BREVI NOTE SULLA VIOLENZA DI GENERE ALLA LUCE DEI
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BREVI NOTE SULLA VIOLENZA DI GENERE ALLA LUCE DEI
PARI OPPORTUNITÀ Apre con questo numero di rivista la nuova sezione tematica “Pari Opportunità” con il fine di favorire la cultura delle pari opportunità e della non discriminazione. Con la legge 4 novembre 2010, n.183 contenente “Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche”, i Comitati Pari Opportunità presenti nelle varie Amministrazioni Pubbliche hanno cambiato denominazione, diventando Comitati Unici di Garanzia (CUG). di Silvia D’Oro BREVI NOTE SULLA VIOLENZA DI GENERE ALLA LUCE DEI RECENTI INTERVENTI NORMATIVI: DE IURE CONDITO E DE IURE CONDENDO Silvia D’ORO è componente del Comitato Unico di Garanzia del Ministero dello Sviluppo economico, si occupa di pari opportunità, conciliazione vita-lavoro, violenza di genere. È autrice/coautrice di numerose pubblicazioni e di numerosi contributi in riviste giuridiche. 1q2 I n una cultura come la nostra, la violenza di genere, che mitizza la superiorità maschile contrapponendola alla inferiorità femminile, trova terreno fertile perché, evidentemente, la forza di un sesso non può che vivere esclusivamente a patto che venga riconosciuta e interiorizzata la debolezza dell’altro. Per contrastarla è necessaria un’efficace tutela repressiva, anche per scopi deterrenti, ma non basta, perché essa interviene solo a posteriori, dopo che la violenza si è consumata. Fondamentale è la diffusione capillare senza selezione alcuna di destinatari, di una cultura di genere, attraverso politiche quotidiane e continue – e non solo in occasione e a ridosso del 25 novembre, Giornata internazionale sulla violenza sulle donne – di formazione e informazione, rivolte soprattutto alle giovani generazioni, quindi alle scuole e alle famiglie, primi nuclei di società naturale1. In questi ultimi anni i processi per violenza di genere sono esplosi nelle aule dei tribunali e anche i giornali e i telegiornali nelle notizie di cronaca quotidiana non sembrano saper parlare d’altro, con un’attenzione quasi morbosa delle volte. Del resto, a livello legislativo, solo nel 20092 è stato introdotto il reato di atti persecutori c.d. stalking con l’inserimento dell’art. 612 bis nel c.p. e fino a pochi anni fa il nostro ordinamento legittimava istituti che favorivano la violenza all’interno delle mura domestiche. Basta pensare allo ius corrigendi attribuito, da un articolo del c.p., al marito nei confronti della moglie e dei figli, che comprendeva anche la coazione fisica, e negato solo nel 1956 da una pronuncia della Suprema Corte3; al reato di adulterio che il c.p. prevedeva solo per la donna, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale solo nel 19694; alla riforma del 1 In ottica preventiva, sul piano della ricerca scientifica e psicologica, si registra una maggiore attenzione allo studio dello sviluppo del comportamento aggressivo, nella convinzione che se si riesce a capire le condizioni che lo producono ed evitare che si verifichino nella vita del bambino quelle situazioni, si può sperare di cambiarle e prevenirle, e quindi controllare o evitare il manifestarsi e lo svilupparsi dell’aggressività. Già l’antropologa Margared Mead ne era convinta quando indagò sulle origini dell’aggressività scrivendo nel 1935 “Sesso e temperamento in tre società primitive”, e anche Ashley Montagu nel “Il Buon selvaggio: educare alla non aggressività” del 1978. Sempre in ottica preventiva, importante è la diffusione di una cultura “di genere” attraverso seminari e incontri di riflessione all’uopo organizzati, e soprattutto in tutte le scuole di ogni ordine e grado. 2 Il “Decreto sicurezza” approvato con Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11 e convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38 ha introdotto il nuovo reato di atti persecutori (art. 612 bis cp) – dopo varie precedenti proposte legislative dal 2004 in poi non andate a buon fine - e ha aumentato la pena prevista dall’art. 576 cp in caso di uccisione della vittima di violenza sessuale o di stalking, ha potenziato gli strumenti di indagine e di tutela della persona offesa, attivabili dalla denuncia alla sentenza. Con l’introduzione di uno specifico reato di stalking si è colmata una lacuna legislativa di tutela determinata dall’incapacità delle incriminazioni di molestie, lesioni, minacce, ingiurie, danneggiamento, violenza privata, cui si faceva ricorso prima, ma che non erano in grado di fornire una adeguata risposta repressiva in quanto calibrate sull’episodio singolo, mentre in caso di reiterazione della condotta illecita poteva dar luogo solo ad una ipotesi di reato continuato. Invece lo stalking la è reato abituale di evento a forma libera, a dolo generico, e a eventi alternativi. 3 Cassazione penale, 22 febbraio 1956, in Riv. It. Dir. e proc. pen., 1957, 421, affermò che l’art. 571 c.p. non è applicabile al marito che percuote la moglie, in quanto al marito non compete nei confronti della consorte un potere correttivo, che sarebbe in contrasto con l’art. 29 della Costituzione, in cui è consacrato il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. La Cassazione riaffermò il principio poco dopo con sentenza Cass. pen., 21 novembre 1958, in Giur. it., 1959, 305. 4 Il codice penale del 1930 distingueva due figure di a. costituenti reato: l'a. della moglie, indicato col termine di "adulterio" (art. 559) e l'a. del marito, denominato "concubinato" (art. 560). Tale distinzione si originava dal fatto che, mentre per quanto concerneva la possibilità dell'a. della moglie era considerato sufficiente il determinarsi di un solo rapporto sessuale illecito, diverso trattamento era stabilito per il marito. La punibilità dei rapporti sessuali extramatrimoniali di quest'ultimo veniva infatti a delinearsi solo nel momento in cui essi concretassero una vera e propria relazione stabile, sfociante nel cosiddetto concubinato. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di entrambi gli articoli del codice penale con sentenze rispettivamente n. 126 del 19 dicembre 1968, in http://www.giurcost.org/decisioni/1968/0126s-68.html e n. 147 del 3 dicembre 1969, in http://www.giurcost.org/decisioni/1969/0147s-69.html. IL 40 DOCUMENTO DIGITALE NUMERO IV / MMXV Brevi note sulla violenza di genere diritto di famiglia, che risale al vicino 19755, che ha abbandonato la concezione di famiglia patriarcale e riconosciuto la parità tra moglie e marito, fino ad arrivare all’ultima riforma di due anni fa6 che al concetto di potestà ha sostituito quello sicuramente più giusto e moderno di responsabilità; al matrimonio riparatore, eliminato solo nel 19817; al reato di violenza sessuale, che solo nel 1996 è stato riconosciuto come delitto contro la persona e non invece contro la moralità pubblica e il buon costume8. Oggi abbiamo tre fonti normative, tre interventi legislativi (tra l’altro tutti effettuati con lo strumento della decretazione d’urgenza9) che si sono susseguiti in soli 4 anni. Il primo del 200910, che ha introdotto il reato di stalking colmando in tal modo una lacuna legislativa che non si riusciva a coprire ricorrendo ad altre fattispecie incriminatrici come i maltrattamenti in famiglia, minacce, lesioni, molestie, ingiuria e diffamazione. I due interventi del 201311 hanno rafforzato le tutele per la persona offesa aumentando la pena del reato, modificandone le aggravanti e introducendo anche misure preventive come il Piano d’azione straordinario. Anche la giurisprudenza ha applicato la nuova normativa interpretando estensivamente taluni elementi costitutivi della fattispecie in modo da far ricadere sotto la sua copertura il maggior numero possibile di casi concreti12. Anche la Consulta con una sen5 Legge 19 maggio 1975, n. 151, recante “Riforma del diritto di famiglia”, pubblicata in Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana n.135 del 23-5-1975. 6 Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2014, n. 5, recante "modifica della normativa vigente al fine di eliminare ogni residua discriminazione rimasta nel nostro ordinamento fra i figli nati nel e fuori dal matrimonio, così garantendo la completa eguaglianza giuridica degli stessi". 7 La legge 5 agosto 1981, n. 442, recante “Abrogazione della rilevanza penale della causa d'onore”, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 218 del 10-8-1981, abrogò gli articoli 544, 587 e 592. Il primo articolo prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l’onore della famiglia (c.d. matrimonio riparatore); il secondo prevedeva pene attenuate per l’autore del delitto di omicidio, commesso nei confronti della moglie, della figlia o della sorella, scoperte nel momento in cui avevano una illegittima relazione carnale con un uomo, e anche nei confronti di quest’ultimo, in quanto si riteneva che la causa d’onore (la commissione del reato per ‘salvaguardare l’onore proprio e della propria famiglia’ costituisse una provocazione gravissima tanto da giustificare la reazione dell’“offeso”); il terzo articolo puniva con pene attenuate l’abbandono di un neonato subito dopo la nascita, per causa di onore proprio o di un prossimo congiunto. 8 La legge 15 febbraio 1996, n. 66, recante “Norme contro la violenza sessuale”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 febbraio 1996 n. 42 , dopo circa vent’anni di iter legislativo, trasferiva il reato di violenza sessuale dal Titolo IX (Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume) del codice penale al Titolo XII (Dei delitti contro la persona). 9 Lo strumento legislativo utilizzato dal Governo – il decreto d’urgenza - tra l’altro spesso contenente norme tra loro molto eterogenee, è stato criticato da chi ritiene che la violenza di genere non sia un fenomeno improvviso e imprevisto, da contrastare con interventi repressivi ed emergenziali, ma, al contrario, un fenomeno da contrastare e prevenire con interventi complessi e strutturati, che devono coinvolgere tutti i soggetti della società civile (vittime, persecutori, scuole, autori alla formazione, operatori delle forze dell’ordine e dei servizi sociosanitari, medici ecc.) e devono consistere in programmi articolati e stabili del tempo. 10 Il c.d. "Decreto sicurezza" approvato con Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11 e convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori» e pubblicato in G.U. 24/04/2009, n. 95, dopo varie precedenti proposte legislative dal 2004 in poi non andate a buon fine, ha introdotto il nuovo reato di atti persecutori (art. 612 bis cp), ha aumentato la pena prevista dall’art. 576 cp in caso di uccisione della vittima di violenza sessuale o di stalking e ha potenziato gli strumenti di indagine e di tutela della persona offesa, attivabili dalla denuncia alla sentenza. Con l’introduzione di uno specifico reato di stalking si è colmata una lacuna legislativa di tutela determinata dall’incapacità delle incriminazioni di molestie, lesioni, minacce, ingiurie, danneggiamento, violenza privata, cui si faceva ricorso prima, ma che non erano in grado di fornire una adeguata risposta repressiva in quanto calibrate sull’episodio singolo, mentre in caso di reiterazione della condotta illecita poteva dar luogo solo ad una ipotesi di reato continuato. Invece nel caso dello stalking la serialità dei comportamenti è elemento costitutivo del reato. Trattasi di reato abituale di evento a forma libera, a dolo generico, e a eventi alternativi. 11 Rif. decreto legge 1 luglio 2013, n. 78, recante “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 94, pubblicata in G.U. 19/8/2013, n. 193, che ha innalzato la pena detentiva da 4 a 5 anni, così legittimando l’applicazione della custodia cautelare in carcere, e al decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, c.d. legge sul femminicidio, pubblicata in G.U. 15/10/2013, n. 242, che ha introdotto nuove modifiche inasprendo il trattamento punitivo e introducendo misure preventive da realizzare mediante la predisposizione di un Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, che contenga azioni strutturate e condivise in ambito sociale, educativo, formativo e informativo per garantire una maggiore e piena tutela alle vittime. Ha novellato la disciplina sui maltrattamenti in famiglia, sulla violenza sessuale e sullo stalking, ha introdotto nuove aggravanti per tali illeciti, l’irrevocabilità della querela presentata per il reato di atti persecutori e il divieto di detenzione di armi in caso di ammonimento del Questore. Con legge 27 giugno 2013, n. 77, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011”, pubblicata in GU Serie Generale n.152 del 1-7-2013, l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. 12 Nella giurisprudenza di merito e di legittimità vi è la tendenza ad interpretare estensivamente gli elementi costitutivi del reato di nuovo conio. Così è stato ritenuto che la prova del reato di stalking, in particolare del grave e perdurante stato di ansia o di paura possa desumersi dalle dichiarazioni della vittima stessa (cfr ex multis Cass. pen., sez. V, 11 novembre 2014, n. 46510); è stato affermato che ai fini della integrazione del reato è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, non essendo necessario che la vittima cambi abitudini di vita né che siano stati compiuti atti contro l’incolumità fisica né l’accertamento clinico dello stato patologico (cfr. ex multis, 19 maggio 2014, n. 20531, Cass. pen., sez. V, 24 novembre 2014, n. 48690 e Cass. pen., sez. V, 23 marzo 2015, n. 12203); che il reato si possa configurare anche in presenza di uno stato di conflittualità tra ex coniugi o in assenza di legami affettivi tra vittima e carnefice (cfr. ex multis, Cass. pen., sez. V, 10 settembre 2014 n. 37448 e Cass. pen., sez. III, 11 febbraio 2014 n. 6384); che fa stalking anche chi sia stato oggetto di un comportamento illegittimo altrui e mette in atto una serie di atteggiamenti persecutori per difendersi oppure anche quando entrambi i coniugi si molestano reciprocamente (Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2013 n. 45648); che c’è stalking anche in caso di due sole condotte di minaccia o di molestia in quanto idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice (Cass. pen., sez. V, sent. n. 14212 dell’8 aprile 2015); e anche qualora il reato sia commesso con dolo generico oppure eventuale (e cioè con la volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma IL NUMERO IV / MMXV DOCUMENTO DIGITALE 41 PARI OPPORTUNITÀ tenza del giugno scorso ne ha salvato l’esistenza respingendo la questione di legittimità costituzionale che era stata sollevata con riferimento al principio di determinatezza della fattispecie penale13. In ultimo, de iure condendo, in attuazione dell’art. 1, commi 8 e 9 della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Job Act), il Governo, il 20 febbraio scorso, ha approvato uno Schema di decreto legislativo (Atto Governo n. 157) recante “Misure di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, che è stato trasmesso alle Presidenze del Senato e della Camera il 31 marzo scorso e assegnato pochi giorni fa, per il parere, alle competenti Commissioni parlamentari. Il provvedimento, all’art. 23, introduce una forma di congedo, interamente retribuito, per le donne, dipendenti di datore di lavoro pubblico o privato, vittime di violenza di genere, alle quali riconosce il diritto di astenersi dal lavoro se inserite in un percorso di protezione debitamente certificato dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio (di cui all’articolo 5-bis decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119), per un periodo massimo di tre mesi, da fruire, su base oraria o giornaliera, nell’arco temporale di tre anni. Inoltre riconosce alle stesse il diritto alla trasformazione, su richiesta, del loro rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, e viceversa. Tuttavia non bisogna adagiarsi sugli allori. Si respira ultimamente il rischio di una pericolosa inversione di rotta. Già la legge 193 del 2013, di conversione del d.l. 93/201314, ne limitò la portata innovativa riducendo le ipotesi di irrevocabilità della querela, che era stata introdotta in sede di decretazione d’urgenza, ai soli casi di reato aggravato. Inoltre, il recente d.l. 92/201415 c.d. “svuota carceri”, proprio qualche mese fa, ha introdotto il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere nel caso in cui la pena detentiva irrogata non superi i tre anni, anche se la legge di conversione (l. n. 117 del 2014) ne ha circoscritto la portata applicativa escludendo il reato di stalking. E ancora, l’intesa tra Governo e Regioni, sancita nel novembre 201416, definisce i criteri e le modalità di accoglienza delle donne che hanno subìto violenza, i requisiti minimi strutturali e organizzativi dei Centri antiviolenza e delle Case Rifugio, l’offerta minima di servizi ed i percorsi di accompagnamento a favore delle donne, le caratteristiche del personale che opera a contatto con le stesse. Tutto questo, se da una parte garantisce condizioni omogenee sul territorio nazionale, dall’altra rischia di comportare un abbassamento di tutela per le vittime di violenza, comportando la chiusura dei Centri privi dei requisiti minimi richiesti. Infine, in un periodo di crisi economica e in piena spending review, la legge di Stabilità per il 201517 ha incrementato il ‘Fondo nazionale per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità al fine dell’assistenza e del sostegno alle donne vittime di violenza’ (di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) per le annualità dal 2015 al 2017, in linea con quanto stabilito dall’articolo 5 bis del decreto-legge n. 93 del 2013 (che aveva previsto un incremento pari 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015), suscitando polemiche circa la quantità, ritenuta insufficiente, di risorse stanziate per il contrasto alla violenza di genere. In conclusione, alla luce dei summenzionati interventi normativi, de iure condito e de iure condendo, e giurisprudenziali in tema di violenza di genere, il mio invito è continuare ad essere vigili, attenti, non dando per scontati i risultati raggiunti, ma al contrario continuando a difenderli, giorno dopo giorno, per scongiurare il rischio di trovarci davanti ad inaspettati e deludenti passi indietro da parte delle istituzioni, e investendo soprattutto nelle politiche di prevenzione, le uniche vincenti in un’ottica di lungo periodo. Qui sono in gioco i nostri diritti inviolabili, consacrati nell’art. 2 della nostra Costituzione, il riconoscimento della parità, sancito nell’art. 3, il diritto alla libertà e alla dignità personale, tutelato all’art. 42. © o accettando il rischio che l’evento si verifichi), non essendo necessario il dolo intenzionale o di proposito o d’impeto - che rappresenta la carica psichica più intensa che si verifica quando l’agente non solo si rappresenta il delitto che intende commettere, ma agisce anche nel senso di favorirne la sua causazione (cfr Cass. pen., sez. V, 4 settembre 2014 n. 29205). 13 La Corte costituzionale, con sentenza n. 172 dell’11 giugno 2014, in www.cortecostituzionale.it, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 612-bis cod. pen. sollevata, in riferimento all’art. 25, secondo comma, Cost. (principio determinatezza delle fattispecie penali). 14 L. 15 ottobre 2013, n. 119, pubblicata in G.U. 15/10/2013, n. 242, che ha convertito il Decreto legge 14 agosto 2013, n. 93. 15 Decreto legge 26 giugno 2014, n. 92, recante “Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nonche' di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 117, pubblicata in G.U. 20/08/2014, n. 192. 16 Intesa del 27 novembre 2014, sancita ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo e le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e le Autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, prevista dall’art. 3, comma 4, del DPCM del 24 luglio 2014. Il testo è reperibile su http://centroantiviolenza.comune.torino.it/wp-content/uploads/INTESA-CUrequisiti-minimi-centri-e-case-146_2014.pdf. 17 Legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilita' 2015), pubblicata in GU Serie Generale n.300 del 29-12-2014, Suppl. Ordinario n. 99. IL 42 DOCUMENTO DIGITALE NUMERO IV / MMXV