Shalom - Marzo 2013

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Shalom - Marzo 2013
Cassago Brianza
Anno XVII - Numero 02
Notiziario di informazione
parrocchiale
Mese di marzo A.D. 2013
Editoriale
Sommario
Il gesto del Papa
Editoriale
I l g e s t o d e l Pa p a
di don Adriano Valagussa
a prima volta che
incontrai l’allora
card. Ratzinger fu in
occasione di un corso di esercizi spirituali per sacerdoti
predicati da Lui. Mi
ricordo ancora quando lo vidi scendere
dalla macchina e subito rimasi colpito da
quello sguardo cordiale, dolce, semplice con cui si avvicinò
a noi. Questo capitò
circa vent’anni fa. Fino ad allora lo conoscevo solo attraverso
i suoi libri, in particolare il primo che ebbi le fortuna di leggere fu “Introduzione al cristianesimo”,
un libro che mi diede
molto, che è sempre
attuale e che consiglio proprio di leggere. Di lui avevo conoscenza come di un
grande teologo; in
quel corso di esercizi spirituali lo conobbi anche come grande uomo di
fede che esteriormente si mostrava con una impressionante e disarmante semplicità.
Mi è venuto in mente questo fatto appena ho saputo della sua rinuncia
al ministero di Papa. Dopo il primo momento di sorpresa c’è stata in me
L
(pagina 1)
Il conclave che eleggerà
i l n u o v o Pa p a
(pagina 2)
Colloqui di luce
(pagina 3)
L a 3 5 ma G i o r n a t a
per la vita
(pagina 4)
Il sorriso della libertà
(pagina 5)
Chi è dunque Costui?
(pagina 6)
Malpensa:
dialogo nella fede
(pagina 7)
A Cassago il percorso
verso il matrimonio
(pagina 7)
Un ponte sull’Africa
centrale
(pagina 8)
Grazie per l’aiuto
concreto!
(pagina 9)
Ecumenismo e Concilio
(pagina 10)
Pe r c o n f e s s a r e
la nostra fede
(pagina 11)
Errata Corrige
(pagina 12)
Montmartre
(pagina 12)
marzo 2013
come una grande ammirazione. È
il gesto di un uomo veramente umile e perciò forte.
Tutti ricordiamo le parole con cui
si presentò al mondo appena diventato Papa: “dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna
del Signore. Mi consola il fatto che
il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e
soprattutto mi affido alle vostre
preghiere. Nella gioia del Signore
risorto, fiduciosi nel suo aiuto per-
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manente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra
parte. Grazie.”
In queste sue prime parola da Papa c’è il segreto della sua persona,
del suo cammino di fede che lo ha
portato anche a mettersi da parte.
“Semplice e umile lavoratore nella
vigna del Signore”. Qui sta la sua
forza. È la forza di chi non si appoggia su se stesso ma su uno presente, Cristo, senso di tutta la sua
vita. È quella forza che lo fa libero
dentro tutte le fatiche e che gli fa
Shalom
dire: ”Mi sostiene e mi illumina la
certezza che la Chiesa è di Cristo, il
Quale non le farà mai mancare la
sua guida e la sua cura”. Che lezione di vita e di fede per tutti noi! Tutto si spiega non per una paura ma
per una grande libertà, un grande
amore di cui Cristo rende capaci
quando ci si appoggia a Lui.
Mentre ringraziamo il Signore per
la testimonianza di papa Benedetto XVI, il cui insegnamento rimane
come tesoro perenne nella Chiesa,
preghiamo lo Spirito Santo per il
nuovo Papa.
Il conclave che eleggerà il nuovo Papa
di Ivano Gobbato
entre andiamo in stampa non
M
si conosce ancora la data di inizio del conclave: la costituzione
apostolica “Universi Dominici Gregis” conferma che esso deve essere convocato tra 15 e 20 giorni “interi” dopo la morte (o, in questo caso, la rinuncia) del Pontefice, quindi tra il 16 e il 21 marzo. È tuttavia
possibile che uno degli ultimi atti di
Benedetto XVI sia un “motu proprio” che consenta ai cardinali – che
ne hanno comunque la facoltà, alla sola condizione che gli elettori
siano tutti già presenti a Roma – di
anticipare la data di convocazione.
Al conclave parteciperanno 117 cardinali, 67 “creati” (cioè nominati)
da Benedetto XVI e 50 da Giovanni Paolo II. Tra essi il più anziano
(compirà 80 anni il 5 marzo) è il tedesco Walter Kasper, il quale potrà
ugualmente entrare in conclave
perché un elettore perde il diritto di
voto solo se supera l’ottantesimo
anno di età entro il giorno antecedente la morte o la rinuncia del Papa. Per la stessa ragione sarà escluso il cardinale ucraino Lubomyr
Husar, nato il 26 febbraio 1933 (si
tenga presente che la rinuncia di
Benedetto XVI è divenuta effettiva
alle ore 20 del 28 febbraio, e che
solo da quel momento è iniziato il
periodo di “sede vacante”). Il cardinale più giovane sarà invece l’indiano Isaac Cleemis Thottunkal,
cinquantatreenne.
I 117 elettori rappresentano tutti i
cinque continenti: 61 sono europei
(28 gli italiani) 11 gli africani, 11 anche gli asiatici, 33 gli americani (14
del nord America e 19 dell’America latina) e uno dell’Oceania.
Nel 2007 una riforma di Benedetto
XVI ha stabilito che per l’elezione è
sempre necessaria la maggioranza
dei due terzi dei voti totali. Perciò
anche se si dovesse procedere al
ballottaggio tra i due più votati (il
che avverrebbe a partire dal 34mo
scrutinio, o dal 35mo se si fosse votato anche il primo giorno del conclave) sarebbe comunque sempre
necessaria la maggioranza dei due
terzi. In caso di ballottaggio tra i
due più votati, inoltre, i due cardinali in questione non avranno diritto di voto.
Una volta raggiunto il quorum spetterà al decano del collegio cardinalizio, ovvero al “presidente” del collegio stesso, scelto tra i cardinali
che hanno il titolo delle sedi su-
burbicarie di Roma (attualmente è
il cardinale Angelo Sodano) chiedere se il prescelto accetta l’elezione dopodiché, in caso affermativo,
il nuovo Papa sceglierà il nome con
cui vuole essere chiamato e – mentre dal comignolo della Cappella Sistina uscirà la fumata bianca e le
campane saranno sciolte a festa –
vestirà l’abito bianco, ricevendo poi
da tutti i cardinali un atto di ossequio e obbedienza. Terminato il
conclave con il canto del Te Deum,
il nome del nuovo Papa sarà annunciato ai fedeli dal protodiacono
(cioè il più anziano, per data di nomina, tra i cardinali cosiddetti “diaconi”, che attualmente è Jean-Louis
Tauran) e si affaccerà alla loggia
centrale della Basilica di San Pietro per impartire la sua prima benedizione apostolica.
Sempre al cardinale protodiacono
spetterà il compito di imporre il pallio al neoeletto durante la solenne
Messa “di imposizione del pallio e
consegna dell’anello del pescatore
per l’inizio del Ministero petrino del
Vescovo di Roma” (ovvero di inizio
del pontificato) che si celebra in San
Pietro generalmente la domenica
successiva all’elezione.
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Shalom
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Colloqui di luce
di Suor Giovanna Morstabilini*
ell’ “Internado” di Puna (Bolivia), uno dei villaggi più alti del
N
mondo, situato a sessantacinque
kilometri da Potosì vivono 56 adolescenti che vengono dalle comunità montane circostanti per frequentare la scuola secondaria. Tutti appartengono a famiglie povere;
molti sono orfani di padre o di madre.
Vivere con questi adolescenti, come suora della carità, significa avere chiara la propria vocazione e
missione secondo il carisma di carità di Santa Giovanna Antida; significa entrare in una relazione affettiva materna che cerca la crescita e la promozione delle persone affidate alle proprie cure, ma
soprattutto implica una ricerca costante di metodi e tempi finalizzati a suscitare l’incontro personale dell’ adolescente con Cristo promotore di ogni vita pienamente
realizzata.
Evangelizzare nel contesto dell’“Internado”, vuole dire: offrire la catechesi per preparare i ragazzi/e a
ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana; pregare insieme ogni
giorno; partecipare, insieme, all’Eucaristia domenicale;
conoscere la vita dei
santi tramite film opportunamente scelti, interiorizzandone i valori.
Tutto questo è importante, ma spesso resta
alla superficie della vita
dei ragazzi/e. Una Evangelizzazione efficace, personale e personalizzata, passa attraverso il colloquio individuale che oserei chiamare di “luce” e che avviene tra la suora e il ragazzo/a che, in momenti di tristezza, di nostalgia della mamma
che non c’è più, di dub-
bio o di paura, chiede espressamente.
Assicurare la vicinanza e il sostegno personale al ragazzo, che sta
vivendo l’esperienza militare, ma
che ha paura ad affrontare quanto gli viene richiesto; orientare una ragazza che si sente ferita da
una relazione affettiva sbagliata;
fare in modo che la ragazza, carica di una storia personale molto
triste, riacquisti fiducia in se stessa e negli altri ecc... è molto, ma
non è sufficiente.
La carica umana e spirituale con
cui la suora si relaziona e si dona,
sebbene sia molto importante, è limitata. Resta fondamentale invitare i ragazzi/e a sviluppare la fede nella presenza di Dio: Padre, Amore, Provvidenza e Misericordia
che è presente in ciascuno e non
abbandona mai i suoi figli, in qualsiasi situazione si trovino. Un Dio
fatto uomo per stare vicino alle sue
creature come presenza di amore
e assenza di giudizio. Tutto questo
fa bene alla vita degli adolescenti
che accettano di mettersi in ricerca “insieme”, mai da soli. In questa fase della evangelizzazione è
importante raccontare la propria
amicizia con Dio e la gioia di sapersi amata. Una esperienza che
mette in gioco personalmente e
coinvolge totalmente anche la suora.
E questo pone interrogativi in alcuni/e che cercano di approfondire il senso della loro vita. In questo modo è nata l’esigenza di formare un piccolo gruppo giovanilevocazionale all’intemo dello stesso
“internado”; si tratta di un gruppetto di otto adolescenti (ragazze)
che chiedono di approfondire la conoscenza di Gesù. Ogni mese, l’ultimo fine settimana, ci riuniamo
per tre giorni per conoscere meglio Gesù, la propria vocazione, per
organizzare gesti di carità verso i
più poveri e per conoscere una
grande santa della carità: Giovanna Antida Thouret.
Questo è il nostro cammino di evangelizzazione nell’“Internado” di
Puna che condividiamo con gioia
perché ci conosciate e, conoscendoci, possiate pregare per noi.
* Tratto da “Partout dans le mond”
n.14, dicembre 2012, pag. 20
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Shalom
La 35ma Giornata per la vita
di Claudia Giussani
l sopravvenire dell’attuale
«A
gra vissima crisi economica,
i clienti della nostra piccola azienda
sono drasticamente diminuiti e quelli rimasti dilazionano sempre più i
pagamenti. Ci sono giorni e notti nei
quali viene da chiedersi come fare a
non perdere la speranza». Inizia con
questa testimonianza presentata da
due coniugi al Papa in occasione del
VII Incontro Mondiale delle famiglie,
il messaggio dei Vescovi in occasione della Giornata della Vita celebrata lo scorso 3 febbraio. Una testimonianza che rende visibile la grave difficoltà in cui oggi le famiglie si
trovano e che “aggrava così la crisi
della natalità e accresce il preoccupante squilibrio demografico che sta
toccando il nostro Paese”. I vescovi
esprimono la preoccupazione per “il
progressivo invecchiamento della
popolazione” che “priva la società
dell’insostituibile patrimonio che i figli rappresentano, crea difficoltà relative al mantenimento di attività lavorative e imprenditoriali importan-
ti per il territorio e paralizza il sorgere di nuove iniziative”. Sono convinti che
crisi economica e crisi demografica si influenzano a
vicenda e oggi, affermano,
la mancanza di lavoro “aggrava la crisi della natalità e accresce il preoccupante squilibrio demografico che sta toccando il nostro Paese”.
“La disponibilità a generare, ancora ben presente
nella nostra cultura e nei
giovani, è tutt’uno – scrivono i Vescovi – con la
possibilità di crescita e di
sviluppo: non si esce da
questa fase critica generando meno figli o peggio
ancora soffocando la vita
con l’aborto, bensì facendo forza sulla verità della
persona umana, sulla logica della
gratuità e sul dono grande e unico
del trasmettere la vita, proprio in un
una situazione di crisi”. “Solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre
l’‘io’ a se stesso” afferma Benedetto XVI “Quest’esperienza è alla radice della vita e porta a ‘essere prossimo’, a vivere la gratuità, a far festa insieme, educandosi a offrire
qualcosa di noi stessi, il nostro tempo, la nostra compagnia e il nostro
aiuto”. Secondo i vescovi, “in questa, come in tante altre circostanze,
si riconferma il valore della persona e della vita umana, intangibile fin
dal concepimento; il primato della
persona, infatti, non è stato avvilito
dalla crisi e dalla stretta economica.
Al contrario, la fattiva solidarietà manifestata da tanti volontari ha mostrato una forza inimmaginabile”.
“Tutto questo – affermano i presuli
– ci sprona a promuovere una cultura della vita accogliente e solidale”.
Il messaggio dei Vescovi invita dun-
que le comunità cristiane a una responsabilità di testimonianza e a offrire occasioni di speranza in forme
e modalità diverse. In tal senso la
celebrazione della vita è stata anche
nella nostra Parrocchia l’occasione
per pregare, per conoscere e sostenere esperienze e realtà che si pongono a sostegno della famiglia e della vita nascente. Una prima realtà
è sicuramente quella del Centro di
Aiuto alla Vita (Cav) di Novate
(Merate) che continuiamo a sostenere anche con la consueta vendita delle primule. Quest’anno sono
stati raccolti 1.454,50 euro di cui
1.254,50 euro sono stati versati al
Cav, (al lordo del costo delle primule) e 200 euro al Cav di Besana. Continuiamo, grazie all’aiuto di molte famiglie, a sostenere i progetti “Gemma” e “Sì alla Vita” attraverso i quali stiamo aiutando due mamme, una della zona di Merate e una della
provincia di Messina.
Un’altra realtà che quest’anno abbiamo conosciuto e sostenuto, grazie all’iniziativa “Merenda Solidale”
organizzata dai giovani e degli adolescenti dell’oratorio, è l’Associazione Il pozzo di Sicar Onlus. La calorosa e appassionata testimonianza di Laura Sangalli, membro dell’associazione, è stata l’occasione per
conoscere un’esperienza di servizio
a sostegno della vita. L’associazione
è nata da un gruppo di amici che ha
condiviso esperienze di volontariato
e che ha dato vita, nel tempo, a progetti a favore di bambini e ragazzi in
Romania e Tanzania. (cfr. Ueicap).
Nel prossimo mese, precisamente
martedì 12 marzo alle ore 21
presso l’Oratorio di Cassago, avremo invece l’opportunità di incontrare e condividere l’esperienza di Emanuela Gianna Molla, figlia di
Santa Giovanna Beretta Molla. Emanuela è nata nel 1962 grazie al
sacrificio della madre, alla quale, all’età di 39 anni, venne diagnostica-
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to un tumore all’utero quando era
incinta al secondo mese. Pur sapendo, in quanto medico pediatra,
il rischio che avrebbe comportato
continuare la gravidanza, Gianna Beretta Molla supplicò il chirurgo di salvare il figlio che portava in grembo
e, sette mesi dopo, disse esplicitamente al marito di essere pronta a
donare la sua vita per salvare quella della sua creatura. “Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: Scegliete – e lo esigo – il
bimbo. Salvate lui”, queste le parole pronunciate dalla madre pochi
giorni prima del parto, in cui vide la
luce Emanuela Gianna.
“Quando mi sentono parlare di mia
mamma, le persone si chiedono
spesso come ci si possa sentire a essere figlia di una Santa. Io rispondo loro la verità, che ho sempre sentito una grande responsabilità”, ha
raccontato Emanuela in una sua testimonianza. Proclamata Santa il 16
maggio 2004 da papa Giovanni Paolo II, quella di Gianna Beretta Molla
colpisce per essere una santità gran-
diosa nella sua semplicità: “È una
Santità alla portata di tutti, che non
è fatta di gesti straordinari, ma che
si inserisce nelle difficoltà e nelle
scelte quotidiane dei giovani, dei laici impegnati nella Chiesa, delle famiglie. Sono sicura che il Signore
l’abbia scelta perché potesse essere
d’esempio a tante mamme, a tante
laiche e a tanti medici”. Grande e impegnativa è quindi l’eredità lasciata
dalla Santa alla figlia, che ha interrotto l’attività di medico geriatra, prima per stare accanto al padre negli
anni della malattia e poi per dedicarsi alla diffusione del messaggio
della madre nel mondo. “Potevo fare molto da medico, ma posso fare
molto anche così. Forse è questo che
il Signore vuole da me e, in fondo,
mi chiedo che senso avrebbe la mia
vita se non diventasse un dono per
gli altri”.
In questo tempo di quaresima l’incontro con questa donna sarà per
tutta la nostra comunità una importante e significativa occasione di conversione.
marzo 2013
Il Centro di aiuto alla vita del nostro
Decanato, nel ringraziarci dei contributo che annualmente la nostra
Parrocchia devolve all’Associazione
ci ha inviato un riepilogo della attività svolte nel corso dell’anno 2012
(si veda la seguente tabella).
Famiglie assistite
con solo abbigliamento
in carico dagli anni scorsi 283
Famiglie assistite
con bambini di età inferiore
ai 15 mesi
in carico dal 2011
84
Nuove famiglie prese
in carico nel 2012 di cui: 132
- Donne in gravidanza
82
- Donne non in gravidanza 50
TOTALE FAMIGLIE
ASSISTITE
Donne sostenute
con progetto “Sì alla vita”
499
5
Progetti “Nasko” gestiti
15
Bambini nati nel 2012
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Il sorriso della libertà
di Luigi Beretta
al 10 al 17 marzo nel salone delD
l’Oratorio maschile sarà possibile visitare una mostra che presenta la vicenda umana di Tommaso
Moro, una straordinaria personalità
di cristiano che ha testimoniato la
sua fede cattolica nell’Inghilterra del
primo Cinquecento di quel re Enrico
VIII che diede origine allo scisma anglicano. La sua vita è un esempio
emblematico in questo anno che papa Benedetto XVI ha dedicato alla
Fede, e che ha avuto inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio
Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo
Re dell’Universo, il 24 novembre
2013.
“La fede – così si è espresso papa
Ratzinger in tale occasione – implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai
pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con
il Signore per vivere con Lui. E questo ‘stare con Lui’ introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto
della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede”.
L’invito del Papa ha trovato una bella espressione nella mostra “Il sorriso della libertà. Tommaso Moro, la
politica e il bene comune” che ci fa
conoscere la vita e la storia di un
grande santo inglese: Tommaso Moro, venerato dalla Chiesa cattolica e
da quella anglicana. Beatificato nel
1886, canonizzato nel 1935, Moro è
stato proclamato da Giovanni Paolo
II patrono dei politici e dei governanti.
La mostra intende ripercorrere la vita ed i tempi “fuori dissesto” (W.
Shakespeare) di Tommaso Moro, accompagnando i lettori attraverso i
drammatici rivolgimenti politici e culturali dell’Europa del primo ’500, dilaniata dalla crisi protestante, e dell’Inghilterra di Enrico VIII, Caterina
d’Aragona e l’astuto clan di Anna Bolena e Cromwell, dove l’attesa di un
erede costituirà la breccia per la radicale trasformazione di un paese
saldamente cattolico ed eurocentrico nella nazione che oggi conoscia-
marzo 2013
mo. In parallelo al delinearsi degli
avvenimenti che porteranno Enrico
VIII a separarsi da Roma, a chiudere i monasteri, e a pretendere l’autorità suprema in materia di fede,
ecco svolgersi la vita e le opere del
suo amico e servo più fedele e disinteressato, chiamato alla responsabilità civile più alta sotto la rassicurazione da parte di Enrico stesso
di “dover pensare prima a Dio, e poi
al re”, e che, proprio per questa
lealtà, conoscerà la povertà, il silenzio e infine il processo e la morte.
Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro (Londra, 1478-1535), fu
un avvocato, umanista, scrittore e
politico inglese. È stato tra gli intellettuali più stimati e letti del suo tempo, giurista affermato e rispettato,
padre di famiglia dolce e attento, amico arguto. Amicissimo di Erasmo
da Rotterdam, occupò numerose cariche pubbliche, compresa quella di
Lord Cancelliere d’Inghilterra tra il
1529 e il 1532. Cattolico, il suo rifiuto di accettare l’Atto di Suprema-
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zia del re sulla Chiesa in Inghilterra
mise fine alla sua carriera politica e
lo condusse alla pena capitale con
l’accusa di tradimento. Una
delle sue frasi più famose è
“Che io possa avere la forza
di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare
le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere”.
La storia del suo processo e
della sua testimonianza in difesa della libertà religiosa rispetto alle pretese dello Stato costituisce una delle più
grandi lezioni di autentica laicità nella storia del pensiero
moderno. La sua è la storia,
secondo le parole di Chesterton “di un diamante gettato
nel fango perché non lo si riusciva a spezzare”.
L’appuntamento è quindi
dal 10 al 17 marzo, pres-
Shalom
so il salone dell’Oratorio, con la
mostra sulla vicenda umana di
Tommaso Moro.
Chi è dunque Costui?
di Cristina Proserpio
uesto il titolo dell’Adorazione
Q
Eucaristica Giovani che si è
svolta sabato 2 febbraio 2013 alle
21.30 in chiesa parrocchiale. Il momento di preghiera rivolto al gruppo adolescenti e giovani è stato tenuto da P. Gianluca Garofalo, il Padre Passionista che ha guidato le
SS. Quarantore in Parrocchia.
L’invito di Gesù a passare all’altra
riva nell’episodio della tempesta sedata, nel brano del Vangelo di Marco, apre il momento della Lectio.
Le parole del card. Martini spiegano che Gesù invita i suoi discepoli
a camminare, trasformando la strada in luogo di vita e di incontro, li
invita a un cambiamento nel cuore della notte su una semplice barchetta. L’altra riva rappresenta l’an-
dare oltre i nostri sguardi, spesso
troppo “ancorati e collaudati”. Gesù invita ciascuno di noi a seguirlo, non da soli, ma in compagnia
dei nostri fratelli e sorelle, e di notte, una notte che può essere la notte interiore che le nostre vite a volte attraversano.
Si solleva una gran tempesta di
vento, la tempesta delle incertezze e delle difficoltà e mentre i discepoli sono preoccupati, Gesù dorme. P. Gianluca spiega che i discepoli sono troppo concentrati sulle
loro paure: nel momento in cui decidono di seguire Cristo succede
l’imprevisto e sentono Dio lontano.
Ma in realtà è lì ed è presente. Gesù risponde “Non avete ancora Fede?” La paura e la mancanza di Fe-
de sono unite. Per chi segue Cristo
la paura non deve avere l’ultima
parola sulla Fede. Gesù ammonisce i discepoli che hanno scelto di
seguirlo, ma che ancora non si fidano totalmente di Lui. Il rischio
è quello di seguire in continuazione se stessi, impendendo al maestro di essere Salvatore.
La preghiera è continuata fino al
mattino successivo alternandosi
con turni di Adorazione di mezz’ora o più. Un doveroso grazie a P.
Gianluca che ci ha guidato nelle riflessioni durante questo e gli altri
momenti di preghiera delle Quarantore e un grazie anche a Don Adriano che ci ha suggerito come vivere bene questo tempo di preghiera.
Shalom
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marzo 2013
Malpensa: dialogo nella fede
di Luca Ghezzi
ravamo più di mille giovedì 14
E
febbraio 2013 nella hall dell’aeroporto internazionale di Malpensa,
per l’incontro dei giovani con il Cardinale. Sono circa le 21 e non sta
partendo nessun volo carico di cosi
tante persone e nemmeno sta per
essere servita una cena di san Valentino comunitaria; il palco già ben
illuminato e l’immenso striscione
“Varcare la soglia” possono destare
preoccupazione in chi tutti i giorni
vive l’aeroporto, ma non in noi giovani lì riuniti per il secondo incontro
“dialogo nella fede” un incontro che
diviene scambio di idee, di interrogativi ed esperienze: insomma quel
“giocarsi in prima persona che è cifra – lo dice più volte l’Arcivescovo
– della vera testimonianza”.
Durante la serata sono stati presentati dei video in cui alcuni giovani hanno proposto i loro dubbi di
fede all’Arcivescovo e successivamente è stata data la possibilità ai
giovani presenti e a quelli che seguivano l’incontro da casa di fare
delle domande. E quando in apertura Giulia racconta in un bel docufilm la malattia della zia e come un
evento così tragico l’abbia segnata
e costretta a porsi domande su “come sia compatibile il male con Dio”,
il Cardinale subito dice: “L’unica risposta a questo immenso interro-
gativo è Gesù, che non ha elaborato teorie sul male, ma lo ha preso su di sé in un abbraccio carico di
amore, salendo sulla croce”.
L’incertezza, il timore del domani,
la paura di non capire a pieno quello che Pavese definiva il “mestiere
di vivere”, sono questi i principali
quesiti che hanno guidato gli interventi. L’Arcivescovo riflettendo sul
significato di ritrovarsi in un aeroporto, richiama il simbolo del viaggio. Itinerario che, nel suo breve intervento, monsignor Pierantonio
Tremolada, vicario episcopale per la
Pastorale giovanile, definisce “emblema della vita che è movimento e
continuo cambiamento”.
“Anche Gesù ha viaggiato verso Gerusalemme e il suo viaggio si chiama Via Crucis” spiega il Cardinale
ad un giovane che racconta la sua
esperienza in terra di missione a Valparaiso, dove ha ritrovato il senso
del credere: “Occorre, tuttavia, avere idee chiare sull’origine e la mèta dell’andare, appunto la relazione
con Cristo, altrimenti si vagabonda,
non si viaggia”.
“Come posso vivere la vocazione?”
chiede una ragazza a nome di un
più ampio gruppo di giovani. “Dobbiamo recuperare il significato vero
di questa parola che – nota l’Arcivescovo – come molte altre del vo-
cabolario cristiano è un poco usurata. La vocazione è una chiamata,
viene da un Altro che vuole per ognuno di noi un ‘destino’ irripetibile, nel senso nobile del termine”.
“Destino”, che, non a caso, ha la
stessa radice etimologica della “destinazione” di un viaggio che nasce
dalla vita e che non ha come ultimo
atto la morte, ma la vita eterna.
“La certezza è la fede, è il Signore:
noi veniamo da un Padre e andiamo a un Padre e questa origine e
mèta influiscono in ogni momento
nella nostra vita”.
Immancabile la domanda riguardo
la scelta del Pontefice di lasciare il
suo ministero, impeccabile la risposta: “La decisione del Santo Padre
è epocale ed è destinata a provocare tutti i fedeli. Al di là delle prime reazioni di incredulità, l’importante è guardare a questa testimonianza di libertà che viene da una
fede solida e dall’umiltà. È una
profondissima intelligenza della fede quella che Benedetto XVI propone”.
Si chiude con questo pensiero la serata di scambio tra i giovani della
diocesi e il loro Arcivescovo, che non
ha mancato di sottolineare il forte
entusiasmo e il forte impegno da
parte sua e della Chiesa per mantenere vivo il legame con i giovani.
A Cassago il percorso verso il matrimonio
di Riccardo Ghezzi
ome ogni anno, dall’11 gennaio
C
al 22 febbraio nella nostra parrocchia è stato organizzato il corso
fidanzati in preparazione al matrimonio. Ci siamo ritrovati a essere
un buon gruppo di 14 coppie abba-
stanza eterogeneo: andavamo dai
23 a oltre i 30anni di età; c’era chi
ha già fissato la data delle nozze e
chi invece veniva con atteggiamento più “esplorativo” per capire se la
propria relazione sta andando nel-
la direzione giusta; c’era chi è un
convinto e fervente credente e chi
meno; chi è cristiano e chi ortodosso; chi è fidanzato, chi sposato civilmente e chi convivente. Un gruppo composto da tante realtà diffe-
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marzo 2013
renti ma tutte persone accomunate
da un’esperienza, da un fatto vissuto e concreto: l’amore.
Il bello di questi incontri è stato nel
fatto che non ci si è trovati davanti
a “lezioni tecniche”, cioè con il parroco che spiegava quali fossero i documenti da compilare per il matrimonio, lo psicologo che esponeva
quali fossero i fenomeni psichici della relazione di coppia, l’avvocato che
elencava i diritti dei coniugi ecc.,
bensì partendo proprio dall’espe-
rienza grande e comune dell’amore
che stiamo vivendo siamo stati guidati a scoprire che tale amore non
lo stiamo vivendo per nostra iniziativa, merito o bravura, ma è dono
di un Altro che ci ha creati mettendo dentro di noi questo desiderio di
relazione. E pian piano ci è stato
svelato che sposarsi non è altro che
l’accettare il disegno di amore per
cui si è creati. Diventa così chiaro il
senso dello sposarsi nella Chiesa, il
senso di rendere la propria relazio-
Shalom
ne di coppia un sacramento, cioè segno che rimanda a Dio; il senso di
essere fecondi, non solo per quanto riguarda i figli ma tutta la comunità, per rendere testimonianza di
Cristo che fa propria la relazione degli sposi.
Questo è il seme messo nel cuore
di tutte noi coppie che abbiamo ricevuto la grazia di partecipare a
questi incontri, e da questo ci auguriamo di poter offrire i frutti una
volta diventate famiglie.
Un ponte sull’Africa centrale
di Piera Merlini e Ivan Beretta
La testimonianza di Tarcisio Riva (a cura di Piera Merlini)
ono tre anni che nei mesi di dicembre/gennaio mi reco in Ciad,
precisamente nella capitale N’Djamena, per offrire il mio aiuto presso la Casa Madre delle Suore di Santa Giovanna Antida Thouret per tutto il centro Africa. Qui esiste il noviziato, l’ospedale, la scuola e dove
vengono raccolti anche i bambini di
strada. Le suore sono aiutate anche
dai laici. Una volta all’anno tutte le
suore delle varie case, s’incontra-
S
no per confrontarsi, rendersi conto
delle realtà e prendere decisioni. Il
primo approccio l’ho avuto dopo la
partenza di un container di mobili
da montare, su invito di cinque conoscenti, ora amici e, su invito anche della zia Suor Rosa Maria Finetti.
Abbiamo completato l’arredamento
della Casa Madre il secondo anno,
poi basta guardarsi intorno e trovi
da lavorare come fabbro, giardiniere, contadino e altro. Abbiamo piantato pomodori, zucchine nelle serre, potato limoni e, per la prima vol-
ta, stiamo tentando di coltivare l’uva. Speriamo, comunque quest’anno abbiamo trovato le piantine che
stanno crescendo.
Abbiamo avuto il piacere d’incontrare Suor Agostina Pozzi di Cassago e anche la zia. Nel dicembre
scorso si è unito alla compagnia Ivan Beretta, un ragazzo di Cassago che si è occupato di sistemare i
computer. Dopo la sua partenza ci
siamo trasferiti a Ngaonderre, in Camerun, dove si trova Suor Lina Giussani (sempre di Cassago), e dove si
sta costruendo un ospedale. La
compagnia ha visionato sul posto i
lavori da fare la prossima volta. Alla partenza i nostri bagagli contengono anche i viveri: pasta, salumi,
formaggi e altro.
Il nostro viaggio non consiste solo
nel lavoro, ma ci ritagliamo anche
del tempo per poter visitare questa meravigliosa terra. Memorabile
la visita all’elefante di pietra e la gita sul lago Ciad con un barcone e la
scorta militare. Perché si va? La partenza è con spirito, gusto e voglia
di fare per qualcuno meno fortunato, al ritorno c’è nostalgia e ci si prepara al prossimo viaggio, sperando
che qualche volontario si aggiunga.
Shalom
La testimonianza di Ivan Beretta
n una sua celeberrima canzone,
John Lennon disse che vivere è
più facile se si tengono gli occhi
chiusi. E aveva ragione (come al
solito, del resto), perché una volta aperti gli occhi su certe realtà,
non puoi far altro che pensarci in
continuazione, desiderare di tornarci, di riviverle, e di fare qualcosa. Esiste anche un altro nome per
tutto questo, lo chiamano “mal d’Africa”.
Mi è stato chiesto di scrivere qualche riga sulla mia recente esperienza a N’Djamena, Ciad, presso
le Suore della Carità. Onestamente, non credo di essere la persona
più adatta a parlarne, dal basso dei
miei miseri 20 giorni trascorsi laggiù, ma cercherò di farlo ugualmente, consapevole che in futuro
il conteggio è destinato ad aumentare. Il Ciad è una nazione relativamente stabile ma stritolata da
forti interessi stranieri legati alla
presenza di petrolio, e da un governo che dietro la dicitura “repubblica presidenziale” nasconde
(e nemmeno troppo bene) un regime militare. Insomma, un luogo
dove uno straniero non può nemmeno estrarre liberamente la reflex
e scattare una foto ai monumenti
della città. Io ci sono capitato per
caso, incuriosito dalle esperienze
del mio amico tuttofare Tarcisio Ri-
I
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va, ma di fatto senza un’idea di cosa avrei potuto fare per aiutare le
suore che ci hanno gentilmente ospitato. Invece, in mezzo a qualche
compito di giardinaggio in compagnia di Tarcisio, mi sono ritagliato
un piccolo ruolo, mettendo a disposizione la mia esperienza nell’elettronica per sistemare decine e
decine di computer e altri dispositivi, più o meno malridotti. Un minuscolo mattone, certo, che però
mi dava la carica per svegliarmi ogni mattina all’alba e portare a termine il mio compito. Sì, lo ammetto, è stato gratificante, soprattutto
perché il nostro impegno è stato
molto apprezzato, e c’è già del lavoro pronto per noi per gli anni a
venire. Non è quindi necessaria una laurea in medicina per poter dare il proprio contributo alla comunità laggiù, è sufficiente mettersi a
disposizione. Anzi, dirò di più: è
sufficiente uscire per le strade con
un pallone in mano, visitare una
scuola o un ospedale, per vedere
la curiosità e la gioia sulle facce di
adulti e bambini. Ed è per questo
che io consiglierei a chiunque un’esperienza del genere, per rendersi conto di persona della situazione in cui versa la gente, e provare
quell’irrefrenabile impulso di voler
fare qualcosa, qualunque cosa, per
aiutare.
C’è un’altra cosa che vorrei dire in
questo mio breve intervento, e ri-
marzo 2013
guarda proprio le suore. Dopo i pasti, sorseggiando un caffè corretto con grappa sotto il portico, abbiamo ascoltato con grande interesse i racconti di queste donne.
Tra questi, gli infiniti monologhi di
Suor Agostina (cassaghese doc, ovviamente!) riguardanti le scuole da
lei gestite in Ciad, o le avventure
in Repubblica Centrafricana di suor
Maria Rosa, giusto per citarne un
paio. Abbiamo riso, abbiamo discusso di temi che spaziavano dalla geopolitica ai night club, e ci siamo indubbiamente divertiti. E io
stesso, un ateo ormai rassegnato
al cinismo della nostra società, grazie a loro ho imparato una lezione.
La più importante di tutte, a dire
il vero: si può ancora credere, non
tanto in entità al di fuori del mondo, quanto nelle persone che in
questo mondo ci sono davvero, e
che lavorano per renderlo un posto migliore. Persone il cui altruismo disinteressato trascende il credo religioso, capaci di sostituire la
retorica con l’impegno concreto in
Paesi in grossa difficoltà. Persone
che meritano un rispetto incondizionato da parte di tutti, nonché il
nostro aiuto per quanto possibile.
Fosse anche solo per tagliare una
siepe, o semplicemente per sistemare un computer.
Per saperne di più è possibile visitare il sito http://unpontesullafrica.wordpress.com/.
Grazie per l’aiuto concreto!
di “nonno” Luigi Panzeri
’amore non avrà mai fine: il
Lni cioè
mio impegno dura da tanti andal 1985 ma continuerò
questa opera finchè Dio Padre Nostro vorrà.
Sono a ringraziare tutti voi per la
vostra collaborazione concreta che
ci ha permesso di ospitare ed educare i bambini, guarire i mala-
ti e salvare la vita dei cardiopatici.
Infatti la preghiera senza azione
concreta è vana, ma nel contempo mi permetto di ricordarvi quanto Madre Teresa di Calcutta ci ha
insegnato: “non importa quanto
si dà, ma quanto amore si mette
nel dare”.
Faccio mia una poesia del Malawi
per continuare a sollecitare il vostro cuore nella difficile pratica
della carità attenta e responsabile, perché questa possa arricchire il vostro vivere quotidiano, e
portarvi alla gioia autentica che si
sperimenta vivendo concretamente per il fratello nel bisogno.
marzo 2013
“Avevo fame,
e voi avete fondato
un club a scopo umanitario
per discutere della mia fame.
Ve ne ringrazio.
Ero in prigione,
e voi siete andati in Chiesa
a pregare per la mia liberazione.
Ve ne ringrazio.
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Ero nudo,
e voi avete esaminato seriamente
le conseguenze morali
della mia nudità.
Ve ne ringrazio.
Ero ammalato,
e voi vi siete inginocchiati
per ringraziare il Signore
per avervi dato la salute.
Ve ne ringrazio.
Shalom
Ero senza casa,
e voi avete predicato
le risorse dell’amore di Dio.
Ve ne ringrazio.
Sembravate tanto religiosi,
tanto vicini a Dio.
Ma io ho ancora fame,
sono ancora solo, nudo,
ammalato, prigioniero e senza tetto”.
(Poesia del Malawi)
L’Ecumenismo e il Concilio
di Ivano Gobbato
onsignor Gianfranco Bottoni ha
M
una lunga barba scura trapuntata di bianco, e se ne vestisse gli abiti passerebbe agevolmente per uno dei “pope” di una qualche Chiesa cristiana d’oriente. Si tratta invece di un sacerdote cattolico, responsabile nella Diocesi di Milano del
“Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo”. È bello che lo si chiami “servizio”, perché di questo si tratta: ser-
vire nella Chiesa aprendo porte invece di chiuderle, mostrando panorami che magari conosciamo poco
(o non conosciamo affatto) ma che
posseggono una bellezza profonda
e persino struggente, proprio come
quando visiti un luogo dove non sei
stato e – pur senza per questo amare di meno la terra da dove vieni – ti accorgi di come la bellezza sia
sparsa a piene mani nel mondo.
Monsignor Bottoni è venuto tra noi
una sera di febbraio, invitato dal nostro Decanato, e ha parlato (anche)
di questo, di come non sia chiudendoci in noi stessi (e magari ritenendoci, in quanto cattolici, appartenenti alla “religione giusta”) che potremo vivere al meglio il fatto – e il
dono – che è l’essere cristiani. Ha
parlato, insomma, della luce che il
Concilio Ecumenico Vaticano II ha
Shalom
riversato sulla Chiesa anche spalancando la straordinaria prospettiva dell’ecumenismo.
Cinquant’anni fa per la prima volta
un Concilio della Chiesa non ha lanciato anatemi contro le Chiese separate. Più ancora di questo, ha dato per la prima volta uno sguardo
nuovo all’altro: ha cioè visto le Chiese separate non come qualcosa di
“alieno” che o “combatto” come un
male da eliminare o “tollero” come
un inevitabile problema. Ha guardato all’altro come a qualcosa di diverso in cui ci si può specchiare, riconoscendo meglio, con quest’atto,
anche ciò che noi stessi siamo.
È questo un percorso possibile anche per ciascuno di noi: scoprire,
in chi ci è prossimo, qualcuno di cui
possiamo accogliere le diversità, ac-
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cettandole per quelle che sono e trovando in esse uno specchio in cui riscoprire anche la nostra stessa identità. E chi ci è prossimo è oggi,
in buona sostanza, il vicino di casa
tedesco e luterano, o il collega di lavoro rumeno, ortodosso proprio come la badante ucraina, vale a dire
le persone che ormai da tempo sono in mezzo a noi. Accogliere ha
precisamente questo senso, allora:
vedere l’altro per la persona che è,
non per quello che vorremmo che
fosse, o che “ci servirebbe” che fosse. Accogliere è rispettare.
Alla fine si tratta dello stesso richiamo con cui Giovanni XXIII ci invitava a cercare ciò che unisce e non ciò
che divide, o con cui il cardinal Martini spiegava che il punto non è tanto che ci siano cattolici da una par-
marzo 2013
te e non cattolici (o non credenti)
dall’altra, ma è piuttosto che il confine che ci separa attraversa il cuore di ciascuno, quindi nessuno ha il
diritto di giudicare la fede di un altro. Anche perché un confine può
non essere visto come una semplice barriera e può rappresentare, invece, un’occasione.
Che sia possibile anche per tutti noi
imparare che il lavoro per l’ecumenismo e il dialogo non è una semplice “possibilità” per i cattolici, è invece un dovere, ovvero la chiave
con cui aprire la porta che ci troviamo davanti e che dà sul futuro. E ciò
proprio perché è un “segno dei tempi”.
Anche per questo il Concilio, cinquant’anni dopo, è ancora tanto vivo e vitale.
Per confessare la nostra fede
Pellegrinaggio Diocesano a Roma dall’1 al 3 aprile 2013
In occasione dell’Anno della fede la Chiesa di Milano si recherà a Roma, in pellegrinaggio, “per pregare e
confessare la fede sulla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo e per ringraziare il Papa della sua visita Pastorale
a Milano”, come ha scritto il cardinale Angelo Scola nella lettera pastorale “Alla scoperta del Dio vicino” (n.
13). Il pellegrinaggio - guidato dall’Arcivescovo stesso - si terrà dall’1 al 3 aprile 2013 e raccoglierà uno dei
suggerimenti pastorali dati dalla Congregazione per la dottrina della fede per vivere bene questo anno
speciale. Si legge infatti nel documento vaticano: “Nell’Anno della fede occorre incoraggiare i pellegrinaggi
dei fedeli alla Sede di Pietro, per professarvi la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, unendosi con colui
che oggi è chiamato a confermare nella fede i suoi fratelli (cfr Lc. 22, 32)” (n. 2).
Programma
Lunedì 1 Aprile
Ritrovo in piazza della chiesa e partenza in pullman per Roma. Sosta per pranzo a Viterbo con breve visita
alla città. Partenza per Roma, arrivo in Hotel presso “Fraterna Domus” per cena e pernottamento.
Martedì 2 Aprile
Prima Colazione in Hotel: trasferimento alla basilica di S. Pietro e inizio del Pellegrinaggio Diocesano con la
partecipazione alla S. Messa celebrata dal cardinal Angelo Scola. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita
guidata alle Basiliche giubilari di S. Maria Maggiore e S. Giovanni in Laterano, cena e pernottamento.
Mercoledì 3 Aprile
Prima colazione in Hotel: trasferimento in Piazza S. Pietro (o sala Nervi) e partecipazione all’udienza della
Diocesi di Milano con il Santo Padre. Al termine pranzo e nel pomeriggio ripartenza per Cassago con soste
lungo il percorso (Il programma potrà subire variazioni nelle visite del 2° giorno a Roma).
Quote
€ 250,00 a testa al raggiungimento di almeno 40 partecipanti (in caso di numero inferiore di partecipanti
il prezzo potrebbe aumentare. Supplemento camera singola: €50,00).
Iscrizioni
Presso la segreteria parrocchiale fino ad esaurimento dei posti disponibili (50) con pagamento di €
100,00 di caparra.
marzo 2013
“Informazioni utili”
Sede di Shalom
Casa parrocchiale
P.zza Beato Giovanni XXIII 10
23893 Cassago B.za (LC)
Tel. 039.955715 - Fax 039.9287249
[email protected]
www.parrocchiacassago.it
Orari parrocchiali
S. Messe festive (Chiesa parrocchiale)
Sab. 20.00; Dom. 8.00; 10.30; 18.00
S. Messe feriali (Chiesa parrocchiale)
Lun., Mar., Giov., Ven. 9.00 (dopo la recita delle lodi alle 8.50)
Primo venerdì del mese
S. Messa 20.30
Celebrazione della Parola e S.
Comunione
Mer. e Sab. 9.00 (dopo la recita delle lodi
alle 8.50)
S. Messe feriali e festive (Chiesa di
Oriano)
Dom. 9.30; Mer. 9.00
Adorazione eucaristica
15.00-16.00 (ogni primo giovedì del
mese)
Sante confessioni
Tutti i giorni feriali prima delle S. Messe
Sab. pom. (Chiesa Parrocchiale) 15.0018.00
Orario Segreteria parrocchiale
Tutti i giorni 9.40-11.30
Associazione S. Agostino
Biblioteca e Sede - Dom. 11.00-12.00
[email protected] - www.cassiciaco.it
Appuntamenti: 039.958105 (Beretta)
Orari Farmacia
Lun.-Ven. 8.30-12.30 e 15.30-19.30;
Sab. 8.30-12.30
Tel. 039.955221
Piazzola rifiuti (zona Stazione)
1 apr.-31 ott.
Mar. 18-21; Sab. 9-12 e 14-17
1 nov.-31 mar.
Mar. 14-17; Sab. 9-12 e 14-17
Centro aiuto alla vita - Barzanò
Apertura mer. 15-17.30
Tel. (parrocchia) 039/955835
Numeri utili
Parrocchia
039.955715
Oratorio
039.955136
Comune
039.921321
Asilo nido
039.956623
Elementari
039.956078
Materna
039.955681
Media Cassago
039.955358
Biblioteca
039.9213250
Guardia medica Casatenovo 039.9206798
Pronto Soccorso Carate
0362.984300
Pronto Soccorso Lecco
0341.489222
Carabinieri Cremella
039.955277
Pagine a cura e responsabilità
della Parrocchia
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Shalom
ERRATA CORRIGE
Sullo scorso numero di Shalom, nell’articolo sui nuovi chierichetti e
chierichette, la riflessione di Alessia Bellini è stata erroneamente
attribuita alla sorella Lara: ce ne scusiamo con entrambe e con i
lettori.
MONTMARTRE
Meditazione del venerdì santo
Chissà cosa pensava Dio
quando Suo Figlio lo implorava
dall’orto degli ulivi!
Aveva risparmiato
Isacco ad Abramo,
perché non evitò
che Suo Figlio
bevesse di quel calice?
In quel Figlio c’era Lui:
si era incarnato
per salvare altri figli
dalla morte dell’anima.
E pur nell’esperienza
dell’ingratitudine,
mantenne la promessa
fatta loro nel passato.
Chissà quanto li amava Dio
per farsi inchiodare alla croce,
mezzo con cui proclamare
la sconfitta della morte!
E chissà cosa pensa ora
che, nonostante tutto,
rischia di veder vanificato
quell’estremo sacrificio.
Ancora, la morte si fa viva
con la dispersione di Babele,
la lussuria di Gomorra,
il tradimento di Gerusalemme.
Chissà cosa pensa Dio
della complicità
tra gli uomini e la morte!
Lei li cerca, loro
la respingono e la servono
a discapito di chi,
secondo l’arbitrato,
non merita di esistere.
Chissà cosa pensa Dio
di me che, genuflesso,
sono qui a pregare
senza muovere le labbra!
Non oso chiedere,
non oso offrire,
riesco solo a giudicare,
quale giudice infedele
alla logica divina.
Eppure Dio mi capisce:
ad ogni mia domanda,
risponde col silenzio
e dice d’aver fatto
quello che doveva.
Poi,
ancora col silenzio,
mi sussurra:
“Ciò che vedi, osservi e noti,
è tutto vero,
ma non basta meditare,
per capire ciò che avvenne,
metti in pratica l’amore”.
C.O.