si sono impegnati a proteggere i fanciulli da ogni forma di sfruttamento,
tra cui appunto quello connesso alla prostituzione ed alla pornografia
minorile.
Le previsioni a tutela dei minori di cui si è detto sono state integrate e
perfezionate ad opera della legge 6/02/2006, n. 38 recante “Disposizioni
in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la
pedopornografia anche a mezzo internet”, fra l'altro, anche attraverso
modifiche alla legge 269/1998 oltre che attraverso correttivi ad alcune
fattispecie codicistiche.
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Art. 600 bis .c.p. - prostituzione minorile
Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni
diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la
reclusione da sei a dodici anni e con la multa da € 15.493 a € 154.937.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali
con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in
cambio di danaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a € 5.164.
Nel caso in cui il fatto di cui al secondo comma sia commesso nei confronti
di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, si applica la pena
della reclusione da due a cinque anni.
Se l'autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni
diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un
terzo a due terzi.
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Art . 600 bis- aspetti sostanziali
Il primo comma sanziona l'attività di sfruttamento, induzione e
favoreggiamento della prostituzione minorile.
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Il secondo comma sanziona il compimento di atti sessuali con minore
verso corrispettivo (mirando a vulnerare l'illecito fenomeno colpendo
non solo l'offerta, ma anche la domanda di prostituzione minorile).
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Il terzo comma prevede una aggravante speciale in caso di
infrasedicenne.
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Il quarto prevede una attenuante speciale nel caso in cui il fatto sia
commesso da una persone di età inferiore agli anni diciotto
La norma è posta a tutela della libertà psico-fisica del minore, intesa come
diritto ad una crescita fisica, psichica, spirituale, morale e sociale
secondo i canoni del naturale sviluppo.
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Art . 600 bis- aspetti sostanziali
Mentre la cd. Legge Merlin n. 75/1958 non fornisce una definizione del concetto di
prostituzione, la legge n. 269 del 1998, invece, nel secondo comma dell'art. 609
bis, configura l'attività di prostituzione nel compimento di atti sessuali in
cambio di danaro o altra utilità economica.
Per atto sessuale deve intendersi ogni condotta che manifesti esteriormente l'istinto
sessuale umano tra cui rientrano sia gli atti di congiunzione carnale, in cui vi è
compenetrazione dei genitali (ma anche coito anale e orale) che quelli di
semplice libidine, quali la masturbazione, la palpazione, abbracci e carezze.
Il primo comma dell'articolo punisce l'attività di sfruttamento, induzione e
favoreggiamento della prostituzione minorile. In particolare per sfruttamento
deve intendersi il comportamento di chi percepisce danaro od altra utilità
derivanti dall'attività di prostituzione, con la consapevolezza che i proventi
derivano dall'illecito commercio.
Si ha invece favoreggiamento quando l'agente compie una qualsiasi attività idonea
a rendere più agevole l'esercizio dell'altrui prostituzione. Non è necessario che
l'agente abbia un fine di lucro (altrimenti si configura anche lo sfruttamento), né
che abbia un fine di libidine. E' sufficiente anche un solo episodio per integrare il
favoreggiamento.
Art . 600 bis- aspetti sostanziali
Circa l'induzione alla prostituzione, essa consiste in ogni attività idonea a
determinare, persuadere, convincere il soggetto passivo a concedere le
proprie prestazioni sessuali, ovvero a rafforzare la risoluzione di prostituirsi
non ancora consolidata, o a far persistere chi vorrebbe allontanarsene.
Ai fini della sussistenza del reato è irrilevante che il soggetto passivo sia o
meno già dedito alla prostituzione. Infatti sussiste l'induzione anche quando
l'agente rafforzi la determinazione già maturata dal minore, ovvero, di fronte
ad una maturata intenzione di smettere, lo faccia persistere nella
prostituzione. Deve trattarsi di una attività positiva e concreta, non essendo
sufficiente la semplice tolleranza, inerzia o proposta.
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Il delitto di cui al primo comma, nelle sue diverse configurazioni, , si
consuma sin dal compimento del suo primo atto criminoso di induzione o
favoreggiamento (per lo sfruttamento si ritiene necessaria la percezione del
profitto).
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Quanto all'elemento soggettivo, la fattispecie è punibile a titolo di dolo
generico. L'età del soggetto passivo rientra nell'oggetto del dolo.
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Art . 600 bis- aspetti sostanziali
Il secondo comma dell'articolo, riscritto dalla legge 6 febbraio 2006 n.
38, configura una fattispecie a carattere sussidiario, in quanto si
configura solo ove il fatto non costituisca più grave reato.
La punibilità della condotta del “cliente” (dunque anche della domanda e
non solo dell'offerta di prostituzione), costituisce una novità rispetto alla
legge Merlin, finalizzata, come detto, a reprimere in modo fermo la
prostituzione minorile.
Per la configurazione del delitto in commento non si richiede che l'iniziativa
sia presa dal cliente, bensì viene punito anche colui il quale accetta la
proposta del minore che, data la giovane età, non è in grado di valutare
il disvalore della sua condotta ed è vittima di un sistema che lo rende
“schiavo”.
La riforma del 2006 ha introdotto l'inedita figura aggravata della fattispecie
(vittime infrasedicenni) oltre che l'attenuante se il fatto è commesso da
minori di anni diciotto.
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Art. 600 bis - sentenze
Nel reato di prostituzione minorile, le condotte di induzione, di favoreggiamento o di sfruttamento, giacché
contemplate in un unico contesto, non danno luogo a più fattispecie di reato, rappresentando, invece, modalità
diverse di commissione di un unico delitto. (Rigetta, App. Venezia, 12 ottobre 2009)
Cass. pen. Sez. III, 28/10/2010, n. 43414
Il reato di prostituzione minorile di cui all'art. 600 bis, comma secondo, cod. pen. riguarda i soli rapporti
sessuali retribuiti compiuti con un minore di età compresa fra i quattordici e i diciotto anni, sicché, nel caso di
rapporti consenzienti, retribuiti o meno, con un minore degli anni quattordici, è sempre configurabile il diverso
reato di cui all'art. 609 quater cod. pen.. (Rigetta, Trib. lib. Trieste, 02 febbraio 2010)
Cass. pen. Sez. III, 19/05/2010, n. 2621
Il reato di induzione alla prostituzione minorile è configurabile anche nel caso in cui il minore sia un soggetto
non iniziato né dedito alla vendita del proprio corpo, in quanto è sufficiente che l'agente ponga in essere una
condotta idonea a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi al fine di una
qualsiasi attività economica. (In motivazione la Corte ha precisato che la semplice dazione di denaro è
sufficiente a persuadere un minore a consentire agli atti sessuali). (Rigetta, Trib. lib. Messina, 22 dicembre
2009)
Cass. pen. Sez. III, 14/04/2010, n. 18315
Art. 600 bis - sentenze
La fattispecie di favoreggiamento della prostituzione minorile è a dolo generico in quanto è sufficiente, ai fini
della sua configurabilità, la mera consapevolezza di favorire la prostituzione di un minore, non essendo
richiesto anche il fine di lucro che, invece, qualifica la fattispecie di sfruttamento. (Rigetta, App. Lecce s.d.
Taranto, 30 Ottobre 2007)
Cass. pen. Sez. III, 03/03/2010, n. 14836
L'esercizio della violenza o della minaccia nei confronti della vittima non è evento necessario all'integrazione
del reato di induzione alla prostituzione minorile che può essere commesso, a differenza del reato di violenza
sessuale, anche solo con un'attività di persuasione ad acconsentire agli atti sessuali. (Rigetta, App. Torino, 20
Ottobre 2008)
Cass. pen. Sez. III, 19/03/2009, n. 21181
In tema di reati sessuali, le pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dall'esercizio della tutela e
della curatela (art. 6, L. 20 febbraio 1958, n. 75) si applicano anche in caso di condanna per il delitto di
prostituzione minorile (art. 600 bis cod. pen.), in quanto quest'ultimo costituisce un'ipotesi speciale ed
aggravata del reato di induzione, favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione ove commesso ai danni di
persona minore, fattispecie prima prevista dall'abrogato art. 4, comma primo, n. 2 della citata legge cui
conseguivano le pene accessorie predette. (Rigetta, App. Bari, 29 Maggio 2007)
Cass. pen. Sez. III Sent., 08/02/2008, n. 17844
Art. 600 ter c.p. - Pornografia
minorile
Chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce
materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni
pornografiche, è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da € 25.822 a
€ 258.228.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio di materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo,
anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale
pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni
finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è
punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 2.582 a € 51.645.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi precedenti, offre o cede ad altri, anche a
titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione
fino a tre anni e con la multa da € 1.549 a € 5.164.
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i
due terzi ove il materiale sia di ingente quantità
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Art. 600 ter c.p. - aspetti sostanziali
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L'articolo, introdotto dalla legge 269/98 e successivamente corretto dalla
legge 6 febbraio 2006 n. 38, prevede diverse figure criminose suddivise
in cinque commi, miranti a reprimere tale fenomeno a tutti i livelli,
persino quello della cessione gratuita di materiale pornografico minorile.
Il bene giuridico protetto dalle norme in questione va individuato nella
libertà psico-fisica del minore (delitto contro la personalità individuale).
Dalla struttura di alcune fattispecie si può evincere però anche
l'intenzione del legislatore di difendere la collettività da offese al senso
del pudore.
In ordine al concetto di pornografia secondo un orientamento
giurisprudenziale ormai consolidato, esso attiene all'ambito della sfera
sessuale umana e, pur essendo meno ampio del concetto di oscenità, vi
rientrano sia la rappresentazione di immagini e scene che richiamano il
rapporto sessuale (od equivalenti abnormi situazioni), nonché gli atti di
libidine ed altri atteggiamenti chiaramente erotizzanti.
Art. 600 ter c.p. - analisi primo comma
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Per “esibizione” deve intendersi una partecipazione dal vivo ad attività
pornografica. Non è necessario che l'esibizione avvenga in luogo
pubblico: e anzi più verosimile che il circuito illegale di cui ci si occupa
utilizzi private abitazioni. Inoltre non è necessario che l'esibizione
avvenga ala presenza di un pubblico, cioè una pluralità di persone ben
potendo avvenire a beneficio di uno specifico “cliente”.
La “produzione” può consistere tanto in foto (su qualsiasi supporto:
carta, floppy disk, CD rom, etc) quanto in videocassette ed analoghi
supporti.
Tra le condotte sanzionate è stata, infine, inserita l'induzione di minori di
anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche.
Art. 600 ter c.p. - analisi secondo comma
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La condotta di “fare commercio” punita dalla norma non è quella di
semplice alienazione dei prodotti suddetti, ma implica una vera e propria
organizzazione di impresa, finalizzata ad una offerta duratura sul
mercato di tali prodotti.
Art. 600 ter c.p. - analisi terzo comma
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Le condotte possono essere poste in essere con ogni mezzo, anche per
via telematica.
Per attività di distribuzione deve intendersi quella effettuata presso una
pluralità indeterminata di sogetti. Il fatto che la destinazione sia un
numero indeterminato di soggetti, consente di distinguere la presente
fattispecie da quella di cui al quarto comma. Nel caso in cui oggetto
della distribuzione sono prodotti e non notizie deve ritenersi che essa
debba avvenire necessariamente senza scopo di lucro, altrimenti
ricorrerebbe l'ipotesi di cui al secondo comma.
Per attività di divulgazione deve intendersi la messa a disposizione di un
numero indefinito di utenti del materiale o delle notizie de quibus.
La pubblicizzazione, infine, implica la diffusione di informazioni destinate
a diffondere la conoscenza presso il pubblico del materiale suddetto; si
osservi che la pubblicizzazione viene presa in considerazione solo con
riferimento alla prima ipotesi delittuosa mentre viene omessa nella
seconda (senza nessuna ragione!).
Art. 600 ter c.p. - analisi terzo comma
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Le descritte condotte devono avere ad oggetto il materiale pornografico,
ovvero “notizie finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di
minori”.
Adescare significa allettare, prospettando una ingannevole utilità, non
necessariamente patrimoniale, un soggetto, nel caso di specie un minore
degli anni diciotto.
Il concetto di sfruttamento indica che l'agente utilizzi il minore senza
rispettarne i diritti e ne ricavi un vantaggio personale, traducendosi dunque
in una attività a carattere parassitario, con fine di lucro o vantaggio.
Notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento
sessuale sono tutte quelle notizie e quelle informazioni che possono essere
utilizzate dai destinatari della divulgazione per uno dei fini indicati.
La fattispecie prevista da questo secondo inciso dunque costituisce una
forma di tutela avanzata della libertà dei minori, diretta a reprimere ogni
forma di attività prodoromica allo sfruttamento sessuale dei minori stessi.
Art. 600 ter c.p. - analisi quarto comma
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Sull'impianto strutturale della fattispecie del '98 si innestano alcune
novità disciplinari introdotte dal legislatore del 2006. In particolare alla
condotta di sola cessione, viene aggiunta quella di offerta del materiale
pornografico.
La cessione implica la necessità di materiale trasmissione del possesso
del dante causa all'avente causa; essa può essere sia a titolo gratuito
che oneroso. Nel caso in cui la cessione sia a titolo oneroso, la
differenza con l'ipotesi del commercio (di cui al II comma) va ricercata
nel fatto che in tale ultima ipotesi avviene nell'ambito di una attività
imprenditoriale e non solo a carattere occasionale.
Nel caso di cessione a titolo gratuito, la differenza con la distribuzione
risiede nel fatto che nel primo caso la cessione viene fatta ad un
soggetto determinato e non ad una pluralità di soggetti indeterminati.
Art. 600 quater c.p. - detenzione di materiale pornografico
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 600 ter,
consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato
utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre
anni e con la multa non inferiore a € 1.549.
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La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il
materiale detenuto sia di ingente quantità.
..............
La nuova norma sanziona penalmente chi detiene semplicemente
materiale pornografico. La nozione di procurare richiama qualunque
forma di procacciamento, anche per via telematica del medesimo.
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Art. 600 quater bis c.p. - pornografia virtuale
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Le disposizioni di cui agli artt. 600-ter e 600-quater si applicano anche
quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate
utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la
pena è diminuita di un terzo.
Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di
elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la
cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non
reali
Art. 600 quinquies c.p. - iniziative turistiche volte allo sfruttamento
della prostituzione minorile
Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alle attività di
prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività è
punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da € 15.493
a € 154.937.
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Ciò che viene punito sotto il profilo della condotta è sia l'organizzazione
(cioè l'iniziativa e la programmazione) che la mera propaganda di viaggi
finalizzati alla fruizione dello sfruttamento della prostituzione minorile.
Non è necessario che la propaganda per la turpe finalità, venga palesata
apertamente, bastando che lo scopo del viaggio sia sufficientemente
esplicitato ai clienti.
Inoltre la punibilità della condotta sussiste anche quando la fruizione dello
sfruttamento della prostituzione minorile non sia lo scopo principale del
viaggio ma una semplice opportunità accessoria. Perché sussista il
delitto, inoltre, non pare necessario che i minori da sfruttare
sessualmente si trovino nel luogo di destinazione, essendo ben
possibile che questi accompagnino i viaggiatori nel viaggio organizzato.
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I delitti contro la libertà sessuale
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609 bis c.p. - Violenza sessuale
609 ter c.p. - Violenza sessuale aggravata
609 quater c.p. - Atti sessuali con minorenne
609 quinquies c.p. - Corruzione di minorenni
609 octies c.p. - violenza sessuale di gruppo
Disposizioni comuni (609 sexies, septies, nonies, decies)
Premessa
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Con la legge 15 febbraio 1996, n. 66 è stata approvata la riforma dei reati in
materia di violenza sessuale. Punto centrale di questa riforma a lungo
attesa è stato il mutamento dell'oggettività giuridica dei reati in esame:
relegati da Codice Rocco nella categoria dei reati contro la moralità pubblica
e il buon costume, essi hanno assunto oggi dignità di reati contro la persona
in conseguenza della acquisita consapevolezza che la libertà sessuale
costituisce un insopprimibile corollario della libertà individuale.
Tuttavia ancora una volta la sistematica del legislatore lascia alquanto a
desiderare, considerato che i nuovi articoli sulla violenza sessuale sono le
derivazioni del 609 che si riferisce alla perquisizione e alle ispezioni
personali arbitrarie. Credo si sarebbe potuto fare uno sforzo per individuare
una sistematica più adeguata
Tra gli ulteriori tratti che caratterizzano la disciplina, vanno segnalati:
l'elevazione delle pene, l'accorpamento in unica fattispecie della
congiunzione carnale e degli atti di libidine violenti, la procedibilità a querela
irrevocabile, con alcune significative eccezioni in cui si procede d'ufficio la
tutela della riservatezza della vittima, l'introduzione del reato del cosiddetto
stupro di gruppo, il parziale riconoscimento della sessualità fra minori.
Art. 609 bis c.p. - Violenza sessuale
Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità,
costringe taluno a compire o subire atti sessuali è punito con la
reclusione da cinque a dieci anni.
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Alla stessa pena soggiace che induce taluno a compiere o subire atti
sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona
offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito
ad altra persona
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Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i
due terzi.
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Art. 609 ter – Violenza sessuale
aggravata
La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'art. 609
bis sono commessi:
1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di
altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona
offesa;
3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di
incaricato di pubblico servizio;
4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale
l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore;
5bis) all'interno o nelle immediate vicinanze di istituto di'istruzione o di
formazione frequentato dalla persona offesa.
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La pena è della reclusione da 7 a 14 anni se il fatto è commesso nei
confronti di persona che non ha compiuto gli anni 10
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Art. 609 bis c.p. - Sentenze
L'assenza di segni di violenza fisica o di lesioni sulla vittima non esclude la configurabilità del delitto di violenza
sessuale, in quanto il dissenso della persona offesa può essere desunto da molteplici fattori e perché è
sufficiente la costrizione ad un consenso viziato. (Dichiara inammissibile, App. Torino, 18/05/2009)
Cass. pen. Sez. III, 12/05/2010, n. 24298
La nozione di violenza in ordine al reato di cui all'art. 609 bis c.p. non è riferita solo all'esercizio della forza
fisica da parte del soggetto agente contro la vittima, comprendendo, in realtà, qualsiasi atto o fatto idoneo a
limitare la libertà del soggetto passivo, sì da costringerlo a subire atti sessuali contro la propria volontà. Ciò
premesso, nel caso di specie, la violenza e la coartazione risulta provata dalla situazione di fatto, determinata
dal preciso piano dell'imputato che, pur di rimanere da solo con la vittima, una sua collega, aveva,
volontariamente, chiuso la porta dello stabile in cui entrambi si trovavano con una manovra che il medesimo
sapeva essere errata, con la conseguente impossibilità di riaprire la stessa dall'interno, al fine di approcciare la
donna, cui forzatamente dava un bacio sulle labbra, in una situazione in cui la stessa era in trappola, ovvero in
una condizione di limitazione della libertà di movimento.
Trib. Padova, 13/07/2010
Art. 609 bis c.p. - sentenze
La procedibilità d'ufficio del delitto di violenza sessuale commesso dall'incaricato
di pubblico servizio non richiede l'abuso delle funzioni pubblicistiche svolte, in
quanto, ai fini della configurabilità dell'ipotesi prevista dall'art. 609 septies,
comma quarto, n. 3 cod. pen., è sufficiente il semplice collegamento tra le
condotte illecite e le predette funzioni. (In motivazione la Corte ha ulteriormente
affermato che è qualificabile come incaricato di pubblico servizio il dipendente
universitario, nella specie tecnico di radiologia medica, operante all'interno di un
ospedale pubblico nell'ambito dell'incarico istituzionale). (Annulla in parte con
rinvio, App. Firenze, 05 maggio 2009)
Cass. pen. Sez. III, 13/10/2010, n. 43235
I ripetuti toccamenti e palpeggiamenti dei glutei di una ragazza, volontari e
contro la sua volontà, costituiscono atti oggettivamente di natura sessuale e
realizzanti la fattispecie criminosa delineata nell'art. 609 bis c.p.
Trib. Trieste, 08/09/2010
Art. 609 bis c.p. - Sentenze
In tema di dichiarazioni accusatorie rese a terzi dal minore (nella specie bambino di anni quattro) vittima del
reato di violenza sessuale, la ricostruzione della genesi della notizia di reato, delle reazioni emotive e delle
domande degli adulti coinvolti e delle ragioni dell'eventuale amplificazione nel tempo della narrazione
rappresentano utili strumenti al fine di controllare che il minore non abbia inteso compiacere l'interlocutore ed
adeguarsi alle sue aspettative. (Annulla con rinvio, App. Roma, 14 Aprile 2009)
Cass. pen. Sez. III, 13/05/2010, n. 24248
Integra il reato di violenza sessuale e non quello di molestia sessuale (art. 660 cod. pen.) la condotta
consistente nel toccamento non casuale dei glutei, ancorché sopra i vestiti, essendo configurabile la
contravvenzione solo in presenza di espressioni verbali a sfondo sessuale o di atti di corteggiamento invasivo
ed insistito diversi dall'abuso sessuale. (In motivazione la Corte ha precisato che se dalle espressioni verbali si
passa ai toccamenti a sfondo sessuale, il delitto assume la forma tentata o consumata a seconda della natura
del contatto e delle circostanze del caso). (Rigetta, App. Brescia, 23 gennaio 2003)
Cass. pen. Sez. III, 12/05/2010, n. 27042
L'assenza di segni di violenza fisica o di lesioni sulla vittima non esclude la configurabilità del delitto di violenza
sessuale, in quanto il dissenso della persona offesa può essere desunto da molteplici fattori e perché è
sufficiente la costrizione ad un consenso viziato. (Dichiara inammissibile, App. Torino, 18/05/2009)
Cass. pen. Sez. III, 12/05/2010, n. 24298
Art. 609 quater c.p. - Atti sessuali con
minorenne
Soggiace alla pena stabilita dall'art. 609 bis chiunque al di fuori delle ipotesi
previste in detto articolo, compie atti sessuali con persone che, al momento del
fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore
anche adottivo o il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona cui, per ragioni
di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è
affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza.
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Al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 609 – bis, l'ascendente, il genitore, anche
adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla
sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni
sedici e punito con la reclusione da tre a sei anni.
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Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'art. 609 bis
compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici se la
differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
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Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi.
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Si applica la pena di cui all'art. 609 ter secondo comma, se la persona offesa
non ha compiuto gli anni dieci.
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Art. 609 quater c.p. - Sentenze
§  La condizione di affidamento del minore, richiesta per l'integrazione del delitto di atti sessuali con
minorenne (art. 609 quater, comma primo, n. 2, cod. pen.), è configurabile nei confronti del collaboratore
scolastico, in quanto figura addetta a compiti di accoglienza, sorveglianza e vigilanza sugli alunni in
occasione della momentanea assenza degli insegnanti ed in occasione del loro trasferimento nei locali della
scuola ad altre sedi. (Rigetta, Trib. lib. Roma, 19 febbraio 2010)
§  Cass. pen. Sez. III, 07/07/2010, n. 35809
§  Il delitto di atti sessuali con minorenne si configura a prescindere o meno dal consenso della vittima, non
soltanto perchè la violenza è presunta dalla legge, ma anche perchè la persona offesa è considerata
immatura ed incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali. (Rigetta, App. Lecce,
15 Aprile 2009)
§  Cass. pen. Sez. III, 15/06/2010, n. 27588
§  Il reato di prostituzione minorile di cui all'art. 600 bis, comma secondo, cod. pen. riguarda i soli rapporti
sessuali retribuiti compiuti con un minore di età compresa fra i quattordici e i diciotto anni, sicché, nel caso
di rapporti consenzienti, retribuiti o meno, con un minore degli anni quattordici, è sempre configurabile il
diverso reato di cui all'art. 609 quater cod. pen.. (Rigetta, Trib. lib. Trieste, 02 febbraio 2010)
Art. 609 quater c.p. - Sentenze
§  ricorre la circostanza attenuante della minore gravità nel reato di atti sessuali con minorenne se gli atti compiuti non
comportano una rilevante compromissione dell'integrità psico-fisica della persona offesa, non avendo rilievo alcuno,
invece, ai fini del riconoscimento dell'attenuante, l'eventuale consenso della stessa. (In motivazione la Corte ha
precisato che proprio l'approfittare dei rapporti di simpatia, di confidenza, di affetto o di affidamento per avere
rapporti sessuali con un minore, costituisce un inquinamento ed una corruzione della loro personalità). (Annulla con
rinvio, App. Milano, 05 maggio 2009)
§  Cass. pen. Sez. III, 10/02/2010, n. 11252
§  La pronuncia della sentenza di patteggiamento per il reato di violenza sessuale comporta obbligatoriamente
l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela,
trattandosi di statuizione sottratta al potere discrezionale del giudice. (Annulla in parte senza rinvio, Gip Trib. Fermo,
25/09/2008)
§  Cass. pen. Sez. III, 06/10/2009, n. 44023
§  La condizione di affidamento del minore, richiesta per l'integrazione del delitto di atti sessuali con minorenne che non
ha compiuto gli anni sedici ma ha più di anni quattordici, può risultare anche dall'instaurazione di un rapporto
occasionale e temporalmente definito. (Fattispecie nella quale gli abusi erano stati commessi su una minore
dall'imputato, allenatore e massaggiatore della squadra di basket maschile, cui la stessa era stata temporaneamente
affidata dall'allenatore della squadra femminile per la cura di dolori dovuti ad uno strappo muscolare). (Annulla in
parte senza rinvio, App. Lecce, 28 Settembre 2006)
§  Cass. pen. Sez. III, 13/05/2009, n. 24803
Art. 609 quinquies – Corruzione di minorenni
Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni
quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da sei mesi a
tre anni.
Tale disposizione si sostituisce al previgente art. 530 ma risulta più ristretta
rispetto ad esso dato che la persona offesa può essere solo il minore di anni
14 e non più il minore di anni 16.
L'elemento oggettivo del reato di corruzione di minorenni consiste nel
compimento di atti sessuali in presenza del minore. Sul concetto di atti
sessuali si rinvia a quanto detto retro. Occorre poi sottolineare che il delitto
in esame richiede la sola presenza del minore: infatti se gli atti sessuali
coinvolgono direttamente il minore infraquattordicenne, ovvero di eta
compresa tra i 14 e i 16 anni, se legato dai vincoli di parentela o di
familiarità all'agente previsti dall'art. 609 quater, I comma n. 2, ricorrerà il
reato di atti sessuali con minorenne. E' poi opportuno precisare che a
differenza di quanto si è visto in relazione al 609 bis, qui assumono rilievo
anche atti di bestialità e necrofilia commessi alla presenza di un minore.
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Art. 609 quinquies – Corruzione di minorenni
Si pone infine il problema della rilevanza o meno del consenso del minore.
In particolare, se il minore volontariamente assiste al compimento di atti
sessuali, non ricorrono i presupposti per l'applicazione della causa di
giustificazione di cui all'art. 50 c.p. (atteso che il consenso proviene da
persona incapace di prestarlo consapevolmente).
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Se invece il minore infraquattordicenne viene costretto ad assistere agli
atti sessuali ricorrerà tanto il reato di cui all'art. 609 quinquies, tanto il
reato mezzo commesso per coartare la volontà dei minori (violenza
privata, minaccia. Sequestro di persona).
Art. 609 quinquies - sentenze
Per la commissione del reato di cui all'art. 609-quinquies c.p., è necessaria la presenza non solo fisica ma
anche consapevole del minore. La "corruzione morale" del minore non può prescindere dalla comprensione da
parte del minore stesso. La fattispecie configura un reato di pericolo concreto, è necessario quindi che il minore
abbia percepito la valenza dell'atto sessuale compiuto in sua presenza. Inoltre l'art. 609-quinquies c.p. richiede
il dolo specifico e, cioè, il fine di far assistere l'infraquattordicenne all'atto sessuale (nel caso di specie si può
parlare solo di dolo eventuale in quanto l'imputato ha solo accettato il rischio che il minore potesse vedere. Si
impone quindi l'assoluzione dell'imputato per il reato previsto dall'art. 609-quinquies c.p., per contro l'imputato
deve essere ritenuto responsabile del reato punito dall'art. 527 c.p., atteso che il fatto è avvenuto in luogo
pubblico, nelle ore del giorno e in una spiaggia frequentata da numerosi bagnanti).
Trib. Vigevano, 13/07/2010
In tema di pene accessorie previste per i reati sessuali, la perdita della potestà genitoriale non è limitata al
figlio vittima dell'abuso ma riguarda anche gli altri figli estranei all'abuso medesimo, in quanto, da un lato, la
formulazione letterale della norma non opera alcuna distinzione e, dall'altro, la norma sanziona l'indegnità del
genitore in quanto tale. (Rigetta, App. Roma, 2 Luglio 2007)
Cass. pen. Sez. III Sent., 03/04/2008, n. 19729
In tema di reati sessuali, il delitto di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies, cod. pen.) richiede il dolo
specifico, in quanto è necessario che gli atti sessuali siano compiuti al fine di far assistere il minore, ovvero
nella consapevolezza dell'agente di agire allo scopo specifico di far assistere il minore agli atti sessuali
commessi in sua presenza. (Fattispecie nella quale il dolo è stato escluso per aver l'agente posto in essere atti
masturbatori alla presenza di due minori, dei quali uno dormiva e l'altro faceva finta di dormire). (Annulla in
parte senza rinvio, App. Milano, 28 Marzo 2007)
Cass. pen. Sez. III Sent., 12/03/2008, n. 15633
Art. 609 quinquies - sentenze
In tema di reati sessuali, il delitto di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies cod. pen.) si configura anche
nel caso di una presenza temporanea del minore in occasione dello svolgimento di un rapporto sessuale tra
adulti. (Fattispecie nella quale una minore aveva assistito ad un rapporto sessuale tra la madre ed un altro
uomo, rapporto nel corso del quale era stata fatta allontanare). (Rigetta, App. Catania, 20 aprile 2007)
Cass. pen. Sez. III Sent., 18/01/2008, n. 9111
In tema di delitti contro la libertà individuale, ai fini della configurabilità dei reati di violenza sessuale (art. 609
bis cod. pen.), di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater cod. pen.) e di corruzione di minorenne (art. 609
quinquies cod. pen.) è irrilevante il ruolo attivo o passivo assunto dall'imputato nel contesto della relazione con
la vittima. (Fattispecie nella quale l'imputato, insegnante di catechesi della vittima, aveva sostenuto che la sua
tendenza omosessuale ne escludesse la configurabilità). (Rigetta, App. Ancona, 25 Settembre 2006)
Cass. pen. Sez. III Sent., 21/06/2007, n. 36389
E' qualificabile come tentativo di corruzione di minore, tuttora punibile ai sensi dell'art. 609 quinquies c.p., la
condotta di un soggetto il quale cerchi di indurre il minore ad assistere ad atti di masturbazione che l'agente
abbia in animo di compiere su se stesso.
Cass. pen. Sez. III, 25/05/2000, n. 9223
Art. 609 octies – violenza sessuale di gruppo
La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di
due o più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis
c.p.
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Chiunque compie atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la
reclusione da sei a dodici anni.
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La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti
previste dall'art. 609 ter.
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La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima
importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è
altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando
concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal
terzo comma dell'art. 112 (circostanze aggravanti).
Cass. 13/05/2005 – ai fini della configurabilità del reato non è necessaria
l'estrinsecazione da parte di tutti i componenti dei comportamenti di cui al
609 bis c.p. Atteso che devesi tenere conto della forza intimidatoria che la
presenza del gruppo esercita sulla vittima.
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Disposizioni comuni
Gli artt. 609 sexies, septies, nonies e decies contengono una serie di
disposizioni applicabili a tutti o a parte dei reati contro la libertà sessuale. E'
opportuno perciò analizzare tali disposizioni singolarmente:
a) Età della persona offesa (art. 609 sexies c.p.)
L'art. 609 sexies prevede che, nei casi in cui i delitti previsti dal bis, ter, quater
e octies siano commessi in danno di persona minore di anni 14, nonché nel
caso del delitto di cui all'art. 609 quinquies, il colpevole non può invocare a
propria scusa, l'ignoranza dell'età della persona offesa.
La norma ripropone l'analoga previsione contenuta nell'abrogato 539 c.p.: in
particolare se la persona offesa dai reati suddetti è minore degli anni
quattordici, si applica una presunzione iuris et de iure di conoscenza della
sua età (in deroga alla regola generale di cui all'art. 47 c.p.) insuscettibile di
prova contraria. Nessun problema pone al contrario, l'errore sull'età del
minore infrasediocenne, ma ultraquattordicenne, a seguito della previsione
della non punibilità dei rapporti sessuali con persone di tale età (art. 609
quinquies), salvo che nei casi di cui all'art. 609 quater, co. 1, n. 2 c.p.
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Disposizioni comuni
b) Querela di parte (art. 609 septies c.p.)
L'articolo, come modificato dalla legge 38/2006 dispone che i delitti previsti
dagli articoli 609 bis, ter e quater c.p. Sono punibili a querela della persona
offesa, e che la querela proposta è irrevocabile.
Si procede tuttavia d'ufficio:
1) se il fatto di cui al 609bis è commesso nei confronti di persona che al
momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto;
2) se il fatto è commesso dall'ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di
lui convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore è affidato per
ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che
abbia con esso una relazione di convivenza;
3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un
pubblico servizio nell'esercizio delle sue funzioni;
4) se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio;
5) se il fatto è commesso nell'ipotesi di cui all'art. 609Quater, ultimo comma.
Disposizioni comuni
c) Pene accessorie ed altri effetti penali (art. 609 nonies c.p.)
Ai sensi dell'art. 609 nonies c.p., come modificato dalla legge 38/2006 la condanna o
l'applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p. Per alcuno
dei delitti previsti dagli artt. 609Bis, ter, quinquies e octies, comporta:
1) la perdità della potestà del genitore, quando la qualità di genitore è l'elemento
costitutivo o circostanza aggravante del reato;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela;
3) la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa.
La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del
c.p.p., per alcuno dei delitti previsti dagli artt. 609 bis, ter e octies se commessi nei
confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, 609 quater, e quinquies,
comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di
ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture
pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
Disposizioni comuni
d) Comunicazioni al tribunale dei minorenni (art. 609 decies c.p.).
La norma contiene una serie di disposizioni volte a tutelare efficacemente le
condizioni psicologiche del minorenn vittima del reato di riduzione o
mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.) di tratta di persone (art.
601 c.p.) di acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.) di violenza
sessuale (art. 609 bis e 609 octies c.p. Con le aggravanti di cui al 609 ter
c.p.) di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.), oppure del delitto
previsto dall'art. 609 quater c.p.
In particolare l'articolo prevede che:
- Il Procuratore della Repubblica deve informare il Tribunale per i minorenni
quando si procede per i delitti di cui agli artt.600, 601, 602, 609bis, octies e
quinquies commessi in danno di minorenni;
- in ogni stato e grado del procedimento, il minore pè assistito,
psicologicamente e affettivamente, dal genitore o da altra persona idonea,
indicata dal minorenne ed ammessa dall'Autorità goiudiziaria procedente;
- il minorenne è assistito in ogni caso dai servizi minorili dell'Amministrazione
della giustizia e dai servizi istituiti dagli enti locali: di tali servizi si avvale
l'Autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento
Gli interventi previsti dal codice civile
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Art. 330 c.c. e 333 c.c. - art. 9, legge 184.
art 342 bis e ter c.c. e 736 c.p.c. (ordini di protezione contro gli abusi familiari)
Art. 330 c.c. - Decadenza dalla potestà sui figli
Il Giudice può pronunziare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o
trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio
del figlio.
In tal caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla
residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che
maltratta o abusa del minore.
Interventi previsti dal codice civile
Innanzitutto è opportuno precisare che il giudice citato da questo
articolo è in composizione collegiale.
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Le tre ipotesi dell'art. 330 sono molto ampie. Esso si differenzia
dal 333 per un aspetto quantitativo e per un aspetto soggettivo.
Sotto il primo profilo deve trattarsi di condotta che provoca un
pregiudizio “molto grave”. Sotto il secondo profilo tiene conto della
volontarietà della condotta mentre l'art. 333 ne prescinde. Nella
pratica giudiziaria si ricorre normalmente al 333 perché esso è
talmente ampio che permette una ampia gamma di interventi.
Inoltre in base al 336, il Tribunale può assumere in via d'urgenza
provvedimenti temporanei di protezione anche prima di sentire i
genitori.
La decadenza dalla potestà si applica solo in casi clamorosi e rari.
Più spesso invece si applicano le norme sullo stato di abbandono
e sulla adottabilità (vedi infra)
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Gli interventi previsti dal codice civile
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Art. 333 – Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di
decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice,
secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre
l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o
convivente che maltratta o abusa del minore.
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento
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Questo articolo è il più frequentemente applicato.
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Esso si presenta per la sua genericità (condotta “non così grave”...che “appare comunque
pregiudizievole al figlio...”). L'avverbio comunque significa che non ci deve essere
necessariamente la volontà di nuocere al figlio.
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L'art. 9 della legge 1983/184, così come modificato dalla legge 149/2001, stabilisce che
“chiunque ha la facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori
di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di
pubblica necessità debbono riferire al più presto al Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale per i Minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore
in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
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Legge 184/1983 modificata dalla 149/2001 – Diritto del minore ad una famiglia
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La legge 5 aprile 2001, n. 154 (misure contro la violenza nelle relazioni familiari)
ha introdotto nel Libro I del Codice Civile il titolo XIbis, sotto la rubrica “ordini di
protezione contro gli abusi familiari”. In base agli artt. 342 bis e 342 ter c.c.,
quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave
pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o
convivente, il giudice, qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d'ufficio,
su istanza di parte può – con un provvedimento avente natura provvisoria –
imporre a colui che ha tenuto la condotta pregiudizievole, l'allontanamento dalla
famiglia, nonché il pagamento di un assegno periodico a favore dei familiari che
– proprio per effetto dell'allontanamento – rimangono privi di mezzi adeguati.
Gli ordini di protezione possono riguardare anche i figli: la reiterazione di atti di
aggressività del figlio nei confronti dei genitori, idonea ad arrecare nel tempo
una rilevante lesione a beni giuridici fondamentali quali la dignità delle persone,
la serenità della vita familiare, la funzione di guida e di indirizzo che spetta ai
genitori dei confronti dei figli, giustifica l'adozione di un ordine di protezione.
La durata di un ordine di protezione che non può essere superiore a sei mesi,
può essere prorogata su istanza di parte, soltanto se ricorrono gravi motivi per il
tempo strettamente necessario
Legge 184/1983 modificata dalla 149/2001 – Diritto del minore ad una famiglia
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La competenza è del Tribunale: dispone l'art. 736Bis c.p.c. (introdotto dalla
legge 154/2001) che l'istanza di cui all'art. 342 bis c.c. Si propone con ricorso al
Tribunale del luogo di residenza o domicilio dell'istante, che provvede in camera
di consiglio in composizione monocratica.
Il Giudice designato, sentite le parti procede agli atti di istruzione necessari e
provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. Nel caso di urgenza
il Giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni,, può adottare
immediatamente l'ordine di protezione fissando l'udienza di comparizione delle
parti davanti a sé, entro un termine non superiore a 5 gg. e assegnando
all'istante un termine non superiore a 8 gg. Per la notificazione del ricorso e del
decreto. All'udienza il Giudice conferma, modifica o revoca l'ordine di protezione
con decreto. Contro il decreto con cui il Giudice adotta l'ordine di protezione o
rigetta il ricorso è ammesso reclamo al Tribunale, il quale provvede in camera di
consiglio, in composizione collegiale. L'elusione dell'ordine del giudice civile è
penalmente sanzionata ai sensi dell'art. 388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di
un provvedimento del Giudice).
Legge 184/1983 modificata dalla 149/2001 – Diritto del minore ad una famiglia
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La legge citata ha inserito nel corpo del codice di rito una nuova misura
coercitiva e cioè l'allontanamento dalla casa familiare, la quale mira a
prevenire il pericolo del consumarsi di reati di violenze (fisiche, sessuali,
etc.) in seno alla famiglia.
Con il provvedimento il Giudice, su richiesta del P.M., dispone
l'allontanamento dal domicilio familiare dell'imputato (coniuge od altro
convivente). Nei casi di maggiore gravità il Giudice può anche
prescrivere all'imputato di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente
frequentati dai familiari (domicilio, luogo di lavoro, ecc.).
Inoltre su richiesta del P.M:, il Giudice può imporre all'imputato di
versare un assegno di mantenimento alle persone conviventi che, a
seguito del suo allontanamento, rimangono privi di mezzi di sussistenza.
Quando si procede per i reati previsti dal comma 6 dell'art. 282Bis c.p.p.
(tra cui maltrattamenti, violenza sessuale, prostituzione o pornografia
minorile), la misura cautelare può essere adottata anche in difetto dei
limiti di pena previsti dall'art. 280 c.p.p.
Affidamento e adozione e difesa tecnica nei procedimenti minorili
+ 
§  La materia è complessa in quanto si configura come un argomento che, per la novità e,
purtroppo, la mancanza di una apposita disciplina, è un argomento “in formazione“, in
itinere, perché fondato prevalentemente su una interpretazione della legislazione vigente
che, nei vari tribunali per i minorenni, sta dando luogo a prassi oggetto di confronto , stesura
di protocolli e chiarimenti anche con la classe forense.
§  Dal 1 luglio 2007 il principio della difesa tecnica deve essere applicato nelle procedure per
adottabilità e de potestate pur senza la relativa disciplina d’attuazione .
§  Per l’ applicazione del principio in questione dovrà farsi riferimento ad una interpretazione
delle norme vigenti in materia di giustizia minorile e delle regole processuali applicabili .
Affidamento e adozione e difesa tecnica nei procedimenti minorili
+ 
§  Due sono state le spinte normative che hanno determinato l’introduzione del principio della
difesa tecnica nei procedimenti minorili :
§  A) da un lato
§  La convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 ( resa esecutiva in Italia con la legge n.
77del 2003) che all’art. 9 ha previsto che “ nelle procedure riguardanti i fanciulli, allorché
secondo la legge interna i titolari delle responsabilità parentali siano privati della facoltà di
rappresentare il fanciullo a causa di un conflitto d’interessi con lui , l’autorità giudiziaria ha il
potere di nominargli un rappresentante speciale . Le parti esaminano la possibilità di
prevedere che, nelle procedure riguardanti i fanciulli, l’autorità giudiziaria abbia il potere di
nominare un rappresentante diverso per il fanciullo e nei casi appropriati un avvocato .
§  B) dall’altro lato
§  La riforma dell’art. 111 Cost. prevista dalla legge costituzionale del 23 novembre 1999 n. 2
che ha introdotto il principio secondo il quale la giurisdizione si attua mediante il giusto
processo regolato dalla legge ; nonché il principio secondo il quale ogni processo si svolge
nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed
imparziale ed in tempi ragionevoli indicati dalla legge.
Affidamento e adozione e difesa tecnica nei procedimenti minorili
+ 
§  In applicazione della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, la legge 28 marzo
2001, n. 149, ha previsto l’assistenza legale del minore nelle procedure di controllo della
potestà genitoriale .
§  Con tale legge, tuttavia, in ottemperanza dell’innovazione costituzionale è stato pienamente
introdotto nel nostro ordinamento il principio della difesa tecnica di tutte le parti in causa sia
nei procedimenti de potestate (riguardanti la decadenza o la reintegrazione nella potestà
genitoriale, la condotta pregiudizievole ai figli, la rimozione e riammissione all’esercizio dei
beni del figlio), che in quelli per l’adottabilità dei minori.
§  Vedremo successivamente come tale principio possa ritenersi applicabile anche riguardo
alle procedure ai sensi dell’art. 317 bis c.c. nella nuova formulazione introdotta dalla legge n.
54 del 2006 che, all’art. 4, 2° comma, ha sancito per la materia dell’affidamento della prole
naturale nel caso di disgregazione del nucleo familiare la piena equiparazione tra figli
legittimi e figli naturali.
Articoli rilevanti
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Art. 317 bis c.c. - Esercizio della potestà
Art. 330 c.c. - Decadenza dalla potestà sui figli
Art. 333 c.c. - Condotta del genitore pregiudizievole ai
figli
Art.336 c.c. - Procedimento
Affidamento e adozione e difesa tecnica nei procedimenti minorili
+ 
§  L’art. 37 della legge n. 149 prevede che «all’art. 336 del codice civile è aggiunto, in fine, il
seguente comma: “Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono
assistiti da un difensore”», mentre l’art. 10 della medesima legge n. 149/2001 (sostituendo
l’art. 10 della legge n. 184 del 1983) ha previsto, al secondo comma, che, fin dall’atto
dell’apertura della procedura per la dichiarazione di adottabilità, i genitori ed i parenti del
minore, che abbiano mantenuto rapporti significativi con quest’ultimo, siano invitati dal
Presidente del Tribunale per i minorenni «a nominare un difensore», e, al contempo, siano
informati «della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano»,
con la successiva precisazione che: «Tali soggetti assistiti da un difensore possono
partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche
istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa
autorizzazione del giudice», e, all’art. 8, 4° comma, stessa legge, viene ribadito e precisato
che: «il procedimento per l’adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale
del minore e dei genitori o degli altri parenti di cui al 2° comma dell’art. 10».
§  Prima di addentrarci nell’analisi delle procedure appena indicate e di quella dell’art. 317 bis
c.c. credo che, comunque, non possa tralasciarsi di considerare che il principio della difesa
tecnica nelle procedure minorili debba essere interpretato avuto riguardo alla funzione della
giustizia minorile e all’individuazione del rito processuale applicabile
Affidamento e adozione e difesa tecnica nei procedimenti minorili
+ 
§  Riguardo al primo aspetto non può non rilevarsi, infatti, che nell’evoluzione della giustizia
minorile le istanze di cura del minore sono transitate da un’esigenza di tutela della collettività
ad una progressiva attenzione e salvaguardia del bene minore età, quale momento di
formazione della personalità dell’individuo in crescita .
§  Dalla giurisprudenza di merito ed in particolare di quella relativa alla materia della
dichiarazione giudiziale di paternità e quella di adottabilità dei minori sono state elaborate
categorie di diritti soggettivi riferibili alla persona minore di età che hanno ulteriormente
modificato la prospettiva della funzione o della risposta giudiziaria con conseguente
necessità di individuare un iter entro il quale conoscere le posizioni soggettive e risolvere il
conflitto pur nella finalistica attenzione all’interesse superiore del minore del minore da
salvaguardare .
§  A questo proposito un orientamento interpretativo ineliminabile è quello introdotto con la
Convenzione dell’ ONU fatta a New York il 20-11-1989 ove all’art. 3 è stato sancito oltre che
il principio che in tutte le decisioni relative a fanciulli l’interesse superiore del fanciullo deve
essere una considerazione preminente e da ciò il riconoscimento di un’autonoma capacità
del minorenne a stare in giudizio, di esprimere un’opinione personalmente o a mezzo di
idonei rappresentanti e a far valere i propri diritti .
Affidamento e adozione e difesa tecnica nei procedimenti minorili
+ 
§  Nella ricostruzione e contrapposizione di tali posizioni di diritto dei soggetti coinvolti nelle
procedure minorili assume, altresì, importanza il “ principio della responsabilità genitoriale “
previsto dall’art. 30 della Cost. , richiamato in diverse sentenze della Suprema Corte e a
livello internazionale contenuto nella raccomandazione del Consiglio d’Europa del 28
febbraio del 1984 ( l’insieme dei poteri –doveri destinati ad assicurare il benessere morale e
materiale del bambino, segnatamente prendendosi cura della persona del bambino,
mantenendo le relazioni personali con lui, assicurando la sua educazione, il suo
mantenimento, la sua rappresentanza legale e l’amministrazione dei suoi beni “ .
§  Di recente il Regolamento ( CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 relativo
alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale
e in materia di responsabilità genitoriale ..ha definito la locuzione “ responsabilità genitoriale
“ come quell’insieme di diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù
di una decisione giudiziaria, dalla legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i
beni di un minore .
Procedura
§  Al fine di individuare il rito applicabile l’art. 38 , 3° comma, delle disposizioni di attuazione al
codice civile prevede che il tribunale per i minorenni provvede in camera di consiglio sentito
il pubblico ministero e l’art. 336 c.c. fa riferimento al procedimento , indica i soggetti
legittimati a proporre l’azione e ribadisce che il tribunale provvede in camera di consiglio,
assunte sommarie informazioni e sentito il Pubblico Ministero. Nei casi in cui il
provvedimento è richiesto contro il genitore questo deve essere sentito . Anche nella legge
n. 184 del 1983 vi è il medesimo richiamo al rito camerale .
§  Per le materie attribuite alla competenza funzionale del T.M. la disciplina, quindi, a cui si fa
riferimento è quella prevista dagli artt. 737 ss. c.p.c.
§  Per la funzione imprescindibile di tutela della persona minore di età che da un iter
farraginoso riceverebbe ulteriore pregiudizio con la medesima sentenza è stato affermato
che ufficiosità, immediatezza, snellezza in ordine alle modalità di acquisizione delle
circostanze di fatto e celerità della decisione sono regole irrinunciabili nello svolgimento di
tale procedimento
§  L’introduzione del principio della difesa tecnica nel rito minorile implica scelte applicative
peculiari in ragione della natura della procedura in cui opera ritenuto che in generale
l’obbligatorietà dell’assistenza non comporta che il provvedimento sia emesso per regolare
un conflitto d’interessi.
Procedura
§  In sostanza, nelle procedure per la declaratoria di adottabilità, ove la difesa è oramai
obbligatoria (anche mediante la nomina di un difensore d’ufficio), la legge ha previsto che i
genitori ed i parenti del minore siano assistiti nel compimento degli atti processuali.
§  Unico soggetto legittimato a proporla è la parte pubblica e a questa forte legittimazione la
legge ha voluto dare una risposta processuale altrettanto forte prevedendo la difesa
obbligatoria e d’ufficio allo scopo di non lasciare privati i soggetti interessati del diritto di
difendersi .
§  Tale procedura con riferimento all’oggetto trattato riguardante sostanzialmente decisioni
inerenti lo status del figlio che a seguito della declaratoria di adottabilità potrebbe essere
avviato all’adozione legittimante con conseguente perdita in capo ai genitori della titolarità
dei rapporti giuridici con il figlio e da parte di questo il rapporto di filiazione con i genitori
d’origine concerne evidentemente posizioni giuridiche in conflitto qualificandosi come
procedura di natura contenziosa. Cosicché lo schema processuale, pur mantenendo i
caratteri del rito camerale, necessita che fin dal primo momento il minore sia
opportunamente rappresentato in giudizio.
Tutore, Curatore e Avvocato
§  A questo scopo, chiarito che la legge non prevede espressamente la nomina di un difensore
d’ufficio per il minore, possono prospettarsi due soluzioni : la nomina di un curatore speciale
ovvero di un tutore ( a seconda che si voglia conservare in capo al genitore una parte della
potestà genitoriale ) che, integrando la capacità di agire del minore, potranno compiere le
scelte opportune per la sua difesa. Alcuni ritengono che si tratti però di due figure distinte e
che la funzione di rappresentanza processuale possa essere assegnata soltanto al curatore
speciale.
§  In ottemperanza ad un principio di economia processuale appare conveniente fare ricadere
la nomina su un avvocato che avendo la qualifica professionale potrà anche esperire la
difesa personalmente ai sensi dell’art. 86 c.p.c.
§  La concentrazione nella stessa persona fisica del curatore speciale/tutore –avvocato del
minore consente l’eventuale ammissione al patrocinio a spese dello Stato con conseguente
liquidazione di un compenso per l’attività professionale non previsto invece per il curatore
speciale o il tutore.
Tutore, curatore e avvocato
§  Alcuni ritengono, tuttavia, che tale concentrazione sia
inopportuna e il mandato conferito al curatore o tutore sia in
un certo senso conflittuale con quello del difensore .
Necessario appare comunque un invito al curatore speciale o
tutore di nominare un difensore .
§  La nomina di un tutore o curatore speciale determina
l’ingresso del minore quale parte processuale fermo restando
la valutazione super partes della sua posizione soggettiva
sostanziale.
§  Si ritiene che l’introduzione del principio della difesa tecnica
obbligatoria in tali procedure comporti la necessità di una
rappresentanza processuale così superandosi l’incertezza
del termine “ assistenza” usato dalla legge.
Atti consultabili
§  Si pone il problema della partecipazione di tutte le parti agli accertamenti disposti dal
Tribunale ( visto che la legge dice possono partecipare a tutti ) . A proposito occorre
chiedersi se tale dizione sta a significare che le parti debbono effettivamente essere presenti
ovvero devono essere soltanto avvisate potendo tuttavia il giudice, nel superiore interesse
del minore, stabilire modalità di compimento degli accertamenti che salvaguardino la sua
serenità e tutela .
§  Per quanto riguarda la copia degli atti testualmente la legge prevede una autorizzazione del
giudice.
§  In quest’ambito, resta da chiedersi se anche per gli accertamenti predisposti in sede
extragiudiziaria (quali, ad es., le indagini dei servizi sociali ovvero socio-sanitarie, a cui
frequentemente il giudice minorile fa ricorso per introdurre informazioni sulla situazione del
nucleo familiare e sulla condizione dei minori), le parti debbano essere assistite da un
difensore, ovvero se il diritto alla difesa venga efficacemente garantito attraverso la
controdeduzione mediante produzione di note o memorie alla relazione socio-ambientale o
psicologica acquisita agli atti .
Atti consultabili
§  Si ritiene di propendere per questa seconda soluzione anche
perché l’attività a cui si riferisce il principio della difesa tecnica è
quella processuale in senso proprio.
§  D’altra parte al fine di non precludere il diritto alla difesa di tutte le
parti processuali alcuni T.M. ed anche l’AIMMF ritengono che a
conclusione delle indagini il giudice delegato depositi gli atti,
conceda alle parti termine per il deposito di eventuali memorie e
fissi udienza dinanzi al Collegio in camera di consiglio disponendo
la convocazione delle persone di cui all’art. 15 comma 2 nonché dei
genitori e del curatore speciale .
§  Tale prassi consentirebbe al collegio di vedere ed ascoltare
direttamente le parti ( v. art. 15 a),b) e c) ) per le valutazioni dello
stato di abbandono.
Procedure de potestate
§  Nelle procedure de potestate, stante la previsione dell’art. 336 c.c. sulla assistenza del
minore, si pone la questione di quale sia la disciplina applicabile al fine di garantire tale
assistenza .
§  Sul punto possono evidenziarsi tre posizioni : - nominare sempre ed in ogni caso anche
d’ufficio un curatore speciale - ovvero nominarlo anche d‘ufficio quando vi è conflitto
d’interessi - ovvero fare ricorso all’art. 78-79 c.p.c. e , dunque, nominare un curatore
speciale nel caso di richiesta del p.m. ovvero dalla persona che deve essere
rappresentata o assistita, dai suoi prossimi congiunti ed in caso di conflitto
d’interessi dal rappresentante o da qualunque altra parte che vi abbia interesse
§  Se pure sono già stati espressi orientamenti secondo i quali, ad esempio, nel caso di
evasione scolastica la nomina di curatore speciale appaia sempre dovuta e necessaria così
come, in sostanza, quando viene segnalata una situazione di pregiudizio per il minore il
conflitto con i genitori sarebbe in re ipsa ritengo che il fondamentale “ diritto del minore di
crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia “ ( v. art. 1 della legge n. 184
del 1983 come novellata dalla legge n. 149 del 2001 ) ed il diritto del figlio a “ mantenere un
rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno “dei genitori ( v. art. 155 , 1° comma c.c.
come novellato dalla legge n. 54 del 2006 ) faccia propendere, escluse le ipotesi gravi di
comportamenti fortemente lesivi dell’integrità psico fisica del minore, per una interpretazione
di tale disciplina dell’assistenza legale del minore che tenga in considerazione la possibilità,
in concreto, di un recupero e di un cambiamento del comportamento genitoriale.
Procedure de potestate
§  In particolare nelle procedura ai sensi dell’art. 333 c.c. ed anche nei casi di evasione
scolastica, a volte, puntuali prescrizioni ai genitori , l’audizione personale degli stessi e del
minore ha condotto anche ad una quasi immediata presa di coscienza dei bisogni del figlio
ed ha determinato modifiche apprezzabili dei comportamenti ritenuti pregiudizievoli .
§  Anche nelle procedure per decadenza della potestà genitoriale a volte al fine di evitare la
frantumazione dell’identità del minore e nel suo esclusivo interesse,pur in presenza di fatti
oggettivamente di grave pregiudizio per la prole ( trascuratezza e disinteresse durato molti
anni , azioni di allontanamento arbitrario dall’altro genitore ..) è stata mantenuta e non
annullata “la responsabilità genitoriale “ perchè il minore stesso temeva di veder
irrimediabilmente “cadere “ ai suoi occhi la figura genitoriale e tale eventualità è stata
ritenuta per lui una perdita ancor più pregiudizievole.
§  Ciò perché le procedure minorili, intendendo tutte quelle in cui è coinvolto un minore,
riguardando le relazioni di questo con il suo ambiente familiare e, dunque, con la formazione
primaria in cui svolge la sua personalità, non possono tendere ad un istituzionalizzazione del
conflitto bensì devono doverosamente orientarsi verso la composizione del conflitto
medesimo, verso la mediazione o mediabilità delle relazioni familiari.
Conclusione
§  D’altra parte anche dopo le innovazioni processuali apportate dalla legge n. 149 del 2001
resta da chiedersi quale sia la qualificazione della partecipazione processuale del minore.
§  Nel caso di nomina di un curatore speciale e comunque di un suo rappresentante e di un
suo difensore questo assumerà la veste di parte processuale ma da un punto di vista
sostanziale rimane incerto se effettivamente il minore sia “ parte “ e cioè assuma una
posizione paritetica con le altre parti del procedimento atteso che, secondo una
interpretazione sistematica fondata sulle norme nazionali ed internazionali, la decisione nella
materia minorile deve tenere conto, come detto, sempre del preminente interesse del
minore, che ricopre, quindi, una posizione di «super partes» tale da affievolire i diritti
contrapposti pretesi dagli adulti nei cui confronti viene adottato il provvedimento.
§  In conclusione pur nella tendenza a giurisdizionalizzare la materia minorile è fondamentale
non perdere di vista le prerogative sostanziali, ma anche processuali, di una giustizia che
svolge essenzialmente una funzione di garanzia e di salvaguardia dei soggetti deboli e non
si basa su uno schema processuale impostato sulla dicotomia parte vittoriosa - parte
soccombente, ma esclusivamente sul riconoscimento dei diritti del minore.
Incidente probatorio
§  L’incidente probatorio che si svolge dinanzi al G.I.P: o al G.U.P., consiste in una
fase di natura giurisdizionale incidentalmente inserita nella fase investigativa o
dell’udienza preliminare ai fini della immediata assunzione di prove non rinviabili
all’interno del dibattimento.
§  Secondo la normativa di cui all’art. 392 c.p.p., le esigenze alla base dell’incidente
probatorio sono di varia natura:
-  pericolo di estinzione o impossibilità sopravvenuta di fonti o mezzi di prova , quali
testimonianza, perizia, esperimento, ricognizione personale (art. 392, lett. a ed f
c.p.p.)
-  pericolo di alterazione dell’ingenuità della testimonianza (392, lett. b, c.p.p.)
-  Pericolo di paralisi dibattimentale in caso di perizia complessa (392, c.2 c.p.p.)
-  Ragioni di opportunità per l’esame dell’indagato che abbia tale veste nel
medesimo o in procedimento connesso (art. 392, lett. c e d c.p.p.)
-  ragioni di opportunità rationae et personae delicti (comma 1bis dell’art. 392 c.p.p.
introdotto con legge 66/1996, poi modificata dalla 38/2006 in relazione ai reati di
violenza sessuale di cui agli artt. 600, 600bis, 600ter, anche se relativi al materiale
pornografico di cui all’art. 600 quater, 600 quinquies, 601, 602, 609bis-quinquies e
octies c.p.) Tale art. consente di ricorrere all’istituto dell’incidente probatorio,
allorché necessiti assumere la testimonianza di una persona minore di anni 16
(quasi sempre la vittima, ma anche un terzo estraneo) anche in assenza di una
specifica tipologia di pericolo di cui al 392 c.p.p.
Incidente probatorio
§  La sussistenza di una delle suindicate esigenze rende la fonte o il
mezzo di prova da assumere con l’incidente probatorio:
-  Atto non rinviabile per necessità;
-  Atto non rinviabile per opportunità.
L’incidente probatorio può avere luogo in sede di:
-  Indagini preliminari. In tal caso all’assunzione della prova, con le
forme e le garanzie dibattimentali, provvede il G.I.P:, ferma restando
per l’indagato la sua veste di persona non ancora imputata;
-  Udienza preliminare. Qui provvede il G.U.P. e l’indagato è già
imputato.
Incidente probatorio
§  Soggetti legittimati a richiedere l’incidente probatorio sono entrambe
le parti processuali essenziali: PM ed indagto-imputato, sia nella fase
delle indagini preliminari che in quella dell’udienza preliminare.
§  Le altre parti private, pur se costituite, non sono legittimate ad attivare
tale mezzo istruttorio, ma possono stimolare l’iniziativa dei predetti
soggetti legittimati.
§  Il GIP o il GUP non può mai disporre d’ufficio l’incidente probatorio,
essendo la richiesta riservata solo alle citate parti essenziali.
Incidente probatorio
§  Quando la prova da assumere tramite incidente probatorio, riguarda la
deposizione di un minore degli anni 16 ed il processo riguarda reati di
violenza sessuale o prostituzione e pornografia minorile, l’udienza di
escussione può essere svolta con modalità particolari, finalizzate a non
traumatizzare il minore (art. 398, c. 5bis, c.p.p.).
§  Tale audizione protetta si svolge con le seguenti modalità:
-  Il sito di udienza può anche essere un luogo diverso dal Tribunale (ad es. la stessa
casa di abitazione del minore);
-  Il minore può essere sentito stando in una stanza separata da quella in cui vi sono
il giudice, il PM, l’indagato, il difensore. In tal caso al suo fianco può esservi uno
psicologo. Il ruolo dello psicologo in tale sede non è quello di perito, in quanto non
è chiamato a dare un giudizio sulla attendibilità del minore, bensì è un mero
ausiliario del giudice che, senza sostituirsi a quest’ultimo, porge al minore, nel
modo meno traumatico possibile, le domande delle parti. A tale proposito la
Suprema Corte ha dichiarato (sent. Cass. III n. 2938/1997), l’inesistenza e
l’inutilizzabilità della deposizione di un minore, assunta con un incidente probatorio
nel corso del quale il Giudice si era allontanato dall’aula, lasciando il governo della
assunzione della prova allo psicologo che gli porgerà con opportuni aggiustamenti
le domande rivoltegli dal giudice e dalle parti. Il contraddittorio deve essere
garantito da mezzi audivisivi che garantiscano a costoro di vedere e sentire il
minore.
Incidente probatorio
§  le domande sono poste solo dal giudice (su formulazione
delle parti) quindi senza cross-examination sistema troppo
traumatizzante sui minori che potrebbero avere anche pochi anni
(art. 498, c.4 c.p.p.)
§  la prova deve essere documentata con strumenti di
riproduzione fonografica o audiovisiva (le modalità dell’audizione
protetta possono essere utilizzata anche in fase di assunzione della
prova nel dibattimento e non solo in caso di incidente probatorio).