Scarica il libretto della raccolta di poesie 2015

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CITTÀ DI CORRIDONIA
SALUTO DEL SINDACO
Desidero rivolgere un ringraziamento particolare al Centro Socio-Culturale e
Ricreativo “Mons. R.Vita” che ogni anno si prodiga per regalarci questa bella
ed impegnativa manifestazione di valore nazionale e che anche in questa
edizione ha raccolto tanti pregevoli lavori. Ho appreso con piacere che anche
quest’anno è stata prevista una sezione dialettale con l’invito rivolto ad un
sempre maggiore numero di autori. I partecipanti coinvolgeranno tutti noi a
dimostrazione di come la poesia, in un’epoca così tecnologica come quella
attuale, riveste sempre un ruolo fondamentale per la crescita della società. Lo
scrittore e critico letterario Francesco De Sanctis affermava che “La poesia è la
ragione messa in musica” e la vera ricchezza di questa manifestazione sono le
emozioni che ci vengono regalate da questi bellissimi componimenti.
1
Nelia Calvigioni - Sindaco
Regione Marche
Se le Marche si distinguono in Italia e in Europa per essere la regione più longeva, tema con cui
ci presentiamo al mondo al prossimo Expo 2015, è anche merito di contributi preziosi offerti da
esempi come il Centro Socio-Culturale e Ricreativo di Corridonia. Un luogo nato sui valori fondanti
della nostra comunità, ovvero la coesione sociale e lo spirito di solidarietà promossi e sostenuti
creando le condizioni adeguate per l’incontro quotidiano tra gli anziani del territorio e realizzando
iniziative di carattere culturale e ricreativo. È il principio che permette ai marchigiani di restare
attivi e vitali anche nell’età della pensione, per non essere considerati, e non sentirsi, anziani ma
longevi, per poter affrontare insieme le difficoltà legate all’età, con supporto e assistenza.
Un ringraziamento davvero sentito a chi opera costantemente per la coesione e il miglioramento
della qualità della vita. Un impegno organizzativo sempre di alto profilo quello assicurato dal
premio letterario “Città di Corridonia” 2015, giunto alla settima edizione. È il fiore all’occhiello
e il vanto del Centro Sociale che vede grande partecipazione di iscritti e non ai centri aderenti
all’A.N.Ce.S.C.A.O. Sono orgoglioso di constatare quanto il premio continui a crescere rivestendo carattere nazionale, attraendo partecipanti provenienti da moltissime città italiane, suscitando
interesse di intellettuali e stampa di settore. Il successo è dettato dalla passione per la poesia,
dall’amore per l’arte, dalla ricerca interiore, dall’esplorazione nella memoria, dalla riflessione profonda sulla realtà in costante trasformazione.
Gian Mario Spacca - Presidente
Provincia
di Macerata
Il concorso letterario “Città di Corridonia”, giunto alla settima edizione, ha assunto un’importantissima valenza nazionale. Il fatto di essere riservato a poeti dialettali di tutta Italia, oltre a
caratterizzarlo, lo magnifica poiché ne accentua il valore sociale e civile. L’iniziativa, promossa
dal Centro socio culturale e ricreativo di Corridonia, è degna di lode non solo perché spinge gli
anziani ad una attività speciale come la scrittura, ma anche perché favorisce e riscopre l’uso
del linguaggio poetico e dell’utilizzo della lingua, in un momento storico in cui comunicare pare
sia diventato appannaggio unico della nuova tecnologia e dei conseguenti registri linguistici.
Desidero pertanto encomiare il Presidente e tutti i componenti il Centro sociale di Corridonia
anche da parte dell’Amministrazione Provinciale che rappresento, per la brillante intuizione e
per la costanza che, sola, già rappresenta una virtù.
Un saluto cordiale lo indirizzo a tutti i partecipanti al Concorso. Ai vincitori che riceveranno il
premio e a tutti i concorrenti che si sono messi in gioco, esprimo le mie più vive felicitazioni e
l’augurio per ulteriori nuovi successi.
Antonio Pettinari - Presidente della Provincia di Macerata
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ANCeSCAO
Fra le tante iniziative culturali che i nostri centri sociali organizzano annualmente, il premio letterario
“Città di Corridonia” - “Voci della nostra gente”, è uno di quelli che ha saputo tenere saldamente
intatto lo spirito iniziale: dare spazio ai nostri Soci che hanno una poesia nel cassetto dei ricordi e
offrire un festoso momento d’incontro. Entrambi gli scopi sono stati raggiunti, anzi da una prima fase
a livello regionale, si sono giustamente ampliati gli spazi partecipativi tanto da divenire un premio a
livello nazionale, introducendo anche un settore dialettale, per dare il giusto risalto a quelle parole e
suoni che sono sempre vivi fra la gente di ogni angolo del nostro Paese.
Le sette edizioni del premio letterario stanno perciò a rappresentare un titolo di merito della struttura
organizzatrice, il Centro “Mons. Raffaele Vita” di Corridonia, che non solo ha saputo far crescere
interesse attorno alla poesia nell’ambito associativo, ma anche mettere in bella evidenza nel territorio
e nelle istituzioni un aspetto di non marginale importanza e valore umano delle nostre attività sociali.
Aggiungo, quindi, ben volentieri il mio plauso al Centro organizzatore e al Sindaco di Corridonia,
sicuro che anche l’edizione di quest’anno avrà quel successo partecipativo e di contenuti, che ormai
caratterizzano la manifestazione.
Esarmo Righini - Presidente Nazionale
A Corridonia l’appuntamento culturale che da sette anni il Centro Socio Culturale e Ricreativo
“Mons. Raffaele Vita” propone, è di quelli che stanno entrando nelle tradizioni della cittadina, per
cui nel periodo in cui il tepore della primavera comincia ad affermarsi, ecco fiorire il premio letterario
“Città di Corridonia”, che da sette anni accoglie festosamente le “Voci della nostra gente”.
Un’occasione che arricchisce culturalmente non solo i soci del nostro centro e l’antica città di
Montolmo e Pausula, ma anche tutta la grande famiglia di Ancescao, ai vari livelli, in quanto la
matrice è riconducibile alla nostra associazione.
Ci conforta la sicurezza che tanto entusiasmo, tanti sacrifici organizzativi, per tenere in piedi
l’avvenimento saranno ripagati dal calore dell’accoglienza che il concorso puntualmente ottiene.
Questo è il sincero augurio che rivolgiamo con simpatia al “Raffaele Vita” e alla città di Corridonia.
Vittorio De Seriis - Presidente Regionale
Saluto con particolare entusiasmo questa 7° Edizione del Premio letterario Città di Corridonia rivolto
a tutti i Soci ANCeSCAO e a tutti gli amanti della Poesia.
Il Premio letterario Città di Corridonia si inserisce in un contesto culturale ricco e fervido che si
è sviluppato all’interno delle iniziative del Centro e che l’ANCeSCAO provinciale, regionale e
nazionale hanno sostenuto per garantirne la continuità, nell’interesse della sensibilità dei Soci e di
quanti dalla Poesia esprimono e trasmettono sensazioni che ci riportano alla memoria i momenti
belli della nostra vita.
In questo momento il mio pensiero non può non andare al compianto on. Lamberto Martellotti che
verrà sempre ricordato come amante della Poesia e come grande sostenitore di questo Premio
letterario e alla cui memoria vogliamo quest’anno dedicare il premio speciale ANCeSCAO.
“Sono sogni… o sono voci di poesie che si disperdono dalle finestre aperte,
portate dal vento lontano per rimanere nella nostra memoria”.
Angelo Formica - Presidente Provinciale
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Le crescenti adesioni al premio letterario “Città di Corridonia” sono state per tutto il Centro
Sociale che ho l’onore di rappresentare, un forte motivo di incoraggiamento a proseguire nel
non facile cammino intrapreso.
Anche questa settima edizione ha visto la partecipazione di opere e poeti da molte regioni
italiane, opere che hanno impegnato la Commissione giudicatrice che ha attentamente e con
scrupolo vagliato i lavori pervenuti per poter giungere alle conclusioni.
Alla base del nostro impegno vi è una convinta e solida motivazione: poter offrire ad un
pubblico sempre più vasto l’opportunità di esprimersi, la possibilità di far conoscere ciò che
autrici e autori hanno in animo divulgando ricordi e sentimenti attraverso la partecipazione a
un Concorso Letterario sia nella lingua italiana, che nella sezione riservata al dialetto.
Incoraggiati dalla proficua collaborazione dello scorso anno con le Scuole Primarie della
nostra Città, abbiamo rivolto lo sguardo per questa settima edizione all’Istituto Statale d’Arte
di Macerata per la realizzazione di un’opera pittorica che meglio rappresentasse lo spirito e i
contenuti della Poesia: abbiamo cioè voluto realizzare un ideale connubio tra due massime
forme espressive a beneficio della Città e di tutte le sensibilità che ne hanno saputo e voluto
cogliere il profondo significato.
Il dipinto è realizzato principalmente con l’ispirazione delle poesie in concorso quest’anno, ma i
temi raffigurati spaziano e ampiamente rappresentano la Poesia nella sua più intima essenza,
tanto da potersi configurare come una viva testimonianza del concorso letterario voluto dal
centro. Del resto una macchia di colore, che interrompe un grigio muro, può ben rappresentare
l’impatto che la Poesia può avere sull’animo.
Non mi resta quindi che ringraziare la dirigenza dell’Istituto Statale d’Arte, i professori che si
sono impegnati - in particolare il prof. Costantino Castorio - e che hanno guidato e indirizzato il
lavoro profuso dalle studentesse e dagli studenti che hanno realizzato l’opera.
Un sentito ringraziamento infine ai tanti collaboratori del Centro Sociale che con il loro impegno
hanno consentito la realizzazione del Premio letterario e lo svolgimento di questa manifestazione,
nonché al sig. Franco Paletti che ha concesso l’utilizzo del muro di sua proprietà.
Antonio Marzioni - Presidente del Centro Sociale
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Poesie in lingua italiana
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Fantasia
Fantasia,
voce amica che mi chiami
d’arabeschi di cielo
eco d’un cuore stanco
che cerca in te la sua tana,
come al crepuscolo
i passeri.
Ho un desiderio pazzo
di averti
pura come sei,
senza veli di nebbia:
negli intimi colloqui di campagne,
nelle gemme preziose di rugiada,
nelle stelle mute
che invitano a pregare.
Fantasia,
quieta sfuggi gl’istanti
svanisci al rumore,
eccoti ancora se accarezzo,
il velluto d’un fiore.
A volte ti cerco troppo,
dimentico
il mondo che mi circonda
vado con te lontano
e son felice.
Alighiero Tenenti – Chiaravalle (AN)
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1a classificata
Le mie poesie sono ispirate dalle mie opere pittoriche. Dai colori intensi e dai momenti
magici dell’anima.
Motivazioni della giuria:
La poesia è un susseguirsi caldo e armonioso di parole e immagini che danno vita a
una sorta di viaggio fantastico, come pennellate di colore su di un quadro d’autore.
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Una vita
2a classificata
Un pino s’innalza verso il cielo,
chiede refrigerio ad una nuvola che passa.
Ti vedo seduta su di una panchina,
le spalle curve per aver tanto lavorato,
china a cucire e ricamare vestiti che non hai mai indossato.
Ti piace raccontare la tua storia,
un po’ fantasiosa e un po’ piena di verità,
il filo della vita si dipana nella tua mente stanca.
Lucia Lozzi – Osimo (AN)
Quando ti rendi conto che la vita ti sta sfuggendo dalle mani, come sabbia tra le dita, ti
guardi intorno e vedi che la capacità di vivere pienamente e felicemente la propria vita
non dipende certamente dall’età.
Motivazioni della Giuria:
Brevi ma intensi versi sottolineano la pienezza di una vita vissuta con gioia ed animo
sereno, con semplicità e positiva soddisfazione.
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Momenti
della premiazione 2014
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RIcordi
3° classificata
Ti ricordi papà
quelle albe che insieme
scrutavamo curiosi
e i tramonti in cui il sole
scompariva e lasciava
un principio del vuoto
che mi avrebbe travolto.
Ti ricordi papà
quelle foto sbiadite
che rammentavano scene
di giornate gioiose
e quelle corse nei prati
o tra il grano maturo
di campagne feconde.
Io ricordo papà
quel mattino piovoso
e le grida e le lacrime
e il sorriso tuo spento;
avvertivo l’angoscia
del commiato precoce
piaga autentica e viva
che si nutre di rabbia
e la sera, al tramonto,
quando il sole scompare
mi ritrovo bambino
ma pur sempre
da solo.
Tiberio La Rocca – Subiaco (RM)
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La morte del padre, avvenuta all’improvviso, lascia in un ragazzo di 12 anni un
vuoto immenso e rende difficoltoso il cammino nella vita. Un senso di impotenza di
ingiustizia profonda e ricordi che riaffiorano ogni giorno. Una tragedia immane, che i
ricordi riescono a lenire – ancora oggi – solo in parte.
Motivazioni della Giuria:
La poesia è una sorta di delicata confessione d’amore filiale espressa a cuore aperto
in memoria del padre, il cui ricordo - come un tesoro prezioso - continua a rimanere
nitido e intatto nell’animo del poeta.
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Premio speciale
Marcella Tomassoni
Assegnato dal Consiglio Direttivo del Centro Sociale
Suona in me un violino
Suona in me un violino,
ne è corda anima mia,
l’arco che la sfiora
è la mia malinconia.
E’ un canto lento e melodioso,
fruscio di onda e di risacca,
di un vento che al tramonto
scrive strofe sulla sabbia
Un gabbiano in volo verso il sole,
in fuga dalla sera,
cercando le parole
per tornare quel che era.
Ricordi come note,
accordi di pensieri,
un’eco in stanze vuote
di vita che era ieri.
Tace ormai il violino
la corda si è fermata,
un sipario di silenzio,
la notte è ormai calata.
Dario Monti - Roma
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Il tema è la mancanza, la lontananza da ciò che si desidera. Quel senso crepuscolare di nostalgia, del tempo che scorre implacabile, prima che la notte stenda il
suo manto di oblio.
Motivazione
I membri del Direttivo hanno apprezzato la liricità della poesia, riconoscendosi
anche nel sentimento di nostalgia e insieme di serena accettazione che essa
esprime.
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Premio speciale
“Lamberto Martellotti”
Assegnato dall’Associazione ANCeSCAO
Dammi il tuo cuore
Dammi del fuoco vivo, per illuminare questa notte senza stelle
che ha per cornice il mio corpo
Dammi dell’acqua pura,
per pulire la sentina della mia memoria,
scrostando la salsedine del passato
Dammi dell’aria nuova,
per respirare la libertà di un viaggio senza meta,
che ha per fine le cascate dell’esistenza
Dammi della terra fertile,
dove piantare i miei sogni
perché crescano foreste in cui perderci
Ma soprattutto dammi il tuo cuore,
perché nel silenzio dell’infinito
batta i rintocchi della mia vita
Dario Monti - Roma
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Questa poesia è una preghiera, un invito a cedere all’Amore, sentimento ad
un tempo semplice e naturale come i quattro elementi e così complicatamente
e meravigliosamente umano. Amore che è la passione bruciante del fuoco e
il ventre fertile della terra, sentimento totalizzante e realizzazione della vita.
Motivazione
L’autore invoca amore e vita. Gli elementi naturali hanno valore universale in
una ideale fusione di sentimenti nobili ed eterni.
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Maria Salamone, affermata poetessa italo-francese, ha voluto anche
quest’anno impreziosire il nostro concorso attribuendo un proprio
premio personale.
Premio Maria Salamone
Capanna sulla spiaggia
Li ho intravisti anche oggi
quei piccoli sogni d’infanzia
rimasti silenziosi nelle fessure
di quelle vecchie persiane.
È ancora chiusa quella porta,
protettrice del tempo:
ho la chiave del cuore
per riascoltare l’eco dei ricordi,
insinuatasi in crepe
che respirano il passato.
Ho riacceso gli anni trascorsi
in questo camino,
dimora di un calore disperso
nell’aria del futuro:
si è illuminata quella scala
che ho salito ogni notte,
per incontrare i desideri
addormentati nei miei occhi.
Credo di essere scivolata:
non ho asciugato le lacrime
del mare, fuori dalla finestra.
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Le anime delle nostre fotografie
si sono tuffate
nei sussurri delle onde.
Ho chiesto loro chi fossi,
ma non mi hanno ancora risposto.
Martina Lelli - Bologna
Tornare nella propria casa al mare è come tuffarsi tra le onde del passato: la
schiuma del tempo si infrange sulle rive del cuore, senza lasciare scampo.
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Maria Salamone ci ha fatto omaggio anche della seguente poesia molto
toccante e di scottante attualità.
Nell’anima del mare
Nella notte buia in balia del vento
salpando l’ancora verso l’Occidente
su battelli di fortuna parte in mare
fuggendo l’Africa, l’Asia, l’Oriente…
Gente dalla pelle bruna,
dagli occhi fissi col terrore dentro ;
gente a cui nessuno ha mai teso una mano
di guerra e violenza è impastato il quotidiano.
Battelli di fortuna in balia del vento
pronti a sfidare, del mare, ogni tempesta,
che or sono tombe sulla schiuma d’argento
e la Medusa dell’isola ne racconta la storia.
Storia di naufraghi sul mare di Lampedusa
di gente che non ha più passato né futuro;
gente che il mare ha accolto negli abissi
senza distinzione di razza o di colore.
Maria Salamone
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Poesie in dialetto
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Dut en boa
Par tuta la not me sente dì en boa
kome la tera miza
ke ‘n kel dì de novenber
l’à menà de mal mez el kolmel:
le ciase le pite le vake i tosat,
domai mi son restada,
ài vist krese pezoi stort
su kel sbriec de la tera,
e m’ài desmentegà drio man de tuti.
1a classificata
Ma ades, daspò ke tuta la not
m’ài sentù kome sot le stresegne,
me desede spasemada,
e sai ke valgugn l’é tornà
e madekàla kate
su ‘l pat de fora peke de mota.
Daria De Pellegrini - Mel (BL)
Franato
Per tutta la notte mi sento franare / come la terra viscida / che quel giorno di
novembre/ha portato via mezzo paese: / le case le galline le mucche i ragazzi,
/ sono restata solo io/ ho visto crescere piccoli abeti storti / su quella ferita della
terra, / e un po’ alla volta mi sono dimenticata di tutti.
Ma adesso, dopo che per tutta la notte / mi sono sentita come sotto l’acqua di una
grondaia, / mi sveglio spaventata / e so che qualcuno è tornato / e spesso trovo /
sul pianerottolo esterno impronte di fango.
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Il dialetto è ladino-veneto; la poesia ricorda la frana che il 4 novembre 1966 ha
travolto buona parte del mio paese natale (Somor di Falcade, nelle Dolomiti
bellunesi), provocando 11 vittime.
Motivazioni della giuria:
Con l’efficace utilizzo dialettale dell’antica e vivace lingua ladina, la poesia rievoca la
tragedia di Somor e l’immane distruzione causata da una frana nel 1966, riscattando,
allo stesso tempo, un significativo messaggio di speranza nella continuità della vita.
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Incànt
2a classificata
Ricòrd d’un dì luntàn; dì d’primavéra, ,
int l’óra dal tramónt, cal nòstar viaz:
ti su la cana, dólza parśuniéra,
con ill to man ben strichi su’l mié braz,
t’cardévi źà d’vulàr int l’infinì,
con la stanèla ch’la danźàva a ‘l vént;
e mi, spardù int l’incànt di to cavì,
cóm estaśià, a pedalàva lènt.
Po’ dóp, sóra al rivàl, santà, in cla paś,
con al susùr dill piòp la su int la véta,
méntar che int al silénzi a fniva al gióran,
cmé naturàl, al prim di nòstar baś.
Pugià a ‘na piòpa, la miè bicicléta
paziénta la s’asptàva p’r al ritóran.
Bruno Zannoni - Ferrara
Incanto
Ricordo di un giorno lontano; giorno di primavera, / nell’ora del tramonto, quel
nostro viaggio: / tu sulla canna, dolce prigioniera, / con le tue mani ben strette sul
mio braccio, / credevi già di volare nell’infinito, / con la sottoveste che ballava al
vento; / e io, sperduto nell’incanto dei tuoi capelli, / come in estasi, pedalavo lento.//
Poi, sopra l’argine, seduti, in quella pace, / con il sussurro dei pioppi lassù in
cima, / mentre nel silenzio finiva il giorno, / come naturale, il primo dei nostri baci./
/ Appoggiata ad un pioppo, la mia bicicletta / paziente ci aspettava per il ritorno.
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Ricordo di gioventù: noi due sulla bicicletta lungo l’argine del fiume; poi una
sosta per scambiarci un bacio prima del ritorno; ancora in bicicletta.
Motivazioni della giuria:
Fresche e sincere parole nutrono un amore giovanile e, con la genuinità del linguaggio
dialettale, traducono i sentimenti in immagini accattivanti e suggestive.
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Ràdeche
3a classificata
Guardo de rèto
ragnatele ‘ttaccàte
a la menzola
do’ lu reloju
no’ rtornerà a vàtte’.
Chjudo li occhji
e veco tornà tutto quellu
che aio pirduto…
fotografie nibbiùse
ne la porveda che me vàlla tùnno.
Rispiro momèndi
pirdùti in mujìche de puisìa:
ma’ e fàcce ntrecciate
‘ccando a lu lungu tàulu,
calle dilicatèzze de vardàscitti
prijonère de fàole e sugni.
Radici
Guardo indietro / ragnatele aggrappate / alla mensola / dove l’orologio / non tornerà a battere.
Chiudo gli occhi / e vedo tornare tutto ciò / che avevo perduto… / fotogrammi
evanescenti / nel pulviscolo che mi danza attorno.
Respiro attimi / naufragati in briciole di poesia: / intrecci di mani e volti / accanto al
lungo tavolo, / calde tenerezze d’infanzia / prigioniere di magici sogni.
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Drèndo pàgine de memòria
lo jàllo de le spiche sotto carmi sòli,
li vasi in fila su le scale,
li gatti davàndi a le pòrte,
lu chjàcchjericcio de le dònne ne’ vìculi.
Dentro pagine di memoria / il giallo delle spighe sotto placidi soli, / i vasi in fila
sulle scale, / i gatti davanti alle porte, / il cicalare delle donne nei vicoli.
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Me ‘ttardo tra presènze bisbijate
a cercà quargheccosa,
a smove lu ‘bbannono
in cui lu témbu ha cambiàtu estàti londàne.
Pezzi d’entonacu su ‘u core mia
e muri svrécciati
ne lu célu d’un passàtu ormà’ jitu
au lemete de ‘o niénde.
Eppùre, adèra solamènde jéri.
Angela Catolfi - Treia (MC)
Dentro pagine di memoria rivive il tempo passato nella consapevolezza della fugacità
della vita
Motivazioni della giuria:
Sull’onda delle emozioni, dei ricordi e dei sentimenti, affiorano versi sofferti ed offerti
ad un misterioso interlocutore prima che affondino inesorabilmente nel silenzio.
M’attardo tra presenze sussurrate / a cercare qualcosa, / a rimuovere l’abbandono / in cui il tempo ha ridotto estati lontane.
Frantumi d’intonaco sul mio cuore / e muri sbrecciati / nel cielo d’un passato
irraggiungibile, / al limite del nulla.
Eppure, era solo ieri.
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Piccola antologia
Questioni di spazio non ci consentono di pubblicare tutte le poesie che lo
avrebbero meritato.
Abbiamo scelto pertanto di pubblicare in questa sezione soltanto alcune opere
che, senza valutazione di merito, sono state ritenute rappresentative delle
diverse sensibilità, culture e modi di intendere la poesia.
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Nobile compagna
Poesia,
che riempi i vuoti
della vita mia
e che dai voce
ai miei silenzi,
dona voce
a chi voce non ha
in questa moderna società:
dai voce al doloroso silenzio
dei neonati abbandonati
da mamme disperate,
dei bimbi affamati e languenti,
delle donne maltrattate
o dei vecchi in solitudine.
Dai voce,
poesia,
a chi non ti conosce
o non comprende
le tue virtù
e non apprezza
i tuoi sublimi messaggi.
Concedilo,
cara poesia,
a noi che ti amiamo
e che ti coltiviamo
con devozione
e senza gelosia!
Mario Olimpieri – Cellere (VT)
‘U nanu (dialetto calabrese)
Ciangiva sempri, r’a matin’a’ sira,
si virgugnava ‘u maru criaturi:
“Pirchì, ma mi pigghiasti propr’i’ mira?
Pirchì mi rassi picculu, Signuri?...
…E cchiù crisciva e menu si ‘llongava,
ciangendu sempri, poviru cristianu,
circava mi si stira, si sporzava ,
me nenti, no’ ‘llongava ‘u maru nanu;
iocava ch’i figghioli a mmucciuneddha,
ma rop’un pocu, tuttu cunfundutu,
satava comu l’ogghiu ‘nt’a pareddha
e si ndi ìva senza ‘nu salutu.
Un bellu iornu si vardàu an giru
E vitti ‘u mundu: L’opira r’i pupi!
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Vardàu, vardàu e chi nci vinn’a tiru:
Un mundu , focu meu, bampat’i’ lupi!
Vitti carrialàndi e genticeddha,
e testi ‘randi, senza ciriveddhu,
cristiàni senza fichitu e bureddha
e cchiù ciangìu, ‘u maru naniceddhu;
e genti ‘randi, genti ‘u doppiu ‘r’iddhu,
genti chi si scannava ammenz’e strhati
e unu iatu quant’a ‘nu camiddhu
chi p’interessi avìa ‘mmazzat’u frati!
Omini ‘randi ‘randi, senza cori,
genti chi cumandava supr’a terra,
scigghiendu a cu’ mi campa e a cu’ mi mori,
sprimend’u’ buttuneddhu ‘i ‘n’athra guerra!!
Omini, ominicchij e omineddhi,
mundu filosu, mundu ormai vacanti!
Ciangìu ‘u nanu e dissi: “Marichhieddhi”,
e si sintìu iatu… ‘Nu giganti!!!
Paolo Lacava – Fabriano (AN)
Il nano
Piangeva sempre, da mattina a sera, / si vergognava, povero ragazzo: / ”Perché, mi hai preso
proprio di mira? / Perché mi lasci piccolo, Signore?”… //
…E più cresceva e meno si allungava, / piangendo sempre, povero cristiano, / cercava di
stirarsi, si sforzava, / ma niente, non s’allungava, povero nano; //
giocava coi bambini a “nasconderella”, / ma dopo un poco, tutto vergognoso, / saltava come
l’olio che è in padella / e se ne andava via senza un saluto. //
Ed un bel giorno si guardò in giro / e vide il mondo: L’opera dei pupi! / Guardò, guardò e che gli
venne a tiro: / Un mondo, Dio mio, pieno di lupi! //
Vide gente meschina, genticella, / e teste grandi prive di cervello, / uomini senza fegato e
budella / e di più pianse, il povero nanetto; //
e gente grande, gente forse il doppio, / gente che si scannava per le strade, / ed uno alto
quanto ad un “Camiddhu” / che per interessi aveva ucciso il fratello! //
Uomini grandi grandi, senza cuore, / gente che comandava sulla terra, / scegliendo chi doveva
vivere o morire / premendo il bottoncino di un’altra guerra! //
Uomini, uominicchi e uominini, / mondo filoso, mondo ormai vacante! / E pianse il nano e disse:
“Poverini”, / e si sentì alto … un Gigante! ! !
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Le lavannare (dialetto fermano)
“Ma, te recordi ? E più de sessand’anni,
Io putìo avè sci e no comme Gigittu…
Quanno jaiate tutte a ffà li pagni
Jò Tenna, in quelle carghe de carrittu.
Me cce vinuto a mende che pe’ forza
Jera lu fricu e vutu ji a pescà;
Se sse ‘mbuchita l’acqua e quando è zozza:
Ce scarga tutti, pare u’ monnezzà!
Coperta da li spi e da le jervacce
So ‘rvisto ‘ndatta quella sfilarata
De pietre che usiate per laacce,
Me so sindito comme ‘na ‘nvizata!
So fissato ‘lla fila de ‘lle ciotte
Una per una, comme tande croce:
E me so ‘rvistu fricu e vu joenotte,
O sposate de poco, anche le voce
Me paria de sindì, gaje o … severe:
‘Rvira, Lucì, Memena, Pia, Vrandina,
Sopre ‘lle piètre, le jornate indere!
Me parso de ‘rvedette a sudà ‘nghina
A ‘rsegà ‘lli diavili de pagni
Per u’ trozzu de pà e moccò de lardo.
Quand’ anni lo sci fatto; Dio Quand’ anni!
-Eh, gna ‘rrangiasse mo che ‘nci sta pardo.Me dicii, - Fiju, non è tempi velli.Io ve scaccio ‘lle mosche pizzicose,
‘Gni tando ‘ttacchiate ‘lli stornelli
Pe divagavve e non penzà atre cose.
Fino la sera; non se ‘mmaginava
Quando male putìa favve la schiena!
Ppo co la scusa che non te cce java,
Pe non toccallo a nu, satii la cena.
30
Troppe ote lo sci fatto; lo sapii
Rendro la mattra ’nc’era ‘na mujica
Fusci mai pipilato; se po dì
Che per te c’era solo la fatiga.
E pure addè che ciài la testa vianga,
Menza ‘mbidita e non te te più ritta,
Vedo che la fatiga non te manga:
Ccucchi, raccongi, non te stai mai fitta!
Chi ha visto vostri e veda ‘ste signore,
a jè pare che scia tutte ‘nfelice:
Te le vedi che scola de sudore
Pe buttà un pagnu su la lavatrice.
E non ci stà ‘na cosa che ‘ngne dole,
A penza solo a fasse nire o vionne;
Quanno se ‘rpenza a vu, certo ‘nze pole
Non piagne e sospirà: -Quelle era donne!!!Giancarlo Campifioriti – Fermo
Le lavandaie
“Mamma, Ti ricordi? Si che ormai sono più di sessant’ anni; / Io potevo avere si e no come
Luigino… / Quando andavate tutte a lavare i panni / Al fiume Tenna, con quelle cariche di carretti. //
Mi è ritornato in mente perché a forza / Il bambino ha voluto andare a pescare. / Quanto ne è
rimasta poca di acqua; e quanto è zozza! / Ci scaricano tutti: pare un mondezzaio! //
Coperta dagli spini e dalle erbacce / Ho rivisto intatta, quella fila di pietre / Che usavate per lavare
/ Mi sono sentito come un’infilzata! //
Ho fissato la fila delle pietre / Una, per una, come tante croci; / Mi sono rivisto bambino e voi
giovinette / O sposate da poco, anche le voci //
Mi sembravano di udire: gaie o…severe. / Elvira, Lucia, Milena, Pia, Brandina, / Sopra quelle
pietre, le giornate intere! / Mi pareva di rivederti sudare china //
A strofinare quei diavoli di panni / Per un tozzo di pane e un po’ di lardo. / Quanti anni lo hai fatto,
Dio; quanti anni! / “ Eh, bisogna arrangiarsi adesso che non c’è tuo padre! //
Mi dicevi. “ Figlio non sono tempi belli.” / Io vi scacciavo quelle mosche fastidiose. / Ogni tanto
attaccavate gli stornelli / Per divagarvi e non pensare altre cose. //
Fino alla sera, non si immaginava / Quanto male poteva farvi la schiena; / Poi, con la scusa che
non ti andava, / Per non toccarlo a noi, saltavi la cena. //
Troppe volte lo hai fatto! Lo sapevi / Dentro la madia non c’era una mollica; / Ti fossi mai lamentata;
si può dire / Che per te c’era solo la fatica. //
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E pure adesso che hai la testa bianca, / mezza impedita, non ti tieni più dritta, / Vedo che la fatica
non ti manca, / Lavori a maglia, acconci, non stai mai ferma! //
Chi ha visto voi e vede queste signore, / Gli sembrano essere tutte infelici: / Le vedi che scolano di
sudore, / per mettere un panno sulla lavatrice. //
Non c’è una cosa che non le dolga. / Pensano solo a farsi nere o bionde, / Quando si ripensa a voi,
certo non si può / Non piangere e sospirare:”Quelle erano donne!!”
Per te
Sarò per la speranza
quando la tristezza
ti abbraccia
Nel buio della notte
vorrei essere il tuo faro.
Vorrei essere colei
che ti aiuterà nelle scelte
le più difficili e sofferte
La notte
veglierò il tuo sonno
regalandoti dolce riposo.
Vorrei essere la mano che ti darà forza
quando avrai bisogno di conforto.
Anche quando crederai di essere solo
se guarderai nel tuo cuore
io sarò lì
per incamminarmi con te
nel difficile percorso della vita
finché ne avrai bisogno
figlio mio !
Anna Rita Copparini – Osimo (AN)
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Migrantes (dialetto emiliano-romagnolo)
L’è scur e’ mêr, e négra l’è la nöt,
agl’ònd rabióši al šbat int e’ barcõn,
cun e’ su péš d dulór, disperaziõn.
L’è pôvra žẽnt, ognõn l’à e’ su fagöt
cun cvàtar strëz, e fãm, sudór, fadiga,
in zérca d libartê, d’una mã’ amiga.
J’à lës e’ su paéš e la su tëra,
j’à travarsê dešért, muntãgn, pianura,
int j’oč i sègn dla môrt e dla paura.
J’è schëp da la mišéria e da la gvëra,
da fãm, persecuziõn, viulẽnz, terór,
tnu so da la sperãnza d pêz, d lavór.
Ušel ch’i zérca un nid pr’i su picì,
agli êl avérti, a là, šbatù da e’ vẽnt,
gvardènd luntãn e’ zil, sẽnza un lamẽnt.
Ušel ch’i zérca un nid, ch’i va šmarì.
La nöt l’è scura, e négar tot e’ mêr,
mo a l’urižõnt e’ zil e’ pê’ piò cêr.
Franco Ponseggi – Bagnacavallo (RA)
È’ scuro il mare, e nera è la notte, / le onde rabbiose sbattono nel barcone, / con il suo peso di
dolore, disperazione. //
È povera gente, ognuno ha il suo fagotto / con quattro stracci, e fame, sudore, fatica, / in cerca
di libertà, di una mano amica. //
Hanno lasciato il loro paese e la loro terra, / hanno attraversato deserto, montagne, pianura, /
negli occhi i segni della morte e della paura.//
Sono scappati dalla miseria e dalla guerra, / da fame, persecuzioni, violenze, terrore, / sostenuti
dalla speranza di pace, di lavoro.//
Uccelli che cercano un nido per i loro pulcini, / le ali aperte, là, sbattuti dal vento, / guardando
lontano il cielo, senza un lamento.//
Uccelli che cercano un nido, che vanno smarriti. / La notte è scura, e nero tutto il mare, / ma
all’orizzonte il cielo sembra più chiaro.
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Ho visto il mare
Tu, con il cuore in mano,
aspettavi ancora
giorni belli, e i sogni
della gioventù trascorsa.
Ho visto il mare
negli occhi di una donna,
era una notte di luna calante.
Onda su onda incalzano i sospiri,
fin dove comincia il cielo, e
si perdono i riflessi del mare.
Emozioni e sogni,
fioriti al chiaro di luna,
affidati alla sabbia bagnata,
una sera d’estate.
Ho visto il mare
negli occhi di una donna,
ricamato di bianca spuma.
Scendevamo insieme,
dal costone fino al mare,
davanti a noi, il cielo.
L’acqua brillava al sole,
sfumando all’orizzonte,
dove navigava sperduto,
il mio cuore innamorato.
Ho visto il mare
negli occhi di una donna,
ho sentito il suo profumo aspro,
e la morbidezza degli spruzzi.
Ho ascoltato la sua voce,
mentre mi carezzava il vento.
Aldo Palmas - Iglesias
Artornu a casa (dialetto anconetano)
È lì…cume ‘n vechiu sdentatu
la casa n’tra i campi brugiati dal sole,
i copi è neriti da j scherzi del tempu,
el tetu è slamatu pr rabia dal ventu.
A sede de fora, su ‘n cepu de cerqua tarlata,
el schiopu lustratu,
la pipa smurciata,
c’è nonu che pare me speta…
La fronte è griciata,
la mente svampita,
j ochi nfusati d’ un lupu casciatu ch’j sfuge la vita.
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‘Na tegula scopre do bechi afamati,
‘na persiana sbilenca de fiancu sta a pende,
‘na voce da drenta che pare me chiama!
El core me zompa… è quela de mama.
Adé, m’arivedu da fiola na volta cum’eru:
i capeli ‘ntrerciati de viole e papole,
le corze ‘nti prati tra i bagi del sole,
i udori de’ pini e de’ roghi de more,
i fiati de stala tra bovi e dindole….
e lu,
el vechiu sdentatu ch’è tantu che speta,
adè che m’arvistu ha fatu n’surisu,
adè ch’è sciguru che qi so rturnata,
je casca la pipa…
e la testa je vedu de latu piegata.
Rita Bontempi - Ancona
Ritorno a casa
È lì…come un vecchio sdentato / la casa tra i campi /bruciati dal sole, / i coppi anneriti dai fumi
del tempo, / il tetto sfondato…per rabbia dal vento! //
Seduto alla porta, su un ceppo di quercia tarlata, / il fucile posato … la pipa smorzata…, /
rivedo mio nonno che pare mi aspetta… / La fronte è rugosa, / la mente confusa, / lo sguardo
è smarrito del lupo braccato per forza ammansito. //
Una tegola spiove dove pigola un nido, / una persiana di lato che pende, / una voce da dentro
che a un tratto mi chiama, / il cuore fa un salto…è quella di mamma. //
Ed ecco che allora il ricordo riaffiora di bimba com’ero: / i capelli intrecciati di anemoni e viole,
/ le corse nei campi tra i baci del sole, / l’odore dei pini e dei rovi di more, / i fiati di stalla tra
mucche e dindole / e lui, / il vecchio sdentato che è tanto che aspetta / appena mi ha visto ha
fatto un sorriso, / appena ha capito che son ritornata … / la testa reclina … / ... la pipa di bocca
è già scivolata!
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Lo scrigno
Dopo anni, ho aperto
il mio scrigno dei ricordi.
Nella scatola consunta,
cinque paia di scarpette,
piccine, secche, stropicciate,
ricordi di cose tanto amate.
Tre paia bianche, insieme legate;
un paio rosa con piccoli pon-pon,
un paio blu, più a lungo usate.
I nostri ritratti incorniciati,
foto di ragazzini innamorati.
Il primo regalo, l’appassita tuberosa
del mio mazzolino da sposa.
Tante lettere con qualche errore,
di due adolescenti al primo amore.
Il diario, mille cartoline allegre
parlano di un sentimento intenso
che sarebbe diventato immenso.
Le prime candeline,
alcuni oggettini strani,
bei ricordi di momenti sereni.
Poi l’ultima rosa, triste, annerita,
avvolta in una foglia rinsecchita.
In fondo, una polverina chiara,
racconta una felicità che un tempo c’era
e il faticoso scorrere di una vita intera.
Emilia Manzoli - Ferrara
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Rimpianto
Giunta al lumicino,
una simpatica vegliarda
arrivò difilata in Paradiso.
L’accolse Pietro a braccia aperte,
suonando le campane.
Ma la vecchina, sconsolata,
non rispose alle effusioni,
restò di stucco
anche un po’ imbronciata.
San Pietro, sconcertato,
chiese il perché di tanta mestizia;
“perché rimpiangere un mondo
brutto e tormentato
e non godere del premio meritato?”
“Ti sono grata del premio,
rispose la nonnina,
non posso darti torto,
però laggiù, ti parrà strano,
era vita pure il pianto e lo sconforto!
Perciò, chiedo scusa se lo dico:
è vero; sulla terra la strada era
a tratti, ardua e contorta,
ma ero felice
e non me ne sono accorta!”
Gina Massini - Montottone (FM)
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Io e nessuno
Nessuno può entrare nel mio vestito,
nessuno può entrare nel mio animo,
chi profondamente mi conosce
può solo intuirlo ma,
mai ne avrà la certezza.
Le mie paure,
le mie ansie,
le mie malinconie,
si intrecciano con le trame del mio vestito.
Il sorriso che scompare,
l’angoscia che non si vede,
l’affetto che non hai
è nascosto nel mio animo.
Come un maschera fissa nel vuoto
non sa esprimere perché
non sente più il profumo della vita.
Claudia Tardioli - Foligno (PG)
U dente cariatu
La notte fu tutta ‘na pasciò
e non troaa ripusu lu purittu
pe’ lu dolore che provocaa
un molare cariatu e ormai’n disusu.
Caminò tutta ‘a notte
senza n’attimu de ripusu
maledicennu de vruttu e sovrattutto
quillu tormendu c’u facia suffrì
come mai prima aia sofferto.
Non c’era versu che putia troà
un rimediu p’avè ‘mbo de sollievu:
u cascè du medicu knappe,
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quattro o cinque vicchjrì de stocche,
un cchiodu de garofinu seccatu
e…angora…
fumenno una reto n‘adra
e sigherette de na settemana.
Gnende da fa’,
non c’era versu ar munnu
de potellu ddomà.
La musica durò pe’ tutta ‘a notte
e ‘a matina, tuttu llambanatu,
jera all’onne istericu e ‘mbriacu
e mugugnaa come ‘n ca’ firitu.
‘A moje se svejò meravjiata
de vedellu riduttu in quillu statu,
ma non gne detti pisu, se stirò,
po’ jette sbadijienni là lu vagnu.
-Che puisia!- pensò lu por’ommu.
M’avesse ditto: -Va murì mmazzatu!avria pututo dà ‘na spiegaziò;
non ha zipatu mango pe’ dispettu!
Anzi, d’un trattu la sendii urlà de vrutto:
-È prondo o caffè?- Giampaolo Ricci – Treia (MC)
Il dente cariato
La notte fu tutta una sofferenza / e non trovava riposo il poveretto / per il dolore che gli provocava / un molare cariato e ormai in disuso. / Camminò tutta la notte / senza un attimo di riposo,
/ maledicendo di brutto e soprattutto / quel tormento che lo faceva soffrire / come mai prima
aveva sofferto. / Non c’era verso che potesse trovare / un rimedio per avere un po’ di sollievo:
/ un cachet del dottor Knapp / quattro o cinque bicchierini di Stock, / un chiodo di garofano
seccato / e … ancora … / fumando una dopo l’altra / le sigarette di una settimana. / Niente da
fare, / non c’era niente al mondo / per poterlo domare. / La musica durò per tutta la notte / e la
mattina, tutto allampanato, / barcollava isterico e ubriaco / e mugugnava come un cane ferito.
/ La moglie si svegliò meravigliata / di vederlo ridotto in quello stato, / ma non gli dette peso, si
stiracchiò, / poi andò sbadigliando in bagno. / “Che poesia!” pensò il pover’uomo. / M’avesse
detto: “vai a morire ammazzato!” / avrei potuto dare una spiegazione; / non ha recriminato
neanche per dispetto! / Anzi, d’un tratto la sentii urlare di brutto: / “È pronto il caffè?”
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