SANTA GIOVANNA ANTIDA THOURET
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SANTA GIOVANNA ANTIDA THOURET
SANTA GIOVANNA ANTIDA THOURET (Sancey-le-Long, 27 novembre 1765 – Napoli, 24 agosto 1826) Una donna alla ricerca Giovanna Antida è nel pieno della sua giovinezza quando si domanda come realizzare il sogno della sua vita: appartenere a Gesù Cristo per sempre! È maturata in lei la consapevolezza che questa è la sua vocazione, questo è il progetto che Dio le propone perché lei sia felice. Fin da piccola scopre quanto sia bello amare Gesù e rimane affascinata dal suo Vangelo, dal suo modo di mettersi a fianco dei poveri,dal suo modo di amare sempre, nonostante tutto, e fino alla fine. Giovanna Antida vuole seguirlo, ma dove? come? nella vita contemplativa? nel servizio del prossimo? Il suo desiderio di assoluto e di preghiera la porta verso la clausura: il Carmelo. Poi comprende, dopo un tempo di discernimento, che il Vangelo l’aspetta sulle strade del mondo, a fianco di chi soffre. Una donna alla scuola di San Vincenzo de’ Paoli Entra a 22 anni tra le Figlie della Carità, una Congregazione per il servizio dei poveri, fondata un secolo prima da San Vincenzo de’ Paoli. Là, risuona profondamente nel suo cuore il messaggio di San Vincenzo che rispecchia le sue convinzioni più profonde e le apre un cammino di vita, il cammino per la sua vita ! «Servire i poveri è servire Dio, incontrare un povero è incontrare Dio… ». Questa convinzione crea in Giovanna Antida l’unità del cuore e della vita. Si realizzano in questa esperienza i suoi desideri più profondi: vivere per Dio solo, impegnandosi nella solidarietà con i più poveri.. Nel 1793 la Rivoluzione Francese è al culmine della sua irruenza e tronca i progetti di Giovanna Antida costretta a lasciare le Figlie della Carità perché vengono sciolte tutte le Congregazioni religiose. Giovanna Antida ritorna a Sancey, a casa sua, ma non ha abbandonato il suo ideale di vita che rimane vivo in lei come una fiamma. Nulla la ferma nella scelta di mettersi instancabilmente al servizio degli altri: dei malati, dei deboli, dei bambini, dei poveri, così numerosi in questo periodo di rivoluzione… e continua a vivere quello che ha imparato presso le Figlie di San Vincenzo de’ Paoli, portando ovunque la carità di Cristo. Il Cristo per Giovanna Antida Intanto capisce che la realizzazione del suo sogno di felicità è ancora lontano; il suo desiderio di vivere per Cristo è forte, ma questo non è possibile in Francia. Approfitta di una schiarita nella tormenta rivoluzionaria, per raggiungere in Svizzera una comunità religiosa detta dei Solitari, al seguito del Padre Receveur. Là si occuperà degli ammalati. Con loro la Svizzera ed una parte della Germania, ma con il passare del tempo le difficoltà si moltiplicano al punto che Giovanna Antida, nonostante le attenzioni e lo sforzo per instaurare un dialogo sincero, non riesce a curare efficacemente gli ammalati che le sono affidati; così decide di lasciare il gruppo dei Solitari. Una donna coraggiosa Si rimette in cammino, alla ricerca del suo posto nel mondo. Di nuovo errante, tutta sola e senza denaro,Giovanna Antida ripercorre le rive del Danubio attraverso la Germania. Ritorna in Francia a piedi, sola, senza passaporto, senza conoscere la lingua, attraversando, con grandi rischi, luoghi sconosciuti. Il suo unico sostegno sono la preghiera e la fiducia in Dio. Non sa cosa l’aspetta né cosa Dio vuole da lei, ma prosegue… Percorre più di 600 chilometri. Cammina risolutamente, con in cuore la certezza che alla fine del suo pellegrinare Dio le darà un segno e la notte finirà, lasciando salire l’aurora. Un tempo di annunci A Landeron, a qualche chilometro dalla frontiera francese, finalmente il suo orizzonte si rischiara: due preti francesi le chiedono di tornare in Francia, a Besançon, per occuparsi dell’istruzione dei bambini e per curare gli ammalati. Un tempo di fondazione Con il cuore ardente, Giovanna Antida riprende la strada: questa richiesta è la luce che aspettava, la mano di Dio che le apre il cammino. Eccola dunque a Besançon: apre una scuola per tutti i bambini, senza alcuna discriminazione sociale o politica; si occupa dei malati e organizza un servizio mensa per dare da mangiare ai mendicanti del suo tempo. È l‘11 aprile 1799 e questa data sarà sempre, per Giovanna Antida, la prima pietra della sua fondazione che diventerà la Congregazione delle Suore della Carità. La visione globale dell’uomo La sua opera viene apprezzata dalle autorità civili che le chiedono di occuparsi anche di Bellevaux, una prigione dalla triste reputazione, una "cloaca" soprannominata "anticamera dell’inferno" dove si accumulano quelli che erano i rifiuti della società: briganti, ladruncoli, alienati, prostitute, bambini abbandonati. In questo luogo, metterà tutto il suo talento di educatrice a servizio dei prigionieri, procurando loro non solo di che nutrirsi, ma organizzando anche il lavoro con la possibilità di ricevere un salario. Il lavoro è la strada che Giovanna Antida offre ai prigionieri per ritrovare la dignità di uomini e di donne. Sempre, nelle sue opere, Giovanna Antida considera l’uomo nella sua globalità e nella sua preziosità di persona, unica e irripetibile. L’intuizione pedagogica La sua fondazione cresce e si sviluppa. Molte giovani, messe in discussione da una situazione sociale ed economica difficile, che esaspera la povertà, la seguono, attirate dal suo ideale di vita. Con queste giovani Giovanna Antida organizza una vita di comunità per vivere intensamente la preghiera ed il servizio dei poveri. Sono i primi passi della Congregazione. Ella apre piccole scuole, ma anche luoghi che oggi si chiamerebbero "case di cura" dove manda le sue Suore a prendersi cura dei malati. Una richiesta le giunge dalla Savoia e parte per Thonon, senza esitare a lasciare Besançon. L’audacia del servizio alla vita «Attraverserei i mari, andrei in capo al mondo se sapessi che Dio lo vuole!»… e Dio prende in parola Giovanna Antida! Nel 1810 le viene fatta una richiesta sorprendente per quel tempo: andare con le sue Suore a Napoli, in Italia. Giovanna Antida accetta subito, nulla la ferma quando sente la voce di Dio! L’attenzione all’inculturazione Giunta a Napoli con alcune Suore, le viene chiesto anzitutto di occuparsi dell’Ospedale degli Incurabili, il più grande nella mastodontica capitale del Regno. Come abitazione le viene dato un vecchio convento nel pieno centro della città. A Napoli trova una città dal volto contraddittorio, non solo perché è il centro più popolato di un vasto Regno, ma anche perché la sua vita poggia su una struttura burocratica costituita da diversi strati sociali, il più infimo dei quali composto da una massa enorme di poveri, disoccupati, mendicanti, quei poveri che una lunga serie di dominazioni straniere e di sfruttamento economico hanno prodotto. Qui si trova a confronto con una organizzazione sociale molto gerarchica: nella città i ricchi occupano gli appartamenti in alto nelle case e i poveri si ammassano nelle zone basse, tanto che queste due classi sociali si incontrano a fatica. La disparità sociale si nota in ogni più piccola azione: i poveri non possono entrare nei conventi, essi suonano, le Suore li ricevono alla porta e consegnano alimenti e vestiti. Le "Monache", che affollano i Monasteri, non escono mai per le strade. Giovanna Antida comincia subito a conoscere questa cultura così diversa dalla propria, e trova, a modo suo, il sistema per trasformarla. Apre una scuola e, senza unire subito bambini poveri e ricchi, mette le classi di fianco l' una all’altra. I bambini sono dunque invitati a parlarsi, a guardarsi, a conoscersi, a stare insieme. I muri crollano... Apre una farmacia nel cuore del convento e i poveri sono invitati ad attraversare tutta la casa per andare a prendere i medicinali…sono a casa loro ! Le barriere cadono... Le Suore non esitano ad uscire dalla loro casa per andare a visitare i poveri nelle loro abitazioni. Sono le Suore a fare il primo passo senza costringere i poveri a elemosinare il loro amore ed il loro aiuto Si aprono nuovi cammini di solidarietà. Fin dall'inizio, con l’arrivo di numerose giovani, Giovanna Antida aveva scritto una Regola di Vita per organizzare la sua Congregazione e la vita delle donne che l’avevano seguita; ora desidera sottoporla al Pontefice per ricevere la sua approvazione che le viene concessa nel 1819. Giovanna Antida vede la sua opera riconosciuta dalla più alta autorità della Chiesa e, piena di gioia, comunica la notizia alle sue Figlie francesi annunciando, nello stesso tempo, il suo ritorno. A Besançon la situazione è molto cambiata, il Vescovo non accetta l’approvazione del Papa ed impedisce alle suore di riconoscere la stessa Giovanna Antida come Madre Generale. La speranza però resta viva, ed un giorno dell’Aprile 1823 la Fondatrice si presenta alla porta della Casa Madre, a Besançon. La porta resta chiusa. La sofferenza è grande, ma rende sempre più salda e sicura la fiducia di Giovanna Antida nel piano d’amore di Dio. Una donna di fede che attende tutto da Dio Le rimarranno solo tre anni di vita, spesi a Napoli nel lavoro apostolico senza mai lasciarsi sfuggire sentimenti di ribellione per l’ingiustizia che subisce, anzi, perdonando i suoi nemici e pregando per tutte le sue Figlie, quelle vicine e quelle lontane. E a Napoli muore il 24 Agosto 1826. Il 14 gennaio 1934 la Chiesa, per volontà di papa Pio XI, riconosce la sua grandezza umana e spirituale e la proclama Santa.