La microfinanza a Wall Street La seconda rivoluzione del
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La microfinanza a Wall Street La seconda rivoluzione del
Tariffa Pagata P.D.I. Autorizzazione DRT/DCB Vicenza/PDI/254/2004 valida dal 12/01/2004 Microfinanza BOLLETTINO PER LO SVILUPPO PLURALE N. 5 - 15 novembre 2004 U n n u m e r o 2 e u r o La microfinanza a Wall Street La seconda rivoluzione del microcredito È una metafora per evocare l’impegno – per ora scarso – dei mercati borsistici nella finanza dei poveri. Oppure è una notizia di cronaca: il 18 novembre 2004, giornata inaugurale dell’Anno internazionale del microcredito proclamato dall’Onu per il 2005, Fatimata Lonfo, microimprenditrice ivoriana rifugiata negli States, inaugura simbolicamente la seduta del New York Stock Exchange. Invece la microfinanza spunta fuori a sorpresa nel cuore della maggiore Borsa mondiale, nel suo listino, dove dal 28 marzo 2000 è quotata Icici Bank, la seconda maggiore banca dell’India e la prima istituzione privata nel sostegno alle banche di microcredito e quindi ai piccoli produttori indiani. L’altro volto della crescita dell’Asia. Malcolm Harper* Trenta anni fa ha preso il via una rivoluzione tranquilla nel mondo della finanza. Un piccolo gruppo di pionieri scoprì che i poveri hanno bisogno di servizi finanziari e che si poteva fornirglieli in modo sostenibile. Nasceva la microfinanza. Oggi è in corso una seconda rivoluzione: le banche cominciano ad accorgersi di questa opportunità. T voluzione tranquilla nel mondo del- renta anni fa ha preso il via una ri- la finanza. Non ha avuto sul piano finanziario l’impatto massiccio che hanno avuto gli hedge funds – i fondi di investimento ultraspeculativi – i prodotti derivati o la piena convertibilità delle valute, ma sul piano dello sviluppo umano è stato probabilmente il maggior cambiamento degli ultimi cinquant’anni. In Bangladesh, in Indonesia, in India, in alcuni paesi dell’America Latina un piccolo gruppo di coraggiosi pionieri scoprì che i poveri avevano bisogno di servizi finanziari come molti di coloro che sono più ricchi, e soprattutto che potevano e volevano pagare per ottenerli. Microfinanza: principi semplici ma innovativi Alcuni dei pionieri tentarono di suscitare l’interesse delle banche tradizionali per questo nuovo mercato, ma senza successo. Così dovettero avviare nuove organizzazioni specializzate che divennero note come istituzioni di microfinanza (Mfi). Le Mfi seguivano principi semplici ma innovativi, tra cui prestare soprattutto alle donne, in genere attraverso qualche forma di metodo di gruppo, prestare somme molto piccole, per brevi periodi, e spesso insistere nel raggiungere clienti che fossero veramente poveri. Inizialmente le organizzazioni di microcredito lo facevano per cercare di Italia, tre milioni di famiglie escluse dal sistema finanziario Europa, le radici territoriali del credito solidale PAG. 3 Icici Bank, India Da Pothaipalli a New York, passando per Milano I bre, più di due dozzine di donne ve- n una nebbiosa mattina di settem- stite nei loro colorati sari, con piccoli libretti in mano, siedono nel terrazzo di una casa privata nel villaggio di Pothaipalli, in una zona rurale povera dell’Andhra Pradesh, Stato dell’India centrale. Un giovane raccoglie pazientemente denaro da ciascuna donna e segna l’operazione nel suo libro dei crediti. Le donne stanno pagando le rate di piccoli prestiti a Share Microfin, una istituzione di microfinanza di Hyderabad che fornisce servizi finanziari a 415 mila nuclei familiari in quattro Stati indiani. [segue a pag. 4] * Malcolm Harper, professore emerito alla Cranfield School of Management (Gran Bretagna), dopo aver insegnato per anni economia dell’impresa, dal 1995 lavora nell’ambito della microfinanza, soprattutto in India dove dirige la microfinanziaria Basix Finance. PAG. 2 Fatimata Lonfo, la microimprenditrice ivoriana che inaugura a New York l’Anno internazionale del microcredito, gestisce a Staten Island la Windyla’s Boutique, aperta grazie anche ad un prestito dell’organizzazione di microfinanza statunitense Accion New York ■ Stavolta però c’è una novità. Come nota la corrispondente di Business Week da Bombay, Manjeet Kripalani, «le donne di Pothaipalli sono collegate al mercato globale dei capitali». I loro microcrediti infatti sono entrati a far parte insieme a migliaia di altri di una delle prime operazioni di securitization di portafogli di istituzioni microfinanziarie, e certamente della maggiore finora avviata nel mondo. In sostanza una banca partner emette delle obbligazioni, garantite e finanziate dal portafoglio microfinanziario di una o più Mfi, e le vende sul mercato a investitori istituzionali per raccogliere nuovo capitale per le organizzazioni del microcredito. La banca partner di Share Microfin è Icici Bank e l’operazione vale 4,3 milioni di dollari. Contemporaneamente Icici conduce un’operazione analoga da 1 milione di dollari con Basix Finance, la più antica delle istituzioni di microfinanza indiane. La banca incassa i pagamenti dei clienti delle Mfi, affacciandosi in tal modo nel nuovo mercato dei microimprenditori poveri, ma lascia che siano le microfinanziarie, che conoscono il territorio e i piccoli produttori, a continuare a svolgere il ruolo di agenti di raccolta. Le organizzazioni di microfinanza, dal canto loro, ricevono i nuovi capitali sottoscritti tramite le obbligazioni e quindi hanno, in questo caso, oltre 5 milioni di dollari di nuove risorse per espandere l’attività. Icici sta per Industrial Credit and Investment Corporation of India e nasce nel 1955 come finanziaria per lo sviluppo promossa dal Governo indiano insieme a rappresentanti dell’imprenditoria industriale e alla Banca Mondiale. Nel 1994 parte Icici Bank che rapidamente diventa la seconda banca indiana in termini di attivo. Nel 2000, dopo le Borse indiane, l’approdo a Wall Street, dove Icici è il primo titolo tra le istituzioni finanziarie asiatiche, Giappone escluso. [segue a pag. 2] Microfinanza 5 15 novembre 2004 1 I dati della Banca d’Italia sui bilanci familiari nel 2002 Italia, tre milioni di famiglie escluse dal sistema finanziario Donne, anziani, operai, nuove partite Iva: la mappa di chi non ha neanche un conto in banca Francesco Terreri L’ lare, alla fine del 2002, di almeno 85,9% delle famiglie italiane è tito- una attività finanziaria. Ad esempio, il 77,9% ha un deposito bancario, il 16,9% un deposito postale, il 9,4% titoli di Stato, il 14% obbligazioni e quote di fondi comuni di investimento. Ma il restante 14,1% delle famiglie – quasi tre milioni su un totale di 21,2 milioni – non è titolare di nessuna attività, neanche nelle forme più semplici del conto corrente bancario o postale. Anche se non necessariamente povero, è escluso dal sistema finanziario. I dati sono contenuti nel Supplemento al Bollettino Statistico della Banca d’Italia “I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2002”, uscito quest’anno a marzo. Esaminando le caratteristiche riferite al “capofamiglia”, cioè al maggior percettore di reddito all’interno della famiglia, otteniamo una vera e propria mappa dell’esclusione finanziaria in Italia. Ci riferiamo in particolare al più diffuso strumento finanziario, il deposito bancario, che in larga misura – per quasi i tre quarti del totale – è deposito in conto corrente. In qualche caso, come nei piccoli centri o nel Mezzogiorno, altre attività come i depositi postali sembrano attenuare l’effetto di esclusione. Viceversa, per le attività finanziarie più sofisticate le disuguaglianze tra gruppi sociali e territori appaiono più accentuate. In primo luogo l’esclusione finanziaria riguarda le donne: il 30,1% di esse non possiede un deposito in banca contro il 18,7% di uomini. Le quote degli esclusi sono in aumento rispetto alla rilevazione precedente del 2000: allora non aveva un deposito bancario il 29,6% delle donne e il 17,9% degli uomini. Sono maggiormente esclusi gli anziani: non possiede un deposito in banca il 38% degli ultrasessantacinquenni, mentre nelle altre fasce di età gli esclusi sono sempre sotto il 20%, con l’eccezione dei più giovani (fino a trent’anni) che vedono un 22,8% di loro senza conto in banca. L’esclusione, inoltre, cresce al diminuire del livello di istruzione: è privo di un deposito il 63,8% delle persone senza titolo di studio e il 36,1% di coloro che hanno la licenza elementare, mentre la quota si riduce sotto il 20% per chi ha concluso la scuola dell’obbligo, sotto il 10% per i diplomati e al 4,2% per i laureati. Sono più escluse le famiglie a basso reddito: non ha depositi bancari il 67,7% di quelle con reddito fino a 10 mila euro annui e il 33% di quelle con reddito tra 10 mila e 20 mila euro. Sopra i 30 mila euro l’esclusione si riduce al 5%. Ci sono differenze anche tra i settori produttivi e le condizioni professionali. Il 21,2% dei capofamiglia contadini non ha un deposito bancario mentre nell’industria e nel terziario la quota scende sotto il 15% Il risparmio dei poveri: 12 miliardi di dollari nelle istituzioni di microfinanza Anche l’Africa riesce a risparmiare. K-Rep, Kenya Rural Enterprise Program, è la maggiore delle istituzioni di microfinanza africane. È attiva dal 1984 nel sostegno ai piccoli produttori della città e della campagna keniota. Da poco è diventata una vera e propria banca, sia pur “micro”. Quasi 39 mila contadini, artigiani e commercianti poveri, più della metà donne, hanno finora ricevuto un credito da questa istituzione. Il portafoglio a rischio oltre i 30 giorni è appena il 2% del totale. Ma il dato forse più clamoroso è che i clienti di K-Rep hanno depositato in banca l’equivalente di 5 milioni 930 mila dollari: il risparmio dei poveri. ■ L’Ifad e le microbanche, dall’India all’Armenia L’ larmente impegnata nel campo della microfinanza. Tra l’altro collabora in India con Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, è un’agenzia dell’Onu partico- Icici Bank e in Armenia con Acba, Agricultural Cooperative Bank of Armenia, anch’essa presente a Milano il 18 novembre al convegno “Investire in microfinanza”. Acba è un’organizzazione di microcredito che è cresciuta fino a diventare una banca cooperativa. Con Acba l’Ifad in Armenia è impegnato nell’Agricultural Services Project, un progetto da 20 milioni di dollari di sostegno ai produttori agricoli poveri. Il progetto ha raggiunto circa 33 mila famiglie con il supporto e il credito alla piccola impresa rurale, mentre i benefici degli interventi per l’irrigazione e la produzione e certificazione dei semi potrebbero estendersi fino a 230 mila famiglie in tutto il paese. ■ S Manfred Zeller (Università di Göttinecondo uno studio di Cécile Lapenu e Da Pothaipalli a New York, passando per Milano [segue da pag. 1] Attualmente Icici Bank – presidente Narayanan Vaghul, amministratore delegato Vaman Kamath – raccoglie risparmio per 681 miliardi di rupie (15 miliardi e mezzo di dollari) e ha un volume di impieghi di 621 miliardi di rupie (14 miliardi di dollari), raggiungendo con i suoi 13.600 addetti un’ampia clientela sia di famiglie che di imprese. Ma Icici ha anche un’importante sezione di iniziative sociali: salute dei 2 Microfinanza 5 15 novembre 2004 bambini, istruzione, supporto alla microfinanza. Ed è in questo campo che sperimenta prodotti innovativi, dal campo assicurativo alle nuove forme di finanziamento delle microbanche come la securitization. Anil Kumar, Chief manager di Icici Bank, è ospite il 18 novembre a Palazzo Mezzanotte in Piazza Affari a Milano al convegno “Investire in microfinanza. Il ruolo delle banche” organizzato da Ifad, l’Agenzia dell’Onu per lo sviluppo rurale, Abi, Associazione Bancaria Italiana, Federcasse, Federazione delle Banche di credito cooperativo, e Microfinanza. ■ e nella pubblica amministrazione sotto il 10%. Tra i lavoratori dipendenti sono maggiormente esclusi gli operai (23,2%) rispetto agli impiegati (7,5%). Tra i lavoratori autonomi, soprattutto di nuova generazione, è senza deposito in banca il 14,4% delle famiglie, mentre la quota scende a meno del 2% per imprenditori e liberi professionisti. Il dato dei pensionati – 32,5% di esclusione – conferma le difficoltà delle famiglie con persona di riferimento anziana. Altre indicazioni riguardano la composizione del nucleo familiare e la localizzazione. Sono maggiormente escluse dal sistema finanziario due tipi di famiglie: quelle con 1 componente (non ha il conto il 35,7%) e le famiglie con 5 o più componenti (25,7% senza deposito). La mancanza di conto in banca è più frequente quando in famiglia c’è un solo reddito: 32,2% di esclusi. L’esclusione è maggiore nei piccoli centri: è senza deposito il 23,9% delle famiglie che abitano in Comuni fino a 20 mila abitanti e il 23,1% di quelle dei Comuni fino a 40 mila abitanti. Sono maggiormente escluse le famiglie del sud e delle isole: il 44,9%, contro il 15% dell’Italia centrale e l’8,7% dell’Italia settentrionale. ■ gen) per l’International Food Policy Research Institute (Ifpri), 1.500 istituzioni di microfinanza in 85 paesi prestano complessivamente 17 miliardi 452 milioni di dollari a circa 23 milioni di clienti poveri, ma raccolgono da loro 12 miliardi 270 milioni di dollari di risparmio. Del resto l’Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, calcola che il 20% più povero della popolazione mondiale – le persone che vivono con meno di un dollaro al giorno a cui fa capo appena l’1,4% del reddito mondiale – risparmi complessivamente 44 miliardi di dollari, il 15,8% del proprio reddito. La ricerca “Microfinanza in Europa”, coordinata dalla professoressa Laura Viganò, è in fase di pubblicazione presso Giuffrè Editore. Per maggiori informazioni si possono consultare il sito della Fondazione Giordano Dell’Amore (www.fgda.org) e quello della Fondazione Europea Guido Venosta (www.fondazionevenosta.it). Le radici territoriali della microfinanza europea A cura della Fondazione Giordano Dell’Amore S ituazioni di incertezza e fragilità economica caratterizzano oggi le economie in via di sviluppo così come i segmenti storici e nuovi delle economie industrializzate. La rilevanza dei flussi migratori, il decadimento di interi settori, la perdita di utilità delle competenze storicamente acquisite, la difficoltà di inserimento per nuove realtà economiche, così come l’incertezza caratterizzante il mercato del lavoro, sono alcune delle ragioni alla base dello sviluppo in chiave “moderna” della microfinanza in Europa. Le nuove povertà Il fenomeno in realtà ha origini più profonde di quanto spesso si pensi. Le forme di sostegno a favore delle fasce sociali più deboli in Europa risalgono infatti alla fine dell’800, con le piccole banche di villaggio prussiane basate sulla responsabilità solidale create da Raiffeisen e le banche popolari in ambiente urbano, ideate da SchulzeDelitzsch. Sulla scia di queste prime esperienze, nel vecchio continente si assiste all’inizio del secolo scorso alla diffusione di forme istituzionali basate su un modello di tipo cooperativo e mutualistico che in relazione ai differenti contesti di applicazione assumeva connotazioni differenti: le banche di credito cooperativo in Italia; le lending charities inglesi; le Loan Fund Institutions irlandesi; le Mutuas Montepìo Geral in Portogallo. Nonostante il contesto storico e socioeconomico europeo sia notevolmente cambiato negli ultimi cinquanta anni, il fenomeno dell’esclusione finanziaria anche se in forma diversa e per motivi distinti rimane uno dei fattori che accompagna la marginalizzazione economica in molti segmenti della società moderna. Queste forme di marginalità sono prevalentemente concentrate in quei gruppi di popolazione che soffrono una condizione di povertà e di esclusione sociale identificabili in forme molto diverse tra loro. In Europa, considerando che le piccole e medie imprese costituiscono la maggior parte delle realtà economiche esistenti, la capacità del sistema bancario di servire le aziende più piccole è un elemento cruciale per il raggiungimento di una migliore condizione generale in termini socio-economici. L’esclusione dai servizi bancari, e dal credito in particolare, costituisce un ostacolo insormontabile per lo sviluppo di imprese che possono presentare profili reddituali futuri anche molto interessanti ma che non dispongano di sufficienti garanzie (reali o patrimoniali) o delle qualità specifiche richieste dal sistema bancario tradizionale. In un contesto che presenti tali caratte- I programmi di microcredito in Europa occidentale censiti dalla Fondazione G. Dell’Amore Belgio Belgio Belgio Finlandia Francia Francia Francia Germania Germania Germania Germania Gran Bretagna Gran Bretagna Gran Bretagna Gran Bretagna Gran Bretagna Irlanda Irlanda Irlanda Italia Italia Italia Italia Italia Italia Italia Italia Italia Italia Portogallo Spagna Spagna Spagna Spagna Spagna Spagna Spagna Spagna Spagna Svezia Svezia Brusco Credal Netwerk Vlaanderen Finnvera plc Adie Paris Love and Money Socodem Enigma Investitions Bank Berlin Lawaetz Projekt Enterprise Art OneLondon Salford MoneyLine Street Uk Weetu Aspire First Step Western Development Commission (Wdc) Banca Popolare Etica Banca Popolare Etica – Progetto Caritas Treviso Cgm Finance Fondazione Antiusura S. Maria del Soccorso Fondazione San Carlo Mag 2 Finance Mag 4 Piemonte Mag Venezia Mag Verona Regione Toscana Andc Acciò solidaria contra l’atur (Barcellona) Associazione Reas net Coop57 Fidem Fundacion La General para el Desarollo Solidario Granada Fundacion Laboral Wwb en España (Flwwbe) Fundacion Un sol mon (Caixa Catalunya) Ico (Instituto de Credito Oficial) Instituto Municipal de Formacion y Empleo - Imfe (Granada) Almi Swedish Jobs and Society ristiche, lo sviluppo della microfinanza da parte di banche commerciali così come da parte di altri intermediari finanziari e istituzioni diverse potrebbe rappresentare una soluzione per colmare le lacune evidenziate. I crediti sono ripagati In questo senso, la ricerca “Microfinanza in Europa”, risultato di un progetto in collaborazione tra la Fondazione Giordano Dell’Amore e la Fondazione Europea Guido Venosta, indagando lo stato dell’arte della microfinanza europea – intesa come Unione Europea a 15, prima dell’allargamento del 1° maggio 2004 – ha cercato di evidenziare quale sia il ruolo odierno delle istituzioni impegnate nel settore, delineandone i tratti caratteristici ed evidenziandone le possibilità di sviluppo. Pur nell’eterogeneità delle esperienze e le diverse forme istituzionali identificate (cooperative; istituti finanziari; fondazioni, associazioni o ong) prevale un modello operativo che si avvale della collaborazione con le organizzazioni che lavorano a stretto contatto con le popolazioni obiettivo nel territorio. In generale, emerge che le istituzioni di microfinanza operano in ambito principalmente urbano, offrendo prevalentemente servizi di credito ai quali spesso si affianca un’attività di consulenza e di accompagnamento del cliente. Le istituzioni presenti nel campione indagato presentano tassi di rimborso sui crediti in media abbastanza buoni e si rivolgono a una clientela molto eterogenea finanziando capitale circolante e di investimento delle attività economiche già esistenti, oltre all’avviamento di micro e piccole imprese. Viene inoltre evidenziato che, nell’offerta di servizi microfinanziari sostenibili in un’ottica di lungo periodo, le istituzioni “vincenti” tendono a specializzarsi nella fornitura di soli servizi finanziari (approccio minimalista); usufruiscono di sussidi solo nel medio periodo nel tentativo di essere autosufficienti orientandosi alla piena sostenibilità finanziaria nel lungo; determinano il prezzo dei propri prodotti e servizi con l’obiettivo di coprire i costi di gestione; considerano l’innovazione un elemento cruciale nel processo di sviluppo e, infine, utilizzano prevalentemente la tecnologia di credito individuale, considerando eventualmente la possibilità di utilizzare il credito di gruppo. È però evidente che, nonostante alcune delle precedenti indicazioni siano valide per quasi tutte le realtà in ambito europeo, saranno poi la finalità perseguita e la sensibilità dell’operatore gli elementi determinanti per la concretizzazione nel contesto operativo; non bisogna, infatti, dimenticare che la forza della microfinanza risiede nella capacità di inserirsi nel contesto locale sfruttandone le peculiarità esistenti, eventuali sinergie e utilizzando strumenti e risorse finora poco considerate dagli istituti tradizionali di credito. Per questa ragione, le conclusioni emerse vogliono essere delle linee guida e non rappresentare delle specifiche indicazioni operative. ■ Esclusione in Europa, un’enorme terra di nessuno trebbe comprendere tra i 2 e i 4 milioni o sviluppo della microfinanza è stato ■ L largamente guidato nei paesi in via di diDapersone. “A Western Perspective on Eastern sviluppo dall’agenda della lotta alla povertà e nelle economie in transizione dell’Europa orientale dall’agenda dello sviluppo dell’impresa. In Occidente invece la microfinanza è stata introdotta come strumento per combattere l’esclusione sociale e finanziaria di una parte della società che sta tra i poveri e i nonpoveri: di quella parte di popolazione cioè che è fuori dal raggio di azione delle banche commerciali ma sopra il limite dell’assistenza. È un’enorme “terra di nessuno” che solo in Gran Bretagna po- Europe” a cura di Street Uk (Gran Bretagna) Microcredito nella Nuova Europa I dati del Microfinance Centre for Central and Eastern Europe and the New Independent States (2003) Numero Mfi Portafoglio crediti complessivo (milioni di dollari) Numero di clienti attivi Prestito medio (in dollari) Portafoglio a rischio (30 giorni) 63 321,3 281.325 1.637 3,3% I maggiori programmi di microfinanza nelle economie in transizione per dimensioni del portafoglio (in milioni di dollari, 2003) Hungarian Foundation for Enterprise Promotion Vwi Eki, Bosnia Herzegovina Mikrofin, Bosnia Herzegovina Opportunity Bank Montenegro Partner, Bosnia Herzegovina Besa Foundation, Albania Agroinvest, Serbia e Montenegro Sunrise, Bosnia Herzegovina Fundusz Mikro, Polonia XAC Bank, Mongolia 47,9 19,2 17,8 16,7 15,3 15,1 12,2 8,7 8,5 8,4 Microfinanza 5 15 novembre 2004 3 I nuovi servizi del mercato della microfinanza Quasi 200 le microbanche col rating S tuzioni di microcredito a cui è stato ono 194 al 5 novembre 2004 le isti- attribuito un rating da una delle 12 agenzie di valutazione accreditate presso il Cgap, Consultative Group to Assist the Poor, il consorzio di 28 istituzioni internazionali, tra cui agenzie Onu, organismi governativi di cooperazione (c’è anche il Ministero degli esteri italiano), banche regionali di sviluppo, che sta promuovendo la diffusione delle informazioni e la trasparenza nel nascente mercato della microfinanza. La metà delle 12 organizzazioni di «raters» riconosciuti sono filiali di agenzie di rating ufficiali, come Standard & Poor’s Argentina o Fitch Cile, che hanno fatto solo qualche singola esperienza di valutazione di microbanche. Una, Accion International, è in realtà un network di istituzioni di microfi- nanza e quindi rischia un possibile conflitto di interessi. Ma gran parte dei rating fanno capo a sole cinque organizzazioni: la francese Planet Rating, la statunitense MicroRate, due indiane, Crisil (agenzia formale con sezione specializzata) e M-Cril, e l’unica italiana, Microfinanza srl. In tre anni di lavoro Microfinanza ha valutato o sta completando la valutazione di 36 istituzioni microfinanziarie in 16 paesi, con una forte presenza in Europa orientale (Balcani, Russia), Asia centrale (dall’India al Kyrgyzstan), America Latina (dal Messico all’Ecuador). Meno ampio per ora il lavoro in Africa, ma un forte impulso alla crescita in quell’area sta arrivando dalla collaborazione avviata con l’Ifad, l’agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo rurale. Il rapporto di valutazione è utile in primo luogo alla stessa istituzione di microfinanza, perché costituisce un check-up completo della banca dei poveri, con l’individuazione dei punti di forza e di debolezza. Ma il rating aiuta anche i potenziali investitori in microfinanza a individuare le organizzazioni da finanziare, come già stanno facendo alcuni fondi specializzati, promossi non solo da organizzazioni non profit ma anche da banche (nessuna italiana). D’altra parte il rapporto costa all’istituzione Le banche alla prova della microfinanza Malcolm Harper [segue da pag. 1] aiutarli, ma presto si resero conto che l’iniziativa acquistava anche il significato di un buon affare. I poveri risparmiavano più regolarmente, utilizzavano i crediti più responsabilmente e rimborsavano con maggiore affidabilità. Le stime variano, ma qualcosa come quindici o venti milioni di persone, soprattutto donne, accedono ora ai servizi finanziari delle Mfi. I limiti della crescita Ci sono tuttavia molte rilevanti difficoltà che impediscono alle Mfi di svilupparsi come dovrebbero per raggiungere i miliardi di persone che hanno bisogno dei loro servizi. Sono difficoltà che, inoltre, limitano la stessa qualità e sicurezza dei servizi forniti. Alcuni dei precursori tra le Mfi sono ora molto grandi e sono, come si usa dire, sostenibili, che vuol dire capaci di ge- Bollettino per lo sviluppo plurale n. 5 - 15 novembre 2004 Autorizzazione del Tribunale di Vicenza n. 1016/2002 Direttore responsabile Francesco Terreri In redazione: Mameli Biasin Hanno collaborato: Fabio Malanchini, Aldo Moauro, Malcolm Harper, Kamlita Reddy (Ifad), Paolo Vitali (Fondazione Giordano Dell’Amore) Editore: Associazione Microfinanza e Sviluppo via Monticello di Fara 13/b 36040 Sarego (VI) tel. 3351284571 e-mail: [email protected] Stampa: Publistampa Arti grafiche, Pergine (TN) Abbonamento per venti numeri: 40 euro. Versamento sul conto corrente postale n. 23482177 intestato a Associazione Microfinanza e Sviluppo via Monticello di Fara 13/b 36040 Sarego (VI). Indicare con precisione nome e indirizzo. Tra le banche europee che si sono affacciate nel settore della microfinanza, oltre agli istituti della finanza etica, ci sono: Abn Amro (Olanda), attraverso nuove società partecipate insieme ad associazioni non profit, finanza di comunità, organismi della cooperazione che investono in istituzioni di microfinanza; Deutsche Bank con il Microcredit Development Fund; Dexia (franco-belga) con il Dexia Microcredit Fund, un vero e proprio fondo di investimento gestito insieme alla società di microfinanza svizzera Blue Orchard; Rabobank Foundation (credito cooperativo Olanda); Société Générale con alcune filiali nei paesi poveri che sostengono microbanche. Bank of Ireland, dal canto suo, è partner di First Step nel microcredito alla nuova imprenditoria irlandese, mentre da ottobre 2004 Bnp-Paribas collabora con la francese Adie (Association pour le Droit à l’Initiative Economique) nel microcredito ai disoccupati che creano nuove imprese in Francia. In Italia il Credito cooperativo ha avviato il progetto Microfinanza Campesina con l’Ecuador. nerare profitti marginali, cioè un reddito operativo. Hanno tuttavia richiesto un consistente sussidio per essere avviati e molti di loro dipendono ancora in qualche modo da sussidi, come capitale o prestiti «socialmente responsabili» o formazione e consulenze gratuite. Altre Mfi, come Bancosol in Bolivia o Grameen Bank in Bangladesh, sono divenute esse stesse banche commerciali completamente sviluppate e devono adattarsi alle medesime regole delle altre banche. Ma la maggior parte delle istituzioni di microfinanza non sono regolate e molte sono gestite non da professionisti finanziari ma da operatori sociali. I poveri, inoltre, hanno bisogno di un luogo sicuro e accessibile per risparmiare non meno che per ottenere credito e molte Mfi violerebbero la legge se accettassero i risparmi dei loro clienti. Le autorità chiudono un occhio e i pochi fallimenti successi fin qui sono stati salvati dagli imbarazzati donatori che avevano inizialmente promosso l’istituzione, ma un maggior numero di problemi di questo genere è destinato a capitare in futuro. Le banche tradizionali hanno mantenuto il loro scetticismo per vari anni. Molte di loro hanno avuto amare esperienze con i progetti speciali di credito per la riduzione della povertà, finanziati da governi, Banca Mondiale o altri donatori esteri, ed erano convinte che lavorare con i poveri fosse costoso e ad alto rischio. Quello che non avevano valutato nella giusta misura era che le persone povere, come chiunque altro, si comporteranno responsabilmente se vengono trattate responsabilmente e se i prodotti finanziari sono opportunamente progettati e commercializzati per soddisfare le loro necessità. L’ora delle banche Fortunatamente ora è in corso una seconda rivoluzione. Alcune banche commerciali lungimiranti si sono rese conto di essersi lasciate sfuggire una grande opportunità. Molte hanno centinaia o anche migliaia di filiali sottoutilizzate e sono esposte ad una crescente concorrenza da parte delle banche multinazionali e delle boutiques finanziarie dedicate alla clientela corporate (grandi società) e ai privati con consistenti patrimoni. I milioni di microimprenditori poveri urbani e rurali rappresentano un vasto e accessibile mercato. Le banche tradizionali possono non solo ottenere profitti da esso ma anche offrire ad esso un servizio più sicuro e professionale, non dipendente dal governo o dall’assistenza dei donatori esteri. Banque du Caire in Egitto, ad esempio, era una tipica banca del settore pubblico. È entrata nel mercato della microfinanza nel 2001 e attualmente presta a 65 mila persone, che prima non si sarebbero permesse neanche di entrare in un istituto di credito. L’Agricultural Bank of Mongolia, controllata dallo Stato, perdeva denaro ed era sotto minaccia di chiusura. Il management ha deciso nel 2000 di non operare tagli e invece di puntare a raggiungere il vasto numero di pastori nomadi non bancarizzati e altri che richiedessero servizi valutata, ma il Cgap mette a disposizione un apposito fondo che finanzia fino all’80% del costo del rating. «Il mercato degli investimenti in microfinanza sta nascendo ma per attrarre maggiori flussi ed investimenti ha bisogno di rafforzare il livello di trasparenza e di informazione. Il rating professionale di istituzioni di microfinanza va esattamente in questa direzione» afferma Aldo Moauro, che dirige la divisione rating di Microfinanza srl. I rapporti di rating sono disponibili sul sito www.mfirating.org ■ bancari formali. La banca ha ora 128 mila nuovi clienti e la sua performance finanziaria è totalmente cambiata. Recentemente l’Agricultural Bank è stata privatizzata con successo e i nuovi proprietari sono determinati a continuare e ad espandere l’offerta della banca ai cittadini meno benestanti del paese. State Bank of India, la più grande banca del mondo in termini di impiegati e di numero di filiali, è stata sempre un’istituzione conservatrice, come ci si poteva aspettare dati i suoi 196 anni di storia. Recentemente però State Bank ha iniziato a rivolgersi ai milioni di poveri rurali dell’India e oltre 2 milioni e mezzo di donne dei villaggi stanno ora ottenendo credito attraverso gruppi di mutuo aiuto che a rotazione depositano risparmio e prendono a prestito dalla banca. Banco Solidario in Ecuador ha avuto un successo simile e oggi ha quasi 100 mila clienti poveri. La Commercial Bank of Zimbabwe, nonostante le difficili condizioni di quel paese, ha scoperto che i suoi clienti microfinanziari sono tra i più affidabili del suo portafoglio. Qualche banca come Icici Bank, la seconda dell’India in termini di attivo, Sonali Bank in Bangladesh e un numero molto piccolo di banche multinazionali non hanno le reti di filiali necessarie per raggiungere direttamente le masse di esclusi dal credito. Tuttavia questi istituti riconoscono il potenziale del nuovo mercato della microfinanza e negli ultimi anni vi hanno più o meno partecipato indirettamente, fornendo fondi alle Mfi o affidando la gestione dei loro portafogli di microcredito a Mfi o ad altre organizzazioni non governative, pur conservando i prestiti nei loro libri contabili. In tal modo si sono creati portafogli profittevoli di svariate centinaia di milioni di dollari e questa componente delle loro attività cresce più rapidamente delle altre. Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2005 Anno del microcredito. C’è da augurarsi che un numero molto maggiore di banche commerciali, incluse quelle con sede nei paesi più ricchi, comprenda il messaggio che fare banca con i poveri significa operare bene, e al tempo stesso fare del bene. ■
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