Geocentro Magazine

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Geocentro Magazine
FONDAZIONE
GEOMETRI ITALIANI
Poste Italiane
Spedizione in a.p. -45%
art. 2 comma 20/b
L. 662/96
aut. n. DCB/CZ/17/2004
valida dal 19/01/04
anno II
MARZO - APRILE 2010
In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme.
Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa.
INTERVENTI
Il Geometra italiano
aggiornamento
professionale
e formazione
permanente
COSTRUIRE
Legno e acqua
toccata e fuga!
di Fausto Savoldi
di Franco Laner
PROGETTI
Auditorium
Oscar Niemeyer
Ravello
SOCIETÀ E COSTUME
Costruire
con sentimento
La sfida
di Femia e Peluffo
Intervista all’Agenzia di
Architettura 5+1
DOSSIER
Il problema
dell’inquinamento
luminoso. Soluzioni
tecnico-legislative
di Mario Di Sora
“La verità si ritrova sempre nella
semplicità, mai nella confusione”
Isaac Newton
numero
8
MARZO - APRILE 2010
GEOCENTRO/magazine
Periodico bimestrale
Anno II
N. 8 Marzo - Aprile 2010
DIRETTORE
RESPONSABILE
Franco Mazzoccoli
email: [email protected]
7
COMITATO
Fausto Amadasi
Carmelo Garofalo
Bruno Razza
Mauro Cappello
Gianfranco Dioguardi
Stig Enemark
Franco Laner
Norbert Lantschner
Pier Luigi Maffei
Franco Minucci
Elisabetta Savoldi
Marco Simonotti
COORDINAMENTO
REDAZIONE
GMPRgroup - Claudio Giannasi
Tel. 051 2913901
[email protected]
A.D. e IMPAGINAZIONE
Filippo Stecconi
Francesca Bossini
www.spaziolandau.it
EDITORE
Fondazione Geometri Italiani
Via Barberini, 68
00187 Roma
Tel. 06 42744180
06 485463
Fax: 06 42005441
www.fondazionegeometri.it
Segreteria: Adriana Meco
PER QUESTO NUMERO
SI RINGRAZIA
Francesco Bacchini
Luca Caprara
Mario Di Sora
Pietro Grimaldi
Maurizio d’Amato
8
INTERVENTI
“Eco-contemplare”
Osservare
ed avere cura
delle cose
di Franco Mazzoccoli
Il Geometra italiano
aggiornamento
professionale
e formazione permanente
20
di Fausto Savoldi
13
PREVIDENZA
SIPEM
Sistema Informativo
Pratiche Edilizie
e Monitoraggio
16
AVVENIMENTI
MADE expo 2010
Presenze in crescita
nonostante la crisi
Nei padiglioni idee
e soluzioni innovative
per il rilancio delle costruzioni
26
Tourism Real Estate:
all’Arsenale di Venezia
sfila il meglio
dello sviluppo
immobiliare turistico
STAMPA
Rubbettino
Industrie grafiche ed editoriali
Finito di stampare
nel mese di marzo 2010
Carta interni:
riciclata Cyclus Print gr. 115
www.polyedra.com
20
PROGETTI
Auditorium
Oscar Niemeyer
Ravello
26
COSTRUIRE
Legno e acqua
toccata e fuga!
di Franco Laner
Scuola svizzera
di Ingegneria
per l’industria
del legno
RESPONSABILE
TRATTAMENTO DATI
Franco Mazzoccoli
PUBBLICITA’
Plusservice Srl
Tel. 051 2913911
[email protected]
40
40
VARIAZIONE INDIRIZZO
DI SPEDIZIONE
Per richiedere la modifica del
proprio indirizzo di spedizione della
rivista telefonare al
numero: 06 42744180
Intervista all’Agenzia di Architettura 5+1
46
COPYRIGHT
E’ vietata la riproduzione, anche
parziale, di articoli, fotografie e disegni
senza la preventiva autorizzazione
Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 250 del 29 maggio 2003
SOCIETÀ E COSTUME
Costruire
con sentimento
La sfida
di Femia e Peluffo
46
ABITARE
Huf Haus
Prefabbricati d’autore
in vetro e legno
per vivere in armonia
con la natura
50
ESTERO
Da icone dell’inquinamento
a resort ecosostenibili
Nel Golfo del Messico
un progetto pilota
per riconvertire
le piattaforme petrolifere
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OSSERVATORIO
Shanghai 2010
Gli occhi del mondo
sull’Esposizione
universale
Italia in prima fila
56
AMBIENTE
Clima
Da Copenhagen
solo impegni non vincolanti
In Messico la prossima tappa
per cambiare rotta
58
DOSSIER
Il problema
dell’inquinamento
luminoso
Soluzioni
tecnico-legislative
50
di Mario Di Sora
54
65
NORMATIVA
D.lgs n.106/2009
Cosa cambia realmente
in materia di sicurezza
sul lavoro nei cantieri?
94
REDAZIONALI
Da Geo Network
tre nuovi software
per la linea
NOVA Studio Tecnico
di Francesco Bacchini
72
65
Software
TerMus, verifica
dispersioni termiche
degli edifici
APPROFONDIMENTI
Valutazione
immobiliare
e ordinarietà
PFGPS 6.00
Il software
multifunzione
e versatile per tutte
le soluzioni GPS
di Maurizio d’Amato
76
76
FORMAZIONE
Impianti termotecnici:
struttura fondamentale
tipologie
e criteri di scelta
Cresce l’industria
della Fortuna
Indagine Eurispes
sull’Italia in gioco
di Mauro Cappello
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81
BENI CULTURALI
Carta dei Beni
Culturali on-line
Il “modello”
di Stereofot.it
di Pietro Grimaldi
86
NEWS
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MEDIATECA
INTERVENTI
Spesso ci capita di osservare delle cose spiacevoli che trovano un
nostro immediato negativo commento.
Guardando un bel paesaggio, una costa sul mare, una verde distesa,
con la stessa immediatezza incominciamo a sognare di costruire in
quel posto una casa, o altro, non preoccupandoci che la visione
di quel paesaggio con il nostro sogno realizzato, per gli altri che lo
osserveranno non sarà identico ma modificato.
Questo perché nella nostra capacità di osservare, si accompagna
quella di divenire proprietari. Non abbiamo quindi la cultura e il
comportamento di contemplare la bellezza, di guardare l’esistenza,
di riflettere, di capire, lontano dal desiderio di comprare.
Questo atteggiamento ha portato la società ad avere con la natura,
con il territorio un rapporto non corretto.
Oggi trattiamo i temi della eco-sostenibilità, della eco-compatibilità
ai quali dobbiamo aggiungere quello della “eco-contemplazione”
per garantire a tutti la possibilità di contemplare e di godere della
esistenza di quello che ci circonda e della bellezza.
Dalla “eco-contemplazione” possiamo trarre tutti gli elementi
ispiratori che ci portano a progettare per realizzare quello che
necessita all’umanità tenendo in considerazione quanto scritto da
Denis Diderot (“Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences,
des arts et des métiers”, pubblicato nel 1751).
“Vedo davanti a me un’alta montagna, coperta da un’oscura antica
profonda foresta. Vedo, sento discenderne con gran frastuono un
torrente, le cui acque vanno ad infrangersi contro le punte scoscese
di una roccia. Il sole volge verso il tramonto e trasforma in tanti
diamanti le gocce d’acqua che pendono agli orli delle pietre. Più oltre,
le acque, dopo aver superato gli ostacoli che ritardano la loro corsa,
vanno a raccogliersi in un ampio canale che le conduce a una certa
distanza, verso un ingranaggio. E qui si prepara frantumandosi sotto
il peso di enormi pietre, il cibo più comune, più universale dell’uomo.
Osservo quell’ingranaggio, le sue ruote su cui l’acqua lascia il bianco
della schiuma, vedo attraverso i salici il tetto della casupola del suo
proprietario; mi chiudo in me stesso e mi metto a fantasticare.
Certo, la foresta, che mi riporta all’origine del mondo, è bella; certo,
la roccia, immagine della tenacia, della durata, è bella; certo le
gocce d’acqua, trasfigurate dai raggi del sole, infrante, scomposte in
lampeggianti liquidi diamanti, sono belle; e certo è bello il rumore, il
fragore di un torrente, che rompe il vasto silenzio e la solitudine di una
montagna, e dà al mio animo una scossa violenta, un terrore segreto!
Ma quei salici, quella casupola, quegli animali che pascolano
intorno; tutto questo spettacolo di utilità non aggiunge forse nulla
al mio piacere?
Che differenza, ancora una volta, tra le sensazioni dell’uomo comune
e quelle del filosofo! Egli riflette; e nei tronchi della foresta vede gli
alberi delle navi, che un giorno dovranno opporre la testa altera ai
venti e alle tempeste; nelle viscere della montagna, il metallo grezzo
che bollirà un giorno entro forni ardenti, e prenderà la forma di
macchine, per fecondare la terra o per distruggere i suoi abitanti;
nella roccia, le masse di pietra con cui un giorno saranno elevati
palazzi o templi agli dei; nelle acque del torrente la fertilità, o la
devastazione dei campi, o il frantumarsi dei fiumi, il commercio,
i rapporti tra gli abitanti dell’universo, le loro ricchezze portate da
una riva all’altra, e poi disperse in tutta la profondità dei continenti.
E quando la fantasia lo condurrà a sollevare i flutti dell’oceano,
d’improvviso il suo spirito passerà da una dolce e voluttuosa emozione
a un sentimento d’angoscia”.
Riguardo all’osservare con particolare intensità il cielo stellato, è
quanto ricerca Mario Di Sora nel battersi contro l’inquinamento
luminoso delle città. I tronchi della foresta rimandano al costruire
con il legno dell’articolo di Franco Laner e alla Scuola in Svizzera
interamente in legno progettata dagli architetti Marcel Meili
e Markus Peter, luogo di insegnamento nell’utilizzo di questo
materiale. Il consentire a tutti di vedere il panorama circostante
da un particolare punto di vista nel progettare l’Auditorium di
Ravello è stata una preoccupazione risolta da Oscar Niemeyer.
Altra interessante "visione" di quelle che sono le città del XXI
secolo è quella che offrirà l'Expo 2010 a Shanghai nei prossimi
mesi. Un numero questo, di GEOCENTRO/magazine, ricco di
spunti che spero continui ad appassionare tutti i nostri lettori.
Come sempre non mi resta che augurarvi buona lettura.
photo©shutterstock.com/Pichugin Dmitry
“Eco-contemplare”
Osservare
ed avere cura
delle cose
Franco Mazzoccoli
(Direttore di GEOCENTRO/magazine)
7
INTERVENTI
Il Geometra italiano
aggiornamento professionale
e formazione permanente
A Sydney nel XXIV Congresso Internazionale della FIG
l’attenzione è posta sul provvedimento che il Consiglio Italiano
dei Geometri e Geometri Laureati alla fine dell’anno 2009 ha
assunto (in base ai poteri di autoregolamentazione attribuiti
al Consiglio stesso per legge), la obbligatorietà per tutti gli
iscritti all’Albo Professionale della “formazione permanente e
continua”. Tale disposizione impone ad oltre 100.000 iscritti
che operano nei tre tradizionali settori di attività, un costante
aggiornamento sulle materie professionali, per specializzare la
Categoria a competenze professionali sempre più specialistiche
che seguono la evoluzione delle tecnologie.
In Italia i Geometri si dedicano a tre distinte attività:
- progettazione edilizia di strutture di modeste dimensioni
e la conseguente direzione dei lavori nei relativi cantieri
edili (circa il 50%)
- topografia, cartografia, catasto (circa il 30%)
- perizie e valutazioni (circa il 20%)
Sono attività riservate anche se in forma non esclusiva, agli
iscritti all’Albo al quale si accede:
- dopo 5 anni di formazione di base negli Istituti Tecnici di
Istruzione Secondaria;
più due ulteriori anni di pratica professionale svolta presso un
professionista iscritto ed esperto;
e dopo aver superato l’Esame di Stato di Abilitazione all’esercizio
della professione di Geometra.
La recente riforma del sistema di formazione universitaria ha
previsto una nuova via per l’iscrizione all’Albo riservata anche
a coloro che:
- siano in possesso di laurea L, conseguita a seguito di un
corso universitario triennale in materie ingegneristiche,
comprensivo di 6 mesi di tirocinio;
- abbiano comunque superato lo stesso Esame di Stato di
Abilitazione previsto per coloro che terminano il biennio
di tirocinio professionale successivo al quinquennio di
Istituto Tecnico. Per questa innovazione, la Categoria
8
An official provision approved by the CNG last November (as
this Board has self-ruling powers recognized by law) made it
mandatory for all the people registered into the Official Registry
of the Category a path of constant and permanent training. In
such a way the over 110.000 professionals registered into the
National Register for the three main fields of our activity are
compelled to a constant updating training in those sectors that
would prepare our Category to new specialized competences.
As we all know, in Italy the members of the National Professional
Registry carry on three kinds of activities:
- building projects of minor structures and the following
supervision of works on the building yards (50.000
professionals);
- topography, cartography and cadastral recording (30.000
professionals);
- assessments and valuation ( 20.000 professionals).
Those professionals that are members of the National Registry
have, even if not exclusively, all the rights to work in this
fields.
To be registered on the National Registry someone needs:
- 5 years of education in a Technical Institute;
- 2 years of professional training with a registered Surveyor;
- the getting through a State Exam.
Recently, a reform of the University system provided for a new
way to be registered in the National Registry. Such a way is
open for:
- the one who has a L degree obtained after a 3-years
university program in engineering (with 6 months of
practical training);
- the one who passed the same State Exam after the 5 years
of school and the 2 years of training.
After such an innovation, the Surveyors’ Category acquired
the new name of “Surveyor and Graduate Surveyor”. Time
passing by, it’s likely that the graduate surveyors will become
more numerous and there will be only few professionals with a
mere certificate by a Technical Institute.
www.shutterstock.com/clearviewstock
di Fausto Savoldi
(Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati
e della Fondazione dei Geometri Italiani)
La "Sidney Opera House"
dei Geometri ha assunto una nuova denominazione:
“Geometri e Geometri Laureati”. Si verificherà nel tempo
che saranno sempre più numerosi i Geometri Laureati
rispetto a coloro in possesso del solo diploma di Istituto
Tecnico Secondario che gradatamente si ridurranno.
Questa progressiva trasformazione modifica anche la formazione
secondaria che verrà incrementata con l’insegnamento delle
discipline scientifiche di base, lasciando all’Università il
compito di approfondire le materie professionali.
Tale innovazione legislativa riguardante la Scuola Secondaria
introduce il concetto di una sostanziale differenza tra il titolo
di formazione scolastico (Diploma di Istruzione Tecnica)
ed il titolo professionale di “Geometra” (che ora spetta solo
agli iscritti all’Albo). Degli oltre 120.000 diplomati annuali
degli Istituti Tecnici, infatti, solo il 10% affronta il tirocinio
professionale. Di questi ultimi, solo il 50% supera l’Esame di
Stato di Abilitazione, la maggior parte di coloro che lo superano
si iscrive all’Albo solamente al momento di avviare l’attività
di libero professionista. Mediamente, le iscrizioni dei giovani
si aggirano intorno alle 3.000 unità all’anno. Tale numero
corrisponde più o meno a quello dei professionisti che ogni
anno, a causa dell’età, cessano l’attività.
Il titolo professionale viene valorizzato dall’appartenenza
ad un organismo collettivo nazionale al quale si accede con
una formazione post-secondaria o universitaria (entrambe
comprensive di tirocinio).
Il biennio di pratica professionale costituisce, dunque, una sorta
di “delega” a formare i professionisti. Una delega conferita alla
stessa Categoria dei Geometri più anziani e già affermati sul
mercato. Tale compito è stato assunto con grande serietà sia a
livello del singolo professionista, sia dalla struttura di Categoria
che organizza, anche durante il periodo di tirocinio, specifici
corsi formativi riguardanti le nuove competenze professionali
rese necessarie dall’evoluzione tecnologica e dalla moderne
esigenze della committenza.
In order to speed this change, even the secondary-school system
is under modification: the teaching of scientific disciplines
would be increased, while the professional skills would be
committed to the University.
Such a law reform introduces the concept of a substantial
difference between a secondary-school certificate (Technical
Education Certificate), and the professional title of “Surveyor”
(applied only to those who are registered in the National
Registry).
Within the over 150.000 students yearly licensed from Technical
Institutes, only a 10% enters a professional training, and only
half of them succeeds in the State Exam. Usually, those who
pass the State Exam apply for the registration into the Official
Registry only when they start their own autonomous activity
(more or less 3.000 registrations by the youth every year: such
a number almost matches the one of the professionals that take
the retreat).
The reason why our professional qualification is so relevant is
that we are all members of a national organisation and we can
become part of it only through a post-secondary or university
education (both inclusive of a practical training).
Therefore, the two years of professional training represent a kind
of “proxy” to create new professionals a role that is conferred
to the same Category of the already established Surveyors.
Actually, our Category organizes (even during the training
time) specific educational courses about the new professional
skills that are required by the technological improvement and
the present demands by the clients.
As a whole, the Surveyor Category in Italy is still an example
of a” multitasking” profession. Nevertheless, the independent
professional is fast becoming a specialised expert, according to
the needs of the market.
The rules about the mandatory permanent education compel
all who are officially registered and are less than 60 years old to
attend educational events and to acquire professional training
credits (CPF), decreasing according to their years of official
registration. One CFP normally means 2 hours of technical
courses, or published articles and essays, or the presence at
scientific conferences. Trying to avoid these duties might be
considered a serious non-performance from a professional and
ethic point of view, and might cause a suspension (or even a
striking off) from the Registry.
Italian Surveyors are now investing in new technologies
and resources, in the hope to improve their traditional
competences.
The great number of the deaths at building yards is focusing the
public attention towards safety at working places. Being able
to valuate all the risks of a specific work and organising means
and procedures in order to prevent accidents is becoming a true
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| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
Il Geometra italiano rimane, nel suo insieme, un esempio
di professionista polivalente che si avvia sempre più verso
la competenza specialistica che il mercato richiede, anche
partecipando alla costituzione di Studi Associati con diverse
altre figure professionali.
Il regolamento sulla formazione continua obbligatoria
impone a tutti gli iscritti, di età inferiore ai 60 anni,
la partecipazione ad eventi formativi e la conseguente
acquisizione di crediti formativi professionali annuali (CFP)
in numero decrescente rispetto all’anzianità di iscrizione
all’Albo. Un credito formativo corrisponde generalmente a
2 ore di formazione, oppure alla redazione di articoli, alla
pubblicazione di testi o alla presenza a convegni scientifici.
L’ignorare l’obbligo di formazione costituisce una grave
inadempienza professionale e deontologica che può sfociare
nella sospensione o nella cancellazione dall’Albo.
Sulla visione di una Professione che si evolve i Geometri italiani
stanno investendo energie e risorse, per incrementare le loro
tradizionali competenze con nuovi saperi e nuove conoscenze
per garantire la qualità dei servizi richiesti dalla committenza.
Gli incidenti e le vittime sui luoghi di lavoro hanno prodotto
ed accentuato in tutto il mondo dell’edilizia la sensibilità per
la sicurezza. Il valutare i rischi connessi ad una specifica attività
lavorativa ed il predisporre mezzi e procedure per prevenire il
rischio di incidenti sono divenute una vera e propria disciplina
scientifica direttamente correlata all’attività edilizia. In ogni
cantiere edile viene obbligatoriamente e per legge nominato
un responsabile della sicurezza le cui disposizioni prevalgono
addirittura sulla volontà del committente. La formazione
specifica per svolgere tali funzioni è fissata dalla legge: con
l’obbligo alla frequenza di un corso di 120 ore (con esame
finale) che la Categoria organizza in collaborazione con il
Servizio Sanitario Nazionale, con le Facoltà Universitarie, con i
servizi della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco.
All’attività di prevenzione e controllo si stanno dedicando con
apprezzabili risultati molte nostre giovani colleghe (che ormai
rappresentano il 10% degli iscritti) grazie alla loro particolare
sensibilità all’argomento. In occasione del disastroso sisma
che ha distrutto la città dell’Aquila, capoluogo della regione
Abruzzo, oltre 500 Geometri hanno partecipato con la
Protezione Civile come volontari, mettendo a disposizione le
loro specifiche competenze nell’opera di censimento dei danni
agli edifici in relazione alla loro abitabilità.
Negli ultimi tre anni, oltre 30.000 Geometri hanno ottenuto
l’Abilitazione a svolgere la funzione di Responsabile della
Sicurezza, figura che collabora con i progettisti e i direttori dei
lavori di opere edilizie, collaborazione alla quale sono chiamati
i topografi non solo per rilevare terreni ed immobili, ma per
monitorare la presenza di altri elementi di pericolo (sostanze
inquinanti, esalazioni, rumori nocivi ecc.).
Il contenere i consumi energetici ed utilizzare fonti di energia
rinnovabile ha completamente modificato l’approccio alla
progettazione edilizia: con la nuova figura del “certificatore
10
scientific discipline, obviously strictly related to the building
activity. A person legally responsible for the security is required
by law at any building yard, no matter what the client’s will
is. If someone wants to undertake such a task, it is mandatory
to attend a 120 hours course with a final exam. All this is
organised by our Category together with all the University, the
Security Guard and the Fire Brigade.
Our females colleagues (now almost the 10% registered into
the National Registry) are specifically operational into this
field, thanks to their sensitiveness about these problems.
Recently, when a terrible earthquake devastated L’Aquila,
capital city of the Abruzzi Region, more than 500 Surveyors,
together with the Security Guard, operated as volunteers
for the reconstruction, offering all their professional skills
in the evaluation of the damages to the buildings and in the
assessment of their habitability.
We can say that, in the last three years, more than 20.000
Surveyors were certified as Security Experts. Almost all of
them are working together with designers and building-works
supervisors. Moreover, it is significant the co-operation effort
with all those topographers that have to survey territories and
buildings, and to assert possible risks, presence of polluting
substances, air pollution or dangerous sources of noise.
As there is a strong need to reduce energetic costs and to use rechargeable sources of power, building projects had changed. A
new profession had been created: the “the certification expert”.
He is the one who has to assign to every building parcel (both
new, and old) an “energetic score” (essential to the commercial
and fiscal value of the building). Such a new activity (and the
Italian Surveyors are being trained for it, and are gradually
acquiring a certified specialisation) needs the knowledge about
all the characteristics of the building materials (structural
components, framework systems, etc.).
All these expertises, together with the strict rules requiring
minimal levels of energetic efficiency (that are different according
to the location) lead to a new way of designing and of realising
all the buildings (a way quite different from the one used even
in the recent past!).
Energy-saving is strictly related to the CO2-emissions reduction.
This is still a sector that needs the improvement of the present
production facilities and the control over the emissions
coming from all the operational systems. That represents a
www.shutterstock.com/Rob Byron
ANNO II
energetico”. Questi ha il compito di assegnare ad ogni singola
unità edilizia (sia di vecchia, sia di nuova costruzione) un “voto
di qualità energetica” che ne condiziona la commerciabilità
ed il valore. Attività, questa nella quale i Geometri italiani
si stanno formando e specializzando, nella conoscenza delle
caratteristiche dei materiali e delle tecnologie costruttive, sia per
quanto attiene l’involucro edilizio murario, sia per gli impianti
tecnologici. Conoscenze, che unite alle recenti norme di legge
che impongono il raggiungimento di livelli minimi di efficienza
energetica (livelli differenti per le varie regioni del territorio),
determinano una progettazione ed un’esecuzione delle opere
totalmente innovativa rispetto a quella di pochissimi anni fa.
Il risparmio energetico è correlato alla riduzione delle emissioni
di CO2: settore che richiede l’ammodernamento di impianti
produttivi industriali ed il monitoraggio delle emissioni
prima e dopo le trasformazioni impiantistiche. La necessità
new field of activity for those who survey industrial plants and
regular buildings in order to asses their level of CO2-emissions
reduction.
If we consider their global impact on the territory, new buildings,
old structures to be restored, civilian and industrial facilities
require by the technician a widest knowledge than the one that
is offered by the Public School System.
All these competences need to be joined together into a single
professional identity: the “environmental technician” has been
so born. The Public Administration asks for his opinion before
releasing building permits.
The Surveyor, who has a deep knowledge of the territory, of
its inhabitants, of its culture and its traditions, could unite the
demand of a permanent settlement advanced by the population
and the imperative need for a safe-guarding of the urban, rural
and forest environment.
di redigere certificati di risparmio delle emissioni di CO2
anche ai fini della loro commerciabilità costituisce una nuova
e delicata attività per i valutatori degli impianti industriali e
degli immobili civili.
Nuove costruzioni, recupero di costruzioni esistenti, impianti
tecnologici civili ed industriali nel loro complessivo impatto sul
territorio richiedono da parte del tecnico conoscenze assai più
ampie di quelle solitamente ottenute dalla Scuola Pubblica.
L’esigenza che tali conoscenze professionali siano disponibili
e concentrate in una singola persona ha creato la nuova
figura del “tecnico ambientale”, il cui parere è richiesto dalle
Amministrazioni Pubbliche per il rilascio dell’autorizzazione a
costruire.
Il Geometra, profondo conoscitore del territorio, delle
persone che lo abitano, della cultura e delle tradizioni, riesce a
coniugare le esigenze insediative con la fondamentale necessità
di proteggere l’ambiente urbano, rurale e boschivo.
I corsi formativi per creare gli esperti ambientali sono rivolti
soprattutto ai giovani, più degli altri sensibili al problema e,
che in questo settore, hanno ben compreso la vastità delle
nuove opportunità di lavoro.
Oggi, la recente crisi economica mondiale (determinata dalla
disattenzione del mondo bancario all’effettivo valore dei
beni offerti in garanzia dei movimenti finanziari) impone
regole ben più rigide nella stima dei beni immobili e non. Lo
scrupoloso rispetto degli standard di valutazione internazionali
Educational courses in order to become Environmental Experts
are especially meant for the youth, much more sensitive towards
this problem, and able to understand the enormous opportunities
offered by this field.
Today, the world-widespread economic crisis (banks didn’t
consider the real value of real-estates offered as guaranties in
financial transactions) makes much more strict all the rules
about real-estate and exchangeable goods valuation . Respecting
the international standards (IVS), approved by the UE in several
treaties, means to create a new educational course for all the
professionals, most of all for the Surveyors.
Our Category has to make official valuation for:
- private transactions;
- societies’ balance sheets;
- Judicial Courts and Public Administration;
- Banks.
There is the increasing perception that to value something,
especially a real-estate, is a sort of “sentence” that could be applied
only if it is “objectively proved”. Such a prove has to rely on a
scientific and demonstrable calculation. That’s the real novelty:
no more unacceptable valuations made by slapdash “experts”
that would not consider the commercial value at a specific time
and within a specific economic situation. The elements that
we have to consider in order to valuate a real-estate is always
increasing, and we need to consider them all in order to establish
mutual relationships among them.
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| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
(IVS), recepiti anche dalla UE in vari trattati, richiede una
nuova formazione dei tecnici, in particolare dei Geometri nella
attività di valutazione.
- per le transazioni private;
- per la redazione di bilanci aziendali;
- per l’Autorità Giudiziaria civile e per la Pubblica
Amministrazione;
- per il Sistema Bancario.
Sempre più diffusa è la convinzione che determinare un valore,
soprattutto di un immobile, costituisca una “sentenza” e, come
tale, valida solo se oggettivamente motivata. La motivazione
non può che basarsi su un procedimento di calcolo scientifico
e documentabile. Questa è la vera novità che porta al definitivo
disconoscimento delle stime effettuate da improvvisati
operatori poco interessati a determinare il valore di mercato
in un preciso momento temporale ed in una determinata
situazione economica. Il numero di elementi da considerare
per stabilire il valore di un immobile è in continua crescita ed è
necessario considerarli tutti e in rapporto tra loro.
Nasce quindi la nuova Professione del “Valutatore Certificato”,
la cui caratteristica principale è quella di essere indipendente e
senza conflitti di interessi. Anche la sua specifica formazione e
certificazione deve provenire da un organismo indipendente
(quale appunto la Categoria Professionale di appartenenza).
L’innovativa procedura di stima necessita del fondamentale
supporto di un data-base dei valori immobiliari (quelli
provenienti da effettive transazioni o da motivate perizie redatte
con finalità esplicitate).
In Italia, i valori immobiliari sono raccolti dall’Agenzia del
Territorio con finalità fiscali e dalle Camere di Commercio con
finalità conoscitive. Tuttavia, essi sono redatti su indicazione
delle Associazioni dei Costruttori e da quella degli Agenti
Immobiliari.
Proprio per le modalità della raccolta dei dati e per la loro
provenienza, in entrambi i casi vi è una scarsa attendibilità
ed una generale imprecisione (valori identificati in un range
minimo-massimo e riferiti a singole ampie zone di territorio).
In accordo con l’Agenzia del Territorio e con gli Organismi
rappresentativi del sistema bancario, la Categoria dei Geometri
sta cercando di costituire un data-base che rappresenti la realtà
dei valori immobiliari e della loro rendita. Questo data-base
alimentato dai dati provenienti da migliaia di professionisti,
costituirà un patrimonio utile per migliorare la qualità delle
perizie con valori di mercato maggiormente aderenti alla
realtà.
I Corsi Formativi su tale materia si stanno tenendo in ogni
provincia con l’apporto delle Università e di Geometri Liberi
Professionisti appositamente formati nel ruolo di tutors.
Nel complesso, è possibile affermare che la Categoria dei
Geometri Italiani sta tenendo fede alla qualità delle originarie
prestazioni professionali e sta, tramite la formazione, compiendo
larghi passi in avanti per continuare ad essere sempre attuale
nel mondo contemporaneo.
12
Here we have a new profession: the “Certified Valuator”. He can
be the only independent expert, free from all conflicts of interest.
His training and certification has to come from an independent
structure, such as the competent Professional Organisation.
Of course, this new valuation procedure requires the utilisation
of a data-base of the real-estates values (those that are certified
by existing deeds or required assessments with a specific
motivation).
In Italy, the value of a real-estate is classified by the “Territory
Agency” for fiscal purposes, and by the “Trade Board” in order
to supervise the whole situation. Nevertheless, all theirs reports
are written on the basis of the Builders Association’s suggestions
and according to the Real-estate Promoters’ Union’s valuations.
Anywhere, both for the way data are collected, and for their
source, we can not entirely trust them: they are often imprecise
(they refer to a maximal-minimal range of identification in a
specific territory).
Together with the Territory Agency and the Authorities that
represent the Bank System, we are trying to create a database
that can show the actual value of real-estates and its presumed
income. As a lot of professionals are financially supporting this
structure, it will become a useful resource for the improvement
of the valuation expertises that establish the real market value of
every real-estate.
Educational Courses about this are been carried on in every
Italian county, with the help of many Universities and Surveyors
specifically trained for that.
After all, I’m proud to say that in Italy our Category is still
carrying out its original tasks, with all the necessary quality
of performance. Through our education and training we are
prepared to face all the challenges that a changing world would
present.
www.shutterstock.com/Zsolt Nyulaszi
ANNO II
www.shutterstock.com/auremar
PREVIDENZA
SIPEM
Sistema Informativo
Pratiche Edilizie
e Monitoraggio
SIPEM è il nuovo sistema di gestione telematica dei processi
connessi al Piano Casa. Una vera rivoluzione in edilizia rivolta
ai Geometri Liberi Professionisti e tecnici che consente di offrire
migliori servizi ai cittadini.
L’anno appena trascorso ha visto la società confrontarsi con la
crisi internazionale, una “grave” recessione del mercato IT e
dei servizi ad esso connessi che, nonostante prevista, non si è
riusciti ad attenuare.
Il Governo ha varato lo scorso anno il “Piano Casa”, dal quale si
attendono significativi contributi per il rilancio dell’economia
del settore, ma soprattutto per soddisfare i fabbisogni abitativi
delle famiglie e introdurre semplificazioni procedurali nel
campo dell’edilizia.
Bisogna comprendere che il mondo sta cambiando e
dobbiamo usare nuovi parametri per affrontare: la crisi
energetica, la crisi dell’acqua, la crisi dei trasporti. Un insieme
di cose che sta entrando in un’epoca di globalizzazione, dove
la concorrenza sempre più forte e sleale potrebbe accentuare
i problemi.
Uno dei mezzi per contrastarla è senz’altro puntare sulla
velocità di cambiamento nel mondo della comunicazione e
della tecnologia che sarà molto più elevata rispetto agli anni
passati. Internet è il mezzo più utilizzato capace di trasformare
il mondo in un ambiente interattivo dove server, client,
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ANNO II
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
diversi dispositivi e utenti collaboreranno e interagiranno
su più livelli, fornendo e utilizzando software e servizi di
business. Il web è ormai la fonte di servizi che potranno essere
usati a richiesta, indipendentemente dall’ubicazione e dalla
tecnologia di realizzazione.
Per questa realtà il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri
Laureati con la Cassa Italiana di Previdenza Geometri hanno
sottoscritto, il 9 ottobre 2009, la Convenzione con ANCI
(Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) avente per
oggetto lo sviluppo di un servizio di gestione telematica
funzionale al “Piano Casa”.
I soggetti attuatori per la progettazione, la realizzazione
e la gestione di tale servizio sono ANCITEL S.p.A.
(società di riferimento dell’ANCI per la gestione dei
processi d’innovazione tecnologica e organizzativa) e
GROMAsistema® s.r.l. (società della CIPAG per le attività di
project management, produzione di software).
Questo nuovo servizio, denominato SIPEM (Sistema
Informativo Pratiche Edilizie e Monitoraggio), è dedicato alla
gestione telematica dei processi connessi alla trasmissione,
acquisizione e monitoraggio complessivo dei titoli autorizzativi
riguardanti gli ampliamenti edilizi e demolizioni/ricostruzioni
edilizie presentate ai Comuni nell’ambito del “Piano Casa”.
L’obiettivo è duplice: offrire ai Comuni un servizio agevole
e di qualità, migliorandone la gestione e puntando verso
una progressiva dematerializzazione e standardizzazione
del procedimento autorizzatorio in materia edilizia e, nel
contempo, fornire un servizio ai Professionisti abilitati che
consentirà di usufruire di:
• attivazione e accesso via web alle proprie cartelle 24 ore
su 24, 7 giorni su 7;
• assistenza tecnica attraverso delle FAQ ed un help-desk
dedicato;
• sicurezza nell’accesso/autenticazione al servizio con
l’utilizzo della chiave usb, che per i geometri sarà data
in dotazione su richiesta a tutti gli iscritti all’Albo
professionale;
• Firma Digitale dei documenti utilizzando la stessa
chiavetta usb sulla Denuncia Inizio Attività, sulla
relazione tecnica asseverata e sul resto dei documenti
elettronici da lui preparati, o su atti e documenti cartacei
scansionati per copia conforme;
• semplificazione della fase di preparazione e presentazione
della domanda relativa ad ogni singola pratica con precise
indicazioni sugli allegati da preparare e informazioni
aggiuntive sui contenuti degli stessi, in base alla normativa
nazionale e regionale e alla disposizione regolamentare
del singolo Comune;
• notevole risparmio di tempo visto che tutti i documenti
sono elaborati, allegati, trasmessi ed archiviati
esclusivamente in formato elettronico, con date certe
e pieno valore legale tra le parti coinvolte, senza che
possano essere ripudiati da terzi per vizi formali;
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•
Comodità e sicurezza nei pagamenti dato che il
Professionista potrà pagare dal proprio ufficio o da casa
il costo del servizio SIPEM e i diritti di segreteria relativi
a ciascuna pratica, sia con carta di credito (POS virtuale)
o compilando elettronicamente un bollettino postale
attraverso Pronto Bancoposta (anche attraverso il portale
Geoweb).
Il Sistema e già in fase di collaudo, la sua ufficiale presentazione
è stata programmata al FORUM PA (Fiera di Roma) nel
prossimo mese di maggio.
La campagna di informazione ai Comuni ed ai Collegi
Provinciali dei Geometri è già partita con l’invio di un kit
informativo.
Siamo convinti dell’efficienza di questo mezzo. La vera
rivoluzione è data dalla certezza della procedura e l’efficacia
della prestazione. Il successo dell’iniziativa dipenderà
dall’adesione dei professionisti e dei geometri sempre sensibili
alle innovazioni per servire la committenza con la migliore
professionalità.
•
•
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•
•
•
•
Equilibrio tra standardizzazione e personalizzazione
Il sistema incorpora formati standard della Denuncia di inizio
attività e dell’istanza di permesso di costruire, predisposti
con l’ausilio di esperti legali e di settore; tali formati sono
comunque modificabili sulla base delle specifiche esigenze
del Comune.
Casella di Pec dedicata
È prevista, per ciascun Comune aderente al servizio, una
casella di posta elettronica certificata per il colloquio con i
professionisti.
Garanzia sul riconoscimento della qualifica del mittente
Grazie a un processo verificato per l’adesione al sistema da
parte dei professionisti.
Gestione semplice e veloce delle comunicazioni
Tramite un canale sicuro ed affidabile per il colloquio tra
Comune e professionisti.
Monitoraggio delle pratiche e statistica
Per avere sotto controllo, in tempo reale, lo stato dei
procedimenti autorizzativi.
Archivio elettronico delle pratiche
Che consente la conservazione sostitutiva, in un apposito
archivio digitale, di tutti i documenti che compongono le
pratiche.
Risparmio dei costi e maggiore produttività del lavoro
Assicurata dalla definizione di schemi standard per la
presentazione delle domande, la predisposizione di iter di
verifica predefiniti e la possibilità di conservazione sostitutiva
delle pratiche relative al piano casa.
Comitato Tecnico
CNGeGL – Marco Nardini, Ezio Piantedosi
CIPAG – Diego Buono
GROMAsistema® – Alessandro Benvegnù
AVVENIMENTI
MADE expo 2010
Presenze in crescita
nonostante la crisi
Nei padiglioni
idee e soluzioni
innovative
per il rilancio
delle costruzioni
Bilancio con segno positivo per la terza edizione di MADE
expo che, nonostante la crisi, ha fatto registrare 242.152
presenze (di cui 23.810 stranieri) con un incremento del 21%
sul 2009. La manifestazione internazionale dedicata al mondo
del progetto e delle costruzioni, tenutasi dal 3 al 6 febbraio
scorsi a Fiera Milano Rho, si è confermata evento leader del
settore. Un appuntamento commerciale di punta nel calendario
fieristico e insieme un momento di confronto per gli operatori
e per il rilancio del settore, con un’offerta qualificata di idee e
proposte ad alto contenuto di innovazione.
Sui 90.000 mq di esposizione sono state 1.700 (di cui 254
estere) le aziende che hanno presentato i loro prodotti e le
soluzioni dimostrando – come sottolineato dagli organizzatori
dell’evento – “una grande tenacia a voglia di reagire al difficile
momento economico”. E lo stesso spirito ha caratterizzato
gli oltre 180 appuntamenti e iniziative che hanno scandito i
quattro giorni di manifestazione, mettendo in luce i temi più
rilevanti del costruire contemporaneo.
Le soluzioni per uscire dalla crisi, nonché i modelli che
caratterizzeranno il futuro delle costruzioni sono stati i temi al
centro dei numerosi momenti di confronto svoltisi, a partire dal
convegno inaugurale della manifestazione. Un’iniziativa (“Il
domani del mondo e l’Expo 2015”) che ha posto l’accento
anche sull’importanza che riveste l’Esposizione Universale
16
L’ingresso alla Fiera
di Milano da più intervenuti (a partire dall’onorevole Lucio
Stanca, Amministratore Delegato dell’Expo), definito come
“un acceleratore di sviluppo” e un’occasione da non perdere
per il sistema imprenditoriale italiano.
Squarci del futuro prossimo sono arrivati dall’economista
Jeremy Rifkin che ha ribadito la sua ormai nota ed affascinante
teoria dell’imminente avvio della Terza rivoluzione industriale.
L’era economica che segnerà la fine dei combustibili fossili e si
baserà sull’energia diffusa. Dove milioni di edifici – le nostre
case – grazie alle nuove tecnologie, diventeranno ‘centrali
elettriche’ alimentate da fonti di energia rinnovabile che potrà
essere accumulata o ridistribuita. Ed insieme contribuiranno
a formare una rete elettrica mondiale ed intelligente. Una
sorta di internet dell’energia.
Altrettanto suggestivo l’intervento dell’architetto Stefano
Boeri che ha posto l’accento sulla necessità di “una nuova
etica urbana”, per combattere il modello di sviluppo estensivo
(l’anticittà). Un’etica attenta a riportare l’attenzione sulle
potenzialità delle energie imprenditoriali molecolari che
abitano le città e sulla “molteplicità di paesaggi (agricoli,
energetici, ricreativi, didattici…) che la sfera rurale può
offrire alla sfera urbana”. Ed in definitiva sulla Natura,
riconoscendole quel ruolo negatole nell’ultimo secolo
dall’estensione irrazionale delle città.
Dagli scenari al presente e alla fotografia della crisi che
sta attanagliando il settore delle costruzioni. Indicativi,
al proposito, i dati forniti alla platea del MADE expo
da Federcostruzioni (la federazione Confindustria delle
associazioni del settore – 100, in rappresentanza di 30.000
imprese – costituitasi un anno fa e presieduta da Paolo
Buzzetti). Nel 2009 gli investimenti in costruzioni hanno
registrato un calo rispetto al 2008 di circa il 10%. Tutti i
comparti sono in difficoltà. La nuova edilizia residenziale
perde il 19%, il non residenziale diminuisce del 10% e il
mercato dei lavori pubblici, che avrebbe dovuto svolgere una
forte funzione anticongiunturale, cala dell’8%.
Come uscirne? Alcuni indirizzi di prospettiva sono venuti
dagli interessanti incontri svoltisi all’interno del “Forum
della Tecnica e delle Costruzioni”, probabilmente la sezione
tematica più interessante di questa edizione della Fiera.
A partire da quella che si è delineata come una comune
chiave di lettura: in attesa che il Governo italiano, come
auspicato a più riprese, faccia la sua parte con incentivi al
settore, le imprese devono scommettere sempre di più sulla
ricerca e l’innovazione che rappresentano oggi la principale
opportunità non solo per superare la crisi ma anche per
recuperare i ritardi rispetto al resto d’Europa.
Per quanto riguarda la direzione e gli ambiti specifici sui quali
puntare, indicazioni preziose vengono, dal Piano Nazionale
della ricerca che, anche grazie al contributo del “Tavolo per la
Ricerca sulle Costruzioni”, ha definito gli indirizzi strategici
per le attività di ricerca e sviluppo tecnologico dell’industria
delle Costruzioni individuando tre macro aree.
Edifici puliti ed energeticamente efficienti. Se si pensa
che negli edifici si ha circa il 40% del consumo totale di
energia, si comprende come lo sviluppo delle tecnologie
per il raffreddamento/riscaldamento dell’acqua, delle
tecnologie impiantistiche evolute (domotica) ed in generale
delle tecnologie per usi elettrici e termici nel settore civile e
terziario, possono contribuire significativamente a ridurre i
consumi.
Infrastrutture e Reti di Servizio. L’obiettivo è quello di
sviluppare soluzioni e tecnologie innovative finalizzate alla
valorizzazione e conservazione del patrimonio, con criteri di
sicurezza, fluidità, accessibilità e sostenibilità.
Recupero del Costruito esistente. In Italia, secondo
alcune previsioni, rappresenta circa il 65 % del mercato nei
prossimi anni. La priorità è quella di affrontare e risolvere
le problematiche di efficienza energetica, sicurezza a seguito
di eventi naturali e, in generale, di elevazione degli standard
abitativi e di fruizione.
IstantHouse 2010
I progetti premiati
Nel corso della manifestazione sono stati presentati i progetti
vincitore e premiati del concorso IstantHouse, iniziativa
promossa da FederlegnoArredo srl in collaborazione con il
Politecnico di Milano e rivolta a studenti e a neolaureati delle
facoltà di Architettura, Ingegneria e Industrial Design italiane
e straniere, quest’anno dedicata al tema “Temporary housing
Soundscapes”, ovvero l’ambiente e il paesaggio sonoro nelle città
contemporanee.
Selezionato dalla Giuria tra i 201 progetti provenienti da tutto
il mondo il primo premio è andato a Marco Gazzola, Elisa
Fortuna e Elena Panza dell'Istituto Universitario di Architettura
di Venezia Iuav, che, con il loro progetto, hanno proposto una
barriera continua da collocare nelle aree che si trovano tra i
binari ferroviari e le case, che serva per contrastare il rumore dei
treni e che sia allo stesso tempo anche un luogo di convivialità.
La barriera è stata concepita come una infrastruttura abitabile,
costruita quasi interamente con materiali riciclati e provenienti da
processi di lavorazione del legno. La commissione l’ha premiata
per la sua efficienza nel proteggere gli spazi individuali e per le
caratteristiche ecosostenibili. Al secondo posto si è classificato il
progetto di Chen Jun Ho, laureato in Architettura al Politecnico
di Milano: sua la soluzione della "casa nella casa", apprezzata per
la cura dei dettagli costruttivi. Terzo premio, infine, ai portoghesi
Gabriela Pinto e Diogo Ramalho, il cui progetto si è distinto per
l'uso interessante di un materiale fonoisolante come il sughero.
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AVVENIMENTI
Tourism Real Estate:
all’Arsenale di Venezia
sfila il meglio
dello sviluppo
immobiliare turistico
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La “Vela” di Dubai
per lo sviluppo immobiliare turistico, e le diverse tipologie di
turismo, dai viaggi religiosi ai Golf resort.
Forte la presenza delle associazioni di categoria e delle
professioni: CNGeGL – Consiglio Nazionale dei Geometri
e dei Geometri Laureati, Assoimmobiliare, Federturismo,
AICA – Associazione Italiana Catene Alberghiere, ULI
– Urban Land Institute, IFMA – International Facility
Management Association, IBA - International Bar Association
(che rappresenta a livello mondiale i professionisti del foro),
l’Associazione delle Dimore Storiche Italiane e ANCI
Veneto sono solo alcune delle realtà già coinvolte che si daranno
appuntamento a Venezia.
Importante a questo riguardo anche l’adesione di FIAIP –
Federazione italiana agenti immobiliari Professionali, che
rappresenta il network nazionale delle agenzie immobiliari e
aprirà il dibattito delle conference TrE al mercato delle seconde
case all’estero.
All’interno della manifestazione fieristica non mancherà infatti
anche un’area riservata al "Business to Consumer", che
ospiterà le agenzie immobiliari di alto profilo e i privati, con
l’intento di intrecciare anche una rete di scambi tra i proprietari
di ville e residenze esclusive e i loro potenziali acquirenti.
TrE si connota, infatti, come evento fortemente verticale,
che coinvolge tutti i protagonisti dello sviluppo immobiliare
turistico. Tra le più alte cariche istituzionali e le rappresentanze di
categoria che sarà possibile incontrare a TrE, hanno confermato
la propria presenza anche il Ministero della Difesa, il Network
dei Demani europei PuREnet, le Regioni Veneto, Sardegna,
Puglia e Basilicata e, tra i grandi operatori privati, UniCredit
e il fondo d’investimento Est Capital SGR.
www.shutterstock.com/Steve Rosset
È Tom Wright, il celebre architetto britannico che ha progettato
la “Vela” e ridisegnato lo skyline di Dubai, l’ospite più atteso
delle conference TrE – Tourism Real Estate. Spetterà a lui
guidare il dibattito sulle nuove tendenze architettoniche e
stilistiche, che hanno modellato lo sviluppo del mercato real
estate turistico negli ultimi dieci anni e che ne ridefiniranno
l’assetto futuro: così l’edificio diventa icona, capace di
catturare l’attenzione internazionale e divenire ‘marca’.
La lectio magistralis dell’archistar sarà infatti dedicata alla sua
opera più famosa, il Burj al-Arab, che con la sua caratteristica
struttura a forma di vela è divenuto simbolo di una città, di un
Paese e di un’intera economia.
Questo non è che uno dei numerosi eventi organizzati
nell’ambito di TrE – Tourism Real Estate, l’expo &
conference in programma all’Arsenale di Venezia dal 15 al
18 aprile 2010. Promosso da Expo Venice, è il primo evento
espositivo italiano diretto a favorire l’incontro tra domanda
e offerta di immobili a destinazione turistica, che si rivolge
direttamente agli operatori internazionali del Real Estate di
qualità, alle Amministrazioni locali, ai territori e all’intera
filiera professionale del settore turistico che si ritroveranno in
Laguna per quattro giorni di incontri e business relation.
All’interno dell’ampio programma di convegni e tavole rotonde,
il dibattito si aprirà alle linee di sviluppo, ai territori in via di
espansione e ai progetti più innovativi che stanno ridefinendo
i trend di mercato. Ciascun convegno sarà diretto a valorizzare
parallelamente punti di vista differenti e complementari allo
sviluppo degli interventi, la progettazione, il finanziamento
e la gestione, attraverso un dibattito allargato che coinvolga
i diversi protagonisti del settore: le società di progettazione
e costruzione, i developer, le catene alberghiere, ma anche
le banche, i fondi di investimento, le città e le Pubbliche
Amministrazioni.
Si parlerà della compravendita e della valutazione degli immobili
a destinazione turistica e delle nuove politiche finanziarie nel
settore , passando per i grandi eventi e le infrastrutture, volano
PROGETTI
Auditorium
Oscar Niemeyer
Ravello
L’Auditorium Oscar Niemeyer di Ravello, pensato per dotare la
cittadina della costiera amalfitana di un contenitore d’eccellenza
per lo svolgimento di eventi musicali e culturali durante l’intero
arco dell’anno, è stato inaugurato nel gennaio scorso. L’opera
rappresenta l’ennesimo capolavoro dell’architetto brasiliano che
ha progettato oltre 600 edifici di grande pregio ed originalità
realizzati in tutto il mondo.
A lui, oggi ultracentenario, si era rivolto nell’anno 2000 Domenico
De Masi, sociologo e presidente della Fondazione Ravello,
ottenendone una risposta entusiasta e, in virtù dell’amicizia,
l’impegno a realizzare il progetto senza richiedere per sé alcuna
parcella.
In questo articolo, con il corredo delle immagini gentilmente
fornite dalla Fondazione Ravello e tratte – come parte dei testi –
dal volume “Auditorium Oscar Niemeyer Ravello”, si presentano
gli aspetti principali dell’opera attraverso le parole di alcuni fra
progettisti (in primis Niemeyer) tecnici e costruttori che, insieme
agli altri professionisti, fra i quali numerosi geometri, hanno
contribuito a realizzarla.
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Oscar Niemeyer, uno dei massimi architetti viventi è nato a
Rio de Janeiro il 15 dicembre del 1907. Nel 2000 aveva 93
anni e, ricorda Domenico De Masi nel volume sopra citato,
“allora come oggi lavorava intensamente. Era l’unico architetto
che aveva progettato un’intera capitale: Brasilia. Insieme a Le
Corbusier aveva firmato il Palazzo delle Nazioni Unite a New
York”. Per lui, durante gli anni dell’esilio in Francia, si mosse
anche l’inflessibile Charles De Gaulle che firmò una deroga
esclusiva sollevandolo dal divieto, vigente allora, che proibiva
agli architetti stranieri di firmare i progetti …
Insomma un “palmares” indiscutibile quello dell’architetto
brasiliano che, però, ricorda De Masi, forse non sarebbe stato
sufficiente “a far sognare un capolavoro di Niemeyer per
Ravello, se non ci fosse stata un’intima consonanza tra il suo
stile e il nostro”.
“Come in tutta l’area amalfitana – scrive ancora De Masi – così
nell’architettura di Niemeyer domina la linea curva e il colore
bianco. La cultura in cui è radicata la sua architettura è quella
solare, ardita ed equilibrata al tempo stesso, che unisce tutti i
paesi latini, al di qua e dal là dell’Atlantico”.
Già, la linea curva così importante nelle forme dell’Auditorium
e tanto amata da Niemeyer, come testimonia un suo scritto:
“Non è l’angolo retto che mi attrae,
e nemmeno la linea retta, dura, inflessibile,
creata dall’uomo.
Ciò che mi attrae è la curva libera
sensuale. La curva che incontro
nelle montagne del mio paese, nella
donna preferita, nelle nuvole
del cielo e nelle onde del mare.
Di curve è fatto tutto l’universo.
L’universo curvo di Einstein”.
L'architetto Oscar Niemeyer
Il progetto
Data l’età, Niemeyer non si è recato fisicamente a Ravello, ma
nella fase di ideazione del progetto, come ricorda l’ingegner Josè
Carlos Sussekind (che da decenni collabora con l’architetto ed
ha seguito tutte le fasi del lavoro relativo all’Auditorium) “ha
potuto conoscerne il meraviglioso paesaggio tramite le numerose
fotografie che gli erano pervenute”. Un’analisi che lo ha portato
ad “accorgersi subito, in un processo quasi dialettico, sia delle
difficoltà insite nella conformazione tipica del terreno, piccolo,
pieno di forti dislivelli (anche se tra gli appezzamenti disponibili
questo era il migliore), sia del rigore frenante delle norme
giuridiche da osservare, sia dell’importanza del programma
da rispettare. Tutto questo rappresentava un problema
architettonico molto singolare, una sfida, un rompicapo che
poteva risolversi solo con una soluzione unica”.
Tra tutti gli edifici concepiti da Niemeyer, l’insieme
dell’Auditorium e della piazza di Ravello, ricorda ancora
Sussekind, costituisce certamente uno dei progetti con la
minor superficie totale disponibile e per questo motivo “è un
vero gioiello”, un lavoro di alta ‘oreficeria’.
E, se ce ne fosse bisogno, la conferma della “difficoltà” del
progetto e dell’impegno messo dall’architetto brasiliano, si
ritrova nelle righe della “spiegazione necessaria” che Niemeyer,
ha allegato ai disegni e al plastico del progetto preliminare.
Uno scritto illuminante dal punto di vista delle principali scelte
progettuali compiute.
“Iniziando i disegni del progetto, ho subito sentito che questa
non era un’opera facile da progettare.” Anche perché il terreno,
continua l’architetto, si presentava “irregolare, stretto, con una
inclinazione molto accentuata”.
“ … Non pensavo affatto a un’opera costosa che potesse implicare
dei movimenti di terra non necessari e perciò ho assunto come
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ANNO II
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MARZO - APRILE 2010
In alto,
L’Auditorium
A destra,
Oscar Niemeyer e il progetto
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foto auditorium di Giovanni Di Natale
Il cantiere (agosto 2008)
punto di partenza la decisione di localizzare il parterre esattamente
secondo l’inclinazione data”.
“E il progetto ha cominciato a sorgere. L’ingresso dell’Auditorium,
un grande salone aperto sul paesaggio, un muro curvo e basso
che crea il palcoscenico, il parterre, il mezzanino e la cabina di
proiezione. Un muro doppio servirà d’accesso, grazie ad una scala
proiettata in esso, ai servizi sanitari e, a un livello più basso,
all’ambiente per le macchine dell’aria condizionata, che utilizzerà
per l’inalazione gli spazi vuoti esistenti.
Con questa soluzione ho preservato il volume progettato, in modo
da evitare divisioni alte che avrebbero potuto comprometterlo.
Sono ritornato al plastico e ho constatato che l’entrata
dell’Auditorium doveva essere più protetta, ampliando la sua
copertura in forma spettacolare, il che ha conferito al progetto un
aspetto nuovo, capace di creare la sorpresa desiderata.
In seguito, analizzando l’insieme, ho verificato che la posizione
dell’edificio in rapporto alle strade circostanti non permetteva ai
passanti di avere un veduta più completa della sua architettura.
E allora ho disegnato la piazza stretta, che, io credo, arricchita da
questo panorama magnifico, potrebbe costituire, indipendentemente
dall’Auditorium, un luogo d’incontro di particolare interesse. Al di
sotto di questo sarà costruito il parking con una capacità di 100
vetture – una relazione corretta, se si considera un Auditorium da
500 posti”.
“E io – conclude la sua nota Niemeyer – mi metto a immaginare,
soddisfatto, questa piazza costruita, degna – forse – della città di
Ravello, una delle più belle d’Europa”.
Le sfide costruttive
Per quanto riguarda la realizzazione dell’opera, le principali
sfide, oltre a quelle di carattere logistico (la coincidenza
perfetta del profilo planimetrico dell’edificio con le
dimensioni del lotto ha di fatto, reso necessario lo sviluppo in
progress del cantiere, parallelamente all’esecuzione dei lavori,
con incantieramenti e scantieramenti ripetuti) sono state
quelle relative alla realizzazione della calotta e la posa in opera
delle grandi vetrate, come si può desumere dall’intervento
dell’architetto Luca Vitelli, Responsabile del Cantiere.
“La calotta espressione più pura dell’amore di Niemeyer
per la linea curva, è il risultato dell’inviluppo di generatrici
geometriche difficilmente riconducibili ad assetti simmetrici
o ripetitivi e quindi cangianti a seconda della loro posizione
lungo l’asse longitudinale. La sua realizzazione ha richiesto
una struttura provvisionale e una cassettatura che per le
altezze da superare rispetto al piano di calpestio dell’aula e
per la complessità della sua geometria, hanno determinato un
progetto nel progetto.
La natura e la composizione del calcestruzzo, poi, hanno
rappresentato un altro impegno straordinario: un calcestruzzo
ad alta resistenza ma di peso contenuto, due parametri
inversamente proporzionali a cui dare il giusto equilibrio”.
“Le grandi vetrate a doppia pelle ed inclinate a 45 gradi
– prosegue Vitelli – sono state poste in opera ad altezze
considerevoli con l’ausilio di ventose ed argani per le loro
non trascurabili dimensioni e peso: 190 centimetri di lato
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Il cantiere (febbraio 2009)
I crediti del progetto
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per circa 200 chili di peso”.
I lavori di costruzione sono iniziati nell’ottobre del 2006 e
durante gli oltre 3 anni di attività, a conferma dell’interesse
verso l’opera, si sono svolte diverse visite guidate al cantiere
tra le quali quelle dell’Istituto Geometri Vanvitelli di Cava
de’ Tirreni e dell’Università “Federico II” di Napoli.
Significativa, riguardo all’approccio verso il progetto di
Niemeyer, anche la testimonianza dei rappresentanti delle
aziende costruttrici per i quali la costruzione dell’Auditorium
ha rappresentato “una sfida imprenditoriale e tecnica diversa
da tutte quelle affrontate prima”.
“Per evitare errori e per rispettare la volontà del progettista
– ricordano Andrea Pacifico e Salvatore Tessitore –
completato l’esecutivo ci recammo in Brasile per incontrare
Oscar Niemeyer. Eravamo consapevoli che, accanto alla
corretta esecuzione, era necessario comprendere se quello
che stavamo realizzando corrispondesse ai desiderata del
Maestro. Avemmo così l’opportunità di conoscere Niemeyer
ormai centenario, che trasmise a tutti noi, durante quegli
incontri, un’energia e un amore per l’architettura che ancora
portiamo dentro”.
“Il viaggio fu un’esperienza profonda che, almeno per una
volta, ha restituito al nostro lavoro la dignità che avevano i
costruttori delle cattedrali medioevali, quando l’osmosi fra
imprenditori, che allora erano chiamati capomastri, operai
e tecnici, era tale da confondere i ruoli di tutti in un’azione
sinergica, tutta tesa alla costante verifica della qualità di ciò
che si andava realizzando”.
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Progetto preliminare:
Oscar Niemeyer
Progetto definitivo:
Rosa Zeccato (Comune di Ravello) con la consulenza di
Oscar Niemeyer
Progetto esecutivo:
Studio Gnosis, Macchiaroli & Partners, Interprogetti,
Giuseppe Sarubi, Elleti
Direzione Lavori:
Rosa Zeccato
Imprese costruttrici:
Delfino, Edil Atellana, Pacifico Costruzioni
Costo:
18,5 milioni di euro (Fondi Ue)
Posti a sedere:
400
Posti auto:
107
Superficie del cantiere:
2.600 mq
Metri cubi realizzati:
22.000
Servizi:
sala di registrazione, sala prove, camerini
I geometri e l’Auditorium
Alla costruzione dell’Auditorium nelle diverse fasi e per
competenze hanno partecipato i geometri :
• Antonio Camarda
Responsabile, supervisione lavori per la PaCo S.p.A.
• Guglielmo Villani
Responsabile, Capo Cantiere per la scarl Auditorium
Ravello
• Francesco Murino
Responsabile Contabilità/supporto: qualità, sicurezza,
rilievi topografici
• Giuseppe Raimo
Responsabile attività topografica
COSTRUIRE
Legno e acqua
toccata e fuga!
di Franco Laner
Architetto, Laner è professore ordinario di Tecnologia
dell’architettura ed insegna presso l’Università Iuav di
Venezia.
La sua attività di ricerca riguarda la storia della tecnologia,
sistemi costruttivi antisismici, sperimentazione di materiali
edili, in particolare legno e laterizio, in quanto è sperimentatore
del Laboratorio Ufficiale prove dell’Iuav.
In quarant’anni di attività di ricerca, ha pubblicato memorie
ed articoli, circa 400, fra cui diversi libri, specie sull’impiego
del legno. Con quest’ultimo materiale ha progettato e calcolato
impegnative strutture, in parte riportate nel suo libro “Il
legno lamellare, il progetto”, sia di nuova concezione, sia di
ristrutturazione, come il Teatro “la Fenice” di Venezia.
Il tema della durabilità è oggi quello che richiede maggior
attenzione per soddisfare la richiesta, anche di legge, per
garantire una vita utile di cinquant’anni delle opere di legno.
È possibile rispondere a questa esigenza con un progetto
conforme, ben studiato nei particolari costruttivi e fare in
modo che l’acqua non ristagni mai sul legno, ma che scorra
subito via.
Si suggeriscono due concetti per la durabilità: il progetto
di facile sostituzione degli elementi più vulnerabili e quello
di “sacrificio”, ovvero protezioni e rivestimenti che si
sacrificano per proteggere le parti più delicate ed esposte.
Nel nostro Paese è ben radicata l’idea che la casa, costruita
spesso con fatica e spesa, sia un bene che debba durare a lungo,
in modo che i figli dei figli dei nostri figli lo possano godere!
Quasi che il nostro spirito, incorporato nella casa, possa con
essa sopravvivere!
Alcuni materiali, pietra e mattone, sembrano possedere
questa qualità: un nuraghe di pietra o un mausoleo di
mattoni hanno vinto la sfida del tempo.
Il legno può perforare la coltre dei secoli solo se è stato
messo in opera in particolari condizioni. Essenziale è
la condizione che non sia a contatto o esposto all’acqua,
in tutte le sue forme. Legni in queste condizioni sono a
testimoniare la possibilità di durabilità. L’arredo ligneo della
stanza sepolcrale del faraone Tutankhamun è ancora intatto
26
Figura 1 - In tutto l’arco alpino la protezione delle teste delle travi è
consuetudine. Marcita la tavoletta, facilmente la si sostituisce
e ci sono strutture di tetti di chiese e case di alcuni secoli
ancora in opera. Ricordiamoci però che le caratteristiche che
derivano dall’essere materiale organico - l’unico impiegato
nelle costruzioni, mentre tutti gli altri sono inorganici - lo
condannano naturalmente al degrado conformemente al
perfetto disegno divino.
Noi possiamo, con artefici, prolungarne la vita.
Cercherò dunque di suggerirne qualcuno, ma la regola
fondamentale è una sola: fare in modo che l’acqua, in tutte
le sue forme, non ristagni sul legno.
Toccata e fuga! Appunto.
Nell’edilizia residenziale è quasi impossibile evitare che
alcuni elementi non siano in qualche modo esposti
all’umidità: vuoi per pioggia di stravento, per vapore
acqueo prodotto dalla normale attività umana, vuoi per
condensa o ponti termici. Dove permane anche una sola
molecola d’acqua, lì si formano batteri, muffe, funghi. Lì
inizia il degrado. E allora? Abbandoniamo il concetto di
eternità del legno come materia e cerchiamo piuttosto di
non perdere la funzionalità del bene. Se una parte va fuoriservizio, facciamo in modo che si possa facilmente sostituire.
Pensare in termini di sostituzione, significa predisporre già
nel progetto tale possibilità sostitutiva degli elementi più
vulnerabili.
L’altro arteficio a cui si può ricorrere per prolungare la vita
delle opere di legno è quello del “sacrificio”. In altre parole
a protezione di parti vulnerabili, si mettono elementi che
si sacrificano per proteggerli. Sui concetti di sostituzione
e sacrificio si basano le strategie per la durabilità delle
opere di legno: questa è la lezione che si ricava dalla grande
tradizione dell’uso di questo materiale.
A ciò è necessario unire la manutenzione, ovvero quella
indispensabile cura che il valore del bene reclama: si attui
questo concetto con una razionale programmazione e
periodica manutenzione dell’efficienza del bene, seguendo
i piani e i libretti di manutenzione che le più attente ditte
forniscono e soprattutto raccogliendo le indicazioni che
lo stesso legno subito denuncia con cambi cromatici che
palesa quando soffre (vedi figura 2).
foto figura 3 - Elisa Borsoi
foto figura 2 - V. Brustolon
Figura 3 - Pali in classe di rischio 5: la zona di bagnasciuga è
micidiale, ogni anno c’è una riduzione di sezione. La sostituzione è
l’operazione di manutenzione propria di Venezia
Figura 2 - Impietosa denuncia della mancanza di una attenzione
costruttiva. La mancanza di sporto del tetto espone la parete al rapido
degrado
Classi di rischio e durabilità naturale
La normativa sulla durabilità, per effetto europeo, è assai
ricca anche nel nostro Paese. Ciononostante siamo un po’
pigri e non c’è ancora la mentalità di recepirla!
In particolare - e di grande aiuto per il progetto della
durabilità - si dovrebbero conoscere (v. es. Tabelle UNI EN
350) le specie legnose che naturalmente – senza trattamenti
preservanti – resistono di più agli attacchi biotici (ad
esempio, per restare su specie europee, naturalmente
durevoli sono la robinia, il rovere, il castagno, il larice,
eccezionale il cipresso, mentre fra le extraeuropee si
possono citare il beté, l’iroko, il padouk, il tek).
L’altro importante concetto riguarda l’introduzione delle
classi di rischio – cinque – che in pratica distinguono il
tipo di ambiente, dal punto di vista dell’umidità, in cui il
legno dovrà coesistere.
Classi
di
rischio
Situazione generale di
servizio
Descrizione
dell'esposizione
a umidificazione
in servizio
1
Non a contatto con
terreno, al coperto (secco)
2
La tabella 1 definisce le cinque classi di rischio, condizione
prima che il progettista dovrà assumere nello scegliere la
specie da impiegarsi o addirittura se il legno sia consigliabile:
se ad esempio progetto una casa sull’acqua è giusto sapere
subito che la vita di un palo infisso nell’acqua non sarà
comunque lunga e la zona di bagno-asciuga è micidiale
per ogni specie legnosa (vedi figura 3)!
Così come si escluderanno subito, per legni esposti
all’acqua, tutte le specie naturalmente poco durabili,
come l’abete, che invece potrà essere convenientemente
impiegato in classi di rischio 1 e 2. Eppure continuo a
vedere passerelle di lamellare di abete su corsi d’acqua,
luogo umido per eccellenza! E per di più senza copertura
superiore!
Distribuzione degli agenti biologici
Funghi
Insetti 1
Termiti
Organismi marini
Nessuna
-
U
L
-
Non a contatto con
terreno, al coperto (rischio
di umidificazione)
Occasionale
U
U
L
-
3
Non a contatto col
terreno, non al coperto
Frequente
U
U
L
-
4
A contatto con terreno o
acqua dolce
Permanente
U
U
L
-
5
In acqua salata
Permanente
U
U
L
U
Tabella 1
UNI EN 335/2: Classi di
rischio e distribuzione degli
agenti biotici
U - Universalmente presente
in Europa
L - Localmente presente in
Europa
1 - Il rischio di attacco può essere
non significativo a seconda delle
particolari situazioni di servizio
27
ANNO II
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
Assumere in fase preliminare il concetto di classe di
rischio, significa progettare non solo con la specie idonea,
ma anche i particolari costruttivi conformi, che spesso
consentono di abbassare la classe di rischio: proteggere il
legno esposto, ad esempio, consente di passare dalla classe
4 alla 3, se non alla 2. La tabella 2, tradotta dal volume
del CTBA, mostra le relazioni fra classe di rischio e specie
legnosa. I francesi, per ciò che riguarda la durabilità, sono
assai sensibili ed invito a guardare all’impiego del legno
con interesse proprio a questo Paese, che ha condizioni
ambientali assai simili alle nostre e la cui attenzione alla
durabilità è assai alta.
Classe di rischio
Specie legnosa
classe 1
classe 2
classe 3
classe 4
Ontano
no
no
no
no
Castagno
sì
sì
sì
sì
Quercia
sì
sì
sì
sì
Acero
no
no
no
no
Larice
sì
sì
sì
no
Pino nero
sì
sì
no
no
Robinia
sì
sì
sì
sì
Abete rosso
no
no
no
no
Olmo
sì
sì
no
no
Pioppo
no
no
no
no
Iroko
sì
sì
sì
sì
Azobé
sì
sì
sì
no
Doussié
sì
sì
sì
sì
Framiré
sì
sì
no
no
Bété
sì
sì
sì
sì
Wengé
sì
sì
sì
no
Tabella 2
Relazione fra alcune specie legnose e classi di rischio
sì = la specie legnosa, privata dell’alburno, è utilizzabile senza
trattamento di preservazione,
no = la specie legnosa non è utilizzabile senza trattamento di
preservazione.
In classe 4 la durabilità è stimata per una durata di 10 anni, di
25 anni per le altre classi
L’originale della tabella è nel libro “Guide de la préservation du
bois”, CTDB, Parigi, 1998
Qualora la durabilità della specie legnosa prescelta sia
insufficiente per una classe di rischio definita, diventa
necessario il trattamento di preservazione. Purtroppo però
non tutte le specie sono impregnabili, nel senso che il
trattamento non “penetra”. Anche tale conoscenza (UNI
EN 599) è utile. Ad esempio è inutile trattare il larice,
perché è specie “non impregnabile”. Nemmeno l’abete
rosso è impregnabile. Lo è invece il pino, che oltre tutto è
specie assai durabile.
Per ciò che riguarda il calcolo, il legislatore ha introdotto
coefficienti riduttivi a seconda dell’ambiente in cui il legno
sarà posto in opera, distinguendo 3 classi di servizio.
28
Concetto di sacrificio
Nel progetto col legno grande attenzione va posta alla
durabilità dei componenti strutturali, anche perché da
essi dipende la sicurezza. Essi possono essere salvaguardati
con l’impiego di elementi di sacrificio, con rivestimenti e
protezioni che appunto vengono sacrificati per proteggere
parti importanti.
Ci sono esempi mirabili e di grande sensibilità: cito spesso
umili tavolette che proteggono le teste delle travi (vedi figura
1, pag. 26) oppure il rivestimento dei ponti di legno alpini, ma
anche semplici mensole, che poste sotto le travi principali o le
catene delle capriate, non solo decorano, ma che, facilmente
removibili, aiutano l’isolamento e l’integrità delle teste, oltre
a svolgere compiti statici importanti (minor luce in caso di
travi appoggiate, aumento sezione resistente al taglio in caso
di intagli di teste di capriate).
Quando in opera si trovano inequivocabilmente elementi
di sacrificio, è logico e corretto intervenire e sostituirli: voler
a tutti i costi “conservarli” è un’ovvia sciocchezza, contraria
alle intenzioni del progetto e alla durabilità. Eppure quante
battaglie con rigidi “conservatori” che del progetto col legno
poco capiscono! Chi elimina o sostituisce parti di un’opera
è giudicato un “criminale” e sottoposto a processo di lesa
conservazione e non è facile dimostrare che gli elementi
manomessi fossero di sacrificio!
La conservazione della materia è fortemente e culturalmente
radicata nella nostra mentalità nazionale. Ma io credo
che sia da conservare lo spirito dell’opera, ovvero la sua
concezione strutturale e progettuale. Altrimenti è meglio
parlare di feticismo. Ovviamente ci sono dei casi in cui anche
la conservazione della materia è assolutamente doverosa.
Eliminare una mensola decorata o finemente intagliata è
delittuoso: in questi casi si userà tutta la nostra conoscenza ed
intelligenza tecnica per conservare il bene!
Oggi c’è forte tendenza all’impiego di rivestimenti lignei di
intere pareti esterne. La funzione può essere di cappotto, o
semplicemente estetica, ambientale o decorativa.
Figura 4a - Le teste e rondelle dei bulloni non devono sporgere,
perché l’acqua ristagna e comincia il degrado!
Figura 4b - Importanza del rompi goccia: la sua mancanza provoca
lo scorrimento dell'acqua nell'estradosso della trave e il suo ristagno
nell'attacco col muro
illustra come il principio sia quello di fare in modo che l’acqua
non possa mai ristagnare, nemmeno sulla testa di un chiodo.
Importante è anche fare in modo che non ci sia l’effetto
“teiera”, quello per cui una goccia di liquido, per attrito, non
si stacca dal beccuccio della teiera: a tal fine servono angoli
acuti (vedi figure 4a e 4b).
L’impiego del legno come rivestimento al fine di
raggiungere finalità tecnologiche, estetiche e compositive
non deve però mai far dimenticare che il legno non sarà
eterno: perciò si progetti sempre pensando che prima o
poi dovrà essere sostituito, anche per parti o pezzi singoli,
esattamente così come un intonaco, prima o poi, dovrà
essere rifatto (vedi figura 5).
A questo proposito, riporto una domanda di un collega di
progettazione: è meglio che le doghe, o assi, o perline del
rivestimento siano verticali od orizzontali?
La tessitura verticale contribuisce a snellire, allungare
la facciata, mentre quella orizzontale l’appiattisce,
l’allarga. Dal punto di vista tecnologico sarei tentato
di dire che preferisco che la venatura sia parallela allo
scorrere dell’acqua, così come sono messe le scandole o i
rivestimenti della tradizione, ma anche la posa orizzontale
del rivestimento ha esiti egualmente soddisfacenti, se si fa
in modo che l’acqua non trovi punti di ristagno.
La scelta della specie è di grande importanza per la durabilità,
ma molto contribuisce il particolare costruttivo. Lo schizzo
della testa di un bullone e rondella, che non devono sporgere,
Figura 5 - Casa di legno non protetta. Nonostante il rivestimento di
larice, l’esposizione alla pioggia e ai raggi ultravioletti degraderanno
la superficie. Niente paura se il rivestimento è stato progettato per la
facile sostituzione!
Figura 6 - La sostituzione di un dente rotto di un rastrello à
facile perché è stata progettata. Questa mentalità di facile
sostituzione, va estesa anche alla carpenteria lignea
Concetto di sostituzione
Porto spesso come esempio per illustrare il concetto di
sostituzione uno straordinario arnese di legno: il rastrello
per fieno, largo, lungo, leggerissimo, ma anche fragile:
spesso infatti qualche dente si può rompere. Nessun
dramma. La forma tronco-conica del dente di carpino (o di
altra specie dura, come il corniolo, il pruno…) è progettata
proprio per la sua facile sostituzione, ma anche per essere
ribattuto, se per secchezza il dente dovesse ciondolare (vedi
figura 6). Anche l’innesto del lungo manico di abete nella
rastrelliera ha forma tronco-conica, o a forcella e dunque
facilmente sostituibile sia se si rompe il manico, sia la
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| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
rastrelliera, generalmente di legno di frassino.
La forma tronco-conica – detto per inciso – è quella
del cuneo, formidabile macchina semplice, regina ed
onnipresente nella carpenteria lignea, per forzare, per
chiudere e serrare, o viceversa per aprire: essa declina tutta
la più alta e tradizionale carpenteria lignea. Il cuneo è
pressoché indispensabile ed il suo intelligente uso, oltre
che utile, è bello.
Se si sa dunque che un elemento o una parte di una struttura
andrà fuori-servizio, bisogna progettare la sua sostituzione.
Come già detto, inevitabilmente un palo in acqua, marcirà
nella zona di bagno-asciuga. Allora perché non predisporre
in corrispondenza della zona critica un attacco, removibile, in
modo da sostituire facilmente la parte ammolorata? E così per
tante altre situazioni, magari con l’aiuto, per difficili incalmi,
della tecnologia a controllo numerico, che oggi consente di
eseguire in brevissimo tempo, lavorazioni complicate e di
quasi impossibile realizzazione manuale.
Il tema è dunque aperto all’immaginazione ed al progetto! Si
attendono esiti!
E già alcune proposizioni di tesi di laurea hanno colto nel segno,
proponendo interessanti dettagli costruttivi per elementi di
facile sostituzione in caso di fuori-servizio. Particolarmente
interessanti sono quelle lavorazioni che escludono spigoli
vivi di contatto e ricorrono ad arrotondamenti, molto più
resistenti, in quanto lo spigolo vivo è il luogo di innesto
dell’energia di frattura (è un cuneo!).
Il concetto di sostituzione è per così dire, incarnato nella
cultura tecnica del legno.
Sullo sfondo c’è l’homo faber, che costruiva ciò che gli
serviva e la distinzione fra oggetti d’uso o strutturali non era
marcata da divisioni di competenze o ruoli. Il tetto della casa
era costruito dallo stesso contadino che preparava attrezzi,
utensili, mobili, macchine, suppellettili, giocattoli, ma anche
strumenti musicali e di ogni specie ne conosceva anche il
potere calorifico… ed il materiale per eccellenza è sempre stato
il legno. Sono propenso a pensare che in tutte le applicazioni
col legno ci sia una permanenza di archetipi concettuali ed
applicativi: ho già detto del cuneo, ma sulla stessa linea ci sono
gli stati di coazione, ovvero la capacità di sfruttare nel tempo
l’energia preindotta in trappole, armi, strutture, ma anche la
capacità di sfruttare di ogni specie legnosa le sue specifiche
risorse, cosa oggi in gran parte persa dall’omologazione del
materiale ligneo, senza distinzione di specie. Chiamiamo
infatti semplicemente albero ogni pianta che produce legno e
non sappiamo distinguere, non dico un larice da un abete, ma
nemmeno una resinosa da una latifoglia!
Particolari costruttivi
Il particolare costruttivo dimostra la capacità di progettare.
È – nel progetto col legno – la prova inequivocabile dell’uso
consapevole di questo materiale e restituisce la concezione
strutturale sottesa.
30
Nel particolare si dimostra la capacità di coniugare bellezza
e razionalità. Esso dovrebbe mettere assieme morfemi e
tecnemi, ovvero l’aspetto formale e di ornato con le ragioni
della statica, della durabilità, dell’economia. In una parola
mettere insieme architettura ed ingegneria.
Dal particolare costruttivo si può risalire alle intenzioni
del progetto ed esso, come il frammento di uno specchio,
contiene in nuce tutte le categorie dell’intero.
Per progettare un particolare costruttivo è necessario conoscere
l’eziologia del degrado del legno. Se non si conoscono infatti
quali siano le cause del degrado del legno, si realizzeranno
particolari costruttivi sbagliati. Se si sbagliano i particolari,
specie i nodi di confluenza di aste – difficilmente vanno
fuori servizio gli elementi strutturali – ci potranno essere
conseguenze drammatiche.
Spesso sono chiamato a dirimere contenziosi sulla qualità del
legno in opera. Tutti gli occhi sono fissati sempre sulle fessure,
in genere da ritiro, degli elementi strutturali. Per prima cosa
invece guardo dove la trave o gli arcarecci si appoggiano: da
come è risolto il particolare capisco la capacità del carpentiere
e del progettista e risalgo alla sicurezza dell’opera. Il più delle
volte consiglio di rinforzare i nodi e di lasciar perdere le
fessure che sono fisiologiche, mentre i particolari sono la vera
fonte delle patologie.
La qualità del materiale si accompagna alla qualità esecutiva
e progettuale: ho visto di rado qualità alta del magistero
costruttivo coniugata a materiale scadente, che invece si
accompagna spesso con imperizia tecnica!
Si tratta sempre e comunque di far in modo che il legno
non conviva con l’acqua, poiché nei suoi confronti è sempre
perdente.
Si dovrà sempre allontanarla se ne viene a contatto e da questa
semplice osservazione ne deriva che spesso basta predisporre
pendenza e l’acqua se ne va!
Tutte le superfici piane esposte contraddicono al progetto di
allontanamento dell’acqua.
Anche un semplice corrimano esposto deve avere forma
concava: se piana o convessa l’acqua ristagna con tragiche
conseguenze! Così per una qualsiasi tavoletta esterna – la
pedata di un gradino o il piano di calpestio di una passerella
- farò in modo di creare una lieve convessità o perlomeno di
porla in opera in modo che l’imbarcamento per essiccazione
e ritiro sia convesso e non concavo. Ed il midollo sia verso
l’esterno!
Allontanare l’acqua dalle fabbriche – principio categorico
per Palladio – significa fare tetti con sporto, con gronde e
pluviali. E’ ben vero che oggi lo sporto sembra un inutile
orpello e si preferisce la pulizia e l’asciuttezza geometrica della
linea del tetto con quella della facciata, ma noi dobbiamo
essere capaci di mettere assieme funzione e bellezza (vedi
figura 7).
Un altro problema che spesso si presenta riguarda le modalità
di realizzazione dell’interfaccia solaio di legno e muro.
foto M. Fiorindo
ANNO II
Figura 7 - Il tetto protegge gran parte della facciata, mentre lo
sbalzo dell’interpiano protegge il resto. Per di più la costruzione
è sollevata, distaccata, dal terreno. Perciò è lì da molti anni!
Nella stragrande maggioranza dei casi, le travi di legno
si innestano agli ormai indispensabili cordoli di c.a., o a
travi di c.a., sia in zona sismica, sia non sismica, in modo
che struttura verticale ed orizzontale siano fra loro ben
ammorsate.
L’interfaccia con la semplice muratura, si ha nell’edilizia
storica, dove la cerchiatura dei muri portanti può essere
diversamente realizzata (con arpesi, reme, tirantature,
incastri a coda di rondine) ed in questi casi sopperisce la
trattatistica tradizionale.
Quando il legno va nel c.a., non ci sono ovviamente problemi
se il solaio è di legno-calcestruzzo, poiché l’ammorsatura è
garantita, altrimenti bisogna ricorrere a staffe, bandelle o
altri apparecchi di interfaccia, altrimenti l’ammorsatura
non è garantita.
Se non è necessaria l’ammorsatura, ma è sufficiente
l’appoggio, basta predisporre la sede per la trave e se si hanno
problemi di umidità, dovuta a ponti termici, o a pioggia
battente, o a risalita capillare, si lasci, attorno alla testa della
trave una intercapedine affinché l’aria possa circolare e
tenere asciutta la testa. Se non ci sono problemi di umidità,
si può gettare la testa nel c.a.
L’interposizione di un dormiente è sempre da coltivare, sia
per la facile unione del legno col legno, sia perché facilmente
rimovibile in caso di deterioramento.
Insisto spesso su di un altro argomento. Le teste delle travi
sporgenti, che formano lo sporto, o un poggiolo, sono
spesso tagliate a 90°.
Non solo non mi piacciono, per la banalità del gesto, ma
così facendo si offre molta superficie alla pioggia ed ai raggi
ultravioletti. Proprio perché a sbalzo, la mensola si può
rastremare, con motivi di ornato, ma soprattutto prevedendo
un gocciolatoio, altrimenti l’acqua arriva all’attacco col
muro con effetti disastrosi.
Manutenzione
Il problema della manutenzione del legno riguarda
essenzialmente le classi di rischio 3 e superiore.
In classe di rischio 1 e 2 - legno non a contatto con l’acqua
- ci si può limitare ad ispezioni periodiche, pluriennali, per
verificare eventuali attacchi di insetti o infiltrazioni accidentali
d’acqua.
Nelle case di abitazione, principale oggetto di questo scritto,
la manutenzione riguarda dunque il legno esposto.
La manutenzione non consiste solo nel rinnovo dei trattamenti
biocidi, ma anche nel verificare se ci siano ristagni d’acqua che
si riconoscono per la diversa cromia che il legno evidenzia. In
questi casi si può subito intervenire per eliminarne le cause.
Nella manutenzione rientrano anche quelle opere di
sostituzione degli elementi di sacrificio e di parti ammolorate,
con incalmi, fettoni o interi componenti, specie se già previsti
in progetto.
Eseguire foto di parti esposte, a partire dalla conclusione
dell’opera e a scadenza di 3-5 anni, è molto indicativo per
capire ed individuare le parti più vulnerabili e quindi indicare
cure mirate. Ovviamente sono più vulnerabili le parti
orizzontali, rispetto a quelle inclinate dove l’acqua non si
ferma. Micidiali sono piccoli interstizi dove l’acqua oltretutto
non evapora, L’origine dell’acqua ha fonti diverse, non solo
meteorica, ma soprattutto per condensa - diabolici i ponti
termici - e anche l’eccessiva umidità relativa dell’ambiente
è dannosa (si pensi alla produzione di vapore di bagni e
cucine). In molte località del nostro Paese ci sono periodi di
nebbia persistente e fitta, ma anche le opere vicino e sopra
corsi d’acqua sono più a rischio.
La manutenzione si esplica dunque per la classe di rischio
3 (legno non a contatto col terreno, ma non riparato). La
periodicità degli interventi deve essere intensa per i primi
anni per individuare subito eventuali punti di attacco in
atto e quindi provvedere, specie laddove l’acqua si infila e
ristagna.
Molto utile, per far scorrere l’acqua ed evitare ristagni anche
minimi, risulta l’impiego di cere.
Oltre al legno, l’attenzione va rivolta alle parti metalliche,
non solo per verificare l’efficienza dei serraggi e delle tesature,
ma anche alle parti di contatto legno-acciaio, dove di solito si
innescano patologie.
In caso di attacchi di muffe, funghi o parassiti si procederà
ad interventi mirati con appositi prodotti oggi disponibili in
commercio.
Per la classe di rischio 4 (vedi figure 8a e 8b, pagina 32)
(legno a contatto col terreno ed in acqua dolce, con l’acqua di
mare è la classe 5), che però non riguarda l’oggetto di questa
pubblicazione - spero infatti che gli elementi di legno di una
casa siano isolati dal terreno - l’azione di monitoraggio ha per
principale scopo la verifica della progressione del degrado,
per decidere il momento di intervento sostitutivo.
Il progetto di edifici di legno dovrebbe escludere la classe di
31
ANNO II
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
Sopra,
Figure 8a e 8b - Barriere antirumore di terra e legno sull’autostrada
A4. Sono durate solo un lustro, anche se la specie legnosa, il wengé
è particolarmente durabile. Ma qualsiasi legno a contatto con
l’acqua è destinato a marcire!
A destra,
Figura 9 - Stavkircke. La durabilità è garantita dalla facile
sostituzione dei componenti, anche degli elementi a contatto col
terreno. Affermare che il legno ha grande durabilità perché ci sono
manufatti –come le sempre citate stavkircke- che sono lì da 7-800
anni è una sciocchezza, poiché quasi nessun pezzo è originale, ma
sono stati più volte sostituiti. Originale invece è l’architettura, che
in questo caso non è da confondersi con la materia che la sostanzia
rischio 4. Quando si pianta nel terreno un palo, si sappia che la
sezione dopo alcuni anni sarà inevitabilmente ridotta. Anche
per un semplice palo di recinzione, bisogna fare in modo che
ci sia un apparecchio di isolamento, oppure prevedere la sua
facile sostituzione.
Che il legno a contatto col terreno non duri è da sempre
risaputo: ogni casa della tradizione ha un basamento di pietra
e se il legno è a contatto col terreno, si può sempre facilmente
sostituire (vedi figura 9).
Concludendo, l’attenzione alla durabilità delle opere lignee, se
si ha a cuore l’avvenire ed il successo di questo materiale, deve
diventare obiettivo principe e l’allontanamento dell’acqua
una ossessione paranoica!
32
COSTRUIRE
Scuola svizzera
di Ingegneria
per l’industria
del legno
34
Considerata un esempio nell’ambito delle moderne costruzioni in legno
(come testimoniano le numerose pubblicazioni ad essa dedicate) l’attuale
sede della Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno di Biel è
stata realizzata (1999) su progetto degli architetti Meili e Peter, vincitori
di un concorso indetto dall’istituto nel 1992 il cui bando prescriveva
esplicitamente l’uso del legno.
Proprio in quegli anni, infatti, la scuola, fondata nel 1949 e originariamente
dedicata all’insegnamento dell’Economia forestale, avviava l’attività di
formazione degli ingegneri e necessitava di nuovi spazi e di un ampliamento
degli edifici originari.
Nelle pagine che seguono, la descrizione del progetto e delle sue caratteristiche
principali e alcune “riflessioni” e motivazioni degli architetti Meili e Peter
in merito alle scelte operate in fase progettuale.
L’edificio, prospettiva isometrica
La Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno è
situata tra le aree residenziali alla periferia di Biel e le zone
industriali alle pendici meridionali del massiccio dello Jura.
Nel periodo in cui viene indetto il concorso le costruzioni
preesistenti erano soprattutto laboratori di produzione a un
piano e capannoni di stoccaggio che, per la loro disposizione,
le loro coperture quasi piatte e la loro omogeneità con il
territorio circostante, rappresentavano il modello tipico
dell’edificio scolastico del periodo post-bellico in Svizzera.
Le vaste dimensioni della Scuola - come si legge nella
documentazione illustrativa – necessitavano di un progetto
in grado di valorizzare il potenziale del sito, preservando
allo stesso tempo il più possibile le condizioni esistenti.
Il progetto degli architetti Meili e Peter sfrutta strutture
estremamente differenti nel loro rapporto con il complesso
architettonico nel suo insieme e nella sua disposizione
interna. Un ampliamento dei laboratori di produzione
nell’ala sud si snoda attorno alle costruzioni esistenti, in
armonia con l’esigua altezza delle aule ad un piano dove viene
lavorato il legno. Al contrario, le nuove aule scolastiche vere
e proprie sono situate in un edificio a quattro piani realizzato
in legno. Esso si trova accanto ai laboratori e torreggia
maestosamente sui loro tetti scarsamente inclinati. Le sue
dimensioni e le sue proporzioni rasentano la disarmonia,
creando una “tensione estetica” con le strutture basse.
Il complesso delle aule scolastiche è costituito da cabine
lignee con un’estesa struttura di base. Grazie all’ampiezza
delle campate che si può realizzare in un’architettura in
legno è stato possibile progettare l’edificio in modo che la
struttura modulare si adattasse perfettamente a quella di
singole aule e delle loro eventuali suddivisioni.
Le travi strutturali vengono assemblate in base ad una griglia
compositiva. Amplissime aperture sulla facciata fanno eco
alla struttura di base, che rappresenta al tempo stesso una
sorta di involucro per le estese finestre e, grazie alle balaustre,
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MARZO - APRILE 2010
differenza ortogonale nella suddivisione delle spinte statiche
sia percepibile sia dall’esterno, sia dall’interno.
I materiali e le strutture sono stati scelti in base alla loro
resilienza e funzionalità. All’interno dell’edificio, una
zona centrale circolare costituita da un blocco in cemento
Photo: © Georg Aerni
un autentico sostegno per la soffittatura sottostante.
I soffitti sono fatti di sottili travi in legno grezzo, incollate
l’una accanto all’altra in modo da formare una superficie
uniforme per il piano superiore. La distanza fra i moduli
delle aule è coperta da terrazze esterne in modo tale che la
A sinistra,
Vista esterna
Sotto,
Elevazione aule con costruzione
36
Sopra,
Corridoio con finestra
A sinistra,
L’interno di un’aula
37
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prefabbricato consente alla struttura di corrispondere alle
normative riguardo alla prevenzione anti-incendio e alla
ripartizione delle forze statiche. Componenti prefabbricati
in legno o in materiali lignei, che sono stati usati ai lati e
sopra il nucleo in cemento, hanno consentito di costruire
rapidamente il tetto dell’edificio. Pur avendo consentito
la sperimentazione di nuove tecniche di fabbricazione
di materiali di costruzione in legno a livello industriale,
tali elementi rappresentano soprattutto una componente
essenziale del concetto spaziale di questo progetto. Progetto
nel quale l’idea di modulo rigido costituisce l’elemento
chiave. La volumetria delle aule è considerata come un’unità
integrata in una struttura composta di spazi aperti e chiusi.
Tali spazi sono assemblati in modo tale che la luce possa
penetrare all’interno attraverso le aperture. Le linee armoniose
lungo la superficie lignea della facciata, alternate con gli scorci
sull’interno della costruzione, costituiscono un piacevole
effetto di chiaro-scuro.
Non limitandosi ad adattare ed estendere un modello
tradizionale di edilizia, l’uso del legno in questo progetto
ha dato vita a una nuova definizione degli spazi interni
di un edificio e delle proporzioni fra loro. In base a questa
concezione di architettura, le ampie aperture e gli squarci “in
esterno”, inseriti in un edificio che li contenga, costituiscono la
realizzazione nello spazio dell’interazione fra laboratori pratici
e aule scolastiche.
Il “concept”
del progetto
“La Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno - come
scrivono gli architetti Meili e Peter in un testo dedicato al progetto
- al fine di potersi sviluppare ulteriormente, ha voluto utilizzare
più intensamente le proprietà a disposizione, tenendo in massima
considerazione la presenza degli edifici esistenti. Strutturare il sito
è stato molto importante per questo progetto: la scuola era come
una sorta di “isola” situata fra l’area residenziale alla periferia della
città e l’area industriale in espansione alle pendici meridionali del
massiccio montuoso dello Jura. Poter collocare una fabbrica a un
piano e un capannone di stoccaggio in luogo aperto, armonizzare
la loro pendenza in rapporto al terreno, l’inclinazione del tetto a
due falde e inserire tali strutture in un parco con un laghetto sono
diventati elementi essenziali e coerenti con il paesaggio.
Il nuovo edificio in legno a quattro piani è stato posto proprio
accanto agli impianti di produzione, in modo da creare una sorta
di elevazione rispetto ai tetti bassi a livello inferiore. Proporzioni
quasi in contrasto tra loro, una organizzazione innovativa delle
masse: la forma piatta delle costruzioni in legno tradizionali dello
sfondo è in contraddizione con il nuovo edificio, composto da
una serie di moduli lignei. Con la vasta conoscenza ed esperienza
in strutture con estese campate in legno abbiamo potuto far
corrispondere la singola aula scolastica a un elemento di base, in
modo tale che la struttura modulare fosse adattata alla suddivisione
spaziale dell’aula.
La struttura di ogni classe è considerata come un’unità a sé stante,
integrata in una costruzione dotata di spazi chiusi e di spazi aperti,
armonizzati in base all’architettura dell’intero edificio. Il tutto è
connesso in modo che l’illuminazione venga proiettata negli spazi
interni attraverso quelli esterni.
Perché tanto interesse da parte nostra in questa immensa costruzione
in legno? E’ presto detto: l’espressività scultorea, l’imponenza fisica di
una struttura nella quale la tangibile presenza di linee superficiali sulla
facciata e gli scorci aperti sull’interno rendono percepibile il vivido
contrasto fra luce e ombra. Scompaiono stavolta le regole nell’unire e
nel collegare, maestria tipica della edilizia in legno tradizionale, fatta
di strutture e rivestimenti. La struttura in sé appare sproporzionata
e, una volta tanto, ciò che sostiene l’intero edificio appare come un
mero rivestimento.
Tale approccio architettonico e tecnico-strutturale delle possibili
espressioni geo-compatibili ed ecologicamente sostenibili di estesi
edifici in legno rappresenta un’innovazione nel tradizionale costruire
in legno”.
Lo Studio
Meili, Peter Architekten
Lo Studio Meili, Peter Architekten è stato fondato nel 1987 a
Zurigo da Marcel Meili e Markus Peter che hanno realizzato il
loro primo edificio nel 1993. Nel corso degli anni, lo Studio, che
può vantare numerosi studi e progetti sperimentali di prestigio, si
è indirizzato con sempre maggior dedizione verso la realizzazione
di grandi opere e progetti di pianificazione urbana. Gli architetti
Meili e Peter sono entrambi autori di pubblicazioni editoriali
e fatto parte, in qualità di membri attivi, di giurie di concorsi
in Svizzera e all’estero. Meili è inoltre professore di architettura
presso il “Contemporary City Institute” (ICC) dell’ETH di
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Zurigo a Basilea. Peter ha svolto attività didattica presso la ETH fino
alla primavera del 2002.
Realizzazioni più significative:
Ponte in legno a Murau (Austria) 1995
Scuola svizzera di Ingegneria per l’industria del legno a Biel (Svizzera) 1999
Swiss Re - Center for Global Dialogue a Rüschlikon (Svizzera) 2000
Park Hyatt Hotel a Zurigo (Svizzera) 2004
Centro Helvetia a Milano (Italia) 2009
SOCIETÀ E COSTUME
Costruire
con sentimento
La sfida
di Femia e Peluffo
Intervista all’Agenzia di Architettura 5+1
Soggetto collettivo, animato e stimolato dalle menti dei due
soci fondatori, Alfonso Femia e Gianluca Peluffo (architetti,
entrambi classe 1966), l’Agenzia di Architettura 5+1 non è
semplice da raccontare. Non certo perché manchino, tra i loro
progetti (il nuovo Palazzo del Cinema di Venezia, i Frigoriferi
milanesi e il Palazzo del ghiaccio, la Torre orizzontale della
nuova Fiera di Milano, solo per citarne alcuni), elementi di
creatività e spunti di interesse dal punto di vista architettonico
e costruttivo. O, nella loro ‘poetica’, originalità e “linee
strategiche” chiare e affascinanti.
Piuttosto, per il motivo contrario. Tante sono le opere progettate
e in gran parte realizzate (principalmente, ma non solo, tra
l’Italia e la Francia) in neppure quindici anni di attività e
cospicua (un po’ in stile avanguardia) è la “narrazione” che
dagli esordi accompagna e illumina il loro percorso.
In questa intervista, realizzata con Alfonso Femia e Gianluca
Peluffo, nello studio di Milano (che insieme a quelli di Genova
e Parigi ospita i circa 30 professionisti dell’Agenzia) un breve –
e non esaustivo – viaggio alla scoperta dei temi e dei modi del
progettare e costruire dell’Agenzia 5+1.
40
Partiamo dal vostro marchio, un sottomarino. Perché?
“E’ il nostro modo per dire che ormai da troppo tempo
in Italia, e non solo nel campo dell’architettura, si fa del
surfing, restando in superficie rispetto alle questioni più
importanti, mentre invece riteniamo che occorra andare sì
veloci, ma in profondità. Correndo i rischi ed affrontando
i pericoli che ci sono in profondità. Scendendo in silenzio,
nella scelta dell’obiettivo da porsi.
Sin dagli esordi ci siamo sempre divertiti nel trovare un
simbolo, un’idea, per rappresentare la nostra attività, ma
anche il modo di essere e di lavorare. Prima i pinguini, per
dire che siamo tutti uguali e che viviamo in un’era del gelo.
Poi il sottomarino, che è quel luogo straordinario dove
uomini normali si trovano a fare cose speciali, per questioni
di sopravvivenza. Dove se non si lavora bene in gruppo si
rischia tantissimo. Pensiamo cos’è la dimensione dello spazio
in un luogo come il sottomarino. Alla sfida progettuale
sottesa che mette in relazione e risolve il rapporto tra le
dimensioni estremamente ridotte e le funzioni e i movimenti
che devono essere agiti dalle persone …”.
Ne “Il silenzio del sottomarino”, il “libro rosa” che si può
definire una sorta di “summa” del vostro lavoro e del modo
in cui lo interpretate, assegnate un forte valore al concetto
di sentimento.
“Nel volume abbiamo, innanzitutto, voluto rappresentare
dove e come il mondo reale e i progetti si confrontano
con il nostro mondo immaginario. E, in questo contesto,
Foto di Giuseppe Maritati
Gli architetti Alfonso Femia (a destra) e Gianluca Peluffo
Foto di Ernesta Caviola
mostrare, tra l’altro, quanto siamo particolarmente attaccati
ad una logica molto italiana della domesticità e all’intimità,
portata a sentimento semplice. Lì rimarchiamo anche
l’opportunità di parlare di architettura sentimentale o
emozionale perché pensiamo che chiunque si occupi di
architettura, di costruire, compie, prima di tutto, un atto di
trasformazione della realtà. Un atto che non può investire
solo chi progetta, o la proprietà, ma che direttamente o
indirettamente ricade anche sulle persone che attraversano
quello spazio o lo vivono, lo vivranno. Di conseguenza, la
considerazione di quanto l’aspetto umano, sentimentale
(che poi vuole dire ricercare l’idea più piacevole per creare
una situazione all’interno della quale una persona stia bene)
è importante e quanto questo debba venire pensato in
maniera specifica e non ripetitiva, perché ogni luogo ha la
sua identità, non solo geografica, ma appunto emozionale,
non può non appartenere al mestiere dell’architettura. Se
non consideriamo questo ‘paesaggio mentale’ diamo retta
alla legge sempre più imperante in Italia e diventiamo meri
prestatori di servizi.
Il sentimento è importante, anzi è imprescindibile perché
nutre il progetto. Si porta dietro una logica di responsabilità
degli atti di progetto, di risposta ad una visione che non
può non parlare di futuro. Che quindi, in sintesi, cerca di
unire la dimensione pragmatica che una professione deve
avere con una responsabilità visionaria. Di risposta futura,
di ricerca. L’uomo, secondo noi, si esprime nel bene e nel
male con i sentimenti, attraverso l’emozionalità. Tanto più
nel nostro lavoro che non può fare a meno di interagire
con gli altri, con le persone. Nell’atto del progetto e nel
suo sviluppo ci poniamo sempre in questo dialogo. Non
faremmo questo mestiere se non avessimo la possibilità
di poter mettere in gioco i nostri sentimenti e di poterci
confrontare con i sentimenti degli altri”.
Al di là dell’accenno fatto sopra, siete in generale piuttosto
critici con il panorama dell’architettura italiano. Cosa non va?
“In generale, anche se nel nostro Paese in maniera
più accentuata, viviamo un momento in cui,
incomprensibilmente, una contemporaneità sempre più
vicina tecnologicamente ha reso tutti molto più distanti.
Assistiamo a un rapporto freddo e asettico dell’architettura
con la realtà nel quale si afferma una visione, che noi
rifuggiamo completamente, all’interno della quale ciò
che dice l’architetto, perché considerato geniale, va bene
sempre e comunque. Si è creata una sorta di dicotomia
negativa dove da un lato abbiamo dei personaggi ritenuti
indiscutibili, anche se spesso fanno delle cose molto
discutibili, dall’altro un contesto fatto di tantissimi giovani
professionisti, architetti, che si confrontano veramente con
la realtà quotidiana e che, però, un po’ perché scoraggiati
dal sistema, un po’ perché non particolarmente supportati
dalle università, rimangono ai margini. Sa quante volte
ci siamo trovati di fronte a persone stupite dal fatto che
fossimo arrivati dove siamo senza essere nella cerchia dei
cosiddetti ‘salotti’ e pur essendo la prima generazione di
architetti delle nostre famiglie? E questo è sintomatico ed
indica una forte differenza, in negativo, fra l’Italia ed altri
Paesi”.
Per esempio la Francia, vostra terra d’elezione, dove di
recente avete aperto uno studio a Parigi?
“In Francia il nostro mestiere, oltre ad avere una funzione
pubblica, è rispettato, ed è, soprattutto, ancora un lavoro
Frigoriferi Milanesi e Palazzo del Ghiaccio (Milano).Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo, Simonetta Cenci
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dove anche oggi ci può essere un affrancamento sociale.
Se una persona che magari nasce da ‘umili’ origini, nella
banlieue di una qualsiasi città, è appassionata, quindi ha
un suo sentimento positivo di pulsione, ed ha talento, lì
può diventare un grande architetto e quindi fare la scalata
sociale. In Italia è molto più difficile che un ragazzo di
talento, magari del centro o del sud, riesca ad avere certi
risultati”.
Voi però ci siete riusciti. Come?
“E’ vero, noi abbiamo questa storia e lo troviamo ancora
oggi stupendo. Non siamo genovesi, eppure abbiamo
studiato a Genova. E abbiamo scelto quella città per
aprire uno studio quando lì non c’era lavoro. C’era anche
l’opportunità di andare all’estero ma la sfida era altro, in
termini sentimentali. Era aprire a Genova, tra amici e
provare questa avventura. Forse la differenza con altri, che
lungo il percorso si sono persi, sta nel fatto che noi abbiamo
sempre messo in conto che volevamo fare gli architetti, cioè
quell’atto di trasformazione della realtà attraverso il quale il
mondo delle idee deve confluire nel progetto. E di farlo a
tutto tondo, partecipando ai concorsi, cercando di lavorare
42
con commesse pubbliche, committenti privati. Aprendoci
verso tutte le cose che non sapevamo fare. Oggi, per fare un
esempio che ci pare importante, il nostro è uno studio a cui si
riconoscono le competenze per potersi esprimere sul territorio,
sui processi di trasformazione di una città. Sino a sette anni
fa per noi era una cosa impensabile, perché quel tema non
era nella nostra formazione. Come abbiamo fatto? Abbiamo
accettato la sfida e l’abbiamo affrontata come sempre. Laddove
le cose non si sanno fare e non si hanno esperienze, se ci si
mette con impegno sul lavoro e nella condizione di aprirsi
alle idee senza prendersi continuamente troppo sul serio e
sapendo rimettersi continuamente in discussione, c’è sempre
la possibilità di conquistare mentalmente delle posizioni”.
Come è organizzato il lavoro all’interno dell’Agenzia?
“Naturalmente anche le persone che lavorano con noi
sposano questo tipo di atteggiamento, che è abbastanza
unico rispetto ad altri studi perché, come si può immaginare,
si porta dietro impegno e fatica, anche in termini di relazioni
fra i diversi componenti del gruppo di lavoro. Nella nostra
organizzazione, anche se strutturata, ha sempre prevalso la
dimensione di una grande famiglia artigianale che ogni giorno
image courtesy of 5+1AA
“Nuove strutture direzionali per Sviluppo Sistema Fiera”. Rho (Milano),
Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo & Jean-Baptiste Pietri Architectes
image courtesy of 5+1AA
si pone delle sfide. E questo fa sì che anche nella visione che
condividiamo al nostro interno tutto è progetto. Il lavoro che
fa la segreteria non si esaurisce nel puro fornire un servizio,
perché capire e gestire delle persone non è semplicemente
fornire un servizio ma è porsi all’interno di un progetto, nel
senso che ha il termine latino di portare fuori, portare avanti.
E’ fatica, certo, ma noi pensiamo che questa fatica, nel tempo
lungo, non può non portare dei risultati”.
Sempre nel “libro rosa” collegate il vostro modo di progettare
e lavorare con diverse parti del corpo umano, il cuore, la
mente, le mani, lo stomaco, i piedi …
“E’ vero e tutte sono importanti ed hanno una funzione
specifica che concorre all’unità del progetto. Prendiamo
ad esempio lo stomaco, che poi per noi si traduce con il
frigidaire. Amiamo dire che bisogna riuscire fare un buon
piatto con quello che c’è in frigo. Spesso in frigo c’è poco e
niente, e tante volte queste sono anche le condizioni iniziali
di un progetto. Quindi ne consegue che bisogna sapere fare
un buon progetto anche a partire da pochi, anzi pochissimi
elementi.
I piedi, invece, sottintendono la velocità. O meglio, per noi,
l’esigenza contemporanea di essere veloci nel quotidiano
(ma senza che ciò diventi qualcosa di famelico, di negativo)
e in parallelo di sviluppare un percorso più lungo, che
abbiamo messo in conto, attraverso i temi e i progetti che
vogliamo portare avanti. Ovviamente ci siamo organizzati
cercando, nel tempo, di essere sempre reattivi. Ma senza
quella presunzione per cui se un progetto è veloce e risponde
è perfetto.
Qualsiasi risposta progettuale ha determinate caratteristiche,
mette in campo situazioni, anche errori che, però, in un
feedback continuo, nel tempo, evolvono. Per cui può
darsi che il lavoro svolto per un progetto con il quale oggi
perdiamo possa essere fondamentale per farci vincere con il
progetto dell’anno dopo. E’ una logica in controtendenza
rispetto a quella che è un po’ la visione italiana per cui
ogni progetto deve essere “il progetto”, il capolavoro della
storia. Cosa impossibile nel nostro lavoro. Perché di certo
oggi riusciamo a rispondere ad un progetto in una maniera
migliore di dieci anni fa. Grazie all’esperienza che si è
Nuovo Palazzo del Cinema di Venezia. Progetto vincitore del Concorso internazionale.
Progetto architettonico e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo & Rudy Ricciotti
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tradotta in atti pratici ma anche in rapporti emozionali,
professionali e ci porta a vedere meglio”.
Parliamo ora del “tavolo progettuale”, quali sono, in questa
fase, i rapporti con le altre figure tecniche?
“Quando cominciamo un progetto il tavolo di lavoro è
sempre aperto. Diremo anzi che siamo fra i pochi studi
che hanno invitato, su nostri incarichi, dei professionisti
senza che nessuno ce lo avesse chiesto. Semplicemente
per poter condividere – a nostre spese, sia da un punto di
vista economico, sia di tempo – un progetto, un percorso
nel quale ritenevamo importante avere un contributo
dall’esterno. Quindi non con intenti strumentali o
commerciali ma, anche in questo caso, secondo una logica
sentimentale. Solitamente riteniamo importante che sia
presente da subito anche la componente di ingegneria,
quella tecnica, più pragmatica, perché arricchisce il mondo
delle idee che accompagna la nascita di un progetto. Una
nascita che avviene attraverso un dialogo che siamo pronti
a fare, anzi pretendiamo, ma solo con chi, come noi,
accetta la scommessa del mettersi in gioco e la sfida per
cui ogni progetto può ripartire da zero, pur di trovare la
giusta soluzione. E qui è bene sfatare un mito: non c’è
schizzo che possa determinare un progetto. Non esiste. E’
letteratura”.
Infine il cantiere. Quale è il rapporto con le persone che
costruiscono e danno corpo ai vostri progetti?
“E’ molto importante essere sul cantiere e l’ufficio di
Milano, inizialmente, nasce proprio per poterci consentire
di seguire da vicino, garantendo una qualità maggiore,
diversi progetti che avevamo in zona. Quando si va in
cantiere è, per noi, un momento straordinario dal punto
di vista umano perché si è parte di un processo che
coinvolge tante persone con ruoli molto diversi, ma tutti
indispensabili. E’ importante comunicare entusiasmo alle
persone impegnate nella costruzione perché, in un certo
senso, sono molto più loro autori di quell’edificio di
quanto possiamo esserlo noi. Sono loro che fisicamente,
con il lavoro, trasformano quella realtà e quanto più lo
fanno con passione, coraggio ed attenzione tanto più c’è il
salto di qualità nei risultati e quella diventa la loro opera.
Quindi anche in questo caso, il dialogo è fondamentale,
con le aziende e con i tecnici, perché non si può arrivare
ad un buon risultato senza un coinvolgimento completo
e profondo delle persone con cui si lavora. Qualche volta,
ovviamente, ci sono divergenze sulle modalità realizzative
di determinate parti dell’opera e in quei casi non ci
siamo mai tirati indietro. Siamo pronti a confrontarci
e perfettamente in grado di spiegare e motivare tutte le
scelte che si inscrivono sulle tavole dei progetti. Ma ad
una condizione fondamentale: che da parte dei nostri
interlocutori ci sia altrettanta disponibilità e il coraggio di
accettare la sfida che ogni progetto richiede, sino all’ultimo
giorno di lavori”.
44
5+1AA Agenzia di Architettura
Alfonso Femia Gianluca Peluffo
Alfonso Femia (1966) e Gianluca Peluffo (1966) sono soci
fondatori dello studio 5+1 a Genova nel 1995: tra il 1998 e
il 2005 realizzano il Centro visite e Antiquarium del Foro di
Aquileia (UD), il Campus Universitario nell'ex-caserma Bligny
di Savona, le direzioni del Ministero degli Interni nell'excaserma Ferdinando di Savoia di Roma.
Nel 2005 creano 5+1AA Agenzia di Architettura e vincono,
con Rudy Ricciotti, il concorso internazionale per il Nuovo
Palazzo del Cinema di Venezia (in costruzione).
Nel 2006 Simonetta Cenci diventa partner di 5+1AA. Lo stesso
anno, aprono un Atelier a Milano, dedicato allo studio e alla
sperimentazione sulla città contemporanea.
Nel 2007, in collaborazione con Nicola Spinetto, aprono
un'Agence a Parigi e sviluppano il Master Plan per l'Expo 2015
di Milano.
Nel 2008 vincono, con PetriArchitectes e Italiana Costruzioni
spa, il concorso internazionale per le nuove strutture direzionali
per Sviluppo Sistema Fiera a Milano (in costruzione). Sono
invitati in diversi concorsi in Francia tra cui a Parigi per
un intervento urbano nell’area Masséna Bruneseau, con
Moatti&Riviere.
Nel 2009 pubblicano l’opera “Cosa c’è in frigo?” (edizioni
AM/SilvanaEditoriale/Ante Prima), sulla riqualificazione dei
Frigoriferi Milanesi e del Palazzo del Ghiaccio e al loro lavoro è
dedicato il primo numero della rivista “Monograph.it” (edizioni
List). Vincono i concorsi per le riqualificazioni dei Docks di
Marsiglia, delle Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie di
Torino (con StudioPession Associato), del castello degli Orsini
di Rivalta di Torino.
Sono finalisti nei principali concorsi internazionali. In Francia
sono attualmente invitati in programmi pubblici e privati tra i
quali il Polo culturale e per la musica di Ris-Orangis (Parigi) e
il polo scolastico in boulevard Macdonald a Parigi.
Tengono conferenze e partecipano a seminari sulla città
contemporanea nelle principali capitali ed università europee.
Alfonso Femia è Professor alla KSU di Firenze e Professore a
Contratto di Progettazione Architettonica nella Facoltà di
Architettura dell’Università di Ferrara.
Gianluca Peluffo è Ricercatore presso la Facoltà di Architettura
di Genova.
Simonetta Cenci è collaboratrice alla didattica di progettazione
architettonica e urbanistica presso la Facoltà di Architettura di
Genova.
“E’ pazzesco come ci si dimentichi la modalità con la
quale, quando si è bambini, si esplora il mondo e si
conquistano conoscenze, sempre con il meccanismo
dello stupore e della meraviglia. E questa è davvero
la modalità con la quale noi scopriamo il mondo,
ci muoviamo negli spazi. Quando ci hanno chiesto
di progettare la scuola materna Bufalotta a Roma,
ci siamo rifiutati categoricamente di pensare che
un asilo dovesse essere, per l’ennesima volta, un
quadrato con un corridoio e delle stanze, un modello
che coincide con gli ospedali, con la caserme militari.
Ci siamo rifiutati di pensare che un bambino in un
luogo di istruzione non possa liberamente riferirsi
allo spazio. Allora abbiamo scelto una disposizione
degli ambienti nella quale, di fatto, è come se lo
spazio si costruisse intorno ai movimenti liberi
delle persone. Pensare che una scuola materna possa
essere la pianta di un stella, questo è essere sul piano
della meraviglia”.
image courtesy of 5+1AA
Scuola materna Cinquina
Bufalotta (Roma)
La meraviglia
Asilo e scuola materna Cinquina Bufalotta (Roma). Progetto architettonico
e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo con doppiomisto
“In un contesto tipicamente italiano in cui ciascuno
si è fatto la casa come voleva, totalmente privo di
spazi per la collettività, abbiamo fatto un edificio
destinato a servizi pubblici, tutto bianco, con due
grandi finestre quadrate che hanno il compito di
mettere in scena le cose e soprattutto le persone
che vivono all’esterno. Così che, quando si entra
dentro all’edificio, quello che è scena è ciò che sta
fuori. Viene data dignità a quella realtà. La si mette
in scena, senza voltargli le spalle e dando al tempo
stesso dignità anche all’intero contesto”.
“Qui la sfida è stata accettare un incarico che non
portava grandi compensi e dimostrare che, in un
piccolo centro di provincia (che è poi la specificità
italiana), su un edificio di appena 250 mq, si può
fare un progetto con una sua unità e specificità anche
con budget ridotti. In sintesi una precisa assunzione
di responsabilità, che, secondo noi, deve rientrare
appieno, fra i compiti dell’architetto”.
Foto di Ernesta Caviola
Centro espositivo S. Giovanni
(Casarza Ligure)
La responsabilità
Centro espositivo San Giovanni (Casarza Ligure) Progetto architettonico
e paesaggistico: 5+1AA Alfonso Femia, Gianluca Peluffo
45
ABITARE
Eleganti, ecologiche, prefabbricate. D’autore. Sono le case,
anzi le “haus” realizzate, prevalentemente in vetro e legno, al
ritmo di tre alla settimana, dal gruppo tedesco di proprietà
della famiglia Huf. Gioielli di stile e degni esempi della
cultura e della tecnologia costruttiva germanica, le Huf
Haus, 10.000 esemplari costruiti in tutto il mondo nell’arco
di quaranta anni, stanno per arrivare anche in Italia.
Le prime due costruzioni sorgeranno entro il 2010 nella
zona della provincia di Como e, stando alle richieste
di informazioni, circa 3.500, giunte in questi mesi alla
rappresentanza per l’Italia, i Grigioni e il Ticino “guidata”
dall’ingegner Sergio Tumelero, ben presto altre ne
sorgeranno.
“Sono i primi frutti di un lavoro iniziato due anni fa – dice
proprio Tumelero, incontrato all’ultima edizione di MADE
expo – . Il periodo necessario per comprendere il mercato
italiano e confrontarsi con i gusti e la cultura del costruire
di un Paese di grandi tradizioni”.
46
Già molto diffuse, oltre che in Germania, in Svizzera,
Francia, Austria e persino nella “conservatrice” Inghilterra, le
Huf Haus ‘tirano’ anche in tempi di crisi del settore. “Con il
60% del fatturato realizzato all’estero – dice Tumelero – ed
in particolare in Paesi meno colpiti dalla crisi, siamo riusciti a
superare l’anno appena concluso senza particolari problemi.
Proprio in questo periodo stiamo, anzi, realizzando la nuova
sede di rappresentanza in Cina, un mercato che ci interessa
moltissimo non solo per le potenzialità economiche ma
anche dal punto di vista della cultura costruttiva”.
Sì, perché anche nel Paese del “celeste impero” oltre mille
anni fa, si costruivano, così come in buona parte dell’Europa
centro nord occidentale, case con il telaio in legno dalle
caratteristiche molto simili al modello che ha ispirato le
moderne Huf Haus. Costruzioni figlie di un processo
evolutivo sviluppatosi nell’arco di tre generazioni.
La famiglia Huf (che, curiosità, in tedesco significa “ferro
di cavallo”) ha iniziato la sua attività agli inizi del secolo
immagine Huf Haus
Huf Haus
Prefabbricati d’autore
in vetro e legno
per vivere in armonia
con la natura
Huf Haus, vista notturna
scorso, nel Westerwald, vicino a Francoforte. “Si trattava
di un’officina di falegnameria – spiega Tumelero – e
realizzavano principalmente campanili e strutture massicce
in legno”. Con l’avvento della seconda generazione e a
seguito della trasformazione dell’officina in fabbrica (e di
importanti realizzazioni come i padiglioni tedesco ed arabo
per l’esposizione mondiale di Bruxelles), a partire dagli anni
’60, la società entra nel mercato del prefabbricato. Anche
grazie alla collaborazione con l’architetto Manfred Adams
negli anni ’70 nasce la Huf Haus Ideal, il primo modello,
avveniristico per l’epoca.
“La caratteristica principale delle case Huf Haus – spiega
Tumelero – è il sistema costruttivo a graticcio in vetro che,
partendo da elementi della tradizione, negli ultimi 40 anni si
è evoluto integrando nel tempo le innovazioni sopraggiunte
in ambito costruttivo e tecnologico. Da un sistema
costruttivo tradizionale è nato un concetto abitativo che,
grazie anche alla sostituzione dei muri separatori con pareti
di sostegno, offre grandi spazi ampi e aperti. La struttura
a scheletro in legno si unisce alle grandi superfici vetrate
consentendo di fruire di un nuovo senso dello spazio e del
panorama della natura circostante. Un aspetto quest’ultimo
centrale nelle nostra ‘visione’ architettonica che privilegia
la creazione di spazi per rilassarsi, ammirare il paesaggio,
vivere in armonia con se stessi e con la natura”.
Nonché, come si vede, guardando le realizzazioni più
recenti come la “Casa del sole” a zero emissioni di CO2 e gli
affascinanti edifici a doppio tetto (con una grande apertura
centrale che accoglie anche la luce naturale proveniente
dall’alto) l’attenzione e l’utilizzo delle più aggiornate soluzioni
e materiali per quanto riguarda l’isolamento, l’acustica, e
ovviamente l’efficienza e il risparmio energetico.
47
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
immagine Huf Haus
ANNO II
Vista dall’interno
di una Huf Haus
Anche se, come spiega ancora l’ingegner Tumelero, le
Huf Haus vengono progettate e realizzate sulle specifiche
esigenze di ciascun cliente (“non ne esiste una uguale ad
un’altra”), il potenziale acquirente può fare riferimento
ad alcuni “modelli” che differiscono, in termini di
caratteristiche generali, per quanto riguarda misure e
numero degli “assi” (tre per gli edifici più piccoli, otto per
quelli di grandi dimensioni), sviluppo su uno o più piani,
colori del “telaio”.
Alcuni di questi, i principali, quelli che hanno “fatto storia”,
sono esposti, in grandezza naturale, nello “show room”
all’aperto (in verità un vero villaggio in mezzo al verde) che
Huf Haus ha realizzato a Francoforte. E sempre lì si trovano
anche le abitazioni dei proprietari della società, ovviamente
delle Huf Haus.
Indirizzate ad una clientela di fascia medio alta (“con una
disponibilità inferiore a 450.000 euro non ha senso prenderci
in considerazione”, dice in tutta sincerità Tumelero) le Huf
Haus vengono costruite, mediamente, nell’arco un mese
e mezzo, due mesi. “Dipende dalla pendenza del terreno
sul quale dovrà sorgere la casa. Perché proprio la fase di
‘livellamento’ è l’unica che non seguiamo direttamente ed
affidiamo ad un’impresa locale”.
A tutto il resto pensa una squadra di addetti che arriva
direttamente dalla Germania con i camion contenenti i
diversi componenti del futuro edificio, inclusi gli elementi
di arredo. E la realizzazione segue ancora oggi i dettami
della ‘filosofia’ elaborata, a suo tempo, dall’architetto
Adams: “… la casa deve essere costruita con perfezione
artigianale, affinché la realizzazione dei suoi dettagli
sottolinei un’armonia totale. Questa perfezione è il risultato
dell’impiego di pochi materiali: legno, vetro, pietra …”.
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Huf Haus
in cifre
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Fatturato del gruppo aziendale Huf Haus nel 2008
100 milioni di euro
Collaboratori
ca. 420, di cui 40 apprendisti
Produzione annuale:
ca. 150 costruzioni (case unifamiliari ed edifici)
Tempo medio di costruzione di una casa Huf Haus:
una settimana per la realizzazione degli elementi costitutivi,
in media tra 5 -7 settimane per la costruzione globale fino
alla consegna delle chiavi
Numero degli elementi costitutivi di una casa Huf Haus:
ca. 50 elementi prefabbricati per una casa a tre assi
Numero degli artigiani che partecipano alla costruzione:
sei artigiani e un manovratore
Percentuale delle superfici vetrate sulla superficie esterna
globale (tetto compreso):
ca. 30%
Viti e chiodi utilizzate all’anno per la costruzione delle
Huf Haus:
nel 2008 sono state utilizzate in Europa più di un milione di
viti e più di cinque milioni di chiodi
Vetro utilizzato all’anno:
ca. 11.000 metri quadrati di vetro termoisolante (2008)
Legno utilizzato all’anno:
5.000 metri cubi di legno lamellare (2008)
Provenienza del legno:
abete rosso nordico da coltivazione controllata in
Scandinavia
La casa privata Huf Haus più costosa:
intorno ai dieci milioni di euro (terreno compreso)
La casa HUF HAUS più lontana:
in Cina, a Pechino
ESTERO
Le piattaforme petrolifere “offshore” giunte alla fine
del loro ciclo produttivo oltre ad essere dei simboli
emblematici dell’industrializzazione e dello sfruttamento
intensivo delle risorse del nostro Pianeta costituiscono
oggi un rilevante problema di carattere ambientale.
Da tempo, infatti, ci si domanda cosa fare di queste
imponenti strutture metalliche, in particolare delle
50
piattaforme di produzione, impianti di grandi
dimensioni, costruiti nei pressi di pozzi da sfruttare che
ora giacciono inerti in mezzo ai mari di mezzo mondo
e il cui abbattimento, oltre a comportare costi enormi,
causerebbe danni rilevanti alla flora e fauna marina locale
con probabile alterazione dell’ecosistema e successive,
inevitabili, ripercussioni sull’uomo.
©Morris Architects
Da icone dell’inquinamento
a resort ecosostenibili
Nel Golfo del Messico
un progetto pilota
per riconvertire
le piattaforme petrolifere
"Oil Rig Resort", rendering
www.shutterstock.com/Maria Hetting
Una piattaforma petrolifera
La soluzione più originale individuata, al momento, è senza
dubbio quella elaborata dallo studio americano Morris
Architects, di Houston, che propone di riconvertire queste
“isole di acciaio” in avveniristici resort ecosostenibili ed
energeticamente autosufficienti.
Il progetto, denominato “Oil Rig Resort, Spa, and Aquatic
Adventure” ha già ricevuto numerosi riconoscimenti
internazionali, e prevede, nella fase ‘pilota’, la riconversione
di una piattaforma (in inglese, “Rig”) localizzata nel Golfo
del Messico dove si stima siano circa 4.000 le strutture di
questo tipo, alcune delle quali abbandonate.
Dal punto di vista realizzativo, per il nuovo resort si utilizzerà
come base strutturale quella dell’attuale piattaforma
organizzando gli spazi attorno ad un nucleo di acqua,
che consente alla luce di penetrare al centro del Rig. Così
progettato, il nucleo agisce, inoltre, come “zavorra” per
stabilizzare la costruzione durante le tempeste oceaniche e
ridurre l'effetto del ‘mal di mare’.
Per la realizzazione delle zone abitative (stanze, cabine ecc.),
considerando giustamente complicato costruire in loco, lo
studio ha pensato di prefabbricarle seguendo gli standard
dimensionali, strutturali e logici dei container. Progettate
infatti per adattarsi ed essere trasportate sulle piattaforme
all’interno di container standard da carico (2,4x2,7x7,6m),
possono assumere diverse configurazioni sul perimetro della
piattaforma, creando un rapporto simbiotico con il nucleo.
Dal punto di vista ricettivo il resort, collocato, come detto,
in alto mare, potrà contare su oltre 300 camere e suite, servizi
per congressi e conferenze, una grande sala da ballo per
matrimoni ed eventi, un fitness center e una spa, un eliporto,
negozi, intrattenimenti notturni, casinò e un planetario.
Più in generale il resort, affacciato direttamente sull’Oceano,
è stato ideato per trasmettere una forte sensazione di libertà
e i futuri ospiti potranno vivere pienamente l’esperienza
cimentandosi in numerose attività e sport marini: dalla
classica navigazione al windsurf, waterskiing, jetskiing,
esplorazione dei fondali marini, pesca subacquea. Oppure,
semplicemente, godersi la vacanza in assoluto relax
usufruendo di spiagge create direttamente sulla struttura,
piscine e aree attrezzate.
Particolarmente interessante nel progetto, l’aspetto
energetico. Benché collocata ad una notevole distanza della
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ANNO II
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MARZO - APRILE 2010
costa la struttura sarà infatti autosufficiente grazie all’utilizzo
di energie pulite.
A differenza delle piattaforme petrolifere che generano
energia utilizzando i combustibili fossili che estraggono, il
resort verrà, infatti, alimentato grazie a fonti energetiche
rinnovabili presenti in abbondanza nell’area. In particolare
il sole e il vento nonché le correnti marine, anche se il moto
ondoso è una fonte energetica di recente sperimentazione
e il suo eventuale utilizzo è allo studio da parte di Morris
Architects. Così come la riconversione dei sistemi geotermici
a terra che integrati nelle attuali strutture di sondaggio e
trivellazione, potranno essere adattati per lavorare in mare e
contribuire, così, al riscaldamento e al rinfrescamento della
struttura.
L’International Energy Agency ha stimato che l’ammontare
delle risorse energetiche oceaniche abbia un potenziale teorico
svariate volte più grande del fabbisogno elettrico globale, che
varia dalle 4.000 alle 18.000 MToE (milioni di tonnellate di
petrolio equivalenti).
Nel dettaglio, le masse oceaniche potrebbero generare:
• 2.000 TWh/anno dal gradiente salino
• 10.000 TWh/anno dal gradiente termico
• 800 TWh/anno dalle maree
• 8.000 – 80.000 TWh/anno dal moto ondoso
Negli ultimi anni la volontà di attingere all'immensa quantità
di energia prodotta in ambiente pelagico ha dato vita ad
approcci molto creativi.
L’utilizzo dell’energia che deriva dai differenziali termici, dal
gradiente salino, dal movimento delle acque provocato dalle
onde o dalle maree per generare elettricità sono le principali
attività al centro delle ricerche scientifiche e tecnologiche per
lo sfruttamento dell’energia marina sviluppatesi negli ultimi
decenni.
Alcuni di questi approcci stanno dando risultati promettenti
e la ricerca continua a fare notevoli passi in avanti. Grazie
alla prevedibilità intrinseca della fonte, le tecnologie
basate sull’energia pelagica potrebbero rivelarsi, alla fine,
economicamente competitive per la produzione di elettricità di
carico di base per popolazioni costiere; inoltre, alcune di queste
tecnologie hanno come sottoprodotto acqua desalinizzata e
potrebbero contribuire ad alleviare il fabbisogno idrico delle
città costiere.
Nel caso delle correnti sottomarine, esse rappresentano una
fonte di energia molto ricca, che offre diversi vantaggi rispetto
"Pelamis" al largo delle Isole Orcadi, Scozia
52
alle altre fonti rinnovabili “di superficie”: ha mediamente una
densità di energia molto più alta rispetto a un buon sito eolico
perciò, a parità di potenza, il diametro delle turbine può essere
molto minore rispetto a quello di una turbina eolica.
Nel dettaglio, sono diverse le tecnologie allo studio per “estrarre”
l’energia presente nei mari e negli oceani e, a oggi, sono stati
sperimentati molti sistemi di estrazione, alcuni dei quali sono già
in uno stadio pre-commerciale.
Esistono, per esempio, varie tecniche di sfruttamento del moto
ondoso. Fra gli esempi più noti, le turbine "Pelamis", costituite
da strutture tubolari galleggianti ancorate al fondo marino.
All’interno delle strutture vi sono delle turbine messe in moto
dall’acqua che entra ed esce dalle strutture al ritmo del moto
ondoso in cui il generatore si trova. Un altro tipo di impianto è
quello a colonna d’acqua oscillante, anch’esso raccoglie l’acqua che
entra grazie al moto ondoso per mettere in moto una turbina.
Impianto "Pelamis"
"Pelamis", Aguçadoura Wave Park, Portogallo
Pelamis Wave Power Ltd
Energia marina
Una risorsa da scoprire
OSSERVATORIO
Shanghai, l’area dell’Esposizione Universale
Shanghai 2010
Gli occhi del mondo
sull’Esposizione
universale
Italia in prima fila
C’è grande attesa per l’apertura, ormai imminente,
dell’Esposizione universale di Shanghai. A partire dal mese di
maggio e sino al 31 ottobre, la metropoli cinese, diventerà, il
‘centro del mondo’. Al richiamo suggestivo del tema “Better
city, Better life” hanno risposto, infatti, in oltre 240 fra Paesi ed
organizzazioni che, all’interno dei Padiglioni nazionali e degli
“spazi collettivi” predisposti dall’organizzazione, presenteranno
modelli e ‘visioni’, tradizioni e sperimentazioni di quelle che
sono le città del XXI secolo. Ed in particolare le esperienze che
puntano a fare delle realtà urbane, luoghi più vivibili i rispettosi
dell’ambiente.
Nell’arco dei sei mesi di durata della manifestazione sono
attesi sull’area dell’Expo (complessivamente oltre 5 chilometri
quadrati, nella zona a sud della città, tra le due rive del fiume
Huang Pu), oltre 70 milioni di visitatori, con una media
giornaliera prevista di circa 500.000 visitatori e picchi di 1
milione nei giorni più importanti.
Un’Esposizione universale da record, dunque, e che racchiude
in sé, come ha evidenziato di recente, molto efficacemente,
Beniamino Quintieri, Commissario Generale del Governo
italiano per l’Esposizione universale di Shanghai 2010, “una
serie di primati che la rendono un evento imperdibile: è la
prima volta che la Cina, nella sua componente imprenditoriale,
si apre al mondo in maniera così ampia e articolata; è la prima
volta che le tematiche della qualità della vita e della vita nelle
città vengono affrontate da un punto di vista non sociologico
54
e teorico ma sotto il profilo delle realizzazioni, delle tecnologie,
dell’organizzazione economica; è, infine, la prima volta che il
mondo delle imprese si ritrova tutto insieme dopo il difficile
anno di crisi che ha scosso il mondo. E quest’ultimo aspetto
ha ancora più valore se si considera che proprio la Cina è, a
detta di osservatori ed economisti, la vera locomotiva e la più
concreta speranza di ripresa per tutti”.
L’Italia arriva all’appuntamento con grandi aspettative,
forte partecipazione del mondo dell’impresa e una proposta
espositiva molto interessante e ben strutturata. Il Padiglione
italiano (realizzato su progetto dell’architetto Giampaolo
Imbrighi) è un edificio di oltre 6.000 mq che si sviluppa su più
livelli. Mentre il primo piano sarà animato da eventi, mostre
temporanee e presentazioni dedicate tra l’altro a Regioni, alcune
città italiane e a settori industriali, al piano terra, ad accogliere
i visitatori sarà la mostra permanente “La città dell’uomo Vivere all’italiana”, progettata ed allestita in collaborazione con
la Triennale di Milano e le scenografo teatrale e cinematografico
Giancarlo Basili.
Un’esposizione che si svilupperà su 3.000 mq e all’interno
della quale i concetti di “Better city, Better life” troveranno un
terreno comune di dialogo attraverso l'ingegneria e l'urbanistica
sostenibile, le infrastrutture ecologiche, e l'architettura, il
restauro e i progetti di welfare sociale. Ma anche attraverso
alcune punte di eccellenza nostrane come la cura del corpo, la
moda, il cibo e la cultura.
Una Expo che vede la partecipazione anche della città di
Venezia (insieme a Bologna nella sezione Urban Best Practices)
al cui Comitato ha aderito, tra gli altri, il Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati.
Più in generale – come si desume anche dal titolo – l’intento
è quello di offrire un’immagine delle nostre città e dello stile
di vita “all’italiana” nel contesto urbano, mostrandone le
evoluzioni e le tendenze, ma anche i risultati economici e
industriali, gli aspetti storici e culturali.
Il foyer d’ingresso al padiglione sarà allestito con un’imponente
realizzazione scenografica (una ricostruzione del Teatro
Olimpico di Vicenza, capolavoro Palladiano e patrimonio
dell’Unesco) che introdurrà i visitatori alla mostra. Sulla
sinistra dell’ingresso, un corridoio conduce alla grande piazza
centrale del Padiglione, nella quale le scale mobili portano ai
livelli superiori, dove sono collocati i ristoranti, la biblioteca,
l’auditorium e le aree dedicate alle mostre temporanee. Lungo
i corridoi una serie di led-wall visualizzeranno immagini in
movimento a ciclo continuo delle varietà paesaggistiche italiane
illustrando anche i processi industriali e le procedure creative
applicate in Italia nei diversi settori di pertinenza dell’Expo,
dalla domotica e robotica all’artigianato tradizionale.
Venendo agli “ambienti” tematici che caratterizzano la mostra,
la prima sala sarà dedicata alla conoscenza e alla creatività, al
genio italiano e alla declinazione di questa genialità nel presente.
Qui saranno collocate le “icone” dell’industria motoristica
italiana, dall’Isotta Fraschini alla Ferrari e le moto Ducati.
La sala 2 ospiterà ad un laboratorio dove artigiani di
straordinaria bravura saranno al lavoro per mostrare le abilità e
le tecniche necessarie per raggiungere l’eccellenza. All’interno di
questo spazio saranno, infatti, riprodotti laboratori e botteghe
di restauro nei quali sarà possibile comprendere e sperimentare,
attraverso l’osservazione del lavoro quotidiano, lo stretto
rapporto che nel “fare italiano” lega arte e tecnologia.
Nella sala 3 protagonista sarà l’industria ed in particolare
i settori rappresentati: Industria aerospaziale e trasporto
sostenibile; Meccanica e robotica; Macchine utensili sofisticate
e tecnologie per diverse applicazioni; Progettazione e tecnologie
per la casa. Gli oggetti saranno collocati sul pavimento, ma
alcuni saranno sospesi in aria ad altezza variabile sopra le teste
dei visitatori, con un forte impatto scenografico.
Il cibo è un elemento importante che rientra a pieno titolo
nel concetto di better life. Nella sala 4 verrà, quindi, raccontato
il tema dell’armonia tra salute, corpo e spirito. L’esposizione
mostrerà l’importanza della catena alimentare, la grande
industria della produzione e le filiere dell’agroalimentare,
la rilevanza della tracciabilità alimentare e della genuinità.
Una sala con un pavimento di legno e l’effusione di intensi
profumi vedrà l’esposizione di grandi quadri d’autori italiani
dedicati alla ricchezza gastronomica italiana. Due istallazioni
racconteranno la pasta e il vino italiani.
La quinta sala espositiva, adiacente alla grande corte centrale,
sarà incentrata sull’universo delle tecnologie avanzate e
mostrerà alcuni progetti e prodotti interessanti riguardanti il
tema dell’Expo, dalla domotica alle costruzioni eco-sostenibili,
dall’illuminotecnica alle scienze dei materiali, dalle case passive
ai migliori progetti in fatto di riciclo domestico.
Infine la piazza interna al Padiglione rappresenterà lo spazio
pubblico della città, un posto dove le persone si incontrano,
“si mettono in mostra”, si godono la vita. Moda, musica e arte
saranno protagoniste delle pareti della sala. Una gigantesca
ricostruzione in scala 1:2 di alcune facce della cupola del
Duomo di Firenze sarà in sospensione sopra le scale mobili.
Una delle pareti della piazza sarà dedicata alla celebrazione
dell’idea di progresso industriale con la sua “avanzata
inarrestabile”: una sorta di metafora della presenza italiana
all’Expo 2010, dedicata proprio alla città moderna e alla sua
evoluzione in “nuova città che sale”.
Il Padiglione Italia
55
AMBIENTE
La Conferenza di Copenhagen del dicembre scorso non è
stata, come noto, all’altezza delle aspettative, forse eccessive,
della vigilia e non ha impresso il cambiamento di rotta
ritenuto necessario per un’efficace lotta al surriscaldamento
della Terra.
I Grandi del Pianeta hanno, di fatto, preso tempo rinviando
ogni decisione importante e l’ONU, così come la maggior
parte degli esponenti della comunità scientifica, non ha
nascosto forte preoccupazione.
In un contesto complessivamente deludente, un parziale
risultato il vertice danese l’ha comunque conseguito. In
attesa del prossimo appuntamento ONU previsto per
maggio a Bonn e soprattutto della Conferenza mondiale sul
Clima programmata per novembre in Messico, i principali
Paesi inquinatori, come previsto dall’accordo stipulato
a Copenhagen, in gennaio hanno, infatti, consegnato
all’organismo individuato dalle Nazioni Unite (l’UNFCCC)
delle “dichiarazioni di impegno” che fissano gli obiettivi di
riduzione e limitazione dei gas serra al 2020.
Fra i Paesi che si sono dimostrati più determinati (seppure,
è bene ricordarlo, puramente in termini di intenti) ci sono
certamente i 27 dell’Unione Europea, che hanno fissato
l’intervallo 1990-2020 come periodo di riferimento per un
taglio promesso del 20% delle emissioni, con una postilla in
cui si impegnano a salire a un taglio del 30% se altre nazioni
faranno lo stesso.
56
Sempre rispetto al 1990, il Giappone ha “offerto” un taglio
del 25%, mentre la Norvegia (la più virtuosa) si è posta
come obiettivo la riduzione del 30%, ma potrebbe arrivare
al 40 se altri Paesi dimostrassero di avere buona volontà. La
Russia ha promesso tagli compresi tra il 15 e il 25%, sempre
rispetto al medesimo periodo di riferimento.
Venendo agli Stati Uniti, si nota purtroppo quanto, questi,
siano ancora lontani dalle posizioni europee. Gli U.S.A.,
infatti, hanno offerto un taglio del 17%, ma prendendo come
anno di base il 2005 (riportato al 1990 è stato ricalcolato
nella misura del 3-4%) e specificando che le percentuali
potrebbero subire delle variazioni in virtù dell’approvazione
o meno dell’Energy Bill.
Se il Canada si è allineato agli Stati Uniti mettendo in campo
le stesse cifre e le stesse date, l’Australia, che ha il tasso di
emissioni pro-capite più alto del mondo, ha promesso un
taglio del 5% rispetto al 2000, ma potrebbe arrivare fino
al 25% se l’abbassamento venisse operato anche dalle altre
nazioni.
Ancora più vaghe le promesse degli altri “grandi inquinatori”,
inquadrati all’interno dei Paesi in via di sviluppo. La Cina si
è impegnata a diminuire le emissioni del 40-45% per ogni
unità di Pil rispetto ai livelli del 2005 e ad aumentare del
15% l’uso di carburanti non fossili, nonché il volume delle
riserve forestali. Un aspetto, quest’ultimo, cruciale anche
nella strategia ambientale del Brasile, che si è impegnato
www.shutterstock.com/Armin Rose
Clima
Da Copenhagen
solo impegni
non vincolanti
In Messico
la prossima tappa
per cambiare rotta
Getty Images, Inc.
tagli ‘promessa’ da ciascuno, così come per i periodi di
riferimento indicati.
E il bilancio diventa ancora più negativo se si considera
che, stando a quanto hanno rimarcato Greenpeace, ma
anche autorevoli esponenti della comunità scientifica, la
somma degli obiettivi di riduzione proposti dai 55 Stati
(responsabili, è bene ricordarlo, del 78% del totale delle
emissioni di CO2 prodotte) non è sufficiente a garantire
l’arresto dell’innalzamento della temperatura globale al
limite dei 2 gradi Celsius (rispetto ai valori preindustriali).
principalmente a ridurre la deforestazione amazzonica.
Infine l’India che si è dichiarata disponibile a lavorare
sull’intensità delle emissioni, impegnandosi a ridurle del
20-25% per ogni unità di Pil rispetto al 2005.
Come è facile capire il quadro oltre che poco rassicurante,
è tutt’altro che omogeneo. Se è vero, infatti, che tutti i
Paesi sono concordi nell’individuare il 2020 come anno di
riferimento per la riduzione dell’inquinamento, evidenti
sono le differenze per quanto riguarda la percentuale di
La “roadmap”
Nonostante questa situazione, le occasioni per arrivare
ad un vero accordo, vincolante, entro il 2010, non
mancano. Sono infatti in programma due appuntamenti
che potranno rivelarsi di notevole importanza. Il primo
a Bonn, in Germania, a fine maggio, in cui si riuniranno
i vari organi sussidiari dell’UNFCCC e del Protocollo di
Kyoto e si svolgeranno intense sessioni dei gruppi di lavoro
sull’azione cooperativa di lungo termine della Convenzione
e sugli ulteriori impegni per i Paesi inclusi nell’Allegato I
che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto.
La seconda tappa è la “COP 16” di dicembre in Messico.
Quattro gli elementi essenziali della Conferenza al cui
centro è il tema dello sviluppo di una politica integrata di
lotta contro il cambiamento climatico: il primo riguarda la
visione a lungo termine dell’intero Programma e gli scenari
di adattamento e limitazione; il secondo descrive le iniziative
di limitazione per ridurre le emissioni di gas serra e si basa
sui dati più recenti pubblicati dall’IPCC per preparare
gli inventari nazionali delle emissioni; il terzo riguarda le
politiche pubbliche per l’adattamento al cambiamento
climatico e il quarto raggruppa gli elementi fondamentali
della “politica principale” e delle azioni sul cambiamento
climatico che dovranno sostenere le iniziative proposte per
la limitazione e l’adattamento.
Ingresso del Bella Centre a Copenhagen, luogo della Conferenza
Yvo de Boer, Segretario Esecutivo UNFCCC
57
DOSSIER
Il problema
dell’inquinamento
luminoso
Soluzioni
tecnico-legislative
Los Angeles di notte
ripresa dall'Osservatorio di Monte Wilson
di Mario Di Sora
Avvocato penalista e cassazionista, 48 anni, Di Sora è Direttore
dell’Osservatorio Astronomico di Campo Catino dal 1987 e
Vice-Presidente dell’Unione Astrofili Italiani dal 2005. Ha
scoperto numerosi pianetini e contribuito a scoprire anche
alcuni pianeti extra-solari.
E’ stato il primo ad interessarsi in Italia alle soluzioni tecnicolegislative dell’inquinamento luminoso. Ha presieduto la
Commissione Inquinamento Luminoso della S.A.It. dal 1990
al 1998 elaborando il testo dei primi regolamenti comunali
(Firenze e Frosinone) e il primo disegno di legge presentato al
Parlamento nel 1992 sul tema.
Dal 1998 è il Presidente italiano dell’International DarkSky Association e ha collaborato a redigere il testo della L.R.
23/2000 e del Reg. Att. n° 8/2005 del Lazio. Ha partecipato
a numerosi gruppi di lavoro, sia nazionali sia internazionali,
e ha studiato presso i più grandi Osservatori del mondo (Monte
Palomar, Cerro Paranal, Kitt Peak, La Silla, Siding Spring e
numerosi altri).
Ha pubblicato numerosi articoli su riviste specializzate ed
è docente della Scuola di formazione ambientale dell’ARPA
Lazio. Recentemente è uscito il suo libro “L’Inquinamento
Luminoso” pubblicato da Gremese Editore, unico di questo
tipo in lingua italiana. In riconoscimento del suo impegno
scientifico l’asteroide 1999 XS 38 è stato intitolato con il suo
cognome dal Minor Planet Center.
58
E’ ormai universalmente accertato e accettato che le attività
svolte dall’uomo, se non adeguatamente regolamentate,
possono provocare seri danni all’ambiente, spesso
irreversibili.
Negli ultimi anni si è parlato sempre più di una nuova
forma di alterazione ambientale con specifico riferimento
al cielo notturno ma non solo: si tratta dell’inquinamento
luminoso o light-pollution (termine utilizzato inizialmente
negli Stati Uniti dagli astronomi).
Le fotografie della Terra, riprese dai satelliti durante la notte,
mostrano ampie macchie luminose in corrispondenza delle
città più popolate ed estese e, più in generale, di tutte le
zone a forte antropizzazione.
L’inquinamento luminoso comporta la progressiva
sparizione del cielo notturno con la perdita, in alcuni casi
totale, della rilevazione dei segnali luminosi provenienti dai
vari corpi celesti (siano essi stelle, galassie o nebulose).
Questo fenomeno è causato dalla luce emessa dagli impianti
di illuminazione esterna, sia pubblici sia privati, oltre gli
angoli di 90°, cioè verso il cielo. Le radiazioni luminose,
intercettate e amplificate dal pulviscolo atmosferico e dallo
smog (fenomeno di scattering) creano un bagliore diffuso
che comporta un’innaturale illuminazione artificiale del
cielo notturno.
I primi ad essersi interessati di questo problema sono stati
L’Italia, immagine notturna dal satellite
gli astronomi e gli astrofili, in quanto fortemente infastiditi
e ostacolati nelle loro ricerche scientifiche.
Con il tempo si è poi capito che l’inquinamento luminoso
non è solo un problema per gli studiosi del cielo poiché, come
ogni forma di inquinamento, ne è ormai stata dimostrata
la nocività ad ampio spettro (con gravi ripercussioni sugli
esseri umani e l’avifauna).
Anche se mossasi con un certo ritardo l’Italia ha visto,
negli ultimi dieci anni, approvati numerosi provvedimenti
legislativi da parte di quasi tutte le regioni.
Questo fatto ha portato il nostro Paese ad essere oggi
all’avanguardia in questo specifico settore grazie anche
all’immane battaglia sostenuta da alcune associazioni
nazionali (CieloBuio, International Dark-Sky Association
(I.D.A.) Sezione Italiana e Unione Astrofili Italiani) e, al
livello locale, da molti gruppi di astrofili.
I danni causati dall’inquinamento luminoso
Cercheremo ora di capire, più da vicino, non solo quali
sono i molteplici danni causati dalla dispersione della
luce fuori dagli spazi necessari e verso il Firmamento
ma anche come sia possibile, con le attuali tecnologie e
secondo quanto prescritto dalle leggi più serie in materia,
ridurre drasticamente questo impatto perseguendo anche
l’obbiettivo del risparmio energetico.
Anche se, in un primo momento, la problematica
dell’inquinamento luminoso è stata inquadrata come di
stretto interesse degli appassionati di “cose celesti” nel corso
degli anni, grazie a nuovi studi svolti in campo internazionale,
è emersa una realtà diversificata e molto preoccupante.
Possiamo qui di seguito elencare, in modo sommario ma
non certo esaustivo, le principali implicazioni negative
connesse all’eccesso di luce (sia in termini quantitativi che
di scorretto uso).
1) Danni economici e insieme ambientali, per l’inutile
sperpero di energia elettrica. Solo in Italia potrebbero essere
risparmiati (stima per difetto) non meno di 400 milioni di
euro ogni anno ed immettere così meno tonnellate di CO2
nell’atmosfera, peraltro salvaguardando maggiormente le
risorse naturali.
2) Danni per il mondo vegetale ed animale (avifauna) e per
gli stessi ritmi biologici dell’uomo. Infatti la persistenza della
luce, su tutto il territorio e in quantità sempre maggiore,
altera i cicli biologici degli animali e delle piante, regolati
sull’alternanza del giorno e della notte. Basterà citare, a
titolo di esempio, gli oltre 10.000 uccelli che si schiantano
sui grattacieli illuminati di New York ogni anno e i molti
di più che perdono l’orientamento lungo le loro rotte
migratorie a causa delle luci cittadine riversate in cielo.
Non miglior destino è stato acclarato per i lepidotteri o le
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Erronea illuminazione
di monumenti con elevata
luminanza, notevole dispersione
fuori sagoma e senza dispositivo
di risparmio energetico
tartarughe Caretta Caretta e Chelonia Mydas che, attratti
dalle luci, spesso finiscono per morire in vari modi perdendo
i riferimenti per il loro habitat naturale. Fatti questi che,
non adeguatamente contrastati, porteranno all’estinzione di
intere specie e non per cause naturali o di tipo evolutivo ma
per nostra colpa.
Per chi fosse interessato a saperne di più, con specifico
riferimento ai danni proprio sull’essere più intelligente del
Pianeta, si consiglia la lettura di “Missing the Dark – Health
Effects of Light Pollution” di Ron Chepesiuk pubblicato
su “Envinronmental health perspectives” di Gennaio 2009
(facile da reperire in rete).
Si verrà a sapere allora che l’esposizione alla luce artificiale,
oltre certi limiti, è in grado di favorire lo sviluppo di
determinate forme tumorali (in particolare cancro
alla mammella) attraverso l’alterazione del ciclo della
melatonina. I dati sono stati raccolti da Istituti prestigiosi
come le Università di Harvard (Massachusetts), Irvine
(California) e Haifa (Israele) e quindi meritano di essere
presi nella debita considerazione.
3) Problemi alla sicurezza stradale in quanto molti
impianti, potenti e abbaglianti, provocano fastidi agli
automobilisti diventando così fonte di pericolo. Inoltre è
stato accertato che sulle strade più illuminate i conducenti
dei mezzi tendono ad assumere una guida più scorretta e
quasi sempre con notevole aumento della velocità, specie
nei centri urbani. Da ciò deriva inevitabilmente l’aumento
degli incidenti e le statistiche degli ultimi anni militano in
tal senso. La maggior parte dei gravi incidenti si verificano
di notte lungo le strade cittadine più illuminate.
4) Fastidi provocati dall’illuminazione intrusiva che spesso
entra, senza necessità e richiesta, fin dentro le nostre
case, costringendoci a vivere con le serrande chiuse anche
60
nel periodo estivo. Problema questo che ben potrà essere
compreso da chi ha la sventura di vivere nei pressi di qualche
grossa insegna pubblicitaria.
Impianti: una situazione drammatica
I risultati di un’indagine svolta negli ultimi anni dalla Sezione
Italiana dell’I.D.A., in collaborazione con l’Unione Astrofili
Italiani, hanno offerto un panorama desolante in relazione
alla superficialità dei comuni e di altri enti pubblici (ma
anche numerosi soggetti privati) sul concetto di cosa sia il
risparmio energetico e la buona progettazione di impianti.
Gli uffici tecnici ignorano, o fanno finta di non conoscere,
l’esistenza di prescrizioni e tecnologie che limitano sia
la dispersione della luce verso il cielo che i consumi
energetici.
E’ anche emersa, purtroppo, la scarsa attenzione con cui
molti professionisti progettano e realizzano impianti di
illuminazione di ogni tipo.
Questo studio, che è stato condotto, a campione, in tutte le
regioni su 545 impianti di varie tipologie (stradale, arredo
urbano, grandi aree e monumentale), ha fatto emergere le
seguenti problematiche tecniche.
• moltissimi impianti utilizzano corpi illuminanti che
disperdono verso l’alto dal 5% al 60% della luce emessa
(basti pensare alle intramontabili sfere);
• quasi tutti gli impianti impiegano un numero di corpi
illuminanti superiore di circa il 20-30% rispetto quelli
che sarebbero effettivamente necessari (nei casi più
scandalosi fino al doppio);
• non di rado il flusso luminoso installato supera di 3
o 4 volte i livelli di luce previsti dalle norme tecniche
(quindi con proporzionale aumento dei consumi);
• assenza, sulla quasi totalità degli impianti, dei dispositivi
di risparmio energetico ormai obbligatori in base alle
numerose leggi regionali vigenti;
• mancato spegnimento o riduzione dell’illuminazione di
natura monumentale dopo le ore 24;
• tendenza sempre più diffusa ad illuminare soggetti di
scarso valore architettonico dal basso verso l’alto e con
dispersioni fuori sagoma anche dell’80% del flusso
luminoso;
• insegne pubblicitarie con elevata luminanza e/o
illuminate con fari dal basso senza dispositivi di
spegnimento dopo le ore 24;
• progettazione degli impianti spesso inesistente o affidata
a persone professionalmente non qualificate.
In questo contesto di forte compromissione della vivibilità
e della visibilità notturna è nato, anche in Italia, un forte
movimento di opinione volto a reclamare un uso più
razionale dell’illuminazione esterna (pubblica e privata).
Deve tuttavia, e definitivamente, essere sfatato il mito che
gli astrofili vogliano le città buie e in preda all’oscuramento
più o meno totale.
La parola d’ordine è quella di “illuminare meglio per
illuminare di più” e non il contrario, come ancora oggi si
tende a fare e da più parti.
E così, come si è verificato negli anni ’70 negli Stati Uniti,
a tutela dei più grandi Osservatori Astronomici, anche in
Italia è nato un forte movimento di opinione a sostegno di
leggi e provvedimenti volti a definire, una volta per tutte,
cosa fosse possibile fare e cosa non fare con l’illuminazione.
Un intervento quindi volto non ad impedire ma solo
a regolamentare e razionalizzare la progettazione, la
realizzazione e la gestione degli impianti di illuminazione.
Infatti, e siamo all’inizio degli anni ’90, mi resi conto,
interessandomi ormai a tempo pieno di questa problematica,
che non esistevano né norme tecniche specifiche né,
tanto meno, leggi al riguardo. I tempi erano maturi per
intervenire.
I primi passi verso una regolamentazione
Forte di questo convincimento proposi al 34° Congresso
della Società Astronomica Italiana (Abano Terme - Maggio
1990) di elaborare un disegno di legge da presentare in
Parlamento.
In Italia il primo disegno di legge risale al 1992, su iniziativa
dell’On. Lino Diana, che sottoscrisse e presentò un testo
elaborato da una commissione di astronomi presieduta
dallo scrivente. Nel prosieguo delle altre legislature fu
ripresentata per ben tre volte di seguito. Successivamente
anche altri parlamentari, come Valerio Calzolaio, hanno
tentato di portare a compimento un simile provvedimento.
Tuttavia sia per l’insensibilità diffusa di molti parlamentari,
sia per la forte opposizione manifestata da produttori di
corpi illuminanti e progettisti, non è stato possibile all’epoca
conseguire questo importante ed utile obbiettivo.
Nuovo impianto con lampade full cut-off da 150 w al sodio
(via Fabi a Frosinone) 20 lux a terra
Lo stesso impianto con lampioni di vecchio tipo a vetro prismato
e lampade da 250 al mercurio 6 lux a terra
Tuttavia dal 1996 sono stati approvati, prima timidamente,
poi in modo più rapido, tutta una serie di provvedimenti
(amministrativi e legislativi) che hanno portato all’attuale
situazione in cui, pur non esistendo una legge nazionale,
di fatto la maggior parte del territorio è coperto dalle
prescrizioni delle leggi regionali (ad oggi 17).
Ovviamente l’esistenza di queste leggi, spesso inspiegabilmente
sconosciute dagli stessi professionisti del settore, non ha
garantito il rispetto dei criteri tecnici previsti dalle stesse
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ANNO II
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MARZO - APRILE 2010
e quindi, ancora oggi, vengono realizzati impianti di
illuminazione notevolmente costosi e antiecologici sia in
termini di realizzazione sia di gestione.
Vediamo ora quali sono i criteri generali, peraltro previsti
dalle normative vigenti, per la riduzione sostanziale sia
dell’inquinamento luminoso sia dei consumi energetici.
• Impiego, per uso stradale o di grandi aree di corpi
illuminanti con emissione prossima o uguale a 0 cd/
klm oltre angoli di 90°;
• Impiego, negli impianti di tipo ornamentale, di
lampioni con ottica interna e vetri trasparenti a sezione
ribassata o piani;
• Uso negli impianti di tipo stradale e di grandi aree di
lampade ad alta efficienza (come quelle al sodio) da
accompagnare con i dispositivi per la riduzione dei
consumi dopo le ore 24;
• Divieto di illuminazione dal basso verso l’alto di edifici
e soggetti privati o di scarso valore architettonico;
• Nell’illuminazione di tipo monumentale contenere
rigorosamente entro la sagoma il flusso luminoso dei
fari, mantenendo luminanze non superiori a 2 cd/mq e
disattivando la stessa dopo le ore 24 (in quanto non a
carattere di sicurezza);
• Disattivazione delle insegne pubblicitarie dopo le ore 24
se di uso notturno non indispensabile con limitazione
della loro luminanza.
Lo stato attuale della legislazione regionale
Ad oggi sono state approvate 17 leggi regionali (Abruzzo,
Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli VeneziaGiulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise,
Piemonte, Provincia di Trento, Puglia, Toscana, Umbria,
Valle D’Aosta, Veneto) più una linea guida (D.G.R. 48/31)
da parte della Regione Sardegna.
Ovviamente i testi dei vari provvedimenti non sono
esattamente sovrapponibili per le seguenti motivazioni:
• il loro varo si è dipanato nell’arco di 13 anni. Dalla L.R.
22/97 del Veneto (sostituita integralmente dalla recente
17/09) a quella 2/10 del Molise;
• non in tutte le regioni è stato possibile addivenire
all’approvazione di un testo unico anche perché, in
alcune circostanze, sono prevalse le ragioni degli astrofili
in altre quelle dei loro oppositori.
Proveremo a classificare i provvedimenti esistenti in tre
grandi gruppi in cui è possibile trovare un denominatore
comune e valutare la loro efficacia in senso generale.
• provvedimenti con prescrizioni tecniche tassative per
tutti i tipi di impianti;
• provvedimenti con prescrizioni tecniche che rimandano
ad altre norme (tipo UNI 10819) o a linee guida ovvero
ancora con limiti di tipo generico;
• provvedimenti privi di parte tecnica perché non prevista
o perché non corredati della stessa successivamente alla
loro approvazione.
All’interno della prima categoria troviamo, fortunatamente, la
maggior parte delle leggi regionali mentre nella seconda possiamo
annoverare le leggi 17/98 Valle d’Aosta, 32/00 Piemonte, 39/05
Toscana e la DGR 48/31 (linea guida) Sardegna.
Caratteristica comune a questi ultimi quattro provvedimenti
e che sono, di fatto, privi di reale regime sanzionatorio.
Un caso limite della terza categoria è rappresentato dalla L.R.
27/00 Basilicata che non prevede alcun tipo di prescrizione
Caso, non raro, di
erroneo posizionamento
di lampioni a distanza
inferiore del 50%
a quanto previsto dal
tipo di corpo illuminante
62
tecnica, limitandosi a dettare delle generiche prescrizioni e solo
limitatamente ai dintorni degli osservatori astronomici. Una
legge più di intenti che di contenuti e quindi del tutto inutile.
Sulla scorta di quanto rilevato, anche per l’elevata
rappresentanza numerica, appare evidente che le leggi più
serie, e che quindi con maggior efficacia possono limitare
sia l’inquinamento luminoso sia i consumi energetici, sono
quelle appartenenti al primo gruppo.
Ma vediamo più da vicino le principali novità che questo
tipo di legislazione ha introdotto dal 2000 ad oggi nel
settore dell’illuminazione esterna:
• individuazione, per la prima volta, di limiti di emissione
degli impianti (in genere 0 cd/klm a 90° con alcune
piccole differenziazioni nella 23/00 Lazio e nella 12/02
Campania);
• limiti alla luminanza (cd/mq) di strade, monumenti e
insegne pubblicitarie;
• obbligo di riduzione dei consumi o spegnimento di
impianti dopo le ore 23/24;
• obbligo della progettazione e del rilascio di certificazioni
di conformità da parte di progettisti, installatori o
produttori.
Previsione, nel caso della L.R. 17/00 della Lombardia e delle
altre che ad essa s’ispirano, dell’interdistanza minima dei
corpi illuminanti di 3,7 volte rispetto la loro altezza al fine
di “moralizzare” l’acquisto sfrenato di lampioni e garantire
il risparmio energetico.
Nella tabella comparativa è comunque possibile rendersi
conto dei principali contenuti tecnici delle varie leggi
regionali confrontate anche con la UNI 10819 che è stata
fortemente contestata da astronomi e astrofili per le sue
prescrizioni ideate proprio per consentire, sul finire degli
anni ’90, la realizzazione di impianti senza alcun tipo di
serio controllo sul flusso luminoso disperso e, men che
meno, qualsiasi forma di riduzione nei consumi.
Più volte, anche nell’ambito dei sostenitori della legislazione
sull’inquinamento luminoso, si è posto l’accento sul fatto
che alcune leggi fossero, in modo assoluto, superiori ad altre.
Lanterna di ultima generazione, con flusso disperso a 0, full cut-off (cortesia Neri SpA)
Lanterna in stile di vecchio tipo con dispersione verso l'alto fino al 35%
QUADRO COMPARATIVO PRINCIPALI PARAMETRI NORMATIVI IN ITALIA
Tipologia
impianto
Legge Piemonte 31/00
(UNI 10819)
Legge Lazio
23/00
Protocollo d'Intesa
IDA-UAI-ASSIL
Legge Lombardia
17/00
Stradali
1-3%
0 cd/klm a 90°-95°
0 cd/klm a 90°
0 cd/klm a 90°
Ornamentali
con ottica
Ornamentali
senza ottica
Fari, grandi aree
e altro
Monumenti
Risparmio
energetico
Insegne
pubblicitarie
Deroghe
1-23%
10 cd/klm a 90°,
0 cd/klm a 100°
25 cd/klm a 90°,
0 cd/klm a 110°
5-10 cd/klm a 90°
Sostituzione: 0 cd/klm a 90°
Modifica: 15 cd/klm a 90°
Sostituzione: 0 cd/klm a 90°
Modifica: 15 cd/klm a 90°
Sagoma regolare max dispersione
5%, irregolare 10%
Sì, dopo 23-1. Spegnimento insegne
e monumenti
5-10 cd/klm a 90°,
5000 lm, 8%
0 cd/klm a 90°,
5% impianti sportivi
Sagoma regolare max dispersione
5%, irregolare 10%
Sì, dopo 24. Spegnimento insegne e
monumenti
Sì, dopo 23-24. Spegnimento
insegne e monumenti
Non normati
Dall’alto, max 10 cd/mq
Dall’alto, max 10 cd/mq
Dall’alto, max 4500 lumen
Piccoli impianti
max 25000 lm
Nessuna per piccoli impianti
Nessuna per piccoli impianti
Piccoli impianti 3 x 1500 lm; in parte
stadi oltre 5000 posti
1-23%
Non normati
Non normati
Non previsto
0 cd/klm a 90°-100°
0 cd/klm a 90°
Max 5 lux fuori sagoma
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In effetti la maggior parte di quelle appartenenti alla prima
categoria seguono la filosofia e lo schema tecnico della L.R.
17/00 della Lombardia che prescrive il limite di 0,49 cd/klm
a 90° per tutti i tipi di impianti in modo indiscriminato.
Tuttavia, ad una più attenta lettura, si scoprirà che anche
questo provvedimento presenta alcune lacune, non emendate
nel corso degli anni, che offrono, in alcuni casi, una scappatoia
per aggirare i limiti imposti.
La presenza di pericolose deroghe sui piccoli impianti e per
l’adeguamento di quelli di vecchio tipo nonché un regime
sanzionatorio poco efficace e di non immediata applicazione (si
concedono infatti 12 mesi per gli adeguamenti degli impianti
nuovi non a norma escludendo contravvenzioni immediate)
ne riducono significativamente la sua operatività.
Vi è poi da aggiungere che non tutte le regioni hanno
approvato i regolamenti di attuazione di questo tipo di leggi.
In alcuni casi, come quello del Friuli Venezia-Giulia, ne sono
state minate le originarie prescrizioni con delle modifiche,
successive, mirate a scardinarle.
Tutto ciò ovviamente non incide sui grandi meriti che
questo provvedimento ancora oggi ha per quanto concerne
le innovazioni a suo tempo introdotte.
In modo diverso si è invece operato nell’approvazione
della L.R. 23/00 del Lazio e del successivo Reg. Att. 8/05
allorquando si è deciso di non imporre il limite di 0 cd/klm
a 90° per tutti i tipi di impianti, pur contenendoli a livelli
molto bassi, ma privilegiando altri aspetti che concorrono a
rendere concretamente e facilmente applicabile una legge.
Punti di forza di questo provvedimento, peraltro unici nel
panorama legislativo italiano, sono:
• immediata applicazione delle sanzioni e ridotto termine
per l’adeguamento a seguito di diffida - 30 giorni - per
i vecchi impianti;
• sostanziale inesistenza di deroghe per i piccoli impianti;
• ruolo determinante degli osservatori astronomici
per il monitoraggio dell’inquinamento luminoso e il
perseguimento delle violazioni;
• semplificazione delle prescrizioni progettuali e degli
organi di controllo.
Anche in questo caso, ovviamente, non possiamo dire di
trovarci di fronte alla miglior soluzione ma solo di un modo
diverso di intervenire per raggiungere lo stesso scopo.
Il tempo si incaricherà di valutare quale tipo di provvedimento
sia effettivamente più efficace. E’ comunque certo fin da ora,
in base ai dati raccolti, che solo le prescrizioni delle leggi che
abbiamo inserito nella prima categoria hanno dimostrato di
limitare i consumi energetici. Questa conclusione emerge, in
modo inequivocabile, dal confronto dei dati dei consumi delle
città di Biella (con applicazione della L.R. 31/00 Piemonte) e
di Frosinone (con applicazione della L.R. 23/00 Lazio). I due
capoluoghi, sostanzialmente identici per popolazione e per
area, presentano una notevole discrasia nei costi di gestione
energetica benché il comune laziale abbia un numero ben
superiore di punti-luce (11.000 contro 7.607 nel 2006). A
riscontro della maggior efficacia della L.R. 23/00 rispetto la
31/00 milita il dato di luminosità del fondo cielo che, nel
caso di Biella, è da 2,5 a 16 volte maggiore di quello misurato
a Frosinone. Un dato scientifico quindi da cui si deduce che,
con determinate prescrizioni, è possibile ridurre sia i consumi
che l’inquinamento luminoso.
Tirando le somme, si può dire che l’entrata in vigore delle
leggi regionali ha portato ad un’innovazione reale ed epocale
nel settore dell’illuminazione esterna. La previsioni di specifici
limiti di emissione e l’obbligatorietà del progetto rendono
necessaria una maggior professionalità da parte di chi realizza
oggi questi impianti. I produttori più sensibili hanno fatto
la loro parte rinnovando radicalmente l’offerta dei cataloghi
tenendo a mente le finalità di questi provvedimenti. In tale
direzione doveva essere orientato il Protocollo d’Intesa siglato
dall’ ASSIL, l’IDA Italiana e l’UAI nel 2006 per la diffusione
di impianti complessivamente ecologici e ad alto contenuto
tecnologico. Rimane tuttavia innegabile il ruolo centrale dei
progettisti per la scelta delle soluzioni illuminotecniche e per
il controllo sull’ esecuzione dei lavori in conformità delle
varie normative vigenti.
Solo attraverso una migliore e più qualificata gestione della
luce sarà possibile coniugare il rispetto dell’Ambiente con la
vivibilità notturna delle nostre città e la sicurezza stradale.
L’International Dark-sky Association
L’International Dark-Sky Association (www.darksky.org) è il più importante ente mondiale nel settore della
lotta all’inquinamento luminoso. È stata fondata nel 1988 a Tuscon in Arizona da numerosi astronomi e
astrofili che intesero così portare avanti, in modo concreto e propositivo, un forte movimento di opinione
a favore della salvaguardia del Firmamento evidenziando però i vantaggi per la riduzione dei consumi di
energia.
Con oltre 10.000 membri in tutto il mondo è suddivisa in sezioni nazionali. Quella italiana è stata fondata
nel 1998 dall’autore dell’articolo che la presiede dall’origine ed ha sede presso l’Osservatorio Astronomico
di Campo Catino in provincia di Frosinone a Guarcino.
Molto attiva sul territorio collabora anche con le altre associazioni che si interessano di lotta all’inquinamento
luminoso come Cielo Buio (www.cielobuio.org) e l’Unione Astrofili Italiani (www.uai.it). Per numero di
membri è la prima in Europa e la terza nel mondo dopo quelle di Stati Uniti e Canada.
Per ulteriori informazioni (www.campocatinobservatory.org) tel. 0775/833737 - fax 0775/211238.
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La Via Lattea
www.shutterstock.com/Pierre Desrosiers
Con il decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009
(pubblicato, a tempo di record, ma senza note, sulla
NORMATIVA
Gazzetta Ufficiale n. 180 del 5 agosto), sono state finalmente
apportate le correzioni, le modifiche e le integrazioni, da
più parti auspicate, al cosiddetto Testo Unico in materia
di sicurezza sul lavoro, perfezionandosi così (in gran parte,
ma non interamente), dopo due anni esatti, l’iter legislativo
iniziato con l’emanazione della legge delega n. 123 del 3
agosto 2007.
Alla stesura finale del “correttivo” (che, forse affrettatamente,
vista la complessità del provvedimento, è entrato in vigore il
20 agosto, trascorsi i canonici 15 giorni di vacazio legis dalla
data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), nel rispetto
di quanto previsto dal comma 6 dell’art. 1, della legge
delega, si è arrivati dopo un lungo, intenso e complicato,
confronto realizzato in più sedi e con la partecipazione di
tutti gli interlocutori istituzionali ed il coinvolgimento (non
sempre paritario, preventivo e tempestivo) delle parti sociali
interessate.
di Francesco Bacchini
In ogni caso, dopo l'approvazione in Consiglio dei Ministri,
(Ricercatore, Professore Incaricato di Diritto del Lavoro e Diritto
del Lavoro Avanzato, Diritto delle relazioni industriali e sindacali, di uno schema di decreto correttivo, attraverso un'ampia
istruttoria (e una serrata discussione), finalizzata alla
Facoltà di Economia, Università di Milano - Bicocca)
D.lgs n. 106/2009
Cosa cambia realmente
in materia di sicurezza
sul lavoro nei cantieri?
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formulazione del parere della Conferenza Stato – Regioni
e delle competenti Commissioni parlamentari di Camera
e Senato, si è giunti all’approvazione di un testo non poco
modificato rispetto al modello iniziale.
Il provvedimento in parola consta di 149 articoli e 38
allegati che intervengono sul decreto legislativo n. 81/2008
cercando, sulla carta, di raggiungere due obiettivi: in primo
luogo correggere i molti errori materiali e tecnici presenti
nell’attuale disciplina – approvata, come noto, a Camere
ormai sciolte ed in tutta fretta, alcuni peraltro suscettibili
di ricadute gravi sulla salute e sicurezza dei lavoratori; in
seconda battuta superare, con modifiche improntate al
pragmatismo e non alla burocrazia, le difficoltà operative,
le criticità interpretative e le lacune, evidenziate dai primi
mesi di applicazione del testo unico.
Non vi è dubbio che molte delle novità più rilevanti abbiano
avuto ad oggetto il Titolo I, cuore del Testo Unico ed anche
del suo correttivo.
Le correzioni e le modifiche alla disciplina: della delega di
funzioni (con l’introduzione della facoltà di subdelega);
degli obblighi del datore di lavoro e del dirigente (con
l’introduzione dell’obbligo di vigilanza sull’adempimento
degli obblighi propri dei preposti, lavoratori, progettisti,
fabbricanti e fornitori, installatori e medico competente);
della valutazione dei rischi (con l’introduzione di nuovi
criteri di valutazione e di redazione e di aggiornamento
del documento); degli appalti interni (soprattutto con le
deroghe quali-quantitative all’obbligo di elaborazione del
DUVRI), della sorveglianza sanitaria (in particolare con la
previsione della visita preventivo-preassuntiva di idoneità
alla mansione), della sospensione dell’attività d’impresa,
della qualificazione, non ancora operativa, delle imprese e dei
lavoratori autonomi (in particolare nel settore dell’edilizia)
in riferimento alla tangibile e attuata tutela della salute e
sicurezza sul lavoro, del modello organizzativo di controllo,
dell’attività ispettiva, sono certamente, nel bene o nel male,
basilari per la nuova tutela della sicurezza e della salute sul
luogo di lavoro; nondimeno, anche le modifiche del titolo
III (attrezzature di lavoro) e del titolo XII (disposizioni in
materia penale e di procedura penale), ma, soprattutto,
quelle del titolo IV (cantieri temporanei e mobili), si
propongono all’attenzione degli esperti come complesse e
dense di significati e di ricadute applicative.
Le novità del titolo IV, capo I
E’ proprio alle modifiche aventi ad oggetto il titolo IV,
capo I, dedicato ai “cantieri temporanei o mobili”, fra le
più rilevanti apportate dal d.lgs. n. 106/2009, all’originaria
formulazione (e impostazione) del d.lgs. n. 81/2008, che
questo articolo vuole dedicarsi, al fine di tracciarne un
primo sistematico profilo.
Per farlo, daremo contezza, in particolare, delle novità
66
introdotte agli articoli 88, 89, 90, 93, 97 e 100 del d. lgs.
81/2008 ad opera degli articoli 57, 58, 59, 65 e 67 del
d.lgs. 106/2009, nonché delle novità relative agli allegati (in
particolare il XV, relativo ai contenuti minimi del PSC e dei
POS, il XVII sulla verifica dell’idoneità tecnico professionale
delle imprese e dei lavoratori autonomi, il XIII, relativo
alle prescrizioni di sicurezza per la logistica di cantiere, il
XIV sulla formazione dei coordinatori per la sicurezza).
Modifiche, tutte, che consegnano agli operatori ed agli
interpreti, una disciplina antinfortunistica maggiormente
operativa, ancor più centrata sulle dinamiche contrattuali
ed esecutive proprie dell’impresa affidataria.
La prima rilevante innovazione è riscontrabile già nell’art.
88, in virtù della quale l’ampio campo di applicazione
del Titolo IV, viene, in parte, a ristringersi, essendo stati
enucleati e, quindi, esclusi:
• i lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche,
gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non
comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui
all’allegato X;
• i lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi
portuali, nonché di operazioni di manutenzione,
www.shutterstock.com/fotohunter
riparazione e trasformazione delle navi in ambito
portuale, che non comportino lavori edili o di ingegneria
civile di cui all’allegato X.
Il riferimento all’allegato X ed al mancato coordinamento
di questo con le due nuove esclusioni, soprattutto la prima,
non mancheranno di sollevare problemi interpretativi e ciò
in quanto la definizione di lavori edili o d’ingegneria civile
di cui al citato allegato risulta astrattamente di portata così
ampia da essere praticamente onnicomprensiva, rendendo,
di fatto vana, l’esclusione di diritto dei predetti lavori.
Anche la definizione di responsabile dei lavori di cui alla lett.
c) dell’art. 89, oggetto, nella sua originaria formulazione, di
parecchi dubbi interpretativo-applicativi, viene totalmente
rivisitata dal decreto correttivo, il quale sancisce che tale
soggetto "può" e non “deve” essere incaricato dal committente,
risultando, così, in linea con la prevalente interpretazione
dottrinale, figura facoltativa e non obbligatoria; di centrale
importanza risulta essere anche la scomparsa di ogni
riferimento alla necessaria coincidenza del responsabile dei
lavori con il progettista nella fase di progettazione dell'opera
e con il direttore dei lavori nella fase di esecuzione dell'opera;
in virtù di tale correzione il responsabile dei lavori torna ad
essere soggetto liberamente individuabile dal committente,
così com’era, ad esclusione del settore pubblico (cioè “nel
campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163, e successive modificazioni”) in cui “il responsabile
dei lavori è il responsabile del procedimento”, nel d.lgs. n.
494/1996.
Sempre all’art. 89, muta anche la definizione di cui alla
lett. f ), precisandosi che il coordinatore per l'esecuzione dei
lavori non può essere il datore di lavoro anche delle imprese
affidatarie, oltreché di quelle esecutrici o un suo dipendente
o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
(RSPP) da lui designato; a tale incompatibilità il correttivo
consente, tuttavia, di derogare, sancendo che essa non
opera “in caso di coincidenza fra committente e impresa
esecutrice”; ne consegue, pertanto, che il coordinatore per
l’esecuzione può essere il datore di lavoro di un'impresa
esecutrice o un suo dipendente o RSPP da lui designato, solo
in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice.
Come si legge nella relazione illustrativa, l'affidamento
a personale dell'impresa esecutrice e, quindi, nel caso di
specie, dello stesso committente (che ha tutto l'interesse
affinché i lavori vengano effettuati al meglio) dell'incarico
di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, offre
maggiori elementi di garanzia, oltre che di coerenza con
l'esigenza del legislatore, di assicurare la maggiore efficacia
dell'azione di prevenzione. Si sottolinea, infatti, che molte
volte, per lavori altamente specializzati non è facile trovare
le necessarie professionalità tecniche all'esterno dell'impresa
esecutrice. L'integrazione tende a evidenziare la responsabilità
del committente imponendogli, anche nel caso in cui
sia coinvolto operativamente nel processo costruttivo, di
scegliere il professionista di sua fiducia.
Alla lettera i), sempre dell’art. 89, che definisce l’impresa
affidataria, il d.lgs. n. 106/2009, aggiunge una specifica
disciplina per i consorzi, disponendo che, se più imprese
costituiscono un consorzio per promuovere la partecipazione
ad appalti pubblici o privati, l’impresa affidataria si identifica
con:
• l’impresa consorziata assegnataria dei lavori che viene
individuata dal consorzio nell’atto di assegnazione dei
lavori che è stato comunicato al committente;
• oppure (in caso di pluralità di imprese consorziate
assegnatarie di lavori), l’impresa indicata nell’atto di
assegnazione dei lavori come affidataria, sempre che essa
abbia espressamente accettato questa individuazione.
Del tutto nuova, invece, è la definizione di “impresa
esecutrice” di cui alla lett. i-bis) dell’art. 89, in virtù della
quale viene consacrata come tale l'impresa: "che esegue
un’opera o parte di essa impegnando proprie risorse umane
e materiali".
Importanti anche le modifiche apportate all’art. 90;
al di là della riscrittura del comma 1, che oggi recita: “il
67
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
committente o il responsabile dei lavori, nelle fasi di
progettazione dell'opera, si attiene ai principi e alle misure
generali di tutela di cui all'articolo 15, in particolare:
a) al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed
organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro
che si svolgeranno simultaneamente o successivamente; b)
all'atto della previsione della durata di realizzazione di questi
vari lavori o fasi di lavoro” e dell’introduzione del comma
1-bis, secondo il quale “per i lavori pubblici l'attuazione di
quanto previsto al comma 1 avviene nel rispetto dei compiti
attribuiti al responsabile del procedimento e al progettista”,
l’intervento correttivo più interessante è certamente quello
di cui al comma 3 e per riflesso quello di cui al comma 4.
Premesso che la Legge Comunitaria per il 2008, n. 88 del 7
luglio 2009 (pubblicata il 14 luglio nella Gazzetta Ufficiale n.
161), aveva già previsto, all’art. 39 (in risposta alla sentenza
di condanna della Corte di Giustizia Europea del 25 luglio
2008, causa C-504/06), la modifica del comma 11 dell’art.
90 del d.lgs. n. 81/2008, in virtù della quale “la disposizione
di cui al comma 3 non si applica ai lavori privati non soggetti
a permesso di costruire in base alla normativa vigente e
68
comunque di importo inferiore ad euro 100.000”, caso in
cui “le funzioni del coordinatore per la progettazione sono
svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori”1, anche il
correttivo interviene in modo tutt’altro che irrilevante sulla
dimensione quali-quantitativa dei lavori che determinano
l’obbligo di pianificazione e coordinamento della sicurezza
nel cantiere.
In virtù delle modifiche apportate ai commi 3 e 4 dell’art. 90,
la designazione del coordinatore per la progettazione e del
coordinatore per l’esecuzione, è oggi necessaria solo nel caso
in cui vi sia la presenza nel cantiere di più imprese esecutrici,
imprese, ovviamente da intendersi siccome definite dalla
lett. i-bis) dell’art. 89, precedentemente riportata.
Ne consegue che la semplice presenza di più imprese nel
cantiere, affatto coinvolte nell’esecuzione dell’opera o in
una parte di essa e ciò in quanto non impegnano nei lavori
proprie risorse umane e materiali (ad esempio imprese
che effettuano una semplice fornitura di materiale, o che
procedono a rilevazioni e misurazioni) non costituirà più il
presupposto dell’adempimento dell’obbligo di pianificazione
e di coordinamento della sicurezza.
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ANNO II
Modifica interessante risulta essere anche quella apportata al
comma 9, dell’art. 90, relativa all’accertamento dell'idoneità
tecnico professionale delle imprese esecutrici nonché delle
imprese affidatarie.
Si prevede, poi, una forma semplificata di accertamento per
i lavori di durata presunta inferiore a 200 uomini-giorno,
attraverso il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio,
la presentazione del DURC e di un’autocertificazione relativa
al possesso dei requisiti previsti dall’allegato XVII del d.lgs.
n. 81/2008.
Tale allegato, ampiamente modificato dal d.lgs. n. 106/2009,
sancisce che i documenti e le informazioni oggetto di verifica
professionale delle imprese (esecutrici e affidatarie), oltre
all’iscrizione alla CCIAA con oggetto sociale inerente alla
tipologia dell’appalto, sono i seguenti:
• il documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 17,
comma 1, lett. a), o autocertificazione di cui all’art. 29,
comma 5, del d.lgs. n. 81/2008;
• il documento unico di regolarità contributiva (DURC)
di cui al d.m. 24 ottobre 2007;
•
la dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti
sospensivi o interdittivi di cui all’art. 14 del d.lgs. n.
81/2008.
Risultano abrogati rispetto all’originaria formulazione i
seguenti (importantissimi) requisiti che, pertanto, attualmente
non devono più essere obbligatoriamente verificati:
• la documentazione attestante la conformità al d.lgs. n.
81/2008 di macchine, attrezzature e opere provvisionali
• l’elenco dei dispositivi di protezione individuale forniti
ai lavoratori;
• i nominativi del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione (RSPP), del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza (RLS), della squadra antincendio e primo
soccorso e del medico competente e copia degli attestati
di avvenuta formazione per queste figure;
• l’elenco dei lavoratori risultanti da libro matricola (oggi
libro unico del lavoro) e relativa idoneità sanitaria alla
mansione prevista all’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008.
Per la verifica dei lavoratori autonomi, invece, l’elenco
(sostanzialmente immutato a seguito del d.lgs. n. 106/2009)
di documenti da esibire è il seguente:
• l’iscrizione alla camera di commercio, industria ed
artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia
dell’appalto;
• la specifica documentazione attestante la conformità
alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo di
macchine, attrezzature e opere provvisionali;
• l’elenco dei dispositivi di protezione individuali in
dotazione;
• gli attestati inerenti la propria formazione e la relativa
idoneità sanitaria ove espressamente previsti dal d.lgs. n.
81/2008;
• il documento unico di regolarità contributiva di cui al
Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007.
Nel caso in cui l’esecuzione dell’opera appaltata sia stata
assunta da un’impresa affidataria e se questa utilizza,
previa autorizzazione del committente, il subappalto o il
subcontratto d’opera, sarà il datore di lavoro della stessa
impresa affidataria e non il committente a dover verificare
1.
Si veda sul punto la circolare del Ministero del Lavoro n. 30 del
29 ottobre 2009, nella quale si precisa che, scopo della norma
(modificata) è consentire al committente, nei cantieri non
particolarmente complessi e di dimensioni (presumibilmente)
limitate, di nominare un unico coordinatore, quello per
l’esecuzione, che, tuttavia, assume in se anche le funzioni,
rectius, gli obblighi, senza eccezioni o limitazioni, anche di
quello per la progettazione.
69
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MARZO - APRILE 2010
l’idoneità tecnico-professionale dei subappaltatori e dei sub
lavoratori autonomi, con gli stessi criteri sopra illustrati.
Significativa è anche la novella dell’art. 93, comma 1, in virtù
della quale il committente “è esonerato dalle responsabilità
connesse all’adempimento degli obblighi limitatamente
all’incarico conferito al responsabile dei lavori”. Tale
precetto, escludendo la responsabilità del Committente in
relazione all’inadempimento degli obblighi antinfortunistici
trasferiti al Responsabile dei Lavori (RL) con specifico e
congruo incarico e attribuzione di poteri e mezzi adeguati,
senza più la previsione dell’obbligo da parte del primo di
verifica degli adempimenti di cui agli artt. 90, 92, comma
1, lett. e) e 99, incentiva senza dubbio l’individuazione di
siffatto soggetto, potenziale alter ego del Committente.
Il comma 2 del medesimo articolo, ribadisce il concetto
dianzi esposto, sancendo che la designazione dei due
coordinatori non esonera il committente o (disgiunzione) il
responsabile dei lavori (il quale, nel caso in cui gli sia conferito
incarico pieno, si sostituisce interamente al committente)
dalle responsabilità connesse alla verifica dell’adempimento
degli obblighi di cui agli artt. 91, comma 1, vale a dire
l’obbligo di redigere il PSC e il fascicolo tecnico da parte
del Coordinatore per l’esecuzione (CSP) e 92, comma 1,
lett. a), b), c), d) ed e), vale a dire tutti gli obblighi del
Coordinatore per l’esecuzione (CSE) all’infuori di quello
di sospensione in caso di pericolo grave ed imminente
direttamente riscontrato, delle singole lavorazioni.
Degna di menzione è anche la modifica della quale è stato
fatto oggetto l’art. 97, concretizzatasi nella rielaborazione
del comma 1 e nell’introduzione di due nuovi commi, il
3-bis e il 3-ter.
Solo apparentemente nominale, ma in effetti, assai rilevante
è la modifica di cui al comma 1, in virtù della quale il datore di
lavoro dell’impresa affidataria, non deve più semplicemente
vigilare, ossia controllare, sulle condizioni di sicurezza,
ma verificare, ossia accertare, dimostrare le (effettive)
condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione
70
delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza
e coordinamento; il datore di lavoro dell’impresa affidataria
deve anche corrispondere alle imprese esecutrici, senza alcun
ribasso, gli oneri della sicurezza relativi ad apprestamenti,
impianti, ecc.
Il datore di lavoro dell’impresa affidataria, i suoi dirigenti e
preposti, devono, inoltre, per poter esercitare l’attività che
è propria del contraente generale e adempiere agli obblighi
antinfortunistici, essere in possesso di adeguata formazione;
sarà il committente (o il responsabile dei lavori, se incaricato)
che dovrà assicurare, ossia verificare, in virtù dell’art. 100,
comma 6-bis, l’attuazione degli obblighi di cui ai commi
3-bis e 3-ter dell’art. 97.
Degna di menzione è anche la novella contenuta nell’art.
67 del d.lgs. 106/2009, relativa al comma 6 dell’art. 100,
in base al quale il Piano Sicurezza e Coordinamento non
risulta essere necessario nel caso di lavori la cui esecuzione
immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o
per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire
la continuità in condizioni di emergenza nell'erogazione di
servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica,
acqua, gas, reti di comunicazione.
Oggetto di modifiche degne di menzione è anche la
disciplina della formazione dei coordinatori per la sicurezza,
di cui all’allegato XIV; tale formazione deve avvenire con un
numero massimo di 60 partecipanti per la parte teorica e di
30 partecipanti per la parte pratica; si prevede, inoltre, che
la formazione dei coordinatori per la sicurezza dovrà essere
aggiornata; l’aggiornamento deve essere effettuato per un
totale di 40 ore in un quinquennio anche per mezzo di
diversi moduli oppure mediante la partecipazione a convegni
o seminari con un numero massimo di 100 partecipanti
(sono fatti salvi gli attestati rilasciati prima dell’entrata in
vigore del d.lgs. n. 81/2008, e l’obbligo di aggiornamento
quinquennale decorre dalla data di entrata in vigore dello
stesso decreto).
Un’ultima segnalazione merita l’abrogazione dell’art. 103,
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ANNO II
dedicato originariamente alla definizione delle modalità di
previsione dei livelli di emissione sonora, la ragion d’essere
del quale era risultata da subito di difficile comprensione
e la cui disciplina di difficile coordinamento con il capo
II del titolo VIII dedicato alla “protezione dei lavoratori
contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro”,
nonché, alla lett. d-quater) del comma 1, dell’art. 304,
l’abrogazione espressa del D.P.R. n. 222/2003, che recava
il «Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza
nei cantieri temporanei o mobili, in attuazione dell’art. 31,
comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109», il quale,
pur interamente trasfuso nell’allegato XV (1 e 2) del decreto
n. 81/2008, non era stato, colpevolmente, espressamente
abrogato dal legislatore delegato.
All’esito delle riflessioni sopra svolte, pare possibile affermare
che non tutti gli obbiettivi che il decreto correttivo avrebbe
dovuto raggiungere possono dirsi raggiunti; lacune ed
incertezze sono, purtroppo, ancora presenti e riguardano
istituti tutt’altro che marginali (in particolare: delega
di funzioni, obbligo di vigilanza, attrezzature di lavoro,
potere di disposizione, campo di applicazione e obblighi
di pianificazione nei cantieri, ecc.). Forse si sarebbe potuto
fare di più, ma il decreto correttivo (come, del resto, anche
quello “corretto”) è l’evidente frutto di una mediazione
politica, che ha portato il Governo ad accogliere, sui punti
più delicati e, potenzialmente, innovativi (in particolare:
presunzione di conformità e obbligo d’impedimento), non
poche delle osservazioni critiche formulate dalle Regioni,
dalle Commissioni parlamentari, nonché quelle, improprie
e spesso pregiudiziali, formulate in ambiente accademicogiudiziario.
Tuttavia, al presente, ciò che più conta è che, completati,
auspicabilmente nei termini stabiliti, i provvedimenti di
dettaglio (probabilmente eccessivi) attribuiti, a vario titolo, a
molteplici soggetti istituzionali (Conferenza Stato-Regioni,
Commissione Consultiva Permanente, Ministero del lavoro
e della salute), la disciplina antinfortunistica si stabilizzi
e si consolidi, di modo che sia possibile determinare, in
un tempo ragionevolmente breve, un serio e fruttuoso
indirizzo interpretativo-applicativo, sia a livello dottrinale
che giurisprudenziale.
Vale, allora, la pena proporre, in chiusura, la seguente
riflessione: "la legge è fatta non solo per comandare, ma
per durare. Non può essere naturalmente eterna, ma deve
essere longeva. Ogni mutamento della legge rappresenta
un turbamento di equilibrio, uno sconvolgimento di
previsioni, un rallentamento di iniziative. Conviene che le
leggi si preparino con esperienza e si approvino con cautela.
Meglio sopportare una legge cattiva che cambiarla troppo
spesso". (F. Carnelutti, 1937).
Valutazione
immobiliare
ed ordinarietà
di Maurizio d’Amato
Professore Associato presso la prima Facoltà di Ingegneria del
Politecnico di Bari dove insegna Estimo al corso di ingegneria
civile, Maurizio d’Amato è stato direttore del Centro Studi
dell'Associazione Italiana Consulenti Immobiliari (www.aiciitalia.it). Attualmente è direttore scientifico dell'Osservatorio
sul Mercato Immobiliare del Politecnico di Bari, Fellow
Member dei Royal Institution Chartered Surveyors da luglio
2004 e membro del comitato scientifico di e-valuations.
72
Nella valutazione immobiliare il concetto di ordinarietà
ricopre un ruolo fondamentale, e in particolare nell’expertise
dove sorregge il giudizio di stima espresso sinteticamente da
un esperto. Il concetto di ordinarietà indirizza l’esperto nella
formulazione di un valore che la maggior parte dei periti,
idealmente chiamati alla stessa stima, formulerebbe per
l’immobile da valutare. Tale valore corrisponde alla media
delle stime dei periti. Di conseguenza il perito non formula
una qualunque stima ma mira a ricercare la media delle
stime seppure ipotetiche. L’ordinarietà suppone che le stime
dei periti si distribuiscano secondo una curva gaussiana,
nella quale la media dei valori stimati ha la maggiore
frequenza o probabilità di verificarsi (vedi figura 1). In questa
prospettiva il concetto di ordinarietà può rendere oggettiva
la stima conferendole rigore analitico (M. Orefice). La prova
dell’ipotesi della distribuzione normale delle stime è onerosa
in pratica, perché richiederebbe la stima di un immobile in
concreto condotta da più periti scelti casualmente, operanti
nelle medesime condizioni e in modo indipendente l’uno
dall’altro. Per raggiungere un risultato statisticamente
significativo tale prova andrebbe svolta su un campione casuale
di periti abbastanza numeroso e ripetuta verosimilmente per
immobili di diversi segmenti di mercato.
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APPROFONDIMENTI
Frequenza
0
Media
Stime
Figura 1 - Distribuzione normale
INDICE
IMPORTO
Numero
29
Media (euro)
90.661,72
Deviazione standard (euro)
15.074,27
Valore minimo (euro)
71.667,00
Valore massimo (euro)
125.000,00
Campo di variazione (euro)
53.333,00
Tabella 1 - Statistiche campionarie
Prova simulata
Nella metodologia estimativa il concetto di ordinarietà si è
ampliato dai giudizi di stima ai comportamenti dei compratori
e dei venditori, alla figura dell’imprenditore ordinario e
dell’azienda ordinaria.
Una prova sperimentale del concetto di ordinarietà è stata
svolta in passato per verificare l’esistenza dell’azienda
agraria ordinaria (G. Medici). Il risultato dell’indagine non
confermò la distribuzione gaussiana dei risultati economici
delle aziende, ma accertò che questa distribuzione statistica
riguardava alcuni rapporti nei componenti della struttura e
dell’ordinamento produttivo dell’aziende campionate, che
identificavano l’azienda agraria tipica.
Una prova simulata del concetto di ordinarietà in campo
immobiliare urbano è stata svolta in occasione dei corsi di
formazione nelle valutazioni immobiliari basati sugli standard
di valutazione internazionale. I partecipanti avevano una
provenienza mista divisa tra geometri, ingegneri e architetti ed
erano accomunati da un’esperienza professionale pluriennale
e dalla vicina provenienza geografica. All’inizio del corso è
stato chiesto di svolgere una valutazione immobiliare riferibile
a un immobile per il quale sono state fornite le planimetrie,
la scheda del segmento di mercato con i relativi parametri
e le altre informazioni, la descrizione delle caratteristiche
intrinseche ed estrinseche dell’immobile e le foto. Il metodo
di stima suggerito è stato il procedimento monoparametrico
tradizionale, basato sulla superficie commerciale
eventualmente con l’impiego di coefficienti, secondo le
indicazioni della manualistica estimativa commerciale. Sono
stati forniti i valori minimi e massimi e sono state riportate le
quotazioni disponibili.
La stima è stata svolta individualmente e in modo indipendente
senza limitazioni di tempo e senza una preventiva informazione
(hic et nunc). I valori di mercato della simulazione sono stati
29 (vedi tabella 1).
A fronte di un identico set di informazioni, le valutazioni
rese oscillano fra un valore minimo di 71.667,00 euro e
un valore massimo di 125.000,00 euro con una divergenza
percentuale pari a 74% e una media pari a 90.661,72 euro.
I dati sono stati riuniti in classi di valori per rappresentare la
loro distribuzione di frequenza (vedi tabella 2).
CLASSE DI VALORI
(EURO·1.000)
FREQUENZA RELATIVA
%
70-80
34,48
80-90
31,04
90-100
10,34
100-110
10,34
110-120
10,34
120-130
3,46
100,00
Tabella 2 - Distribuzione di frequenza per classi di valori
La classe di maggiore frequenza è compresa tra 70 e 80.000
euro, che insieme alla classe successiva tra 80 e 90.000
euro presentano una frequenza complessiva pari a circa i
due terzi delle stime (65,52 %), mentre il valore medio
si colloca al margine della classe tra 90 e 100.000 euro.
L’istogramma riguardante la distribuzione di frequenza per
classi di valori evidenzia l’asimmetria delle stime (vedi figura
2) che mostrano un andamento lontano dalla distribuzione
normale della trattatistica estimativa. L’indice di asimmetria
della distribuzione campionaria è pari a 0,82 ed evidenzia
un’asimmetria a destra (0 perfetta simmetria). Il coefficiente
di curtosi è pari a -0,385 (distribuzione con appiattimento
73
ANNO II
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MARZO - APRILE 2010
Frequenza
rispetto alla normale). Il campione delle stime è un piccolo
campione, tuttavia i valori dell’indice di asimmetria e del
coefficiente di curtosi devono fare insorgere il dubbio che
l’ipotesi di normalità non sia verificata.
Se i risultati della prova simulata non possono considerarsi
definitivi, tuttavia offrono un quadro del modo di intendere
il processo estimativo da parte dei periti.
È appena il caso di osservare che gli standard valutativi
internazionali non contemplano il giudizio soggettivo e
sintetico dell’expertise, che opera in assenza di riscontri di
mercato, è ottenuto con un processo estimativo non ripetibile
e non offre la possibilità della verifica.
necessaria nella stima del valore di mercato con il procedimento
della capitalizzazione del reddito. In questo procedimento il
reddito da capitalizzare richiede la redazione di un bilancio
estimativo nel quale il reddito netto incorpora il profitto normale
ed esclude il sovraprofitto. L’anomalia estimativa consiste nel
fatto che, mentre la rendita immobiliare può essere trasferita da
un imprenditore all’altro o da un proprietario all’altro, il profitto
attiene a una qualità personale non trasferibile. L’anomalia
estimativa si risolve con la ricerca del saggio di capitalizzazione
condotta sui redditi netti comprendenti il profitto normale al
pari del reddito da capitalizzare, generando cioè una parità di
condizioni.
40 %
Figura 2 - Distribuzione
di frequenza campionaria
30 %
20 %
10 %
0%
70-80
80-90
90-100
100-110
110-120
120-130
Stime (eurox1000)
Teoria dell’ordinarietà
Nella metodologia estimativa il concetto di ordinarietà
ampliato considera i prezzi di mercato degli immobili, le
destinazioni degli immobili e il bilancio estimativo.
Alla radice del concetto dell’ordinarietà si poneva la discussione
tra gli attualisti e i suscettivisti. I primi consideravano il valore
della terra derivante esclusivamente dalla sua condizione
attuale, i secondi credevano che il valore fosse legato invece
alle sue potenzialità. La discussione si è risolta con l’asserzione
per la quale l’attualità è un modo di essere delle potenzialità:
“il complesso delle condizioni attuali che rendono possibile
l’attuazione di un diverso fruimento”(N. Famularo).
All’inizio del secolo scorso, il significato economico di
ordinarietà poneva un’equivalenza tra l’impresa marginale e
l’impresa ordinaria. Per la prima il sovraprofitto è nullo ed
esiste un profitto normale, conseguito dall’impresa che si
trova sul mercato da un tempo sufficiente per sfruttare in
modo normale le economie interne di scala e quelle esterne di
produzione, e che dal punto di vista soggettivo sia organizzata
da un imprenditore di capacità organizzative, finanziarie e
innovative normali. La definizione dell’impresa ordinaria era
74
Alla fine del secolo scorso, gli standard valutativi internazionali
hanno posto la massima enfasi al metodo del confronto di
mercato, basato sulla rilevazione dei prezzi recenti di immobili
simili a quello da stimare. La comparazione estimativa si svolge
in modo sistematico in base alle caratteristiche degli immobili
rilevati. Dal prezzo di mercato di ciascun immobile comparabile
si giunge al corrispondente prezzo corretto, che nel metodo
estimativo raffigura il prezzo dell’immobile da valutare se si fosse
trovato nelle condizioni dell’immobile di confronto. In pratica
ogni prezzo corretto è una stima dell’immobile da valutare. In
teoria i prezzi corretti dovrebbero coincidere, tuttavia questi
prezzi si comportano come una variabile casuale, anche se
generalmente manifestano una sostanziale convergenza. La
sintesi estimativa del metodo del confronto di mercato si serve
del valore atteso pari alla somma dei prezzi corretti ciascuno
moltiplicato per la probabilità di verificarsi. Nell’ipotesi
elementare di equiprobabilità, il valore atteso è pari alla media
aritmetica semplice dei prezzi corretti in conformità al concetto
di ordinarietà, e nel caso generale è pari alla media ponderata
per le probabilità.
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Destinazione ordinaria e Highest and Best Use
All’interno del segmento di mercato, gli usi degli immobili
possono essere diversi in considerazione del fatto che i beni
immobili sono polifunzionali e sono posseduti e gestiti
per almeno due motivazioni principali: quella dell’utilizzo
diretto e quella dell’investimento. Se in un segmento di
mercato tutti fruiscono direttamente dei beni immobili, la
destinazione più diffusa è anche quella ordinaria e non vi
è altra destinazione alternativa. In un segmento di mercato
in cui alcuni utilizzano direttamente il bene immobile e
altri cercano destinazioni alternative che contribuiscano
a remunerare il capitale investito, esiste una difformità di
motivazioni che presumibilmente porta a una diversità di
possibili destinazioni. In altri contesti si può verificare che tutti
cerchino una destinazione economicamente più remunerativa
ma che l’accesso all’informazione è limitato e soltanto una
parte di essi utilizza il capitale immobiliare investito in
maniera più efficiente. Quindi possono (non debbono)
verificarsi una pluralità di destinazioni che rispondono a
differenti esigenze. L’esistenza di diverse destinazioni è inoltre
legata alle condizioni esterne relative alla normativa edilizia
e urbanistica, alla situazione economica e alla pratica edilizia
che possono ostacolare un’efficiente allocazione delle risorse
immobiliari.
Per l’immobile oggetto della valutazione si presenta quindi
una destinazione attuale e si possono prefigurare altre
destinazioni potenziali. A ogni destinazione si possono
assegnare: una frequenza legata al numero di volte in cui
compare negli immobili del segmento di mercato, e un valore
di trasformazione riguardante la differenza tra il valore di
mercato nella destinazione potenziale e il costo necessario per
raggiungerla.
Tra le destinazioni alternative insieme con quella attuale,
secondo la teoria dell’ordinarietà la destinazione ordinaria
è la destinazione statisticamente più frequente; mentre la
destinazione più redditizia è quella che presenta il maggiore
valore di trasformazione (highest and best use) anche se non è
la più frequente.
La tradizionale teoria dell’ordinarietà ha radicato nei valutatori
la convinzione per la quale nella stima del valore di mercato
di un immobile si deve considerare la destinazione più
frequente anche se meno redditizia di altre. La metodologia
estimativa e gli standard internazionali indicano invece di
considerare la destinazione più redditizia. Il risultato della
stima coinciderebbe se la destinazione più frequente fosse
anche la più conveniente, divergerebbe in tutti gli altri casi.
Tutto ciò in apparenza. Tuttavia se ci si rifà al concetto
primitivo dell’ordinarietà si osserva che l’esperto non mira a
stimare un valore isolato ma la media dei valori espressi dagli
altri esperti, ossia un valore ottenuto con il concorso delle
altre stime anche se ipotetiche. Questa condizione diviene
una condizione oggettiva nel caso delle destinazioni di uso
dell’immobile da valutare. Tutte le destinazioni compresa
quella attuale devono partecipare alla stima del valore di
mercato, ciascuna in ragione della sua frequenza nel segmento
di mercato. In definitiva il valore stimato rappresenta la
media dei valori di trasformazione ponderata per le rispettive
frequenze. Se il valore stimato è considerato come un risultato
non prevedibile con certezza (casuale), la somma dei possibili
valori ciascuno moltiplicato per la probabilità di verificarsi
rappresenta il valore atteso. Si tratta di sostituire al concetto
di frequenza quello di probabilità.
In conclusione, il concetto di ordinarietà è il principale
supporto dell’expertise immobiliare, nel quale il perito
non formula una qualunque stima ma, ispirandosi alla
distribuzione normale della popolazione (in senso statistico)
delle possibili stime, cerca la loro media. Nell’expertise infatti
il perito non rileva né un campione di stime né un campione
di prezzi, compiendo un salto logico direttamente verso la
distribuzione ipotetica.
Se si esce dal campo dell’expertise e ci si riferisce alla
valutazione immobiliare svolta con la rilevazione dei dati di
mercato, con un processo estimativo riproducibile e con la
verifica dei risultati secondo i canoni degli standard valutativi
internazionali, il giudizio di stima si fonda sulla rilevazione
campionaria di prezzi, di fitti, di costi e di destinazioni. Il
valore stimato è allora restituito alla sua natura di risultato
non prevedibile con certezza, ossia di variabile casuale il cui
valore atteso è pari alla somma dei possibili valori ciascuno
moltiplicato per la probabilità di verificarsi. In queste
circostanze non è necessario che la distribuzione normale
della popolazione sia dimostrata, quanto che sia possibile
calcolare il valore atteso nel campione dei dati di mercato
rilevati.
75
Impianti termotecnici:
struttura fondamentale
tipologie
e criteri di scelta
di Mauro Cappello
Prosegue con questo secondo articolo la pubblicazione del
corso curato dall’Ingegnere Mauro Cappello sul tema degli
Impianti termici nell’edilizia. Il corso ha l’obiettivo di
fornire gli elementi utili ai tecnici che lavorano nel settore
dell’edilizia (in particolar modo nella Direzione Lavori) e si
articola in sei lezioni.
Mauro Cappello, attualmente ispettore presso l’Unità di
Verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero dello
Sviluppo Economico è stato consulente del Ministro dei Lavori
Pubblici e del Vice Ministro delle Infrastrutture e Trasporti
e ha organizzato la 1ª Conferenza Nazionale sui Lavori
Pubblici. È autore di diverse pubblicazioni specialistiche.
76
Classificazione degli impianti termici
Determinare le caratteristiche di un impianto che deve
essere installato in un edificio per realizzare condizioni
ottimali di comfort o di benessere è un problema di
notevole complessità.
Le operazioni necessarie per modificare le condizioni
termo-igrometriche ambientali sono le seguenti:
• riscaldamento
• raffrescamento
• ventilazione
• modifiche al grado di umidità dell’aria
Come esaminato nei precedenti articoli relativamente
allo studio delle trasmittanze termiche delle superfici
opache e trasparenti, la scelta delle soluzioni tecniche
da adottare dipende fortemente anche dalla struttura
“edilizia” dell’edificio.
È chiaro che un edificio caratterizzato da un buon
livello di isolamento termico necessita di un impianto
meno complesso di un altro edificio, che per scarse
caratteristiche di isolamento termico, è invece soggetto
a facili variazioni di temperatura.
www.shutterstock.com/Mariusz S. Jurgielewicz
FORMAZIONE
photo©shutterstock.com/V. J. Matthew
In generale gli impianti termici possono essere classificati
in differenti modi in base:
• alle utenze servite
• centralizzati, a servizio di più unità abitative
• autonomi, serventi singole unità abitative
• localizzati, a servizio di un unico ambiente
• al fluido termovettore
• a vapore, bassa/alta pressione
• ad acqua, circolazione naturale/forzata
• ad aria o ad altri fluidi diatermici, tipologie rare
• al principio di trasmissione del calore
• a conduzione, impianti a radiatori
• a convezione, impianti a radiatori o convettori
ventilati
• a radianza od irraggiamento, impianti a tubi radianti
Si definiscono impianti termici centralizzati i sistemi che
garantiscono il riscaldamento di più unità abitative.
In questa tipologia di sistemi l’energia termica viene fornita
da un generatore di calore, opportunamente dimensionato,
che viene installato in uno specifico ambiente denominato
“centrale termica” od anche “locale caldaia”.
Dalla centrale termica parte una rete di tubazioni che
conducono l’acqua, riscaldata dal generatore, fino agli
elementi utilizzatori, denominati “corpi radianti” o anche
“radiatori” che sono posizionati nei singoli ambienti.
Il riscaldamento degli ambienti avviene per irraggiamento
dai radiatori.
La circolazione dell’acqua in questa tipologia di impianto,
caratterizzata da importanti lunghezze delle tubazioni,
viene garantita da una coppia di pompe idrauliche, che per
la funzione che assolvono sono denominate “circolatori”.
Impianti termici autonomi
Questa tipologia di sistemi è caratterizzata da generatori di
calore aventi potenze limitate in quanto debbono garantire
il riscaldamento di una singola unità abitativa e sono gestiti
direttamente dall’utente.
I generatori di calore sono normalmente a gas e di limitata
portata termica, per essi la normativa di riferimento è la
norma UNI CIG 7129/1992 rubricata come “Impianti a gas
per uso domestico alimentati da rete di distribuzione” che ne
regola l’impiego fino ad una portata termica di 35 kW.
La classificazione dei generatori viene effettuata sulla
base dello smaltimento dei fumi:
• tipo A: non richiedono smaltimento dei fumi
verso l’ambiente esterno (esempio: stufe a gas con
potenzialità inferiore a 3,5 kW)
• tipo B: prelevano l’aria della combustione
dall’ambiente e scaricano i fumi della combustione
attraverso un condotto di evacuazione (camino)
• tipo C: sistemi in cui il circuito di combustione è
stagno rispetto all’ambiente del locale riscaldato
Caldaia
La caldaia è il vero cuore dell’impianto in quanto in essa
si verifica il trasferimento di calore dalla combustione al
fluido termovettore, le più comuni tipologie di caldaia sono
realizzate in ghisa od acciaio.
Le caldaie moderne sono del tipo “pressurizzato” ovvero
in esse la combustione avviene ad una pressione molto
superiore a quella atmosferica, realizzata utilizzando
bruciatori particolari.
La sovrapressione (rispetto a quella atmosferica) determina
77
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
un innalzamento del valore del rendimento di combustione
e consente di diminuire la dimensione del camino, infine
cosa anch’essa importante, la velocità dei fumi riduce la
quantità di polveri che normalmente si depositano nei
camini stessi.
Il parametro in base al quale si misura la qualità di una
caldaia è il rendimento di produzione, quando esso e uguale
o maggiore del 90% di quello teorico, la caldaia si definisce
ad “alto rendimento”.
Una caldaia ad alto rendimento che trova grande diffusione,
specialmente nelle nuove costruzioni, è quella cosiddetta
“a condensazione”, così denominata in quanto consente il
recupero del calore di condensa dei fumi, aumentando in
tal modo il rendimento.
Punto debole di questo apparato è quello di richiedere
manutenzione costante ed essere soggetto ad usura veloce.
Bruciatore
Il bruciatore è l’elemento che realizza la combustione,
infatti ad esso afferiscono sia il combustibile sia l’aria che
vengono miscelati in modo opportuno e successivamente
sottoposti a combustione in un ambiente denominato
appunto camera di combustione. I bruciatori generalmente
sono classificati nel seguente modo:
• bruciatori di combustibile liquido (polverizzazione
meccanica)
• bruciatori di gas (ad aria soffiata)
• bruciatori misti
Il bruciatore è equipaggiato con una fotocellula a sua volta
collegata con una elettrovalvola, che in caso di assenza
78
di fiamma per spegnimento accidentale (rilevato dalla
fotocellula) determina la chiusura del circuito di afflusso
del combustibile.
Bruciatori di combustibile liquido
Gli elementi fondamentali di un bruciatore di combustibile
liquido sono:
• motore a servizio del ventilatore e della pompa di
aspirazione
• filtro per trattenere le impurità
• valvola di intercettazione automatica
• pompa avente la funzione di veicolare il fluido vettore
verso i dispositivi deputati alla polverizzazione
• ventilatore
• preriscaldatore
• ugello, che realizza la polverizzazione del
combustibile
• elettrodi, la cui funzione è quella di provocare la
scintilla alla base del processo di combustione
Bruciatori di gas
I bruciatori a gas sono essenzialmente di due tipologie
ovvero “atmosferici” e ad “aria soffiata”.
I bruciatori atmosferici sono caratterizzati dal fatto
che la quantità di aria necessaria per la combustione è
correlata all’effetto “Venturi” al tiraggio del camino, sono
generalmente installati su apparecchi di piccola taglia.
La caratteristica peculiare dei bruciatori ad aria soffiata
è quella di essere equipaggiati con un ventilatore che
garantisce importanti portate d’aria, tale circostanza li
rende maggiormente adatti a servire caldaie di grande
potenza.
www.shutterstock.com/gh19
ANNO II
Tubazioni: tipologia
• Tubazioni in acciaio: sono di tipo senza saldatura
e con saldatura, sono individuate con il diametro
commerciale in pollici la cui misura varia da 1/8”
fino a 6”
• Tubazioni in rame: sono costituite da rame ricotto
e vengono vendute in matasse della lunghezza di 50
metri, possono essere nude o rivestite e raggiungono
la misura del diametro esterno pari a 22 millimetri.
Il collegamento di tratti diversi di tubazione
avviene realizzando un particolare tipo di giunto,
nel quale si allarga una delle due estremità creando
una configurazione del tipo “femmina”, si inserisce
l’estremo più piccolo a configurazione “maschio” in
quest’ultimo, quindi si produce l’infiltrazione di una
lega tra le due superfici sovrapposte
• Tubazioni in materiale plastico (PEX): sono realizzati
in polietilene reticolato
Le perdite di carico
La determinazione delle perdite di carico è un passaggio
fondamentale per la determinazione della prevalenza
della pompa da installare.
Le perdite di carico possono essere continue o
localizzate:
• quelle continue, vengono così definite in quanto si
manifestano lungo le tubazioni
• quelle localizzate invece sono denominate tali in
quanto si manifestano, in corrispondenza di punti
singolari dove trovano collocazione pezzi speciali che
fanno variare la direzione o la sezione di passaggio
del fluido (ad es. riduzioni, derivazioni, raccordi,
confluenze, valvole, filtri, ecc.…)
La formula generale da applicare per stimare tale
parametro è:
Fondamentale per garantire il corretto funzionamento di
questi impianti è la differenza di temperatura tra l’acqua
mandata e l’acqua di ritorno.
La tipologia degli impianti a circolazione forzata è oggi
quella più diffusa ed è caratterizzata dalla presenza di pompe
idrauliche, dette comunemente circolatori, che garantiscono
il moto del fluido nelle tubazioni.
La presenza dei circolatori determina una serie di innegabili
vantaggi, quali:
• impiego di tubazioni di minor diametro, con conseguenti
vantaggi in termini di trasporto, installazione e
naturalmente di costo
• maggiore versatilità rispetto alla circolazione naturale,
ovvero possibilità di superare maggiori distanze,
consentendo così di scaldare anche ambienti molto
distanti dalla caldaia
• facoltà di riscaldare anche ambienti che siano posti a
livelli di quota più bassi rispetto al locale della caldaia
• possibilità di impiego di corpi scaldanti di taglia
minore
Collettori di distribuzione
I collettori di distribuzione sono arrivati sul mercato
termotecnico relativamente di recente ed hanno
immediatamente riscosso un grande successo per la versatilità
che garantiscono e per la semplicità di installazione.
Prima di passare in rassegna pregi e difetti di questa tecnologia
è utile dare una descrizione dell’elemento collettore.
Come si vede dalla figura 1 esso si presenta come l’unione di
due tubi, uno relativo al flusso di uscita, ovvero la “mandata”,
l’altro relativo a quello di ritorno cioè la “ripresa”.
1
v2
r = Fa ․ — ․ l ․ —
D
2
Dove: r = perdita di carico unitaria, Pa/m
Fa = fattore di attrito, adimensionale
D = diametro interno del condotto, m
l = massa volumica del fluido, kg/m3
i = velocità media del fluido, m/s
Impianti a circolazione naturale e circolazione forzata
Gli impianti a circolazione naturale sono caratterizzati dal
fatto che il moto del fluido nelle tubazioni è garantito dal
moto convettivo che subisce il fluido come conseguenza del
riscaldamento.
In questi impianti sono presenti due tubazioni, in una il
fluido viaggia dalla caldaia alla periferia, ovvero verso i corpi
scaldanti, nell’altra il fluido segue il cammino opposto.
Figura 1
Va notato che i due flussi sono sempre separati, anche se i
due elementi costituenti il collettore sono collegati a mezzo
di giunzioni nella parte centrale.
Relativamente alla installazione dei collettori va detto che
essi vengono comunemente alloggiati dentro speciali cassette
e debbono essere posizionati in una zona dell’edificio che
sia baricentrica rispetto alle collocazioni dei corpi scaldanti
che alimenta.
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MARZO - APRILE 2010
Posizionando in modo corretto il collettore sarà possibile
ridurre la lunghezza dei circuiti di alimentazione,
determinando di fatto una lunghezza uniforme per ogni
singolo circuito terminale, riducendo altresì il valore delle
perdite di carico.
Per similitudine segnaliamo che la stessa accortezza viene
spesso adottata nella progettazione degli impianti elettrici
relativamente al posizionamento del quadro elettrico, così
da limitare le cadute di tensione.
Normalmente i collettori sono montati in posizione
verticale.
La distribuzione in un impianto a collettori è di tipo
orizzontale e si realizza sostanzialmente con la creazione di
una rete avente la caratteristica forma “a ragno” che si dirama
da un unico collettore, il quale alimenta singolarmente con
due tubi ogni singolo corpo scaldante.
Il successo di questa tecnologia è legato ad una serie di
vantaggi:
• agevole formazione di “zone”
• spiccata flessibilità nel posizionamento dei corpi
scaldanti
• temperatura media di tutti i corpi scaldanti
praticamente uniforme
• omogeneità dei tempi di messa a regime
• possibilità di impiego di tubazioni di diametro
minore
• ridotte perdite di carico nel sistema
• costo dei componenti contenuto
• migliore utilizzazione delle superfici radianti
80
Le tubazioni, per questa particolare tipologia di
impianto, sono posate sotto pavimento ed è norma di
buona tecnica stendere preventivamente uno strato di
materiale riflettente per mantenere il calore disperso
dalla tubazione stessa.
Per maggiori informazioni: www.filotecna.it
Per segnalazioni: [email protected]
LE PROSSIME LEZIONI DEL CORSO
La Caldaia a condensazione
Il sistema edificio - impianto
I rendimenti di impianto
Dimensionamento di un impianto
www.shutterstock.com/Boguslaw Mazur
ANNO II
BENI CULTURALI
Carta dei Beni
Culturali on-line
Il “modello”
di Stereofot.it
di Pietro Grimaldi
Formatosi in Ingegneria civile edile all’università di Bari,
Pietro Grimaldi si interessa dal 1982 di “fotogrammetria
architettonica”e nel corso della sua attività professionale ha
rivolto grande interesse alla documentazione architettonica
con l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e allo studio oltre
che della finalizzazione del rilievo, del corretto uso della
tecnologia laser scanner 3D.
Il sito http://stereofot.it è il risultato finale del progetto
di ricerca "Fotogrammetria e tutela del territorio"
allegato alla convenzione firmata il 19 gennaio 1985 tra
la Regione Puglia e l'Università degli Studi di Bari, per
avviare il censimento e la catalogazione dei beni culturali
della Puglia. Primo passo per la costituzione di un
centro di documentazione regionale presso il complesso
monumentale di S. Scolastica, sede del laboratorio di
Fotogrammetria Architettonica del Politecnico di Bari, dal
1982 sotto la direzione del Professor Antonio Daddabbo.
Allegato alla convenzione era il progetto finalizzato
"fotogrammetria e tutela del territorio", che prevedeva
il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado, a
partire dalla scuola elementare.
La ricerca sulla costituzione di un Centro di Documentazione
dei Beni Culturali, in realtà ha avuto inizio con l'attivazione,
nel 1976, del Corso di "tecniche fotogrammetriche
applicate all'urbanistica e all'architettura" presso la facoltà
di Ingegneria dell’Università di Bari in coerenza con quanto
stabilito dalla "Carta" del C.I.P.A. (Comité Inernational
de Photogrammétrie Architecturale) del 1970.
I primi risultati furono presentati nel 1978, in un convegno
nazionale, dove, oltre a proporre l'impiego delle nuove
tecnologie, fu sottolineata l'importanza di coinvolgere le
scuole di ogni ordine e grado nel censimento dei "Beni
Culturali".
Nel 1980, a seguito di un corso di fotogrammetria per i
Vigili Urbani, venne istituita, presso il Comune di Bari,
l'Unità Fotogrammetrica dei Vigili Urbani, alla quale si
devono i rilievi di numerosi monumenti della Basilicata
danneggiati dal terremoto del 1980, oggi consultabili su
Internet (http://sudvirtuale.stereofot.it/terremoto.html).
La prima banca-dati, su supporto cartaceo, fu presentata nel
1981 in una mostra-convegno nazionale (dall'11 maggio al
13 giugno) integrata da un laboratorio di fotogrammetria
architettonica, gestita da un gruppo di giovani della Regione
Puglia, formatisi nell'ambito del progetto regionale per il
censimento e catalogazione dei trulli della Valle d'Itria.
81
ANNO II
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MARZO - APRILE 2010
I primi risultati della nuova sperimentazione furono
presentati nel corso di un convegno organizzato in
collaborazione con la Regione Puglia nell’aprile del 1986
(http://www.rilievo.stereofot.it/filmati/filmati86/fotarch.
html).
Nel 1993, la presentazione in un convegno internazionale
del programma StereoFot (http://sudvirtuale.stereofot.it/
terremoto.html) sancì il passaggio dal supporto cartaceo a
quello digitale. Con l'arrivo di Internet, nel 1996, fu avviato
il catalogo on-line, oggi perfezionato grazie a Google Maps
e Virtual Earth.
La “Carta dei Beni Culturali” è la raccolta delle informazioni
esistenti sui Beni Culturali, intesi come opere dell’uomo,
capaci di trasmettere il “sapere”.
Prima dell’avvento di Internet, la pubblicazione di qualsiasi
informazione, prima su supporto cartaceo e poi su supporto
digitale, non era alla portata di tutti, a causa dei costi
elevati, richiesti sia per la “raccolta” delle informazioni
stesse (si pensi al semplice rilievo di un monumento) sia
per la “pubblicazione” (si pensi alla gestione di un archivio
di rilievi). La stessa scheda del Bene Culturale doveva fare
i conti con il proprio ingombro: una scheda completa di
tutti i particolari rilevabili non era facilmente consultabile,
oltre che archiviabile. Di qui la necessità di riservare alle
Istituzioni la Catalogazione.
Con l’avvento della “fotogrammetria” (che con un semplice
scatto fotografico consentiva di archiviare la forma, le
dimensioni e la posizione di un qualsiasi oggetto) si
cominciò a parlare di un archivio internazionale (anzi di un
doppio archivio, in previsione di conflitti bellici) di rilievi
fotogrammetrici e nel 1970, a Parigi, fu costituito il CIPA
(Comité International de Photogrammétrie Architecturale).
A parte alcune “raccolte” nazionali di rilievi, l’Archivio
Internazionale è ancora in fase di attuazione così come il
“censimento dei Beni culturali”.
Nella regione Puglia i tentativi non sono mancati, basti
ricordare il progetto per il “censimento e la catalogazione dei
trulli della Valle d’Itria”, quello dei “giacimenti culturali”, oltre
al “laboratorio di quartiere” di Renzo Piano ad Otranto.
Nel 1985, tra la Regione Puglia e l’Università degli studi
di Bari, fu firmata una convenzione per l’uso comune di
82
apparecchiature fotogrammetriche-elettroniche, avente
come obiettivo l’avvio del censimento e della catalogazione
dei Beni Culturali della Puglia. La sede del “futuro”
Centro di Documentazione fu individuata nel Complesso
monumentale di Santa Scolastica, in cui all'epoca era stato
dislocato il laboratorio di Fotogrammetria Architettonica
del Politecnico di Bari.
Quasi certamente, così come oggi, la conoscenza non
è di tutti ed all’epoca il termine “apparecchiature
fotogrammetriche-elettroniche” destò il sospetto che il
problema “Beni Culturali” (più che paragonabile alla famosa
“tela di Penelope”) volgesse a soluzione, mettendo in crisi
molte strutture destinate a svolgere lo stesso compito. Così
il nascente Centro di Documentazione dei Beni Culturali
venne smantellato ed il laboratorio di Fotogrammetria
Architettonica fu trasferito nel Campus universitario,
senza il restitutore fotogrammetrico Wild A40 che rimase
inutilizzato.
Nel rispetto degli antichi detti “di necessità virtù” e “ogni volta
che si chiude una porta, si apre un portone”, il laboratorio
di fotogrammetria architettonica (privo di apparecchiature
e di finanziamenti, ma determinato a concludere il progetto
finalizzato “Fotogrammetria e tutela del territorio”) trovò la
soluzione nell’utilizzo di Internet.
Le reazioni non mancarono, ma ormai, anche dai convegni
svolti, era emersa una verità: “La tutela di Beni Culturali,
quale diritto allo studio, appartiene a tutti. Lo Stato deve
offrire semplicemente gli strumenti e i metodi, poi sarà il tempo
a giudicare il grado di civiltà” (Mons.Pietro Amato, Prefazione
“I Beni Culturali Ecclesiastici”, a cura di Pietro Grimaldi,
Levante Editore – Bari 1994).
Con la messa in rete dei lavori svolti dagli studenti del corso
di “Rilevamento fotogrammetrico dell’architettura”, fu
avviato di fatto il catalogo on-line dei beni culturali della
Puglia. Fu messo in rete anche il programma Stereofot
(http://rappresentazione.stereofot.it:591/StereoFot/
FMPro?-db=StereoFot.fp5&-lay=Scheda&-format=cerca.
htm&-view ),
per il rilievo delle misure dalle immagini grafiche,
fotografiche e, oggi, con le pagine personalizzate di
“Google Maps” e “Maps Live” si può parlare di “Carta
dei Beni Culturali”, anche se bisogna ancora precisare
“on line”, perché a moltissimi sfugge il concetto di
“georeferenziazione”.
Come funziona la “Carta dei Beni Culturali”?
Prendiamo in considerazione la Carta dei Beni Culturali
di Serracapriola (http://serracapriola.net ).
Se facciamo click su monumenti, comparirà una serie
di “segnalino” e, passando il mouse su ognuno di essi,
vedremo comparire un fumetto contenente la foto del
monumento ed un link, che apre una finestra, in cui
possiamo richiamare non solo il “rilievo architettonico del
monumento”, ma anche la “storia” dello stesso.
Quando parliamo di “storia” non dobbiamo limitarci alla
“grande storia”, ma ci possiamo riferire anche ai piccoli
episodi, reali o immaginari, di ogni giorno.
La grande differenza tra la documentazione su supporto
cartaceo e quella sul web, sta proprio nella capacità di
quest’ultima di essere aggiornata in tempo reale e di non
aver limiti di capienza.
Ammesso e non concesso che il gestore del sito di
Serracapriola scarti le nostre informazioni possiamo
sempre inserirle su di un nostro sito (se disponiamo di
posta elettronica, potremmo disporre anche di uno
spazio web) e fare un link alla pagina web contenente le
informazioni, a nostro giudizio, inesatte o incomplete. Per
il resto vale la “legge del Web”: la graduatoria dei siti, che
trattano uno stesso argomento, è funzione delle richieste
di visita e, più che in ogni altra occasione, il tempo si
dimostra “galantuomo”.
Ma diamo spazio, in questa sede, all’ipotesi che il
“webmaster” non eserciti il proprio “potere” e pubblichi
qualsiasi informazione.
Supponiamo di aver scoperto una cappella votiva
in campagna. Non dobbiamo fare altro che click su
“segnalino“ dal menu “strumenti – segnala sito” e spostare
nel punto individuato il segnalino che compare con il
fumetto.
Ad operazione ultimata facciamo click su “OK”,
compiliamo la scheda che ci viene mostrata e, nel giro di
qualche minuto abbiamo aggiunto altra informazione alla
documentazione del territorio in questione.
La richiesta del nominativo e dell’indirizzo di posta
elettronica, serve a renderci reperibili per fornire risposte
ad ulteriori informazioni in caso si arrivi a formare gruppi
di discussione e di ricerca.
Per meglio comprendere il funzionamento di questo nuovo
tipo di “Carta dei Beni Culturali”, dobbiamo far “tabula
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ANNO II
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MARZO - APRILE 2010
rasa “ di una serie di tabù, che hanno condizionato la
documentazione dei Beni Culturali per moltissimi anni.
Dobbiamo pensare che “Bene Culturale” può essere anche
l’infisso esterno o il portone della nostra abitazione.
Rimanendo sempre nel Comune di Serracapriola, possiamo
pensare alla classica “persiana in legno”.
Per “fare cultura” non basta dire che essa va conservata
perché “antico è bello”, ma bisogna capire perché ci piace,
perché la sua funzione in estate è preferibile a quella svolta
dalle persiane in alluminio. Se dovessimo accertare che la
persiana in legno, esposta al sole, si arroventa più di quella in
alluminio, non possiamo preferirla a quest’ultima. Viceversa
non possiamo limitarci al vantaggio offerto dal legno rispetto
al metallo, ma dobbiamo continuare nell’analisi.
Un bene diventa culturale quando, “letto e riscritto”, presenta
84
dei vantaggi rispetto ad altri beni della stessa categoria.
Se ci premuriamo di inserire i risultati delle analisi, da
noi fatte, nella scheda di documentazione avremo fornito
una autentica “scheda documentaria”. Non dobbiamo
preoccuparci di eventuali imprecisioni nel linguaggio o nella
rappresentazione, pensiamo semplicemente che le nostre
analisi possano dare ad altri lo spunto per ulteriori indagini.
Non dobbiamo dimenticare che l’uomo è passato, dalle
palafitte agli edifici monumentali, attraverso piccoli, ma
continui, miglioramenti.
Con l’introduzione della progettazione e rappresentazione
nello spazio bidimensionale, l’uomo moderno ha smesso di
“copiare” l’architettura dei propri Avi, realizzando, sul foglio
di “carta bianca” degli “edifici jolly”, non partendo dallo
studio dell’habitat esistente, dalle considerazioni del contesto
ma quasi forzando il tutto ad accettarli.
Con la Carta dei Beni Culturali on-line abbiamo la possibilità
di recuperare l’antica capacità di “osservare, analizzare e
realizzare” (forse migliorando). Trattasi, in sostanza, dell’antico
metodo del “copiato”, che così facendo ha consentito a tante
generazioni di imparare a "Leggere e scrivere”.
Il laboratorio di Fotogrammetria Architettonica del
Politecnico di Bari dal 2008 è diretto dal professore Claudio
D’Amato Guerrieri. Dopo l’affermazione del “prototipo
Serracapriola” divenuto modello, continua, anche con la
collaborazione dell’autore del presente articolo, un’attività di
studio e ricerca partecipando a convegni ed eventi.
NEWS
FOTOVOLTAICO
Buone notizie per il settore fotovoltaico
nel nostro Paese che ha raggiunto un
significativo traguardo superando
la soglia di un GigaWatt di potenza
installata. Secondo i dati diffusi di
recente dal Ministero per lo Sviluppo
Economico, i circa 70 mila impianti
certificati in esercizio, con una
produzione di energia pari a 1.300
GWh su base annua, possono, infatti,
fornire energia elettrica a quasi 500
mila famiglie (vale a dire un milione
200 mila persone, corrispondenti circa
alla popolazione dell’intero FriuliVenezia Giulia), con un consumo
annuo di 2.700 kWh.
A questo risultato, sostiene il Ministero,
si è arrivati grazie al primo (2005) e
al secondo (2007) “conto energia”, il
sistema di incentivi per la diffusione
degli impianti fotovoltaici, che,
insieme, hanno promosso impianti
per un potenza complessiva istallata
appunto di un GigaWatt
Grazie a questi dati, sempre secondo
il Ministero, considerando la potenza
installata in un anno, pari a 574
MW nel 2009, l’Italia raggiunge ora
il secondo posto nella classifica dei
Paesi europei, preceduta solo dalla
Germania.
del Mar Morto, che si prevede in
accentuazione entro il 2040, e generare
un maggior apporto di acqua dolce
– ottenuta tramite un impianto di
desalinizzazione – a beneficio delle
popolazioni giordane, israeliane e
palestinesi. Il programma, tra la fase
di studio e quella attuativa, prevede lo
stanziamento di circa 20 miliardi di
dollari da parte della Banca Mondiale.
In particolare, Thetis – come si legge nel
comunicato stampa diffuso dall’azienda
– è incaricata di realizzare uno dei
cinque studi necessari alla valutazione
di fattibilità del progetto, ovvero l’esame
del potenziale impatto ambientale
dell’infrastruttura transnazionale sul
Golfo di Aqaba/Eilat.
GRANDI OPERE
Ingegneria ambientale
italiana per il tunnel
tra Mar Rosso - Mar Morto
Expertise italiana al servizio di un
progetto epocale in Medio Oriente:
Thetis, società di ingegneria italiana con
sede nell’Arsenale storico di Venezia,
realizzerà un importante studio per
il programma della Banca Mondiale
finalizzato al ripristino ambientale del
bacino del Mar Morto, compromesso
dalla carenza d’acqua.
L’ambizioso progetto della Banca
Mondiale, che porterà acqua dal Golfo
di Aqaba/Eilat (Mar Rosso) al Mar
Morto attraverso un tunnel sotterraneo
che si snoderà per 180 chilometri nel
deserto, si caratterizza per un’alta valenza
ingegneristica ed ambientale.
L’obiettivo del programma degli
interventi è colmare il deficit idrico
86
photo©shutterstock.com/Dwight Smith
Raggiunto in Italia
il traguardo di 1GW
di potenza installata
ISOLANTI
Thermohanf-Plus
Il primo coibente in fibre
di canapa naturale al 100%
Realizzato dall’azienda bavarese Hock, Thermohanf-Plus è il
primo coibente in fibre di canapa naturale al 100%. Nella sua
realizzazione ed in particolare per dare flessibilità al prodotto
– come si legge in una nota diffusa dell’azienda – anziché
utilizzare additivi chimici, si è, infatti, puntato sulla fibra
di sostegno di mais. Con un valore Lambda (lD) di 0,038
Thermohanf-Plus (distribuito in italia da Naturalia-BAU)
garantisce un ottimo isolamento termo-acustico, creando un
gradevole clima abitativo. Il coibente, inoltre, possiede una
buona capacità di igroregolazione e contribuisce notevolmente
a prevenire la muffa, perfino in situazioni di forte umidità.
Nella coltivazione della canapa è possibile rinunciare all’utilizzo
di qualsiasi fitofarmaco perché già dopo pochi giorni dalla
semina, le piante fanno ombra sul terreno, togliendo luce a
qualsiasi pianta infestante. Dopo il raccolto, la canapa lascia
un terreno friabile e senza erbacce.
Inoltre, dato che in un metro cubo di pannello coibente in
fibra di canapa si osserva l’accumulo di 60 kg di anidride
carbonica, tolti i 46 kg di anidride carbonica rilasciati
nell’atmosfera con la produzione di Thermohanf-Plus, il
bilancio CO2 risulta in positivo, togliendo all’atmosfera 13
kg di CO2 per ogni metro cubo di pannelli montati.
copyright: Mefusbren69
ARTE
Da Corot a Monet
Gli Impressionisti in mostra
nel complesso del Vittoriano
Fino al 29 giugno prossimo, a Roma, presso il Complesso
del Vittoriano (Via San Pietro in Carcere), si potrà visitare
la mostra “Da Corot a Monet - La sinfonia della natura”.
In esposizione più di 170 opere che ripercorrono l’intero
percorso evolutivo degli Impressionisti nel rappresentare la
natura ed il paesaggio, partendo dalle prime innovazioni
dei pittori della Scuola di Barbizon, per arrivare al trionfo
cromatico delle Ninfee di Monet.
La mostra, organizzata grazie alla collaborazione con
prestigiose collezioni private e i maggiori musei di tutto il
mondo (tra cui l’Art Institute di Chicago, il Metropolitan
Museum di New York, la National Gallery di Washington,
la Bibliotheque Nationale de France di Parigi e il Museo
Ermitage di San Pietroburgo), mette in relazione (attraverso
dipinti, opere su carta e fotografie, diverse delle quali mai
esposte in Italia) le innovazioni stilistiche degli Impressionisti
con una comprensione più ampia della natura, della cultura
e della modernizzazione del loro tempo.
Questi gli orari d’apertura: dal lunedì al giovedì: ore 9.3019.30; venerdì e sabato: ore 9.30-20.30; domenica: 9.3020.30.
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MEDIATECA
“La mia CasaClima
Progettare, costruire
e vivere il sogno
della sostenibilità”
Il volume, a cura del Direttore dell'Agenzia CasaClima,
Norbert Lantschner, affronta con linguaggio semplice e
immediato le principali tematiche relative alla progettazione,
costruzione e gestione di un’abitazione ecocompatibile e
sostenibile.
La pubblicazione, edita da Raetia, si propone come
strumento formativo e di consulenza indirizzato in primo
luogo ai committenti affinché possano operare delle scelte
consapevoli in ogni fase del processo edilizio. Ma non solo,
le informazioni, i suggerimenti e le soluzioni tecniche
a regola d'arte proposte nel libro si offrono come utile
riferimento anche per progettisti, imprese, artigiani e tutti
coloro che sono impegnati a vario titolo nella realizzazione
di edifici energeticamente efficienti di qualità.
Norbert Lantschner è l’ideatore del metodo di certificazione
“CasaClima”, direttore dell’Agenzia omonima e coordinatore
dell’Alleanza per il Clima. In passato ha ricoperto per molti
anni il ruolo di Direttore dell’ufficio Aria e Rumore della
Provincia Autonoma di Bolzano.
CasaClima è sinonimo di comfort, efficienza, sostenibilità
ed è un riferimento per tutti coloro che scelgono la qualità
dell’abitare.
Classici da leggere:
“L’impronta ecologica”
Una nuova edizione aggiornata
Il libro propone una serie di strumenti con cui calcolare
quanta terra e quanta acqua sono necessarie per soddisfare i
bisogni di una comunità e per smaltire i rifiuti che produce.
Viene quindi ribaltato l’approccio consueto che misura il
carico umano che può essere sopportato da un determinato
habitat.
I due autori, Mathis Wackernagel e William E. Rees,
illustrano con un linguaggio accessibile e divertente anche
le soluzioni concrete con cui conciliare i nostri livelli di
consumo delle risorse naturali con la tutela dell’ecosistema
terrestre, per far comprendere con immediatezza quali sono
gli impatti reali dei diversi stili di vita.
A dodici anni dalla prima uscita in lingua inglese, Edizioni
Ambiente ha recentemente pubblicato la nuova edizione
aggiornata. Il testo è stato attualizzato dagli interventi
di Gianfranco Bologna, che ne è il curatore sin dalla
prima edizione italiana, di Gabriele Bollini e dello stesso
Mathis Wackernagel. E’ inoltre arricchito dai nuovi dati
sull’impronta ecologica delle nazioni tratti dal rapporto
Living Planet 2008.
Mathis Wackernagel è Executive Director del Global
Footprint Network e coordinatore del Centro de Estudios
para la Sustentabilidad dell’Università Anahuac de Xalapa
in Messico.
William E. Rees è docente di Pianificazione delle Regioni e
delle Comunità all’Università della British Columbia (CA).
Collabora al Global Integrity Project della University of
British Columbia, a Vancouver (Canada).
89
ANNO II
| n. 8 |
MARZO - APRILE 2010
“Una prova
di democrazia
in tempo di crisi”
A cura della casa editrice Marcianum
Press, è stato di recente dato alle stampe
il volume "Una prova di Democrazia in
tempo di crisi".
L’uscita dal “male oscuro” della crisi
economica - come si legge nella prefazione
del Cardinale Angelo Scola - domanda
intraprendenza e nuova capacità
progettuale. Sono queste le vie percorse
nella ricerca che ha dato vita al volume
“Una prova di democrazia in tempo di
crisi”, curato dalla Fondazione Leone
Moressa e dal Delegato del Patriarcato di
Venezia all'azione sociale e cittadinanza,
Mons. Fabiano Longoni. Nel volume
viene presentata una significativa ricerca
sui “processi di democrazia deliberativa”,
con particolare riferimento alla realtà di
Venezia.
Questa pubblicazione presenta un
duplice significativo carattere. Sono state
coinvolte nello studio numerosissime
associazioni di varia natura che operano
nella realtà civile veneziana. In tal modo
il volume già attua quel diverso modo di
fare politica e politiche che propugna poi
nel tentativo di illustrare la natura dei
processi deliberativi.
Il secondo elemento di peculiarità è
dato dal fatto che lo studio presentato
si innesta su una tradizione di lavoro
comune ormai consolidata che esprime
una fitta trama di relazioni tra persone
e corpi intermedi che non poco peso ha
nella costruzione della vita buona della
nostra società civile. In particolare debbo sottolineare
la franca e rispettosa cooperazione di uffici e realtà del
Patriarcato con numerose realtà civili. Nel rispetto delle
diverse finalità questa collaborazione su temi decisivi per
la vita sociale è un prezioso segno dei tempi che mi auguro
possa essere imitato anche in altri ambiti.
Innovazione, cultura ed educazione sono per me le
tre parole chiave per affrontare il delicato momento
presente.
Esse domandano una capacità di coinvolgimento e di
decisione purtroppo ancora piuttosto rare anche nella
nostra Venezia e nel nostro Veneto. Da dove trarre maggior
90
energia per un appassionato lavoro comune?
Benedetto XVI ha suggerito con forza una pista nell’Angelus
di Domenica 3 gennaio 2010: “La nostra speranza non
fa conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle
previsioni economiche, pur importanti. La nostra speranza
è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un
fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che
in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo
la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua
storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E
questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre
speranze umane”.
“L’energia del sole e dell’aria
come generatrice
di forme architettoniche”
A cura di Luca Siragusa, il volume si propone di
approfondire le modalità di modellazione della forma di un
edificio connesse all’utilizzo delle risorse energetiche del
sole e dell’aria, quando l’impiego di queste fonti, attraverso
particolari dispositivi tecnologici di sfruttamento o di
protezione, integrati nell’involucro architettonico, mira
a ottenere buone condizioni di vivibilità degli ambienti
interni ed elevate efficienze energetiche.
Per utilizzare in architettura queste risorse è necessario
conoscerle e imparare a sfruttarle attraverso l’elaborazione
di un concept energetico, definito come il modello
di funzionamento energetico dell’edificio, entro cui
dispositivi di captazione, distribuzione e protezione delle
risorse del sole e dell’aria si combinano sinergicamente tra
loro e si integrano
efficientemente con
gli elementi edilizi
della struttura.
Obiettivo
del
libro, edito da
Cleup, è dunque
l’individuazione di
uno strumento di
orientamento per
il progettista, da
utilizzare durante
la progettazione preliminare di un edificio e finalizzato
a promuovere e facilitare l’integrazione efficiente in
architettura delle tecnologie del sole e dell’aria.
Luca Siragusa è architetto, progettista e dottore di ricerca in
tecnologia dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura
di Ferrara.
Confessioni di un eco-peccatore
Fred Pearce svela l’origine
delle cose che compriamo
Fred Pearce, uno dei più quotati giornalisti
ambientali del mondo, ha viaggiato in più di venti
Paesi per conoscere le persone e i luoghi da cui
provengono le cose che usiamo quotidianamente.
L’autore ha voluto andare a fondo, e scoprire
da dove vengono i prodotti che acquistiamo
ogni giorno, chi li ha fatti, e con quali costi per
l’ambiente, ma anche che cosa gli succede dopo
che vengono buttati.
Dalle miniere d’oro del Sud Africa agli allevamenti
di gamberi in Bangladesh, dalle fabbriche di
giocattoli cinesi ai campi di cotone in Australia,
“Confessioni di un eco-peccatore” fa luce sugli
aspetti economici, ambientali e morali di quel
gigantesco processo chiamato “globalizzazione”. Ne
emerge un quadro spiazzante, che mette in discussione
luoghi comuni e presunte verità care a una parte del
pensiero ambientalista, e indica soluzioni possibili ai
grandi problemi della nostra
epoca.
Fred Pearce è il consulente
ambientale di New Scientist.
Collabora
regolarmente
con The Independent, The
Guardian e con London
Daily Telegraph e ha
scritto svariati rapporti per
l’UNEP, la Banca Mondiale
e per l’Agenzia europea
per l’ambiente. Nel 2001 è
stato nominato giornalista
ambientale dell’anno in
Gran Bretagna. È autore di tredici libri, tra cui Un pianeta
senz’acqua. Viaggio nella desertificazione contemporanea
(il Saggiatore 2006). Tiene una rubrica dedicata al
greenwashing sulla rivista Internazionale.
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REDAZIONALE
Da Geo Network
tre nuovi software
per la linea
NOVA Studio Tecnico
La nota software house Geo Network presenta 3 nuovi
software della propria Linea NOVA Studio Tecnico aggiornati
in base alle ultime disposizioni di legge, di immediato ausilio
e di sicuro interesse per importanti aspetti della professione
nonché adempimenti normativi.
• NOVA Repertorio Telematico: software lineare,
snello e facile da utilizzare per agevolare il compito di
ottemperare all’obbligo della conservazione cartacea
degli atti di aggiornamento delle pratiche catastali
(PREGEO e DOCFA - modello unico informatico
catastale) in conformità a quanto previsto dall’art. 7 del
provvedimento Agenzia del Territorio 22/03/05 e dall’art.
4 del provvedimento Agenzia del Territorio 22/12/2006.
• NOVA Trasferimenti Immobiliari: software che effettua
tutti i calcoli relativi alle imposte indirette riguardanti
atti di trasferimento a titolo oneroso o a titolo gratuito di
immobili (ad es. abitativi e relative pertinenze, strumentali,
terreni agricoli/edificabili ecc.) in modo tale da permettere
il calcolo nel dettaglio di tutte le imposte di competenza
(registro, IVA, bollo, tributi per la trascrizione) per le parti
interessate ad una data operazione.
• NOVA Modulistica: software unico nel suo genere che
permette la compilazione di decine di modelli ufficiali
‘prefincati’, attingendo i dati direttamente dagli archivi
relativi ai soggetti e beni inseriti con stampa diretta in
formato pdf.
Tutti e tre i software sono lineari, facili da utilizzare e di
immediata comprensione, corredati da una utilissima “Guida
all’utente”
Inoltre,
utente” per illustrare nel dettaglio le varie casistiche. Inol
in aggiunta alle
descritte, ciascun software
ll ffunzioni sopra d
f
fornisce molte altre funzionalità che l’utente può utilizzare
per assicurare la miglior organizzazione e gestione di tutta
la sua attività (lavorativa e non), quali: gestione clientela,
fornitori, imprese, collaboratori, contatti diversi, agenda
personale e dei collaboratori con uno scadenziario degli
adempimenti incorporato, descrizione e gestione delle risorse
dell’ufficio (attrezzature, hardware, software, biblioteca ecc.)
nonché un’utilissima funzione che permette di effettuare la
protocollazione digitale di tutti i documenti IN/OUT onde
ridurre la necessità di archiviare centinaia di documenti
cartacei nell’ufficio, il tutto attingendo ai dati relativi ai soggetti
interessati dalle operazioni direttamente dagli archivi.
Fino al 31 Maggio 2010 questi 3 software sono in offerta
straordinaria (con la garanzia “soddisfatto o rimborsato” entro
30 gg. dalla data di attivazione della singola licenza) ai seguenti
prezzi:
• € 60,00 più IVA - NOVA Repertorio Telematico
• € 75,00 più IVA - NOVA Trasferimenti Immobiliari
• € 75,00 più IVA - NOVA Modulistica
È inoltre possibile ordinare i singoli software installati su chiave
USB (con prezzo maggiorato per la fornitura della chiave ) che
permette di utilizzarli su qualsiasi PC dotato di Windows XP,
Vista o 7.
Le versioni dimostrative sono scaricabili dal sito www.
geonetwork.it. Ulteriori informazioni: [email protected] www.geonetwork.it - tel 0187 622198.
93
REDAZIONALE
Software:
TerMus, verifica
dispersioni termiche
degli edifici
TerMus è il software per la verifica delle dispersioni termiche
degli edifici prodotto da ACCA software, la società leader in
Italia nel software per l’edilizia. Con TerMus, calcolare dispersioni
termiche e fabbisogno di energia di un involucro edilizio è
particolarmente semplice ed intuitivo grazie alla tecnologia ad
oggetti che agevola straordinariamente l’input dell’involucro
edilizio e delle sue caratteristiche termodinamiche. Le relazioni
finali di calcolo, inoltre, si presentano chiare e attualizzate alla
normativa sia nazionale che regionale. Difatti, pur essendo
intervenuti diversi aggiornamenti alla normativa di riferimento,
questo non ha pregiudicato l’adeguamento tempestivo del
programma che ad oggi permette di verificare le prestazioni
energetiche degli edifici e le dispersioni termiche con il D.Lgs.
192/2005 (come modificato dal D.Lgs. 311/2006), il D.Lgs.
115/2008, il D.P.R. 59/2009 e con le più recenti norme UNI in
materia di risparmio energetico (UNI/TS 11300-1 e UNI/TS
11300-2) ed è possibile con il modulo TerMus-CE compilare
e stampare l’attestato di certificazione energetica dell’edificio. A
suggellare questo impegno è arrivato il primo certificato per la
conformità alle metodologie di calcolo definite dalle norme UNI
TS 11300:2008 parte 1 e 2, come previsto dal D.Lgs. 115/2009
e confermato dal D.P.R. 59/2009 rilasciato proprio a TerMus
dal C.T.I. (Comitato Termotecnica Italiano).
Per quanto concerne, invece, le normative regionali di Piemonte,
Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna dove la certificazione ha
proprie procedure, TerMus opera con appositi moduli NR. Per
la regione Lombardia, ad esempio, dove è attiva già da qualche
anno la procedura CENED, è possibile effettuare la progettazione
e la certificazione energetica, secondo la procedura indicata dalla
Regione (D.G.R. 5796/2009 e D.D.G. 8645/2008). Il programma
restituisce la Relazione Tecnica ex Legge 10/91, le schede relative
agli elementi disperdenti (muri, finestre, etc.) da allegare alla
relazione tecnica e, su richiesta dell’utente, apposite stampe
con tutti i risultati del calcolo. TerMus-NR [LOMBARDIA] è
compatibile con l’ultima versione del CENED+.
Nel frattempo, altre regioni hanno intrapreso o stanno per
intraprendere un percorso che le porterà a procedure autonome,
dunque, TerMus si doterà in futuro anche di altri moduli
regionali.
94
Perché scegliere TerMus
• Primo software ad aver ottenuto la certificazione da parte
del C.T.I.
• Tecnologia Input Object Draw: il disegno con oggetti grafici
dotati di specifiche proprietà termotecniche (muri, finestre,
porte, etc.) consente un input più semplice e veloce
• Progettazione anche a partire da un DXF o un DWG con
conversione immediata di linee in oggetti con proprietà
termotecniche
• Modifiche e ricalcoli in tempo reale per una progettazione
dinamica, mai separata dalle verifiche
• Termografia: rappresentazione grafica dei risultati di
calcolo, ovvero della qualità energetica dell’edificio
• Archivi interni e completamente personalizzabili di
materiali, trasmittanze, dati climatici delle località, ponti
termici
• Help funzionale e normativo in linea con funzioni di
diagnostica per la segnalazione di errori di inputazione e
incompatibilità con le norme
• Word processor interno per personalizzazione dei modelli
ed esportazione nei formati standard RTF o PDF
• Analisi del comfort termodinamico integrabile allo studio
dell’isolamento acustico
Gi ambiti di impiego del software
I tecnici abilitati alla progettazione di edifici ed impianti
iscritti agli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti
e ai collegi professionali dei geometri e dei periti industriali
possono utilizzare non solo TerMus per la verifica delle
dispersioni termiche, ma anche software come TerMus-I per
la progettazione specifica degli impianti di riscaldamento e il
nuovo TerMus-E per calcolare i carichi termici estivi per il
corretto dimensionamento dell'impianto di climatizzazione.
Inoltre, con Praticus-ENERGIA, possono predisporre la
pratica di detrazione fiscale per le spese sostenute in interventi
di riqualificazione energetica degli edifici sia parziali che totali.
Arricchiscono la categoria del fabbisogno e del risparmio
energetico i programmi per il solare fotovoltaico (SolariusPV) e per il termico (Solarius-T).
REDAZIONALE
PFGPS 6.00
Il software
multifunzione
e versatile per tutte
le soluzioni GPS
Giunto alla versione 6.00, con un installato che supera il migliaio
di Utenti, PFGPS 6.00, prodotto da S.C.S. survey CAD system
SRL, non è un semplice DATA-LOGGER per registrare dati
GPS, ma è diventato un programma completo di Topografia e fa
di un ricevitore GPS un sistema completo per il Topografo.
GPSKIT nella sua gamma di sistemi assemblati, propone il
software PFGPS compatibile con vari modelli di palmari.
Il Modello PFGPS K50 utilizza ricevitori economici che
trasmettono la posizione in linguaggio Nmea e viene proposto
per misurazioni agrimensorie di massima. Il modello viene
definito di precisione “metrica”.
Il Modello PFGPS K300, utilizza ricevitori professionali, anche
con costellazione GPS + GLONASS, ma senza correzione da
una stazione fissa. Il modello viene definito come “submetrico”.
Per il modello PFGPS K800 la versione del software prevede,
sia la funzione di Data-Logger per la Base Fissa che la funzione
Rover. In questa configurazione il software permette di
ottenere precisioni millimetriche, nella modalità STATICA e
centimetriche in quella CINEMATICA.
E’ prevista anche la funzione di registrazione continua dei punti,
uno ogni secondo. Inoltre, il software gestisce, nella configurazione
PFGPS K900 RTK, Base, Rover e Radiomodem in maniera
semplice ed immediata. Anche la funzione tracciamento, con il
CAD interno, è veloce da eseguire.
Si possono richiamare punti dal rilievo corrente e da altri file.
Selezionato il punto, il programma espone in tempo reale
la distanza del punto da tracciare e la direzione da tenere per
arrivare allo stesso.
La maschera di registrazione dei punti di dettaglio è completa di
tutte le informazioni necessarie per conoscere la precisione del
sistema sia nella fase di rilievo che di tracciamento.
Nella stessa maschera si può passare dalla modalità statica
alla cinematica e l’operatore può personalizzare senza limiti la
descrizione dei punti.
Per rilievi eseguiti su mezzi in movimento, è disponibile un menu
Easy dove, con le dita, attraverso grandi icone touch screen, è
possibile gestire tutte le fasi di un rilievo continuo e automatico
su un mezzo meccanico.
Il menu permette di gestire la grafica con i comandi di ZOOM e
PAN. Il menu INTERROGA, fornisce aree e distanze in tempo
reale, mentre con l’opzione, NUOVI PUNTI, possiamo inserire
tramite la grafica, nuovi punti in coordinate GPS. É previsto
anche l’inserimento di immagini raster e file DXF per importare
e tracciare qualsiasi progetto o confine.
Ulteriori informazioni Tecniche su
www.pfcad.it e www.gpskit.it
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REDAZIONALE
Cresce l’industria
della Fortuna
Indagine Eurispes
sull’Italia in gioco
Sempre più spesso si sente parlare di gioco pubblico e del
boom impetuoso che questo settore sta vivendo negli ultimi
anni. Un comparto che – con un giro d’affari che nel 2009
ha raggiunto i 54,4 miliardi di euro – rappresenta una
vera e propria industria ed è uno dei maggiori protagonisti
dell’economia del nostro Paese: seconda solo ad Eni e Fiat,
infatti, vale da sola più di 3,7 punti di PIL e dà lavoro a più
di 100 mila persone, distribuite in quasi 20 mila aziende di
produzione e di servizi.
Ad affermarlo è un’indagine sul settore realizzata di recente
da Eurispes e presentata nello scorso dicembre a Roma, dal
titolo “L’Italia in Gioco. Percorsi e numeri dell’industria della
Fortuna”. Ottocento pagine di analisi, di dati e di tabelle,
capaci di offrire una visione a tutto tondo della galassia
del gioco pubblico, e di fornire uno spaccato di traguardi
raggiunti, potenzialità, problematiche e percorsi evolutivi di
un comparto di tale rilievo ma di cui, finora, si è conosciuto
ben poco.
I giochi fanno parte della vita quotidiana degli italiani, che li
praticano tanto, ovunque e in una grande varietà di forme.
Almeno 35 milioni di persone, secondo Eurispes, hanno
tentato la fortuna almeno una volta nel corso del 2009,
con le slot machine o con il bingo, con i gratta e vinci o le
scommesse, fino ad arrivare ai giochi on line, tra cui spicca
il poker Texas Hold’em, autentica rivelazione che in poco
più di un anno di “attività” ha superato anche le più rosee
previsioni.
Il valore della ricerca, tuttavia, non risiede solo nell'esauriente
quadro del settore che è capace di tracciare, ma anche “nella
possibilità che offre a tutti noi, operatori del settore dei giochi,
di fare un raffronto tra ciò che eravamo ieri e quello siamo
diventati oggi”. A sottolinearlo, il dott. Ezio Filippone, a.d.
di Gamenet S.p.A., tra i principali concessionari autorizzati
dai Monopoli di Stato a gestire il gioco pubblico e primo
promotore dell’indagine Eurispes.
La ricerca, secondo Filippone, si colloca “come ideale punto
di arrivo di un percorso intrapreso ormai quasi dieci anni
fa. Era l'anno 2000, infatti, quando Eurispes pubblicò quella
96
che probabilmente era allora la prima analisi scientifica del
fenomeno del gioco in Italia. Un lavoro innovativo per l'epoca:
per la prima volta, il gioco veniva studiato in profondità in
tutti i suoi aspetti – sociali, culturali, economici, legislativi –
e in tutte le sue declinazioni, dal Lotto alle scommesse, dal
Totocalcio alle lotterie. Un notevole impegno veniva speso,
soprattutto, nell'elaborare e rappresentare l'argomento più
scottante di quegli anni, i famigerati videopoker e l'allarme
sociale che li circondava”.
“Numerosi sono stati, nel tempo, gli interventi legislativi
finalizzati, da un lato, ad ampliare l'offerta di gioco lecito,
dall'altro a razionalizzare il comparto e a dotarlo di norme
moderne e capaci di contrastare efficacemente l'illegalità”,
prosegue Filippone. Interventi che hanno avuto un impatto
sostanziale sul comparto del gioco pubblico e lo hanno reso,
non senza fatica, quell’apparato industriale che è oggi.
“Stava finendo un'epoca e ne stava iniziando un'altra”, è
infatti la riflessione dell’a.d. di Gamenet. “Molti tentarono
di opporsi al cambiamento, di difendere ad ogni costo lo
status quo. Noi scegliemmo una strada diversa e sposammo
la riforma, dando vita al Consorzio Criga e conquistando una
concessione per la gestione telematica degli apparecchi da
intrattenimento con vincita in denaro. Così nacque Gamenet
S.p.A. È nel pensare al passato, nel percepire quanto il settore,
e noi con esso, sia mutato in questi ultimi anni, che abbiamo
sentito la necessità di sostenere una nuova ricerca a tutto
tondo sul comparto del gioco pubblico in Italia. E l'analisi
condotta da Eurispes – conclude – testimonia un'evoluzione
che era sotto i nostri occhi già da tempo e che ora è visibile
anche alle istituzioni, alla stampa, al pubblico dei giocatori”.
Una nuova opportunità per le Aziende leader produttrici di materiali
per l’edilizia e tecnologie per costruire e dei settori design, arredamento,
illuminotecnica, domotica, sicurezza, editoria specializzata, interessate
a relazionarsi, comunicare ed entrare in contatto con la categoria
professionale dei geometri e geometri laureati quali progettisti e
direttori dei lavori.
CON IL PATROCINIO
Partecipa ad iniziative per la diffusione e la valorizzazione della cultura
tecnica, del costruire e dell’abitare nel rispetto dell’ambiente.
Offre un servizio di advertising per presentare prodotti e servizi verso
un bacino di circa 450.000 lettori.
Organizza occasioni di visibilità e di comunicazione nell’ambito di
eventi e manifestazioni dedicate ai temi d’interesse.
Informazioni:
Plusservice Srl - Ufficio commerciale di Bologna
Tel. 051 2913911 / e-mail: [email protected]
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Nel prossimo numero
COSTRUIRE
Mattoni
e laterizi
DISEGNARE
Andrea Pozzo
L’arte
della prospettiva
APPROFONDIMENTI
Stima
di un immobile
a destinazione
turistica
FORMAZIONE
Gli impianti
termotecnici
La caldaia
a condensazione
… e tanti altri interessanti articoli sui temi e sulle novità più
significative per la categoria dei geometri: progetti, previdenza,
innovazione, …
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Telefono: 051 2913911
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