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Versione integrale del report VOCI NELLA CAMERA D’ECO La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre di Eric Nuzum Testo che amplia e approfondisce il capitolo sulla censura musicale negli Stati Uniti contenuto in: Sparate sul pianista! La censura musicale oggi a cura di Marie Korpe con un’introduzione di Dario Fo collana: Risonanze isbn 978-88-6040-175-5 pagine 408 data pubblicazione: maggio 2007 prezzo €16,50 Voci nella camera d’eco* La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Eric Nuzum edizione italiana a cura di Vincenzo Perna * Il presente documento è la traduzione di un ampio estratto del rapporto Singing in the Echo Chamber. Music Censorship in the U.S. after September 11th, pubblicato da Freemuse nel 2005. [N.d.T.] www.edt.it/sparatesulpianista Titolo originale “Singing in the Echo Chamber. Music Censorship in the U.S. after September 11th” di Eric Nuzum Pubblicato per la prima volta da Freemuse, Wilders Plads 8H, 1403 Copenhagen (DK); presente in file pdf sul sito www.freemuse.org. ©2005 Freemuse Traduzione di Vincenzo Perna Redazione di Monica Luccisano Progetto grafico di Leila Librizzi Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, non è consentita senza la preventiva autorizzazione scritta dell’editore. © 2007 per l’edizione italiana EDT srl 17, via Pianezza - 10149 Torino [email protected] www.edt.it www.edt.it/sparatesulpianista Indice Nota di Freemuse (Marie Korpe) 5 Introduzione 7 Libertà d’espressione in America e l’evento 11 settembre 9 Episodi di censura musicale a seguito dell’11 settembre 19 Musica di protesta, attivismo musicale e censura durante la “guerra al terrore” 31 Altre implicazioni 58 Testi e documenti 77 Riferimenti bibliografici 82 Indice dei nomi 89 www.edt.it/sparatesulpianista Su Freemuse Freemuse è l’unica organizzazione internazionale dedicata alla documentazione della censura musicale, a livello globale, nel mondo contemporaneo, censura che non colpisce soltanto compositori ed esecutori ma anche il pubblico. L’organizzazione è impegnata nella creazione di una rete mondiale di supporto a favore degli artisti colpiti, nella diffusione di informazione sui casi di censura musicale e nell’analisi dei meccanismi repressivi messi in atto. Freemuse è nata nel 1999 con il nome di World Forum on Music and Censorship e ha costituito il proprio segretariato nel 2000 (www.freemuse.org). È finanziata dal Ministero degli Affari Esteri danese e dall’Agenzia Svedese per la Cooperazione e lo Sviluppo internazionale (Swedish International Development Cooperation Agency). Eric Nuzum (Stati Uniti) Autore di Parental Advisory. Music Censorship in America, è considerato uno dei massimi esperti della storia della censura musicale negli Stati Uniti e ha spesso scritto sull’argomento per Video Hits One, «Village Voice», «San Francisco Chronicle», «New York Times» e per la National Public Radio. È anche creatore e responsabile del più importante sito web dedicato alla censura musicale in America, A Brief History of Banned Music (www.ericnuzum. com/banned). È laureato presso la Kent State University e lavora da oltre dieci anni come giornalista radiofonico. www.edt.it/sparatesulpianista Voci nella camera d’eco La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Nota di Freemuse In precedenza Freemuse non si era mai occupata della “Terra della Libertà”. Per noi gli Stati Uniti non hanno mai rappresentato una priorità, né c’erano mai state ragioni particolari per concentrarsi sulla libertà d’espressione in campo musicale negli Stati Uniti. Dopo la tragedia dell’11 settembre, tuttavia, persone e organizzazioni che si occupano della libertà d’espressione in quel paese hanno lanciato crescenti segnali d’allarme. Molto spesso si pensa alle violazioni di questo genere di libertà come a qualcosa che capita soltanto in paesi lontani, privi di democrazia e governati da tiranni. Oggi è invece ormai evidente che qualsiasi paese in stato di guerra o attraversato da forti tensioni sociali introduce la censura come mezzo di controllo nei confronti della popolazione e del malcontento espresso dalla società. Nel rapporto che segue, Eric Nuzum illustra non soltanto diversi casi di censura verificatisi negli Stati Uniti nell’era della guerra al terrorismo, ma anche il ruolo dei media, complici di un’opera d’interdizione e condanna nei confronti di determinati tipi di musica e canzoni e nei confronti delle azioni di certi musicisti. Si tratta della prima volta che Freemuse prende in esame il ruolo dei media in quanto autori di un’azione di censura. Ci è stato detto che i media dovrebbero essere indipendenti, per questo nei paesi democratici sono stati definiti il “quarto potere”. Ad essi spetta il compito di esercitare un’opera di controllo nei confronti dei governi, degli uomini politici e del potere. www.edt.it/sparatesulpianista Voci nella camera d’eco 6 Gene Policinski, direttore del First Amendment Center di Nashville, ha dichiarato che «la reazione dei media dopo gli attacchi dell’11 settembre ha riecheggiato i tentativi del governo nel 1970, durante la guerra in Vietnam, di censurare le canzoni che contenevano riferimenti alle droghe. Non si tratta assolutamente di una novità nella storia del nostro paese». La stessa fonte ha ricordato anche che, secondo i sondaggi, i cittadini americani sembrano appoggiare quest’azione dei media: quattro americani su dieci infatti pensano che sia giusto censurare la musica. Uno degli elementi che accomunano i censori statunitensi alle loro controparti nel resto del mondo sembra essere il sincero interesse nei confronti della moralità pubblica. Essi sono i guardiani della morale e desiderano proteggere i giovani da comportamenti immorali. Così come i censori cinesi e afghani aspirano a difendere le giovani generazioni dall’influenza “negativa” dei film e della musica americana e occidentale – che si manifesta nella danza, nel consumo di alcool e nell’abbigliamento indecente – i censori statunitensi aspirano a “proteggere” i loro giovani da analoghi “comportamenti immorali”. Il rapporto che segue non fornisce un quadro complessivo della censura nell’America moderna. Numerosi casi di censura sperimentati da giovani artisti poco conosciuti – compresi afroamericani, latinos, chicanos, asiatico-americani ed esponenti di altre minoranze – non sono mai giunti all’attenzione dei media e dunque non sono documentati in questo rapporto. Freemuse conduce un’azione di monitoraggio e mette a disposizione una piattaforma di discussione sulla censura e i suoi effetti: noi non condanniamo ma forniamo una descrizione della situazione, lasciando al lettore le conclusioni. La nostra organizzazione promuove la libertà d’espressione per i cantanti e i compositori di tutto il mondo e combatte in difesa del loro diritto a esprimersi in conformità con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Ringrazio Meredith Holmgren e Rikke Nagell per la lettura critica e la minuziosa correzione delle bozze, nonché Martin Cloonan e Reebee Garofalo per l’esame del manoscritto. Marie Korpe, Direttrice esecutiva di Freemuse Copenhagen, dicembre 2005 www.edt.it/sparatesulpianista 7 A chi spetta giudicare quando un’esecuzione musicale è troppo violenta, sessualmente provocatoria o portatrice di messaggi politici e sociali “dannosi”? Se un musicista agita il pugno in aria durante un concerto, chi stabilisce se si tratta di un’azione implicitamente violenta o di un invito al dissenso politico? È giusto invocare letture alternative di un gesto, quando queste esulano dalle intenzioni dell’esecutore? E quando qualcuno che fa parte del sistema di potere insinua simili interpretazioni, è ragionevole accettarne ciecamente il giudizio? È lecito che una società sia chiamata a intervenire quando “un individuo qualsiasi” coglie all’interno di un’espressione musicale messaggi che non sono evidenti ad altre persone o che non coincidono con le intenzioni dichiarate dall’esecutore? Nell’America post-11 settembre, esperti e analisti prendono raramente in considerazione questo genere di quesiti. Nel periodo successivo agli attacchi contro New York e Washington, molti americani hanno messo in discussione i propri principi in fatto di sicurezza nazionale, privacy e intervento militare preventivo. I musicisti hanno partecipato direttamente o indirettamente a ogni tappa di questo viaggio, prendendo posizione nel pubblico dibattito attraverso canzoni e dichiarazioni. L’onestà del comportamento di numerosi musicisti ha incontrato però forti resistenze, che talvolta hanno dato origine a forme di censura. I media americani traboccano di discorsi politici di natura polemica, spesso vissuti dal pubblico più come una forma d’intrattenimento e di sport che d’informazione vera e propria. Questi opinion makers evitano un dibattito approfondito sulle questioni e tendono a ripetere le stesse storie, usando le stesse citazioni, riprendendo le prospettive offerte dagli altri media. Quando una storia è riportata dai media più importanti, spesso viene ripetuta quasi alla lettera da migliaia di agenzie www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Introduzione Voci nella camera d’eco 8 e fonti d’informazione. Gli analisti definiscono questo fenomeno come la “camera d’eco” dei mezzi d’informazione, intendendo con ciò un processo per cui, una volta fatto il suo ingresso all’interno del discorso nazionale, un certo resoconto giornalistico viene riverberato all’infinito, senza che nessuno senta la necessità di verificare la notizia e bilanciare le fonti, come normalmente d’uso nel giornalismo. Spesso la spinta competitiva a mandare in onda, stampare o raccontare una storia prima degli altri prende il sopravvento sulla necessità di esaminare e investigare la verità in maniera indipendente. La storia semplicemente tende a ripetersi, proprio come capita con l’eco. Come hanno rilevato più volte numerosi osservatori negli Stati Uniti a partire dall’11 settembre, in un’epoca di acceso dibattito e d’intensa irrisione politica, tale fenomeno si accompagna a un invito a mettere a tacere le persone coinvolte1. Il fenomeno della “camera d’eco” si manifesta anche in un altro modo: una volta che un’azione è stata marchiata come un gesto da “traditori”, “anti-patriottico”, “anti-Bush” e “ostile all’esercito”, questi giudizi tendono a diventare essi stessi parte dell’eco. Tutte le questioni che riguardano intenzioni e significati sono di per sé soggettive e spesso aperte a molteplici interpretazioni. Due persone vicine a volte giudicano un’azione o un evento in modi completamente differenti tra loro, o in contrasto con la prospettiva della persona che ha preso parte all’evento originale. Ciò ha costituito un problema storico della censura, che ha spesso presentato delle interpretazioni soggettive come se fossero dei fatti concreti e oggettivi. La questione si aggrava ulteriormente per la rapidità con cui i media diffondono affermazioni controverse, evitando Diverse persone hanno imparato a sfruttare l’effetto “camera d’eco”, facendo circolare notizie e “filmati informativi” autoprodotti con l’obiettivo di innescare reazioni a vantaggio di determinate iniziative e opinioni. 1 www.edt.it/sparatesulpianista 9 Libertà d’espressione in America e l’evento 11 settembre La Terra della Libertà Spesso immaginiamo gli Stati Uniti come un paese che garantisce totale libertà d’espressione ai suoi cittadini. In realtà non è così. I dettagli delle norme che tutelano la libertà di parola negli Stati Uniti risultano oscuri a molti, non ultimo agli stessi cittadini statunitensi. I fondamenti della libertà d’espressione negli Stati Uniti poggiano su 45 parole contenute all’interno del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che recita: Il Congresso non potrà varare alcuna legge che rappresenti un’istituzione religiosa o che proibisca il libero culto; che limiti la libertà di parola o stampa, o il diritto dei cittadini di riunirsi in maniera pacifica e richiedere al governo di porre rimedio ai torti. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre di prestare attenzione alla verità e all’analisi delle idee e accompagnando i propri resoconti con giudizi frettolosi nei confronti delle persone coinvolte. Tutte le volte che al centro delle polemiche si trova un musicista, alle accuse contro di lui segue rapidamente un invito alla censura. La diffusione di preconcetti nei confronti delle persone di spettacolo è spesso accompagnata dalla richiesta di azioni punitive, con il risultato di produrre una cultura dell’intolleranza nei confronti di qualsiasi forma di dissenso politico. Questo lungo articolo illustra come la “camera d’eco” e il tipo di reazioni da essa innescate siano la motivazione principale di quasi tutti gli attuali appelli alla censura nei confronti dei musicisti negli Stati Uniti. Voci nella camera d’eco 10 Le basi del diritto americano – quello che definisce la libertà d’espressione, di religione e di stampa, così come i diritti riguardanti la libertà di riunione, la tutela del diritto d’autore e il libero accesso al governo – sono tutte contenute in quest’unica clausola della Costituzione. La Costituzione degli Stati Uniti, così come quella di molti altri paesi, è concepita come una sorta di contratto stipulato tra governo e cittadini. Rappresenta la fonte primaria e più importante della legge, funge da guida per tutti gli altri tipi di legislazione a livello federale, statale e locale, e costituisce il punto riferimento fondamentale per la definizione della giurisprudenza americana. Quando si ragiona sulla promessa di libertà d’espressione contenuta nel Primo Emendamento, tuttavia, quasi tutti inciampano nelle prime parole: «Il Congresso non potrà varare leggi…». In altri termini, l’Emendamento afferma che il governo non può sopprimere o limitare ingiustamente la libertà d’espressione. È però vero anche il contrario: qualsiasi entità diversa dal governo può legalmente sopprimere e censurare l’espressione di altri. Ciò vuol dire che qualsiasi individuo, azienda, mezzo di comunicazione, organizzazione politica o particolare gruppo di persone può intraprendere azioni che mirano direttamente o indirettamente a vietare, sopprimere o limitare l’accesso alle idee e alle espressioni di altri individui. Rispetto a un’azione di questo genere si possono fare molte considerazioni di natura etica e morale, ma non se ne può mettere in discussione la legittimità. Ciò non significa che la Costituzione degli Stati Uniti incoraggi simili comportamenti, ma semplicemente che non mira a disciplinarli. Il suo obiettivo è proteggere i cittadini da un governo malintenzionato o corrotto, non regolamentare le modalità dei rapporti tra i cittadini. Inoltre, occorre notare che anche nel quadro dell’ampia libertà d’espressione www.edt.it/sparatesulpianista 11 1) se il cittadino medio, facendo uso dei criteri collettivi contemporanei di quello stato e di quella comunità locale, potrebbe considerare l’opera presa nel suo insieme come volta a sollecitare un interesse libidinoso; 2) se l’opera raffigura o descrive in modo apertamente offensivo una condotta sessuale specificamente definita dalla legge vigente dello stato; 3) se l’opera appare priva di un reale valore letterario, artistico, politico o scientifico. Il terzo parametro del “Miller Test” – talvolta chiamato anche “SLAPS Test” (dalle iniziali della frase Serious Literary, Artistic, Political, or Scientific Value Value) – è spesso impiegato per giudicare in materia di oscenità e di protezione della libertà d’espressione nei confronti della musica e dei musicisti2. Negli ultimi cinquant’anni la musica pop, nonostante abbia di frequente messo in allarme i propri nemici, in realtà si è vista applicare lo SLAPS Test una sola volta. Nel maggio In teoria questo sistema di valutazione dovrebbe basarsi sui parametri di giudizio adottati dalle comunità locali, ma nell’era di internet e dei media che operano su scala nazionale e globale è diventato più difficile da applicare. 2 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre garantita dagli Stati Uniti esistono eccezioni e limitazioni. Per esempio, tutte le idee ed espressioni considerate “oscene” non godono della protezione della Costituzione e sono dunque soggette a una forma di censura legale. La definizione operativa di “oscenità” è cambiata nel corso del tempo, ma il criterio di giudizio attualmente applicato è rimasto relativamente stabile negli ultimi trent’anni. Tale criterio fu stabilito da una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti (Miller versus California, 1973), che fornisce una definizione di oscenità determinata secondo il cosiddetto “Miller Test” chiedendosi: Voci nella camera d’eco 12 1990, il giudice federale Jose Gonzalez Jr giudicò osceno l’album Nasty As They Wanna Be del gruppo rap 2 Live Crew, conferendo così legittimità a una serie di attacchi censori condotti nell’anno precedente3. Le critiche, originatesi in Florida, si erano rapidamente diffuse in tutti gli Stati Uniti e avevano stigmatizzato il copioso uso di termini volgari presente nell’album4. Secondo il parere del giudice Gonzalez, l’album Nasty As They Wanna Be non era in grado di passare lo SLAPS Test perché la musica rap possedeva un valore artistico decisamente inferiore a quello della musica melodica. La sentenza inoltre affermò che la musica rap era focalizzata unicamente sui testi, facendo sì che l’album fosse dichiarato legalmente osceno esclusivamente sulla base dei contenuti. Diciotto mesi più tardi la sentenza di Gonzalez è stata ribaltata dalla Corte d’Appello degli Stati Uniti. Quando la Corte Suprema ha confermato il giudizio della Corte d’Appello, la questione si è risolta definitivamente a favore dei 2 Live Crew. Ciò può far pensare che il giudizio abbia rappresentato per il gruppo una vittoria finale. In realtà, nel periodo intercorso tra le due sentenze, il gruppo rap ha subito oltre dieci arresti da parte della polizia e l’album è sparito completamente dagli scaffali dei negozi di dischi di tutto il paese. Al di là dei problemi riguardanti l’oscenità, gli Stati Uniti prevedono anche limiti legali di altro tipo alla libertà d’espressione. Per esempio lo stato non protegge la libertà Secondo molti osservatori, il primo caso di azione legale in materia di oscenità contro un’opera musicale è rappresentato dalla denuncia di quattro persone coinvolte nella produzione dell’album Frankenchrist dei Dead Kennedys. Il caso, certamente assai significativo, ha riguardato però soltanto la parte grafica dell’album e non la musica in sé. 3 I testi del disco ripetevano il termine “fuck” (“fottere”) 226 volte, citavano il sesso orale 86 volte, definiva le donne come “puttane” 163 volte, e infine menzionavano una volta l’incesto. 4 www.edt.it/sparatesulpianista 13 Come si vedrà più avanti nel documento, il mutato clima nazionale, creatosi dopo l’11 settembre, ha notevolmente ampliato tali definizioni. 5 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre di parola quando questa sia utilizzata per incitare al crimine o alla violenza nei confronti di altri. L’altra importante restrizione della libertà di parola riguarda la diffusione di messaggi per mezzo di radio o televisione. Indipendentemente dalle intenzioni che vi stanno alla base, le emittenti radiotelevisive statunitensi praticano determinate limitazioni alla libertà di parola dalle sei del mattino alle dieci di sera (si tratta di un arco di tempo conosciuto come safe harbor hours, ossia “fascia oraria protetta”). L’origine di tali restrizioni risale alla prima forma di legislazione nazionale varata per regolamentare il corretto uso di un’emittente radiofonica. Il Radio Act del 1927 stabilisce che «nessun individuo soggetto alla giurisdizione degli Stati Uniti può utilizzare un linguaggio osceno, indecente o blasfemo nella comunicazione via radio». Anche se i criteri per definire ciò che risulta “osceno, indecente o blasfemo” sono cambiati, tale legge è tuttora in vigore5. In teoria qualsiasi discorso che non ricada all’interno di tali restrizioni – sia esso messo per iscritto su un giornale o su internet, pronunciato in radio oppure all’angolo di una strada affollata – è libero da qualsiasi tipo di censura governativa. Tuttavia, nonostante l’enfasi idealistica posta negli Stati Uniti sulla protezione della libertà d’espressione, i principi dichiarati dalla legge vengono occasionalmente manipolati e negati da azioni che sfruttano la reazione pubblica al contenuto di un messaggio, per limitare e censurare determinate idee, siano esse di natura politica, artistica, scientifica, letteraria o addirittura musicale. Ciò si verifica generalmente in occasione di eventi contrassegnati da un’alta carica emotiva, dalla paura, dalla diffusione di informazioni poco chiare o inesatte, in cui predomina Voci nella camera d’eco 14 l’iperbole retorica. Esattamente come quelli seguiti agli attacchi terroristici dell’11 settembre. Cieli rossi all’alba. Il clima politico americano dopo gli attentati Il dirottamento dei quattro aerei passeggeri usati per condurre attacchi suicidi in tre diverse località degli Stati Uniti nord-orientali ha provocato la morte di almeno 3000 persone, e ha trasformato radicalmente la vita di 260 milioni di cittadini americani. Poche ore dopo l’accaduto già ferveva un intenso dibattito sull’impatto a lungo termine che l’evento avrebbe potuto esercitare sulla libertà d’espressione e sulla privacy dei cittadini. Nel corso di uno dei numerosi discorsi tenuti dopo l’attacco, il presidente Bush ha detto: «La libertà è stata attaccata ma noi la difenderemo». Bush ha dichiarato anche che i terroristi «non sono in grado di minare le fondamenta dell’America» e che «continueremo a difendere la libertà»6. Un sondaggio condotto da ABC e «Washington Post» nella settimana successiva all’attacco, tuttavia, rivelò che il 66% degli intervistati era disposto a rinunciare ad alcuni diritti e forme di libertà a favore della sicurezza. Il leader democratico del Congresso, Richard Gephardt (del Missouri), ha dichiarato al «Washington Post» che l’erosione delle libertà civili era “inevitabile”. «Ci troviamo in un mondo nuovo», ha detto. «È necessario trovare un punto d’equilibrio tra sicurezza e libertà». Il governatore del Vermont Howard Dean, futuro candidato presidenziale per il Partito Democratico, ha dichiarato che la crisi avrebbe richiesto «di riconsiderare l’importanza di alcune delle nostre specifiche libertà civili». E ha così proseguito: 6 «Reuters», 16 settembre 2001. www.edt.it/sparatesulpianista 15 Così ha osservato Robert O’Neil, del Centro “Thomas Jefferson” per la Difesa della Libertà d’espressione: In precedenti momenti storici di forte tensione a livello nazionale, il governo si è sentito spinto ed è apparso legittimato a svolgere un’azione di riduzione di determinate libertà fondamentali: ha sospeso l’habeas corpus durante la guerra civile, ha censurato il pubblico dissenso durante la prima guerra mondiale, ha internato quasi tutte le persone d’origine giapponese durante la seconda guerra mondiale, ha represso la protesta durante la guerra in Vietnam.7 Nonostante l’imbarazzo provocato in passato da tali azioni e il rammarico successivamente manifestato, dopo l’attacco dell’11 settembre il paese sembra destinato a ripetere gli stessi errori. Il senato USA ha rapidamente autorizzato l’FBI a intercettare le comunicazioni elettroniche e quelle via internet. Ha anche autorizzato le forze di polizia locale alla raccolta di dati personali (per esempio informazioni private di carattere scolastico e finanziario), e ha preso in considerazione il varo di misure legali volte a punire coloro che rivelano informazioni di origine governativa. Il Congresso ha inoltre esteso la definizione di “terrorista” a qualsiasi individuo si trovi, o possa trovarsi, a conoscenza del fatto che un’organizzazione da lui sostenuta (in qualsiasi modo) è coinvolta in attività terroristiche, autorizzando il sequestro dei beni dell’individuo sospetto8. 7 Jean Patman, 14 settembre 2001. 8 Ibid. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Penso che si discuterà molto di ciò che si può dire e in quale luogo lo si può fare, di ciò che è possibile stampare, del tipo di libertà di movimento di cui godono i cittadini e del diritto o meno della polizia di richiedere la carta d’identità ai cittadini mentre passeggiano per strada. Voci nella camera d’eco 16 Il più poderoso strumento legale varato all’indomani dell’11 settembre è stato l’USA Patriot Act Act, una legge che prevede un’enorme serie di deroghe alle disposizioni in fatto di privacy in caso di investigazioni da parte della di polizia. Grazie al Patriot Act gli investigatori possono avere accesso ai dati di librerie e biblioteche, mettere sotto controllo le comunicazioni tra avvocato e cliente, limitare l’accesso a informazioni e documenti governativi, e detenere individui sospetti di terrorismo senza motivazione o denuncia e senza garantire loro accesso alla tutela legale. La difesa dei diritti civili negli Stati Uniti è stata resa ancor più difficile dall’ottuso sciovinismo che permea il paese e ha generato una diffusa atmosfera d’intolleranza. Gli attivisti che lottano a favore della pace e dei diritti civili sono stati marchiati come “anti-americani” e “pazzi comunisti”. È diventato normale esporre la bandiera americana nei luoghi pubblici. Il conduttore di un talk-show nazionale ha parlato dell’American Civil Liberties Union come della «versione americana di Al Qaeda»9. Molte opinioni controcorrente e molte espressioni di dissenso sono state bollate come “antipatriottiche”. College e Università hanno inoltre adottato provvedimenti disciplinari nei confronti di membri del personale accademico che hanno manifestato opinioni controverse etichettate come “antipatriottiche”, e parecchi giornali hanno licenziato direttori che avevano espresso critiche nei confronti della politica del governo nord-americano. Tutto il paese ha visto crescere l’attenzione istituzionale e la discriminazione nei confronti degli arabi. Da un punto di vista musicale gli Stati Uniti hanno imboccato una direzione decisamente patriottica. Le playlist 9 Speak up at your own risk risk, 2001; cfr. il sito www.freedomforum.org. www.edt.it/sparatesulpianista 17 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre quotidiane delle emittenti radio hanno cominciato a includere canzoni normalmente utilizzate in occasione delle celebrazioni del 4 luglio [la Festa dell’Indipendenza, N.d.T.], per esempio “God Bless the USA USA” di Lee Greenwood, “We Shall Be Free” di Garth Brooks, “America, Why We Love Her” di John Wayne e la versione di Whitney Houston dell’inno nazionale americano “The Star Spangled Banner”. In meno di quattro mesi alcuni di questi pezzi (tra cui “Where the Stars and Stripes and Eagles Fly” di Aaron Tippin e “God Bless the USA USA” di Lee Greenwood) hanno scalato le classifiche dei singoli più venduti nel 2001 [“God Bless the USA” insieme a “God Bless America” di Irving Berlin (del USA 1918) sono state associate in una vendutissima compilation realizzata dalla Sony nell’ottobre 2001, N.d.T.]. La disinformazione prodotta dall’esplosione sciovinistica post-11 settembre non ha risparmiato neppure figure pubbliche che godono di grande popolarità e rispetto. L’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, ad esempio, è stato fortemente criticato per aver dichiarato che l’attenzione rivolta dal presidente Bush alle tre nazioni dell’“Asse del Male” era «eccessivamente semplicistica e controproducente». Il giorno 17 settembre Bill Maher, conduttore del programma Politically Incorrect della ABC, mentre discuteva degli eventi della settimana prima con l’ospite Dinesh D’Souza, ha affermato che «l’azione dei terroristi non era stata certo un gesto da codardi». Il giorno successivo numerosi inserzionisti fra cui FedEx, Sears e Quizno’s Subs hanno ritirato la loro pubblicità dal programma, che poco più tardi fu eliminato dal palinsesto della ABC. L’11 settembre ha prodotto effetti raccapriccianti su ogni aspetto della vita americana, ma sembra aver avuto un impatto particolarmente negativo sulle arti. Poche settimane dopo l’attacco, in segno di rispetto per la sensibilità dei visitatori, il Baltimore Museum of Art ha ritirato dalle sale un dipinto Voci nella camera d’eco 18 del 1990 intitolato Terrorista. La decisione ha attratto notevole attenzione da parte dei media nei confronti del Museo. La direzione ha affermato che l’opera sarebbe successivamente tornata in esposizione, accompagnata da una dichiarazione che spiegava le motivazioni creative che stavano alla base del lavoro dell’artista10. A seguito di numerose proteste nei confronti di un lavoro artistico che implicava una forma di violenza contro il presidente degli Stati Uniti, l’Art Car Museum di Houston, in Texas, ha ricevuto la visita dei servizi segreti. L’opera in questione si intitolava Empty Trellis (Rete vuota) e consisteva in un disegno a carboncino raffigurante il presidente Bush racchiuso da una rete metallica per piante. L’artista ha dichiarato che l’opera riguardava la politica ambientale del governo statunitense11. Nell’ottobre 2001 il quotidiano newyorkese «Newsday» e numerosi altri giornali hanno soppresso la pubblicazione della striscia di vignette intitolata Boondocks, perché criticava il sostegno dato dagli Stati Uniti a Osama bin Laden negli anni Ottanta, durante l’invasione sovietica in Afghanistan. A dicembre dello stesso anno la direttrice del South East Museum of Photography di Daytona Beach, in Florida, si è dimessa dopo aver dichiarato di aver ricevuto l’ordine di cancellare una mostra di fotografie dell’Afghanistan12. Tali eventi, assai preoccupanti per chiunque abbia a cuore la libertà d’espressione nelle arti visive, impallidiscono di fronte a ciò che è successo nel campo della musica, la forma più diffusa di arte contemporanea. 10 «The Baltimore Sun», 2001. 11 «Houston Chronicle», 2001. 12 «Daytona Beach News-Journal», 2001. www.edt.it/sparatesulpianista 19 Gli eventi dell’11 settembre hanno messo quasi subito l’industria musicale americana in una difficile posizione. Disorientati dall’accaduto, numerosi artisti e case discografiche si sono sentiti in dovere di manifestare la propria solidarietà imponendosi un’autolimitazione. Dave Matthews ha rinunciato al progetto di pubblicare il singolo “When the World Ends” (“Quando il mondo finisce”); i Bush hanno modificato il titolo del loro nuovo singolo da “Speed Kills” (“La velocità uccide”) a “The People That We Love” (“La gente che amiamo”); i Cranberries hanno ritirato il video di “Analyse” a causa delle numerose sequenze che raffiguravano aerei e grattacieli; i Dream Theater hanno modificato la copertina del loro triplo album dal vivo eliminando le immagini di una New York in preda alle fiamme; Sheryl Crow ha riscritto i testi di numerose canzoni del suo imminente album. Molte di queste azioni sono state dettate semplicemente da scelte di gusto fatte a seguito dell’attacco dell’11 settembre. Ma non sempre è andata così. Gli Strokes, per esempio, hanno eliminato dall’album Is This It il pezzo “New York City Cops” (“Poliziotti di New York”). Il testo e l’argomento della canzone parlano di una storia d’amore, ma contengono versi come “i poliziotti di New York / non sono tanto furbi”, che all’indomani degli attentati avrebbero potuto causare irritazione nel paese13. Il sito web ufficiale del gruppo Rage Against The Machine – una sorta di forum virtuale in cui i fans dibattono Estratto della canzone “New York City Cops”, degli Strokes: “Le autorità se ne sono accorte / Cara sono preso in mezzo / ho detto ogni notte / Lei non smette di ripetere / I poliziotti di New York / non sono tanto furbi”. 13 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Episodi di censura musicale a seguito dell’11 settembre Voci nella camera d’eco 20 una quantità di argomenti sociali e politici – ha chiuso le proprie pagine di discussione poco dopo l’attacco, a causa delle domande rivolte dai funzionari federali al gruppo e agli amministratori del sito. Questi hanno affermato di aver ricevuto numerose proteste per il contenuto “sovversivo” dei commenti sulla bacheca del sito. L’azienda che ospitava il sito ha chiuso i forum nel timore che questi apparissero legati alla “retorica anti-americana”. L’etichetta discografica 75 Ark ha obbligato la band hip-hop The Coup a modificare la copertina dell’album Party Music. L’immagine originale, creata dall’etichetta un anno e mezzo prima, mostrava una foto della band di fronte a un World Trade Center che saltava in aria. L’immagine era senza dubbio minacciosa, ma non era in alcun modo legata all’attacco terroristico. Pur non essendo ancora andata in stampa, la copertina dell’album era già stata inviata ai media in formato elettronico come anticipazione sulla pubblicazione del disco. Poco dopo l’attacco, il leader del gruppo Boots Riley ha dichiarato che la copertina «era intesa come una metafora della distruzione dello stato capitalistico attraverso la musica». Immagine di copertina per l’album Party Music della band The Coup, ritirata per volontà della casa discografica 75 Ark www.edt.it/sparatesulpianista 21 È interessante notare come nell’ultimo anno la ricostruzione degli eventi da parte di Riley sia in qualche modo cambiata. In un primo tempo il leader del gruppo ha dichiarato di aver opposto forti resistenze alla richiesta di modifiche della copertina. In seguito ha però impercettibilmente mutato tale versione, affermando di essersi preoccupato soprattutto del fatto che un cambiamento della copertina avrebbe potuto essere interpretato come un venir meno alla marcata ideologia anti-capitalistica del gruppo. 14 15 Soren Baker, 7 novembre 2001. 16 Cfr. il sito www.75ark.com. 17 Anthony Tommasini, 25 novembre 2001. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Inizialmente Riley si è detto contrario alla sostituzione dell’immagine, ma in un secondo tempo ha ceduto alle pressioni della casa discografica14. «Due ore dopo l’evento ci hanno chiamato al telefono dicendo: “Ok, dovete cambiare la copertina dell’album. Senza discussioni”», ricorda Riley. «Tutto qui. È stato il primo di una serie di atti di censura cui ho assistito»15. L’unico commento pubblico sulla copertina, apparso successivamente, è giunto da un comunicato stampa dell’etichetta, che diceva: «La 75 Ark riconosce e sostiene la libertà d’espressione dei propri artisti. Gli eccezionali eventi recenti, tuttavia, ci impongono di realizzare una nuova copertina per l’album»16. Il compositore classico John Adams si è visto cancellare dalla Boston Symphony Orchestra le recite della sua nuova opera The Death of Klinghoffer. La direzione dell’orchestra ha dichiarato che i timori nazionali causati dal terrorismo richiedevano un atto di autocontrollo e «un comportamento incline alla sensibilità». Da parte sua Adams ha affermato che «in questo paese non esiste praticamente spazio per le opinioni dell’altra parte, per la prospettiva palestinese all’interno di un’opera d’arte. Susan Sontag ha detto recentemente che erano più di quarant’anni che non si vedeva un clima simile e io sono d’accordo con lei»17. Voci nella camera d’eco 22 Liste nere radiofoniche? Il caso di Clear Channel L’episodio di censura musicale che nelle settimane successive all’11 settembre ha richiamato maggiormente l’interesse pubblico ha avuto origine subito dopo l’evento terroristico. Poche ore dopo l’attacco a Washington e New York, i responsabili della programmazione di Clear Channel, la più grande rete radiofonica statunitense, hanno cominciato a far circolare all’interno dell’azienda, a livello informale, un elenco di brani giudicati di cattivo gusto a seguito della tragedia: si trattava di pezzi che si riteneva contenessero riferimenti letterali o metaforici un po’ troppo diretti ai recenti avvenimenti. La lista era nata spontaneamente dai programmatori locali e conteneva oltre 150 canzoni definite “discutibili dal punto di vista testuale”, ma successivamente è stata distribuita a tutti i programmatori da Jack Evans, vicepresidente della programmazione a livello regionale. All’epoca in cui è stato compilato l’elenco, Clear Channel era proprietaria in tutto il paese di oltre 1100 stazioni radiofoniche18 e raggiungeva più di 110 milioni di ascoltatori alla settimana. L’azienda possedeva anche importanti interessi economici nella promozione di concerti, nella pubblicità stradale e in altri settori pubblicitari. L’elenco compilato da Clear Channel si discostava notevolmente da quelli prodotti dall’attività di programmazione delle altre stazioni radiofoniche che dopo la tragedia cercavano di capire quali canzoni potevano aggiungere alle proprie playlist. Soltanto Clear Channel si è concentrata sui pezzi da eliminare dalle trasmissioni. Cioè il 10% di tutte le stazioni radiofoniche degli Stati Uniti, percentuale apparentemente piccola che non rispecchia affatto la diffusione e il peso di Clear Channel. Se il restante 90% è nelle mani di altri proprietari, la proprietà di Clear Channel controlla però la maggior parte delle emittenti radiofoniche importanti e di grandi dimensioni all’interno dei mercati più ricchi. 18 www.edt.it/sparatesulpianista 23 Rispettivamente “Volare”, “Jet di linea”, “Diavolo mascherato”, “Solo i buoni muoiono giovani”, “Grandi sfere di fuoco”, “Fai irruzione nella mia vita” (ma anche “Ti scontri”, come nel caso di un incidente aereo) e “Danzare in strada”. Per l’elenco completo si rimanda in coda al documento. 19 The Reactions Keep Coming, 14 settembre 2001, su «Hits Daily»; cfr. il sito www.hitsdailydouble.com. 20 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre La lista, inviata via e-mail, includeva tra gli altri pezzi come “Fly”, “Jet Airliner”, “Devil in Disguise”, “Only the Good Die Young”, “Great Balls of Fire”, “Crash Into Me”, “Dancing in the Street” e molti altri19. Giunta nelle redazioni dei media nazionali, la notizia ha tratto in inganno la maggior parte dei giornalisti, dando origine a una serie di giudizi affrettati. In un primo tempo i reporter si sono persuasi dell’esistenza della lista, per poi in un secondo tempo convincersi, altrettanto velocemente, che si trattava di una bufala. Nel momento di massima diffusione, la notizia è stata diramata da tutte le principali agenzie di stampa e pubblicata o citata da quasi tutti i media degli Stati Uniti. La versione originale era che Clear Channel aveva esplicitamente vietato la trasmissione di determinate canzoni per evitare di risultare offensiva e causare controversie all’indomani della tragedia. Questa versione dei fatti però non rispondeva a verità. In un primo momento erano state stilate diverse versioni dell’elenco, messe in circolazione tra colleghi delle stazioni radiofoniche locali. Evans aveva preso quegli elenchi, ne aveva elaborato una versione definitiva e dalla direzione centrale l’aveva trasmessa via e-mail a tutte le stazioni della catena radiofonica. Il messaggio della direzione tuttavia non richiedeva esplicitamente il bando dei pezzi, ma invitava i responsabili della programmazione a “darsi dei limiti” nella scelta di canzoni da mandare in onda. La notizia del “caso Clear Channel” è comparsa il 14 settembre su numerosi siti web dell’industria radiofonica20, per Voci nella camera d’eco 24 poi essere ripresa da un articolo apparso su «Slate.com» e infine diffusa dai media nazionali il 17 settembre21. In un primo tempo Clear Channel ha negato l’importanza della lista. La portavoce Pam Taylor l’ha presentata come un’iniziativa riconducibile al solo Evans, affermando che costui aveva compilato un elenco pensando «potesse contenere alcune canzoni che rischiavano di ferire la sensibilità [degli ascoltatori], dopo i tragici eventi della settimana scorsa». «È stata un’iniziativa personale, presa per dare una mano ai responsabili della programmazione. Nessuno è stato costretto a fare alcunché», ha precisato la Taylor. «Una lista nazionale inviata a tutti i direttori della programmazione con l’ordine “Non trasmettere questo pezzo” avrebbe provocato una reazione immediata e molti avrebbero subito gridato alla censura radiofonica»22. Siccome però la stampa ha continuato a discutere della vicenda per giorni, Clear Channel ha deciso di cambiare tattica, cercando di negare completamente l’esistenza della lista. Pesando attentamente le parole, l’azienda ha diramato un comunicato stampa intitolato: «Clear Channel dichiara che la “lista nera” nazionale non esiste». Il comunicato del 18 settembre sosteneva che «Clear Channel Radio non ha bandito alcuna canzone dalle trasmissioni delle proprie emittenti radiofoniche». Il testo riportava anche le dichiarazioni del dirigente di Clear Channel, Mark P. Mays, secondo il quale «Clear Channel crede fermamente nel Primo Emendamento e nella Libertà di parola. Sosteniamo e diamo valore alla comunità artistica, così come sosteniamo lo sforzo fatto da parte del management e del personale addetto alla programmazione delle Eliza Truitt, It’s the end of the world as Clear Channel knows it it, 17 settembre 2001; cfr. il sito www.slate.com. 21 22 A. Davis 2001, Radio get patriotic series, p. 2B. www.edt.it/sparatesulpianista 25 Per il testo completo del comunicato stampa di Clear Channel si rimanda in coda al documento. 23 James Sullivan, 18 settembre 2001; Mark Armstrong, 18 settembre 2001; Frank Ahrens, 18 settembre 2001; Brad King, 18 settembre 2001; Douglas Wolk, 26 settembre 2001. 24 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre nostre emittenti per adottare un atteggiamento responsabile nei confronti dei mercati locali»23. Il comunicato sembra mettere fine alla discussione, ma dev’essere letto non soltanto per ciò che dice ma anche per ciò che non dice. Clear Channel ha fatto correttamente notare che l’e-mail originale non aveva ordinato a nessuno di mettere al bando alcuna canzone, ma non ha neppure smentito l’esistenza di un elenco di pezzi “discutibili dal punto di vista testuale” emendato dalla direzione, distribuito alle varie stazioni dai dirigenti e infine utilizzato dai dipendenti della catena radiofonica. In sostanza la dichiarazione ha correttamente negato l’esistenza di un divieto esplicito, ma non quella di un elenco distribuito alle singole emittenti. Inoltre il comunicato non nega la possibilità di operazioni di tipo censorio esercitate dai dipendenti della catena. L’iniziativa di Clear Channel, mentre sottolinea l’assenza di esplicite azioni di censura legate alla “lista”, costituisce un perfetto esempio di censura musicale nella sua forma più implicita. Indipendentemente dalle intenzioni della catena radiofonica, la censura c’è stata. Secondo quanto riferito dai media, un certo numero di programmatori di Clear Channel ha dichiarato di non aver seguito i suggerimenti contenuti nell’e-mail diffusa dalla direzione, ma un numero di gran lunga superiore ha detto di aver eliminato alcuni pezzi dalle playlist a causa dell’elenco, o dell’invito a “limitarsi” contenuto nell’e-mail: tra questi vi era il personale di alcune delle maggiori stazioni di Clear Channel in città come Los Angeles, New York, Cleveland, Houston e Chicago24. A ciò Voci nella camera d’eco 26 occorre aggiungere che Evans, pur senza aver dato alcun ordine esplicito ai suoi dipendenti, esercita come dirigente un’enorme influenza sulle carriere dei destinatari del suo messaggio. È evidente che quando qualcuno come Evans fornisce suggerimenti ai direttori della programmazione, per costoro è conveniente seguirli. Sfortunatamente i media non hanno analizzato con la dovuta attenzione le dichiarazioni rilasciate da Clear Channel. Dopo aver dato in un primo tempo notevole spazio al controverso episodio, hanno chiuso rapidamente la vicenda definendola una “bufala” e facendola scomparire dal dibattito pubblico. Grazie all’astuta formulazione adottata dal comunicato stampa di Clear Channel, i media hanno preso per buone, senza riflettere, le parole della catena radiofonica e hanno riferito che l’elenco non era mai esistito. La maggior parte degli articoli ha sostenuto che le notizie precedenti avevano la stessa attendibilità delle fandonie diffuse su internet, come le catene di Sant’Antonio per arricchirsi e le storie dei bambini malati a cui scrivere. Le discussioni sulla complicata verità che sta dietro alle varie accuse e alle varie ritrattazioni, intorno all’elenco diffuso da Clear Channel, tendono a nascondere gli aspetti più preoccupanti della vicenda. Il vero problema sta nel contenuto della lista, che spinge a chiedersi esattamente che cosa i dirigenti e i programmatori della catena radiofonica stessero cercando di limitare. La lista comprendeva perlopiù canzoni con testi contenenti riferimenti al fuoco, alla morte e agli aerei: e in questo caso si è trattato probabilmente di un tentativo sincero (ancorché sconsiderato), di mostrarsi sensibili alle violente emozioni suscitate dall’attacco dell’11 settembre. Ma l’elenco invocava anche la censura di brani come “Peace Train” di Cat Stevens, “Imagine” di John Lennon e di tutti i pezzi dei Rage Against The Machine. Che rapporto c’era tra questi e l’attacco www.edt.it/sparatesulpianista 27 25 Neil Strauss, 19 settembre 2001. 26 Ibid. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre aereo suicida? Assolutamente nessuno. Però in passato tutti gli artisti in questione avevano espresso opinioni politiche divergenti dagli orientamenti dominanti. «Se le nostre canzoni sono in qualche maniera “discutibili”, lo sono perché incoraggiano le persone a mettere in discussione il tipo di ignoranza che fomenta l’intolleranza», ha affermato Tom Morello dei Rage Against The Machine, in una dichiarazione trasmessa via e-mail. «Intolleranza che può condurre alla censura e alla soppressione delle nostre libertà civili, e nei casi più estremi al genere di violenza cui abbiamo assistito»25. L’inclusione di molte canzoni nella lista indica un preoccupante livello di letteralismo e di pregiudizio nell’esame del contenuto verbale. Per fare un esempio, uno dei due brani di Peter and Gordon contenuti nella lista era “I Go to Pieces” (“Vado in pezzi”). «Immagino che una canzone che parla di qualcuno che va in pezzi può essere irritante se intesa in senso letterale», ha dichiarato Peter Asher, componente del duo, «ma un’affermazione come “I can’t live without love” (“Non posso vivere senza amore”) vale sia in momenti di crisi che in tempi normali. È una dichiarazione assolutamente a favore dell’amore, e in un momento come questo non può che essere d’aiuto»26. L’elenco includeva inspiegabilmente altre canzoni, come un pezzo di successo delle Bangles del 1987 intitolato “Walk like an Egyptian” (“Cammina come un egiziano”). Secondo Vicki Peterson, chitarrista del gruppo, la presenza del pezzo nella lista era assurda perché non esiste alcun collegamento tra l’Egitto e l’attacco dell’11 settembre. «Dev’essere uno scherzo», ha dichiarato la Peterson. «In questi momenti il Voci nella camera d’eco 28 potere terapeutico della musica, e in particolare di alcune di queste canzoni, può essere di grande conforto»27. La lista conteneva effettivamente molte canzoni in grado di offrire consolazione alle persone scosse dai tragici eventi e vari pezzi che sembravano scritti per l’occasione. È il caso, per esempio, di “Bridge Over Troubled Water” di Paul Simon, i cui versi recitano: Quando sei stanco E ti senti inutile Quando i tuoi occhi sono pieni di lacrime Io le asciugherò. Oppure il caso del richiamo utopico contenuto in “Imagine” di John Lennon: Dirai che sono un illuso Ma non sono l’unico Spero che un giorno ti unirai a noi E che il mondo viva in unità. “Imagine”, scritta sul retro di un conto d’albergo durante un viaggio aereo e pubblicata nel 1971, è diventata una specie di inno universale. Secondo alcuni critici la canzone di Lennon disegna l’ipotesi di un mondo immaginario totalmente avulso dalla realtà. Ma questa è anche la ragione per cui il pezzo è diventato tanto popolare: perché rappresenta una testimonianza del potere della musica, e delle altri arti, di prefigurare e immaginare un mondo migliore. Perché ispira e sostiene il desiderio di impegnarsi, migliorarsi e andare avanti, di sperare in un futuro più luminoso. Occorre chiedersi perché quest’idea e le emozioni che essa suscita siano parse tanto pericolose da spingere Clear Channel a cercare di evitarne la diffusione via etere. 27 Sarah Hochman 2001, p. F58. www.edt.it/sparatesulpianista 29 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre L’esistenza della lista e le decisioni che ne sono seguite offrono un esempio perfetto di come un tentativo, in buona fede, di mostrarsi rispettosi del dolore altrui possa facilmente scivolare lungo la china che conduce alla soppressione della libertà d’espressione. Ma non è stata la prima volta che la radio statunitense ha praticato la censura in nome delle buone intenzioni. Nel 1940 la catena radiofonica NBC mise al bando, giudicandole “oscene”, 147 canzoni contenenti possibili allusioni di tipo sessuale, tra cui anche la versione di Billie Holiday di “Love for Sale”. Nel 1942 il governo degli Stati Uniti inviò alle emittenti radiofoniche un elenco di disposizioni cui attenersi in tempo di guerra: tra queste vi era il divieto di trasmettere bollettini meteorologici (che si supponeva potessero favorire attacchi aerei nemici) e un invito a sospendere i programmi con richieste degli ascoltatori (che si temeva servissero a trasmettere messaggi in codice). Nel 1954 la nota rivista «Billboard» si schierò a favore di una campagna mirante a eliminare il rhythm&blues dalle playlist radiofoniche, sostenendo che gli artisti di questo genere di musica «mostrano cattivo gusto e ignorano i valori morali convenzionali». Nel 1967 la catena radiofonica ABC e un gruppo denominato Comitato delle Madri Americane fecero pressione affinché venisse vietata la trasmissione di tutte le canzoni che «celebravano il sesso, la blasfemia e la droga». Parecchie settimane dopo la conclusione delle polemiche sulla lista di Clear Channel, i suoi effetti sulle playlist della catena erano ancora evidenti. Le stazioni radio di Clear Channel a Tampa, in Florida, continuavano a escludere dall’etere numerosi pezzi indicati nella lista. «In questo momento cerchiamo di mantenerci prudenti e di prestare attenzione a ciò che può risultare offensivo», ha dichiarato Brad Hardin, il Voci nella camera d’eco 30 responsabile della programmazione dell’emittente. «Continuiamo ad affrontare la situazione giorno per giorno»28. Riportiamo qui di seguito altri importanti episodi di censura verificatisi durante lo stesso periodo: 1. A Rock Hill, in South Carolina, il gruppo giovanile della Northside Baptiste Church ha dato alle fiamme centinaia di cd e ha dichiarato che si trattava di un gesto di protesta contro la musica pop, che secondo alcuni esponenti promuove la violenza sessuale e l’omicidio. «Sono stufa di vedere un mondo che cerca di costringerci a far cose che non dovremmo fare», ha detto l’esponente del gruppo Patricia Trovinger. «Prima di tutta quella roba bisogna mettere Dio, che può esserti utile molto più di tutti quegli artisti»29. 2. Una serie di stazioni radio specializzate in musica country ha messo al bando la canzone “Red Ragtop” del cantante country Tim McGraw, a causa del suo controverso contenuto riguardante l’aborto. La canzone narra di una giovane coppia che decide di non avere un figlio. «Si tratta di musica, dovrebbe toccare l’animo della gente», ha commentato la moglie di McGraw, la cantante di country Faith Hill. «Penso che la canzone parli della vita, non dall’aborto. Racconta la storia di due vite, di tre vite»30. 3. Nel settembre 2002 la Pepsi ha cancellato il contratto con l’artista rap Ludacris, ingaggiato come testimonial, appena un giorno dopo che Bill O’Reilly, conduttore delle Fox News, lo aveva definito un «rapper teppista [che] abbraccia le ragioni della violenza, della droga e del disprezzo nei confronti delle donne». O’Reilly ha criticato la Pepsi per aver firmato un contratto con Ludacris, affermando che «gli americani dovrebbero far sapere ai mercanti del cattivo 28 A. Davis 2001, p. 2B. 29 Mark Boone 2002. 30 Dave Ferman 2002. www.edt.it/sparatesulpianista 31 Musica di protesta, attivismo musicale e censura durante la “guerra al terrore” Lo shock e le discussioni sulla strage dell’11 settembre hanno ceduto lentamente il passo al dibattito sulla reazione degli Stati Uniti, ossia sulla cosiddetta “guerra al terrore”32. Secondo la camera d’eco mediatica in questa nuova fase non era opportuno manifestare dissenso politico ma bensì unità, senso del limite e tatto, così come era avvenuto immedia31 M. Oh, 6 settembre 2002; cfr. il sito www.mtv.com. È interessante notare come l’espressione sia normalmente tradotta in italiano come “guerra al terrorismo”. In realtà la formulazione originale inglese “war on terror” ha un significato assai meno preciso, perché appare non rivolta contro un soggetto identificabile ancorché vago (i “terroristi”), ma nebulosa e connotata in senso morale, psicologico e quasi religioso (il “terrore”). [N.d.T.] 32 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre gusto che non è possibile avvalersi dei servigi di individui corruttori e incompetenti»31. La Pepsi ha espresso le sue scuse nei confronti di coloro che fossero stati offesi da Ludacris. L’artista a sua volta ha dichiarato: «Il mio messaggio rappresenta un’ideologia e uno stile di vita mio e in certa misura delle nuove generazioni, uno stile che le forze economiche e politiche non possono influenzare». La Pepsi ha deciso di mantenere il contratto con altri dei suoi testimonial, come ad esempio il gruppo rock Papa Roach, nonostante sia apparso in un film per adulti e in pubblico nella posa di urinare in alcune bottiglie di Gatorade, prodotte dalla Pepsi. Poco dopo l’attacco dell’11 settembre, l’artista hip-hop Michael Franti ha eseguito con il suo gruppo Spearhead il brano “Bomb da World” (“Bombarda il mondo”) durante la registrazione del Late Late Show di Craig Kilborne. Il pezzo è stato eliminato dalla trasmissione prima di andare in onda. Franti ha dichiarato successivamente che l’FBI teneva sotto controllo l’attività del suo gruppo. Voci nella camera d’eco 32 tamente dopo l’attacco. In tale occasione lo sciovinismo dei media americani si è mostrato talmente aggressivo da spingersi ad attaccare qualsiasi individuo anche soltanto sospettato di esprimere una critica al presidente o alla guerra al terrore, oppure di sostenere posizioni in contrasto con quelle ufficiali. Nel luglio 2004, cioè due mesi prima della pubblicazione ufficiale del pezzo, il «Wall Street Journal» e il «New York Post» criticarono la canzone di Steve Earle “John Walker’s Blues”, invocandone la censura33. Il brano guardava agli eventi recenti attraverso gli occhi di Walker, un giovane americano arrestato in Afghanistan mentre combatteva a fianco dei talebani34, senza però appoggiarne le scelte né il destino, né prendere alcuna posizione ideologica rispetto alle sue convinzioni. Secondo quanto dichiarato dal conduttore radiofonico di Nashville, Steve Gill, «abbracciando la causa di John Walker e dei suoi amici talebani, Earle corre il rischio di diventare la Jane Fonda della guerra al terrorismo». Parecchie stazioni radiofoniche hanno smesso di trasmettere la musica dei Jethro Tull, dopo che il cantante Ian Anderson ha dichiarato a un giornalista dell’«Asbury Park Press»: «Non sopporto la vista della bandiera americana che sventola da ogni maledetta station wagon, da ogni SUV, da ogni casetta del Midwest di certe zone residenziali. È facile confondere il patriottismo con il nazionalismo. Sventolare la bandiera non serve». Il giorno dopo, da diversi talk-show radiofonici si è levata la richiesta di bandire la musica dei Jethro Tull dalle rispettive emittenti. Secondo Phil LoCascio, direttore di programmazione della WCHR WCHR, emittente rock del New Jersey, «Il nostro pubblico si è schierato al 99% a favore 33 «The Wall Street Journal», 24 luglio 2002. Catturato dalle forze statunitensi in Afghanistan, è stato riportato in patria, processato e condannato a vent’anni di carcere. 34 www.edt.it/sparatesulpianista 33 35 «Associated Press», 13 novembre 2003. 36 Salim Muwakkil, 2001. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre del bando e si è mostrato al 99% incredulo nei confronti di affermazioni tanto stupide da parte dell’artista. Per quanto ci riguarda il bando è permanente»35. Questo genere di punizione sembra applicarsi a tutte le espressioni di idee politiche difformi dalle convinzioni dominanti, non soltanto a quelle legate alla guerra al terrore. Il cantante rock Bruce Springsteen, originario del New Jersey, si è visto rifiutare la scorta e il servizio d’ordine dalla polizia dopo aver suonato varie volte il brano “American Skin” in alcuni concerti allo Shea Stadium. Il brano è ispirato all’uccisione di un immigrato africano disarmato, di nome Amadou Diallo, da parte di quattro poliziotti di New York, che avevano scambiato il suo portafoglio per una pistola. Quando un alto ufficiale della polizia è venuto a sapere che Springsteen aveva in repertorio la canzone per il concerto di quella sera, è partito l’ordine di ritirare il servizio di protezione. Nelle serate successive il cantante ha eliminato il pezzo dalla scaletta e la polizia ha ripreso il servizio. Negli stati della Florida e di New York alcuni funzionari della polizia hanno utilizzato la nuova legislazione anti-terrorismo per giustificare un’azione di cosiddetto rapper profiling ling. La polizia aveva usato in precedenza norme anti-terrorismo per combattere le bande giovanili, e siccome riteneva i rapper vicini alle bande, ha creato dossier segreti su musicisti rap come Jay-Z, Puff Diddy, 50 Cent, Dark Man X e Ja Rule36. I file approntati dalla polizia della Florida sono stati riuniti in un “dossier-guida” alto dieci centimetri, completo di foto dei musicisti e di informazioni dettagliate sui loro movimenti nella zona. A New York numerosi poliziotti hanno preso parte a seminari di tre giorni su come identificare artisti di rap per Voci nella camera d’eco 34 conto di altri dipartimenti di polizia che erano interessati a tenerli sotto controllo. Il portavoce della polizia di Miami Beach, Bobby Hernandez, ha dichiarato a questo proposito che «rinunciare a questo genere d’informazioni o evitare di predisporre le opportune misure di sicurezza sarebbe un grave atto d’irresponsabilità». Prima e durante l’invasione dell’Iraq i casi di censura musicale diretta sono stati rari. Quando però si sono verificati, essi hanno mostrato ancora una volta il potere della camera d’eco mediatica e la sua capacità di agire da elemento catalizzatore. Numerosi musicisti che rappresentavano un punto di riferimento del movimento contro la guerra (o che erano anche semplicemente “ritenuti vicini” a tale movimento) sono stati più volte attaccati con violenza dai media e dall’opinione pubblica schierati a favore della guerra. I sostenitori del conflitto, in particolare, si sono mostrati molto sensibili a ogni genere di dichiarazione ostile rilasciata da personaggi famosi attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione. Siti internet, editoriali di quotidiani e trasmissioni radiofoniche e televisive dedicati all’attualità hanno ritenuto che musicisti, attori e scrittori abusassero della propria popolarità, e si sono lanciati in campagne miranti a impedire che tali personaggi facessero leva sulla propria fama e sul proprio profilo pubblico per parlare della guerra, o meglio, più specificamente, per rendere nota la propria opposizione alla guerra37. Le manifestazioni dei media a sostegno del patriottismo e a favore della guerra, al contrario, sono state spesso accolte con favore e raramente messe in discussione. Il cantante e chitarrista Lenny Kravitz è stato pesantemente criticato per aver manifestato un’aperta opposizione al conflitto. Ha riferito di aver ricevuto un enorme numero di lettere e telefonate contrarie alla sua decisione di pubblicare 37 Cfr. il sito www.ipetitions.com/campaigns/hollywoodceleb.html. www.edt.it/sparatesulpianista 35 Il suono della verità che esce dalla mia bocca Il 10 marzo 2003, poco prima d’interpretare “Travelin’ Soldier”, durante un concerto a Londra che aveva registrato il tutto esaurito, la solista delle Dixie Chicks, Natalie Maines, ha dichiarato su due piedi: «Proprio così, ci vergognamo del fatto che il presidente degli Stati Uniti sia nato in Texas». Si è trattata di una frase pronunciata d’impulso, non prevista né ripetuta in alcuna delle altre tappe del tour. Nei precedenti spettacoli il gruppo aveva dedicato la canzone ai soldati che combattono lontano da casa. In un primo tempo la dichiarazione, che in seguito in patria avrebbe dato origine a un’enorme quantità di controversie, non ha causato molto scalpore. Cinque dei sei giornali londinesi che hanno recensito lo spettacolo non hanno minimamente 38 Sarah Gilbert, 27 marzo 2003. 39 John Wiederhorn, 31 marzo 2003. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre una canzone contro la guerra intitolata “We Want Peace”, alla cui incisione aveva partecipato un cantante pop iracheno in esilio. Il «New York Post» ha bollato Lenny Kravitz come «l’amico del nemico»38. Consapevole della crescente ostilità nei confronti della musica di opposizione alla guerra, Madonna ha prima modificato e poi ritirato dalla circolazione il video di “American Life”. Le vivide immagini anti-guerra comprendevano una scena in cui Madonna lanciava una granata contro un sosia di George Bush. A questo proposito la cantante ha rilasciato la seguente dichiarazione: «A causa dell’incertezza della situazione mondiale e in nome della sensibilità e del rispetto per le forze armate, che appoggio e per le quali prego, desidero evitare il rischio di offendere chiunque possa fraintendere il significato del video»39. Voci nella camera d’eco 36 accennato al commento. Non solo: dopo aver assistito al concerto, l’ambasciatore americano in Gran Bretagna si è recato personalmente a salutare il gruppo nei camerini, senza fare alcun riferimento alle parole pronunciate dalla cantante. Il commento è comparso soltanto due giorni dopo sul quotidiano londinese «The Guardian», che in una tiepida recensione dello spettacolo ha giudicato l’osservazione della Maines “inconsueta”. Pochi giorni dopo il testo dell’articolo pubblicato su «The Guardian» è ricomparso sul sito ultraconservatore www.freerepublic.com, fornitore di materia prima per i talk-show conservatori nordamericani. Le notizie pubblicate sul sito, infatti, costituiscono la fonte dalla quale la maggior parte dei talk-show radiofonici e televisivi reazionari traggono normalmente l’argomento di discussione del giorno. Il giorno successivo la notizia era rimbalzata in ogni angolo degli Stati Uniti. Riportata da numerosi media e discussa da quasi tutti i conduttori di talk-show del paese, ha provocato immediatamente una reazione violenta contro il gruppo. Poco dopo lo scoppio della polemica, le Dixie Chicks hanno rilasciato un comunicato stampa dal tono assai deciso e poco conciliante. Il gruppo ha dichiarato di trovarsi all’estero da diverse settimane, dove «il livello del sentimento antiamericano è incredibile. Appoggiamo i nostri soldati, ma l’idea di far guerra all’Iraq è assolutamente spaventosa». In un’altra dichiarazione la stessa Maines ha affermato: «Ho la sensazione che il presidente ignori l’opinione di molti cittadini americani e del resto del mondo. Il mio commento è nato da questo senso di frustrazione, e siccome sono americana ho la possibilità di esprimere il mio punto di vista»40. Le scuse delle cantante in ogni caso non hanno placato l’indignazione provocata dai precedenti commenti. Di fatto, 40 «Associated Press» 2003, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista 37 41 «Yahoo News» 2003, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre il tono della dichiarazione ha ulteriormente alimentato la rabbia delle persone ostili al gruppo. La notizia del commento fatto dalla Maines ha coinciso con l’ansia scatenata dall’attacco statunitense contro l’Iraq, causando una reazione immediata e brutale nei confronti delle musiciste texane. I sostenitori della guerra hanno invocato all’istante una severa punizione per il trio, senza preoccuparsi di verificare la veridicità o la fondatezza della citazione. Il giorno dopo la comparsa della notizia sul sito, decine di stazioni radio (e parecchie catene radiofoniche) hanno eliminato dalle playlist tutte le canzoni delle Dixie Chicks. A quel punto, una volta consolidatasi l’idea del bando radiofonico, «Freerepublic.com» ha iniziato a fomentare la protesta dal basso, rendendo disponibili on-line elenchi di stazioni radio completi di numero di telefono e indirizzo e-mail dei conduttori. A Houston due stazioni di musica country – KILT-FM e 93Q – hanno effettuato sondaggi online per decidere sulla permanenza o meno della musica delle Dixie Chicks nelle loro playlist. In entrambi i casi la grande maggioranza di coloro che hanno risposto al sondaggio (73%) ha sostenuto che il gruppo doveva essere bandito dai programmi per i suoi commenti. «Da questo momento smettiamo di mandare in onda i dischi delle Dixie Chicks e continuiamo a monitorare la situazione», ha dichiarato il direttore di KILT, Jeff Garrison. «Gli ascoltatori si sono espressi in maniera molto chiara. E ora questa è la nostra posizione». Il dj Fred Hudson ha aggiunto: «I telefoni hanno cominciato a suonare alle cinque del mattino e non si sono più fermati»41. Nel giorno in cui si è diffusa la notizia, una stazione radiofonica di Dallas ha registrato centinaia di chiamate di persone Voci nella camera d’eco 38 che hanno definito il gruppo “anti-Bush”, “anti-americano” e “anti-esercito”. A Kansas City, subito dopo l’inizio della polemica, tutte le stazioni di musica country hanno messo al bando le Dixie Chicks. Secondo un dipendente di KBEQ-FM, l’emittente ha cominciato a ricevere qualcosa come 700 telefonate al giorno ostili al gruppo. La radio ha ulteriormente perfezionato il boicottaggio del trio convocando gli ascoltatori e invitandoli a un “lancio delle Chicks”, consistente nel buttare i cd della band in un bidone appositamente collocato di fronte ai locali dell’emittente. Non tutti gli appassionati di musica country della città hanno tuttavia sottoscritto il bando. «Alcuni degli artisti che mi piacciono hanno detto cose che non condivido», ha affermato l’ascoltatrice di country Shawn Peterson, «ciò non mi impedisce però di continuare ad ascoltarli». La più massiccia azione di censura radiofonica nei confronti del gruppo è stata intrapresa da Cumulus Media, che ha ritirato il materiale delle Dixie Chicks da tutte le sue 42 stazioni di musica country sparse per il paese. Secondo il «Los Angeles Times», la catena radiofonica ha informato la casa discografica Monument Records (Sony) che avrebbe ricominciato a mandare in onda la musica delle Dixie Chicks soltanto dopo un messaggio pubblico di scuse firmato personalmente dalla Maines, senza accontentarsi di uno dei comunicati stampa rilasciati in precedenza. Il bando resta in vigore a tutt’oggi. A Bossier City, in Louisiana, un gruppo di cittadini indignati ha organizzato una manifestazione nel corso della quale si è tenuta una cerimonia di distruzione di massa di cd: mucchi di dischi della band sono stati prima calpestati da un gruppo di bambini e poi schiacciati da un mezzo cingolato42. 42 Warren St. John, 23 marzo 2003. www.edt.it/sparatesulpianista 39 43 «Associated Press», 20 marzo 2003, p. 1. 44 Ibid. 45 G. Boucher 2003, p. A2. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Lo stato del South Carolina ha votato una risoluzione che richiedeva alle Dixie Chicks di offrire un concerto di beneficenza a favore delle famiglie dei militari43. Catherine Ceips, la rappresentante che ha presentato l’iniziativa, ha detto di intendere tale atto come «un ramoscello d’ulivo offerto alle Dixie Chicks». «Ma soltanto dopo aver chiesto scusa», ha ribattuto James Smith, suo collega e uomo politico locale, «per aver esercitato la propria libertà di parola, giusto?»44. La Maines è anche stata oggetto di numerose parodie e ha visto le proprie dichiarazioni paragonate ai commenti dell’attrice Jane Fonda durante la guerra in Vietnam. Alcune caricature fotografiche hanno ritratto la Maines nell’atto di coccolare Saddam Hussein, presentando le copertine dei dischi delle Dixie Chicks con il nome del gruppo alterato in “The Terrorist Chicks”. Inviti a censurare la cantante sono comparsi su numerosi siti web creati per tappare la bocca alle celebrità ostili all’invasione dell’Iraq, come www.boycotthollywood.us e www.famousidiot.com. Secondo il folksinger Tom Paxton, la band non meritava il boicottaggio. «La cosa puzza abbastanza di maccartismo», ha dichiarato. «Eliminiamo tutte le voci dissenzienti. Io invece dico: lasciatele parlare e lasciatele cantare»45. Alla fine della rovente settimana, Natalie Maines ha rilasciato una seconda dichiarazione più conciliatoria in cui affermava: «Come cittadina americana coinvolta nel problema, desidero chiedere scusa al presidente Bush per le mie considerazioni irrispettose. Ritengo che chiunque svolga tale ruolo meriti il massimo rispetto. Anche se la guerra può costituire una delle strade perseguibili, in qualità di madre desidero soltanto vedere percorse tutte le possibili alternative Voci nella camera d’eco 40 per evitare la perdita delle vite di soldati americani. Amo il mio paese e sono orgogliosa di essere americana»46. Le classifiche radiofoniche di quella settimana compilate da Nielsen Broadcast Data mostrano che il gruppo, che nella settimana precedente aveva due pezzi nella top 40 country, era completamente sparito dalle graduatorie. Gli effetti della polemica sono però andati ben oltre la semplice diffusione radiofonica, provocando un calo delle vendite di cd (da 124.000 copie a settimana a sole 32.000 copie nella settimana d’inizio del boicottaggio). Nel frattempo la Lipton Tea ha annunciato di voler rinunciare alla sponsorizzazione del tour nordamericano della band. «La questione va al di là delle vendite di dischi», ha detto Emily Robinson, componente delle Dixie Chicks, la cui casa è stata danneggiata e la cui famiglia ha ricevuto telefonate minatorie. «Io sono preoccupata per la sicurezza della mia famiglia». La band ha persino predisposto l’uso di metal detector in occasione delle prime date del tour americano, iniziato poche settimane dopo il culmine delle polemiche mediatiche. Martie Robinson, sorella di Emily e anch’essa componente del gruppo, ha aggiunto: «Penso che sia normale e accettabile ricevere lettere dai fans. Sappiamo che alcuni dei nostri ammiratori sono rimasti sorpresi e irritati e possiamo capirli. Però ora mi chiedo dove sta il limite. È normale che qualcuno danneggi le proprietà di Emily? È normale ricevere lettere minatorie?»47. Nel corso di un’intervista fatta da Diane Sawyer per il programma ABC intitolato Primetime Thursday, la Maines ha detto: «Se mi dispiace aver sollevato domande e non essermi semplicemente conformata? No, non mi dispiace. Accettate 46 «Associated Press», 15 marzo 2003, p. 1. 47 Andrew Dansby 2003, p. 15. www.edt.it/sparatesulpianista 41 48 Trascrizione dalla trasmissione Primetime Thursday. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre le scuse che vi abbiamo offerto, ma non cercate di scusarci per ciò che siamo»48. L’episodio ricorda una polemica analoga verificatasi trentasette anni prima nella primavera del 1966, quando una dichiarazione di John Lennon sulla popolarità tra i giovanissimi di Gesù Cristo e dei Beatles diede l’avvio a una serie di fraintendimenti. Secondo quanto riferito allora dalla stampa americana Lennon aveva dichiarato: «Oggi siamo più famosi di Gesù Cristo». Il commento, riportato erroneamente, provocò un’aspra polemica che condusse a proteste, boicottaggi e alla distruzione di dischi dei Beatles. A Cleveland il pastore della New Haven Baptist Church minacciò di scomunicare i parrocchiani che avessero ascoltato dischi dei “quattro di Liverpool” o partecipato ai loro concerti (la band era in procinto di compiere un lungo tour negli Stati Uniti). Le polemiche infuriarono ancora durante l’estate, quando numerose emittenti radiofoniche eliminarono dalla programmazione la musica dei Beatles e persino alcune stazioni che non la trasmettevano dichiararono di aderire alla protesta. Per finire il Ku Klux Klan inchiodò i dischi dei Beatles ad alcune croci, date poi alle fiamme, mentre lo stato della Pennsylvania votò una legge che impediva al gruppo di esibirsi sul suo territorio durante la tournée. Quando le Dixie Chicks, il 1° maggio 2003, hanno inaugurato il loro tour americano a Greenville, in South Carolina, le polemiche si erano ormai praticamente esaurite. In alcune occasioni vi sono state ancora proteste e il gruppo si è avvalso di un servizio di sicurezza più rigido di quello solitamente impiegato durante gli spettacoli pop. A Greenville, dopo la terza canzone, la Maines ha invitato coloro che si erano presentati al concerto con l’intenzione di fischiarla a dar voce al proprio malcontento. Si sono sentiti alcuni fischi, Voci nella camera d’eco 42 poi rapidamente sommersi dal boato del resto del pubblico. Il tour ha visto altre contestazioni di poco conto in occasione di diversi spettacoli. A dispetto dei timori sulla fattibilità del tour, provocati dalle polemiche, quasi tutti i concerti hanno registrato il tutto esaurito. La risposta soffia nel vento Anche se la questione non riguarda esclusivamente il problema della censura musicale, è importante notare come la musica abbia giocato un ruolo inconsueto e imprevisto all’interno del movimento nato dopo l’11 settembre contro la guerra. Come già accaduto nel corso di conflitti militari che in passato avevano coinvolto gli Stati Uniti, molti musicisti si sono mostrati assai attivi nel sostegno al governo e alle truppe impegnate al fronte, mentre altri si sono schierati con il fronte del dissenso. Dopo gli eventi dell’11 settembre, la musica di protesta ha prodotto un impatto quasi nullo sul dibattito politico negli Stati Uniti49. All’indomani dell’attacco è comparsa una notevole quantità di pezzi scritti contro la guerra, come “March of Death” di Zack de la Rocha e DJ Shadow, “The Final Straw” dei R.E.M., “We Want Peace” di Lenny Kravitz, “The Price of Oil” di Billy Bragg, “In a World Gone Mad” dei Beastie Boys, “To Washington” di John Mellencamp, “Why Do Men Fight?” di Mick Jones e una nuova versione del classico di Cat Stevens “Peace Train”. Tra tutti i brani tuttavia soltanto “Boom” dei System of a Down – un pezzo scritto anni prima in occasione della guerra del Golfo e pubblicato dalla band nel 2002 sull’album Steal This Album! – ha ottenuto un livello significativo di 49 Cfr. il sito www.nytimes.com/2003/02/20/opinion/20THU4.html. www.edt.it/sparatesulpianista 43 50 Dan Epstein, 14 febbraio 2003. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre distribuzione e diffusione radiofonica. A prescindere dalle possibili ragioni, quasi tutta la musica scritta contro la guerra ha suscitato poco interesse tra gli oppositori della guerra, anche a livello degli attivisti di base. La musica di protesta ha raggiunto il culmine della popolarità come forma di comunicazione politica e sociale all’epoca della guerra in Vietnam. Il conflitto ha prodotto una quantità di pezzi notissimi ormai diventati dei classici, come “War” di Edwin Starr, “Give Peace a Chance” di John Lennon, “Fixin’ to Die Rag” di Country Joe, “Bad Moon Rising” dei Creedence Clearwater Revival e “What’s Going On” di Marvin Gaye. Ma il fenomeno non si è ripetuto in occasione dei successivi conflitti che hanno coinvolto gli Stati Uniti. Secondo alcune teorie la diminuita importanza rivestita dalla musica nel corso di azioni militari successive è dovuta alla situazione di minore urgenza e di minor coinvolgimento personale rispetto alla guerra in Vietnam, quando il conflitto fu molto più impopolare e costrinse un gran numero di giovani americani riottosi a prestare servizio nell’esercito50. Altri musicisti, come Tom Morello degli Audioslave e Serj Tankian dei System of a Down, hanno puntato il dito contro la deregulation dell’industria musicale e l’aziendalizzazione delle etichette discografiche e delle playlist radiofoniche. Secondo i due artisti, tali circostanze hanno contribuito alla scomparsa della musica di protesta, dato che stazioni radio e case discografiche oggi cercano di evitare le polemiche e d’ignorare gli artisti che manifestano idee politiche impopolari. Michael Stark, produttore del Tom Joyner Radio Program, un programma distribuito a livello nazionale, ha espresso un giudizio analogo dichiarando: «Non credo che assisteremo Voci nella camera d’eco 44 a nulla di simile a quanto è accaduto durante la guerra in Vietnam, quando le radio hanno rappresentato la voce della rivoluzione e di un mondo alternativo. Oggi questo in radio non può più succedere. Da lì è probabile che invece arrivi la voce del mondo degli affari»51. Altri replicano che una teoria di questo tipo ignori completamente l’interesse delle aziende per il denaro: «Se una casa discografica importante sa di poterci guadagnare sopra, è disposta a pubblicare anche un disco “sovversivo”», ha osservato Anthony Castillo degli Slow Motorcade di Los Angeles. «La motivazione dei media si fonda sul profitto»52. Secondo Jon Pareles, editorialista del «New York Times», l’assenza di un’azione musicale efficace contro la guerra è dipesa dal fatto che dopo l’11 settembre gli stessi musicisti sono apparsi profondamente divisi53. In effetti i musicisti hanno reagito con generosità e rapidità all’attacco terrorista, dedicando diverse canzoni e offrendo spettacoli di beneficenza. Ciò può aver creato una contraddizione nel momento di scegliere tra compassione per le vittime degli attacchi e protesta contro le successive azioni di ritorsione. Per fare un esempio: c’è stato un tempo in cui gli U2 durante i concerti incitavano il pubblico a intonare “No War!”, ma dopo l’11 settembre e il bombardamento dell’Afghanistan, nel corso dello spettacolo da loro tenuto nell’intervallo del Super Bowl, la band ha intonato “Beautiful Day”, mentre sullo schermo dietro il palco scorrevano i nomi delle vittime dell’attacco terroristico54. In un’intervista rilasciata nel 2004 alla rivista «Interview», Elton John ha dichiarato di essere convinto che i musicisti contemporanei non siano all’altezza della situazione: «Oggi 51 Neil Strauss, 20 marzo 2003. 52 Ibid. 53 Jon Pareles, 9 marzo 2003. 54 Jeff Chang, 16 aprile 2002. www.edt.it/sparatesulpianista 45 G. Poole, 10 agosto 2004. Ibid. 57 D. Cave, 11 dicembre 2003. 55 56 58 R. Simmons, 10 marzo 2003. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre in America c’è una terribile atmosfera di paura. Sono tutti ossessionati dalla carriera»55. L’opinione del musicista inglese è confermata da Owen Sloane, veterano e avvocato esperto in questioni musicali: «Gli artisti di oggi suonano musica superficiale e mancano di un’autentica visione. Non hanno la profondità di pensiero di un Dylan»56. Anche se la musica ha prodotto uno scarso impatto sul dibattito politico, numerosi musicisti hanno preso apertamente posizione contro l’escalation militare degli Stati Uniti in Medio Oriente. Tra gli artisti che hanno rilasciato dichiarazioni contrarie all’invasione dell’Afghanistan e alla guerra in Iraq figurano Conor Oberst dei Bright Eyes, Shakira, Chuck D del gruppo Public Enemy, Sheryl Crow, Thievery Corporation, Ani DiFranco e il rapper Mr. Lif. Molti altri si sono mobilitati per impedire la rielezione di Bush nella campagna elettorale del 2004, come Green Day, NOFX, Tom Morello, Dixie Chicks, Don Henley, Steve Earle, Offspring, Tom Waits, John Fogerty e James Taylor57. Alcuni musicisti, sotto l’egida dell’Hip-Hop Summit Action Network, hanno dato vita a un’iniziativa chiamata “Musicisti uniti per la vittoria senza la guerra”. Il gruppo, comprendente Russell Simmons, Rosanne Cash, Lou Reed, David Byrne e numerosi altri, ha acquistato un’intera pagina del «New York Times» per pubblicare una lettera aperta diretta al presidente Bush, in cui si dichiarava: «La pace non è l’assenza di guerra ma la presenza di giustizia. Signor Presidente, nel nostro paese assistiamo al dilagare della povertà e vediamo le speranze e le aspirazioni di milioni di giovani sacrificate sull’altare del disinteresse nazionale»58. Voci nella camera d’eco 46 I “Musicisti uniti” non hanno pianificato altre attività se non successive inserzioni sui giornali59. Un vasto numero di musicisti – tra cui Bruce Springsteen, Neil Young, R.E.M., Pearl Jam e Dixie Chicks – ha preso parte all’iniziativa “Vote for Change”, tenendo una serie di concerti negli stati decisivi per le elezioni presidenziali del 2004. Il tour si è svolto nell’ottobre di quell’anno con l’obiettivo di stimolare la partecipazione dei votanti contrari alla rielezione di George Bush. Nell’opinione di alcuni osservatori l’iniziativa ha avuto scarso successo perché, pur opponendosi risolutamente al secondo mandato di Bush, non è stata capace di offrire una prospettiva che andasse oltre il rifiuto del presidente in carica. Nonostante questo livello di attivismo e la generale ostilità manifestata dalle istituzioni nei confronti di tutti i musicisti e le star contrari alla guerra, la reazione degli artisti è apparsa assai più tiepida del previsto. In occasione della cerimonia dei Grammy Awards 2003, il timore di proteste durante le esibizioni ha dato origine a voci secondo cui i dirigenti della CBS avevano messo in guardia gli artisti in attesa di salire sul palco, avvisandoli di non utilizzare in alcun modo la manifestazione per esprimere opinioni politiche. Le voci si sono poi rivelate false, ma durante la premiazione nessun musicista ha manifestato posizioni esplicite contro la guerra. Desperado. La censura di Linda Ronstadt Enorme da ogni punto di vista, il complesso dell’Aladdin Resort and Casino di Las Vegas è un perfetto esempio dell’idea di “grandezza” che caratterizza oggi la città del Nevada. Il complesso immobiliare dell’Aladdin comprende 2567 stanze, un centro commerciale con 140 negozi, 7000 metri quadri di 59 «Fenton», 27 febbraio 2003. www.edt.it/sparatesulpianista 47 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre spazi per conferenze, sei ristoranti, due piscine, una cappella per matrimoni e oltre 12.500 metri quadri di aree dedicate al gioco d’azzardo, per una superficie totale di 35 acri. L’Aladdin possiede anche tre sale per spettacoli, la più grande delle quali è l’Aladdin Theater, un teatro da 7000 posti utilizzato di frequente per concerti ed eventi sportivi. La sala costituisce uno dei locali più redditizi di tutta Las Vegas e ha ospitato musicisti del calibro di Sting, Lenny Kravitz, ZZ Top, Mary J. Blige ed Elton John. Sabato 17 luglio 2004 l’Aladdin aveva in cartellone uno spettacolo dell’artista Linda Ronstadt. L’esibizione era pubblicizzata dal locale come un “Greatest Hits Tour”, che vedeva la solista accompagnata dalla Baltimore Symphony Orchestra. La Ronstadt fece il suo ingresso in scena in una situazione difficile sin dall’inizio. Il «Las Vegas Review-Journal» aveva riportato alcuni commenti negativi espressi dalla cantante su Las Vegas e ciò aveva convinto alcune decine di spettatori a chiedere il rimborso del biglietto. Inoltre la Ronstadt era irritata per il lavoro di promozione del concerto svolto dal locale. Il tour era stato organizzato per promuovere il suo ultimo album Humming to Myself Myself, terzo di una serie di dischi che la vedevano interpretare alcuni standard accompagnata da un’orchestra. La cantante ha dichiarato che mentre stava andando dall’aeroporto verso il teatro aveva invece visto un manifesto che pubblicizzava la serata come uno show con i suoi maggiori successi. La Ronstadt iniziò il concerto con il suo hit del 1983 “What’s New?”, dopodiché si rivolse al pubblico manifestando disappunto per il modo in cui gli organizzatori locali avevano pubblicizzato lo spettacolo. Il concerto continuò poi con alcuni standard degli anni Venti, Trenta e Quaranta arrangiati da Nelson Ridde, come “Bewitched, Bothered and Bewildered”, “Never Will I Marry” di Frank Loesser, “Lush Life” di Billy Strayhorn e “Get Out of Town” di Cole Porter. Voci nella camera d’eco 48 La cantante interpretò quindi alcune versioni arrangiate per orchestra di suoi successi come “Ohh Baby, Baby”, “Just One Look” e “Blue Bayou”. L’esibizione non fu comunque gradita da numerosi spettatori, molti dei quali durante lo spettacolo si alzarono dalle poltrone per chiedere il rimborso del biglietto. La Ronstadt si impappinò nei testi di “Blue Bayou”, ritrovandosi senza fiato in alcuni passaggi e concludendo la canzone in spagnolo (secondo alcuni testimoni gridando, piuttosto che cantando). La recensione del concerto pubblicata dal «Las Vegas Sun» riassunse la serata in questi termini: «Esibizione per lo più piatta e priva d’entusiasmo da parte di una delle migliori cantanti degli anni Settanta e Ottanta. Performance senza ispirazione e in generale monocorde. Scarsa la presenza scenica della cantante, che tra un pezzo e l’altro si è mossa come una sonnambula»60. Rendendosi conto che la serata non stava andando per il verso giusto, la Ronstadt tagliò venti minuti dello spettacolo concludendo l’esibizione in anticipo. Poi, alla fine del bis di prammatica, annunciò che avrebbe interpretato “Desperado” degli Eagles. Si tratta di un pezzo che la Ronstadt, nell’ultimo mese, aveva eseguito alla fine di ogni concerto dedicandolo sempre a Michael Moore, autore del film Farenheit 9/11, che aveva sollevato polemiche alla sua presentazione avvenuta poche settimane prima. «Voglio parlare di una persona che considero un grande patriota», disse. «Penso che ami profondamente il suo paese e che sia impegnato nella ricerca della verità. Il suo nome è Michael Moore». La Ronstadt è un’attivista politica di lunga data. Anni fa è stata compagna di Jerry Brown, ex governatore della California e candidato presidenziale. Piuttosto attiva all’interno 60 Jerry Fink 2004, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista 49 61 G. Boucher - R. Hilburn 2004, p. E1. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre del movimento antinucleare degli anni Ottanta, tiene con frequenza concerti di beneficenza a favore di varie cause. Non era la prima volta che dedicava una canzone a figure discusse. Nel corso di un precedente tour, ad esempio, aveva dedicato “Straight Up and Fly Right” ai dirigenti della Enron Corporation. La sua dedica a Moore dunque non costituiva certamente un’eccezione. Il pubblico reagì alla dedica con un miscuglio di applausi e fischi. La Ronstadt aveva assistito a episodi simili durante tutte le precedenti date del tour e si aspettava quella reazione. Anzi, l’aveva addirittura prevista nel corso dell’intervista con il «Review-Journal», dichiarando: «Dicono che il paese è profondamente diviso, ed è proprio così. Metà del pubblico applaude e l’altra metà fischia. A volte non riesco a capire questo paese e ho veramente paura per lui. Il governo ci sta facendo odiare da tutto il mondo, anche da quelli che un tempo erano nostri amici». A questo punto la cronaca di ciò che successe alla fine del concerto dipende in gran parte dalla fonte d’informazione. Secondo alcuni la reazione negativa provocata dalla dedica a Moore si esaurì lì: la Ronstadt cantò il suo pezzo e il pubblico le tributò un caloroso applauso. Nell’opinione di altri, invece, il concerto si concluse nel caos. «È stata una scena molto brutta» ha detto Bill Timmins, presidente dell’Aladdin, all’«Associated Press». «Dopo le lodi [a Moore] è scoppiato di colpo il finimondo»61. Secondo Timmins, il pubblico lanciò bicchieri sul palco in segno di protesta, uscì in massa dalla sala e strappò le locandine del concerto prima di allontanarsi dall’edificio. Le dichiarazioni di numerosi testimoni oculari contraddicono il racconto di Timmins. Paula Francis, presentatrice Voci nella camera d’eco 50 di una televisione locale, era presente al concerto. «Quando ho letto sui giornali che tutto il pubblico aveva protestato sono rimasta senza parole», ha detto. «Si sono sentiti parecchi fischi e anche una notevole quantità di applausi. Dopodiché la gente si è calmata ed è sembrata gradire il resto dello spettacolo. Alla fine del pezzo il pubblico si è alzato in piedi e ha applaudito calorosamente la cantante. Non ho visto alcuna persona furiosa»62. La Ronstadt dice di aver sentito i fischi all’inizio ma in seguito di non aver notato alcuna contestazione. «Nessuno ha lanciato bicchieri o altro all’interno della sala», racconta. «Non so che cosa sia successo nella hall del teatro, ma se qualcuno si è comportato da ragazzaccio non ci posso far nulla. Non credo sia stata la prima volta che a Las Vegas girava gente ubriaca, no?»63. Indipendentemente dalla cronaca dei fatti accaduti in teatro, ecco che cosa successe subito dopo. Timmins diede l’ordine di allontanare immediatamente la Ronstadt dal teatro. Appena uscita di scena, la cantante fu scortata fuori dell’hotel, senza neppure avere il tempo di recuperare le sue cose dalla suite. Nell’occasione le fu comunicato di essere persona non grata come musicista e come ospite e le venne intimato di non farsi mai più vedere in quel luogo. «Si è reso necessario allontanarla», ha detto la portavoce dell’Aladdin, Tyri Squyres. «Voleva sobillare il pubblico e lo ha fatto fino al punto di renderlo furioso». La Squyres ha sostenuto che metà del pubblico ha lasciato la sala in segno di protesta, ma l’affermazione appare esagerata rispetto alle stime di altre persone presenti all’evento. La portavoce dell’Aladdin ha aggiunto che la Ronstadt non ha reagito in 62 Andrew Gumbel 2004, p. 28. 63 Elysa Gardner 2004, p. D6. www.edt.it/sparatesulpianista 51 64 Jerry Fink 2004, p. 2. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre malo modo alla richiesta di andarsene: «Non si può dire che fosse contenta, ma ha collaborato»64. In seguito il botteghino dell’Aladdin è stato contattato da un centinaio di spettatori che chiedevano il rimborso del biglietto. La cifra è stata considerata dalle parti in causa alternativamente grande o piccola: in realtà, pur trattandosi di una cifra superiore alla media, il numero di richieste di rimborso ha raggiunto all’incirca il 2% del totale dei biglietti venduti. In ogni caso l’episodio ha dato rapidamente il via a una serie di proteste che chiedevano un intervento contro la Ronstadt e altre persone di spettacolo che avevano rilasciato dichiarazioni contro la guerra in Iraq. Secondo i critici, la dedica della canzone a Michael Moore ha rappresentato l’ennesimo esempio di come persone di spettacolo di orientamento progressista utilizzino la fama come strumento di propaganda politica. Per costoro era necessario prendere provvedimenti. Convinte che l’allontanamento della Ronstadt dal teatro di Las Vegas non fosse stato una misura sufficientemente severa, numerose organizzazioni come i “Citizens Against Celebrity Pundits” e “Boycott Hollywood” hanno intrapreso iniziative miranti a inasprire la censura nei confronti della cantante e a screditarne le dichiarazioni politiche. Hanno inoltre lanciato campagne di boicottaggio e censura, organizzando anche un massiccio invio di lettere che miravano a mettere a tacere importanti personaggi dello spettacolo, allontanandoli dalla scena pubblica. Gli eventi di Las Vegas hanno dato origine a più di 80 editoriali sui giornali. Alcuni si sono dichiarati favorevoli alla Ronstadt, altri hanno condannato il suo comportamento appoggiando l’azione del personale dell’Aladdin. Secondo Voci nella camera d’eco 52 uno di questi editoriali, «la Ronstadt aveva pieno diritto di fare le proprie affermazioni ma, prendiamone atto, il livello di arroganza delle star dev’esser diventato talmente alto da spingerle a quest’assurdo salto di logica: “Se la gente mi apprezza come cantante, di sicuro sarà ansiosa di conoscere le mie idee in materia politica”»65. Due settimane dopo, il 29 luglio, durante uno spettacolo nell’area di Los Angeles, il cantante Don Henley fu sonoramente fischiato per essersi dichiarato amico della Ronstadt. Secondo l’«Orange County Register», Henley reagì ai fischi dicendo: «In questo paese una volta esisteva un dibattito civile. Oggi non esiste più»66. Michael Moore ha preso personalmente posizione inviando una lettera aperta a Timmins, in cui aveva scritto: «L’ultima volta che ho controllato, Las Vegas faceva ancora parte degli Stati Uniti. E negli Stati Uniti esiste qualcosa chiamata Primo Emendamento. Si tratta di un diritto costituzionale che consente a ciascuno di noi di dire ciò che vuole […]. Il vostro gesto di buttar fuori dal teatro Linda Ronstadt per aver osato pronunciare poche parole di sostegno per me e il mio film è stato davvero stupido e anti-americano. Francamente non avevo mai sentito parlare di un fatto del genere»67. In cambio della cancellazione del veto alla Ronstadt, Moore ha anche dichiarato di essere disposto a presentarsi in teatro con lei per cantare insieme “America the Beautiful”. Timmins si è giustificato sostenendo che la Ronstadt non aveva il diritto di esprimere le proprie opinioni politiche sul palcoscenico: «La nostra città è visitata da gente che viene da ogni parte del mondo per divertirsi. Abbiamo ingaggiato la Ronstadt 65 «Augusta Chronicle», 22 luglio 2004, p. A04. 66 Malcolm Mayhew 2004, p. D4. 67 Andrew Gumbel 2004, p. 28. www.edt.it/sparatesulpianista 53 68 Jerry Fink 2004, p. 2. 69 Jenny Eliscu 2004, p. 26. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre come intrattenitrice, non come attivista politica. Non è una questione d’idee di sinistra o di destra. Lei è salita sul palco e ha fatto le sue dichiarazioni. Non era il luogo opportuno per un gesto di questo tipo». «Il nostro primo e unico obiettivo è quello di divertire il pubblico», ha poi aggiunto. «Ho preso la decisione di chiedere alla signora Ronstadt di lasciare l’hotel. Le sue dichiarazioni hanno fatto infuriare un sacco di gente. La situazione poteva facilmente precipitare e io non volevo trovarmi in mezzo ad altri problemi»68. È interessante notare che all’epoca l’Aladdin era sull’orlo del fallimento ed era stato messo in vendita, e che dunque il bando perpetuo lanciato da Timmins contro la Ronstadt era in realtà privo di qualsiasi fondamento. In effetti il complesso è stato venduto poco dopo alla catena di ristoranti Planet Hollywood. A quel punto il presidente della nuova società proprietaria ha cercato di placare le acque, dichiarando che in futuro la Ronstadt sarebbe stata la benvenuta e invitando anche scherzosamente Moore a duettare con lei. Dopo che si erano concluse le polemiche sui giornali la Ronstadt ha dichiarato al «Rolling Stone» di non essere per nulla pentita, sottolineando di aver continuato a dedicare “Desperado” a Moore in chiusura di tutti i suoi concerti, compresi quelli tenuti nel pieno della polemica. «È come se fosse stata la mia campagna elettorale personale», ha detto. «In tutta la mia carriera nello spettacolo non ho mai visto una simile reazione. Quest’anno ci sono le elezioni. Voglio che la gente tiri la testa fuori dal sacco, riceva qualche informazione e vada a votare. […] Non credo che questo sia il momento di tirarsi indietro»69. Voci nella camera d’eco 54 L’episodio accaduto alla Ronstadt all’interno dell’Aladdin rappresenta certamente un caso di censura. Ma in tale occasione vale la pena di rilevare anche l’esistenza di un altro livello, più subdolo: l’eccessivo nervosismo mostrato dal personale del teatro di fronte all’espressione da parte della Ronstadt di posizioni e commenti politici da lei fortemente sentiti. È evidente che il personale dell’Aladdin non era contrario all’espressione di qualsiasi opinione politica. Il teatro aveva esposto stendardi patriottici, manifestato a sostegno delle truppe e dello sforzo bellico e consentito ad altri musicisti di esprimere posizioni diverse sulla guerra al terrore. Quando la Ronstadt dedicò la sua canzone a Moore, tuttavia, la reazione fu rapida, viscerale e inequivocabile. In realtà la dirigenza dell’Aladdin non sembrò preoccupato dell’inopportunità del gesto, ma della necessità di prendere immediatamente le distanze dalle sue dichiarazioni. La direzione si convinse che l’unico modo per rimarcare la propria presa di distanza dalla Ronstadt consisteva nell’umiliarla apertamente. Da un punto di vista puramente affaristico, la decisione del direttore appare criticabile ma comprensibile. In un clima di crescente intolleranza da parte dell’opinione pubblica statunitense nei confronti del dissenso, l’Aladdin voleva evitare di ritrovarsi su una lista di teatri sottoposti a boicottaggio a causa della dedica di una cantante. Nel caso in questione è anche necessario stigmatizzare il comportamento dei media, che si sono semplicemente limitati a riferire alcune affermazioni senza raccontare l’evento, analizzare le informazioni ricevute o tentare di scoprire la verità sull’accaduto. Il pressapochismo dei media ci impedisce oggi di sapere con precisione quanta gente ha lasciato il teatro in segno di protesta, e quali siano stati effettivamente i gesti d’ostilità rivolti alla cantante all’interno del teatro (per esempio, l’ipotetico lancio di bicchieri o la distruzione delle locandine). Interrogati a proposito della condotta tenuta in www.edt.it/sparatesulpianista 55 Altri casi di censura nello stesso periodo 1. Nella contea di Maricopa (Arizona) lo sceriffo Joe Arpaio ha chiesto al negozio della catena Tower Records di ritirare dalla vendita un cd di rap prodotto localmente, che a suo dire manifestava un atteggiamento violento contro la polizia un disegno poco lusinghiero dello stesso sceriffo. Il cd prodotto da Gary Barocsi, un ex carcerato diventato artista rap con il nome di G Rival, conteneva versi come “Odio la legge / mi www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre tale occasione, i numerosi dipendenti dell’Aladdin coinvolti hanno minimizzato l’accaduto, sostenendo che l’incidente non aveva affatto danneggiato la Ronstadt. A loro modo di vedere, la cantante ha potuto proseguito il tour senza problemi e non è stata per nulla danneggiata da poche decine di richieste di rimborso. Motivazioni del genere non giustificano però in alcun modo l’azione intrapresa dal teatro di Las Vegas, come non la giustifica lo scarso peso avuto dall’incidente sulla carriera di un’artista popolare come la Ronstadt. Ma sfortunatamente negli Stati Uniti la reazione a controversie simili che riguardano personaggi famosi finisce molto spesso per fungere da modello di comportamento pubblico anche nei confronti di artisti meno noti. Se qualcuno può permettersi di criticare e censurare personaggi ricchi, famosi e amati come Marilyn Manson, Eminem e Linda Ronstadt, allora si può anche tentare di censurare artisti meno noti, in effetti risultano fortemente danneggiati da questo genere di azioni ostili. È un comportamento che fornisce un pessimo esempio di come trattare coloro che manifestano opinioni diverse dalle nostre. Se non manteniamo alta la guardia, quest’atteggiamento conduce facilmente a posizioni del tipo: «La pensano diversamente da me? Non meritano di esprimersi». Voci nella camera d’eco 56 piacerebbe colpire un poliziotto al mento / strofinargli ben bene la pelle / e immergerlo nella benzina”. La Tower Records ha accolto la richiesta dello sceriffo e ha ritirato il disco dal negozio. Così ha affermato la portavoce dell’azienda, Wendy Powell: «Crediamo profondamente nel Primo Emendamento, ma in questo caso dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità nei confronti della comunità»70. 2. Nell’agosto 2004 il procuratore generale del Kansas ha ritirato oltre 1600 cd dalla distribuzione bibliotecaria, sostenendo che promuovevano attività violente o illegali. I cd facevano parte di un lotto di oltre 50.000 album, donati allo stato dall’industria discografica come parte di un accordo antitrust, destinato alla distribuzione nelle biblioteche. I cd ritirati a seguito dell’intervento del procuratore generale comprendevano artisti come OutKast, The Notorious BIG, Rage Against The Machine, Stone Temple Pilots, Lou Reed e Devo. Dick Kurtenbach, dell’American Civil Liberties Union del Kansas, ha dichiarato a questo proposito: «[Il procuratore] ha applicato la propria idea di decenza alle biblioteche dello stato del Kansas. La questione non lo riguarda»71. 3. L’artista di dancehall giamaicano Beenie Man si è visto negare il diritto di partecipare alla cerimonia degli MTV Music Awards a causa del contenuto omofobico dei suoi testi. La cancellazione dell’esibizione costituisce soltanto una delle numerose azioni lanciate contro Beenie Man e altri artisti di dancehall, tra cui Elephant Man e Vybz Cartel, intraprese da gruppi che militano a favore dei diritti degli omosessuali. 4. Il video di “Megalomaniac” degli Incubus ha provocato una serie di polemiche per la presenza di un’immagine di figura alata simile a Hitler e di un’altra che ricordava il 70 Christina Leonard, 29 gennaio 2004. 71 David Twiddy, 6 agosto 2004. www.edt.it/sparatesulpianista 57 72 J.M. Wilkins, 4 ottobre 2004. 73 N.M. Moody, 16 luglio 2004. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre presidente Bush. Secondo i critici il video doveva essere bandito da MTV e da altre televisioni perché “anti-americano”. Il gruppo ha sostenuto che il pezzo, che conteneva il verso “Ehi megalomane, non sei Gesù, non sei un fottuto Elvis, Ritirati, ritirati”, rappresentava una critica a Bush. Il cantante Brandon Boyd ha dichiarato: «I più anti-americani in circolazione sono coloro che attaccano i cittadini americani per le loro opinioni. Quando comportamenti come questi cominciano a essere tollerati significa che stiamo andando a ritroso verso un’epoca tenebrosa»72. 5. Dopo aver pubblicato “Why”, il rapper Jadakiss è stato definito dal presentatore delle Fox News, Bill O’Reilly, un “trafficante d’insulti”. Il pezzo conteneva il verso “Perché Bush ha abbattuto le Torri?”, frase soppressa in sede di trasmissione da quasi tutte le stazioni radiofoniche. La Interscope, l’etichetta discografica di Jadakiss, ne ha ripubblicato il video eliminando il verso in questione. «Ha catturato l’attenzione dell’America bianca», ha dichiarato Jadakiss. «È un fatto positivo. Non importa che cosa fai, ci sarà sempre qualcuno che non gradisce, ma in generale la canzone è piaciuta a quasi tutti quelli che l’hanno sentita»73. Voci nella camera d’eco 58 Altre implicazioni Lo scandalo del capezzolo di Janet Jackson Negli Stati Uniti la finale del campionato di football professionale è conosciuta con il nome di “Super Bowl”. Si tratta di un evento che nel panorama dello sport americano non ha rivali, e che è spesso circondato da un apparato spettacolare molto più importante dello sport in questione. La 38ª edizione del Super Bowl non ha fatto eccezione. L’evento spettacolare organizzato in occasione del Super Bowl 2004 era prodotto da MTV e prevedeva l’esibizione di personaggi come Nelly, Justin Timberlake, Puff Diddy, Kid Rock e Janet Jackson. Il copione dello show prevedeva che Timberlake, durante l’esecuzione di un medley di canzoni con la Jackson, afferrasse una parte del costume della cantante e ne strappasse lo strato più esterno. Tuttavia durante lo spettacolo si è verificata quella che Timberlake ha più tardi definito come una “avaria dell’abbigliamento”: tirando il costume ha rimosso l’intera parte che copriva il seno destro della Jackson. L’avaria ha esposto per tre secondi il seno della Jackson alle telecamere che riprendevano l’esibizione in diretta, dopodiché la cantante si è resa conto dell’accaduto e si è coperta. Il giorno successivo la storia ha cominciato a risuonare all’interno della camera d’eco mediatica, dando inizio a polemiche che sarebbero durate per mesi. Pur stigmatizzando il comportamento della Jackson come “volgare”, “deplorevole” e “osceno”, i talk-show televisivi hanno iniziato a mandare in onda la sequenza a ripetizione. Secondo la TiVo, azienda che fornisce un servizio di registrazione automatica di programmi televisivi, il breve incidente del Super Bowl 2004 è stato l’evento più registrato e più visto dell’intera storia della compagnia. www.edt.it/sparatesulpianista 59 74 «MTV.com» 2004, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Incalzate dalle polemiche, la National Football League, la rete televisiva CBS ed MTV hanno preso le distanze dall’incidente sostenendo di non essere state informate in anticipo della coreografia prevista. Timberlake e la Jackson da parte loro hanno presentato pubbliche scuse (in verità la Jackson si è scusata per l’incidente in tre occasioni diverse). Timberlake ha dichiarato ai reporter della KCBS-TV di essere “scioccato” per i fatti l’accaduti durante il Super Bowl: «Sono soltanto riuscito a dire: “Oh Dio! Oh Dio!”, e poi l’ho guardata in faccia. Hanno portato un asciugamano sul palco e l’hanno coperta. Sono rimasto enormemente imbarazzato e appena ho potuto sono scappato dietro le quinte. Sono sconfortato da ciò che è successo, dal fatto che si sia messo in discussione il mio personaggio»74. Tutte queste esibizioni di rimorso non hanno però impedito una crescita esponenziale della pubblica indignazione. Per quanto riguardava i due artisti le polemiche sono sembrate indirizzarsi in modo particolare verso la Jackson: molti detrattori hanno infatti ritenuto che la cantante avesse deciso di denudarsi per pubblicizzare il suo imminente album. Gli organizzatori dei Grammy Awards, che avevano già invitato Timberlake e la Jackson a presentare l’evento, hanno minacciato di cancellare l’invito a entrambi a meno che questi non avessero presentato “un’altra volta” le proprie scuse durante la trasmissione. Timberlake ha accolto l’invito e si è scusato senza problemi in televisione con coloro che fossero stati offesi dalla vista dell’evento. Invece Janet Jackson, la cui partecipazione era prevista in occasione di un tributo a Luther Vandross, non ha accettato l’invito a rinnovare le proprie scuse ed è stata depennata dalla lista degli invitati alla cerimonia dei Grammy. Voci nella camera d’eco 60 La rete ABC, per di più, ha annunciato ai quattro venti di aver rinunciato ad assegnare alla Jackson il ruolo di protagonista in una biografia televisiva di Lena Horne di prossima realizzazione. Secondo alcune fonti la ABC aveva chiesto alla Jackson di rinunciare alla parte ma questa aveva rifiutato, acconsentendo soltanto quando la richiesta le è stata rivolta personalmente dalla Horne e dalla sua famiglia. Dopo il polverone iniziale le critiche hanno preso di mira soprattutto la CBS, colpevole di aver trasmesso l’evento in diretta senza adottare alcun tipo di differita. Soltanto poche settimane prima dell’incidente del Super Bowl, la FCC (Federal Communications Commission, ossia la commissione federale incaricata di regolamentare le trasmissioni radiotelevisive e il loro contenuto) aveva emesso un contestato verdetto a favore di Bono degli U2, affermando che questi, in occasione della cerimonia dei Golden Globe Awards, tenuta quasi un anno prima, non aveva violato le norme sulla decenza. Quando il pezzo degli U2 “The Hands That Built America”, contenuto nel film The Gangs of New York, aveva vinto un premio, Bono aveva aperto il suo discorso di accettazione del premio dichiarando che si trattava di un fatto «davvero fottutamente fantastico» («really, really fucking brilliant»). La FCC aveva motivato la propria decisione di non comminare una multa alla rete responsabile della trasmissione della cerimonia dei Golden Globe Awards, la NBC, in base al fatto che nella frase pronunciata da Bono la parola “fucking” era un aggettivo75. Per questo motivo il termine non ricadeva sotto la definizione corrente di contenuto osceno all’interno di un programma televisivo. La decisione aveva lasciato esterrefatte molte persone, ma era legalmente conforme alle norme, non Interpretato nel modo più letterale e pedante, il termine “fucking” – intercalare comunissimo nella parlata popolare anglofona – può anche essere inteso come verbo e significare “fottendo” o “fottere”. [N.d.T.] 75 www.edt.it/sparatesulpianista 61 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre di rado bizzarre, escogitate negli Stati Uniti per regolamentare i discorsi diffusi da radio e televisione. Il mondo radiotelevisivo nordamericano ha sempre avuto una serie di regole tutte sue riguardo alla libertà di parola al fine di evitare l’uso di espressioni oscene. Si tratta di norme fondate sull’idea che i mezzi radiotelevisivi sono fondamentalmente invasivi ed entrano nelle case della gente senza chiedere permesso. Ciò spiega perché questa forma è soggetta a restrizioni molto più severe di altre forme d’espressione. Le norme anti-oscenità della FCC derivano dall’allora innovativa legge radiofonica Radio Act del 1927, che stabilisce che «Nessun individuo soggetto alla giurisdizione degli Stati Uniti può utilizzare un linguaggio osceno, indecente o blasfemo nella comunicazione radiofonica». Si tratta di una disposizione ripresa dal Communication Act del 1934 e incorporata nel 1948 nel Codice Penale Federale degli Stati Uniti. La disposizione è stata varata agli albori del sistema radiofonico ma è rimasta inapplicata dalla FCC fino al 1970, quando è servita ad appioppare una multa a una stazione radiofonica di Philadelphia, rea di aver trasmesso un’intervista in cui Jerry Garcia, chitarrista dei Greatful Dead, faceva riferimento al sesso e agli escrementi. Il caso giuridico che ha stabilito le linee guida attuali della FCC è rappresentato dalla causa FCC versus Pacifica del 1975. La sentenza ha stabilito che non è possibile mandare in onda programmi indecenti nelle ore in cui questi possono essere visti o ascoltati dai bambini, ossia durante un intervallo temporale che va dalle sei del mattino alle dieci di sera, generalmente conosciuto sotto il nome di safe harbor (“fascia protetta”). La FCC ha operato per i successivi 26 anni sulla base di una definizione di indecenza che proibisce la messa in onda di materiale che rappresenta attività sessuali o organi escretori in forme che risultino palesemente offensive secondo gli standard della società contemporanea. Voci nella camera d’eco 62 Nei mesi che avevano preceduto l’11 settembre, la FCC aveva intrapreso una crociata anti-oscenità mai vista prima nella sua storia. Si tratta di una campagna nata nel 1999, quando la FCC ha creato un Ufficio di Sorveglianza per centralizzare e sveltire le risposte ai reclami sui casi di indecenza riguardanti le trasmissioni. Prima di allora quel genere di reclami era stato trattato insieme con tutte le altre questioni riguardanti l’attività della Commissione, che li aveva spesso considerati d’importanza marginale e se n’era occupata in maniera molto limitata. Si trattava di questioni che erano diventate talmente relative da spingere progressivamente la FCC, secondo numerosi funzionari dell’organizzazione, ad abbandonare il terreno del monitoraggio del contenuto per concentrarsi esclusivamente sulla regolamentazione delle attività nel campo delle telecomunicazioni. La creazione dell’Ufficio di Sorveglianza aveva stabilito che prima di multare un’organizzazione radiotelevisiva era necessario istruire un procedimento a più stadi. In primo luogo l’ufficio doveva portare a termine un’“analisi dell’indecenza” volta a stabilire se il materiale in questione presentava contenuto di tipo esplicito, se veniva ripetuto o era fatto oggetto di prolungate attenzioni, se costituiva un’azione tendente a promuovere la prostituzione oppure a eccitare o turbare lo spettatore. Nel marzo 2001 la FCC ha diramato una nota che chiariva le proprie disposizioni in fatto di oscenità all’interno delle trasmissioni radiofoniche. Subito dopo, l’agenzia ha preso di mira le stazioni che trasmettevano musica hip-hop. Numerose emittenti di musica rap disseminate in tutto il paese – tra cui stazioni radio di Los Angeles, Pittsburgh, New York, Florida e Wisconsin – sono state multate per aver trasmesso musica di contenuto osceno durante le ore protette. La KKMG di Colorado Springs, in Colorado, ha ricevuto una multa per aver mandato in onda una versione di “The Real Slim www.edt.it/sparatesulpianista 63 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Shady” di Eminem, seppure purgata dei contenuti osceni: secondo la FCC, nonostante i “bip” sovrapposti a determinate parole della canzone, gli ascoltatori erano ancora in grado di percepire il significato del testo. Basandosi sulla nota diffusa in marzo, la FCC ha ampliato la gamma di disposizioni restrittive, giungendo a includere qualsiasi uso di doppi sensi o allusioni atte a descrivere attività “sessuali o escretorie”. L’imposizione di un’interpretazione di tipo letterale di questo genere mette in evidenza la difficoltà di identificare anche una sola canzone che sia totalmente priva di possibili allusioni di carattere sessuale. Nell’estate 2003 un dj della KBOO di Portland, in Oregon, ha mandato in onda “Your Revolution”, una canzone scritta dalla poetessa Sarah Jones e da DJ Vadim. Il pezzo era una parodia del classico di Gil Scott-Heron “The Revolution Will Not Be Televised” (“La rivoluzione non sarà trasmessa in tv”), qui trasformato in “will not take place between these thighs” (“non avrà luogo tra queste cosce”). Il brano critica i rapper che da un lato invocano una società egalitaria dall’altro sfornano canzoni infarcite di misoginia e contiene versi come: “La tua rivoluzione non mi troverà sul sedile di una jeep […] facendolo, facendolo e facendolo per bene. Pensi che me lo prenderò in bocca soltanto per i quattro soldi che hai? Ma dai, fratello, per favore”. Un ascoltatore locale ha inviato una registrazione della trasmissione all’Ufficio di Sorveglianza della FCC, e la Commissione ha multato la KBOO per aver mandato in onda materiale “palesemente offensivo”. Chiunque esamini le frasi controverse da un punto di vista non strettamente letterale, tuttavia, capisce subito che il pezzo rappresenta una forma di protesta politica che riguarda il femminismo, non il sesso orale. La FCC in un secondo tempo ha annullato la sanzione inflitta alla stazione radiofonica, ma questa di fatto si è ritrovata imbavagliata per quasi due anni, il periodo necessario per Voci nella camera d’eco 64 giungere al termine della controversia legale. Nel timore che gli ascoltatori che avevano reclamato contro le trasmissioni continuassero a tenere sotto mira i suoi programmi, per evitare ulteriori reazioni la KBOO ha adottato un atteggiamento di estrema prudenza. Questa piccola stazione locale dotata di limitate risorse finanziarie ha speso più di 20.000 dollari per appellarsi contro la prima sentenza (si è trattato di una battaglia di principio, dato che la multa originale ammontava soltanto a 7500 dollari). L’emittente temeva che nuove proteste da parte degli ascoltatori avrebbero potuto costringerla a licenziare personale o ridurre la programmazione. Prima dell’incidente del Super Bowl, una rinvigorita FCC aveva consegnato 26 “comunicazioni di possibile responsabilità” e 13 “ordini di confisca”, per un totale di un milione e 700 mila dollari in multe comminate a organizzazioni radiotelevisive per violazione delle norme sull’oscenità. Questo non è però stato sufficiente a calmare i critici degli standard morali radiotelevisivi. Per molte persone che si erano dichiarate a favore di una normativa più severa e di multe più salate in fatto di contenuti delle trasmissioni, l’evento del Super Bowl ha rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Nella settimana successiva all’incidente del Super Bowl, i media hanno tentato di compiacere i fautori di norme più severe cercando di dimostrare la loro capacità di autoregolamentarsi. Clear Channel ha licenziato in Florida il controverso presentatore radiofonico Bubba the Love Sponge e dichiarato pubblicamente che avrebbe eliminato dalla programmazione di tutte le stazioni la trasmissione del mattino di Howard Stern76. La catena ha detto di aver deciso di adottare nuovi standard morali al fine di assicurare che Questo anche se la trasmissione di Stern, prodotta e distribuita dalla rivale di Clear Channel Infinity Broadcasting, era trasmessa soltanto da sei stazioni su circa 1200 di proprietà di Clear Channel. 76 www.edt.it/sparatesulpianista 65 77 «Reuters» 2004, p. 1. 78 V. pag. 57 del presente documento. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre i programmi trasmessi dalle proprie stazioni radio fossero conformi agli standard delle comunità locali77. Il colosso radiofonico ha affermato anche che avrebbe applicato una politica di “tolleranza zero” nei confronti di Stern, fino a che questi non avesse dimostrato di voler adeguare il proprio programma ai nuovi standard. «Oggi Clear Channel enuncia a chiare lettere l’intenzione di proteggere i propri ascoltatori da programmi di contenuto osceno come quello condotto da Howard Stern», ha dichiarato il direttore generale John Hogan in un comunicato stampa rilasciato dalla catena. «Si tratta di un programma volgare, offensivo e oltraggioso non solo nei confronti delle donne e degli afro-americani, ma di qualsiasi individuo dotato di comune senso della decenza». Le reti NBC e ABC hanno eliminato le scene di nudità parziale contenute nei loro programmi ER e NYPD Blue, e tutte le reti televisive hanno adottato dispositivi di ritardo che permettono di trasmettere in lieve differita le riprese di eventi dal vivo. MTV ha annunciato il ritiro di video di artisti “osé” dalle sue playlist diurne. Fra i video censurati figuravano “Toxic” di Britney Spears, in cui la cantante compariva in calzamaglia, “I Miss You” dei Blink 182, che mostrava un bacio tra due donne, “This Thing” dei Maroon 5, “Splash Waterfalls” di Ludacris e “Saltshaker” degli Ying Yang Twins. Nella lista dei video provocanti stilata da MTV è rientrata anche “Megalomaniac” degli Incubus, che peraltro non presentava alcun tipo di contenuto o allusione di natura sessuale78. A proposito del bando del loro video dalla programmazione diurna, il chitarrista degli Incubus, Mike Einziger, ha dichiarato: «Il fatto paradossale è che l’attenzione di MTV Voci nella camera d’eco 66 è nata da un incidente in cui qualcuno ha denudato il petto in pubblico, proprio quando il nostro cantante per la prima volta si è tenuto addosso la maglietta per la durata dell’intero video». Una delle decisioni più bizzarre adottate da MTV è stata quella di chiedere la rimozione del termine “pants” (“mutandine”) da “Don’t Tell Me” di Avril Lavigne, ma non della parola “ass” (“culo”)79. Una portavoce della rete televisiva musicale ha dichiarato: «La nostra rete è sempre molto attenta al contesto culturale. Visto il momento particolarmente critico attraversato dalla cultura di oggi, per l’immediato futuro ci atterremo a un comportamento improntato alla prudenza»80. Poche settimane dopo la fine dei clamori sollevati dalla controversia, ad ogni modo, la programmazione diurna ha reincorporato almeno sei dei video proscritti. Nella speranza di evitare ulteriori polemiche sugli spettacoli organizzati durante l’intervallo delle competizioni, la NFL ha annullato uno spettacolo previsto per il Pro Bowl e tenuto da JC Chasez, già compagno di Timberlake nel gruppo *NSYNC, per il timore che risultasse troppo sessualmente esplicita. Chasez aveva in programma di esibirsi cantando il singolo “Some Girls (Dance With Women)” in occasione del Pro Bowl, evento che si tiene nella settimana successiva al Super Bowl. In un primo tempo la NFL aveva richiesto a Chasez di sostituire il pezzo in programma con “Blowin’ Me Up (With Her Love)” e di sostituire i termini “horny” (“arrapato”) e “naughty” (“provocante”) contenuti nel testo. «Considerate le circostanze, mi sono reso conto delle loro paure e ho deciso di venire incontro alle loro richieste», ha dichiarato Chasez a MTV News. «Ho cercato sinceramente 79 Estratto dal testo: “ti avrò nelle mutandine, prendendoti a calci in culo”. 80 Steve Gorman 2004, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista 67 81 Corey Moss 2004, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre di dar loro una mano, anche se, come artista, modificare la mia opera ha rappresentato un grosso compromesso»81. Dopo aver concordato con Chasez le modifiche allo show, la Lega ha cambiato idea, comunicando al cantante che era autorizzato a cantare l’inno nazionale prima della gara ma non a esibirsi nel corso dello spettacolo durante l’intervallo. Secondo una portavoce della NFL, l’esibizione di Chasez era semplicemente “troppo esagerata”. «Sono d’accordo sul fatto che l’incidente del Super Bowl sia stato un grosso errore, ma l’insensato tentativo della NFL di far apparire la mia musica come sessualmente indecente fa tornare in mente un’altra epoca in cui individui indecisi ma potenti hanno ingiustamente diffamato artisti innocenti», ha detto Chasez in un comunicato stampa. «Questa non è l’America che mi piace, e neppure la NFL. Intonerò l’inno nazionale ovunque e in qualsiasi momento, ma non per questa NFL», ha aggiunto il cantante in un secondo tempo. «Non ho partecipato al Super Bowl come giocatore né vi sono stato presente. La batosta però me la sono presa io». Per parte sua la FCC ha reagito alle crescenti polemiche sul caso rifilando una quantità di multe ai media radiotelevisivi ed emanando disposizioni secondo cui la messa in onda di “qualsiasi” tipo di oscenità, in qualsiasi momento del giorno, costituisce un’offesa punibile. Ha anche precisato che ogni genere di contenuto potenzialmente offensivo – incluso il suono di una scoreggia – sarebbe rientrato ora nella lista dei contenuti banditi dalla programmazione radiotelevisiva, e che l’infrazione di tali norme da parte dei media avrebbe potuto causare pesanti sanzioni pecuniarie e anche la revoca della licenza. Undici parlamentari repubblicani hanno presentato al Congresso una legge che chiede alla FCC di revocare la licenza Voci nella camera d’eco 68 alle stazioni radiotelevisive che mandano ripetutamente in onda materiale di contenuto indecente. Altri due parlamentari hanno presentato una legge che intendeva bandire per sempre parole come “shit”, “fuck”, “piss”, “cunt”, “cocksucker”, “motherfucker” e “asshole”82. «La cultura di massa ha da tempo imboccato una china discendente», ha dichiarato il congressista Fred Upton, presidente del Comitato Parlamentare per Internet e le Telecomunicazioni e membro del gruppo di parlamentari che ha presentato le leggi citate sopra. «Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso». I comitati di controllo sull’attività della FCC hanno anche introdotto misure miranti a elevare da 27.500 a 500.000 dollari le pene pecuniarie per violazione delle disposizioni sui contenuti delle trasmissioni, in un secondo tempo convertite in legge dal Congresso. Hanno inoltre ampliato la gamma dei soggetti cui potevano essere comminate le multe della FCC. Mentre in precedenza l’unico soggetto punibile era il detentore della licenza di trasmissione, ora la proposta di revisione dei regolamenti rendeva possibile multare anche i dipendenti delle stazioni e i musicisti. Il Senato ha inoltre approvato un meccanismo normativo volto a punire le emittenti recidive, che prevedeva la revoca della licenza di trasmissione per le stazioni riconosciute colpevoli di tre violazioni. Il senatore del Kansas, Sam Brownback – nemico di vecchia data della musica rock e organizzatore presso il Congresso di numerose audizioni aventi per oggetto violenza, sesso e oscenità nella musica pop rivolta ai bambini – ha inviato una lettera all’Infinity Broadcasting, azienda proprietaria di numerose stazioni radiofoniche e distributrice dello show radiofonico di Howard Stern. Brownback ha affermato nella Rispettivamente “merda”, “scopare”, “piscio”, “fica”, “rompiballe” (lett. “succhiacazzi”), “figlio di puttana” e “stronzo” (lett. “buco del culo”). [N.d.T.] Cfr. «Antimusic.com» 2004, p. 1. 82 www.edt.it/sparatesulpianista 69 83 John Eggerton 2004, pg. 1 (il corsivo è di Sam Brownback). 84 Damien Cave 2004, p. 13. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre sua lettera che il programma di Stern violava le regole etiche interne stabilite dall’Infinity, nonché la recente normativa da lui proposta al Senato per rendere più severi gli standard della FCC. Secondo il parlamentare «tutte le stazioni che mandano in onda programmi con qualsiasi tipo di contenuto di argomento sessuale o escretorio devono intraprendere ogni passo necessario per evitare che la propria programmazione sia anche soltanto ipoteticamente oscena»83. La lettera del senatore Brownback si chiudeva con una minaccia velata rivolta alla licenza di trasmissione dell’Infinity. «A mio giudizio [il programma di Stern] non rappresenta un fatto isolato. Ritenete che questo genere di programmi sia coerente con il vostro impegno, contratto nell’interesse collettivo, di mantenere uno standard di decenza in qualità di utenti autorizzati dell’etere pubblico?»84. Durante un discorso tenuto all’Associazione Nazionale delle Emittenti Radiotelevisive (NAB), Brownback ha avanzato il dubbio che i tentativi dei media di autoregolamentarsi non fossero sufficienti a contrastare la crescente marea di programmi indecenti. Ha anche insinuato il dubbio che l’incidente del Super Bowl e altri programmi radiofonici e televisivi di contenuto offensivo potevano fornire munizioni ai terroristi nella “guerra culturale” in corso in Iraq. Ad aprile, in risposta alle misure di “maggiore severità” appena introdotte, un gruppo di 24 organizzazioni tra cui Fox, Viacom e Recording Industry Association of America (RIAA), ha inviato un esposto alla FCC, chiedendo di riconsiderare alcune delle disposizioni recentemente adottate. Secondo il documento di 70 pagine presentato, le nuove linee-guida della FCC segnalavano un cambiamento radicale della normativa che violava la libertà d’espressione garantita Voci nella camera d’eco 70 dalla Costituzione. «Lo standard annunciato dalla FCC le permette di censurare qualsiasi tipo d’espressione, tutto ciò che sia ritenuto blasfemo, grossolano o volgare», ha dichiarato Robert Corn-Revere, rappresentante degli organismi che hanno presentato l’esposto. «Mette la Commissione nel ruolo di controllore del gusto estetico». L’esposto conteneva numerosi esempi degli “effetti raccapriccianti” prodotti dalle nuove disposizioni, come per esempio la sospensione da parte di alcune stazioni radio di programmi a volte andati in onda per decenni. I programmatori radiofonici temevano che i nuovi orientamenti della FCC potessero farli multare per aver trasmesso materiale in precedenza ritenuto innocuo. Alcune delle canzoni appena bandite contenevano allusioni di natura sessuale, come per esempio “Jack and Diane” di John Mellencamp85 e “Walk on the Wild Side” di Lou Reed86. Alcuni pezzi come “Money” dei Pink Floyd furono ritirati perché presentavano accenni ritenuti volgari87. Altri scomparvero dall’etere perché contenevano riferimenti alla violenza, alla droga e all’occulto, come “The Pusher” degli Steppenwolf 88, “Jeremy” dei Pearl Jam89, e “A Change Will Do You Good” di Sheryl Crow90. “Rock’n Me Baby” della Steve Miller Band, a quanto pare, sparì dall’etere per il semplice fatto di ripetere varie volte la Estratto dal testo: “Succhiando hot-dog davanti al Tastee-Freez / Diane sta seduta in grembo a Jacky / che tiene le mani tra le ginocchia di lei”. 85 Estratto dal testo: “Candy era arrivata sull’isola da fuori / Nella stanza del retro era carina con tutti / Ma non ha mai perso la testa / Neppure quando ci dava con la bocca”. 86 87 Estratto dal testo: “Soldi, è un successo. Non mi dare quella merda solenne”. 88 Estratto dal testo: “Sia maledetto lo spacciatore. Maledetto lo spacciatore”. Estratto dal testo: “Ricordo benissimo di aver sfottuto il ragazzino / Sembrava un’innocua mezzasega / Ma abbiamo scatenato un leone / Ha digrignato i denti e azzannato il seno della sorvegliante”. 89 Estratto dal testo: “Scully ed Angel sul pavimento della cucina / e io che chiamo Buddy con la tavoletta delle sedute spiritiche”. 90 www.edt.it/sparatesulpianista 71 91 Damien Cave 2004, p. 14. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre parola “rocking” (“dondolare”). Pezzi come “The Pusher” degli Steppenwolf avevano già fatto discutere a lungo quand’erano usciti, molti anni prima. Pubblicato nel 1968, il brano aveva sollevato tante polemiche da spingere le autorità a proibirne l’esecuzione durante un concerto tenuto nel North Carolina (in quell’occasione la band aggirò il veto facendo cantare il testo al pubblico). Tuttavia, nonostante le polemiche, nei successivi 35 anni il brano è diventano un classico delle radio che programmano musica rock. Vale la pena di notare come le radio già in precedenza coprissero con un “bip” o eliminassero in altro modo la maggior parte delle volgarità e dei termini considerati non appropriati presenti nelle canzoni. Le nuove disposizioni però hanno convinto le stazioni a non mandare in onda neppure le versioni purgate. In generale, l’eliminazione della maggior parte dei brani dalla programmazione è dipesa da un eccesso di prudenza da parte delle radio e dal loro timore di ritorsioni, non tanto da un tentativo di colpire il cattivo gusto o dalla preoccupazione di proteggere i bambini dall’esposizione a musiche e testi rivolti agli adulti. La paura e l’intolleranza scatenate dopo gli avventimenti dell’11 settembre si sono materializzate in una nuova ondata di comportamenti autocensori. Un dirigente di un’etichetta discografica ha detto: «L’attuale situazione della cultura è cambiata. Questo è un anno di elezioni e nessuno vuole diventare un capro espiatorio». Commentando la nuova ondata conservatrice diffusasi tra i programmisti radiofonici, Lou Reed ha dichiarato: «È una cosa assurda. È come essere censurati da uno scoiattolo. Qualcosa di meschino nei confronti miei e di tutti gli altri artisti, messo in atto da gente molto devota e molto stupida»91. Voci nella camera d’eco 72 A differenza di quanto accaduto con altri tipi di polemiche nate sull’onda dell’11 settembre, negli ultimi anni la suscettibilità nei confronti del contenuto radiotelevisivo non si è affatto affievolita. La programmazione di numerose stazioni radiotelevisive e agenzie d’informazione ha oggi adottato un orientamento fortemente conservatore. L’esempio più clamoroso di tale atteggiamento si è visto nell’autunno 2004, quando la rete televisiva ABC aveva programmato la trasmissione del film Saving Private Ryan92. A causa della violenza e del tema drammatico del film, ambientato durante la seconda guerra mondiale, numerose reti affiliate all’ABC hanno temuto una ritorsione da parte della FCC e si sono rifiutate di mandare in onda la pellicola. Gli ultimi anni hanno visto un aumento esponenziale del numero di reclami presentati alla FCC in materia di oscenità. Nel 2000 e nel 2001 la Commissione aveva ricevuto soltanto 350 reclami per anno. Nel 2002 il numero dei reclami è passato a 14.000, nel 2003 è arrivato a 240.000 e nel 2004 ha superato la cifra record di un milione di messaggi riguardanti la moralità del contenuto radiofonico e televisivo. Secondo un’analisi condotta da Todd Shields su MediaWeek, tuttavia, il 99,8% delle proteste presentate nel 2003 e nel 2004 proveniva da un solo gruppo, il Parent Television Council. Si tratta di un’organizzazione conservatrice di monitoraggio dei media che ha organizzato massicce campagne popolari con invio di lettere di protesta, con l’obiettivo di purgare la programmazione radiotelevisiva da programmi indesiderabili93. Secondo Jonathan Rintels, direttore esecutivo del Center for Creative Voices in Media, ciò «significa che una piccolissima minoranza dotata di un’agenda politica molto precisa Film di Steven Spielberg del 1998, tradotto in italiano con il titolo Salvate il soldato Ryan. [N.d.T.] 92 93 Todd Shields 2004, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista 73 Blues del permesso di soggiorno Nel panorama delle azioni immediatamente intraprese dal governo degli Stati Uniti all’indomani dell’11 settembre, le più stridenti sono certamente rappresentate dalle disposizioni sull’immigrazione. L’introduzione di restrizioni alla concessione dei visti non ha causato alcun caso di censura musicale diretta, ma costituisce tuttavia un fatto preoccupante e degno di nota. Già prima dell’11 settembre le autorità degli Stati Uniti applicavano norme d’immigrazione altamente restrittive nei confronti di tutti coloro che desideravano entrare o lavorare nel paese. Molto spesso la trafila necessaria per ottenere una “green card” (ossia la carta verde rilasciata dal governo americano che consente di risiedere e lavorare negli Stati Uniti) può richiedere anni e una quantità di colloqui, moduli e pratiche legali. Il varo delle nuove norme ha costretto la maggior parte degli stranieri a ricominciare da capo il complicato iter per ottenere la “green card”, indipendentemente dalla posizione occupata nel lungo processo burocratico di istruzione della pratica. Il governo degli Stati Uniti ha anche assunto un ruolo assai più attivo rispetto all’estradizione e alla deportazione di stranieri privi di visto regolare. In molti casi le norme restrittive oggi applicate all’immigrazione non fanno altro che costringere coloro che desiderano entrare o rimanere negli www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre sta tentando di censurare la radio e la televisione americane». È successo così che la rete televisiva Fox, che vanta un pubblico complessivo di oltre 5 milioni di spettatori, si è vista infliggere una multa da un milione e 200 mila dollari a causa di ciò che la FCC ha definito «una massa di reclami da parte del pubblico», che altro non era che una serie di messaggi di protesta inviati a ripetizione da soli 23 individui. Voci nella camera d’eco 74 Stati Uniti a imboccare una dimensione illegale, tentando di entrare e/o risiedere nel paese senza l’intervento del governo o all’insaputa di questo. Le disposizioni in materia d’immigrazione che hanno prodotto gli effetti più macroscopici sulla musica sono state quelle riguardanti Cuba. A partire dall’11 settembre nessun musicista cubano ha ottenuto il visto per entrare negli Stati Uniti. Nel 1996 Ry Cooder si è recato a Cuba per realizzare con un gruppo di musicisti locali un album e un film intitolato Buena Vista Social Club94. L’album ha ottenuto notevole successo nel mondo della world music, vendendo più di un milione di copie negli Stati Uniti, vincendo un Grammy Award e conferendo successo e notorietà ai musicisti partecipanti. Considerata l’età avanzata di molti degli artisti coinvolti nel progetto, Cooder era ansioso di tornare a Cuba per realizzare altri dischi con loro, ma si è trovato di fronte numerosi ostacoli. Nel 2000, allo scadere del suo mandato, Bill Clinton ha concesso a Cooder il permesso di far ritorno a Cuba per realizzare altri due progetti discografici. A partire dall’11 settembre, tuttavia, Cooder non ha potuto portare avanti il suo lavoro di registrazione e documentazione della musica cubana. Parlando dell’ultimo disco registrato con il chitarrista Manuel Galbán e il cantante Ibrahim Ferrer, Cooder ha dichiarato: Quando sostengo che il disco è un classico della musica latina intendo dire che potrebbe essere l’ultima occasione per sperimentare un simile genere d’incontri fra persone e stili musicali. Mi vedo negata la possibilità di ripetere quest’esperienza per ragioni politiche, per cui devo dire che questo è il massimo che posso fare.95 In realtà le riprese del film di Wim Wenders, Buena Vista Social Club, sono state fatte due anni dopo, nel 1998. A livello mondiale l’album con lo stesso titolo prodotto da Ry Cooder ha venduto oltre cinque milioni di copie. [N.d.T.] 94 95 «BBC» 2003, p. 1. www.edt.it/sparatesulpianista 75 96 Ned Sublette 2004, p. 2. 97 Ibid. www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Cooder non è stato l’unico a incontrare problemi per andare e venire da Cuba. A parte il divieto di viaggiare a Cuba e la normativa di vecchia data riguardante il “commercio con il nemico” (il Trading with The Enemy Act Act, legge del 1917 che proibisce di commerciare con i nemici del paese e che viene applicata a Cuba dal 1959), le riforme in materia d’immigrazione successive all’11 settembre hanno rinforzato il ruolo di Cuba come “stato fiancheggiatore del terrorismo”96. Le disposizioni del governo indicano inoltre che, siccome Cuba è uno stato comunista, tutti i musicisti cubani che desiderano entrare negli Stati Uniti sono “dipendenti o agenti del governo cubano o membri del Partito Comunista”97, e ciò li rende inidonei all’ingresso nel paese. La conseguenza di questa linea di ragionamento è stata che dopo il 2004 nessun artista cubano ha potuto entrare o esibirsi negli Stati Uniti, neppure per ritirare premi ottenuti per sue opere o prendere parte a cerimonie in suo onore. Le nuove restrizioni introdotte nella concessione dei visti d’ingresso hanno colpito i musicisti di tutto un mondo, rendendo loro difficile esibirsi negli Stati Uniti semplicemente perché l’iter burocratico per ottenere il visto è diventato macchinoso e imponderabile. Particolarmente colpiti sono stati gli artisti originari di altri “stati fiancheggiatori del terrorismo” come Iran, Iraq, Siria, Libia, Sudan e Corea del Nord, anche se attualmente residenti in paesi diversi. Molti dei musicisti che sono riusciti a ottenere il visto per suonare negli Stati Uniti hanno riferito di aver sperimentato maggiori controlli legali durante i concerti e di aver incontrato problemi nell’impiego del visto per lasciare il paese o rientrarvi. Le incognite derivanti da una simile situazione hanno costretto gli organizzatori statunitensi a rinunciare Voci nella camera d’eco 76 alla programmazione delle tournée e degli spettacoli di numerosi musicisti stranieri. «Per quanto ci riguarda è una decisione dettata da pure ragioni di convenienza economica», ha dichiarato Scott Southard, membro dell’organizzazione International Music Network. «Se abbiamo l’impressione che non sia possibile ottenere l’autorizzazione per un artista, naturalmente non facciamo neppure partire il progetto»98. Rispetto a dieci anni fa persino il numero di scambi accademici e culturali sponsorizzati dal governo americano è dimezzato. Ciò è avvenuto a dispetto delle raccomandazioni fornite dallo stesso governo statunitense a favore di tali scambi, sulla base della motivazione che «la cultura e il popolo americani sono le più importanti risorse per la trasmissione dei valori, della diversità e della democrazia»99. È scoraggiante notare che comunque la maggior parte delle limitazioni sperimentate dai musicisti sembrano dovute più a forme di pregiudizio culturale che di censura. Episodi come quello delle difficoltà incontrate dal cantante Thomas Mapfumo per entrare in Canada (legate al timore che questi intendesse far ritorno negli Stati Uniti) o del rifiuto del visto al cantautore Yusuf Islam (noto in precedenza con il nome di Cat Stevens) sembrano essere dipesi più da preconcetti legati a religione e nazionalità che all’intenzione del governo di applicare una censura alla musica100. 98 99 «The World», 2003. «Center for Arts & Culture» 2004, p. 8. Nel novembre 2006 è uscito negli Stati Uniti Shut Up & Sing, un documentario di Barbara Kopple e Cecilia Peck che racconta la reazione seguita nel 2003 alle dichiarazioni di Natalie Maines (delle Dixie Chicks) sul presidente Bush. Le reti televisive americane NBC e CW hanno rifiutato di mandare i filmati promozionali del documentario. Nell’aprile 2006 il violoncellista americano di 100 www.edt.it/sparatesulpianista 77 Elenco compilato da Clear Channel, riportato dalla stampa, dei brani interdetti dalle playlist radiofoniche (riorganizzato qui in ordine alfabetico per titolo) [rimando da nota 19] “99 Luft Balloons/99 Red Balloons”, Nina; “A Day in the Life”, The Beatles; “A Sign of the Times”, Petula Clark; “A World Without Love”, Peter and Gordon; “Aeroplane”, Red Hot Chili Peppers; “America”, Neil Diamond; “American Pie”, Don McLean; “And When I Die”, Blood Sweat and Tears; “Another One Bites the Dust”, Queen; “Bad Day”, Fuel; “Bad Religion”, Godsmack; “Benny & The Jets”, Elton John; “Big Bang Baby” e “Dead and Bloated”, Stone Temple Pilots; “Bits and Pieces”, Dave Clark Five; “Black is Black”, Los Bravos; “Blow Up the Outside World”, Soundgarden; “Blowin’ in the Wind”, Peter Paul and Mary; “Bodies”, Drowning Pool; “Boom”, P.O.D.; “Bound for the Floor”, Local H; “Brain Stew”, Green Day; “Break Stuff ”, Limp Bizkit; “Bridge over Troubled Water”, Simon & Garfunkel; “Bullet with Butterfly Wings”, Smashing Pumpkins; “Burnin’ for You”, Blue Oyster Cult; “Burning Down the House”, Talking Heads; “Chop Suey!”, System of a Down; “Click Click Boom”, Saliva; “Crash and Burn”, Savage Garden; origine cinese Yo-Yo Ma, promotore del Silk Road Project, ha presentato alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti una memoria per protestare contro i problemi causati ai musicisti stranieri dalle crescenti restrizioni introdotte in materia d’immigrazione. Il testo completo di Yo-Yo Ma è disponibile all’indirizzo www.artspresenters.org/advocacy/visahearing.cfm. Per un aggiornamento di carattere generale sulla situazione della censura musicale negli Stati Uniti, si rimanda al sito di Freemuse: www.freemuse.org. [N.d.T.] www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Testi e documenti Voci nella camera d’eco 78 “Crash Into Me”, Dave Matthews Band; “Crumbling Down”, John Mellencamp; “Dancing in the Streets”, Martha and the Vandellas/Van Halen; “Daniel”, Elton John; “Dead Man’s Curve”, Jan and Dean; “Dead Man’s Party”, Oingo Boingo; “Death Blooms”, Mudvayne; “Devil in Disguise”, Elvis Presley; “Devil with the Blue Dress”, Mitch Ryder and Detroit Wheels; “Dirty Deeds”, AC/DC; “Disco Inferno”, Tramps; “Doctor My Eyes”, Jackson Brown; “Down in a Hole”, Alice in Chains; “Down”, 311; “Dread and the Fugitive”, Megadeth; “Duck and Run”, 3 Doors Down; “Dust in the Wind”, Kansas; “End of the World”, Skeeter Davis; “Enter Sandman”, Metallica; “Eve of Destruction”, Barry McGuire; “Evil Ways”, Santana; “Fade to Black”, Metallica; “Falling Away From Me”, Korn; “Falling for the First Time”, Barenaked Ladies; “Fell on Black Days, Soundgarden”, Black Hole Sun; “Fire and Rain”, James Taylor; “Fire Woman”, The Cult; “Fire”, Arthur Brown; “Fly Away”, Lenny Kravitz; “Fly”, Sugar Ray; “Free Fallin’”, Tom Petty; “Get Together”, Youngbloods; “Goin’ Down”, Bruce Springsteen; “Great Balls of Fire”, Jerry Lee Lewis; “Harvester or Sorrow”, Metallica; “Have You Seen Her”, Chi-Lites; “He Ain’t Heavy, He’s My Brother”, Hollies; “Head Like a Hole”, Nine Inch Nails; “Hell’s Bells”, AC/DC; “Hey Joe”, Jimi Hendrix; “Hey Man, Nice Shot”, Filter; “Highway to Hell”, AC/DC; “Hit Me with Your Best Shot”, Pat Benatar; www.edt.it/sparatesulpianista 79 www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre “Holy Diver”, Dio; “I Feel the Earth Move”, Carole King; “I Go to Pieces”, Peter and Gordon; “I’m on Fire”, Bruce Springsteen; “I’m on Fire”, John Mellencamp; “Imagine”, John Lennon; “In the Air Tonight”, Phil Collins; “In the Year 2525”, Yager and Evans; “Intolerance”, Tool; “Ironic”, Alanis Morissette; “It’s the End of the World as We Know It”, R.E.M.; “Jet Airliner”, Steve Miller; “Johnny Angel”, Shelly Fabares; “Jump”, Van Halen; “Jumper”, Third Eye Blind; “Killer Queen”, Queen; “Knockin’ on Heaven’s Door”, Bob Dylan/Guns N’ Roses; “Last Kiss”, J. Frank Wilson; “Learn to Fly”, Foo Fighters; “Leavin’ on a Jet Plane”, Peter Paul and Mary; “Left Behind, Wait and Bleed”, Slipknot; “Live and Let Die”, Paul McCartney and Wings; “Love is a Battlefield”, Pat Benatar; “Lucy in the Sky with Diamonds”, The Beatles; “Mack the Knife”, Bobby Darin; “Morning Has Broken”, Cat Stevens; “Mother”, Pink Floyd; “My City Was Gone”, Pretenders; “Na Na Na Na Hey Hey”, Steam; “New York, New York”, Frank Sinatra; “Nowhere to Run”, Martha & the Vandellas; “Obla Di, Obla Da”, The Beatles; “On Broadway”, Drifters; “Only the Good Die Young”, Billy Joel; “Peace Train”, Cat Stevens; “Rescue Me”, Fontella Bass; “Rock the Casbah”, The Clash; “Rocket Man”, Elton John; “Rooster”, Alice in Chains; “Ruby Tuesday”, Rolling Stones; “Run Like Hell”, Pink Floyd; “Sabbath Bloody Sabbath”, Black Sabbath; “Sabotage”, Beastie Boys; Voci nella camera d’eco 80 “Safe in New York City”, AC/DC; “Santa Monica”, Everclear; “Say Hello to Heaven”, Temple of the Dog; “Sea of Sorrow”, Alice in Chains; “See You in September”, Happenings; “Seek and Destroy”, Metallica; “She’s Not There”, Zombies; “Shoot to Thrill”, AC/DC; “Shot Down in Flames”, AC/DC; “Smokin”, Boston; “Smooth Criminal”, Alien Ant Farm; “Some Heads Are Gonna Roll”, Judas Priest; “Speed Kills”, The Bush; “Spirit in the Sky”, Norman Greenbaum; “St. Elmo’s Fire”, John Parr; “Stairway to Heaven”, Led Zeppelin; “Suicide Solution”, Black Sabbath; “Sunday Bloody Sunday”, U2; “Sure Shot” Beastie Boys; “Sweating Bullets”, Megadeth; “That’ll Be the Day”, Buddy Holly and the Crickets; “The Boy from New York City”, Ad Libs; “The End”, The Doors; “The Night Chicago Died”, Paper Lace; “Them Bone”, Alice in Chains; “Ticket to Ride”, The Beatles; “TNT”, AC/DC; “Travelin’ Band”, Creedence Clearwater Revival; “Travelin’ Man”, Rickey Nelson; “Tuesday’s Gone”, Lynyrd Skynyrd; “Under the Bridge”, Red Hot Chili Peppers; “Walk Like an Egyptian”, Bangles; “War Pigs”, Black Sabbath; “War”, Edwin Starr/Bruce Springstein; “We Gotta Get Out of This Place”, Animals; “What a Wonderful World”, Louis Armstrong; “When Will I See You Again”, Three Degrees; “When You’re Falling”, Peter Gabriel; “Wipeout”, Surfaris; “Wonder World”, Sam Cooke/Herman Hermits; “Worst That Could Happen”, Brooklyn Bridge; “You Dropped a Bomb on Me”, The Gap Band; tutte le canzoni dei Rage Against The Machine. www.edt.it/sparatesulpianista 81 Clear Channel dichiara che la “lista nera” nazionale non esiste San Antonio, Texas, 18 settembre 2001 Clear Channel Communications, Inc. (CCU, NYSE) ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione a causa della circolazione di numerose notizie, e-mail e telefonate riguardanti un presunto “elenco di canzoni bandite” dalle stazioni radiofoniche statunitensi di sua proprietà a seguito della tragedia verificatasi la scorsa settimana a New York, Washington e in Pennsylvania: «Clear Channel Radio non ha bandito alcuna canzone dalle trasmissioni delle sue emittenti radiofoniche. Clear Channel crede nella dimensione locale della radio. Il responsabile della programmazione e il direttore generale di ogni stazione radiofonica hanno il compito di analizzare il proprio mercato, dare ascolto ai propri utenti e orientare le selezioni musicali della loro stazione conformemente ai sentimenti della comunità locale. Ogni responsabile della programmazione e ogni direttore generale hanno il dovere di tastare il polso al proprio mercato per decidere se modificare le playlist e, in caso affermativo, stabilire per quanto tempo applicare tali modifiche». «La comunità imprenditoriale della nazione ha reagito alla terribile tragedia con un certo grado di ipersensibilità», ha spiegato Mark P. Mays, presidente e direttore operativo generale di Clear Channel. «Alla luce del clima che si respira oggi in America alcune case di produzione cinematografica hanno persino modificato i calendari di uscita dei propri film. Clear Channel crede fermamente nel Primo Emendamento e nella Libertà di parola. Sosteniamo e diamo valore alla comunità artistica, così come sosteniamo lo sforzo fatto dal management e dal personale addetto alla programmazione delle nostre emittenti per adottare un atteggiamento responsabile nei confronti dei mercati locali». www.edt.it/sparatesulpianista La censura musicale negli Stati Uniti dopo l’11 settembre Testo completo del comunicato stampa di Clear Channel [rimando da nota 23] Riferimenti bibliografici 2004, Aladdin theatre hosts top acts, receiving big accolades, Las Vegas (NV), «Schadler Kramer Group». AA.VV., 2003a (1 aprile), Fanviews of Denver Denver, www.sonymusic.com/artists/PearlJam. AA.VV., 2003b (1 aprile), Setlists and appearances, www.sonymusic.com/artists/PearlJam. AHRENS Frank, 2001 (18 settembre), After heroics, Russian reporter stricken, Washington (DC), «The Washington Post». ANTIGUY, 2003 (21 maggio), Gene Simmons boycotts Pearl Jam as band leaves Epic, www.antimusic.com/news/03/may/item27.html. 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La censura musicale oggi 90 “Blowin’ Me Up (With Her Love)”, 66 “Bomb da World”, 31 BONO (U2), 60 “Boom”, 42, 77 Boondocks (titolo di una striscia di vignette), 18 Boots Riley, 20 Bossier City (LA), 38 Boycott Hollywood (ente di censura), 51 BOYD Brandon, 57 BRAGG Billy, 42 “Bridge over Troubled Water”, 28, 77 BROOKS Garth, 17 BROWN Jerry, 48 BROWNBACK Sam, 68-9 BUBBA THE LOVE SPONGE, 64 Buena Vista Social Club, 74 BUSH George, 8, 14, 17-8, 35, 38-9, 45-6, 57, 76 (The) Bush, 19, 80 BYRNE David, 45 CLINTON Bill, 74 Colorado Springs (CO), 62 Comitato delle Madri Americane (American Mothers’ Committee), 29 Commissione, 60, 62-3, 70, 72 Communication Act (legge 1934), 61 Congresso, 9-10, 14-5, 67-8 COODER Ry(land), 74-5 Corea del Nord, 75 CORN-REVERE Robert, 70 Costituzione degli Stati Uniti, 9-10 Country Joe (Mc Donald), 43 (The) Coup, 20 (The) Cranberries, 19 “Crash Into Me”, 23, 78 Creedence Clearwater Revival, 43, 80 CROW Sheryl, 19, 45, 70 Cumulus Media (emittente radiofonico), 38 Cuba, 74-5 camera d’eco, 1, 5, 8-9, 31, 34, 58 CARTER Jimmy, 17 CASH Rosanne, 45 CASTILLO Anthony, 44 CBS (Columbia Broadcasting System), 46, 59-60 CEIPS Catherine, 39 Center for Creative Voices in Media, 72 Centro “Thomas Jefferson”, 15 CHASEZ JC, 66-7 Chicago (IL), 25, 80 CHUCK D (Public Enemy), 45 Citizens Against Celebrity Pundits (ente di censura), 51 Clear Channel, 22-6, 28-9, 64-5; comunicato stampa di, 80-1; elenco dei brani interdetti da, 77-80 Cleveland (OH), 25, 41 Dallas (TX), 37 “Dancing in the Streets”, 78 DAY Green, 45, 77 DARK MAN X, 33 DEAN Howard, 14 “Desperado”, 46, 48, 53 “Devil in Disguise”, 23, 78 DEVO, 56 DIALLO Amadou, 33 DIFRANCO Ani, 45 Dixie Chicks, 35-41, 45-6, 76 DJ SHADOW, 42 Dream Theater, 19 droga (nelle canzoni), 6, 29-30, 70 D’SOUZA Dinesh, 17 DYLAN Bob, 45, 79 Eagles, 48 EARLE Steve, 32, 45 Egitto, 27 www.edt.it/sparatesulpianista 91 Farenheit 9/11, 48 FBI (Federal Bureau of Investigation), 15, 31 FCC (Federal Communications Commission), 60-4, 67-70, 72-3 FCC versus Pacifica (causa giuridica, 1975), 61 FERRER Ibrahim, 74 Florida, 12, 18, 29, 33, 62, 64 “Fly”, 23, 78 “Fixin’ to Die Rag”, 43 FOGERTY John, 45 folk (musica), 12, 39 FONDA Jane, 32, 39 Fox (network di telecomunicazione), 69, 73 Fox News (tg del canale Fox), 30, 57 FRANCIS Paula, 49 FRANTI Michael, 31 G RIVAL (Gary Barocsi), 55 GALBÁN Manuel, 74 GARCIA Jerry, 61 GAYE Marvin, 43 GEPHARDT Richard, 14 “Give Peace a Chance”, 43 “God Bless America”, 17 “God Bless the USA USA”, 17 Golden Globe Awards (Los Angeles, CA), 60 GONZALEZ Jose Jr, 12 Grammy Awards, 46, 59 “Great Balls of Fire”, 23, 78 Greatful Dead, 61 green card, 73 www.edt.it/sparatesulpianista Greenville (MI), 41 GREENWOOD Lee, 17 guerra al terrore, 3,5, 29, 31-3, 54 guerra del Golfo, 42 guerra in Iraq, 34-7, 42-3, 45-6, 51, 54, 69 guerra in Vietnam, 6, 15, 39, 43-4 HARDIN Brad, 29 HENLEY Don, 45, 52 HERNANDEZ Bobby, 34 HILL Faith, 30 hip-hop, 20, 31, 62 Hip-Hop Summit Action Network (associazione di musicisti), 45 HITLER Adolf, 56 HOGAN John, 65 HOLIDAY Billie, 29 HORNE Lena, 60 Houston (TX), 18, 25, 37 HOUSTON Whitney, 17 Humming to Myself, 47 HUDSON Fred, 37 HUSSEIN Saddam, 39 “I Go to Pieces”, 27, 79 “Imagine”, 26, 28, 79 “In a World Gone Mad”, 42 Incubus, 56, 65 Infinity Broadcasting, 64, 68 indecenza, contenuto, linguaggio, 13, 61-2, 67-9 International Music Network, 76 Interscope (etichetta discografica), 57 «Interview», 44 Iran, 75 Iraq, 34, 36-7, 39, 45, 51, 69, 75 Is This It, 19 ISLAM Yusuf (Cat Stevens), 26, 42, 76, 79 Indice analitico EINZIGER Mike, 65 ELEPHANT MAN, 56 Empty Trellis (titolo di un’opera artistica), 18 EMINEM, 55, 63 Enron Corporation, 49 ER (Emergency Room), 65 EVANS Jack, 22-4, 26 Sparate sul pianista! La censura musicale oggi 92 JA RULE, 33 “Jack and Diane”, 70 JACKSON Janet, 58-60 JADAKISS, 57 JAY-Z, 33 JC CHASEZ, 66 “Jeremy”, 70 “Jet Airliner”, 23, 79 Jethro Tull, 32 “John Walker’s Blues”, 32 JOHN Elton, 44, 47, 77-9 JONES Sarah, 63 Kansas City (MO), 38 KBOO, (emittente radiofonica, Portland, OR), 63-4 KBEQ-FM (emittente radiofonica, Kansas City, MO), 38 KCBS-TV, (emittente televisiva, San Francisco, CA), 59 KID ROCK, 58 KILBORNE Craig, 31 KILT-FM (emittente radiofonica, Houston, TX), 37 KRAVITZ Lenny, 34-5, 42, 47, 78 Ku Klux Klan, 41 Las Vegas (NV), 46-7, 50-2, 55 «Las Vegas Review-Journal», 47 «Las Vegas Sun», 48 Late Late Show (programma televisivo), 31 LAVIGNE Avril, 66 LENNON John, 26, 28, 41, 43, 79 Libia, 75 Lipton Tea, 40 LOCASCIO Phil, 32 LOESSER Frank, 47 Los Angeles (CA), 25, 44, 52, 62 «Los Angeles Times», 38 “Love for Sale”, 29 LUDACRIS, 30-1, 65 MADONNA, 35 MAHER Bill, 17 MAINES Natalie (Dixie Chicks), 35-41, 76 MAPFUMO Thomas, 76 Maricopa (AZ), 55 Maroon 5, 65 MATTHEWS Dave, 19, 78 MAYS Mark P., 24, 81 MCGRAW Tim, 30 “March of Death”, 42 MediaWeek (emittente radiofonico), 72 “Megalomaniac”, 56, 65 MELLENCAMP John, 42, 70, 78-9 Miller Test, v. 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