Geocentro Magazine
Transcript
Geocentro Magazine
FONDAZIONE GEOMETRI ITALIANI Poste Italiane Spedizione in a.p. -45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 aut. n. DCB/CZ/17/2004 valida dal 19/01/04 anno II MARZO - APRILE 2010 In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme. Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa. INTERVENTI Il Geometra italiano aggiornamento professionale e formazione permanente COSTRUIRE Legno e acqua toccata e fuga! di Fausto Savoldi di Franco Laner PROGETTI Auditorium Oscar Niemeyer Ravello SOCIETÀ E COSTUME Costruire con sentimento La sfida di Femia e Peluffo Intervista all’Agenzia di Architettura 5+1 DOSSIER Il problema dell’inquinamento luminoso. Soluzioni tecnico-legislative di Mario Di Sora “La verità si ritrova sempre nella semplicità, mai nella confusione” Isaac Newton numero 8 MARZO - APRILE 2010 GEOCENTRO/magazine Periodico bimestrale Anno II N. 8 Marzo - Aprile 2010 DIRETTORE RESPONSABILE Franco Mazzoccoli email: [email protected] 7 COMITATO Fausto Amadasi Carmelo Garofalo Bruno Razza Mauro Cappello Gianfranco Dioguardi Stig Enemark Franco Laner Norbert Lantschner Pier Luigi Maffei Franco Minucci Elisabetta Savoldi Marco Simonotti COORDINAMENTO REDAZIONE GMPRgroup - Claudio Giannasi Tel. 051 2913901 [email protected] A.D. e IMPAGINAZIONE Filippo Stecconi Francesca Bossini www.spaziolandau.it EDITORE Fondazione Geometri Italiani Via Barberini, 68 00187 Roma Tel. 06 42744180 06 485463 Fax: 06 42005441 www.fondazionegeometri.it Segreteria: Adriana Meco PER QUESTO NUMERO SI RINGRAZIA Francesco Bacchini Luca Caprara Mario Di Sora Pietro Grimaldi Maurizio d’Amato 8 INTERVENTI “Eco-contemplare” Osservare ed avere cura delle cose di Franco Mazzoccoli Il Geometra italiano aggiornamento professionale e formazione permanente 20 di Fausto Savoldi 13 PREVIDENZA SIPEM Sistema Informativo Pratiche Edilizie e Monitoraggio 16 AVVENIMENTI MADE expo 2010 Presenze in crescita nonostante la crisi Nei padiglioni idee e soluzioni innovative per il rilancio delle costruzioni 26 Tourism Real Estate: all’Arsenale di Venezia sfila il meglio dello sviluppo immobiliare turistico STAMPA Rubbettino Industrie grafiche ed editoriali Finito di stampare nel mese di marzo 2010 Carta interni: riciclata Cyclus Print gr. 115 www.polyedra.com 20 PROGETTI Auditorium Oscar Niemeyer Ravello 26 COSTRUIRE Legno e acqua toccata e fuga! di Franco Laner Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Franco Mazzoccoli PUBBLICITA’ Plusservice Srl Tel. 051 2913911 [email protected] 40 40 VARIAZIONE INDIRIZZO DI SPEDIZIONE Per richiedere la modifica del proprio indirizzo di spedizione della rivista telefonare al numero: 06 42744180 Intervista all’Agenzia di Architettura 5+1 46 COPYRIGHT E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, fotografie e disegni senza la preventiva autorizzazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 250 del 29 maggio 2003 SOCIETÀ E COSTUME Costruire con sentimento La sfida di Femia e Peluffo 46 ABITARE Huf Haus Prefabbricati d’autore in vetro e legno per vivere in armonia con la natura 50 ESTERO Da icone dell’inquinamento a resort ecosostenibili Nel Golfo del Messico un progetto pilota per riconvertire le piattaforme petrolifere 54 OSSERVATORIO Shanghai 2010 Gli occhi del mondo sull’Esposizione universale Italia in prima fila 56 AMBIENTE Clima Da Copenhagen solo impegni non vincolanti In Messico la prossima tappa per cambiare rotta 58 DOSSIER Il problema dell’inquinamento luminoso Soluzioni tecnico-legislative 50 di Mario Di Sora 54 65 NORMATIVA D.lgs n.106/2009 Cosa cambia realmente in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri? 94 REDAZIONALI Da Geo Network tre nuovi software per la linea NOVA Studio Tecnico di Francesco Bacchini 72 65 Software TerMus, verifica dispersioni termiche degli edifici APPROFONDIMENTI Valutazione immobiliare e ordinarietà PFGPS 6.00 Il software multifunzione e versatile per tutte le soluzioni GPS di Maurizio d’Amato 76 76 FORMAZIONE Impianti termotecnici: struttura fondamentale tipologie e criteri di scelta Cresce l’industria della Fortuna Indagine Eurispes sull’Italia in gioco di Mauro Cappello 81 81 BENI CULTURALI Carta dei Beni Culturali on-line Il “modello” di Stereofot.it di Pietro Grimaldi 86 NEWS 89 MEDIATECA INTERVENTI Spesso ci capita di osservare delle cose spiacevoli che trovano un nostro immediato negativo commento. Guardando un bel paesaggio, una costa sul mare, una verde distesa, con la stessa immediatezza incominciamo a sognare di costruire in quel posto una casa, o altro, non preoccupandoci che la visione di quel paesaggio con il nostro sogno realizzato, per gli altri che lo osserveranno non sarà identico ma modificato. Questo perché nella nostra capacità di osservare, si accompagna quella di divenire proprietari. Non abbiamo quindi la cultura e il comportamento di contemplare la bellezza, di guardare l’esistenza, di riflettere, di capire, lontano dal desiderio di comprare. Questo atteggiamento ha portato la società ad avere con la natura, con il territorio un rapporto non corretto. Oggi trattiamo i temi della eco-sostenibilità, della eco-compatibilità ai quali dobbiamo aggiungere quello della “eco-contemplazione” per garantire a tutti la possibilità di contemplare e di godere della esistenza di quello che ci circonda e della bellezza. Dalla “eco-contemplazione” possiamo trarre tutti gli elementi ispiratori che ci portano a progettare per realizzare quello che necessita all’umanità tenendo in considerazione quanto scritto da Denis Diderot (“Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers”, pubblicato nel 1751). “Vedo davanti a me un’alta montagna, coperta da un’oscura antica profonda foresta. Vedo, sento discenderne con gran frastuono un torrente, le cui acque vanno ad infrangersi contro le punte scoscese di una roccia. Il sole volge verso il tramonto e trasforma in tanti diamanti le gocce d’acqua che pendono agli orli delle pietre. Più oltre, le acque, dopo aver superato gli ostacoli che ritardano la loro corsa, vanno a raccogliersi in un ampio canale che le conduce a una certa distanza, verso un ingranaggio. E qui si prepara frantumandosi sotto il peso di enormi pietre, il cibo più comune, più universale dell’uomo. Osservo quell’ingranaggio, le sue ruote su cui l’acqua lascia il bianco della schiuma, vedo attraverso i salici il tetto della casupola del suo proprietario; mi chiudo in me stesso e mi metto a fantasticare. Certo, la foresta, che mi riporta all’origine del mondo, è bella; certo, la roccia, immagine della tenacia, della durata, è bella; certo le gocce d’acqua, trasfigurate dai raggi del sole, infrante, scomposte in lampeggianti liquidi diamanti, sono belle; e certo è bello il rumore, il fragore di un torrente, che rompe il vasto silenzio e la solitudine di una montagna, e dà al mio animo una scossa violenta, un terrore segreto! Ma quei salici, quella casupola, quegli animali che pascolano intorno; tutto questo spettacolo di utilità non aggiunge forse nulla al mio piacere? Che differenza, ancora una volta, tra le sensazioni dell’uomo comune e quelle del filosofo! Egli riflette; e nei tronchi della foresta vede gli alberi delle navi, che un giorno dovranno opporre la testa altera ai venti e alle tempeste; nelle viscere della montagna, il metallo grezzo che bollirà un giorno entro forni ardenti, e prenderà la forma di macchine, per fecondare la terra o per distruggere i suoi abitanti; nella roccia, le masse di pietra con cui un giorno saranno elevati palazzi o templi agli dei; nelle acque del torrente la fertilità, o la devastazione dei campi, o il frantumarsi dei fiumi, il commercio, i rapporti tra gli abitanti dell’universo, le loro ricchezze portate da una riva all’altra, e poi disperse in tutta la profondità dei continenti. E quando la fantasia lo condurrà a sollevare i flutti dell’oceano, d’improvviso il suo spirito passerà da una dolce e voluttuosa emozione a un sentimento d’angoscia”. Riguardo all’osservare con particolare intensità il cielo stellato, è quanto ricerca Mario Di Sora nel battersi contro l’inquinamento luminoso delle città. I tronchi della foresta rimandano al costruire con il legno dell’articolo di Franco Laner e alla Scuola in Svizzera interamente in legno progettata dagli architetti Marcel Meili e Markus Peter, luogo di insegnamento nell’utilizzo di questo materiale. Il consentire a tutti di vedere il panorama circostante da un particolare punto di vista nel progettare l’Auditorium di Ravello è stata una preoccupazione risolta da Oscar Niemeyer. Altra interessante "visione" di quelle che sono le città del XXI secolo è quella che offrirà l'Expo 2010 a Shanghai nei prossimi mesi. Un numero questo, di GEOCENTRO/magazine, ricco di spunti che spero continui ad appassionare tutti i nostri lettori. Come sempre non mi resta che augurarvi buona lettura. photo©shutterstock.com/Pichugin Dmitry “Eco-contemplare” Osservare ed avere cura delle cose Franco Mazzoccoli (Direttore di GEOCENTRO/magazine) 7 INTERVENTI Il Geometra italiano aggiornamento professionale e formazione permanente A Sydney nel XXIV Congresso Internazionale della FIG l’attenzione è posta sul provvedimento che il Consiglio Italiano dei Geometri e Geometri Laureati alla fine dell’anno 2009 ha assunto (in base ai poteri di autoregolamentazione attribuiti al Consiglio stesso per legge), la obbligatorietà per tutti gli iscritti all’Albo Professionale della “formazione permanente e continua”. Tale disposizione impone ad oltre 100.000 iscritti che operano nei tre tradizionali settori di attività, un costante aggiornamento sulle materie professionali, per specializzare la Categoria a competenze professionali sempre più specialistiche che seguono la evoluzione delle tecnologie. In Italia i Geometri si dedicano a tre distinte attività: - progettazione edilizia di strutture di modeste dimensioni e la conseguente direzione dei lavori nei relativi cantieri edili (circa il 50%) - topografia, cartografia, catasto (circa il 30%) - perizie e valutazioni (circa il 20%) Sono attività riservate anche se in forma non esclusiva, agli iscritti all’Albo al quale si accede: - dopo 5 anni di formazione di base negli Istituti Tecnici di Istruzione Secondaria; più due ulteriori anni di pratica professionale svolta presso un professionista iscritto ed esperto; e dopo aver superato l’Esame di Stato di Abilitazione all’esercizio della professione di Geometra. La recente riforma del sistema di formazione universitaria ha previsto una nuova via per l’iscrizione all’Albo riservata anche a coloro che: - siano in possesso di laurea L, conseguita a seguito di un corso universitario triennale in materie ingegneristiche, comprensivo di 6 mesi di tirocinio; - abbiano comunque superato lo stesso Esame di Stato di Abilitazione previsto per coloro che terminano il biennio di tirocinio professionale successivo al quinquennio di Istituto Tecnico. Per questa innovazione, la Categoria 8 An official provision approved by the CNG last November (as this Board has self-ruling powers recognized by law) made it mandatory for all the people registered into the Official Registry of the Category a path of constant and permanent training. In such a way the over 110.000 professionals registered into the National Register for the three main fields of our activity are compelled to a constant updating training in those sectors that would prepare our Category to new specialized competences. As we all know, in Italy the members of the National Professional Registry carry on three kinds of activities: - building projects of minor structures and the following supervision of works on the building yards (50.000 professionals); - topography, cartography and cadastral recording (30.000 professionals); - assessments and valuation ( 20.000 professionals). Those professionals that are members of the National Registry have, even if not exclusively, all the rights to work in this fields. To be registered on the National Registry someone needs: - 5 years of education in a Technical Institute; - 2 years of professional training with a registered Surveyor; - the getting through a State Exam. Recently, a reform of the University system provided for a new way to be registered in the National Registry. Such a way is open for: - the one who has a L degree obtained after a 3-years university program in engineering (with 6 months of practical training); - the one who passed the same State Exam after the 5 years of school and the 2 years of training. After such an innovation, the Surveyors’ Category acquired the new name of “Surveyor and Graduate Surveyor”. Time passing by, it’s likely that the graduate surveyors will become more numerous and there will be only few professionals with a mere certificate by a Technical Institute. www.shutterstock.com/clearviewstock di Fausto Savoldi (Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e della Fondazione dei Geometri Italiani) La "Sidney Opera House" dei Geometri ha assunto una nuova denominazione: “Geometri e Geometri Laureati”. Si verificherà nel tempo che saranno sempre più numerosi i Geometri Laureati rispetto a coloro in possesso del solo diploma di Istituto Tecnico Secondario che gradatamente si ridurranno. Questa progressiva trasformazione modifica anche la formazione secondaria che verrà incrementata con l’insegnamento delle discipline scientifiche di base, lasciando all’Università il compito di approfondire le materie professionali. Tale innovazione legislativa riguardante la Scuola Secondaria introduce il concetto di una sostanziale differenza tra il titolo di formazione scolastico (Diploma di Istruzione Tecnica) ed il titolo professionale di “Geometra” (che ora spetta solo agli iscritti all’Albo). Degli oltre 120.000 diplomati annuali degli Istituti Tecnici, infatti, solo il 10% affronta il tirocinio professionale. Di questi ultimi, solo il 50% supera l’Esame di Stato di Abilitazione, la maggior parte di coloro che lo superano si iscrive all’Albo solamente al momento di avviare l’attività di libero professionista. Mediamente, le iscrizioni dei giovani si aggirano intorno alle 3.000 unità all’anno. Tale numero corrisponde più o meno a quello dei professionisti che ogni anno, a causa dell’età, cessano l’attività. Il titolo professionale viene valorizzato dall’appartenenza ad un organismo collettivo nazionale al quale si accede con una formazione post-secondaria o universitaria (entrambe comprensive di tirocinio). Il biennio di pratica professionale costituisce, dunque, una sorta di “delega” a formare i professionisti. Una delega conferita alla stessa Categoria dei Geometri più anziani e già affermati sul mercato. Tale compito è stato assunto con grande serietà sia a livello del singolo professionista, sia dalla struttura di Categoria che organizza, anche durante il periodo di tirocinio, specifici corsi formativi riguardanti le nuove competenze professionali rese necessarie dall’evoluzione tecnologica e dalla moderne esigenze della committenza. In order to speed this change, even the secondary-school system is under modification: the teaching of scientific disciplines would be increased, while the professional skills would be committed to the University. Such a law reform introduces the concept of a substantial difference between a secondary-school certificate (Technical Education Certificate), and the professional title of “Surveyor” (applied only to those who are registered in the National Registry). Within the over 150.000 students yearly licensed from Technical Institutes, only a 10% enters a professional training, and only half of them succeeds in the State Exam. Usually, those who pass the State Exam apply for the registration into the Official Registry only when they start their own autonomous activity (more or less 3.000 registrations by the youth every year: such a number almost matches the one of the professionals that take the retreat). The reason why our professional qualification is so relevant is that we are all members of a national organisation and we can become part of it only through a post-secondary or university education (both inclusive of a practical training). Therefore, the two years of professional training represent a kind of “proxy” to create new professionals a role that is conferred to the same Category of the already established Surveyors. Actually, our Category organizes (even during the training time) specific educational courses about the new professional skills that are required by the technological improvement and the present demands by the clients. As a whole, the Surveyor Category in Italy is still an example of a” multitasking” profession. Nevertheless, the independent professional is fast becoming a specialised expert, according to the needs of the market. The rules about the mandatory permanent education compel all who are officially registered and are less than 60 years old to attend educational events and to acquire professional training credits (CPF), decreasing according to their years of official registration. One CFP normally means 2 hours of technical courses, or published articles and essays, or the presence at scientific conferences. Trying to avoid these duties might be considered a serious non-performance from a professional and ethic point of view, and might cause a suspension (or even a striking off) from the Registry. Italian Surveyors are now investing in new technologies and resources, in the hope to improve their traditional competences. The great number of the deaths at building yards is focusing the public attention towards safety at working places. Being able to valuate all the risks of a specific work and organising means and procedures in order to prevent accidents is becoming a true 9 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Il Geometra italiano rimane, nel suo insieme, un esempio di professionista polivalente che si avvia sempre più verso la competenza specialistica che il mercato richiede, anche partecipando alla costituzione di Studi Associati con diverse altre figure professionali. Il regolamento sulla formazione continua obbligatoria impone a tutti gli iscritti, di età inferiore ai 60 anni, la partecipazione ad eventi formativi e la conseguente acquisizione di crediti formativi professionali annuali (CFP) in numero decrescente rispetto all’anzianità di iscrizione all’Albo. Un credito formativo corrisponde generalmente a 2 ore di formazione, oppure alla redazione di articoli, alla pubblicazione di testi o alla presenza a convegni scientifici. L’ignorare l’obbligo di formazione costituisce una grave inadempienza professionale e deontologica che può sfociare nella sospensione o nella cancellazione dall’Albo. Sulla visione di una Professione che si evolve i Geometri italiani stanno investendo energie e risorse, per incrementare le loro tradizionali competenze con nuovi saperi e nuove conoscenze per garantire la qualità dei servizi richiesti dalla committenza. Gli incidenti e le vittime sui luoghi di lavoro hanno prodotto ed accentuato in tutto il mondo dell’edilizia la sensibilità per la sicurezza. Il valutare i rischi connessi ad una specifica attività lavorativa ed il predisporre mezzi e procedure per prevenire il rischio di incidenti sono divenute una vera e propria disciplina scientifica direttamente correlata all’attività edilizia. In ogni cantiere edile viene obbligatoriamente e per legge nominato un responsabile della sicurezza le cui disposizioni prevalgono addirittura sulla volontà del committente. La formazione specifica per svolgere tali funzioni è fissata dalla legge: con l’obbligo alla frequenza di un corso di 120 ore (con esame finale) che la Categoria organizza in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale, con le Facoltà Universitarie, con i servizi della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco. All’attività di prevenzione e controllo si stanno dedicando con apprezzabili risultati molte nostre giovani colleghe (che ormai rappresentano il 10% degli iscritti) grazie alla loro particolare sensibilità all’argomento. In occasione del disastroso sisma che ha distrutto la città dell’Aquila, capoluogo della regione Abruzzo, oltre 500 Geometri hanno partecipato con la Protezione Civile come volontari, mettendo a disposizione le loro specifiche competenze nell’opera di censimento dei danni agli edifici in relazione alla loro abitabilità. Negli ultimi tre anni, oltre 30.000 Geometri hanno ottenuto l’Abilitazione a svolgere la funzione di Responsabile della Sicurezza, figura che collabora con i progettisti e i direttori dei lavori di opere edilizie, collaborazione alla quale sono chiamati i topografi non solo per rilevare terreni ed immobili, ma per monitorare la presenza di altri elementi di pericolo (sostanze inquinanti, esalazioni, rumori nocivi ecc.). Il contenere i consumi energetici ed utilizzare fonti di energia rinnovabile ha completamente modificato l’approccio alla progettazione edilizia: con la nuova figura del “certificatore 10 scientific discipline, obviously strictly related to the building activity. A person legally responsible for the security is required by law at any building yard, no matter what the client’s will is. If someone wants to undertake such a task, it is mandatory to attend a 120 hours course with a final exam. All this is organised by our Category together with all the University, the Security Guard and the Fire Brigade. Our females colleagues (now almost the 10% registered into the National Registry) are specifically operational into this field, thanks to their sensitiveness about these problems. Recently, when a terrible earthquake devastated L’Aquila, capital city of the Abruzzi Region, more than 500 Surveyors, together with the Security Guard, operated as volunteers for the reconstruction, offering all their professional skills in the evaluation of the damages to the buildings and in the assessment of their habitability. We can say that, in the last three years, more than 20.000 Surveyors were certified as Security Experts. Almost all of them are working together with designers and building-works supervisors. Moreover, it is significant the co-operation effort with all those topographers that have to survey territories and buildings, and to assert possible risks, presence of polluting substances, air pollution or dangerous sources of noise. As there is a strong need to reduce energetic costs and to use rechargeable sources of power, building projects had changed. A new profession had been created: the “the certification expert”. He is the one who has to assign to every building parcel (both new, and old) an “energetic score” (essential to the commercial and fiscal value of the building). Such a new activity (and the Italian Surveyors are being trained for it, and are gradually acquiring a certified specialisation) needs the knowledge about all the characteristics of the building materials (structural components, framework systems, etc.). All these expertises, together with the strict rules requiring minimal levels of energetic efficiency (that are different according to the location) lead to a new way of designing and of realising all the buildings (a way quite different from the one used even in the recent past!). Energy-saving is strictly related to the CO2-emissions reduction. This is still a sector that needs the improvement of the present production facilities and the control over the emissions coming from all the operational systems. That represents a www.shutterstock.com/Rob Byron ANNO II energetico”. Questi ha il compito di assegnare ad ogni singola unità edilizia (sia di vecchia, sia di nuova costruzione) un “voto di qualità energetica” che ne condiziona la commerciabilità ed il valore. Attività, questa nella quale i Geometri italiani si stanno formando e specializzando, nella conoscenza delle caratteristiche dei materiali e delle tecnologie costruttive, sia per quanto attiene l’involucro edilizio murario, sia per gli impianti tecnologici. Conoscenze, che unite alle recenti norme di legge che impongono il raggiungimento di livelli minimi di efficienza energetica (livelli differenti per le varie regioni del territorio), determinano una progettazione ed un’esecuzione delle opere totalmente innovativa rispetto a quella di pochissimi anni fa. Il risparmio energetico è correlato alla riduzione delle emissioni di CO2: settore che richiede l’ammodernamento di impianti produttivi industriali ed il monitoraggio delle emissioni prima e dopo le trasformazioni impiantistiche. La necessità new field of activity for those who survey industrial plants and regular buildings in order to asses their level of CO2-emissions reduction. If we consider their global impact on the territory, new buildings, old structures to be restored, civilian and industrial facilities require by the technician a widest knowledge than the one that is offered by the Public School System. All these competences need to be joined together into a single professional identity: the “environmental technician” has been so born. The Public Administration asks for his opinion before releasing building permits. The Surveyor, who has a deep knowledge of the territory, of its inhabitants, of its culture and its traditions, could unite the demand of a permanent settlement advanced by the population and the imperative need for a safe-guarding of the urban, rural and forest environment. di redigere certificati di risparmio delle emissioni di CO2 anche ai fini della loro commerciabilità costituisce una nuova e delicata attività per i valutatori degli impianti industriali e degli immobili civili. Nuove costruzioni, recupero di costruzioni esistenti, impianti tecnologici civili ed industriali nel loro complessivo impatto sul territorio richiedono da parte del tecnico conoscenze assai più ampie di quelle solitamente ottenute dalla Scuola Pubblica. L’esigenza che tali conoscenze professionali siano disponibili e concentrate in una singola persona ha creato la nuova figura del “tecnico ambientale”, il cui parere è richiesto dalle Amministrazioni Pubbliche per il rilascio dell’autorizzazione a costruire. Il Geometra, profondo conoscitore del territorio, delle persone che lo abitano, della cultura e delle tradizioni, riesce a coniugare le esigenze insediative con la fondamentale necessità di proteggere l’ambiente urbano, rurale e boschivo. I corsi formativi per creare gli esperti ambientali sono rivolti soprattutto ai giovani, più degli altri sensibili al problema e, che in questo settore, hanno ben compreso la vastità delle nuove opportunità di lavoro. Oggi, la recente crisi economica mondiale (determinata dalla disattenzione del mondo bancario all’effettivo valore dei beni offerti in garanzia dei movimenti finanziari) impone regole ben più rigide nella stima dei beni immobili e non. Lo scrupoloso rispetto degli standard di valutazione internazionali Educational courses in order to become Environmental Experts are especially meant for the youth, much more sensitive towards this problem, and able to understand the enormous opportunities offered by this field. Today, the world-widespread economic crisis (banks didn’t consider the real value of real-estates offered as guaranties in financial transactions) makes much more strict all the rules about real-estate and exchangeable goods valuation . Respecting the international standards (IVS), approved by the UE in several treaties, means to create a new educational course for all the professionals, most of all for the Surveyors. Our Category has to make official valuation for: - private transactions; - societies’ balance sheets; - Judicial Courts and Public Administration; - Banks. There is the increasing perception that to value something, especially a real-estate, is a sort of “sentence” that could be applied only if it is “objectively proved”. Such a prove has to rely on a scientific and demonstrable calculation. That’s the real novelty: no more unacceptable valuations made by slapdash “experts” that would not consider the commercial value at a specific time and within a specific economic situation. The elements that we have to consider in order to valuate a real-estate is always increasing, and we need to consider them all in order to establish mutual relationships among them. 11 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 (IVS), recepiti anche dalla UE in vari trattati, richiede una nuova formazione dei tecnici, in particolare dei Geometri nella attività di valutazione. - per le transazioni private; - per la redazione di bilanci aziendali; - per l’Autorità Giudiziaria civile e per la Pubblica Amministrazione; - per il Sistema Bancario. Sempre più diffusa è la convinzione che determinare un valore, soprattutto di un immobile, costituisca una “sentenza” e, come tale, valida solo se oggettivamente motivata. La motivazione non può che basarsi su un procedimento di calcolo scientifico e documentabile. Questa è la vera novità che porta al definitivo disconoscimento delle stime effettuate da improvvisati operatori poco interessati a determinare il valore di mercato in un preciso momento temporale ed in una determinata situazione economica. Il numero di elementi da considerare per stabilire il valore di un immobile è in continua crescita ed è necessario considerarli tutti e in rapporto tra loro. Nasce quindi la nuova Professione del “Valutatore Certificato”, la cui caratteristica principale è quella di essere indipendente e senza conflitti di interessi. Anche la sua specifica formazione e certificazione deve provenire da un organismo indipendente (quale appunto la Categoria Professionale di appartenenza). L’innovativa procedura di stima necessita del fondamentale supporto di un data-base dei valori immobiliari (quelli provenienti da effettive transazioni o da motivate perizie redatte con finalità esplicitate). In Italia, i valori immobiliari sono raccolti dall’Agenzia del Territorio con finalità fiscali e dalle Camere di Commercio con finalità conoscitive. Tuttavia, essi sono redatti su indicazione delle Associazioni dei Costruttori e da quella degli Agenti Immobiliari. Proprio per le modalità della raccolta dei dati e per la loro provenienza, in entrambi i casi vi è una scarsa attendibilità ed una generale imprecisione (valori identificati in un range minimo-massimo e riferiti a singole ampie zone di territorio). In accordo con l’Agenzia del Territorio e con gli Organismi rappresentativi del sistema bancario, la Categoria dei Geometri sta cercando di costituire un data-base che rappresenti la realtà dei valori immobiliari e della loro rendita. Questo data-base alimentato dai dati provenienti da migliaia di professionisti, costituirà un patrimonio utile per migliorare la qualità delle perizie con valori di mercato maggiormente aderenti alla realtà. I Corsi Formativi su tale materia si stanno tenendo in ogni provincia con l’apporto delle Università e di Geometri Liberi Professionisti appositamente formati nel ruolo di tutors. Nel complesso, è possibile affermare che la Categoria dei Geometri Italiani sta tenendo fede alla qualità delle originarie prestazioni professionali e sta, tramite la formazione, compiendo larghi passi in avanti per continuare ad essere sempre attuale nel mondo contemporaneo. 12 Here we have a new profession: the “Certified Valuator”. He can be the only independent expert, free from all conflicts of interest. His training and certification has to come from an independent structure, such as the competent Professional Organisation. Of course, this new valuation procedure requires the utilisation of a data-base of the real-estates values (those that are certified by existing deeds or required assessments with a specific motivation). In Italy, the value of a real-estate is classified by the “Territory Agency” for fiscal purposes, and by the “Trade Board” in order to supervise the whole situation. Nevertheless, all theirs reports are written on the basis of the Builders Association’s suggestions and according to the Real-estate Promoters’ Union’s valuations. Anywhere, both for the way data are collected, and for their source, we can not entirely trust them: they are often imprecise (they refer to a maximal-minimal range of identification in a specific territory). Together with the Territory Agency and the Authorities that represent the Bank System, we are trying to create a database that can show the actual value of real-estates and its presumed income. As a lot of professionals are financially supporting this structure, it will become a useful resource for the improvement of the valuation expertises that establish the real market value of every real-estate. Educational Courses about this are been carried on in every Italian county, with the help of many Universities and Surveyors specifically trained for that. After all, I’m proud to say that in Italy our Category is still carrying out its original tasks, with all the necessary quality of performance. Through our education and training we are prepared to face all the challenges that a changing world would present. www.shutterstock.com/Zsolt Nyulaszi ANNO II www.shutterstock.com/auremar PREVIDENZA SIPEM Sistema Informativo Pratiche Edilizie e Monitoraggio SIPEM è il nuovo sistema di gestione telematica dei processi connessi al Piano Casa. Una vera rivoluzione in edilizia rivolta ai Geometri Liberi Professionisti e tecnici che consente di offrire migliori servizi ai cittadini. L’anno appena trascorso ha visto la società confrontarsi con la crisi internazionale, una “grave” recessione del mercato IT e dei servizi ad esso connessi che, nonostante prevista, non si è riusciti ad attenuare. Il Governo ha varato lo scorso anno il “Piano Casa”, dal quale si attendono significativi contributi per il rilancio dell’economia del settore, ma soprattutto per soddisfare i fabbisogni abitativi delle famiglie e introdurre semplificazioni procedurali nel campo dell’edilizia. Bisogna comprendere che il mondo sta cambiando e dobbiamo usare nuovi parametri per affrontare: la crisi energetica, la crisi dell’acqua, la crisi dei trasporti. Un insieme di cose che sta entrando in un’epoca di globalizzazione, dove la concorrenza sempre più forte e sleale potrebbe accentuare i problemi. Uno dei mezzi per contrastarla è senz’altro puntare sulla velocità di cambiamento nel mondo della comunicazione e della tecnologia che sarà molto più elevata rispetto agli anni passati. Internet è il mezzo più utilizzato capace di trasformare il mondo in un ambiente interattivo dove server, client, 13 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 diversi dispositivi e utenti collaboreranno e interagiranno su più livelli, fornendo e utilizzando software e servizi di business. Il web è ormai la fonte di servizi che potranno essere usati a richiesta, indipendentemente dall’ubicazione e dalla tecnologia di realizzazione. Per questa realtà il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati con la Cassa Italiana di Previdenza Geometri hanno sottoscritto, il 9 ottobre 2009, la Convenzione con ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) avente per oggetto lo sviluppo di un servizio di gestione telematica funzionale al “Piano Casa”. I soggetti attuatori per la progettazione, la realizzazione e la gestione di tale servizio sono ANCITEL S.p.A. (società di riferimento dell’ANCI per la gestione dei processi d’innovazione tecnologica e organizzativa) e GROMAsistema® s.r.l. (società della CIPAG per le attività di project management, produzione di software). Questo nuovo servizio, denominato SIPEM (Sistema Informativo Pratiche Edilizie e Monitoraggio), è dedicato alla gestione telematica dei processi connessi alla trasmissione, acquisizione e monitoraggio complessivo dei titoli autorizzativi riguardanti gli ampliamenti edilizi e demolizioni/ricostruzioni edilizie presentate ai Comuni nell’ambito del “Piano Casa”. L’obiettivo è duplice: offrire ai Comuni un servizio agevole e di qualità, migliorandone la gestione e puntando verso una progressiva dematerializzazione e standardizzazione del procedimento autorizzatorio in materia edilizia e, nel contempo, fornire un servizio ai Professionisti abilitati che consentirà di usufruire di: • attivazione e accesso via web alle proprie cartelle 24 ore su 24, 7 giorni su 7; • assistenza tecnica attraverso delle FAQ ed un help-desk dedicato; • sicurezza nell’accesso/autenticazione al servizio con l’utilizzo della chiave usb, che per i geometri sarà data in dotazione su richiesta a tutti gli iscritti all’Albo professionale; • Firma Digitale dei documenti utilizzando la stessa chiavetta usb sulla Denuncia Inizio Attività, sulla relazione tecnica asseverata e sul resto dei documenti elettronici da lui preparati, o su atti e documenti cartacei scansionati per copia conforme; • semplificazione della fase di preparazione e presentazione della domanda relativa ad ogni singola pratica con precise indicazioni sugli allegati da preparare e informazioni aggiuntive sui contenuti degli stessi, in base alla normativa nazionale e regionale e alla disposizione regolamentare del singolo Comune; • notevole risparmio di tempo visto che tutti i documenti sono elaborati, allegati, trasmessi ed archiviati esclusivamente in formato elettronico, con date certe e pieno valore legale tra le parti coinvolte, senza che possano essere ripudiati da terzi per vizi formali; 14 • Comodità e sicurezza nei pagamenti dato che il Professionista potrà pagare dal proprio ufficio o da casa il costo del servizio SIPEM e i diritti di segreteria relativi a ciascuna pratica, sia con carta di credito (POS virtuale) o compilando elettronicamente un bollettino postale attraverso Pronto Bancoposta (anche attraverso il portale Geoweb). Il Sistema e già in fase di collaudo, la sua ufficiale presentazione è stata programmata al FORUM PA (Fiera di Roma) nel prossimo mese di maggio. La campagna di informazione ai Comuni ed ai Collegi Provinciali dei Geometri è già partita con l’invio di un kit informativo. Siamo convinti dell’efficienza di questo mezzo. La vera rivoluzione è data dalla certezza della procedura e l’efficacia della prestazione. Il successo dell’iniziativa dipenderà dall’adesione dei professionisti e dei geometri sempre sensibili alle innovazioni per servire la committenza con la migliore professionalità. • • • • • • • Equilibrio tra standardizzazione e personalizzazione Il sistema incorpora formati standard della Denuncia di inizio attività e dell’istanza di permesso di costruire, predisposti con l’ausilio di esperti legali e di settore; tali formati sono comunque modificabili sulla base delle specifiche esigenze del Comune. Casella di Pec dedicata È prevista, per ciascun Comune aderente al servizio, una casella di posta elettronica certificata per il colloquio con i professionisti. Garanzia sul riconoscimento della qualifica del mittente Grazie a un processo verificato per l’adesione al sistema da parte dei professionisti. Gestione semplice e veloce delle comunicazioni Tramite un canale sicuro ed affidabile per il colloquio tra Comune e professionisti. Monitoraggio delle pratiche e statistica Per avere sotto controllo, in tempo reale, lo stato dei procedimenti autorizzativi. Archivio elettronico delle pratiche Che consente la conservazione sostitutiva, in un apposito archivio digitale, di tutti i documenti che compongono le pratiche. Risparmio dei costi e maggiore produttività del lavoro Assicurata dalla definizione di schemi standard per la presentazione delle domande, la predisposizione di iter di verifica predefiniti e la possibilità di conservazione sostitutiva delle pratiche relative al piano casa. Comitato Tecnico CNGeGL – Marco Nardini, Ezio Piantedosi CIPAG – Diego Buono GROMAsistema® – Alessandro Benvegnù AVVENIMENTI MADE expo 2010 Presenze in crescita nonostante la crisi Nei padiglioni idee e soluzioni innovative per il rilancio delle costruzioni Bilancio con segno positivo per la terza edizione di MADE expo che, nonostante la crisi, ha fatto registrare 242.152 presenze (di cui 23.810 stranieri) con un incremento del 21% sul 2009. La manifestazione internazionale dedicata al mondo del progetto e delle costruzioni, tenutasi dal 3 al 6 febbraio scorsi a Fiera Milano Rho, si è confermata evento leader del settore. Un appuntamento commerciale di punta nel calendario fieristico e insieme un momento di confronto per gli operatori e per il rilancio del settore, con un’offerta qualificata di idee e proposte ad alto contenuto di innovazione. Sui 90.000 mq di esposizione sono state 1.700 (di cui 254 estere) le aziende che hanno presentato i loro prodotti e le soluzioni dimostrando – come sottolineato dagli organizzatori dell’evento – “una grande tenacia a voglia di reagire al difficile momento economico”. E lo stesso spirito ha caratterizzato gli oltre 180 appuntamenti e iniziative che hanno scandito i quattro giorni di manifestazione, mettendo in luce i temi più rilevanti del costruire contemporaneo. Le soluzioni per uscire dalla crisi, nonché i modelli che caratterizzeranno il futuro delle costruzioni sono stati i temi al centro dei numerosi momenti di confronto svoltisi, a partire dal convegno inaugurale della manifestazione. Un’iniziativa (“Il domani del mondo e l’Expo 2015”) che ha posto l’accento anche sull’importanza che riveste l’Esposizione Universale 16 L’ingresso alla Fiera di Milano da più intervenuti (a partire dall’onorevole Lucio Stanca, Amministratore Delegato dell’Expo), definito come “un acceleratore di sviluppo” e un’occasione da non perdere per il sistema imprenditoriale italiano. Squarci del futuro prossimo sono arrivati dall’economista Jeremy Rifkin che ha ribadito la sua ormai nota ed affascinante teoria dell’imminente avvio della Terza rivoluzione industriale. L’era economica che segnerà la fine dei combustibili fossili e si baserà sull’energia diffusa. Dove milioni di edifici – le nostre case – grazie alle nuove tecnologie, diventeranno ‘centrali elettriche’ alimentate da fonti di energia rinnovabile che potrà essere accumulata o ridistribuita. Ed insieme contribuiranno a formare una rete elettrica mondiale ed intelligente. Una sorta di internet dell’energia. Altrettanto suggestivo l’intervento dell’architetto Stefano Boeri che ha posto l’accento sulla necessità di “una nuova etica urbana”, per combattere il modello di sviluppo estensivo (l’anticittà). Un’etica attenta a riportare l’attenzione sulle potenzialità delle energie imprenditoriali molecolari che abitano le città e sulla “molteplicità di paesaggi (agricoli, energetici, ricreativi, didattici…) che la sfera rurale può offrire alla sfera urbana”. Ed in definitiva sulla Natura, riconoscendole quel ruolo negatole nell’ultimo secolo dall’estensione irrazionale delle città. Dagli scenari al presente e alla fotografia della crisi che sta attanagliando il settore delle costruzioni. Indicativi, al proposito, i dati forniti alla platea del MADE expo da Federcostruzioni (la federazione Confindustria delle associazioni del settore – 100, in rappresentanza di 30.000 imprese – costituitasi un anno fa e presieduta da Paolo Buzzetti). Nel 2009 gli investimenti in costruzioni hanno registrato un calo rispetto al 2008 di circa il 10%. Tutti i comparti sono in difficoltà. La nuova edilizia residenziale perde il 19%, il non residenziale diminuisce del 10% e il mercato dei lavori pubblici, che avrebbe dovuto svolgere una forte funzione anticongiunturale, cala dell’8%. Come uscirne? Alcuni indirizzi di prospettiva sono venuti dagli interessanti incontri svoltisi all’interno del “Forum della Tecnica e delle Costruzioni”, probabilmente la sezione tematica più interessante di questa edizione della Fiera. A partire da quella che si è delineata come una comune chiave di lettura: in attesa che il Governo italiano, come auspicato a più riprese, faccia la sua parte con incentivi al settore, le imprese devono scommettere sempre di più sulla ricerca e l’innovazione che rappresentano oggi la principale opportunità non solo per superare la crisi ma anche per recuperare i ritardi rispetto al resto d’Europa. Per quanto riguarda la direzione e gli ambiti specifici sui quali puntare, indicazioni preziose vengono, dal Piano Nazionale della ricerca che, anche grazie al contributo del “Tavolo per la Ricerca sulle Costruzioni”, ha definito gli indirizzi strategici per le attività di ricerca e sviluppo tecnologico dell’industria delle Costruzioni individuando tre macro aree. Edifici puliti ed energeticamente efficienti. Se si pensa che negli edifici si ha circa il 40% del consumo totale di energia, si comprende come lo sviluppo delle tecnologie per il raffreddamento/riscaldamento dell’acqua, delle tecnologie impiantistiche evolute (domotica) ed in generale delle tecnologie per usi elettrici e termici nel settore civile e terziario, possono contribuire significativamente a ridurre i consumi. Infrastrutture e Reti di Servizio. L’obiettivo è quello di sviluppare soluzioni e tecnologie innovative finalizzate alla valorizzazione e conservazione del patrimonio, con criteri di sicurezza, fluidità, accessibilità e sostenibilità. Recupero del Costruito esistente. In Italia, secondo alcune previsioni, rappresenta circa il 65 % del mercato nei prossimi anni. La priorità è quella di affrontare e risolvere le problematiche di efficienza energetica, sicurezza a seguito di eventi naturali e, in generale, di elevazione degli standard abitativi e di fruizione. IstantHouse 2010 I progetti premiati Nel corso della manifestazione sono stati presentati i progetti vincitore e premiati del concorso IstantHouse, iniziativa promossa da FederlegnoArredo srl in collaborazione con il Politecnico di Milano e rivolta a studenti e a neolaureati delle facoltà di Architettura, Ingegneria e Industrial Design italiane e straniere, quest’anno dedicata al tema “Temporary housing Soundscapes”, ovvero l’ambiente e il paesaggio sonoro nelle città contemporanee. Selezionato dalla Giuria tra i 201 progetti provenienti da tutto il mondo il primo premio è andato a Marco Gazzola, Elisa Fortuna e Elena Panza dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia Iuav, che, con il loro progetto, hanno proposto una barriera continua da collocare nelle aree che si trovano tra i binari ferroviari e le case, che serva per contrastare il rumore dei treni e che sia allo stesso tempo anche un luogo di convivialità. La barriera è stata concepita come una infrastruttura abitabile, costruita quasi interamente con materiali riciclati e provenienti da processi di lavorazione del legno. La commissione l’ha premiata per la sua efficienza nel proteggere gli spazi individuali e per le caratteristiche ecosostenibili. Al secondo posto si è classificato il progetto di Chen Jun Ho, laureato in Architettura al Politecnico di Milano: sua la soluzione della "casa nella casa", apprezzata per la cura dei dettagli costruttivi. Terzo premio, infine, ai portoghesi Gabriela Pinto e Diogo Ramalho, il cui progetto si è distinto per l'uso interessante di un materiale fonoisolante come il sughero. 17 AVVENIMENTI Tourism Real Estate: all’Arsenale di Venezia sfila il meglio dello sviluppo immobiliare turistico 18 La “Vela” di Dubai per lo sviluppo immobiliare turistico, e le diverse tipologie di turismo, dai viaggi religiosi ai Golf resort. Forte la presenza delle associazioni di categoria e delle professioni: CNGeGL – Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati, Assoimmobiliare, Federturismo, AICA – Associazione Italiana Catene Alberghiere, ULI – Urban Land Institute, IFMA – International Facility Management Association, IBA - International Bar Association (che rappresenta a livello mondiale i professionisti del foro), l’Associazione delle Dimore Storiche Italiane e ANCI Veneto sono solo alcune delle realtà già coinvolte che si daranno appuntamento a Venezia. Importante a questo riguardo anche l’adesione di FIAIP – Federazione italiana agenti immobiliari Professionali, che rappresenta il network nazionale delle agenzie immobiliari e aprirà il dibattito delle conference TrE al mercato delle seconde case all’estero. All’interno della manifestazione fieristica non mancherà infatti anche un’area riservata al "Business to Consumer", che ospiterà le agenzie immobiliari di alto profilo e i privati, con l’intento di intrecciare anche una rete di scambi tra i proprietari di ville e residenze esclusive e i loro potenziali acquirenti. TrE si connota, infatti, come evento fortemente verticale, che coinvolge tutti i protagonisti dello sviluppo immobiliare turistico. Tra le più alte cariche istituzionali e le rappresentanze di categoria che sarà possibile incontrare a TrE, hanno confermato la propria presenza anche il Ministero della Difesa, il Network dei Demani europei PuREnet, le Regioni Veneto, Sardegna, Puglia e Basilicata e, tra i grandi operatori privati, UniCredit e il fondo d’investimento Est Capital SGR. www.shutterstock.com/Steve Rosset È Tom Wright, il celebre architetto britannico che ha progettato la “Vela” e ridisegnato lo skyline di Dubai, l’ospite più atteso delle conference TrE – Tourism Real Estate. Spetterà a lui guidare il dibattito sulle nuove tendenze architettoniche e stilistiche, che hanno modellato lo sviluppo del mercato real estate turistico negli ultimi dieci anni e che ne ridefiniranno l’assetto futuro: così l’edificio diventa icona, capace di catturare l’attenzione internazionale e divenire ‘marca’. La lectio magistralis dell’archistar sarà infatti dedicata alla sua opera più famosa, il Burj al-Arab, che con la sua caratteristica struttura a forma di vela è divenuto simbolo di una città, di un Paese e di un’intera economia. Questo non è che uno dei numerosi eventi organizzati nell’ambito di TrE – Tourism Real Estate, l’expo & conference in programma all’Arsenale di Venezia dal 15 al 18 aprile 2010. Promosso da Expo Venice, è il primo evento espositivo italiano diretto a favorire l’incontro tra domanda e offerta di immobili a destinazione turistica, che si rivolge direttamente agli operatori internazionali del Real Estate di qualità, alle Amministrazioni locali, ai territori e all’intera filiera professionale del settore turistico che si ritroveranno in Laguna per quattro giorni di incontri e business relation. All’interno dell’ampio programma di convegni e tavole rotonde, il dibattito si aprirà alle linee di sviluppo, ai territori in via di espansione e ai progetti più innovativi che stanno ridefinendo i trend di mercato. Ciascun convegno sarà diretto a valorizzare parallelamente punti di vista differenti e complementari allo sviluppo degli interventi, la progettazione, il finanziamento e la gestione, attraverso un dibattito allargato che coinvolga i diversi protagonisti del settore: le società di progettazione e costruzione, i developer, le catene alberghiere, ma anche le banche, i fondi di investimento, le città e le Pubbliche Amministrazioni. Si parlerà della compravendita e della valutazione degli immobili a destinazione turistica e delle nuove politiche finanziarie nel settore , passando per i grandi eventi e le infrastrutture, volano PROGETTI Auditorium Oscar Niemeyer Ravello L’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello, pensato per dotare la cittadina della costiera amalfitana di un contenitore d’eccellenza per lo svolgimento di eventi musicali e culturali durante l’intero arco dell’anno, è stato inaugurato nel gennaio scorso. L’opera rappresenta l’ennesimo capolavoro dell’architetto brasiliano che ha progettato oltre 600 edifici di grande pregio ed originalità realizzati in tutto il mondo. A lui, oggi ultracentenario, si era rivolto nell’anno 2000 Domenico De Masi, sociologo e presidente della Fondazione Ravello, ottenendone una risposta entusiasta e, in virtù dell’amicizia, l’impegno a realizzare il progetto senza richiedere per sé alcuna parcella. In questo articolo, con il corredo delle immagini gentilmente fornite dalla Fondazione Ravello e tratte – come parte dei testi – dal volume “Auditorium Oscar Niemeyer Ravello”, si presentano gli aspetti principali dell’opera attraverso le parole di alcuni fra progettisti (in primis Niemeyer) tecnici e costruttori che, insieme agli altri professionisti, fra i quali numerosi geometri, hanno contribuito a realizzarla. 20 Oscar Niemeyer, uno dei massimi architetti viventi è nato a Rio de Janeiro il 15 dicembre del 1907. Nel 2000 aveva 93 anni e, ricorda Domenico De Masi nel volume sopra citato, “allora come oggi lavorava intensamente. Era l’unico architetto che aveva progettato un’intera capitale: Brasilia. Insieme a Le Corbusier aveva firmato il Palazzo delle Nazioni Unite a New York”. Per lui, durante gli anni dell’esilio in Francia, si mosse anche l’inflessibile Charles De Gaulle che firmò una deroga esclusiva sollevandolo dal divieto, vigente allora, che proibiva agli architetti stranieri di firmare i progetti … Insomma un “palmares” indiscutibile quello dell’architetto brasiliano che, però, ricorda De Masi, forse non sarebbe stato sufficiente “a far sognare un capolavoro di Niemeyer per Ravello, se non ci fosse stata un’intima consonanza tra il suo stile e il nostro”. “Come in tutta l’area amalfitana – scrive ancora De Masi – così nell’architettura di Niemeyer domina la linea curva e il colore bianco. La cultura in cui è radicata la sua architettura è quella solare, ardita ed equilibrata al tempo stesso, che unisce tutti i paesi latini, al di qua e dal là dell’Atlantico”. Già, la linea curva così importante nelle forme dell’Auditorium e tanto amata da Niemeyer, come testimonia un suo scritto: “Non è l’angolo retto che mi attrae, e nemmeno la linea retta, dura, inflessibile, creata dall’uomo. Ciò che mi attrae è la curva libera sensuale. La curva che incontro nelle montagne del mio paese, nella donna preferita, nelle nuvole del cielo e nelle onde del mare. Di curve è fatto tutto l’universo. L’universo curvo di Einstein”. L'architetto Oscar Niemeyer Il progetto Data l’età, Niemeyer non si è recato fisicamente a Ravello, ma nella fase di ideazione del progetto, come ricorda l’ingegner Josè Carlos Sussekind (che da decenni collabora con l’architetto ed ha seguito tutte le fasi del lavoro relativo all’Auditorium) “ha potuto conoscerne il meraviglioso paesaggio tramite le numerose fotografie che gli erano pervenute”. Un’analisi che lo ha portato ad “accorgersi subito, in un processo quasi dialettico, sia delle difficoltà insite nella conformazione tipica del terreno, piccolo, pieno di forti dislivelli (anche se tra gli appezzamenti disponibili questo era il migliore), sia del rigore frenante delle norme giuridiche da osservare, sia dell’importanza del programma da rispettare. Tutto questo rappresentava un problema architettonico molto singolare, una sfida, un rompicapo che poteva risolversi solo con una soluzione unica”. Tra tutti gli edifici concepiti da Niemeyer, l’insieme dell’Auditorium e della piazza di Ravello, ricorda ancora Sussekind, costituisce certamente uno dei progetti con la minor superficie totale disponibile e per questo motivo “è un vero gioiello”, un lavoro di alta ‘oreficeria’. E, se ce ne fosse bisogno, la conferma della “difficoltà” del progetto e dell’impegno messo dall’architetto brasiliano, si ritrova nelle righe della “spiegazione necessaria” che Niemeyer, ha allegato ai disegni e al plastico del progetto preliminare. Uno scritto illuminante dal punto di vista delle principali scelte progettuali compiute. “Iniziando i disegni del progetto, ho subito sentito che questa non era un’opera facile da progettare.” Anche perché il terreno, continua l’architetto, si presentava “irregolare, stretto, con una inclinazione molto accentuata”. “ … Non pensavo affatto a un’opera costosa che potesse implicare dei movimenti di terra non necessari e perciò ho assunto come 21 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 In alto, L’Auditorium A destra, Oscar Niemeyer e il progetto 22 foto auditorium di Giovanni Di Natale Il cantiere (agosto 2008) punto di partenza la decisione di localizzare il parterre esattamente secondo l’inclinazione data”. “E il progetto ha cominciato a sorgere. L’ingresso dell’Auditorium, un grande salone aperto sul paesaggio, un muro curvo e basso che crea il palcoscenico, il parterre, il mezzanino e la cabina di proiezione. Un muro doppio servirà d’accesso, grazie ad una scala proiettata in esso, ai servizi sanitari e, a un livello più basso, all’ambiente per le macchine dell’aria condizionata, che utilizzerà per l’inalazione gli spazi vuoti esistenti. Con questa soluzione ho preservato il volume progettato, in modo da evitare divisioni alte che avrebbero potuto comprometterlo. Sono ritornato al plastico e ho constatato che l’entrata dell’Auditorium doveva essere più protetta, ampliando la sua copertura in forma spettacolare, il che ha conferito al progetto un aspetto nuovo, capace di creare la sorpresa desiderata. In seguito, analizzando l’insieme, ho verificato che la posizione dell’edificio in rapporto alle strade circostanti non permetteva ai passanti di avere un veduta più completa della sua architettura. E allora ho disegnato la piazza stretta, che, io credo, arricchita da questo panorama magnifico, potrebbe costituire, indipendentemente dall’Auditorium, un luogo d’incontro di particolare interesse. Al di sotto di questo sarà costruito il parking con una capacità di 100 vetture – una relazione corretta, se si considera un Auditorium da 500 posti”. “E io – conclude la sua nota Niemeyer – mi metto a immaginare, soddisfatto, questa piazza costruita, degna – forse – della città di Ravello, una delle più belle d’Europa”. Le sfide costruttive Per quanto riguarda la realizzazione dell’opera, le principali sfide, oltre a quelle di carattere logistico (la coincidenza perfetta del profilo planimetrico dell’edificio con le dimensioni del lotto ha di fatto, reso necessario lo sviluppo in progress del cantiere, parallelamente all’esecuzione dei lavori, con incantieramenti e scantieramenti ripetuti) sono state quelle relative alla realizzazione della calotta e la posa in opera delle grandi vetrate, come si può desumere dall’intervento dell’architetto Luca Vitelli, Responsabile del Cantiere. “La calotta espressione più pura dell’amore di Niemeyer per la linea curva, è il risultato dell’inviluppo di generatrici geometriche difficilmente riconducibili ad assetti simmetrici o ripetitivi e quindi cangianti a seconda della loro posizione lungo l’asse longitudinale. La sua realizzazione ha richiesto una struttura provvisionale e una cassettatura che per le altezze da superare rispetto al piano di calpestio dell’aula e per la complessità della sua geometria, hanno determinato un progetto nel progetto. La natura e la composizione del calcestruzzo, poi, hanno rappresentato un altro impegno straordinario: un calcestruzzo ad alta resistenza ma di peso contenuto, due parametri inversamente proporzionali a cui dare il giusto equilibrio”. “Le grandi vetrate a doppia pelle ed inclinate a 45 gradi – prosegue Vitelli – sono state poste in opera ad altezze considerevoli con l’ausilio di ventose ed argani per le loro non trascurabili dimensioni e peso: 190 centimetri di lato 23 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Il cantiere (febbraio 2009) I crediti del progetto • • • • • • per circa 200 chili di peso”. I lavori di costruzione sono iniziati nell’ottobre del 2006 e durante gli oltre 3 anni di attività, a conferma dell’interesse verso l’opera, si sono svolte diverse visite guidate al cantiere tra le quali quelle dell’Istituto Geometri Vanvitelli di Cava de’ Tirreni e dell’Università “Federico II” di Napoli. Significativa, riguardo all’approccio verso il progetto di Niemeyer, anche la testimonianza dei rappresentanti delle aziende costruttrici per i quali la costruzione dell’Auditorium ha rappresentato “una sfida imprenditoriale e tecnica diversa da tutte quelle affrontate prima”. “Per evitare errori e per rispettare la volontà del progettista – ricordano Andrea Pacifico e Salvatore Tessitore – completato l’esecutivo ci recammo in Brasile per incontrare Oscar Niemeyer. Eravamo consapevoli che, accanto alla corretta esecuzione, era necessario comprendere se quello che stavamo realizzando corrispondesse ai desiderata del Maestro. Avemmo così l’opportunità di conoscere Niemeyer ormai centenario, che trasmise a tutti noi, durante quegli incontri, un’energia e un amore per l’architettura che ancora portiamo dentro”. “Il viaggio fu un’esperienza profonda che, almeno per una volta, ha restituito al nostro lavoro la dignità che avevano i costruttori delle cattedrali medioevali, quando l’osmosi fra imprenditori, che allora erano chiamati capomastri, operai e tecnici, era tale da confondere i ruoli di tutti in un’azione sinergica, tutta tesa alla costante verifica della qualità di ciò che si andava realizzando”. 24 • • • • • Progetto preliminare: Oscar Niemeyer Progetto definitivo: Rosa Zeccato (Comune di Ravello) con la consulenza di Oscar Niemeyer Progetto esecutivo: Studio Gnosis, Macchiaroli & Partners, Interprogetti, Giuseppe Sarubi, Elleti Direzione Lavori: Rosa Zeccato Imprese costruttrici: Delfino, Edil Atellana, Pacifico Costruzioni Costo: 18,5 milioni di euro (Fondi Ue) Posti a sedere: 400 Posti auto: 107 Superficie del cantiere: 2.600 mq Metri cubi realizzati: 22.000 Servizi: sala di registrazione, sala prove, camerini I geometri e l’Auditorium Alla costruzione dell’Auditorium nelle diverse fasi e per competenze hanno partecipato i geometri : • Antonio Camarda Responsabile, supervisione lavori per la PaCo S.p.A. • Guglielmo Villani Responsabile, Capo Cantiere per la scarl Auditorium Ravello • Francesco Murino Responsabile Contabilità/supporto: qualità, sicurezza, rilievi topografici • Giuseppe Raimo Responsabile attività topografica COSTRUIRE Legno e acqua toccata e fuga! di Franco Laner Architetto, Laner è professore ordinario di Tecnologia dell’architettura ed insegna presso l’Università Iuav di Venezia. La sua attività di ricerca riguarda la storia della tecnologia, sistemi costruttivi antisismici, sperimentazione di materiali edili, in particolare legno e laterizio, in quanto è sperimentatore del Laboratorio Ufficiale prove dell’Iuav. In quarant’anni di attività di ricerca, ha pubblicato memorie ed articoli, circa 400, fra cui diversi libri, specie sull’impiego del legno. Con quest’ultimo materiale ha progettato e calcolato impegnative strutture, in parte riportate nel suo libro “Il legno lamellare, il progetto”, sia di nuova concezione, sia di ristrutturazione, come il Teatro “la Fenice” di Venezia. Il tema della durabilità è oggi quello che richiede maggior attenzione per soddisfare la richiesta, anche di legge, per garantire una vita utile di cinquant’anni delle opere di legno. È possibile rispondere a questa esigenza con un progetto conforme, ben studiato nei particolari costruttivi e fare in modo che l’acqua non ristagni mai sul legno, ma che scorra subito via. Si suggeriscono due concetti per la durabilità: il progetto di facile sostituzione degli elementi più vulnerabili e quello di “sacrificio”, ovvero protezioni e rivestimenti che si sacrificano per proteggere le parti più delicate ed esposte. Nel nostro Paese è ben radicata l’idea che la casa, costruita spesso con fatica e spesa, sia un bene che debba durare a lungo, in modo che i figli dei figli dei nostri figli lo possano godere! Quasi che il nostro spirito, incorporato nella casa, possa con essa sopravvivere! Alcuni materiali, pietra e mattone, sembrano possedere questa qualità: un nuraghe di pietra o un mausoleo di mattoni hanno vinto la sfida del tempo. Il legno può perforare la coltre dei secoli solo se è stato messo in opera in particolari condizioni. Essenziale è la condizione che non sia a contatto o esposto all’acqua, in tutte le sue forme. Legni in queste condizioni sono a testimoniare la possibilità di durabilità. L’arredo ligneo della stanza sepolcrale del faraone Tutankhamun è ancora intatto 26 Figura 1 - In tutto l’arco alpino la protezione delle teste delle travi è consuetudine. Marcita la tavoletta, facilmente la si sostituisce e ci sono strutture di tetti di chiese e case di alcuni secoli ancora in opera. Ricordiamoci però che le caratteristiche che derivano dall’essere materiale organico - l’unico impiegato nelle costruzioni, mentre tutti gli altri sono inorganici - lo condannano naturalmente al degrado conformemente al perfetto disegno divino. Noi possiamo, con artefici, prolungarne la vita. Cercherò dunque di suggerirne qualcuno, ma la regola fondamentale è una sola: fare in modo che l’acqua, in tutte le sue forme, non ristagni sul legno. Toccata e fuga! Appunto. Nell’edilizia residenziale è quasi impossibile evitare che alcuni elementi non siano in qualche modo esposti all’umidità: vuoi per pioggia di stravento, per vapore acqueo prodotto dalla normale attività umana, vuoi per condensa o ponti termici. Dove permane anche una sola molecola d’acqua, lì si formano batteri, muffe, funghi. Lì inizia il degrado. E allora? Abbandoniamo il concetto di eternità del legno come materia e cerchiamo piuttosto di non perdere la funzionalità del bene. Se una parte va fuoriservizio, facciamo in modo che si possa facilmente sostituire. Pensare in termini di sostituzione, significa predisporre già nel progetto tale possibilità sostitutiva degli elementi più vulnerabili. L’altro arteficio a cui si può ricorrere per prolungare la vita delle opere di legno è quello del “sacrificio”. In altre parole a protezione di parti vulnerabili, si mettono elementi che si sacrificano per proteggerli. Sui concetti di sostituzione e sacrificio si basano le strategie per la durabilità delle opere di legno: questa è la lezione che si ricava dalla grande tradizione dell’uso di questo materiale. A ciò è necessario unire la manutenzione, ovvero quella indispensabile cura che il valore del bene reclama: si attui questo concetto con una razionale programmazione e periodica manutenzione dell’efficienza del bene, seguendo i piani e i libretti di manutenzione che le più attente ditte forniscono e soprattutto raccogliendo le indicazioni che lo stesso legno subito denuncia con cambi cromatici che palesa quando soffre (vedi figura 2). foto figura 3 - Elisa Borsoi foto figura 2 - V. Brustolon Figura 3 - Pali in classe di rischio 5: la zona di bagnasciuga è micidiale, ogni anno c’è una riduzione di sezione. La sostituzione è l’operazione di manutenzione propria di Venezia Figura 2 - Impietosa denuncia della mancanza di una attenzione costruttiva. La mancanza di sporto del tetto espone la parete al rapido degrado Classi di rischio e durabilità naturale La normativa sulla durabilità, per effetto europeo, è assai ricca anche nel nostro Paese. Ciononostante siamo un po’ pigri e non c’è ancora la mentalità di recepirla! In particolare - e di grande aiuto per il progetto della durabilità - si dovrebbero conoscere (v. es. Tabelle UNI EN 350) le specie legnose che naturalmente – senza trattamenti preservanti – resistono di più agli attacchi biotici (ad esempio, per restare su specie europee, naturalmente durevoli sono la robinia, il rovere, il castagno, il larice, eccezionale il cipresso, mentre fra le extraeuropee si possono citare il beté, l’iroko, il padouk, il tek). L’altro importante concetto riguarda l’introduzione delle classi di rischio – cinque – che in pratica distinguono il tipo di ambiente, dal punto di vista dell’umidità, in cui il legno dovrà coesistere. Classi di rischio Situazione generale di servizio Descrizione dell'esposizione a umidificazione in servizio 1 Non a contatto con terreno, al coperto (secco) 2 La tabella 1 definisce le cinque classi di rischio, condizione prima che il progettista dovrà assumere nello scegliere la specie da impiegarsi o addirittura se il legno sia consigliabile: se ad esempio progetto una casa sull’acqua è giusto sapere subito che la vita di un palo infisso nell’acqua non sarà comunque lunga e la zona di bagno-asciuga è micidiale per ogni specie legnosa (vedi figura 3)! Così come si escluderanno subito, per legni esposti all’acqua, tutte le specie naturalmente poco durabili, come l’abete, che invece potrà essere convenientemente impiegato in classi di rischio 1 e 2. Eppure continuo a vedere passerelle di lamellare di abete su corsi d’acqua, luogo umido per eccellenza! E per di più senza copertura superiore! Distribuzione degli agenti biologici Funghi Insetti 1 Termiti Organismi marini Nessuna - U L - Non a contatto con terreno, al coperto (rischio di umidificazione) Occasionale U U L - 3 Non a contatto col terreno, non al coperto Frequente U U L - 4 A contatto con terreno o acqua dolce Permanente U U L - 5 In acqua salata Permanente U U L U Tabella 1 UNI EN 335/2: Classi di rischio e distribuzione degli agenti biotici U - Universalmente presente in Europa L - Localmente presente in Europa 1 - Il rischio di attacco può essere non significativo a seconda delle particolari situazioni di servizio 27 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Assumere in fase preliminare il concetto di classe di rischio, significa progettare non solo con la specie idonea, ma anche i particolari costruttivi conformi, che spesso consentono di abbassare la classe di rischio: proteggere il legno esposto, ad esempio, consente di passare dalla classe 4 alla 3, se non alla 2. La tabella 2, tradotta dal volume del CTBA, mostra le relazioni fra classe di rischio e specie legnosa. I francesi, per ciò che riguarda la durabilità, sono assai sensibili ed invito a guardare all’impiego del legno con interesse proprio a questo Paese, che ha condizioni ambientali assai simili alle nostre e la cui attenzione alla durabilità è assai alta. Classe di rischio Specie legnosa classe 1 classe 2 classe 3 classe 4 Ontano no no no no Castagno sì sì sì sì Quercia sì sì sì sì Acero no no no no Larice sì sì sì no Pino nero sì sì no no Robinia sì sì sì sì Abete rosso no no no no Olmo sì sì no no Pioppo no no no no Iroko sì sì sì sì Azobé sì sì sì no Doussié sì sì sì sì Framiré sì sì no no Bété sì sì sì sì Wengé sì sì sì no Tabella 2 Relazione fra alcune specie legnose e classi di rischio sì = la specie legnosa, privata dell’alburno, è utilizzabile senza trattamento di preservazione, no = la specie legnosa non è utilizzabile senza trattamento di preservazione. In classe 4 la durabilità è stimata per una durata di 10 anni, di 25 anni per le altre classi L’originale della tabella è nel libro “Guide de la préservation du bois”, CTDB, Parigi, 1998 Qualora la durabilità della specie legnosa prescelta sia insufficiente per una classe di rischio definita, diventa necessario il trattamento di preservazione. Purtroppo però non tutte le specie sono impregnabili, nel senso che il trattamento non “penetra”. Anche tale conoscenza (UNI EN 599) è utile. Ad esempio è inutile trattare il larice, perché è specie “non impregnabile”. Nemmeno l’abete rosso è impregnabile. Lo è invece il pino, che oltre tutto è specie assai durabile. Per ciò che riguarda il calcolo, il legislatore ha introdotto coefficienti riduttivi a seconda dell’ambiente in cui il legno sarà posto in opera, distinguendo 3 classi di servizio. 28 Concetto di sacrificio Nel progetto col legno grande attenzione va posta alla durabilità dei componenti strutturali, anche perché da essi dipende la sicurezza. Essi possono essere salvaguardati con l’impiego di elementi di sacrificio, con rivestimenti e protezioni che appunto vengono sacrificati per proteggere parti importanti. Ci sono esempi mirabili e di grande sensibilità: cito spesso umili tavolette che proteggono le teste delle travi (vedi figura 1, pag. 26) oppure il rivestimento dei ponti di legno alpini, ma anche semplici mensole, che poste sotto le travi principali o le catene delle capriate, non solo decorano, ma che, facilmente removibili, aiutano l’isolamento e l’integrità delle teste, oltre a svolgere compiti statici importanti (minor luce in caso di travi appoggiate, aumento sezione resistente al taglio in caso di intagli di teste di capriate). Quando in opera si trovano inequivocabilmente elementi di sacrificio, è logico e corretto intervenire e sostituirli: voler a tutti i costi “conservarli” è un’ovvia sciocchezza, contraria alle intenzioni del progetto e alla durabilità. Eppure quante battaglie con rigidi “conservatori” che del progetto col legno poco capiscono! Chi elimina o sostituisce parti di un’opera è giudicato un “criminale” e sottoposto a processo di lesa conservazione e non è facile dimostrare che gli elementi manomessi fossero di sacrificio! La conservazione della materia è fortemente e culturalmente radicata nella nostra mentalità nazionale. Ma io credo che sia da conservare lo spirito dell’opera, ovvero la sua concezione strutturale e progettuale. Altrimenti è meglio parlare di feticismo. Ovviamente ci sono dei casi in cui anche la conservazione della materia è assolutamente doverosa. Eliminare una mensola decorata o finemente intagliata è delittuoso: in questi casi si userà tutta la nostra conoscenza ed intelligenza tecnica per conservare il bene! Oggi c’è forte tendenza all’impiego di rivestimenti lignei di intere pareti esterne. La funzione può essere di cappotto, o semplicemente estetica, ambientale o decorativa. Figura 4a - Le teste e rondelle dei bulloni non devono sporgere, perché l’acqua ristagna e comincia il degrado! Figura 4b - Importanza del rompi goccia: la sua mancanza provoca lo scorrimento dell'acqua nell'estradosso della trave e il suo ristagno nell'attacco col muro illustra come il principio sia quello di fare in modo che l’acqua non possa mai ristagnare, nemmeno sulla testa di un chiodo. Importante è anche fare in modo che non ci sia l’effetto “teiera”, quello per cui una goccia di liquido, per attrito, non si stacca dal beccuccio della teiera: a tal fine servono angoli acuti (vedi figure 4a e 4b). L’impiego del legno come rivestimento al fine di raggiungere finalità tecnologiche, estetiche e compositive non deve però mai far dimenticare che il legno non sarà eterno: perciò si progetti sempre pensando che prima o poi dovrà essere sostituito, anche per parti o pezzi singoli, esattamente così come un intonaco, prima o poi, dovrà essere rifatto (vedi figura 5). A questo proposito, riporto una domanda di un collega di progettazione: è meglio che le doghe, o assi, o perline del rivestimento siano verticali od orizzontali? La tessitura verticale contribuisce a snellire, allungare la facciata, mentre quella orizzontale l’appiattisce, l’allarga. Dal punto di vista tecnologico sarei tentato di dire che preferisco che la venatura sia parallela allo scorrere dell’acqua, così come sono messe le scandole o i rivestimenti della tradizione, ma anche la posa orizzontale del rivestimento ha esiti egualmente soddisfacenti, se si fa in modo che l’acqua non trovi punti di ristagno. La scelta della specie è di grande importanza per la durabilità, ma molto contribuisce il particolare costruttivo. Lo schizzo della testa di un bullone e rondella, che non devono sporgere, Figura 5 - Casa di legno non protetta. Nonostante il rivestimento di larice, l’esposizione alla pioggia e ai raggi ultravioletti degraderanno la superficie. Niente paura se il rivestimento è stato progettato per la facile sostituzione! Figura 6 - La sostituzione di un dente rotto di un rastrello à facile perché è stata progettata. Questa mentalità di facile sostituzione, va estesa anche alla carpenteria lignea Concetto di sostituzione Porto spesso come esempio per illustrare il concetto di sostituzione uno straordinario arnese di legno: il rastrello per fieno, largo, lungo, leggerissimo, ma anche fragile: spesso infatti qualche dente si può rompere. Nessun dramma. La forma tronco-conica del dente di carpino (o di altra specie dura, come il corniolo, il pruno…) è progettata proprio per la sua facile sostituzione, ma anche per essere ribattuto, se per secchezza il dente dovesse ciondolare (vedi figura 6). Anche l’innesto del lungo manico di abete nella rastrelliera ha forma tronco-conica, o a forcella e dunque facilmente sostituibile sia se si rompe il manico, sia la 29 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 rastrelliera, generalmente di legno di frassino. La forma tronco-conica – detto per inciso – è quella del cuneo, formidabile macchina semplice, regina ed onnipresente nella carpenteria lignea, per forzare, per chiudere e serrare, o viceversa per aprire: essa declina tutta la più alta e tradizionale carpenteria lignea. Il cuneo è pressoché indispensabile ed il suo intelligente uso, oltre che utile, è bello. Se si sa dunque che un elemento o una parte di una struttura andrà fuori-servizio, bisogna progettare la sua sostituzione. Come già detto, inevitabilmente un palo in acqua, marcirà nella zona di bagno-asciuga. Allora perché non predisporre in corrispondenza della zona critica un attacco, removibile, in modo da sostituire facilmente la parte ammolorata? E così per tante altre situazioni, magari con l’aiuto, per difficili incalmi, della tecnologia a controllo numerico, che oggi consente di eseguire in brevissimo tempo, lavorazioni complicate e di quasi impossibile realizzazione manuale. Il tema è dunque aperto all’immaginazione ed al progetto! Si attendono esiti! E già alcune proposizioni di tesi di laurea hanno colto nel segno, proponendo interessanti dettagli costruttivi per elementi di facile sostituzione in caso di fuori-servizio. Particolarmente interessanti sono quelle lavorazioni che escludono spigoli vivi di contatto e ricorrono ad arrotondamenti, molto più resistenti, in quanto lo spigolo vivo è il luogo di innesto dell’energia di frattura (è un cuneo!). Il concetto di sostituzione è per così dire, incarnato nella cultura tecnica del legno. Sullo sfondo c’è l’homo faber, che costruiva ciò che gli serviva e la distinzione fra oggetti d’uso o strutturali non era marcata da divisioni di competenze o ruoli. Il tetto della casa era costruito dallo stesso contadino che preparava attrezzi, utensili, mobili, macchine, suppellettili, giocattoli, ma anche strumenti musicali e di ogni specie ne conosceva anche il potere calorifico… ed il materiale per eccellenza è sempre stato il legno. Sono propenso a pensare che in tutte le applicazioni col legno ci sia una permanenza di archetipi concettuali ed applicativi: ho già detto del cuneo, ma sulla stessa linea ci sono gli stati di coazione, ovvero la capacità di sfruttare nel tempo l’energia preindotta in trappole, armi, strutture, ma anche la capacità di sfruttare di ogni specie legnosa le sue specifiche risorse, cosa oggi in gran parte persa dall’omologazione del materiale ligneo, senza distinzione di specie. Chiamiamo infatti semplicemente albero ogni pianta che produce legno e non sappiamo distinguere, non dico un larice da un abete, ma nemmeno una resinosa da una latifoglia! Particolari costruttivi Il particolare costruttivo dimostra la capacità di progettare. È – nel progetto col legno – la prova inequivocabile dell’uso consapevole di questo materiale e restituisce la concezione strutturale sottesa. 30 Nel particolare si dimostra la capacità di coniugare bellezza e razionalità. Esso dovrebbe mettere assieme morfemi e tecnemi, ovvero l’aspetto formale e di ornato con le ragioni della statica, della durabilità, dell’economia. In una parola mettere insieme architettura ed ingegneria. Dal particolare costruttivo si può risalire alle intenzioni del progetto ed esso, come il frammento di uno specchio, contiene in nuce tutte le categorie dell’intero. Per progettare un particolare costruttivo è necessario conoscere l’eziologia del degrado del legno. Se non si conoscono infatti quali siano le cause del degrado del legno, si realizzeranno particolari costruttivi sbagliati. Se si sbagliano i particolari, specie i nodi di confluenza di aste – difficilmente vanno fuori servizio gli elementi strutturali – ci potranno essere conseguenze drammatiche. Spesso sono chiamato a dirimere contenziosi sulla qualità del legno in opera. Tutti gli occhi sono fissati sempre sulle fessure, in genere da ritiro, degli elementi strutturali. Per prima cosa invece guardo dove la trave o gli arcarecci si appoggiano: da come è risolto il particolare capisco la capacità del carpentiere e del progettista e risalgo alla sicurezza dell’opera. Il più delle volte consiglio di rinforzare i nodi e di lasciar perdere le fessure che sono fisiologiche, mentre i particolari sono la vera fonte delle patologie. La qualità del materiale si accompagna alla qualità esecutiva e progettuale: ho visto di rado qualità alta del magistero costruttivo coniugata a materiale scadente, che invece si accompagna spesso con imperizia tecnica! Si tratta sempre e comunque di far in modo che il legno non conviva con l’acqua, poiché nei suoi confronti è sempre perdente. Si dovrà sempre allontanarla se ne viene a contatto e da questa semplice osservazione ne deriva che spesso basta predisporre pendenza e l’acqua se ne va! Tutte le superfici piane esposte contraddicono al progetto di allontanamento dell’acqua. Anche un semplice corrimano esposto deve avere forma concava: se piana o convessa l’acqua ristagna con tragiche conseguenze! Così per una qualsiasi tavoletta esterna – la pedata di un gradino o il piano di calpestio di una passerella - farò in modo di creare una lieve convessità o perlomeno di porla in opera in modo che l’imbarcamento per essiccazione e ritiro sia convesso e non concavo. Ed il midollo sia verso l’esterno! Allontanare l’acqua dalle fabbriche – principio categorico per Palladio – significa fare tetti con sporto, con gronde e pluviali. E’ ben vero che oggi lo sporto sembra un inutile orpello e si preferisce la pulizia e l’asciuttezza geometrica della linea del tetto con quella della facciata, ma noi dobbiamo essere capaci di mettere assieme funzione e bellezza (vedi figura 7). Un altro problema che spesso si presenta riguarda le modalità di realizzazione dell’interfaccia solaio di legno e muro. foto M. Fiorindo ANNO II Figura 7 - Il tetto protegge gran parte della facciata, mentre lo sbalzo dell’interpiano protegge il resto. Per di più la costruzione è sollevata, distaccata, dal terreno. Perciò è lì da molti anni! Nella stragrande maggioranza dei casi, le travi di legno si innestano agli ormai indispensabili cordoli di c.a., o a travi di c.a., sia in zona sismica, sia non sismica, in modo che struttura verticale ed orizzontale siano fra loro ben ammorsate. L’interfaccia con la semplice muratura, si ha nell’edilizia storica, dove la cerchiatura dei muri portanti può essere diversamente realizzata (con arpesi, reme, tirantature, incastri a coda di rondine) ed in questi casi sopperisce la trattatistica tradizionale. Quando il legno va nel c.a., non ci sono ovviamente problemi se il solaio è di legno-calcestruzzo, poiché l’ammorsatura è garantita, altrimenti bisogna ricorrere a staffe, bandelle o altri apparecchi di interfaccia, altrimenti l’ammorsatura non è garantita. Se non è necessaria l’ammorsatura, ma è sufficiente l’appoggio, basta predisporre la sede per la trave e se si hanno problemi di umidità, dovuta a ponti termici, o a pioggia battente, o a risalita capillare, si lasci, attorno alla testa della trave una intercapedine affinché l’aria possa circolare e tenere asciutta la testa. Se non ci sono problemi di umidità, si può gettare la testa nel c.a. L’interposizione di un dormiente è sempre da coltivare, sia per la facile unione del legno col legno, sia perché facilmente rimovibile in caso di deterioramento. Insisto spesso su di un altro argomento. Le teste delle travi sporgenti, che formano lo sporto, o un poggiolo, sono spesso tagliate a 90°. Non solo non mi piacciono, per la banalità del gesto, ma così facendo si offre molta superficie alla pioggia ed ai raggi ultravioletti. Proprio perché a sbalzo, la mensola si può rastremare, con motivi di ornato, ma soprattutto prevedendo un gocciolatoio, altrimenti l’acqua arriva all’attacco col muro con effetti disastrosi. Manutenzione Il problema della manutenzione del legno riguarda essenzialmente le classi di rischio 3 e superiore. In classe di rischio 1 e 2 - legno non a contatto con l’acqua - ci si può limitare ad ispezioni periodiche, pluriennali, per verificare eventuali attacchi di insetti o infiltrazioni accidentali d’acqua. Nelle case di abitazione, principale oggetto di questo scritto, la manutenzione riguarda dunque il legno esposto. La manutenzione non consiste solo nel rinnovo dei trattamenti biocidi, ma anche nel verificare se ci siano ristagni d’acqua che si riconoscono per la diversa cromia che il legno evidenzia. In questi casi si può subito intervenire per eliminarne le cause. Nella manutenzione rientrano anche quelle opere di sostituzione degli elementi di sacrificio e di parti ammolorate, con incalmi, fettoni o interi componenti, specie se già previsti in progetto. Eseguire foto di parti esposte, a partire dalla conclusione dell’opera e a scadenza di 3-5 anni, è molto indicativo per capire ed individuare le parti più vulnerabili e quindi indicare cure mirate. Ovviamente sono più vulnerabili le parti orizzontali, rispetto a quelle inclinate dove l’acqua non si ferma. Micidiali sono piccoli interstizi dove l’acqua oltretutto non evapora, L’origine dell’acqua ha fonti diverse, non solo meteorica, ma soprattutto per condensa - diabolici i ponti termici - e anche l’eccessiva umidità relativa dell’ambiente è dannosa (si pensi alla produzione di vapore di bagni e cucine). In molte località del nostro Paese ci sono periodi di nebbia persistente e fitta, ma anche le opere vicino e sopra corsi d’acqua sono più a rischio. La manutenzione si esplica dunque per la classe di rischio 3 (legno non a contatto col terreno, ma non riparato). La periodicità degli interventi deve essere intensa per i primi anni per individuare subito eventuali punti di attacco in atto e quindi provvedere, specie laddove l’acqua si infila e ristagna. Molto utile, per far scorrere l’acqua ed evitare ristagni anche minimi, risulta l’impiego di cere. Oltre al legno, l’attenzione va rivolta alle parti metalliche, non solo per verificare l’efficienza dei serraggi e delle tesature, ma anche alle parti di contatto legno-acciaio, dove di solito si innescano patologie. In caso di attacchi di muffe, funghi o parassiti si procederà ad interventi mirati con appositi prodotti oggi disponibili in commercio. Per la classe di rischio 4 (vedi figure 8a e 8b, pagina 32) (legno a contatto col terreno ed in acqua dolce, con l’acqua di mare è la classe 5), che però non riguarda l’oggetto di questa pubblicazione - spero infatti che gli elementi di legno di una casa siano isolati dal terreno - l’azione di monitoraggio ha per principale scopo la verifica della progressione del degrado, per decidere il momento di intervento sostitutivo. Il progetto di edifici di legno dovrebbe escludere la classe di 31 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Sopra, Figure 8a e 8b - Barriere antirumore di terra e legno sull’autostrada A4. Sono durate solo un lustro, anche se la specie legnosa, il wengé è particolarmente durabile. Ma qualsiasi legno a contatto con l’acqua è destinato a marcire! A destra, Figura 9 - Stavkircke. La durabilità è garantita dalla facile sostituzione dei componenti, anche degli elementi a contatto col terreno. Affermare che il legno ha grande durabilità perché ci sono manufatti –come le sempre citate stavkircke- che sono lì da 7-800 anni è una sciocchezza, poiché quasi nessun pezzo è originale, ma sono stati più volte sostituiti. Originale invece è l’architettura, che in questo caso non è da confondersi con la materia che la sostanzia rischio 4. Quando si pianta nel terreno un palo, si sappia che la sezione dopo alcuni anni sarà inevitabilmente ridotta. Anche per un semplice palo di recinzione, bisogna fare in modo che ci sia un apparecchio di isolamento, oppure prevedere la sua facile sostituzione. Che il legno a contatto col terreno non duri è da sempre risaputo: ogni casa della tradizione ha un basamento di pietra e se il legno è a contatto col terreno, si può sempre facilmente sostituire (vedi figura 9). Concludendo, l’attenzione alla durabilità delle opere lignee, se si ha a cuore l’avvenire ed il successo di questo materiale, deve diventare obiettivo principe e l’allontanamento dell’acqua una ossessione paranoica! 32 COSTRUIRE Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno 34 Considerata un esempio nell’ambito delle moderne costruzioni in legno (come testimoniano le numerose pubblicazioni ad essa dedicate) l’attuale sede della Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno di Biel è stata realizzata (1999) su progetto degli architetti Meili e Peter, vincitori di un concorso indetto dall’istituto nel 1992 il cui bando prescriveva esplicitamente l’uso del legno. Proprio in quegli anni, infatti, la scuola, fondata nel 1949 e originariamente dedicata all’insegnamento dell’Economia forestale, avviava l’attività di formazione degli ingegneri e necessitava di nuovi spazi e di un ampliamento degli edifici originari. Nelle pagine che seguono, la descrizione del progetto e delle sue caratteristiche principali e alcune “riflessioni” e motivazioni degli architetti Meili e Peter in merito alle scelte operate in fase progettuale. L’edificio, prospettiva isometrica La Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno è situata tra le aree residenziali alla periferia di Biel e le zone industriali alle pendici meridionali del massiccio dello Jura. Nel periodo in cui viene indetto il concorso le costruzioni preesistenti erano soprattutto laboratori di produzione a un piano e capannoni di stoccaggio che, per la loro disposizione, le loro coperture quasi piatte e la loro omogeneità con il territorio circostante, rappresentavano il modello tipico dell’edificio scolastico del periodo post-bellico in Svizzera. Le vaste dimensioni della Scuola - come si legge nella documentazione illustrativa – necessitavano di un progetto in grado di valorizzare il potenziale del sito, preservando allo stesso tempo il più possibile le condizioni esistenti. Il progetto degli architetti Meili e Peter sfrutta strutture estremamente differenti nel loro rapporto con il complesso architettonico nel suo insieme e nella sua disposizione interna. Un ampliamento dei laboratori di produzione nell’ala sud si snoda attorno alle costruzioni esistenti, in armonia con l’esigua altezza delle aule ad un piano dove viene lavorato il legno. Al contrario, le nuove aule scolastiche vere e proprie sono situate in un edificio a quattro piani realizzato in legno. Esso si trova accanto ai laboratori e torreggia maestosamente sui loro tetti scarsamente inclinati. Le sue dimensioni e le sue proporzioni rasentano la disarmonia, creando una “tensione estetica” con le strutture basse. Il complesso delle aule scolastiche è costituito da cabine lignee con un’estesa struttura di base. Grazie all’ampiezza delle campate che si può realizzare in un’architettura in legno è stato possibile progettare l’edificio in modo che la struttura modulare si adattasse perfettamente a quella di singole aule e delle loro eventuali suddivisioni. Le travi strutturali vengono assemblate in base ad una griglia compositiva. Amplissime aperture sulla facciata fanno eco alla struttura di base, che rappresenta al tempo stesso una sorta di involucro per le estese finestre e, grazie alle balaustre, 35 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 differenza ortogonale nella suddivisione delle spinte statiche sia percepibile sia dall’esterno, sia dall’interno. I materiali e le strutture sono stati scelti in base alla loro resilienza e funzionalità. All’interno dell’edificio, una zona centrale circolare costituita da un blocco in cemento Photo: © Georg Aerni un autentico sostegno per la soffittatura sottostante. I soffitti sono fatti di sottili travi in legno grezzo, incollate l’una accanto all’altra in modo da formare una superficie uniforme per il piano superiore. La distanza fra i moduli delle aule è coperta da terrazze esterne in modo tale che la A sinistra, Vista esterna Sotto, Elevazione aule con costruzione 36 Sopra, Corridoio con finestra A sinistra, L’interno di un’aula 37 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 prefabbricato consente alla struttura di corrispondere alle normative riguardo alla prevenzione anti-incendio e alla ripartizione delle forze statiche. Componenti prefabbricati in legno o in materiali lignei, che sono stati usati ai lati e sopra il nucleo in cemento, hanno consentito di costruire rapidamente il tetto dell’edificio. Pur avendo consentito la sperimentazione di nuove tecniche di fabbricazione di materiali di costruzione in legno a livello industriale, tali elementi rappresentano soprattutto una componente essenziale del concetto spaziale di questo progetto. Progetto nel quale l’idea di modulo rigido costituisce l’elemento chiave. La volumetria delle aule è considerata come un’unità integrata in una struttura composta di spazi aperti e chiusi. Tali spazi sono assemblati in modo tale che la luce possa penetrare all’interno attraverso le aperture. Le linee armoniose lungo la superficie lignea della facciata, alternate con gli scorci sull’interno della costruzione, costituiscono un piacevole effetto di chiaro-scuro. Non limitandosi ad adattare ed estendere un modello tradizionale di edilizia, l’uso del legno in questo progetto ha dato vita a una nuova definizione degli spazi interni di un edificio e delle proporzioni fra loro. In base a questa concezione di architettura, le ampie aperture e gli squarci “in esterno”, inseriti in un edificio che li contenga, costituiscono la realizzazione nello spazio dell’interazione fra laboratori pratici e aule scolastiche. Il “concept” del progetto “La Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno - come scrivono gli architetti Meili e Peter in un testo dedicato al progetto - al fine di potersi sviluppare ulteriormente, ha voluto utilizzare più intensamente le proprietà a disposizione, tenendo in massima considerazione la presenza degli edifici esistenti. Strutturare il sito è stato molto importante per questo progetto: la scuola era come una sorta di “isola” situata fra l’area residenziale alla periferia della città e l’area industriale in espansione alle pendici meridionali del massiccio montuoso dello Jura. Poter collocare una fabbrica a un piano e un capannone di stoccaggio in luogo aperto, armonizzare la loro pendenza in rapporto al terreno, l’inclinazione del tetto a due falde e inserire tali strutture in un parco con un laghetto sono diventati elementi essenziali e coerenti con il paesaggio. Il nuovo edificio in legno a quattro piani è stato posto proprio accanto agli impianti di produzione, in modo da creare una sorta di elevazione rispetto ai tetti bassi a livello inferiore. Proporzioni quasi in contrasto tra loro, una organizzazione innovativa delle masse: la forma piatta delle costruzioni in legno tradizionali dello sfondo è in contraddizione con il nuovo edificio, composto da una serie di moduli lignei. Con la vasta conoscenza ed esperienza in strutture con estese campate in legno abbiamo potuto far corrispondere la singola aula scolastica a un elemento di base, in modo tale che la struttura modulare fosse adattata alla suddivisione spaziale dell’aula. La struttura di ogni classe è considerata come un’unità a sé stante, integrata in una costruzione dotata di spazi chiusi e di spazi aperti, armonizzati in base all’architettura dell’intero edificio. Il tutto è connesso in modo che l’illuminazione venga proiettata negli spazi interni attraverso quelli esterni. Perché tanto interesse da parte nostra in questa immensa costruzione in legno? E’ presto detto: l’espressività scultorea, l’imponenza fisica di una struttura nella quale la tangibile presenza di linee superficiali sulla facciata e gli scorci aperti sull’interno rendono percepibile il vivido contrasto fra luce e ombra. Scompaiono stavolta le regole nell’unire e nel collegare, maestria tipica della edilizia in legno tradizionale, fatta di strutture e rivestimenti. La struttura in sé appare sproporzionata e, una volta tanto, ciò che sostiene l’intero edificio appare come un mero rivestimento. Tale approccio architettonico e tecnico-strutturale delle possibili espressioni geo-compatibili ed ecologicamente sostenibili di estesi edifici in legno rappresenta un’innovazione nel tradizionale costruire in legno”. Lo Studio Meili, Peter Architekten Lo Studio Meili, Peter Architekten è stato fondato nel 1987 a Zurigo da Marcel Meili e Markus Peter che hanno realizzato il loro primo edificio nel 1993. Nel corso degli anni, lo Studio, che può vantare numerosi studi e progetti sperimentali di prestigio, si è indirizzato con sempre maggior dedizione verso la realizzazione di grandi opere e progetti di pianificazione urbana. Gli architetti Meili e Peter sono entrambi autori di pubblicazioni editoriali e fatto parte, in qualità di membri attivi, di giurie di concorsi in Svizzera e all’estero. Meili è inoltre professore di architettura presso il “Contemporary City Institute” (ICC) dell’ETH di 38 Zurigo a Basilea. Peter ha svolto attività didattica presso la ETH fino alla primavera del 2002. Realizzazioni più significative: Ponte in legno a Murau (Austria) 1995 Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno a Biel (Svizzera) 1999 Swiss Re - Center for Global Dialogue a Rüschlikon (Svizzera) 2000 Park Hyatt Hotel a Zurigo (Svizzera) 2004 Centro Helvetia a Milano (Italia) 2009 SOCIETÀ E COSTUME Costruire con sentimento La sfida di Femia e Peluffo Intervista all’Agenzia di Architettura 5+1 Soggetto collettivo, animato e stimolato dalle menti dei due soci fondatori, Alfonso Femia e Gianluca Peluffo (architetti, entrambi classe 1966), l’Agenzia di Architettura 5+1 non è semplice da raccontare. Non certo perché manchino, tra i loro progetti (il nuovo Palazzo del Cinema di Venezia, i Frigoriferi milanesi e il Palazzo del ghiaccio, la Torre orizzontale della nuova Fiera di Milano, solo per citarne alcuni), elementi di creatività e spunti di interesse dal punto di vista architettonico e costruttivo. O, nella loro ‘poetica’, originalità e “linee strategiche” chiare e affascinanti. Piuttosto, per il motivo contrario. Tante sono le opere progettate e in gran parte realizzate (principalmente, ma non solo, tra l’Italia e la Francia) in neppure quindici anni di attività e cospicua (un po’ in stile avanguardia) è la “narrazione” che dagli esordi accompagna e illumina il loro percorso. In questa intervista, realizzata con Alfonso Femia e Gianluca Peluffo, nello studio di Milano (che insieme a quelli di Genova e Parigi ospita i circa 30 professionisti dell’Agenzia) un breve – e non esaustivo – viaggio alla scoperta dei temi e dei modi del progettare e costruire dell’Agenzia 5+1. 40 Partiamo dal vostro marchio, un sottomarino. Perché? “E’ il nostro modo per dire che ormai da troppo tempo in Italia, e non solo nel campo dell’architettura, si fa del surfing, restando in superficie rispetto alle questioni più importanti, mentre invece riteniamo che occorra andare sì veloci, ma in profondità. Correndo i rischi ed affrontando i pericoli che ci sono in profondità. Scendendo in silenzio, nella scelta dell’obiettivo da porsi. Sin dagli esordi ci siamo sempre divertiti nel trovare un simbolo, un’idea, per rappresentare la nostra attività, ma anche il modo di essere e di lavorare. Prima i pinguini, per dire che siamo tutti uguali e che viviamo in un’era del gelo. Poi il sottomarino, che è quel luogo straordinario dove uomini normali si trovano a fare cose speciali, per questioni di sopravvivenza. Dove se non si lavora bene in gruppo si rischia tantissimo. Pensiamo cos’è la dimensione dello spazio in un luogo come il sottomarino. Alla sfida progettuale sottesa che mette in relazione e risolve il rapporto tra le dimensioni estremamente ridotte e le funzioni e i movimenti che devono essere agiti dalle persone …”. Ne “Il silenzio del sottomarino”, il “libro rosa” che si può definire una sorta di “summa” del vostro lavoro e del modo in cui lo interpretate, assegnate un forte valore al concetto di sentimento. “Nel volume abbiamo, innanzitutto, voluto rappresentare dove e come il mondo reale e i progetti si confrontano con il nostro mondo immaginario. E, in questo contesto, Foto di Giuseppe Maritati Gli architetti Alfonso Femia (a destra) e Gianluca Peluffo Foto di Ernesta Caviola mostrare, tra l’altro, quanto siamo particolarmente attaccati ad una logica molto italiana della domesticità e all’intimità, portata a sentimento semplice. Lì rimarchiamo anche l’opportunità di parlare di architettura sentimentale o emozionale perché pensiamo che chiunque si occupi di architettura, di costruire, compie, prima di tutto, un atto di trasformazione della realtà. Un atto che non può investire solo chi progetta, o la proprietà, ma che direttamente o indirettamente ricade anche sulle persone che attraversano quello spazio o lo vivono, lo vivranno. Di conseguenza, la considerazione di quanto l’aspetto umano, sentimentale (che poi vuole dire ricercare l’idea più piacevole per creare una situazione all’interno della quale una persona stia bene) è importante e quanto questo debba venire pensato in maniera specifica e non ripetitiva, perché ogni luogo ha la sua identità, non solo geografica, ma appunto emozionale, non può non appartenere al mestiere dell’architettura. Se non consideriamo questo ‘paesaggio mentale’ diamo retta alla legge sempre più imperante in Italia e diventiamo meri prestatori di servizi. Il sentimento è importante, anzi è imprescindibile perché nutre il progetto. Si porta dietro una logica di responsabilità degli atti di progetto, di risposta ad una visione che non può non parlare di futuro. Che quindi, in sintesi, cerca di unire la dimensione pragmatica che una professione deve avere con una responsabilità visionaria. Di risposta futura, di ricerca. L’uomo, secondo noi, si esprime nel bene e nel male con i sentimenti, attraverso l’emozionalità. Tanto più nel nostro lavoro che non può fare a meno di interagire con gli altri, con le persone. Nell’atto del progetto e nel suo sviluppo ci poniamo sempre in questo dialogo. Non faremmo questo mestiere se non avessimo la possibilità di poter mettere in gioco i nostri sentimenti e di poterci confrontare con i sentimenti degli altri”. Al di là dell’accenno fatto sopra, siete in generale piuttosto critici con il panorama dell’architettura italiano. Cosa non va? “In generale, anche se nel nostro Paese in maniera più accentuata, viviamo un momento in cui, incomprensibilmente, una contemporaneità sempre più vicina tecnologicamente ha reso tutti molto più distanti. Assistiamo a un rapporto freddo e asettico dell’architettura con la realtà nel quale si afferma una visione, che noi rifuggiamo completamente, all’interno della quale ciò che dice l’architetto, perché considerato geniale, va bene sempre e comunque. Si è creata una sorta di dicotomia negativa dove da un lato abbiamo dei personaggi ritenuti indiscutibili, anche se spesso fanno delle cose molto discutibili, dall’altro un contesto fatto di tantissimi giovani professionisti, architetti, che si confrontano veramente con la realtà quotidiana e che, però, un po’ perché scoraggiati dal sistema, un po’ perché non particolarmente supportati dalle università, rimangono ai margini. Sa quante volte ci siamo trovati di fronte a persone stupite dal fatto che fossimo arrivati dove siamo senza essere nella cerchia dei cosiddetti ‘salotti’ e pur essendo la prima generazione di architetti delle nostre famiglie? E questo è sintomatico ed indica una forte differenza, in negativo, fra l’Italia ed altri Paesi”. Per esempio la Francia, vostra terra d’elezione, dove di recente avete aperto uno studio a Parigi? “In Francia il nostro mestiere, oltre ad avere una funzione pubblica, è rispettato, ed è, soprattutto, ancora un lavoro Frigoriferi Milanesi e Palazzo del Ghiaccio (Milano).Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo, Simonetta Cenci 41 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 dove anche oggi ci può essere un affrancamento sociale. Se una persona che magari nasce da ‘umili’ origini, nella banlieue di una qualsiasi città, è appassionata, quindi ha un suo sentimento positivo di pulsione, ed ha talento, lì può diventare un grande architetto e quindi fare la scalata sociale. In Italia è molto più difficile che un ragazzo di talento, magari del centro o del sud, riesca ad avere certi risultati”. Voi però ci siete riusciti. Come? “E’ vero, noi abbiamo questa storia e lo troviamo ancora oggi stupendo. Non siamo genovesi, eppure abbiamo studiato a Genova. E abbiamo scelto quella città per aprire uno studio quando lì non c’era lavoro. C’era anche l’opportunità di andare all’estero ma la sfida era altro, in termini sentimentali. Era aprire a Genova, tra amici e provare questa avventura. Forse la differenza con altri, che lungo il percorso si sono persi, sta nel fatto che noi abbiamo sempre messo in conto che volevamo fare gli architetti, cioè quell’atto di trasformazione della realtà attraverso il quale il mondo delle idee deve confluire nel progetto. E di farlo a tutto tondo, partecipando ai concorsi, cercando di lavorare 42 con commesse pubbliche, committenti privati. Aprendoci verso tutte le cose che non sapevamo fare. Oggi, per fare un esempio che ci pare importante, il nostro è uno studio a cui si riconoscono le competenze per potersi esprimere sul territorio, sui processi di trasformazione di una città. Sino a sette anni fa per noi era una cosa impensabile, perché quel tema non era nella nostra formazione. Come abbiamo fatto? Abbiamo accettato la sfida e l’abbiamo affrontata come sempre. Laddove le cose non si sanno fare e non si hanno esperienze, se ci si mette con impegno sul lavoro e nella condizione di aprirsi alle idee senza prendersi continuamente troppo sul serio e sapendo rimettersi continuamente in discussione, c’è sempre la possibilità di conquistare mentalmente delle posizioni”. Come è organizzato il lavoro all’interno dell’Agenzia? “Naturalmente anche le persone che lavorano con noi sposano questo tipo di atteggiamento, che è abbastanza unico rispetto ad altri studi perché, come si può immaginare, si porta dietro impegno e fatica, anche in termini di relazioni fra i diversi componenti del gruppo di lavoro. Nella nostra organizzazione, anche se strutturata, ha sempre prevalso la dimensione di una grande famiglia artigianale che ogni giorno image courtesy of 5+1AA “Nuove strutture direzionali per Sviluppo Sistema Fiera”. Rho (Milano), Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo & Jean-Baptiste Pietri Architectes image courtesy of 5+1AA si pone delle sfide. E questo fa sì che anche nella visione che condividiamo al nostro interno tutto è progetto. Il lavoro che fa la segreteria non si esaurisce nel puro fornire un servizio, perché capire e gestire delle persone non è semplicemente fornire un servizio ma è porsi all’interno di un progetto, nel senso che ha il termine latino di portare fuori, portare avanti. E’ fatica, certo, ma noi pensiamo che questa fatica, nel tempo lungo, non può non portare dei risultati”. Sempre nel “libro rosa” collegate il vostro modo di progettare e lavorare con diverse parti del corpo umano, il cuore, la mente, le mani, lo stomaco, i piedi … “E’ vero e tutte sono importanti ed hanno una funzione specifica che concorre all’unità del progetto. Prendiamo ad esempio lo stomaco, che poi per noi si traduce con il frigidaire. Amiamo dire che bisogna riuscire fare un buon piatto con quello che c’è in frigo. Spesso in frigo c’è poco e niente, e tante volte queste sono anche le condizioni iniziali di un progetto. Quindi ne consegue che bisogna sapere fare un buon progetto anche a partire da pochi, anzi pochissimi elementi. I piedi, invece, sottintendono la velocità. O meglio, per noi, l’esigenza contemporanea di essere veloci nel quotidiano (ma senza che ciò diventi qualcosa di famelico, di negativo) e in parallelo di sviluppare un percorso più lungo, che abbiamo messo in conto, attraverso i temi e i progetti che vogliamo portare avanti. Ovviamente ci siamo organizzati cercando, nel tempo, di essere sempre reattivi. Ma senza quella presunzione per cui se un progetto è veloce e risponde è perfetto. Qualsiasi risposta progettuale ha determinate caratteristiche, mette in campo situazioni, anche errori che, però, in un feedback continuo, nel tempo, evolvono. Per cui può darsi che il lavoro svolto per un progetto con il quale oggi perdiamo possa essere fondamentale per farci vincere con il progetto dell’anno dopo. E’ una logica in controtendenza rispetto a quella che è un po’ la visione italiana per cui ogni progetto deve essere “il progetto”, il capolavoro della storia. Cosa impossibile nel nostro lavoro. Perché di certo oggi riusciamo a rispondere ad un progetto in una maniera migliore di dieci anni fa. Grazie all’esperienza che si è Nuovo Palazzo del Cinema di Venezia. Progetto vincitore del Concorso internazionale. Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo & Rudy Ricciotti 43 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 tradotta in atti pratici ma anche in rapporti emozionali, professionali e ci porta a vedere meglio”. Parliamo ora del “tavolo progettuale”, quali sono, in questa fase, i rapporti con le altre figure tecniche? “Quando cominciamo un progetto il tavolo di lavoro è sempre aperto. Diremo anzi che siamo fra i pochi studi che hanno invitato, su nostri incarichi, dei professionisti senza che nessuno ce lo avesse chiesto. Semplicemente per poter condividere – a nostre spese, sia da un punto di vista economico, sia di tempo – un progetto, un percorso nel quale ritenevamo importante avere un contributo dall’esterno. Quindi non con intenti strumentali o commerciali ma, anche in questo caso, secondo una logica sentimentale. Solitamente riteniamo importante che sia presente da subito anche la componente di ingegneria, quella tecnica, più pragmatica, perché arricchisce il mondo delle idee che accompagna la nascita di un progetto. Una nascita che avviene attraverso un dialogo che siamo pronti a fare, anzi pretendiamo, ma solo con chi, come noi, accetta la scommessa del mettersi in gioco e la sfida per cui ogni progetto può ripartire da zero, pur di trovare la giusta soluzione. E qui è bene sfatare un mito: non c’è schizzo che possa determinare un progetto. Non esiste. E’ letteratura”. Infine il cantiere. Quale è il rapporto con le persone che costruiscono e danno corpo ai vostri progetti? “E’ molto importante essere sul cantiere e l’ufficio di Milano, inizialmente, nasce proprio per poterci consentire di seguire da vicino, garantendo una qualità maggiore, diversi progetti che avevamo in zona. Quando si va in cantiere è, per noi, un momento straordinario dal punto di vista umano perché si è parte di un processo che coinvolge tante persone con ruoli molto diversi, ma tutti indispensabili. E’ importante comunicare entusiasmo alle persone impegnate nella costruzione perché, in un certo senso, sono molto più loro autori di quell’edificio di quanto possiamo esserlo noi. Sono loro che fisicamente, con il lavoro, trasformano quella realtà e quanto più lo fanno con passione, coraggio ed attenzione tanto più c’è il salto di qualità nei risultati e quella diventa la loro opera. Quindi anche in questo caso, il dialogo è fondamentale, con le aziende e con i tecnici, perché non si può arrivare ad un buon risultato senza un coinvolgimento completo e profondo delle persone con cui si lavora. Qualche volta, ovviamente, ci sono divergenze sulle modalità realizzative di determinate parti dell’opera e in quei casi non ci siamo mai tirati indietro. Siamo pronti a confrontarci e perfettamente in grado di spiegare e motivare tutte le scelte che si inscrivono sulle tavole dei progetti. Ma ad una condizione fondamentale: che da parte dei nostri interlocutori ci sia altrettanta disponibilità e il coraggio di accettare la sfida che ogni progetto richiede, sino all’ultimo giorno di lavori”. 44 5+1AA Agenzia di Architettura Alfonso Femia Gianluca Peluffo Alfonso Femia (1966) e Gianluca Peluffo (1966) sono soci fondatori dello studio 5+1 a Genova nel 1995: tra il 1998 e il 2005 realizzano il Centro visite e Antiquarium del Foro di Aquileia (UD), il Campus Universitario nell'ex-caserma Bligny di Savona, le direzioni del Ministero degli Interni nell'excaserma Ferdinando di Savoia di Roma. Nel 2005 creano 5+1AA Agenzia di Architettura e vincono, con Rudy Ricciotti, il concorso internazionale per il Nuovo Palazzo del Cinema di Venezia (in costruzione). Nel 2006 Simonetta Cenci diventa partner di 5+1AA. Lo stesso anno, aprono un Atelier a Milano, dedicato allo studio e alla sperimentazione sulla città contemporanea. Nel 2007, in collaborazione con Nicola Spinetto, aprono un'Agence a Parigi e sviluppano il Master Plan per l'Expo 2015 di Milano. Nel 2008 vincono, con PetriArchitectes e Italiana Costruzioni spa, il concorso internazionale per le nuove strutture direzionali per Sviluppo Sistema Fiera a Milano (in costruzione). Sono invitati in diversi concorsi in Francia tra cui a Parigi per un intervento urbano nell’area Masséna Bruneseau, con Moatti&Riviere. Nel 2009 pubblicano l’opera “Cosa c’è in frigo?” (edizioni AM/SilvanaEditoriale/Ante Prima), sulla riqualificazione dei Frigoriferi Milanesi e del Palazzo del Ghiaccio e al loro lavoro è dedicato il primo numero della rivista “Monograph.it” (edizioni List). Vincono i concorsi per le riqualificazioni dei Docks di Marsiglia, delle Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie di Torino (con StudioPession Associato), del castello degli Orsini di Rivalta di Torino. Sono finalisti nei principali concorsi internazionali. In Francia sono attualmente invitati in programmi pubblici e privati tra i quali il Polo culturale e per la musica di Ris-Orangis (Parigi) e il polo scolastico in boulevard Macdonald a Parigi. Tengono conferenze e partecipano a seminari sulla città contemporanea nelle principali capitali ed università europee. Alfonso Femia è Professor alla KSU di Firenze e Professore a Contratto di Progettazione Architettonica nella Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara. Gianluca Peluffo è Ricercatore presso la Facoltà di Architettura di Genova. Simonetta Cenci è collaboratrice alla didattica di progettazione architettonica e urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Genova. “E’ pazzesco come ci si dimentichi la modalità con la quale, quando si è bambini, si esplora il mondo e si conquistano conoscenze, sempre con il meccanismo dello stupore e della meraviglia. E questa è davvero la modalità con la quale noi scopriamo il mondo, ci muoviamo negli spazi. Quando ci hanno chiesto di progettare la scuola materna Bufalotta a Roma, ci siamo rifiutati categoricamente di pensare che un asilo dovesse essere, per l’ennesima volta, un quadrato con un corridoio e delle stanze, un modello che coincide con gli ospedali, con la caserme militari. Ci siamo rifiutati di pensare che un bambino in un luogo di istruzione non possa liberamente riferirsi allo spazio. Allora abbiamo scelto una disposizione degli ambienti nella quale, di fatto, è come se lo spazio si costruisse intorno ai movimenti liberi delle persone. Pensare che una scuola materna possa essere la pianta di un stella, questo è essere sul piano della meraviglia”. image courtesy of 5+1AA Scuola materna Cinquina Bufalotta (Roma) La meraviglia Asilo e scuola materna Cinquina Bufalotta (Roma). Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo con doppiomisto “In un contesto tipicamente italiano in cui ciascuno si è fatto la casa come voleva, totalmente privo di spazi per la collettività, abbiamo fatto un edificio destinato a servizi pubblici, tutto bianco, con due grandi finestre quadrate che hanno il compito di mettere in scena le cose e soprattutto le persone che vivono all’esterno. Così che, quando si entra dentro all’edificio, quello che è scena è ciò che sta fuori. Viene data dignità a quella realtà. La si mette in scena, senza voltargli le spalle e dando al tempo stesso dignità anche all’intero contesto”. “Qui la sfida è stata accettare un incarico che non portava grandi compensi e dimostrare che, in un piccolo centro di provincia (che è poi la specificità italiana), su un edificio di appena 250 mq, si può fare un progetto con una sua unità e specificità anche con budget ridotti. In sintesi una precisa assunzione di responsabilità, che, secondo noi, deve rientrare appieno, fra i compiti dell’architetto”. Foto di Ernesta Caviola Centro espositivo S. Giovanni (Casarza Ligure) La responsabilità Centro espositivo San Giovanni (Casarza Ligure) Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo 45 ABITARE Eleganti, ecologiche, prefabbricate. D’autore. Sono le case, anzi le “haus” realizzate, prevalentemente in vetro e legno, al ritmo di tre alla settimana, dal gruppo tedesco di proprietà della famiglia Huf. Gioielli di stile e degni esempi della cultura e della tecnologia costruttiva germanica, le Huf Haus, 10.000 esemplari costruiti in tutto il mondo nell’arco di quaranta anni, stanno per arrivare anche in Italia. Le prime due costruzioni sorgeranno entro il 2010 nella zona della provincia di Como e, stando alle richieste di informazioni, circa 3.500, giunte in questi mesi alla rappresentanza per l’Italia, i Grigioni e il Ticino “guidata” dall’ingegner Sergio Tumelero, ben presto altre ne sorgeranno. “Sono i primi frutti di un lavoro iniziato due anni fa – dice proprio Tumelero, incontrato all’ultima edizione di MADE expo – . Il periodo necessario per comprendere il mercato italiano e confrontarsi con i gusti e la cultura del costruire di un Paese di grandi tradizioni”. 46 Già molto diffuse, oltre che in Germania, in Svizzera, Francia, Austria e persino nella “conservatrice” Inghilterra, le Huf Haus ‘tirano’ anche in tempi di crisi del settore. “Con il 60% del fatturato realizzato all’estero – dice Tumelero – ed in particolare in Paesi meno colpiti dalla crisi, siamo riusciti a superare l’anno appena concluso senza particolari problemi. Proprio in questo periodo stiamo, anzi, realizzando la nuova sede di rappresentanza in Cina, un mercato che ci interessa moltissimo non solo per le potenzialità economiche ma anche dal punto di vista della cultura costruttiva”. Sì, perché anche nel Paese del “celeste impero” oltre mille anni fa, si costruivano, così come in buona parte dell’Europa centro nord occidentale, case con il telaio in legno dalle caratteristiche molto simili al modello che ha ispirato le moderne Huf Haus. Costruzioni figlie di un processo evolutivo sviluppatosi nell’arco di tre generazioni. La famiglia Huf (che, curiosità, in tedesco significa “ferro di cavallo”) ha iniziato la sua attività agli inizi del secolo immagine Huf Haus Huf Haus Prefabbricati d’autore in vetro e legno per vivere in armonia con la natura Huf Haus, vista notturna scorso, nel Westerwald, vicino a Francoforte. “Si trattava di un’officina di falegnameria – spiega Tumelero – e realizzavano principalmente campanili e strutture massicce in legno”. Con l’avvento della seconda generazione e a seguito della trasformazione dell’officina in fabbrica (e di importanti realizzazioni come i padiglioni tedesco ed arabo per l’esposizione mondiale di Bruxelles), a partire dagli anni ’60, la società entra nel mercato del prefabbricato. Anche grazie alla collaborazione con l’architetto Manfred Adams negli anni ’70 nasce la Huf Haus Ideal, il primo modello, avveniristico per l’epoca. “La caratteristica principale delle case Huf Haus – spiega Tumelero – è il sistema costruttivo a graticcio in vetro che, partendo da elementi della tradizione, negli ultimi 40 anni si è evoluto integrando nel tempo le innovazioni sopraggiunte in ambito costruttivo e tecnologico. Da un sistema costruttivo tradizionale è nato un concetto abitativo che, grazie anche alla sostituzione dei muri separatori con pareti di sostegno, offre grandi spazi ampi e aperti. La struttura a scheletro in legno si unisce alle grandi superfici vetrate consentendo di fruire di un nuovo senso dello spazio e del panorama della natura circostante. Un aspetto quest’ultimo centrale nelle nostra ‘visione’ architettonica che privilegia la creazione di spazi per rilassarsi, ammirare il paesaggio, vivere in armonia con se stessi e con la natura”. Nonché, come si vede, guardando le realizzazioni più recenti come la “Casa del sole” a zero emissioni di CO2 e gli affascinanti edifici a doppio tetto (con una grande apertura centrale che accoglie anche la luce naturale proveniente dall’alto) l’attenzione e l’utilizzo delle più aggiornate soluzioni e materiali per quanto riguarda l’isolamento, l’acustica, e ovviamente l’efficienza e il risparmio energetico. 47 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 immagine Huf Haus ANNO II Vista dall’interno di una Huf Haus Anche se, come spiega ancora l’ingegner Tumelero, le Huf Haus vengono progettate e realizzate sulle specifiche esigenze di ciascun cliente (“non ne esiste una uguale ad un’altra”), il potenziale acquirente può fare riferimento ad alcuni “modelli” che differiscono, in termini di caratteristiche generali, per quanto riguarda misure e numero degli “assi” (tre per gli edifici più piccoli, otto per quelli di grandi dimensioni), sviluppo su uno o più piani, colori del “telaio”. Alcuni di questi, i principali, quelli che hanno “fatto storia”, sono esposti, in grandezza naturale, nello “show room” all’aperto (in verità un vero villaggio in mezzo al verde) che Huf Haus ha realizzato a Francoforte. E sempre lì si trovano anche le abitazioni dei proprietari della società, ovviamente delle Huf Haus. Indirizzate ad una clientela di fascia medio alta (“con una disponibilità inferiore a 450.000 euro non ha senso prenderci in considerazione”, dice in tutta sincerità Tumelero) le Huf Haus vengono costruite, mediamente, nell’arco un mese e mezzo, due mesi. “Dipende dalla pendenza del terreno sul quale dovrà sorgere la casa. Perché proprio la fase di ‘livellamento’ è l’unica che non seguiamo direttamente ed affidiamo ad un’impresa locale”. A tutto il resto pensa una squadra di addetti che arriva direttamente dalla Germania con i camion contenenti i diversi componenti del futuro edificio, inclusi gli elementi di arredo. E la realizzazione segue ancora oggi i dettami della ‘filosofia’ elaborata, a suo tempo, dall’architetto Adams: “… la casa deve essere costruita con perfezione artigianale, affinché la realizzazione dei suoi dettagli sottolinei un’armonia totale. Questa perfezione è il risultato dell’impiego di pochi materiali: legno, vetro, pietra …”. 48 Huf Haus in cifre • • • • • • • • • • • • • Fatturato del gruppo aziendale Huf Haus nel 2008 100 milioni di euro Collaboratori ca. 420, di cui 40 apprendisti Produzione annuale: ca. 150 costruzioni (case unifamiliari ed edifici) Tempo medio di costruzione di una casa Huf Haus: una settimana per la realizzazione degli elementi costitutivi, in media tra 5 -7 settimane per la costruzione globale fino alla consegna delle chiavi Numero degli elementi costitutivi di una casa Huf Haus: ca. 50 elementi prefabbricati per una casa a tre assi Numero degli artigiani che partecipano alla costruzione: sei artigiani e un manovratore Percentuale delle superfici vetrate sulla superficie esterna globale (tetto compreso): ca. 30% Viti e chiodi utilizzate all’anno per la costruzione delle Huf Haus: nel 2008 sono state utilizzate in Europa più di un milione di viti e più di cinque milioni di chiodi Vetro utilizzato all’anno: ca. 11.000 metri quadrati di vetro termoisolante (2008) Legno utilizzato all’anno: 5.000 metri cubi di legno lamellare (2008) Provenienza del legno: abete rosso nordico da coltivazione controllata in Scandinavia La casa privata Huf Haus più costosa: intorno ai dieci milioni di euro (terreno compreso) La casa HUF HAUS più lontana: in Cina, a Pechino ESTERO Le piattaforme petrolifere “offshore” giunte alla fine del loro ciclo produttivo oltre ad essere dei simboli emblematici dell’industrializzazione e dello sfruttamento intensivo delle risorse del nostro Pianeta costituiscono oggi un rilevante problema di carattere ambientale. Da tempo, infatti, ci si domanda cosa fare di queste imponenti strutture metalliche, in particolare delle 50 piattaforme di produzione, impianti di grandi dimensioni, costruiti nei pressi di pozzi da sfruttare che ora giacciono inerti in mezzo ai mari di mezzo mondo e il cui abbattimento, oltre a comportare costi enormi, causerebbe danni rilevanti alla flora e fauna marina locale con probabile alterazione dell’ecosistema e successive, inevitabili, ripercussioni sull’uomo. ©Morris Architects Da icone dell’inquinamento a resort ecosostenibili Nel Golfo del Messico un progetto pilota per riconvertire le piattaforme petrolifere "Oil Rig Resort", rendering www.shutterstock.com/Maria Hetting Una piattaforma petrolifera La soluzione più originale individuata, al momento, è senza dubbio quella elaborata dallo studio americano Morris Architects, di Houston, che propone di riconvertire queste “isole di acciaio” in avveniristici resort ecosostenibili ed energeticamente autosufficienti. Il progetto, denominato “Oil Rig Resort, Spa, and Aquatic Adventure” ha già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, e prevede, nella fase ‘pilota’, la riconversione di una piattaforma (in inglese, “Rig”) localizzata nel Golfo del Messico dove si stima siano circa 4.000 le strutture di questo tipo, alcune delle quali abbandonate. Dal punto di vista realizzativo, per il nuovo resort si utilizzerà come base strutturale quella dell’attuale piattaforma organizzando gli spazi attorno ad un nucleo di acqua, che consente alla luce di penetrare al centro del Rig. Così progettato, il nucleo agisce, inoltre, come “zavorra” per stabilizzare la costruzione durante le tempeste oceaniche e ridurre l'effetto del ‘mal di mare’. Per la realizzazione delle zone abitative (stanze, cabine ecc.), considerando giustamente complicato costruire in loco, lo studio ha pensato di prefabbricarle seguendo gli standard dimensionali, strutturali e logici dei container. Progettate infatti per adattarsi ed essere trasportate sulle piattaforme all’interno di container standard da carico (2,4x2,7x7,6m), possono assumere diverse configurazioni sul perimetro della piattaforma, creando un rapporto simbiotico con il nucleo. Dal punto di vista ricettivo il resort, collocato, come detto, in alto mare, potrà contare su oltre 300 camere e suite, servizi per congressi e conferenze, una grande sala da ballo per matrimoni ed eventi, un fitness center e una spa, un eliporto, negozi, intrattenimenti notturni, casinò e un planetario. Più in generale il resort, affacciato direttamente sull’Oceano, è stato ideato per trasmettere una forte sensazione di libertà e i futuri ospiti potranno vivere pienamente l’esperienza cimentandosi in numerose attività e sport marini: dalla classica navigazione al windsurf, waterskiing, jetskiing, esplorazione dei fondali marini, pesca subacquea. Oppure, semplicemente, godersi la vacanza in assoluto relax usufruendo di spiagge create direttamente sulla struttura, piscine e aree attrezzate. Particolarmente interessante nel progetto, l’aspetto energetico. Benché collocata ad una notevole distanza della 51 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 costa la struttura sarà infatti autosufficiente grazie all’utilizzo di energie pulite. A differenza delle piattaforme petrolifere che generano energia utilizzando i combustibili fossili che estraggono, il resort verrà, infatti, alimentato grazie a fonti energetiche rinnovabili presenti in abbondanza nell’area. In particolare il sole e il vento nonché le correnti marine, anche se il moto ondoso è una fonte energetica di recente sperimentazione e il suo eventuale utilizzo è allo studio da parte di Morris Architects. Così come la riconversione dei sistemi geotermici a terra che integrati nelle attuali strutture di sondaggio e trivellazione, potranno essere adattati per lavorare in mare e contribuire, così, al riscaldamento e al rinfrescamento della struttura. L’International Energy Agency ha stimato che l’ammontare delle risorse energetiche oceaniche abbia un potenziale teorico svariate volte più grande del fabbisogno elettrico globale, che varia dalle 4.000 alle 18.000 MToE (milioni di tonnellate di petrolio equivalenti). Nel dettaglio, le masse oceaniche potrebbero generare: • 2.000 TWh/anno dal gradiente salino • 10.000 TWh/anno dal gradiente termico • 800 TWh/anno dalle maree • 8.000 – 80.000 TWh/anno dal moto ondoso Negli ultimi anni la volontà di attingere all'immensa quantità di energia prodotta in ambiente pelagico ha dato vita ad approcci molto creativi. L’utilizzo dell’energia che deriva dai differenziali termici, dal gradiente salino, dal movimento delle acque provocato dalle onde o dalle maree per generare elettricità sono le principali attività al centro delle ricerche scientifiche e tecnologiche per lo sfruttamento dell’energia marina sviluppatesi negli ultimi decenni. Alcuni di questi approcci stanno dando risultati promettenti e la ricerca continua a fare notevoli passi in avanti. Grazie alla prevedibilità intrinseca della fonte, le tecnologie basate sull’energia pelagica potrebbero rivelarsi, alla fine, economicamente competitive per la produzione di elettricità di carico di base per popolazioni costiere; inoltre, alcune di queste tecnologie hanno come sottoprodotto acqua desalinizzata e potrebbero contribuire ad alleviare il fabbisogno idrico delle città costiere. Nel caso delle correnti sottomarine, esse rappresentano una fonte di energia molto ricca, che offre diversi vantaggi rispetto "Pelamis" al largo delle Isole Orcadi, Scozia 52 alle altre fonti rinnovabili “di superficie”: ha mediamente una densità di energia molto più alta rispetto a un buon sito eolico perciò, a parità di potenza, il diametro delle turbine può essere molto minore rispetto a quello di una turbina eolica. Nel dettaglio, sono diverse le tecnologie allo studio per “estrarre” l’energia presente nei mari e negli oceani e, a oggi, sono stati sperimentati molti sistemi di estrazione, alcuni dei quali sono già in uno stadio pre-commerciale. Esistono, per esempio, varie tecniche di sfruttamento del moto ondoso. Fra gli esempi più noti, le turbine "Pelamis", costituite da strutture tubolari galleggianti ancorate al fondo marino. All’interno delle strutture vi sono delle turbine messe in moto dall’acqua che entra ed esce dalle strutture al ritmo del moto ondoso in cui il generatore si trova. Un altro tipo di impianto è quello a colonna d’acqua oscillante, anch’esso raccoglie l’acqua che entra grazie al moto ondoso per mettere in moto una turbina. Impianto "Pelamis" "Pelamis", Aguçadoura Wave Park, Portogallo Pelamis Wave Power Ltd Energia marina Una risorsa da scoprire OSSERVATORIO Shanghai, l’area dell’Esposizione Universale Shanghai 2010 Gli occhi del mondo sull’Esposizione universale Italia in prima fila C’è grande attesa per l’apertura, ormai imminente, dell’Esposizione universale di Shanghai. A partire dal mese di maggio e sino al 31 ottobre, la metropoli cinese, diventerà, il ‘centro del mondo’. Al richiamo suggestivo del tema “Better city, Better life” hanno risposto, infatti, in oltre 240 fra Paesi ed organizzazioni che, all’interno dei Padiglioni nazionali e degli “spazi collettivi” predisposti dall’organizzazione, presenteranno modelli e ‘visioni’, tradizioni e sperimentazioni di quelle che sono le città del XXI secolo. Ed in particolare le esperienze che puntano a fare delle realtà urbane, luoghi più vivibili i rispettosi dell’ambiente. Nell’arco dei sei mesi di durata della manifestazione sono attesi sull’area dell’Expo (complessivamente oltre 5 chilometri quadrati, nella zona a sud della città, tra le due rive del fiume Huang Pu), oltre 70 milioni di visitatori, con una media giornaliera prevista di circa 500.000 visitatori e picchi di 1 milione nei giorni più importanti. Un’Esposizione universale da record, dunque, e che racchiude in sé, come ha evidenziato di recente, molto efficacemente, Beniamino Quintieri, Commissario Generale del Governo italiano per l’Esposizione universale di Shanghai 2010, “una serie di primati che la rendono un evento imperdibile: è la prima volta che la Cina, nella sua componente imprenditoriale, si apre al mondo in maniera così ampia e articolata; è la prima volta che le tematiche della qualità della vita e della vita nelle città vengono affrontate da un punto di vista non sociologico 54 e teorico ma sotto il profilo delle realizzazioni, delle tecnologie, dell’organizzazione economica; è, infine, la prima volta che il mondo delle imprese si ritrova tutto insieme dopo il difficile anno di crisi che ha scosso il mondo. E quest’ultimo aspetto ha ancora più valore se si considera che proprio la Cina è, a detta di osservatori ed economisti, la vera locomotiva e la più concreta speranza di ripresa per tutti”. L’Italia arriva all’appuntamento con grandi aspettative, forte partecipazione del mondo dell’impresa e una proposta espositiva molto interessante e ben strutturata. Il Padiglione italiano (realizzato su progetto dell’architetto Giampaolo Imbrighi) è un edificio di oltre 6.000 mq che si sviluppa su più livelli. Mentre il primo piano sarà animato da eventi, mostre temporanee e presentazioni dedicate tra l’altro a Regioni, alcune città italiane e a settori industriali, al piano terra, ad accogliere i visitatori sarà la mostra permanente “La città dell’uomo Vivere all’italiana”, progettata ed allestita in collaborazione con la Triennale di Milano e le scenografo teatrale e cinematografico Giancarlo Basili. Un’esposizione che si svilupperà su 3.000 mq e all’interno della quale i concetti di “Better city, Better life” troveranno un terreno comune di dialogo attraverso l'ingegneria e l'urbanistica sostenibile, le infrastrutture ecologiche, e l'architettura, il restauro e i progetti di welfare sociale. Ma anche attraverso alcune punte di eccellenza nostrane come la cura del corpo, la moda, il cibo e la cultura. Una Expo che vede la partecipazione anche della città di Venezia (insieme a Bologna nella sezione Urban Best Practices) al cui Comitato ha aderito, tra gli altri, il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati. Più in generale – come si desume anche dal titolo – l’intento è quello di offrire un’immagine delle nostre città e dello stile di vita “all’italiana” nel contesto urbano, mostrandone le evoluzioni e le tendenze, ma anche i risultati economici e industriali, gli aspetti storici e culturali. Il foyer d’ingresso al padiglione sarà allestito con un’imponente realizzazione scenografica (una ricostruzione del Teatro Olimpico di Vicenza, capolavoro Palladiano e patrimonio dell’Unesco) che introdurrà i visitatori alla mostra. Sulla sinistra dell’ingresso, un corridoio conduce alla grande piazza centrale del Padiglione, nella quale le scale mobili portano ai livelli superiori, dove sono collocati i ristoranti, la biblioteca, l’auditorium e le aree dedicate alle mostre temporanee. Lungo i corridoi una serie di led-wall visualizzeranno immagini in movimento a ciclo continuo delle varietà paesaggistiche italiane illustrando anche i processi industriali e le procedure creative applicate in Italia nei diversi settori di pertinenza dell’Expo, dalla domotica e robotica all’artigianato tradizionale. Venendo agli “ambienti” tematici che caratterizzano la mostra, la prima sala sarà dedicata alla conoscenza e alla creatività, al genio italiano e alla declinazione di questa genialità nel presente. Qui saranno collocate le “icone” dell’industria motoristica italiana, dall’Isotta Fraschini alla Ferrari e le moto Ducati. La sala 2 ospiterà ad un laboratorio dove artigiani di straordinaria bravura saranno al lavoro per mostrare le abilità e le tecniche necessarie per raggiungere l’eccellenza. All’interno di questo spazio saranno, infatti, riprodotti laboratori e botteghe di restauro nei quali sarà possibile comprendere e sperimentare, attraverso l’osservazione del lavoro quotidiano, lo stretto rapporto che nel “fare italiano” lega arte e tecnologia. Nella sala 3 protagonista sarà l’industria ed in particolare i settori rappresentati: Industria aerospaziale e trasporto sostenibile; Meccanica e robotica; Macchine utensili sofisticate e tecnologie per diverse applicazioni; Progettazione e tecnologie per la casa. Gli oggetti saranno collocati sul pavimento, ma alcuni saranno sospesi in aria ad altezza variabile sopra le teste dei visitatori, con un forte impatto scenografico. Il cibo è un elemento importante che rientra a pieno titolo nel concetto di better life. Nella sala 4 verrà, quindi, raccontato il tema dell’armonia tra salute, corpo e spirito. L’esposizione mostrerà l’importanza della catena alimentare, la grande industria della produzione e le filiere dell’agroalimentare, la rilevanza della tracciabilità alimentare e della genuinità. Una sala con un pavimento di legno e l’effusione di intensi profumi vedrà l’esposizione di grandi quadri d’autori italiani dedicati alla ricchezza gastronomica italiana. Due istallazioni racconteranno la pasta e il vino italiani. La quinta sala espositiva, adiacente alla grande corte centrale, sarà incentrata sull’universo delle tecnologie avanzate e mostrerà alcuni progetti e prodotti interessanti riguardanti il tema dell’Expo, dalla domotica alle costruzioni eco-sostenibili, dall’illuminotecnica alle scienze dei materiali, dalle case passive ai migliori progetti in fatto di riciclo domestico. Infine la piazza interna al Padiglione rappresenterà lo spazio pubblico della città, un posto dove le persone si incontrano, “si mettono in mostra”, si godono la vita. Moda, musica e arte saranno protagoniste delle pareti della sala. Una gigantesca ricostruzione in scala 1:2 di alcune facce della cupola del Duomo di Firenze sarà in sospensione sopra le scale mobili. Una delle pareti della piazza sarà dedicata alla celebrazione dell’idea di progresso industriale con la sua “avanzata inarrestabile”: una sorta di metafora della presenza italiana all’Expo 2010, dedicata proprio alla città moderna e alla sua evoluzione in “nuova città che sale”. Il Padiglione Italia 55 AMBIENTE La Conferenza di Copenhagen del dicembre scorso non è stata, come noto, all’altezza delle aspettative, forse eccessive, della vigilia e non ha impresso il cambiamento di rotta ritenuto necessario per un’efficace lotta al surriscaldamento della Terra. I Grandi del Pianeta hanno, di fatto, preso tempo rinviando ogni decisione importante e l’ONU, così come la maggior parte degli esponenti della comunità scientifica, non ha nascosto forte preoccupazione. In un contesto complessivamente deludente, un parziale risultato il vertice danese l’ha comunque conseguito. In attesa del prossimo appuntamento ONU previsto per maggio a Bonn e soprattutto della Conferenza mondiale sul Clima programmata per novembre in Messico, i principali Paesi inquinatori, come previsto dall’accordo stipulato a Copenhagen, in gennaio hanno, infatti, consegnato all’organismo individuato dalle Nazioni Unite (l’UNFCCC) delle “dichiarazioni di impegno” che fissano gli obiettivi di riduzione e limitazione dei gas serra al 2020. Fra i Paesi che si sono dimostrati più determinati (seppure, è bene ricordarlo, puramente in termini di intenti) ci sono certamente i 27 dell’Unione Europea, che hanno fissato l’intervallo 1990-2020 come periodo di riferimento per un taglio promesso del 20% delle emissioni, con una postilla in cui si impegnano a salire a un taglio del 30% se altre nazioni faranno lo stesso. 56 Sempre rispetto al 1990, il Giappone ha “offerto” un taglio del 25%, mentre la Norvegia (la più virtuosa) si è posta come obiettivo la riduzione del 30%, ma potrebbe arrivare al 40 se altri Paesi dimostrassero di avere buona volontà. La Russia ha promesso tagli compresi tra il 15 e il 25%, sempre rispetto al medesimo periodo di riferimento. Venendo agli Stati Uniti, si nota purtroppo quanto, questi, siano ancora lontani dalle posizioni europee. Gli U.S.A., infatti, hanno offerto un taglio del 17%, ma prendendo come anno di base il 2005 (riportato al 1990 è stato ricalcolato nella misura del 3-4%) e specificando che le percentuali potrebbero subire delle variazioni in virtù dell’approvazione o meno dell’Energy Bill. Se il Canada si è allineato agli Stati Uniti mettendo in campo le stesse cifre e le stesse date, l’Australia, che ha il tasso di emissioni pro-capite più alto del mondo, ha promesso un taglio del 5% rispetto al 2000, ma potrebbe arrivare fino al 25% se l’abbassamento venisse operato anche dalle altre nazioni. Ancora più vaghe le promesse degli altri “grandi inquinatori”, inquadrati all’interno dei Paesi in via di sviluppo. La Cina si è impegnata a diminuire le emissioni del 40-45% per ogni unità di Pil rispetto ai livelli del 2005 e ad aumentare del 15% l’uso di carburanti non fossili, nonché il volume delle riserve forestali. Un aspetto, quest’ultimo, cruciale anche nella strategia ambientale del Brasile, che si è impegnato www.shutterstock.com/Armin Rose Clima Da Copenhagen solo impegni non vincolanti In Messico la prossima tappa per cambiare rotta Getty Images, Inc. tagli ‘promessa’ da ciascuno, così come per i periodi di riferimento indicati. E il bilancio diventa ancora più negativo se si considera che, stando a quanto hanno rimarcato Greenpeace, ma anche autorevoli esponenti della comunità scientifica, la somma degli obiettivi di riduzione proposti dai 55 Stati (responsabili, è bene ricordarlo, del 78% del totale delle emissioni di CO2 prodotte) non è sufficiente a garantire l’arresto dell’innalzamento della temperatura globale al limite dei 2 gradi Celsius (rispetto ai valori preindustriali). principalmente a ridurre la deforestazione amazzonica. Infine l’India che si è dichiarata disponibile a lavorare sull’intensità delle emissioni, impegnandosi a ridurle del 20-25% per ogni unità di Pil rispetto al 2005. Come è facile capire il quadro oltre che poco rassicurante, è tutt’altro che omogeneo. Se è vero, infatti, che tutti i Paesi sono concordi nell’individuare il 2020 come anno di riferimento per la riduzione dell’inquinamento, evidenti sono le differenze per quanto riguarda la percentuale di La “roadmap” Nonostante questa situazione, le occasioni per arrivare ad un vero accordo, vincolante, entro il 2010, non mancano. Sono infatti in programma due appuntamenti che potranno rivelarsi di notevole importanza. Il primo a Bonn, in Germania, a fine maggio, in cui si riuniranno i vari organi sussidiari dell’UNFCCC e del Protocollo di Kyoto e si svolgeranno intense sessioni dei gruppi di lavoro sull’azione cooperativa di lungo termine della Convenzione e sugli ulteriori impegni per i Paesi inclusi nell’Allegato I che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. La seconda tappa è la “COP 16” di dicembre in Messico. Quattro gli elementi essenziali della Conferenza al cui centro è il tema dello sviluppo di una politica integrata di lotta contro il cambiamento climatico: il primo riguarda la visione a lungo termine dell’intero Programma e gli scenari di adattamento e limitazione; il secondo descrive le iniziative di limitazione per ridurre le emissioni di gas serra e si basa sui dati più recenti pubblicati dall’IPCC per preparare gli inventari nazionali delle emissioni; il terzo riguarda le politiche pubbliche per l’adattamento al cambiamento climatico e il quarto raggruppa gli elementi fondamentali della “politica principale” e delle azioni sul cambiamento climatico che dovranno sostenere le iniziative proposte per la limitazione e l’adattamento. Ingresso del Bella Centre a Copenhagen, luogo della Conferenza Yvo de Boer, Segretario Esecutivo UNFCCC 57 DOSSIER Il problema dell’inquinamento luminoso Soluzioni tecnico-legislative Los Angeles di notte ripresa dall'Osservatorio di Monte Wilson di Mario Di Sora Avvocato penalista e cassazionista, 48 anni, Di Sora è Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Campo Catino dal 1987 e Vice-Presidente dell’Unione Astrofili Italiani dal 2005. Ha scoperto numerosi pianetini e contribuito a scoprire anche alcuni pianeti extra-solari. E’ stato il primo ad interessarsi in Italia alle soluzioni tecnicolegislative dell’inquinamento luminoso. Ha presieduto la Commissione Inquinamento Luminoso della S.A.It. dal 1990 al 1998 elaborando il testo dei primi regolamenti comunali (Firenze e Frosinone) e il primo disegno di legge presentato al Parlamento nel 1992 sul tema. Dal 1998 è il Presidente italiano dell’International DarkSky Association e ha collaborato a redigere il testo della L.R. 23/2000 e del Reg. Att. n° 8/2005 del Lazio. Ha partecipato a numerosi gruppi di lavoro, sia nazionali sia internazionali, e ha studiato presso i più grandi Osservatori del mondo (Monte Palomar, Cerro Paranal, Kitt Peak, La Silla, Siding Spring e numerosi altri). Ha pubblicato numerosi articoli su riviste specializzate ed è docente della Scuola di formazione ambientale dell’ARPA Lazio. Recentemente è uscito il suo libro “L’Inquinamento Luminoso” pubblicato da Gremese Editore, unico di questo tipo in lingua italiana. In riconoscimento del suo impegno scientifico l’asteroide 1999 XS 38 è stato intitolato con il suo cognome dal Minor Planet Center. 58 E’ ormai universalmente accertato e accettato che le attività svolte dall’uomo, se non adeguatamente regolamentate, possono provocare seri danni all’ambiente, spesso irreversibili. Negli ultimi anni si è parlato sempre più di una nuova forma di alterazione ambientale con specifico riferimento al cielo notturno ma non solo: si tratta dell’inquinamento luminoso o light-pollution (termine utilizzato inizialmente negli Stati Uniti dagli astronomi). Le fotografie della Terra, riprese dai satelliti durante la notte, mostrano ampie macchie luminose in corrispondenza delle città più popolate ed estese e, più in generale, di tutte le zone a forte antropizzazione. L’inquinamento luminoso comporta la progressiva sparizione del cielo notturno con la perdita, in alcuni casi totale, della rilevazione dei segnali luminosi provenienti dai vari corpi celesti (siano essi stelle, galassie o nebulose). Questo fenomeno è causato dalla luce emessa dagli impianti di illuminazione esterna, sia pubblici sia privati, oltre gli angoli di 90°, cioè verso il cielo. Le radiazioni luminose, intercettate e amplificate dal pulviscolo atmosferico e dallo smog (fenomeno di scattering) creano un bagliore diffuso che comporta un’innaturale illuminazione artificiale del cielo notturno. I primi ad essersi interessati di questo problema sono stati L’Italia, immagine notturna dal satellite gli astronomi e gli astrofili, in quanto fortemente infastiditi e ostacolati nelle loro ricerche scientifiche. Con il tempo si è poi capito che l’inquinamento luminoso non è solo un problema per gli studiosi del cielo poiché, come ogni forma di inquinamento, ne è ormai stata dimostrata la nocività ad ampio spettro (con gravi ripercussioni sugli esseri umani e l’avifauna). Anche se mossasi con un certo ritardo l’Italia ha visto, negli ultimi dieci anni, approvati numerosi provvedimenti legislativi da parte di quasi tutte le regioni. Questo fatto ha portato il nostro Paese ad essere oggi all’avanguardia in questo specifico settore grazie anche all’immane battaglia sostenuta da alcune associazioni nazionali (CieloBuio, International Dark-Sky Association (I.D.A.) Sezione Italiana e Unione Astrofili Italiani) e, al livello locale, da molti gruppi di astrofili. I danni causati dall’inquinamento luminoso Cercheremo ora di capire, più da vicino, non solo quali sono i molteplici danni causati dalla dispersione della luce fuori dagli spazi necessari e verso il Firmamento ma anche come sia possibile, con le attuali tecnologie e secondo quanto prescritto dalle leggi più serie in materia, ridurre drasticamente questo impatto perseguendo anche l’obbiettivo del risparmio energetico. Anche se, in un primo momento, la problematica dell’inquinamento luminoso è stata inquadrata come di stretto interesse degli appassionati di “cose celesti” nel corso degli anni, grazie a nuovi studi svolti in campo internazionale, è emersa una realtà diversificata e molto preoccupante. Possiamo qui di seguito elencare, in modo sommario ma non certo esaustivo, le principali implicazioni negative connesse all’eccesso di luce (sia in termini quantitativi che di scorretto uso). 1) Danni economici e insieme ambientali, per l’inutile sperpero di energia elettrica. Solo in Italia potrebbero essere risparmiati (stima per difetto) non meno di 400 milioni di euro ogni anno ed immettere così meno tonnellate di CO2 nell’atmosfera, peraltro salvaguardando maggiormente le risorse naturali. 2) Danni per il mondo vegetale ed animale (avifauna) e per gli stessi ritmi biologici dell’uomo. Infatti la persistenza della luce, su tutto il territorio e in quantità sempre maggiore, altera i cicli biologici degli animali e delle piante, regolati sull’alternanza del giorno e della notte. Basterà citare, a titolo di esempio, gli oltre 10.000 uccelli che si schiantano sui grattacieli illuminati di New York ogni anno e i molti di più che perdono l’orientamento lungo le loro rotte migratorie a causa delle luci cittadine riversate in cielo. Non miglior destino è stato acclarato per i lepidotteri o le 59 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Erronea illuminazione di monumenti con elevata luminanza, notevole dispersione fuori sagoma e senza dispositivo di risparmio energetico tartarughe Caretta Caretta e Chelonia Mydas che, attratti dalle luci, spesso finiscono per morire in vari modi perdendo i riferimenti per il loro habitat naturale. Fatti questi che, non adeguatamente contrastati, porteranno all’estinzione di intere specie e non per cause naturali o di tipo evolutivo ma per nostra colpa. Per chi fosse interessato a saperne di più, con specifico riferimento ai danni proprio sull’essere più intelligente del Pianeta, si consiglia la lettura di “Missing the Dark – Health Effects of Light Pollution” di Ron Chepesiuk pubblicato su “Envinronmental health perspectives” di Gennaio 2009 (facile da reperire in rete). Si verrà a sapere allora che l’esposizione alla luce artificiale, oltre certi limiti, è in grado di favorire lo sviluppo di determinate forme tumorali (in particolare cancro alla mammella) attraverso l’alterazione del ciclo della melatonina. I dati sono stati raccolti da Istituti prestigiosi come le Università di Harvard (Massachusetts), Irvine (California) e Haifa (Israele) e quindi meritano di essere presi nella debita considerazione. 3) Problemi alla sicurezza stradale in quanto molti impianti, potenti e abbaglianti, provocano fastidi agli automobilisti diventando così fonte di pericolo. Inoltre è stato accertato che sulle strade più illuminate i conducenti dei mezzi tendono ad assumere una guida più scorretta e quasi sempre con notevole aumento della velocità, specie nei centri urbani. Da ciò deriva inevitabilmente l’aumento degli incidenti e le statistiche degli ultimi anni militano in tal senso. La maggior parte dei gravi incidenti si verificano di notte lungo le strade cittadine più illuminate. 4) Fastidi provocati dall’illuminazione intrusiva che spesso entra, senza necessità e richiesta, fin dentro le nostre case, costringendoci a vivere con le serrande chiuse anche 60 nel periodo estivo. Problema questo che ben potrà essere compreso da chi ha la sventura di vivere nei pressi di qualche grossa insegna pubblicitaria. Impianti: una situazione drammatica I risultati di un’indagine svolta negli ultimi anni dalla Sezione Italiana dell’I.D.A., in collaborazione con l’Unione Astrofili Italiani, hanno offerto un panorama desolante in relazione alla superficialità dei comuni e di altri enti pubblici (ma anche numerosi soggetti privati) sul concetto di cosa sia il risparmio energetico e la buona progettazione di impianti. Gli uffici tecnici ignorano, o fanno finta di non conoscere, l’esistenza di prescrizioni e tecnologie che limitano sia la dispersione della luce verso il cielo che i consumi energetici. E’ anche emersa, purtroppo, la scarsa attenzione con cui molti professionisti progettano e realizzano impianti di illuminazione di ogni tipo. Questo studio, che è stato condotto, a campione, in tutte le regioni su 545 impianti di varie tipologie (stradale, arredo urbano, grandi aree e monumentale), ha fatto emergere le seguenti problematiche tecniche. • moltissimi impianti utilizzano corpi illuminanti che disperdono verso l’alto dal 5% al 60% della luce emessa (basti pensare alle intramontabili sfere); • quasi tutti gli impianti impiegano un numero di corpi illuminanti superiore di circa il 20-30% rispetto quelli che sarebbero effettivamente necessari (nei casi più scandalosi fino al doppio); • non di rado il flusso luminoso installato supera di 3 o 4 volte i livelli di luce previsti dalle norme tecniche (quindi con proporzionale aumento dei consumi); • assenza, sulla quasi totalità degli impianti, dei dispositivi di risparmio energetico ormai obbligatori in base alle numerose leggi regionali vigenti; • mancato spegnimento o riduzione dell’illuminazione di natura monumentale dopo le ore 24; • tendenza sempre più diffusa ad illuminare soggetti di scarso valore architettonico dal basso verso l’alto e con dispersioni fuori sagoma anche dell’80% del flusso luminoso; • insegne pubblicitarie con elevata luminanza e/o illuminate con fari dal basso senza dispositivi di spegnimento dopo le ore 24; • progettazione degli impianti spesso inesistente o affidata a persone professionalmente non qualificate. In questo contesto di forte compromissione della vivibilità e della visibilità notturna è nato, anche in Italia, un forte movimento di opinione volto a reclamare un uso più razionale dell’illuminazione esterna (pubblica e privata). Deve tuttavia, e definitivamente, essere sfatato il mito che gli astrofili vogliano le città buie e in preda all’oscuramento più o meno totale. La parola d’ordine è quella di “illuminare meglio per illuminare di più” e non il contrario, come ancora oggi si tende a fare e da più parti. E così, come si è verificato negli anni ’70 negli Stati Uniti, a tutela dei più grandi Osservatori Astronomici, anche in Italia è nato un forte movimento di opinione a sostegno di leggi e provvedimenti volti a definire, una volta per tutte, cosa fosse possibile fare e cosa non fare con l’illuminazione. Un intervento quindi volto non ad impedire ma solo a regolamentare e razionalizzare la progettazione, la realizzazione e la gestione degli impianti di illuminazione. Infatti, e siamo all’inizio degli anni ’90, mi resi conto, interessandomi ormai a tempo pieno di questa problematica, che non esistevano né norme tecniche specifiche né, tanto meno, leggi al riguardo. I tempi erano maturi per intervenire. I primi passi verso una regolamentazione Forte di questo convincimento proposi al 34° Congresso della Società Astronomica Italiana (Abano Terme - Maggio 1990) di elaborare un disegno di legge da presentare in Parlamento. In Italia il primo disegno di legge risale al 1992, su iniziativa dell’On. Lino Diana, che sottoscrisse e presentò un testo elaborato da una commissione di astronomi presieduta dallo scrivente. Nel prosieguo delle altre legislature fu ripresentata per ben tre volte di seguito. Successivamente anche altri parlamentari, come Valerio Calzolaio, hanno tentato di portare a compimento un simile provvedimento. Tuttavia sia per l’insensibilità diffusa di molti parlamentari, sia per la forte opposizione manifestata da produttori di corpi illuminanti e progettisti, non è stato possibile all’epoca conseguire questo importante ed utile obbiettivo. Nuovo impianto con lampade full cut-off da 150 w al sodio (via Fabi a Frosinone) 20 lux a terra Lo stesso impianto con lampioni di vecchio tipo a vetro prismato e lampade da 250 al mercurio 6 lux a terra Tuttavia dal 1996 sono stati approvati, prima timidamente, poi in modo più rapido, tutta una serie di provvedimenti (amministrativi e legislativi) che hanno portato all’attuale situazione in cui, pur non esistendo una legge nazionale, di fatto la maggior parte del territorio è coperto dalle prescrizioni delle leggi regionali (ad oggi 17). Ovviamente l’esistenza di queste leggi, spesso inspiegabilmente sconosciute dagli stessi professionisti del settore, non ha garantito il rispetto dei criteri tecnici previsti dalle stesse 61 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 e quindi, ancora oggi, vengono realizzati impianti di illuminazione notevolmente costosi e antiecologici sia in termini di realizzazione sia di gestione. Vediamo ora quali sono i criteri generali, peraltro previsti dalle normative vigenti, per la riduzione sostanziale sia dell’inquinamento luminoso sia dei consumi energetici. • Impiego, per uso stradale o di grandi aree di corpi illuminanti con emissione prossima o uguale a 0 cd/ klm oltre angoli di 90°; • Impiego, negli impianti di tipo ornamentale, di lampioni con ottica interna e vetri trasparenti a sezione ribassata o piani; • Uso negli impianti di tipo stradale e di grandi aree di lampade ad alta efficienza (come quelle al sodio) da accompagnare con i dispositivi per la riduzione dei consumi dopo le ore 24; • Divieto di illuminazione dal basso verso l’alto di edifici e soggetti privati o di scarso valore architettonico; • Nell’illuminazione di tipo monumentale contenere rigorosamente entro la sagoma il flusso luminoso dei fari, mantenendo luminanze non superiori a 2 cd/mq e disattivando la stessa dopo le ore 24 (in quanto non a carattere di sicurezza); • Disattivazione delle insegne pubblicitarie dopo le ore 24 se di uso notturno non indispensabile con limitazione della loro luminanza. Lo stato attuale della legislazione regionale Ad oggi sono state approvate 17 leggi regionali (Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli VeneziaGiulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Provincia di Trento, Puglia, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta, Veneto) più una linea guida (D.G.R. 48/31) da parte della Regione Sardegna. Ovviamente i testi dei vari provvedimenti non sono esattamente sovrapponibili per le seguenti motivazioni: • il loro varo si è dipanato nell’arco di 13 anni. Dalla L.R. 22/97 del Veneto (sostituita integralmente dalla recente 17/09) a quella 2/10 del Molise; • non in tutte le regioni è stato possibile addivenire all’approvazione di un testo unico anche perché, in alcune circostanze, sono prevalse le ragioni degli astrofili in altre quelle dei loro oppositori. Proveremo a classificare i provvedimenti esistenti in tre grandi gruppi in cui è possibile trovare un denominatore comune e valutare la loro efficacia in senso generale. • provvedimenti con prescrizioni tecniche tassative per tutti i tipi di impianti; • provvedimenti con prescrizioni tecniche che rimandano ad altre norme (tipo UNI 10819) o a linee guida ovvero ancora con limiti di tipo generico; • provvedimenti privi di parte tecnica perché non prevista o perché non corredati della stessa successivamente alla loro approvazione. All’interno della prima categoria troviamo, fortunatamente, la maggior parte delle leggi regionali mentre nella seconda possiamo annoverare le leggi 17/98 Valle d’Aosta, 32/00 Piemonte, 39/05 Toscana e la DGR 48/31 (linea guida) Sardegna. Caratteristica comune a questi ultimi quattro provvedimenti e che sono, di fatto, privi di reale regime sanzionatorio. Un caso limite della terza categoria è rappresentato dalla L.R. 27/00 Basilicata che non prevede alcun tipo di prescrizione Caso, non raro, di erroneo posizionamento di lampioni a distanza inferiore del 50% a quanto previsto dal tipo di corpo illuminante 62 tecnica, limitandosi a dettare delle generiche prescrizioni e solo limitatamente ai dintorni degli osservatori astronomici. Una legge più di intenti che di contenuti e quindi del tutto inutile. Sulla scorta di quanto rilevato, anche per l’elevata rappresentanza numerica, appare evidente che le leggi più serie, e che quindi con maggior efficacia possono limitare sia l’inquinamento luminoso sia i consumi energetici, sono quelle appartenenti al primo gruppo. Ma vediamo più da vicino le principali novità che questo tipo di legislazione ha introdotto dal 2000 ad oggi nel settore dell’illuminazione esterna: • individuazione, per la prima volta, di limiti di emissione degli impianti (in genere 0 cd/klm a 90° con alcune piccole differenziazioni nella 23/00 Lazio e nella 12/02 Campania); • limiti alla luminanza (cd/mq) di strade, monumenti e insegne pubblicitarie; • obbligo di riduzione dei consumi o spegnimento di impianti dopo le ore 23/24; • obbligo della progettazione e del rilascio di certificazioni di conformità da parte di progettisti, installatori o produttori. Previsione, nel caso della L.R. 17/00 della Lombardia e delle altre che ad essa s’ispirano, dell’interdistanza minima dei corpi illuminanti di 3,7 volte rispetto la loro altezza al fine di “moralizzare” l’acquisto sfrenato di lampioni e garantire il risparmio energetico. Nella tabella comparativa è comunque possibile rendersi conto dei principali contenuti tecnici delle varie leggi regionali confrontate anche con la UNI 10819 che è stata fortemente contestata da astronomi e astrofili per le sue prescrizioni ideate proprio per consentire, sul finire degli anni ’90, la realizzazione di impianti senza alcun tipo di serio controllo sul flusso luminoso disperso e, men che meno, qualsiasi forma di riduzione nei consumi. Più volte, anche nell’ambito dei sostenitori della legislazione sull’inquinamento luminoso, si è posto l’accento sul fatto che alcune leggi fossero, in modo assoluto, superiori ad altre. Lanterna di ultima generazione, con flusso disperso a 0, full cut-off (cortesia Neri SpA) Lanterna in stile di vecchio tipo con dispersione verso l'alto fino al 35% QUADRO COMPARATIVO PRINCIPALI PARAMETRI NORMATIVI IN ITALIA Tipologia impianto Legge Piemonte 31/00 (UNI 10819) Legge Lazio 23/00 Protocollo d'Intesa IDA-UAI-ASSIL Legge Lombardia 17/00 Stradali 1-3% 0 cd/klm a 90°-95° 0 cd/klm a 90° 0 cd/klm a 90° Ornamentali con ottica Ornamentali senza ottica Fari, grandi aree e altro Monumenti Risparmio energetico Insegne pubblicitarie Deroghe 1-23% 10 cd/klm a 90°, 0 cd/klm a 100° 25 cd/klm a 90°, 0 cd/klm a 110° 5-10 cd/klm a 90° Sostituzione: 0 cd/klm a 90° Modifica: 15 cd/klm a 90° Sostituzione: 0 cd/klm a 90° Modifica: 15 cd/klm a 90° Sagoma regolare max dispersione 5%, irregolare 10% Sì, dopo 23-1. Spegnimento insegne e monumenti 5-10 cd/klm a 90°, 5000 lm, 8% 0 cd/klm a 90°, 5% impianti sportivi Sagoma regolare max dispersione 5%, irregolare 10% Sì, dopo 24. Spegnimento insegne e monumenti Sì, dopo 23-24. Spegnimento insegne e monumenti Non normati Dall’alto, max 10 cd/mq Dall’alto, max 10 cd/mq Dall’alto, max 4500 lumen Piccoli impianti max 25000 lm Nessuna per piccoli impianti Nessuna per piccoli impianti Piccoli impianti 3 x 1500 lm; in parte stadi oltre 5000 posti 1-23% Non normati Non normati Non previsto 0 cd/klm a 90°-100° 0 cd/klm a 90° Max 5 lux fuori sagoma 63 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 In effetti la maggior parte di quelle appartenenti alla prima categoria seguono la filosofia e lo schema tecnico della L.R. 17/00 della Lombardia che prescrive il limite di 0,49 cd/klm a 90° per tutti i tipi di impianti in modo indiscriminato. Tuttavia, ad una più attenta lettura, si scoprirà che anche questo provvedimento presenta alcune lacune, non emendate nel corso degli anni, che offrono, in alcuni casi, una scappatoia per aggirare i limiti imposti. La presenza di pericolose deroghe sui piccoli impianti e per l’adeguamento di quelli di vecchio tipo nonché un regime sanzionatorio poco efficace e di non immediata applicazione (si concedono infatti 12 mesi per gli adeguamenti degli impianti nuovi non a norma escludendo contravvenzioni immediate) ne riducono significativamente la sua operatività. Vi è poi da aggiungere che non tutte le regioni hanno approvato i regolamenti di attuazione di questo tipo di leggi. In alcuni casi, come quello del Friuli Venezia-Giulia, ne sono state minate le originarie prescrizioni con delle modifiche, successive, mirate a scardinarle. Tutto ciò ovviamente non incide sui grandi meriti che questo provvedimento ancora oggi ha per quanto concerne le innovazioni a suo tempo introdotte. In modo diverso si è invece operato nell’approvazione della L.R. 23/00 del Lazio e del successivo Reg. Att. 8/05 allorquando si è deciso di non imporre il limite di 0 cd/klm a 90° per tutti i tipi di impianti, pur contenendoli a livelli molto bassi, ma privilegiando altri aspetti che concorrono a rendere concretamente e facilmente applicabile una legge. Punti di forza di questo provvedimento, peraltro unici nel panorama legislativo italiano, sono: • immediata applicazione delle sanzioni e ridotto termine per l’adeguamento a seguito di diffida - 30 giorni - per i vecchi impianti; • sostanziale inesistenza di deroghe per i piccoli impianti; • ruolo determinante degli osservatori astronomici per il monitoraggio dell’inquinamento luminoso e il perseguimento delle violazioni; • semplificazione delle prescrizioni progettuali e degli organi di controllo. Anche in questo caso, ovviamente, non possiamo dire di trovarci di fronte alla miglior soluzione ma solo di un modo diverso di intervenire per raggiungere lo stesso scopo. Il tempo si incaricherà di valutare quale tipo di provvedimento sia effettivamente più efficace. E’ comunque certo fin da ora, in base ai dati raccolti, che solo le prescrizioni delle leggi che abbiamo inserito nella prima categoria hanno dimostrato di limitare i consumi energetici. Questa conclusione emerge, in modo inequivocabile, dal confronto dei dati dei consumi delle città di Biella (con applicazione della L.R. 31/00 Piemonte) e di Frosinone (con applicazione della L.R. 23/00 Lazio). I due capoluoghi, sostanzialmente identici per popolazione e per area, presentano una notevole discrasia nei costi di gestione energetica benché il comune laziale abbia un numero ben superiore di punti-luce (11.000 contro 7.607 nel 2006). A riscontro della maggior efficacia della L.R. 23/00 rispetto la 31/00 milita il dato di luminosità del fondo cielo che, nel caso di Biella, è da 2,5 a 16 volte maggiore di quello misurato a Frosinone. Un dato scientifico quindi da cui si deduce che, con determinate prescrizioni, è possibile ridurre sia i consumi che l’inquinamento luminoso. Tirando le somme, si può dire che l’entrata in vigore delle leggi regionali ha portato ad un’innovazione reale ed epocale nel settore dell’illuminazione esterna. La previsioni di specifici limiti di emissione e l’obbligatorietà del progetto rendono necessaria una maggior professionalità da parte di chi realizza oggi questi impianti. I produttori più sensibili hanno fatto la loro parte rinnovando radicalmente l’offerta dei cataloghi tenendo a mente le finalità di questi provvedimenti. In tale direzione doveva essere orientato il Protocollo d’Intesa siglato dall’ ASSIL, l’IDA Italiana e l’UAI nel 2006 per la diffusione di impianti complessivamente ecologici e ad alto contenuto tecnologico. Rimane tuttavia innegabile il ruolo centrale dei progettisti per la scelta delle soluzioni illuminotecniche e per il controllo sull’ esecuzione dei lavori in conformità delle varie normative vigenti. Solo attraverso una migliore e più qualificata gestione della luce sarà possibile coniugare il rispetto dell’Ambiente con la vivibilità notturna delle nostre città e la sicurezza stradale. L’International Dark-sky Association L’International Dark-Sky Association (www.darksky.org) è il più importante ente mondiale nel settore della lotta all’inquinamento luminoso. È stata fondata nel 1988 a Tuscon in Arizona da numerosi astronomi e astrofili che intesero così portare avanti, in modo concreto e propositivo, un forte movimento di opinione a favore della salvaguardia del Firmamento evidenziando però i vantaggi per la riduzione dei consumi di energia. Con oltre 10.000 membri in tutto il mondo è suddivisa in sezioni nazionali. Quella italiana è stata fondata nel 1998 dall’autore dell’articolo che la presiede dall’origine ed ha sede presso l’Osservatorio Astronomico di Campo Catino in provincia di Frosinone a Guarcino. Molto attiva sul territorio collabora anche con le altre associazioni che si interessano di lotta all’inquinamento luminoso come Cielo Buio (www.cielobuio.org) e l’Unione Astrofili Italiani (www.uai.it). Per numero di membri è la prima in Europa e la terza nel mondo dopo quelle di Stati Uniti e Canada. Per ulteriori informazioni (www.campocatinobservatory.org) tel. 0775/833737 - fax 0775/211238. 64 La Via Lattea www.shutterstock.com/Pierre Desrosiers Con il decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009 (pubblicato, a tempo di record, ma senza note, sulla NORMATIVA Gazzetta Ufficiale n. 180 del 5 agosto), sono state finalmente apportate le correzioni, le modifiche e le integrazioni, da più parti auspicate, al cosiddetto Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro, perfezionandosi così (in gran parte, ma non interamente), dopo due anni esatti, l’iter legislativo iniziato con l’emanazione della legge delega n. 123 del 3 agosto 2007. Alla stesura finale del “correttivo” (che, forse affrettatamente, vista la complessità del provvedimento, è entrato in vigore il 20 agosto, trascorsi i canonici 15 giorni di vacazio legis dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), nel rispetto di quanto previsto dal comma 6 dell’art. 1, della legge delega, si è arrivati dopo un lungo, intenso e complicato, confronto realizzato in più sedi e con la partecipazione di tutti gli interlocutori istituzionali ed il coinvolgimento (non sempre paritario, preventivo e tempestivo) delle parti sociali interessate. di Francesco Bacchini In ogni caso, dopo l'approvazione in Consiglio dei Ministri, (Ricercatore, Professore Incaricato di Diritto del Lavoro e Diritto del Lavoro Avanzato, Diritto delle relazioni industriali e sindacali, di uno schema di decreto correttivo, attraverso un'ampia istruttoria (e una serrata discussione), finalizzata alla Facoltà di Economia, Università di Milano - Bicocca) D.lgs n. 106/2009 Cosa cambia realmente in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri? 65 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 formulazione del parere della Conferenza Stato – Regioni e delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato, si è giunti all’approvazione di un testo non poco modificato rispetto al modello iniziale. Il provvedimento in parola consta di 149 articoli e 38 allegati che intervengono sul decreto legislativo n. 81/2008 cercando, sulla carta, di raggiungere due obiettivi: in primo luogo correggere i molti errori materiali e tecnici presenti nell’attuale disciplina – approvata, come noto, a Camere ormai sciolte ed in tutta fretta, alcuni peraltro suscettibili di ricadute gravi sulla salute e sicurezza dei lavoratori; in seconda battuta superare, con modifiche improntate al pragmatismo e non alla burocrazia, le difficoltà operative, le criticità interpretative e le lacune, evidenziate dai primi mesi di applicazione del testo unico. Non vi è dubbio che molte delle novità più rilevanti abbiano avuto ad oggetto il Titolo I, cuore del Testo Unico ed anche del suo correttivo. Le correzioni e le modifiche alla disciplina: della delega di funzioni (con l’introduzione della facoltà di subdelega); degli obblighi del datore di lavoro e del dirigente (con l’introduzione dell’obbligo di vigilanza sull’adempimento degli obblighi propri dei preposti, lavoratori, progettisti, fabbricanti e fornitori, installatori e medico competente); della valutazione dei rischi (con l’introduzione di nuovi criteri di valutazione e di redazione e di aggiornamento del documento); degli appalti interni (soprattutto con le deroghe quali-quantitative all’obbligo di elaborazione del DUVRI), della sorveglianza sanitaria (in particolare con la previsione della visita preventivo-preassuntiva di idoneità alla mansione), della sospensione dell’attività d’impresa, della qualificazione, non ancora operativa, delle imprese e dei lavoratori autonomi (in particolare nel settore dell’edilizia) in riferimento alla tangibile e attuata tutela della salute e sicurezza sul lavoro, del modello organizzativo di controllo, dell’attività ispettiva, sono certamente, nel bene o nel male, basilari per la nuova tutela della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro; nondimeno, anche le modifiche del titolo III (attrezzature di lavoro) e del titolo XII (disposizioni in materia penale e di procedura penale), ma, soprattutto, quelle del titolo IV (cantieri temporanei e mobili), si propongono all’attenzione degli esperti come complesse e dense di significati e di ricadute applicative. Le novità del titolo IV, capo I E’ proprio alle modifiche aventi ad oggetto il titolo IV, capo I, dedicato ai “cantieri temporanei o mobili”, fra le più rilevanti apportate dal d.lgs. n. 106/2009, all’originaria formulazione (e impostazione) del d.lgs. n. 81/2008, che questo articolo vuole dedicarsi, al fine di tracciarne un primo sistematico profilo. Per farlo, daremo contezza, in particolare, delle novità 66 introdotte agli articoli 88, 89, 90, 93, 97 e 100 del d. lgs. 81/2008 ad opera degli articoli 57, 58, 59, 65 e 67 del d.lgs. 106/2009, nonché delle novità relative agli allegati (in particolare il XV, relativo ai contenuti minimi del PSC e dei POS, il XVII sulla verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi, il XIII, relativo alle prescrizioni di sicurezza per la logistica di cantiere, il XIV sulla formazione dei coordinatori per la sicurezza). Modifiche, tutte, che consegnano agli operatori ed agli interpreti, una disciplina antinfortunistica maggiormente operativa, ancor più centrata sulle dinamiche contrattuali ed esecutive proprie dell’impresa affidataria. La prima rilevante innovazione è riscontrabile già nell’art. 88, in virtù della quale l’ampio campo di applicazione del Titolo IV, viene, in parte, a ristringersi, essendo stati enucleati e, quindi, esclusi: • i lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all’allegato X; • i lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di manutenzione, www.shutterstock.com/fotohunter riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all’allegato X. Il riferimento all’allegato X ed al mancato coordinamento di questo con le due nuove esclusioni, soprattutto la prima, non mancheranno di sollevare problemi interpretativi e ciò in quanto la definizione di lavori edili o d’ingegneria civile di cui al citato allegato risulta astrattamente di portata così ampia da essere praticamente onnicomprensiva, rendendo, di fatto vana, l’esclusione di diritto dei predetti lavori. Anche la definizione di responsabile dei lavori di cui alla lett. c) dell’art. 89, oggetto, nella sua originaria formulazione, di parecchi dubbi interpretativo-applicativi, viene totalmente rivisitata dal decreto correttivo, il quale sancisce che tale soggetto "può" e non “deve” essere incaricato dal committente, risultando, così, in linea con la prevalente interpretazione dottrinale, figura facoltativa e non obbligatoria; di centrale importanza risulta essere anche la scomparsa di ogni riferimento alla necessaria coincidenza del responsabile dei lavori con il progettista nella fase di progettazione dell'opera e con il direttore dei lavori nella fase di esecuzione dell'opera; in virtù di tale correzione il responsabile dei lavori torna ad essere soggetto liberamente individuabile dal committente, così com’era, ad esclusione del settore pubblico (cioè “nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni”) in cui “il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento”, nel d.lgs. n. 494/1996. Sempre all’art. 89, muta anche la definizione di cui alla lett. f ), precisandosi che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori non può essere il datore di lavoro anche delle imprese affidatarie, oltreché di quelle esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato; a tale incompatibilità il correttivo consente, tuttavia, di derogare, sancendo che essa non opera “in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice”; ne consegue, pertanto, che il coordinatore per l’esecuzione può essere il datore di lavoro di un'impresa esecutrice o un suo dipendente o RSPP da lui designato, solo in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice. Come si legge nella relazione illustrativa, l'affidamento a personale dell'impresa esecutrice e, quindi, nel caso di specie, dello stesso committente (che ha tutto l'interesse affinché i lavori vengano effettuati al meglio) dell'incarico di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, offre maggiori elementi di garanzia, oltre che di coerenza con l'esigenza del legislatore, di assicurare la maggiore efficacia dell'azione di prevenzione. Si sottolinea, infatti, che molte volte, per lavori altamente specializzati non è facile trovare le necessarie professionalità tecniche all'esterno dell'impresa esecutrice. L'integrazione tende a evidenziare la responsabilità del committente imponendogli, anche nel caso in cui sia coinvolto operativamente nel processo costruttivo, di scegliere il professionista di sua fiducia. Alla lettera i), sempre dell’art. 89, che definisce l’impresa affidataria, il d.lgs. n. 106/2009, aggiunge una specifica disciplina per i consorzi, disponendo che, se più imprese costituiscono un consorzio per promuovere la partecipazione ad appalti pubblici o privati, l’impresa affidataria si identifica con: • l’impresa consorziata assegnataria dei lavori che viene individuata dal consorzio nell’atto di assegnazione dei lavori che è stato comunicato al committente; • oppure (in caso di pluralità di imprese consorziate assegnatarie di lavori), l’impresa indicata nell’atto di assegnazione dei lavori come affidataria, sempre che essa abbia espressamente accettato questa individuazione. Del tutto nuova, invece, è la definizione di “impresa esecutrice” di cui alla lett. i-bis) dell’art. 89, in virtù della quale viene consacrata come tale l'impresa: "che esegue un’opera o parte di essa impegnando proprie risorse umane e materiali". Importanti anche le modifiche apportate all’art. 90; al di là della riscrittura del comma 1, che oggi recita: “il 67 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 committente o il responsabile dei lavori, nelle fasi di progettazione dell'opera, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 15, in particolare: a) al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente; b) all'atto della previsione della durata di realizzazione di questi vari lavori o fasi di lavoro” e dell’introduzione del comma 1-bis, secondo il quale “per i lavori pubblici l'attuazione di quanto previsto al comma 1 avviene nel rispetto dei compiti attribuiti al responsabile del procedimento e al progettista”, l’intervento correttivo più interessante è certamente quello di cui al comma 3 e per riflesso quello di cui al comma 4. Premesso che la Legge Comunitaria per il 2008, n. 88 del 7 luglio 2009 (pubblicata il 14 luglio nella Gazzetta Ufficiale n. 161), aveva già previsto, all’art. 39 (in risposta alla sentenza di condanna della Corte di Giustizia Europea del 25 luglio 2008, causa C-504/06), la modifica del comma 11 dell’art. 90 del d.lgs. n. 81/2008, in virtù della quale “la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e 68 comunque di importo inferiore ad euro 100.000”, caso in cui “le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori”1, anche il correttivo interviene in modo tutt’altro che irrilevante sulla dimensione quali-quantitativa dei lavori che determinano l’obbligo di pianificazione e coordinamento della sicurezza nel cantiere. In virtù delle modifiche apportate ai commi 3 e 4 dell’art. 90, la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione, è oggi necessaria solo nel caso in cui vi sia la presenza nel cantiere di più imprese esecutrici, imprese, ovviamente da intendersi siccome definite dalla lett. i-bis) dell’art. 89, precedentemente riportata. Ne consegue che la semplice presenza di più imprese nel cantiere, affatto coinvolte nell’esecuzione dell’opera o in una parte di essa e ciò in quanto non impegnano nei lavori proprie risorse umane e materiali (ad esempio imprese che effettuano una semplice fornitura di materiale, o che procedono a rilevazioni e misurazioni) non costituirà più il presupposto dell’adempimento dell’obbligo di pianificazione e di coordinamento della sicurezza. www.shutterstock.com/sculpies ANNO II Modifica interessante risulta essere anche quella apportata al comma 9, dell’art. 90, relativa all’accertamento dell'idoneità tecnico professionale delle imprese esecutrici nonché delle imprese affidatarie. Si prevede, poi, una forma semplificata di accertamento per i lavori di durata presunta inferiore a 200 uomini-giorno, attraverso il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, la presentazione del DURC e di un’autocertificazione relativa al possesso dei requisiti previsti dall’allegato XVII del d.lgs. n. 81/2008. Tale allegato, ampiamente modificato dal d.lgs. n. 106/2009, sancisce che i documenti e le informazioni oggetto di verifica professionale delle imprese (esecutrici e affidatarie), oltre all’iscrizione alla CCIAA con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto, sono i seguenti: • il documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), o autocertificazione di cui all’art. 29, comma 5, del d.lgs. n. 81/2008; • il documento unico di regolarità contributiva (DURC) di cui al d.m. 24 ottobre 2007; • la dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti sospensivi o interdittivi di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 81/2008. Risultano abrogati rispetto all’originaria formulazione i seguenti (importantissimi) requisiti che, pertanto, attualmente non devono più essere obbligatoriamente verificati: • la documentazione attestante la conformità al d.lgs. n. 81/2008 di macchine, attrezzature e opere provvisionali • l’elenco dei dispositivi di protezione individuale forniti ai lavoratori; • i nominativi del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), della squadra antincendio e primo soccorso e del medico competente e copia degli attestati di avvenuta formazione per queste figure; • l’elenco dei lavoratori risultanti da libro matricola (oggi libro unico del lavoro) e relativa idoneità sanitaria alla mansione prevista all’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008. Per la verifica dei lavoratori autonomi, invece, l’elenco (sostanzialmente immutato a seguito del d.lgs. n. 106/2009) di documenti da esibire è il seguente: • l’iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto; • la specifica documentazione attestante la conformità alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo di macchine, attrezzature e opere provvisionali; • l’elenco dei dispositivi di protezione individuali in dotazione; • gli attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneità sanitaria ove espressamente previsti dal d.lgs. n. 81/2008; • il documento unico di regolarità contributiva di cui al Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007. Nel caso in cui l’esecuzione dell’opera appaltata sia stata assunta da un’impresa affidataria e se questa utilizza, previa autorizzazione del committente, il subappalto o il subcontratto d’opera, sarà il datore di lavoro della stessa impresa affidataria e non il committente a dover verificare 1. Si veda sul punto la circolare del Ministero del Lavoro n. 30 del 29 ottobre 2009, nella quale si precisa che, scopo della norma (modificata) è consentire al committente, nei cantieri non particolarmente complessi e di dimensioni (presumibilmente) limitate, di nominare un unico coordinatore, quello per l’esecuzione, che, tuttavia, assume in se anche le funzioni, rectius, gli obblighi, senza eccezioni o limitazioni, anche di quello per la progettazione. 69 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 l’idoneità tecnico-professionale dei subappaltatori e dei sub lavoratori autonomi, con gli stessi criteri sopra illustrati. Significativa è anche la novella dell’art. 93, comma 1, in virtù della quale il committente “è esonerato dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori”. Tale precetto, escludendo la responsabilità del Committente in relazione all’inadempimento degli obblighi antinfortunistici trasferiti al Responsabile dei Lavori (RL) con specifico e congruo incarico e attribuzione di poteri e mezzi adeguati, senza più la previsione dell’obbligo da parte del primo di verifica degli adempimenti di cui agli artt. 90, 92, comma 1, lett. e) e 99, incentiva senza dubbio l’individuazione di siffatto soggetto, potenziale alter ego del Committente. Il comma 2 del medesimo articolo, ribadisce il concetto dianzi esposto, sancendo che la designazione dei due coordinatori non esonera il committente o (disgiunzione) il responsabile dei lavori (il quale, nel caso in cui gli sia conferito incarico pieno, si sostituisce interamente al committente) dalle responsabilità connesse alla verifica dell’adempimento degli obblighi di cui agli artt. 91, comma 1, vale a dire l’obbligo di redigere il PSC e il fascicolo tecnico da parte del Coordinatore per l’esecuzione (CSP) e 92, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), vale a dire tutti gli obblighi del Coordinatore per l’esecuzione (CSE) all’infuori di quello di sospensione in caso di pericolo grave ed imminente direttamente riscontrato, delle singole lavorazioni. Degna di menzione è anche la modifica della quale è stato fatto oggetto l’art. 97, concretizzatasi nella rielaborazione del comma 1 e nell’introduzione di due nuovi commi, il 3-bis e il 3-ter. Solo apparentemente nominale, ma in effetti, assai rilevante è la modifica di cui al comma 1, in virtù della quale il datore di lavoro dell’impresa affidataria, non deve più semplicemente vigilare, ossia controllare, sulle condizioni di sicurezza, ma verificare, ossia accertare, dimostrare le (effettive) condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione 70 delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento; il datore di lavoro dell’impresa affidataria deve anche corrispondere alle imprese esecutrici, senza alcun ribasso, gli oneri della sicurezza relativi ad apprestamenti, impianti, ecc. Il datore di lavoro dell’impresa affidataria, i suoi dirigenti e preposti, devono, inoltre, per poter esercitare l’attività che è propria del contraente generale e adempiere agli obblighi antinfortunistici, essere in possesso di adeguata formazione; sarà il committente (o il responsabile dei lavori, se incaricato) che dovrà assicurare, ossia verificare, in virtù dell’art. 100, comma 6-bis, l’attuazione degli obblighi di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’art. 97. Degna di menzione è anche la novella contenuta nell’art. 67 del d.lgs. 106/2009, relativa al comma 6 dell’art. 100, in base al quale il Piano Sicurezza e Coordinamento non risulta essere necessario nel caso di lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell'erogazione di servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione. Oggetto di modifiche degne di menzione è anche la disciplina della formazione dei coordinatori per la sicurezza, di cui all’allegato XIV; tale formazione deve avvenire con un numero massimo di 60 partecipanti per la parte teorica e di 30 partecipanti per la parte pratica; si prevede, inoltre, che la formazione dei coordinatori per la sicurezza dovrà essere aggiornata; l’aggiornamento deve essere effettuato per un totale di 40 ore in un quinquennio anche per mezzo di diversi moduli oppure mediante la partecipazione a convegni o seminari con un numero massimo di 100 partecipanti (sono fatti salvi gli attestati rilasciati prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2008, e l’obbligo di aggiornamento quinquennale decorre dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto). Un’ultima segnalazione merita l’abrogazione dell’art. 103, www.shutterstock.com/Gordana Sermek ANNO II dedicato originariamente alla definizione delle modalità di previsione dei livelli di emissione sonora, la ragion d’essere del quale era risultata da subito di difficile comprensione e la cui disciplina di difficile coordinamento con il capo II del titolo VIII dedicato alla “protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro”, nonché, alla lett. d-quater) del comma 1, dell’art. 304, l’abrogazione espressa del D.P.R. n. 222/2003, che recava il «Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in attuazione dell’art. 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109», il quale, pur interamente trasfuso nell’allegato XV (1 e 2) del decreto n. 81/2008, non era stato, colpevolmente, espressamente abrogato dal legislatore delegato. All’esito delle riflessioni sopra svolte, pare possibile affermare che non tutti gli obbiettivi che il decreto correttivo avrebbe dovuto raggiungere possono dirsi raggiunti; lacune ed incertezze sono, purtroppo, ancora presenti e riguardano istituti tutt’altro che marginali (in particolare: delega di funzioni, obbligo di vigilanza, attrezzature di lavoro, potere di disposizione, campo di applicazione e obblighi di pianificazione nei cantieri, ecc.). Forse si sarebbe potuto fare di più, ma il decreto correttivo (come, del resto, anche quello “corretto”) è l’evidente frutto di una mediazione politica, che ha portato il Governo ad accogliere, sui punti più delicati e, potenzialmente, innovativi (in particolare: presunzione di conformità e obbligo d’impedimento), non poche delle osservazioni critiche formulate dalle Regioni, dalle Commissioni parlamentari, nonché quelle, improprie e spesso pregiudiziali, formulate in ambiente accademicogiudiziario. Tuttavia, al presente, ciò che più conta è che, completati, auspicabilmente nei termini stabiliti, i provvedimenti di dettaglio (probabilmente eccessivi) attribuiti, a vario titolo, a molteplici soggetti istituzionali (Conferenza Stato-Regioni, Commissione Consultiva Permanente, Ministero del lavoro e della salute), la disciplina antinfortunistica si stabilizzi e si consolidi, di modo che sia possibile determinare, in un tempo ragionevolmente breve, un serio e fruttuoso indirizzo interpretativo-applicativo, sia a livello dottrinale che giurisprudenziale. Vale, allora, la pena proporre, in chiusura, la seguente riflessione: "la legge è fatta non solo per comandare, ma per durare. Non può essere naturalmente eterna, ma deve essere longeva. Ogni mutamento della legge rappresenta un turbamento di equilibrio, uno sconvolgimento di previsioni, un rallentamento di iniziative. Conviene che le leggi si preparino con esperienza e si approvino con cautela. Meglio sopportare una legge cattiva che cambiarla troppo spesso". (F. Carnelutti, 1937). Valutazione immobiliare ed ordinarietà di Maurizio d’Amato Professore Associato presso la prima Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari dove insegna Estimo al corso di ingegneria civile, Maurizio d’Amato è stato direttore del Centro Studi dell'Associazione Italiana Consulenti Immobiliari (www.aiciitalia.it). Attualmente è direttore scientifico dell'Osservatorio sul Mercato Immobiliare del Politecnico di Bari, Fellow Member dei Royal Institution Chartered Surveyors da luglio 2004 e membro del comitato scientifico di e-valuations. 72 Nella valutazione immobiliare il concetto di ordinarietà ricopre un ruolo fondamentale, e in particolare nell’expertise dove sorregge il giudizio di stima espresso sinteticamente da un esperto. Il concetto di ordinarietà indirizza l’esperto nella formulazione di un valore che la maggior parte dei periti, idealmente chiamati alla stessa stima, formulerebbe per l’immobile da valutare. Tale valore corrisponde alla media delle stime dei periti. Di conseguenza il perito non formula una qualunque stima ma mira a ricercare la media delle stime seppure ipotetiche. L’ordinarietà suppone che le stime dei periti si distribuiscano secondo una curva gaussiana, nella quale la media dei valori stimati ha la maggiore frequenza o probabilità di verificarsi (vedi figura 1). In questa prospettiva il concetto di ordinarietà può rendere oggettiva la stima conferendole rigore analitico (M. Orefice). La prova dell’ipotesi della distribuzione normale delle stime è onerosa in pratica, perché richiederebbe la stima di un immobile in concreto condotta da più periti scelti casualmente, operanti nelle medesime condizioni e in modo indipendente l’uno dall’altro. Per raggiungere un risultato statisticamente significativo tale prova andrebbe svolta su un campione casuale di periti abbastanza numeroso e ripetuta verosimilmente per immobili di diversi segmenti di mercato. www.shutterstock.com/Michael Felix Photography APPROFONDIMENTI Frequenza 0 Media Stime Figura 1 - Distribuzione normale INDICE IMPORTO Numero 29 Media (euro) 90.661,72 Deviazione standard (euro) 15.074,27 Valore minimo (euro) 71.667,00 Valore massimo (euro) 125.000,00 Campo di variazione (euro) 53.333,00 Tabella 1 - Statistiche campionarie Prova simulata Nella metodologia estimativa il concetto di ordinarietà si è ampliato dai giudizi di stima ai comportamenti dei compratori e dei venditori, alla figura dell’imprenditore ordinario e dell’azienda ordinaria. Una prova sperimentale del concetto di ordinarietà è stata svolta in passato per verificare l’esistenza dell’azienda agraria ordinaria (G. Medici). Il risultato dell’indagine non confermò la distribuzione gaussiana dei risultati economici delle aziende, ma accertò che questa distribuzione statistica riguardava alcuni rapporti nei componenti della struttura e dell’ordinamento produttivo dell’aziende campionate, che identificavano l’azienda agraria tipica. Una prova simulata del concetto di ordinarietà in campo immobiliare urbano è stata svolta in occasione dei corsi di formazione nelle valutazioni immobiliari basati sugli standard di valutazione internazionale. I partecipanti avevano una provenienza mista divisa tra geometri, ingegneri e architetti ed erano accomunati da un’esperienza professionale pluriennale e dalla vicina provenienza geografica. All’inizio del corso è stato chiesto di svolgere una valutazione immobiliare riferibile a un immobile per il quale sono state fornite le planimetrie, la scheda del segmento di mercato con i relativi parametri e le altre informazioni, la descrizione delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’immobile e le foto. Il metodo di stima suggerito è stato il procedimento monoparametrico tradizionale, basato sulla superficie commerciale eventualmente con l’impiego di coefficienti, secondo le indicazioni della manualistica estimativa commerciale. Sono stati forniti i valori minimi e massimi e sono state riportate le quotazioni disponibili. La stima è stata svolta individualmente e in modo indipendente senza limitazioni di tempo e senza una preventiva informazione (hic et nunc). I valori di mercato della simulazione sono stati 29 (vedi tabella 1). A fronte di un identico set di informazioni, le valutazioni rese oscillano fra un valore minimo di 71.667,00 euro e un valore massimo di 125.000,00 euro con una divergenza percentuale pari a 74% e una media pari a 90.661,72 euro. I dati sono stati riuniti in classi di valori per rappresentare la loro distribuzione di frequenza (vedi tabella 2). CLASSE DI VALORI (EURO·1.000) FREQUENZA RELATIVA % 70-80 34,48 80-90 31,04 90-100 10,34 100-110 10,34 110-120 10,34 120-130 3,46 100,00 Tabella 2 - Distribuzione di frequenza per classi di valori La classe di maggiore frequenza è compresa tra 70 e 80.000 euro, che insieme alla classe successiva tra 80 e 90.000 euro presentano una frequenza complessiva pari a circa i due terzi delle stime (65,52 %), mentre il valore medio si colloca al margine della classe tra 90 e 100.000 euro. L’istogramma riguardante la distribuzione di frequenza per classi di valori evidenzia l’asimmetria delle stime (vedi figura 2) che mostrano un andamento lontano dalla distribuzione normale della trattatistica estimativa. L’indice di asimmetria della distribuzione campionaria è pari a 0,82 ed evidenzia un’asimmetria a destra (0 perfetta simmetria). Il coefficiente di curtosi è pari a -0,385 (distribuzione con appiattimento 73 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Frequenza rispetto alla normale). Il campione delle stime è un piccolo campione, tuttavia i valori dell’indice di asimmetria e del coefficiente di curtosi devono fare insorgere il dubbio che l’ipotesi di normalità non sia verificata. Se i risultati della prova simulata non possono considerarsi definitivi, tuttavia offrono un quadro del modo di intendere il processo estimativo da parte dei periti. È appena il caso di osservare che gli standard valutativi internazionali non contemplano il giudizio soggettivo e sintetico dell’expertise, che opera in assenza di riscontri di mercato, è ottenuto con un processo estimativo non ripetibile e non offre la possibilità della verifica. necessaria nella stima del valore di mercato con il procedimento della capitalizzazione del reddito. In questo procedimento il reddito da capitalizzare richiede la redazione di un bilancio estimativo nel quale il reddito netto incorpora il profitto normale ed esclude il sovraprofitto. L’anomalia estimativa consiste nel fatto che, mentre la rendita immobiliare può essere trasferita da un imprenditore all’altro o da un proprietario all’altro, il profitto attiene a una qualità personale non trasferibile. L’anomalia estimativa si risolve con la ricerca del saggio di capitalizzazione condotta sui redditi netti comprendenti il profitto normale al pari del reddito da capitalizzare, generando cioè una parità di condizioni. 40 % Figura 2 - Distribuzione di frequenza campionaria 30 % 20 % 10 % 0% 70-80 80-90 90-100 100-110 110-120 120-130 Stime (eurox1000) Teoria dell’ordinarietà Nella metodologia estimativa il concetto di ordinarietà ampliato considera i prezzi di mercato degli immobili, le destinazioni degli immobili e il bilancio estimativo. Alla radice del concetto dell’ordinarietà si poneva la discussione tra gli attualisti e i suscettivisti. I primi consideravano il valore della terra derivante esclusivamente dalla sua condizione attuale, i secondi credevano che il valore fosse legato invece alle sue potenzialità. La discussione si è risolta con l’asserzione per la quale l’attualità è un modo di essere delle potenzialità: “il complesso delle condizioni attuali che rendono possibile l’attuazione di un diverso fruimento”(N. Famularo). All’inizio del secolo scorso, il significato economico di ordinarietà poneva un’equivalenza tra l’impresa marginale e l’impresa ordinaria. Per la prima il sovraprofitto è nullo ed esiste un profitto normale, conseguito dall’impresa che si trova sul mercato da un tempo sufficiente per sfruttare in modo normale le economie interne di scala e quelle esterne di produzione, e che dal punto di vista soggettivo sia organizzata da un imprenditore di capacità organizzative, finanziarie e innovative normali. La definizione dell’impresa ordinaria era 74 Alla fine del secolo scorso, gli standard valutativi internazionali hanno posto la massima enfasi al metodo del confronto di mercato, basato sulla rilevazione dei prezzi recenti di immobili simili a quello da stimare. La comparazione estimativa si svolge in modo sistematico in base alle caratteristiche degli immobili rilevati. Dal prezzo di mercato di ciascun immobile comparabile si giunge al corrispondente prezzo corretto, che nel metodo estimativo raffigura il prezzo dell’immobile da valutare se si fosse trovato nelle condizioni dell’immobile di confronto. In pratica ogni prezzo corretto è una stima dell’immobile da valutare. In teoria i prezzi corretti dovrebbero coincidere, tuttavia questi prezzi si comportano come una variabile casuale, anche se generalmente manifestano una sostanziale convergenza. La sintesi estimativa del metodo del confronto di mercato si serve del valore atteso pari alla somma dei prezzi corretti ciascuno moltiplicato per la probabilità di verificarsi. Nell’ipotesi elementare di equiprobabilità, il valore atteso è pari alla media aritmetica semplice dei prezzi corretti in conformità al concetto di ordinarietà, e nel caso generale è pari alla media ponderata per le probabilità. www.shutterstock.com/Pakhnyushcha Destinazione ordinaria e Highest and Best Use All’interno del segmento di mercato, gli usi degli immobili possono essere diversi in considerazione del fatto che i beni immobili sono polifunzionali e sono posseduti e gestiti per almeno due motivazioni principali: quella dell’utilizzo diretto e quella dell’investimento. Se in un segmento di mercato tutti fruiscono direttamente dei beni immobili, la destinazione più diffusa è anche quella ordinaria e non vi è altra destinazione alternativa. In un segmento di mercato in cui alcuni utilizzano direttamente il bene immobile e altri cercano destinazioni alternative che contribuiscano a remunerare il capitale investito, esiste una difformità di motivazioni che presumibilmente porta a una diversità di possibili destinazioni. In altri contesti si può verificare che tutti cerchino una destinazione economicamente più remunerativa ma che l’accesso all’informazione è limitato e soltanto una parte di essi utilizza il capitale immobiliare investito in maniera più efficiente. Quindi possono (non debbono) verificarsi una pluralità di destinazioni che rispondono a differenti esigenze. L’esistenza di diverse destinazioni è inoltre legata alle condizioni esterne relative alla normativa edilizia e urbanistica, alla situazione economica e alla pratica edilizia che possono ostacolare un’efficiente allocazione delle risorse immobiliari. Per l’immobile oggetto della valutazione si presenta quindi una destinazione attuale e si possono prefigurare altre destinazioni potenziali. A ogni destinazione si possono assegnare: una frequenza legata al numero di volte in cui compare negli immobili del segmento di mercato, e un valore di trasformazione riguardante la differenza tra il valore di mercato nella destinazione potenziale e il costo necessario per raggiungerla. Tra le destinazioni alternative insieme con quella attuale, secondo la teoria dell’ordinarietà la destinazione ordinaria è la destinazione statisticamente più frequente; mentre la destinazione più redditizia è quella che presenta il maggiore valore di trasformazione (highest and best use) anche se non è la più frequente. La tradizionale teoria dell’ordinarietà ha radicato nei valutatori la convinzione per la quale nella stima del valore di mercato di un immobile si deve considerare la destinazione più frequente anche se meno redditizia di altre. La metodologia estimativa e gli standard internazionali indicano invece di considerare la destinazione più redditizia. Il risultato della stima coinciderebbe se la destinazione più frequente fosse anche la più conveniente, divergerebbe in tutti gli altri casi. Tutto ciò in apparenza. Tuttavia se ci si rifà al concetto primitivo dell’ordinarietà si osserva che l’esperto non mira a stimare un valore isolato ma la media dei valori espressi dagli altri esperti, ossia un valore ottenuto con il concorso delle altre stime anche se ipotetiche. Questa condizione diviene una condizione oggettiva nel caso delle destinazioni di uso dell’immobile da valutare. Tutte le destinazioni compresa quella attuale devono partecipare alla stima del valore di mercato, ciascuna in ragione della sua frequenza nel segmento di mercato. In definitiva il valore stimato rappresenta la media dei valori di trasformazione ponderata per le rispettive frequenze. Se il valore stimato è considerato come un risultato non prevedibile con certezza (casuale), la somma dei possibili valori ciascuno moltiplicato per la probabilità di verificarsi rappresenta il valore atteso. Si tratta di sostituire al concetto di frequenza quello di probabilità. In conclusione, il concetto di ordinarietà è il principale supporto dell’expertise immobiliare, nel quale il perito non formula una qualunque stima ma, ispirandosi alla distribuzione normale della popolazione (in senso statistico) delle possibili stime, cerca la loro media. Nell’expertise infatti il perito non rileva né un campione di stime né un campione di prezzi, compiendo un salto logico direttamente verso la distribuzione ipotetica. Se si esce dal campo dell’expertise e ci si riferisce alla valutazione immobiliare svolta con la rilevazione dei dati di mercato, con un processo estimativo riproducibile e con la verifica dei risultati secondo i canoni degli standard valutativi internazionali, il giudizio di stima si fonda sulla rilevazione campionaria di prezzi, di fitti, di costi e di destinazioni. Il valore stimato è allora restituito alla sua natura di risultato non prevedibile con certezza, ossia di variabile casuale il cui valore atteso è pari alla somma dei possibili valori ciascuno moltiplicato per la probabilità di verificarsi. In queste circostanze non è necessario che la distribuzione normale della popolazione sia dimostrata, quanto che sia possibile calcolare il valore atteso nel campione dei dati di mercato rilevati. 75 Impianti termotecnici: struttura fondamentale tipologie e criteri di scelta di Mauro Cappello Prosegue con questo secondo articolo la pubblicazione del corso curato dall’Ingegnere Mauro Cappello sul tema degli Impianti termici nell’edilizia. Il corso ha l’obiettivo di fornire gli elementi utili ai tecnici che lavorano nel settore dell’edilizia (in particolar modo nella Direzione Lavori) e si articola in sei lezioni. Mauro Cappello, attualmente ispettore presso l’Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero dello Sviluppo Economico è stato consulente del Ministro dei Lavori Pubblici e del Vice Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e ha organizzato la 1ª Conferenza Nazionale sui Lavori Pubblici. È autore di diverse pubblicazioni specialistiche. 76 Classificazione degli impianti termici Determinare le caratteristiche di un impianto che deve essere installato in un edificio per realizzare condizioni ottimali di comfort o di benessere è un problema di notevole complessità. Le operazioni necessarie per modificare le condizioni termo-igrometriche ambientali sono le seguenti: • riscaldamento • raffrescamento • ventilazione • modifiche al grado di umidità dell’aria Come esaminato nei precedenti articoli relativamente allo studio delle trasmittanze termiche delle superfici opache e trasparenti, la scelta delle soluzioni tecniche da adottare dipende fortemente anche dalla struttura “edilizia” dell’edificio. È chiaro che un edificio caratterizzato da un buon livello di isolamento termico necessita di un impianto meno complesso di un altro edificio, che per scarse caratteristiche di isolamento termico, è invece soggetto a facili variazioni di temperatura. www.shutterstock.com/Mariusz S. Jurgielewicz FORMAZIONE photo©shutterstock.com/V. J. Matthew In generale gli impianti termici possono essere classificati in differenti modi in base: • alle utenze servite • centralizzati, a servizio di più unità abitative • autonomi, serventi singole unità abitative • localizzati, a servizio di un unico ambiente • al fluido termovettore • a vapore, bassa/alta pressione • ad acqua, circolazione naturale/forzata • ad aria o ad altri fluidi diatermici, tipologie rare • al principio di trasmissione del calore • a conduzione, impianti a radiatori • a convezione, impianti a radiatori o convettori ventilati • a radianza od irraggiamento, impianti a tubi radianti Si definiscono impianti termici centralizzati i sistemi che garantiscono il riscaldamento di più unità abitative. In questa tipologia di sistemi l’energia termica viene fornita da un generatore di calore, opportunamente dimensionato, che viene installato in uno specifico ambiente denominato “centrale termica” od anche “locale caldaia”. Dalla centrale termica parte una rete di tubazioni che conducono l’acqua, riscaldata dal generatore, fino agli elementi utilizzatori, denominati “corpi radianti” o anche “radiatori” che sono posizionati nei singoli ambienti. Il riscaldamento degli ambienti avviene per irraggiamento dai radiatori. La circolazione dell’acqua in questa tipologia di impianto, caratterizzata da importanti lunghezze delle tubazioni, viene garantita da una coppia di pompe idrauliche, che per la funzione che assolvono sono denominate “circolatori”. Impianti termici autonomi Questa tipologia di sistemi è caratterizzata da generatori di calore aventi potenze limitate in quanto debbono garantire il riscaldamento di una singola unità abitativa e sono gestiti direttamente dall’utente. I generatori di calore sono normalmente a gas e di limitata portata termica, per essi la normativa di riferimento è la norma UNI CIG 7129/1992 rubricata come “Impianti a gas per uso domestico alimentati da rete di distribuzione” che ne regola l’impiego fino ad una portata termica di 35 kW. La classificazione dei generatori viene effettuata sulla base dello smaltimento dei fumi: • tipo A: non richiedono smaltimento dei fumi verso l’ambiente esterno (esempio: stufe a gas con potenzialità inferiore a 3,5 kW) • tipo B: prelevano l’aria della combustione dall’ambiente e scaricano i fumi della combustione attraverso un condotto di evacuazione (camino) • tipo C: sistemi in cui il circuito di combustione è stagno rispetto all’ambiente del locale riscaldato Caldaia La caldaia è il vero cuore dell’impianto in quanto in essa si verifica il trasferimento di calore dalla combustione al fluido termovettore, le più comuni tipologie di caldaia sono realizzate in ghisa od acciaio. Le caldaie moderne sono del tipo “pressurizzato” ovvero in esse la combustione avviene ad una pressione molto superiore a quella atmosferica, realizzata utilizzando bruciatori particolari. La sovrapressione (rispetto a quella atmosferica) determina 77 | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 un innalzamento del valore del rendimento di combustione e consente di diminuire la dimensione del camino, infine cosa anch’essa importante, la velocità dei fumi riduce la quantità di polveri che normalmente si depositano nei camini stessi. Il parametro in base al quale si misura la qualità di una caldaia è il rendimento di produzione, quando esso e uguale o maggiore del 90% di quello teorico, la caldaia si definisce ad “alto rendimento”. Una caldaia ad alto rendimento che trova grande diffusione, specialmente nelle nuove costruzioni, è quella cosiddetta “a condensazione”, così denominata in quanto consente il recupero del calore di condensa dei fumi, aumentando in tal modo il rendimento. Punto debole di questo apparato è quello di richiedere manutenzione costante ed essere soggetto ad usura veloce. Bruciatore Il bruciatore è l’elemento che realizza la combustione, infatti ad esso afferiscono sia il combustibile sia l’aria che vengono miscelati in modo opportuno e successivamente sottoposti a combustione in un ambiente denominato appunto camera di combustione. I bruciatori generalmente sono classificati nel seguente modo: • bruciatori di combustibile liquido (polverizzazione meccanica) • bruciatori di gas (ad aria soffiata) • bruciatori misti Il bruciatore è equipaggiato con una fotocellula a sua volta collegata con una elettrovalvola, che in caso di assenza 78 di fiamma per spegnimento accidentale (rilevato dalla fotocellula) determina la chiusura del circuito di afflusso del combustibile. Bruciatori di combustibile liquido Gli elementi fondamentali di un bruciatore di combustibile liquido sono: • motore a servizio del ventilatore e della pompa di aspirazione • filtro per trattenere le impurità • valvola di intercettazione automatica • pompa avente la funzione di veicolare il fluido vettore verso i dispositivi deputati alla polverizzazione • ventilatore • preriscaldatore • ugello, che realizza la polverizzazione del combustibile • elettrodi, la cui funzione è quella di provocare la scintilla alla base del processo di combustione Bruciatori di gas I bruciatori a gas sono essenzialmente di due tipologie ovvero “atmosferici” e ad “aria soffiata”. I bruciatori atmosferici sono caratterizzati dal fatto che la quantità di aria necessaria per la combustione è correlata all’effetto “Venturi” al tiraggio del camino, sono generalmente installati su apparecchi di piccola taglia. La caratteristica peculiare dei bruciatori ad aria soffiata è quella di essere equipaggiati con un ventilatore che garantisce importanti portate d’aria, tale circostanza li rende maggiormente adatti a servire caldaie di grande potenza. www.shutterstock.com/gh19 ANNO II Tubazioni: tipologia • Tubazioni in acciaio: sono di tipo senza saldatura e con saldatura, sono individuate con il diametro commerciale in pollici la cui misura varia da 1/8” fino a 6” • Tubazioni in rame: sono costituite da rame ricotto e vengono vendute in matasse della lunghezza di 50 metri, possono essere nude o rivestite e raggiungono la misura del diametro esterno pari a 22 millimetri. Il collegamento di tratti diversi di tubazione avviene realizzando un particolare tipo di giunto, nel quale si allarga una delle due estremità creando una configurazione del tipo “femmina”, si inserisce l’estremo più piccolo a configurazione “maschio” in quest’ultimo, quindi si produce l’infiltrazione di una lega tra le due superfici sovrapposte • Tubazioni in materiale plastico (PEX): sono realizzati in polietilene reticolato Le perdite di carico La determinazione delle perdite di carico è un passaggio fondamentale per la determinazione della prevalenza della pompa da installare. Le perdite di carico possono essere continue o localizzate: • quelle continue, vengono così definite in quanto si manifestano lungo le tubazioni • quelle localizzate invece sono denominate tali in quanto si manifestano, in corrispondenza di punti singolari dove trovano collocazione pezzi speciali che fanno variare la direzione o la sezione di passaggio del fluido (ad es. riduzioni, derivazioni, raccordi, confluenze, valvole, filtri, ecc.…) La formula generale da applicare per stimare tale parametro è: Fondamentale per garantire il corretto funzionamento di questi impianti è la differenza di temperatura tra l’acqua mandata e l’acqua di ritorno. La tipologia degli impianti a circolazione forzata è oggi quella più diffusa ed è caratterizzata dalla presenza di pompe idrauliche, dette comunemente circolatori, che garantiscono il moto del fluido nelle tubazioni. La presenza dei circolatori determina una serie di innegabili vantaggi, quali: • impiego di tubazioni di minor diametro, con conseguenti vantaggi in termini di trasporto, installazione e naturalmente di costo • maggiore versatilità rispetto alla circolazione naturale, ovvero possibilità di superare maggiori distanze, consentendo così di scaldare anche ambienti molto distanti dalla caldaia • facoltà di riscaldare anche ambienti che siano posti a livelli di quota più bassi rispetto al locale della caldaia • possibilità di impiego di corpi scaldanti di taglia minore Collettori di distribuzione I collettori di distribuzione sono arrivati sul mercato termotecnico relativamente di recente ed hanno immediatamente riscosso un grande successo per la versatilità che garantiscono e per la semplicità di installazione. Prima di passare in rassegna pregi e difetti di questa tecnologia è utile dare una descrizione dell’elemento collettore. Come si vede dalla figura 1 esso si presenta come l’unione di due tubi, uno relativo al flusso di uscita, ovvero la “mandata”, l’altro relativo a quello di ritorno cioè la “ripresa”. 1 v2 r = Fa ․ — ․ l ․ — D 2 Dove: r = perdita di carico unitaria, Pa/m Fa = fattore di attrito, adimensionale D = diametro interno del condotto, m l = massa volumica del fluido, kg/m3 i = velocità media del fluido, m/s Impianti a circolazione naturale e circolazione forzata Gli impianti a circolazione naturale sono caratterizzati dal fatto che il moto del fluido nelle tubazioni è garantito dal moto convettivo che subisce il fluido come conseguenza del riscaldamento. In questi impianti sono presenti due tubazioni, in una il fluido viaggia dalla caldaia alla periferia, ovvero verso i corpi scaldanti, nell’altra il fluido segue il cammino opposto. Figura 1 Va notato che i due flussi sono sempre separati, anche se i due elementi costituenti il collettore sono collegati a mezzo di giunzioni nella parte centrale. Relativamente alla installazione dei collettori va detto che essi vengono comunemente alloggiati dentro speciali cassette e debbono essere posizionati in una zona dell’edificio che sia baricentrica rispetto alle collocazioni dei corpi scaldanti che alimenta. | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 Posizionando in modo corretto il collettore sarà possibile ridurre la lunghezza dei circuiti di alimentazione, determinando di fatto una lunghezza uniforme per ogni singolo circuito terminale, riducendo altresì il valore delle perdite di carico. Per similitudine segnaliamo che la stessa accortezza viene spesso adottata nella progettazione degli impianti elettrici relativamente al posizionamento del quadro elettrico, così da limitare le cadute di tensione. Normalmente i collettori sono montati in posizione verticale. La distribuzione in un impianto a collettori è di tipo orizzontale e si realizza sostanzialmente con la creazione di una rete avente la caratteristica forma “a ragno” che si dirama da un unico collettore, il quale alimenta singolarmente con due tubi ogni singolo corpo scaldante. Il successo di questa tecnologia è legato ad una serie di vantaggi: • agevole formazione di “zone” • spiccata flessibilità nel posizionamento dei corpi scaldanti • temperatura media di tutti i corpi scaldanti praticamente uniforme • omogeneità dei tempi di messa a regime • possibilità di impiego di tubazioni di diametro minore • ridotte perdite di carico nel sistema • costo dei componenti contenuto • migliore utilizzazione delle superfici radianti 80 Le tubazioni, per questa particolare tipologia di impianto, sono posate sotto pavimento ed è norma di buona tecnica stendere preventivamente uno strato di materiale riflettente per mantenere il calore disperso dalla tubazione stessa. Per maggiori informazioni: www.filotecna.it Per segnalazioni: [email protected] LE PROSSIME LEZIONI DEL CORSO La Caldaia a condensazione Il sistema edificio - impianto I rendimenti di impianto Dimensionamento di un impianto www.shutterstock.com/Boguslaw Mazur ANNO II BENI CULTURALI Carta dei Beni Culturali on-line Il “modello” di Stereofot.it di Pietro Grimaldi Formatosi in Ingegneria civile edile all’università di Bari, Pietro Grimaldi si interessa dal 1982 di “fotogrammetria architettonica”e nel corso della sua attività professionale ha rivolto grande interesse alla documentazione architettonica con l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e allo studio oltre che della finalizzazione del rilievo, del corretto uso della tecnologia laser scanner 3D. Il sito http://stereofot.it è il risultato finale del progetto di ricerca "Fotogrammetria e tutela del territorio" allegato alla convenzione firmata il 19 gennaio 1985 tra la Regione Puglia e l'Università degli Studi di Bari, per avviare il censimento e la catalogazione dei beni culturali della Puglia. Primo passo per la costituzione di un centro di documentazione regionale presso il complesso monumentale di S. Scolastica, sede del laboratorio di Fotogrammetria Architettonica del Politecnico di Bari, dal 1982 sotto la direzione del Professor Antonio Daddabbo. Allegato alla convenzione era il progetto finalizzato "fotogrammetria e tutela del territorio", che prevedeva il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola elementare. La ricerca sulla costituzione di un Centro di Documentazione dei Beni Culturali, in realtà ha avuto inizio con l'attivazione, nel 1976, del Corso di "tecniche fotogrammetriche applicate all'urbanistica e all'architettura" presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Bari in coerenza con quanto stabilito dalla "Carta" del C.I.P.A. (Comité Inernational de Photogrammétrie Architecturale) del 1970. I primi risultati furono presentati nel 1978, in un convegno nazionale, dove, oltre a proporre l'impiego delle nuove tecnologie, fu sottolineata l'importanza di coinvolgere le scuole di ogni ordine e grado nel censimento dei "Beni Culturali". Nel 1980, a seguito di un corso di fotogrammetria per i Vigili Urbani, venne istituita, presso il Comune di Bari, l'Unità Fotogrammetrica dei Vigili Urbani, alla quale si devono i rilievi di numerosi monumenti della Basilicata danneggiati dal terremoto del 1980, oggi consultabili su Internet (http://sudvirtuale.stereofot.it/terremoto.html). La prima banca-dati, su supporto cartaceo, fu presentata nel 1981 in una mostra-convegno nazionale (dall'11 maggio al 13 giugno) integrata da un laboratorio di fotogrammetria architettonica, gestita da un gruppo di giovani della Regione Puglia, formatisi nell'ambito del progetto regionale per il censimento e catalogazione dei trulli della Valle d'Itria. 81 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 I primi risultati della nuova sperimentazione furono presentati nel corso di un convegno organizzato in collaborazione con la Regione Puglia nell’aprile del 1986 (http://www.rilievo.stereofot.it/filmati/filmati86/fotarch. html). Nel 1993, la presentazione in un convegno internazionale del programma StereoFot (http://sudvirtuale.stereofot.it/ terremoto.html) sancì il passaggio dal supporto cartaceo a quello digitale. Con l'arrivo di Internet, nel 1996, fu avviato il catalogo on-line, oggi perfezionato grazie a Google Maps e Virtual Earth. La “Carta dei Beni Culturali” è la raccolta delle informazioni esistenti sui Beni Culturali, intesi come opere dell’uomo, capaci di trasmettere il “sapere”. Prima dell’avvento di Internet, la pubblicazione di qualsiasi informazione, prima su supporto cartaceo e poi su supporto digitale, non era alla portata di tutti, a causa dei costi elevati, richiesti sia per la “raccolta” delle informazioni stesse (si pensi al semplice rilievo di un monumento) sia per la “pubblicazione” (si pensi alla gestione di un archivio di rilievi). La stessa scheda del Bene Culturale doveva fare i conti con il proprio ingombro: una scheda completa di tutti i particolari rilevabili non era facilmente consultabile, oltre che archiviabile. Di qui la necessità di riservare alle Istituzioni la Catalogazione. Con l’avvento della “fotogrammetria” (che con un semplice scatto fotografico consentiva di archiviare la forma, le dimensioni e la posizione di un qualsiasi oggetto) si cominciò a parlare di un archivio internazionale (anzi di un doppio archivio, in previsione di conflitti bellici) di rilievi fotogrammetrici e nel 1970, a Parigi, fu costituito il CIPA (Comité International de Photogrammétrie Architecturale). A parte alcune “raccolte” nazionali di rilievi, l’Archivio Internazionale è ancora in fase di attuazione così come il “censimento dei Beni culturali”. Nella regione Puglia i tentativi non sono mancati, basti ricordare il progetto per il “censimento e la catalogazione dei trulli della Valle d’Itria”, quello dei “giacimenti culturali”, oltre al “laboratorio di quartiere” di Renzo Piano ad Otranto. Nel 1985, tra la Regione Puglia e l’Università degli studi di Bari, fu firmata una convenzione per l’uso comune di 82 apparecchiature fotogrammetriche-elettroniche, avente come obiettivo l’avvio del censimento e della catalogazione dei Beni Culturali della Puglia. La sede del “futuro” Centro di Documentazione fu individuata nel Complesso monumentale di Santa Scolastica, in cui all'epoca era stato dislocato il laboratorio di Fotogrammetria Architettonica del Politecnico di Bari. Quasi certamente, così come oggi, la conoscenza non è di tutti ed all’epoca il termine “apparecchiature fotogrammetriche-elettroniche” destò il sospetto che il problema “Beni Culturali” (più che paragonabile alla famosa “tela di Penelope”) volgesse a soluzione, mettendo in crisi molte strutture destinate a svolgere lo stesso compito. Così il nascente Centro di Documentazione dei Beni Culturali venne smantellato ed il laboratorio di Fotogrammetria Architettonica fu trasferito nel Campus universitario, senza il restitutore fotogrammetrico Wild A40 che rimase inutilizzato. Nel rispetto degli antichi detti “di necessità virtù” e “ogni volta che si chiude una porta, si apre un portone”, il laboratorio di fotogrammetria architettonica (privo di apparecchiature e di finanziamenti, ma determinato a concludere il progetto finalizzato “Fotogrammetria e tutela del territorio”) trovò la soluzione nell’utilizzo di Internet. Le reazioni non mancarono, ma ormai, anche dai convegni svolti, era emersa una verità: “La tutela di Beni Culturali, quale diritto allo studio, appartiene a tutti. Lo Stato deve offrire semplicemente gli strumenti e i metodi, poi sarà il tempo a giudicare il grado di civiltà” (Mons.Pietro Amato, Prefazione “I Beni Culturali Ecclesiastici”, a cura di Pietro Grimaldi, Levante Editore – Bari 1994). Con la messa in rete dei lavori svolti dagli studenti del corso di “Rilevamento fotogrammetrico dell’architettura”, fu avviato di fatto il catalogo on-line dei beni culturali della Puglia. Fu messo in rete anche il programma Stereofot (http://rappresentazione.stereofot.it:591/StereoFot/ FMPro?-db=StereoFot.fp5&-lay=Scheda&-format=cerca. htm&-view ), per il rilievo delle misure dalle immagini grafiche, fotografiche e, oggi, con le pagine personalizzate di “Google Maps” e “Maps Live” si può parlare di “Carta dei Beni Culturali”, anche se bisogna ancora precisare “on line”, perché a moltissimi sfugge il concetto di “georeferenziazione”. Come funziona la “Carta dei Beni Culturali”? Prendiamo in considerazione la Carta dei Beni Culturali di Serracapriola (http://serracapriola.net ). Se facciamo click su monumenti, comparirà una serie di “segnalino” e, passando il mouse su ognuno di essi, vedremo comparire un fumetto contenente la foto del monumento ed un link, che apre una finestra, in cui possiamo richiamare non solo il “rilievo architettonico del monumento”, ma anche la “storia” dello stesso. Quando parliamo di “storia” non dobbiamo limitarci alla “grande storia”, ma ci possiamo riferire anche ai piccoli episodi, reali o immaginari, di ogni giorno. La grande differenza tra la documentazione su supporto cartaceo e quella sul web, sta proprio nella capacità di quest’ultima di essere aggiornata in tempo reale e di non aver limiti di capienza. Ammesso e non concesso che il gestore del sito di Serracapriola scarti le nostre informazioni possiamo sempre inserirle su di un nostro sito (se disponiamo di posta elettronica, potremmo disporre anche di uno spazio web) e fare un link alla pagina web contenente le informazioni, a nostro giudizio, inesatte o incomplete. Per il resto vale la “legge del Web”: la graduatoria dei siti, che trattano uno stesso argomento, è funzione delle richieste di visita e, più che in ogni altra occasione, il tempo si dimostra “galantuomo”. Ma diamo spazio, in questa sede, all’ipotesi che il “webmaster” non eserciti il proprio “potere” e pubblichi qualsiasi informazione. Supponiamo di aver scoperto una cappella votiva in campagna. Non dobbiamo fare altro che click su “segnalino“ dal menu “strumenti – segnala sito” e spostare nel punto individuato il segnalino che compare con il fumetto. Ad operazione ultimata facciamo click su “OK”, compiliamo la scheda che ci viene mostrata e, nel giro di qualche minuto abbiamo aggiunto altra informazione alla documentazione del territorio in questione. La richiesta del nominativo e dell’indirizzo di posta elettronica, serve a renderci reperibili per fornire risposte ad ulteriori informazioni in caso si arrivi a formare gruppi di discussione e di ricerca. Per meglio comprendere il funzionamento di questo nuovo tipo di “Carta dei Beni Culturali”, dobbiamo far “tabula 83 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 rasa “ di una serie di tabù, che hanno condizionato la documentazione dei Beni Culturali per moltissimi anni. Dobbiamo pensare che “Bene Culturale” può essere anche l’infisso esterno o il portone della nostra abitazione. Rimanendo sempre nel Comune di Serracapriola, possiamo pensare alla classica “persiana in legno”. Per “fare cultura” non basta dire che essa va conservata perché “antico è bello”, ma bisogna capire perché ci piace, perché la sua funzione in estate è preferibile a quella svolta dalle persiane in alluminio. Se dovessimo accertare che la persiana in legno, esposta al sole, si arroventa più di quella in alluminio, non possiamo preferirla a quest’ultima. Viceversa non possiamo limitarci al vantaggio offerto dal legno rispetto al metallo, ma dobbiamo continuare nell’analisi. Un bene diventa culturale quando, “letto e riscritto”, presenta 84 dei vantaggi rispetto ad altri beni della stessa categoria. Se ci premuriamo di inserire i risultati delle analisi, da noi fatte, nella scheda di documentazione avremo fornito una autentica “scheda documentaria”. Non dobbiamo preoccuparci di eventuali imprecisioni nel linguaggio o nella rappresentazione, pensiamo semplicemente che le nostre analisi possano dare ad altri lo spunto per ulteriori indagini. Non dobbiamo dimenticare che l’uomo è passato, dalle palafitte agli edifici monumentali, attraverso piccoli, ma continui, miglioramenti. Con l’introduzione della progettazione e rappresentazione nello spazio bidimensionale, l’uomo moderno ha smesso di “copiare” l’architettura dei propri Avi, realizzando, sul foglio di “carta bianca” degli “edifici jolly”, non partendo dallo studio dell’habitat esistente, dalle considerazioni del contesto ma quasi forzando il tutto ad accettarli. Con la Carta dei Beni Culturali on-line abbiamo la possibilità di recuperare l’antica capacità di “osservare, analizzare e realizzare” (forse migliorando). Trattasi, in sostanza, dell’antico metodo del “copiato”, che così facendo ha consentito a tante generazioni di imparare a "Leggere e scrivere”. Il laboratorio di Fotogrammetria Architettonica del Politecnico di Bari dal 2008 è diretto dal professore Claudio D’Amato Guerrieri. Dopo l’affermazione del “prototipo Serracapriola” divenuto modello, continua, anche con la collaborazione dell’autore del presente articolo, un’attività di studio e ricerca partecipando a convegni ed eventi. NEWS FOTOVOLTAICO Buone notizie per il settore fotovoltaico nel nostro Paese che ha raggiunto un significativo traguardo superando la soglia di un GigaWatt di potenza installata. Secondo i dati diffusi di recente dal Ministero per lo Sviluppo Economico, i circa 70 mila impianti certificati in esercizio, con una produzione di energia pari a 1.300 GWh su base annua, possono, infatti, fornire energia elettrica a quasi 500 mila famiglie (vale a dire un milione 200 mila persone, corrispondenti circa alla popolazione dell’intero FriuliVenezia Giulia), con un consumo annuo di 2.700 kWh. A questo risultato, sostiene il Ministero, si è arrivati grazie al primo (2005) e al secondo (2007) “conto energia”, il sistema di incentivi per la diffusione degli impianti fotovoltaici, che, insieme, hanno promosso impianti per un potenza complessiva istallata appunto di un GigaWatt Grazie a questi dati, sempre secondo il Ministero, considerando la potenza installata in un anno, pari a 574 MW nel 2009, l’Italia raggiunge ora il secondo posto nella classifica dei Paesi europei, preceduta solo dalla Germania. del Mar Morto, che si prevede in accentuazione entro il 2040, e generare un maggior apporto di acqua dolce – ottenuta tramite un impianto di desalinizzazione – a beneficio delle popolazioni giordane, israeliane e palestinesi. Il programma, tra la fase di studio e quella attuativa, prevede lo stanziamento di circa 20 miliardi di dollari da parte della Banca Mondiale. In particolare, Thetis – come si legge nel comunicato stampa diffuso dall’azienda – è incaricata di realizzare uno dei cinque studi necessari alla valutazione di fattibilità del progetto, ovvero l’esame del potenziale impatto ambientale dell’infrastruttura transnazionale sul Golfo di Aqaba/Eilat. GRANDI OPERE Ingegneria ambientale italiana per il tunnel tra Mar Rosso - Mar Morto Expertise italiana al servizio di un progetto epocale in Medio Oriente: Thetis, società di ingegneria italiana con sede nell’Arsenale storico di Venezia, realizzerà un importante studio per il programma della Banca Mondiale finalizzato al ripristino ambientale del bacino del Mar Morto, compromesso dalla carenza d’acqua. L’ambizioso progetto della Banca Mondiale, che porterà acqua dal Golfo di Aqaba/Eilat (Mar Rosso) al Mar Morto attraverso un tunnel sotterraneo che si snoderà per 180 chilometri nel deserto, si caratterizza per un’alta valenza ingegneristica ed ambientale. L’obiettivo del programma degli interventi è colmare il deficit idrico 86 photo©shutterstock.com/Dwight Smith Raggiunto in Italia il traguardo di 1GW di potenza installata ISOLANTI Thermohanf-Plus Il primo coibente in fibre di canapa naturale al 100% Realizzato dall’azienda bavarese Hock, Thermohanf-Plus è il primo coibente in fibre di canapa naturale al 100%. Nella sua realizzazione ed in particolare per dare flessibilità al prodotto – come si legge in una nota diffusa dell’azienda – anziché utilizzare additivi chimici, si è, infatti, puntato sulla fibra di sostegno di mais. Con un valore Lambda (lD) di 0,038 Thermohanf-Plus (distribuito in italia da Naturalia-BAU) garantisce un ottimo isolamento termo-acustico, creando un gradevole clima abitativo. Il coibente, inoltre, possiede una buona capacità di igroregolazione e contribuisce notevolmente a prevenire la muffa, perfino in situazioni di forte umidità. Nella coltivazione della canapa è possibile rinunciare all’utilizzo di qualsiasi fitofarmaco perché già dopo pochi giorni dalla semina, le piante fanno ombra sul terreno, togliendo luce a qualsiasi pianta infestante. Dopo il raccolto, la canapa lascia un terreno friabile e senza erbacce. Inoltre, dato che in un metro cubo di pannello coibente in fibra di canapa si osserva l’accumulo di 60 kg di anidride carbonica, tolti i 46 kg di anidride carbonica rilasciati nell’atmosfera con la produzione di Thermohanf-Plus, il bilancio CO2 risulta in positivo, togliendo all’atmosfera 13 kg di CO2 per ogni metro cubo di pannelli montati. copyright: Mefusbren69 ARTE Da Corot a Monet Gli Impressionisti in mostra nel complesso del Vittoriano Fino al 29 giugno prossimo, a Roma, presso il Complesso del Vittoriano (Via San Pietro in Carcere), si potrà visitare la mostra “Da Corot a Monet - La sinfonia della natura”. In esposizione più di 170 opere che ripercorrono l’intero percorso evolutivo degli Impressionisti nel rappresentare la natura ed il paesaggio, partendo dalle prime innovazioni dei pittori della Scuola di Barbizon, per arrivare al trionfo cromatico delle Ninfee di Monet. La mostra, organizzata grazie alla collaborazione con prestigiose collezioni private e i maggiori musei di tutto il mondo (tra cui l’Art Institute di Chicago, il Metropolitan Museum di New York, la National Gallery di Washington, la Bibliotheque Nationale de France di Parigi e il Museo Ermitage di San Pietroburgo), mette in relazione (attraverso dipinti, opere su carta e fotografie, diverse delle quali mai esposte in Italia) le innovazioni stilistiche degli Impressionisti con una comprensione più ampia della natura, della cultura e della modernizzazione del loro tempo. Questi gli orari d’apertura: dal lunedì al giovedì: ore 9.3019.30; venerdì e sabato: ore 9.30-20.30; domenica: 9.3020.30. 87 MEDIATECA “La mia CasaClima Progettare, costruire e vivere il sogno della sostenibilità” Il volume, a cura del Direttore dell'Agenzia CasaClima, Norbert Lantschner, affronta con linguaggio semplice e immediato le principali tematiche relative alla progettazione, costruzione e gestione di un’abitazione ecocompatibile e sostenibile. La pubblicazione, edita da Raetia, si propone come strumento formativo e di consulenza indirizzato in primo luogo ai committenti affinché possano operare delle scelte consapevoli in ogni fase del processo edilizio. Ma non solo, le informazioni, i suggerimenti e le soluzioni tecniche a regola d'arte proposte nel libro si offrono come utile riferimento anche per progettisti, imprese, artigiani e tutti coloro che sono impegnati a vario titolo nella realizzazione di edifici energeticamente efficienti di qualità. Norbert Lantschner è l’ideatore del metodo di certificazione “CasaClima”, direttore dell’Agenzia omonima e coordinatore dell’Alleanza per il Clima. In passato ha ricoperto per molti anni il ruolo di Direttore dell’ufficio Aria e Rumore della Provincia Autonoma di Bolzano. CasaClima è sinonimo di comfort, efficienza, sostenibilità ed è un riferimento per tutti coloro che scelgono la qualità dell’abitare. Classici da leggere: “L’impronta ecologica” Una nuova edizione aggiornata Il libro propone una serie di strumenti con cui calcolare quanta terra e quanta acqua sono necessarie per soddisfare i bisogni di una comunità e per smaltire i rifiuti che produce. Viene quindi ribaltato l’approccio consueto che misura il carico umano che può essere sopportato da un determinato habitat. I due autori, Mathis Wackernagel e William E. Rees, illustrano con un linguaggio accessibile e divertente anche le soluzioni concrete con cui conciliare i nostri livelli di consumo delle risorse naturali con la tutela dell’ecosistema terrestre, per far comprendere con immediatezza quali sono gli impatti reali dei diversi stili di vita. A dodici anni dalla prima uscita in lingua inglese, Edizioni Ambiente ha recentemente pubblicato la nuova edizione aggiornata. Il testo è stato attualizzato dagli interventi di Gianfranco Bologna, che ne è il curatore sin dalla prima edizione italiana, di Gabriele Bollini e dello stesso Mathis Wackernagel. E’ inoltre arricchito dai nuovi dati sull’impronta ecologica delle nazioni tratti dal rapporto Living Planet 2008. Mathis Wackernagel è Executive Director del Global Footprint Network e coordinatore del Centro de Estudios para la Sustentabilidad dell’Università Anahuac de Xalapa in Messico. William E. Rees è docente di Pianificazione delle Regioni e delle Comunità all’Università della British Columbia (CA). Collabora al Global Integrity Project della University of British Columbia, a Vancouver (Canada). 89 ANNO II | n. 8 | MARZO - APRILE 2010 “Una prova di democrazia in tempo di crisi” A cura della casa editrice Marcianum Press, è stato di recente dato alle stampe il volume "Una prova di Democrazia in tempo di crisi". L’uscita dal “male oscuro” della crisi economica - come si legge nella prefazione del Cardinale Angelo Scola - domanda intraprendenza e nuova capacità progettuale. Sono queste le vie percorse nella ricerca che ha dato vita al volume “Una prova di democrazia in tempo di crisi”, curato dalla Fondazione Leone Moressa e dal Delegato del Patriarcato di Venezia all'azione sociale e cittadinanza, Mons. Fabiano Longoni. Nel volume viene presentata una significativa ricerca sui “processi di democrazia deliberativa”, con particolare riferimento alla realtà di Venezia. Questa pubblicazione presenta un duplice significativo carattere. Sono state coinvolte nello studio numerosissime associazioni di varia natura che operano nella realtà civile veneziana. In tal modo il volume già attua quel diverso modo di fare politica e politiche che propugna poi nel tentativo di illustrare la natura dei processi deliberativi. Il secondo elemento di peculiarità è dato dal fatto che lo studio presentato si innesta su una tradizione di lavoro comune ormai consolidata che esprime una fitta trama di relazioni tra persone e corpi intermedi che non poco peso ha nella costruzione della vita buona della nostra società civile. In particolare debbo sottolineare la franca e rispettosa cooperazione di uffici e realtà del Patriarcato con numerose realtà civili. Nel rispetto delle diverse finalità questa collaborazione su temi decisivi per la vita sociale è un prezioso segno dei tempi che mi auguro possa essere imitato anche in altri ambiti. Innovazione, cultura ed educazione sono per me le tre parole chiave per affrontare il delicato momento presente. Esse domandano una capacità di coinvolgimento e di decisione purtroppo ancora piuttosto rare anche nella nostra Venezia e nel nostro Veneto. Da dove trarre maggior 90 energia per un appassionato lavoro comune? Benedetto XVI ha suggerito con forza una pista nell’Angelus di Domenica 3 gennaio 2010: “La nostra speranza non fa conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle previsioni economiche, pur importanti. La nostra speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre speranze umane”. “L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche” A cura di Luca Siragusa, il volume si propone di approfondire le modalità di modellazione della forma di un edificio connesse all’utilizzo delle risorse energetiche del sole e dell’aria, quando l’impiego di queste fonti, attraverso particolari dispositivi tecnologici di sfruttamento o di protezione, integrati nell’involucro architettonico, mira a ottenere buone condizioni di vivibilità degli ambienti interni ed elevate efficienze energetiche. Per utilizzare in architettura queste risorse è necessario conoscerle e imparare a sfruttarle attraverso l’elaborazione di un concept energetico, definito come il modello di funzionamento energetico dell’edificio, entro cui dispositivi di captazione, distribuzione e protezione delle risorse del sole e dell’aria si combinano sinergicamente tra loro e si integrano efficientemente con gli elementi edilizi della struttura. Obiettivo del libro, edito da Cleup, è dunque l’individuazione di uno strumento di orientamento per il progettista, da utilizzare durante la progettazione preliminare di un edificio e finalizzato a promuovere e facilitare l’integrazione efficiente in architettura delle tecnologie del sole e dell’aria. Luca Siragusa è architetto, progettista e dottore di ricerca in tecnologia dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura di Ferrara. Confessioni di un eco-peccatore Fred Pearce svela l’origine delle cose che compriamo Fred Pearce, uno dei più quotati giornalisti ambientali del mondo, ha viaggiato in più di venti Paesi per conoscere le persone e i luoghi da cui provengono le cose che usiamo quotidianamente. L’autore ha voluto andare a fondo, e scoprire da dove vengono i prodotti che acquistiamo ogni giorno, chi li ha fatti, e con quali costi per l’ambiente, ma anche che cosa gli succede dopo che vengono buttati. Dalle miniere d’oro del Sud Africa agli allevamenti di gamberi in Bangladesh, dalle fabbriche di giocattoli cinesi ai campi di cotone in Australia, “Confessioni di un eco-peccatore” fa luce sugli aspetti economici, ambientali e morali di quel gigantesco processo chiamato “globalizzazione”. Ne emerge un quadro spiazzante, che mette in discussione luoghi comuni e presunte verità care a una parte del pensiero ambientalista, e indica soluzioni possibili ai grandi problemi della nostra epoca. Fred Pearce è il consulente ambientale di New Scientist. Collabora regolarmente con The Independent, The Guardian e con London Daily Telegraph e ha scritto svariati rapporti per l’UNEP, la Banca Mondiale e per l’Agenzia europea per l’ambiente. Nel 2001 è stato nominato giornalista ambientale dell’anno in Gran Bretagna. È autore di tredici libri, tra cui Un pianeta senz’acqua. Viaggio nella desertificazione contemporanea (il Saggiatore 2006). Tiene una rubrica dedicata al greenwashing sulla rivista Internazionale. 91 REDAZIONALE Da Geo Network tre nuovi software per la linea NOVA Studio Tecnico La nota software house Geo Network presenta 3 nuovi software della propria Linea NOVA Studio Tecnico aggiornati in base alle ultime disposizioni di legge, di immediato ausilio e di sicuro interesse per importanti aspetti della professione nonché adempimenti normativi. • NOVA Repertorio Telematico: software lineare, snello e facile da utilizzare per agevolare il compito di ottemperare all’obbligo della conservazione cartacea degli atti di aggiornamento delle pratiche catastali (PREGEO e DOCFA - modello unico informatico catastale) in conformità a quanto previsto dall’art. 7 del provvedimento Agenzia del Territorio 22/03/05 e dall’art. 4 del provvedimento Agenzia del Territorio 22/12/2006. • NOVA Trasferimenti Immobiliari: software che effettua tutti i calcoli relativi alle imposte indirette riguardanti atti di trasferimento a titolo oneroso o a titolo gratuito di immobili (ad es. abitativi e relative pertinenze, strumentali, terreni agricoli/edificabili ecc.) in modo tale da permettere il calcolo nel dettaglio di tutte le imposte di competenza (registro, IVA, bollo, tributi per la trascrizione) per le parti interessate ad una data operazione. • NOVA Modulistica: software unico nel suo genere che permette la compilazione di decine di modelli ufficiali ‘prefincati’, attingendo i dati direttamente dagli archivi relativi ai soggetti e beni inseriti con stampa diretta in formato pdf. Tutti e tre i software sono lineari, facili da utilizzare e di immediata comprensione, corredati da una utilissima “Guida all’utente” Inoltre, utente” per illustrare nel dettaglio le varie casistiche. Inol in aggiunta alle descritte, ciascun software ll ffunzioni sopra d f fornisce molte altre funzionalità che l’utente può utilizzare per assicurare la miglior organizzazione e gestione di tutta la sua attività (lavorativa e non), quali: gestione clientela, fornitori, imprese, collaboratori, contatti diversi, agenda personale e dei collaboratori con uno scadenziario degli adempimenti incorporato, descrizione e gestione delle risorse dell’ufficio (attrezzature, hardware, software, biblioteca ecc.) nonché un’utilissima funzione che permette di effettuare la protocollazione digitale di tutti i documenti IN/OUT onde ridurre la necessità di archiviare centinaia di documenti cartacei nell’ufficio, il tutto attingendo ai dati relativi ai soggetti interessati dalle operazioni direttamente dagli archivi. Fino al 31 Maggio 2010 questi 3 software sono in offerta straordinaria (con la garanzia “soddisfatto o rimborsato” entro 30 gg. dalla data di attivazione della singola licenza) ai seguenti prezzi: • € 60,00 più IVA - NOVA Repertorio Telematico • € 75,00 più IVA - NOVA Trasferimenti Immobiliari • € 75,00 più IVA - NOVA Modulistica È inoltre possibile ordinare i singoli software installati su chiave USB (con prezzo maggiorato per la fornitura della chiave ) che permette di utilizzarli su qualsiasi PC dotato di Windows XP, Vista o 7. Le versioni dimostrative sono scaricabili dal sito www. geonetwork.it. Ulteriori informazioni: [email protected] www.geonetwork.it - tel 0187 622198. 93 REDAZIONALE Software: TerMus, verifica dispersioni termiche degli edifici TerMus è il software per la verifica delle dispersioni termiche degli edifici prodotto da ACCA software, la società leader in Italia nel software per l’edilizia. Con TerMus, calcolare dispersioni termiche e fabbisogno di energia di un involucro edilizio è particolarmente semplice ed intuitivo grazie alla tecnologia ad oggetti che agevola straordinariamente l’input dell’involucro edilizio e delle sue caratteristiche termodinamiche. Le relazioni finali di calcolo, inoltre, si presentano chiare e attualizzate alla normativa sia nazionale che regionale. Difatti, pur essendo intervenuti diversi aggiornamenti alla normativa di riferimento, questo non ha pregiudicato l’adeguamento tempestivo del programma che ad oggi permette di verificare le prestazioni energetiche degli edifici e le dispersioni termiche con il D.Lgs. 192/2005 (come modificato dal D.Lgs. 311/2006), il D.Lgs. 115/2008, il D.P.R. 59/2009 e con le più recenti norme UNI in materia di risparmio energetico (UNI/TS 11300-1 e UNI/TS 11300-2) ed è possibile con il modulo TerMus-CE compilare e stampare l’attestato di certificazione energetica dell’edificio. A suggellare questo impegno è arrivato il primo certificato per la conformità alle metodologie di calcolo definite dalle norme UNI TS 11300:2008 parte 1 e 2, come previsto dal D.Lgs. 115/2009 e confermato dal D.P.R. 59/2009 rilasciato proprio a TerMus dal C.T.I. (Comitato Termotecnica Italiano). Per quanto concerne, invece, le normative regionali di Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna dove la certificazione ha proprie procedure, TerMus opera con appositi moduli NR. Per la regione Lombardia, ad esempio, dove è attiva già da qualche anno la procedura CENED, è possibile effettuare la progettazione e la certificazione energetica, secondo la procedura indicata dalla Regione (D.G.R. 5796/2009 e D.D.G. 8645/2008). Il programma restituisce la Relazione Tecnica ex Legge 10/91, le schede relative agli elementi disperdenti (muri, finestre, etc.) da allegare alla relazione tecnica e, su richiesta dell’utente, apposite stampe con tutti i risultati del calcolo. TerMus-NR [LOMBARDIA] è compatibile con l’ultima versione del CENED+. Nel frattempo, altre regioni hanno intrapreso o stanno per intraprendere un percorso che le porterà a procedure autonome, dunque, TerMus si doterà in futuro anche di altri moduli regionali. 94 Perché scegliere TerMus • Primo software ad aver ottenuto la certificazione da parte del C.T.I. • Tecnologia Input Object Draw: il disegno con oggetti grafici dotati di specifiche proprietà termotecniche (muri, finestre, porte, etc.) consente un input più semplice e veloce • Progettazione anche a partire da un DXF o un DWG con conversione immediata di linee in oggetti con proprietà termotecniche • Modifiche e ricalcoli in tempo reale per una progettazione dinamica, mai separata dalle verifiche • Termografia: rappresentazione grafica dei risultati di calcolo, ovvero della qualità energetica dell’edificio • Archivi interni e completamente personalizzabili di materiali, trasmittanze, dati climatici delle località, ponti termici • Help funzionale e normativo in linea con funzioni di diagnostica per la segnalazione di errori di inputazione e incompatibilità con le norme • Word processor interno per personalizzazione dei modelli ed esportazione nei formati standard RTF o PDF • Analisi del comfort termodinamico integrabile allo studio dell’isolamento acustico Gi ambiti di impiego del software I tecnici abilitati alla progettazione di edifici ed impianti iscritti agli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti e ai collegi professionali dei geometri e dei periti industriali possono utilizzare non solo TerMus per la verifica delle dispersioni termiche, ma anche software come TerMus-I per la progettazione specifica degli impianti di riscaldamento e il nuovo TerMus-E per calcolare i carichi termici estivi per il corretto dimensionamento dell'impianto di climatizzazione. Inoltre, con Praticus-ENERGIA, possono predisporre la pratica di detrazione fiscale per le spese sostenute in interventi di riqualificazione energetica degli edifici sia parziali che totali. Arricchiscono la categoria del fabbisogno e del risparmio energetico i programmi per il solare fotovoltaico (SolariusPV) e per il termico (Solarius-T). REDAZIONALE PFGPS 6.00 Il software multifunzione e versatile per tutte le soluzioni GPS Giunto alla versione 6.00, con un installato che supera il migliaio di Utenti, PFGPS 6.00, prodotto da S.C.S. survey CAD system SRL, non è un semplice DATA-LOGGER per registrare dati GPS, ma è diventato un programma completo di Topografia e fa di un ricevitore GPS un sistema completo per il Topografo. GPSKIT nella sua gamma di sistemi assemblati, propone il software PFGPS compatibile con vari modelli di palmari. Il Modello PFGPS K50 utilizza ricevitori economici che trasmettono la posizione in linguaggio Nmea e viene proposto per misurazioni agrimensorie di massima. Il modello viene definito di precisione “metrica”. Il Modello PFGPS K300, utilizza ricevitori professionali, anche con costellazione GPS + GLONASS, ma senza correzione da una stazione fissa. Il modello viene definito come “submetrico”. Per il modello PFGPS K800 la versione del software prevede, sia la funzione di Data-Logger per la Base Fissa che la funzione Rover. In questa configurazione il software permette di ottenere precisioni millimetriche, nella modalità STATICA e centimetriche in quella CINEMATICA. E’ prevista anche la funzione di registrazione continua dei punti, uno ogni secondo. Inoltre, il software gestisce, nella configurazione PFGPS K900 RTK, Base, Rover e Radiomodem in maniera semplice ed immediata. Anche la funzione tracciamento, con il CAD interno, è veloce da eseguire. Si possono richiamare punti dal rilievo corrente e da altri file. Selezionato il punto, il programma espone in tempo reale la distanza del punto da tracciare e la direzione da tenere per arrivare allo stesso. La maschera di registrazione dei punti di dettaglio è completa di tutte le informazioni necessarie per conoscere la precisione del sistema sia nella fase di rilievo che di tracciamento. Nella stessa maschera si può passare dalla modalità statica alla cinematica e l’operatore può personalizzare senza limiti la descrizione dei punti. Per rilievi eseguiti su mezzi in movimento, è disponibile un menu Easy dove, con le dita, attraverso grandi icone touch screen, è possibile gestire tutte le fasi di un rilievo continuo e automatico su un mezzo meccanico. Il menu permette di gestire la grafica con i comandi di ZOOM e PAN. Il menu INTERROGA, fornisce aree e distanze in tempo reale, mentre con l’opzione, NUOVI PUNTI, possiamo inserire tramite la grafica, nuovi punti in coordinate GPS. É previsto anche l’inserimento di immagini raster e file DXF per importare e tracciare qualsiasi progetto o confine. Ulteriori informazioni Tecniche su www.pfcad.it e www.gpskit.it 95 REDAZIONALE Cresce l’industria della Fortuna Indagine Eurispes sull’Italia in gioco Sempre più spesso si sente parlare di gioco pubblico e del boom impetuoso che questo settore sta vivendo negli ultimi anni. Un comparto che – con un giro d’affari che nel 2009 ha raggiunto i 54,4 miliardi di euro – rappresenta una vera e propria industria ed è uno dei maggiori protagonisti dell’economia del nostro Paese: seconda solo ad Eni e Fiat, infatti, vale da sola più di 3,7 punti di PIL e dà lavoro a più di 100 mila persone, distribuite in quasi 20 mila aziende di produzione e di servizi. Ad affermarlo è un’indagine sul settore realizzata di recente da Eurispes e presentata nello scorso dicembre a Roma, dal titolo “L’Italia in Gioco. Percorsi e numeri dell’industria della Fortuna”. Ottocento pagine di analisi, di dati e di tabelle, capaci di offrire una visione a tutto tondo della galassia del gioco pubblico, e di fornire uno spaccato di traguardi raggiunti, potenzialità, problematiche e percorsi evolutivi di un comparto di tale rilievo ma di cui, finora, si è conosciuto ben poco. I giochi fanno parte della vita quotidiana degli italiani, che li praticano tanto, ovunque e in una grande varietà di forme. Almeno 35 milioni di persone, secondo Eurispes, hanno tentato la fortuna almeno una volta nel corso del 2009, con le slot machine o con il bingo, con i gratta e vinci o le scommesse, fino ad arrivare ai giochi on line, tra cui spicca il poker Texas Hold’em, autentica rivelazione che in poco più di un anno di “attività” ha superato anche le più rosee previsioni. Il valore della ricerca, tuttavia, non risiede solo nell'esauriente quadro del settore che è capace di tracciare, ma anche “nella possibilità che offre a tutti noi, operatori del settore dei giochi, di fare un raffronto tra ciò che eravamo ieri e quello siamo diventati oggi”. A sottolinearlo, il dott. Ezio Filippone, a.d. di Gamenet S.p.A., tra i principali concessionari autorizzati dai Monopoli di Stato a gestire il gioco pubblico e primo promotore dell’indagine Eurispes. La ricerca, secondo Filippone, si colloca “come ideale punto di arrivo di un percorso intrapreso ormai quasi dieci anni fa. Era l'anno 2000, infatti, quando Eurispes pubblicò quella 96 che probabilmente era allora la prima analisi scientifica del fenomeno del gioco in Italia. Un lavoro innovativo per l'epoca: per la prima volta, il gioco veniva studiato in profondità in tutti i suoi aspetti – sociali, culturali, economici, legislativi – e in tutte le sue declinazioni, dal Lotto alle scommesse, dal Totocalcio alle lotterie. Un notevole impegno veniva speso, soprattutto, nell'elaborare e rappresentare l'argomento più scottante di quegli anni, i famigerati videopoker e l'allarme sociale che li circondava”. “Numerosi sono stati, nel tempo, gli interventi legislativi finalizzati, da un lato, ad ampliare l'offerta di gioco lecito, dall'altro a razionalizzare il comparto e a dotarlo di norme moderne e capaci di contrastare efficacemente l'illegalità”, prosegue Filippone. Interventi che hanno avuto un impatto sostanziale sul comparto del gioco pubblico e lo hanno reso, non senza fatica, quell’apparato industriale che è oggi. “Stava finendo un'epoca e ne stava iniziando un'altra”, è infatti la riflessione dell’a.d. di Gamenet. “Molti tentarono di opporsi al cambiamento, di difendere ad ogni costo lo status quo. Noi scegliemmo una strada diversa e sposammo la riforma, dando vita al Consorzio Criga e conquistando una concessione per la gestione telematica degli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro. Così nacque Gamenet S.p.A. È nel pensare al passato, nel percepire quanto il settore, e noi con esso, sia mutato in questi ultimi anni, che abbiamo sentito la necessità di sostenere una nuova ricerca a tutto tondo sul comparto del gioco pubblico in Italia. E l'analisi condotta da Eurispes – conclude – testimonia un'evoluzione che era sotto i nostri occhi già da tempo e che ora è visibile anche alle istituzioni, alla stampa, al pubblico dei giocatori”. Una nuova opportunità per le Aziende leader produttrici di materiali per l’edilizia e tecnologie per costruire e dei settori design, arredamento, illuminotecnica, domotica, sicurezza, editoria specializzata, interessate a relazionarsi, comunicare ed entrare in contatto con la categoria professionale dei geometri e geometri laureati quali progettisti e direttori dei lavori. CON IL PATROCINIO Partecipa ad iniziative per la diffusione e la valorizzazione della cultura tecnica, del costruire e dell’abitare nel rispetto dell’ambiente. Offre un servizio di advertising per presentare prodotti e servizi verso un bacino di circa 450.000 lettori. Organizza occasioni di visibilità e di comunicazione nell’ambito di eventi e manifestazioni dedicate ai temi d’interesse. Informazioni: Plusservice Srl - Ufficio commerciale di Bologna Tel. 051 2913911 / e-mail: [email protected] www.shutterstock.com/jordache Nel prossimo numero COSTRUIRE Mattoni e laterizi DISEGNARE Andrea Pozzo L’arte della prospettiva APPROFONDIMENTI Stima di un immobile a destinazione turistica FORMAZIONE Gli impianti termotecnici La caldaia a condensazione … e tanti altri interessanti articoli sui temi e sulle novità più significative per la categoria dei geometri: progetti, previdenza, innovazione, … Per la pubblicità su Geocentro Magazine Plusservice Srl - Ufficio commerciale di Bologna Telefono: 051 2913911 E-mail: [email protected] TIRATURA E DIFFUSIONE MEDIA: 130.000 copie DIFFUSIONE COPIE PER AREE: Nord Ovest: 33.800; Nord Est: 28.600; Centro: 28.730; Sud e Isole: 38.350