Seneca e le Comete
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Seneca e le Comete
Davide Conigliaro 2005 Seneca e le Comete "Multa sunt quae esse concedimus; qualia sunt? Ignoramus." Cosa sono le comete Ruolo delle comete nell’antichità Primi studi sulle comete Seneca: Naturales Quaestiones Seneca: Libro VII (Le Comete) Commento di Leopardi Modernità di Seneca Cosa sono le comete Corpo ghiacciato orbitante nel Sistema Solare, che evapora parzialmente quando si avvicina al Sole, sviluppando una nube diffusa di polveri e gas e, usualmente, una o più code. È generalmente accettata l'idea che molte comete abbiano origine da una nube sferica che avvolge il Sistema Solare posta ad una distanza di circa 50.000 UA. Questa 'riserva' di nuclei cometari è chiamata Nube di Oort. Altre sembrano provenire dalla Fascia di Kuiper, situata oltre l'orbita di Nettuno. Ruolo delle comete nell’antichità Quando alzava lo sguardo al cielo, l’uomo antico leggeva nei segni celesti il destino della propria vita. Vedeva nelle stelle fisse, ruotanti con uniforme regolarità intorno al suo capo, una garanzia di stabilità e di ordine. Scorgeva nelle leggi che governano la vita dell’universo la rassicurante certezza di un disegno protettivo da parte degli dèi, nonché la possibilità, da parte sua, di prevedere il futuro e di pianificare la propria esistenza in base a norme inderogabili, che lo mettessero al riparo da qualsiasi sorpresa. ansietà destava l’apparire imprevisto di qualche presenza nuova nell’immutabile serenità celeste. Le meteore, le novae, le supernovae, e in particolare le comete, venivano con irregolare frequenza a turbare la fiducia umana nell’esistenza di un ordine e di una regola universalmente validi. La semplice osservazione del cielo metteva in discussione i principi logici su cui si fondava l’astronomia. La necessità e l’impossibilità di dare una spiegazione a questi fenomeni, almeno in base alle conoscenze scientifiche di cui si disponeva, inducevano spesso a valutazioni errate. Ma il bisogno di dare una risposta qualsiasi alla curiosità intellettuale è così forte e innato nell’uomo, che anche le risposte sbagliate sono spesso preferibili al dubbio e allo scetticismo. L’apparire di tali oggetti nel cielo, si diceva, era un ambiguo modo di parlare agli uomini da parte degli dèi, e annunciava quasi sempre sventure gravi, come guerre, fame, pestilenze e carestie, oppure sventure meno gravi, come la morte di qualche re o imperatore. Solo la scienza poteva liberare l’uomo dal timore degli eventi oscuri, diradando le tenebre del pregiudizio e dell’ignoranza. Primi studi sulle comete I più antichi cultori di astronomia che si conoscano sono i Caldei, un popolo di stirpe semitica insediatosi nella Mesopotamia centrale. Molto probabilmente essi spiegavano le comete in modi differenti: un frammento del VII-VIII secolo a.C. parla delle comete assieme alle stelle, ossia trattandole come corpi celesti. I Greci invece con la loro fervida intelligenza esercitata e sviluppata in numerose scuole filosofiche dove, discutendo sulla natura e sui possibili sistemi del mondo, si cercavano spiegazioni razionali per i corpi e i fenomeni celesti, dettero numerose interpretazioni, molte delle quali sono giunte fino a noi. Anassagora e Democrito dissero che esse si formano quando due pianeti si trovano accostati, mentre i Pitagorici sostennero che fossero dei pianeti veri e propri, con la coda causata da qualche fenomeno ottico. Entrambe queste ipotesi, accomunate dal fatto che le comete venivano poste nel mondo celeste, furono prese in esame e confutate da Aristotele nella sua meteorologia. Seneca: Naturales Quaestiones Quando si accinge a scrivere le Naturales Quaestiones, Lucio Anneo Seneca, (Cordova, 4 a.C, Roma, 65 d.C,) è ormai vecchio e vicino alla morte. Non stupisce quindi, che quest’opera sia un componimento di forte intensità e profonda riflessione. Seneca dichiara di osservare l’universo con ammirazione e stupore (obstupefactus). Davanti alle bellezze naturali e ai profondi misteri della Natura egli prova un’estatica e commossa ammirazione e non perde occasione, da filosofo stoico, di riconoscere, in ogni cosa che colpisce l’animo e la mente dell’uomo, la grandezza di Dio. La necessità di comprendere i fenomeni naturali è, per Seneca, un mezzo per giungere alla salvezza e alla perfezione che avvicina l’uomo all’onnipotente e non come per Plinio il Vecchio, la cui opera enciclopedica, Naturalis Historia, è un semplice inventario del mondo. Le Naturales Quaestiones (Ricerche sulla natura), di cui fa parte il libro sulle comete, è animata da un grande spirito umanitario. L’autore prende in considerazione, nei sette libri in cui si divide l’opera, soprattutto i corpi celesti coi loro movimenti e variazioni, gli eventi atmosferici a partire da quelli più turbolenti come venti, nubi, fulmini, lampi, e le loro innumerevoli ripercussioni terrestri, le piene dei fiumi e i terremoti. Contemplare il regno della natura o indagare quale sia la sostanza dell’universo, secondo Seneca, insegna all’uomo a prendere coscienza dei suoi limiti terreni, della sua dignità e della sua piccolezza, e soprattutto a non temere la morte, per la quale tutti gli esseri viventi appaiono nati. Seneca: Libro VII (Le Comete) Il libro sulle comete costituisce la settima e ultima parte delle Naturales Quaestiones, l’opera che condensa il pensiero scientifico del filosofo e della sua età. In esso lo studio dei fenomeni del cielo e della loro varia influenza sul corso della vita umana è condotto nel solco di una tradizione che risale ai presocratici, a Platone e ad Aristotele. Sotto questo aspetto l’opera di Seneca costituisce una sintesi delle scoperte e delle intuizioni dei precedenti studiosi, e nello stesso tempo un severo esame critico del loro grado di validità. Le comete in particolare, tra tutti i fenomeni celesti, avevano incuriosito gli uomini antichi per la loro forma così diversa da quella degli altri corpi celesti, e anche per la singolarità del loro movimento, non riconducibile ad alcuna regola o previsione. Ma la curiosità nei confronti di questo fenomeno si mescolava, come si è detto, a irrazionali terrori. Tutto ciò che non rientra nella norma e nella previsione, secondo la mentalità non scientifica, viene di solito considerato un presagio di cattivo auspicio. Era questo il motivo per cui nei tempi antichi l’apparizione di comete era un avvenimento particolarmente temuto. Seneca, in quanto filosofo, non condivide ovviamente la credulità popolare. Perciò, sebbene enumeri alcune delle comete apparse in concomitanza di avvenimenti luttuosi, fa osservare che apparvero comete anche in anni in cui non accadde alcun avvenimento di rilievo, come quella che fu vista in cielo nel 60 d.C. sotto l’impero di Nerone. Per la sua educazione filosofica, il suo interesse per la scienza è di notevole indipendenza nei confronti delle opinioni correnti. Il suo scopo è informare il lettore sui risultati degli studi condotti in passato, scegliendo tra le varie soluzioni quelle più ragionevoli, che egli passa al vaglio del ragionamento logico, per arrivare a dare di ogni fenomeno una spiegazione razionale. Seneca esclude perciò deliberatamente le ipotesi fantasiose, le congetture improbabili, le favole, i miti, le ingenuità a cui si erano talora abbandonati gli studiosi del passato, non esclusi i filosofi stoici, i quali consideravano le stelle degli esseri divini, non escluso lo stesso Aristotele. A questo proposito egli persegue uno scopo che è nello stesso tempo scientifico e morale. Liberare l’animo dal timore dei fenomeni di origine sconosciuta significa combattere le superstizioni, che sono un prodotto dell’ignoranza collettiva e rendono l’uomo schiavo dei pregiudizi. Seneca ricorda le scene di isteria collettiva che accompagnavano il verificarsi di altri eventi celesti inconsueti, come le eclissi di sole o di luna: «Le città - scrive - allora tumultuano, ognuno leva grida disperate, spinto a ciò da una vana superstizione». Le grida, come specifica Seneca stesso nella Medea, e come affermano altri scrittori latini, hanno la funzione di far cessare l’evento indesiderato rompendo l’incantesimo che ne è la causa. Perciò anch’esse, nella superstizione popolare, fanno parte del rituale magico. Solo la conoscenza razionale delle cause dei fenomeni, secondo lo scrittore, può liberare l’uomo dai suoi terrori e indirizzarlo verso una vita moralmente sana. Seneca inizia affermando che per fare uno studio completo e approfondito sulle comete “sarebbe indispensabile avere un catalogo di tutte le apparizioni di comete del passato”, infatti l’osservazione di questi fenomeni celesti era stata introdotta in Grecia solo da poco. Detto ciò, inizia ad esporre le teorie più diffuse a quell’epoca cercando di analizzarle in modo critico ed esponendo le sue opinioni a riguardo. • Epigene, che sostiene di aver studiato presso i Caldei, afferma che questi non dispongono di osservazioni certe sulle comete, me sembra che esse siano accese da un qualche turbine d’aria vorticoso e velocissimo e che si muovano a causa di venti che le spingono. Senca procede quindi alla confutazione di tale tesi (che era poi quella aristotelica), sostenendo che qualsiasi turbine(tornado) che si formi, arriva solo fino allo strato delle nuvole e quindi non potrebbe trasportare tutto il materiale di qui necessita la cometa per formarsi, nelle zone più alte, dove sono state osservate le comete, inoltre non si sono mai visti turbini che durano tanto quanto dura l’apparizione di una cometa. • Secondo Zenone, sono pianeti che si avvicinano e confondono i loro raggi; dunque le comete non hanno esistenza reale: si tratta di effetti luminosi dovuti alla vicinanza di astri (così dicevano anche Anassagora e Democrito). Per dimostrare la falsità di ciò, Seneca afferma che durante il corso dell’anno sono molti i pianeti che si avvicinano o che si sovrappongono, eppure tutte queste volte non si vede apparire nel cielo una cometa. • Artemidio di Pario sosteneva che sopra alla sfera celeste fosse situata una superficie si fuoco, così compatta da non potersi mai consumare, questa superficie ha delle fessure attraverso le quali passano delle fiamme che danno origine alle comete. Anche in questo caso Seneca ribatte, spiegando che una superficie cosi densa da non consumarsi mai, sarebbe pesantissima e se esistesse dovrebbe precipitare senza nulla che la sostiene. • Secondo Apollonio di Mindo, le comete, sono astri distinti, come il sole e la luna: non hanno forma di dischi, ma slanciata e allungata; la loro orbita non ci è nota né si può dire quante e quali somiglianze esistano tra quella apparsa alla morte di Cesare, quella apparsa sotto Augusto, sotto Nerone, ecc. Le comete sono comunque numerose e varie: talora bianche, a volte rosse come il sangue di cui sono spesso presagio (cap. XVII). Seneca sembra condividere tali affermazioni infatti sostiene che le comete rientrino nella categoria dei pianeti e che, come questi, abbiano un corso regolare e prevedibile.(cap. XXII,1 …non considero le comete come fuochi improvvisi, ma le annovero tra le opere eterne della natura.) Seneca rifiuta quindi varie teorie sulle comete e, seguendo Apollonio di Mindo, afferma la sua posizione, che si allontana esplicitamente anche da quella di Posidonio (le comete frutto della condensazione dell’aria). Affrontati quindi le diverse teorie, Seneca osserva: Sono solo quindici secoli dacché si è cominciato a indagare il cielo e a dare nomi alle stelle; e solo da poco i Romani hanno conoscenze scientifiche. Ci vorranno molte generazioni e poi “tempo verrà che i posteri si stupiranno che noi non sapevamo cose così manifeste (veniet tempus quo posteri tam aperta nos nescisse mirentur)”. Il mondo ha movimenti irrevocabili (opus hoc aeternum irrevocabiles habet motus): solo alcuni abbiamo imparato a conoscere. “verrà poi qualcuno a dimostrare in quali regioni del cielo corrano le comete, perché errino separatamente dagli altri corpi celesti, quale sia la loro grandezza e natura (erit qui demonstret aliquando in quibus partibus cometae currant, cur tam seducti a ceteris errent, quanti qualesque sint)”. E ci fu in effetti un uomo: Newton. La conclusione (capp. XXXI-XXXII) del libro è drammatica: la corruzione dilaga, la mollezza dei sensi domina e con essa le pratiche più degradanti; ne consegue che le scuole filosofiche si estinguono, mentre vigoreggiano gli spettacoli più osceni. Ne deriva che “a tal punto non si scopre più niente nelle materie che gli antichi hanno insufficientemente studiato, che molte loro scoperte vengono dimenticate”. E sembra non solo uno sfogo personale o una tirata moralistica, ma la testimonianza sconvolgente di una decadenza che, sappiamo, fu fatale al mondo classici. Commento di Leopardi Giacomo Leopardi, nel “Saggio sopra gli errori degli antichi”, del 1815, riporta il passo delle Naturales quaestiones, nel quale Seneca espone la teoria sulla natura e formazione delle comete, insieme alla sua incondizionata fiducia nel progresso inarrestabile delle conoscenze. … Dunque i nostri sostengono che le comete, come le fiaccole, come le trombe e le travi e altri fenomeni del cielo sono originate dall’aria densa. Per questo appaiono più frequentemente nelle zone settentrionali, perché lì l’aria è particolarmente immobile… (Libro VII 21,1)…..Io non sono d’accordo con i nostri: infatti, non considero le comete come fuochi improvvisi ma le annovero tra le opere eterne dalla natura. ( Libro VII 22,1). Se qualcuno a questo punto mi chiederà: «Perché il corso delle comete non è stato osservato come quello dei cinque pianeti?» io gli risponderò, molte sono le cose che ammettiamo che esistano, ma ignoriamo quale sia la loro natura (Libro VII 25, I). …Perché dunque ci meravigliamo che le comete, uno spettacolo dell’universo così raro non siano ancora comprese in leggi sicure, né si conosca l’origine e la fine di quei corpi celesti, il cui ritorno avviene dopo così lunghi intervalli di tempo? (Libro VII 25,3)…Verrà un giorno in cui il passare del tempo e l’esplorazione assidua di lunghi secoli porterà alla luce ciò che ora ci sfugge. Una sola generazione non basta all’indagine di fenomeni così complessi, anche se si dedicasseesclusivamente al cielo…(Libro VII 25,4). Il poeta di Recanati, pieno di ammirazione, cosìcommenta quei versi: “La predizione di Seneca si è avverata. La sua opinione intorno alle comete è ora dimostrata dall’esperienza, e tenuta da tutti per vera. Ma la memoria degli antichi non è ancora spenta, come egli credea dover avvenire. Dopo diciotto secoli noi ci ricordiamo dei suoi detti, e rendiamo giustizia alla sua previdenza e alla profondità delle riflessioni che egli aveva fatteintorno alla natura dell’uomo.” Modernità di Seneca Occorre notare come il richiamo alla morale sia costantemente presente in ogni argomento trattato da Seneca. Lo specchio non deve essere strumento di vanità, né di sfrenata lussuria come avviene per Ostio Quadra …s’era fatto costruire uno specchio capace di riflettere immagini di gran lunga maggiori della realtà, nei quali un dito sopravanzava la lunghezza e la grossezza d’un braccio… (Libro I 16,1). Al contrario esso deve essere utilizzato per conoscere più approfonditamente gli oggetti che ci circondano, e noi stessi…L’uomo non avrebbe potuto ammirare il sole, seguire il suo percorso, svelarne la forma, senza l’aiuto di una opportuna superficie riflettente… dove tenda l’aver predisposto una sostanza capace di ricevere le immagini,… certo non perché noi uomini ci strappassimo i peli della barba davanti allo specchio o ci acconciassimo il viso, ma prima di tutto, dato che i nostri occhi, troppo deboli a reggere la vista diretta del sole, non ne avrebbero mai conosciuta la forma, volle mostrarcelo attenuandone lo splendore. Infatti, benché sia possibile guardarlo quando sorge e quando tramonta, tuttavia ignoreremmo il suo aspetto, quello vero, se non ci apparisse riflesso in qualche liquido, più smorzato e più facile da guardare.(Libro I 17,2) Questa attenzione all’aspetto etico ha una sua attuale validità, se si pensa ai gravi interrogativi che le moderne scoperte della scienza, in particolare in campo biologico, pongono alle coscienze degli scienziati, e per riflesso a tutti noi. La conoscenza disinteressata della Natura può dare all’uomo la capacità di elevarsi dal suo stato primitivo, dargli la consapevolezza di essere parte privilegiata dell’Universo. Egli potrà conquistare questa meta, se saprà sfruttare appieno gli strumenti che ha ricevuto in dono, per indagare, con animo sgombro da paure, le meraviglie che lo circondano. “…Quanto è meglio allora che uno indaghi le cause, e per di più a ciò proteso con tutta la mente!…«Quale sarà», dici, «il frutto di fatica?» Quello di cui non vi è altro più grande, conoscere la Natura. ( Libro IV 4,-1-2). Un altro aspetto dell’atteggiamento di Seneca può essere considerato estremamente attuale, il suo essere “uomo di scienza”; nell’antichità classica, filosofia e scienza si confondevano in un unico concetto, in Seneca invece la scienza acquista una certa autonomia sulla filosofia, rivendicando il suo consapevole ruolo di nuova disciplina; il suo metodo infatti si basa sulla dialettica e sulle dimostrazioni analogiche, usa in maniera critica e personale delle fonti, anche le più autorevoli ed ha certa fede positiva nel futuro e nel ruolo dell’uomo. Davide Conigliaro
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in base al quale eclissi dello stesso tipo ricorrono ad un intervallo di 18 anni, 10 giorni e 8 ore. Si ha questa periodicità perché Sole,
Terra, e Luna tornano ad occupare la stessa posizione dopo...