BlockNotES RotalIaNa - Bosoni Ranza Associati
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domus 943 Gennaio January 2011 104 DESIGN domus 943 Gennaio January 2011 il caso rotaliana Per riflettere sul rapporto della piccola e media industria italiana con l’attuale mondo del design, può essere interessante osservare il caso Rotaliana, certamente istruttivo per comprendere alcuni possibili sviluppi del rapporto design-innovazione-industria. All’inizio di questa storia, sul finire degli anni Ottanta, ci sono due giovani imprenditori che lavorano in una regione ricca e operosa come il Trentino (sempre il Nordest italiano, ma con un suo specifico carattere) e decidono di fondare una piccola azienda specializzata nella produzione di oneste e corrette lampade “classiche e tradizionali”, di buona fattura. L’azienda trova una sua affezionata clientela e gli affari vanno bene fino a quando, alla fine degli anni Novanta, si accorge che il mercato cambia e i clienti si allontanano per rivolgersi ad altri produttori asiatici, dal momento che la loro produzione viene facilmente copiata da aziende – per lo più cinesi – che sono in grado di garantire una discreta qualità del prodotto e, soprattutto, prezzi molto più bassi. Presto i due soci si rendono conto che la competizione per proteggere quel prodotto ‘tradizionale’ è praticamente impossibile. Riflettono sul problema e decidono che, per uscire da quel binario morto, occorre mettere in atto una svolta netta e repentina, basata su scelte d’innovazione tecnologica accompagnate da nuove e puntuali strategie di design. Attraverso un giro di amicizie trovano a Milano dei buoni referenti nei designer Dante Donegani (anch’esso trentino) e Giovanni Lauda (napoletano), che diventano ben presto i loro art director. Per certi versi, si crea una situazione testo • text Giampiero Bosoni 5 ROTALIANA Blocknotes Recensioni della piccola e media industria ITALIANA Reviews of small and medium ITALIAN manufacturers Il Nordest italiano, nello specifico l’operoso Trentino, è di nuovo protagonista del nostro quinto viaggio ‘letterario’ in forma di recensione dello stato dell’arte della piccola e media industria del design italiano. La riconversione industriale di Rotaliana – che l’ha affrancata dalla produzione di corrette e oneste lampade tradizionali che si era avviata su un binario morto – avviene grazie alla scelta di optare per una gamma di oggetti ibridi e trasversali, ai quali si affiancano lampade che affrontano la specifica funzionalità della luce sperimentando nuovi linguaggi. • Northeast Italy, specifically the industrious Trentino region, is once again the protagonist in our fifth “literary” journey to survey the state of the art of small and medium manufacturers of Italian design. Rotaliana’s industrial conversion – which freed it from the dead-end track of producing well-made, honest and traditional lamps – came about with the decision to favour a range of hybrid and transversal objects. These were flanked by lamps that tackle the specific functionality of light by experimenting with new idioms. DESIGN 105 molto simile a quella di numerose aziende storiche italiane che, per riproporsi su un mercato totalmente nuovo alla fine della seconda guerra mondiale, hanno dovuto inventarsi, ciascuna a suo modo, una strada di riconversione industriale nella quale la nascente cultura del design ha spesso giocato un ruolo determinante. A ben vedere, si può dire che oggi viviamo in un’epoca in cui (per sopravvivere, o meglio ancora rivivere industrialmente) bisogna avere il coraggio di fare delle scelte, a volte radicali, anche di riconversione industriale. La domanda progettuale posta, in un primo momento, da Rotaliana a Donegani e Lauda, è sostanzialmente quella di rinnovare la collezione adottando la linea di un “design contemporaneo”, continuando pur tuttavia a riproporre le solite tipologie ‘classiche’, con la convinzione di aggirare in tal modo il problema delle ‘facili’ imitazioni. Tale scelta si rivela ben presto assai debole, perché la nuova collezione da una parte non convince i vecchi clienti, ancora interessati al prodotto più tradizionale, e dall’altra non riesce a entrare con sufficiente forza in spazi commerciali più contemporanei perché i prodotti, per quanto corretti e molto curati, non sono abbastanza originali per bucare lo schermo. In questa situazione ancora incerta, Donegani e Lauda propongono uno strano modello caratterizzato da una curiosa multifunzionalità, che va decisamente oltre a quella della tipica lampada da tavolo o d’ambiente. Si tratta di un vaso che si illumina, ma che soprattutto contiene, e nasconde ordinatamente, diverse prese elettriche utili per mettere in carica i numerosi trasfor- matori con i quali oggi abbiamo spesso a che fare per le varie apparecchiature elettroniche di cui ci circondiamo. L’“uovo di Colombo”: un oggetto semplice che si illumina e al cui interno si celano i vari carica batterie, chiuso in cima da un elegante coperchio, simile a un vassoio “svuota tasche” sul quale si appoggiano e si tengono in carica cellulari, lettori MP3, smartphone. Questa tipologia di oggetto non interessa subito i nostri imprenditori, perché lo vedono come un prodotto troppo lontano dal mondo degli apparecchi d’illuminazione. Dopo il riscontro un po’ deludente della prima collezione, già rinnovata nel design, uno dei soci decide però di tentare la strada aperta da quell’insolito oggetto multitasking: una scelta rischiosa che l’altro socio non condivide e che lo porta a uscire dalla società. Nasce così il primo di una nuova famiglia di prodotti ibridi denominato MultiPot che, come tutti gli oggetti di buon design, ha origine da un’innovazione tipologica (suggerita dai nuovi stili di vita e d’abitare) associata a un appropriato adeguamento tecnologico ed espressa in maniera controllata e coerente dal punto di vista formale (un semplice vaso traslucido). È un successo. Dopo questa breve parabola, che ci illustra le possibili strade di riscatto dell’industria e del design nel più tipico stile italiano, possiamo iniziare a leggere gli esiti linguistici e narrativi di questa storia, soffermandoci su alcuni dei prodotti-testo presentati in collezione da Rotaliana negli ultimi tre anni. Da una parte riconosciamo l’evoluzione del percorso originale e innovativo dell’oggetto ibrido multitasking nell’esito di due nuove gemmazioni tipologi- Pagina accanto: Eolo, design Dante Donegani e Giovanni Lauda, 2009. È un parallelepipedo inciso da sottili lamelle che, deformandosi, modellano i lineamenti di un volto che soffia aria profumata; utilizza la tecnologia dei LED RGB per miscelare la luce nella tonalità di colore desiderata. In basso: Drink, design Dante Donegani e Giovanni Lauda, 2004-2008. Un disegno semplice e iconico che ricorda la forma di un calice, colmo di luce. • Opposite page: Eolo, designed by Dante Donegani and Giovanni Lauda, 2009. Its cuboid body is cut into fine strips to form a face that gently blows scent into the air: the RGB LED light creates the perfect colour to suit any mood. Below: Drink, designed by Dante Donegani and Giovanni Lauda, 2004-2008. A simple and iconic design; it is reminiscent of a wine cup filled with light. che dettate da alcune riflessioni sui temi dell’iconicità, della compattezza delle funzioni e della sensorialità ambientale. Donegani e Lauda, che da tempo portano avanti un’interessante ricerca sulla compenetrazione delle funzioni e delle forme in una proposta evolutiva degli spazi dell’abitare, mettono in scena nel teatro domestico due presenze insolite, dalla valenza iconica analoga a quella di piccoli templi votivi, che funzionano come dispositivi multifunzionali a forte reazione poetico-sensoriale. L’apparecchio denominato Diva appare, quando è chiuso, come un oggetto muto, ieratico, puramente contemplativo (un riflesso sfaccettato dell’apollineo e ineguagliabile televisore Black disegnato da Zanuso nel 1969). Questa forma silenziosa inizia ad animarsi per funzionare come radio e diffusore sonoro, con la possibilità di collegarsi al computer e ad altri riproduttori musicali. Un piccolo schermo digitale, nascosto dietro il rivestimento in alluminio, comunica le informazioni relative a queste funzioni. Estraendo un supporto integrato nel disegno della base, si possono collegare iPod e iPhone e, in tal modo, quell’impressione d’altare votivo si svela in tutta la sua emblematicità. A questo punto, la luce LED nascosta all’interno del braccio-spicchio, che si solleva in corrispondenza del piccolo altare ‘digitale’, completa il vago senso di spiritualità che emana da questo oggetto metafisico. Altro discorso è quello di Eolo, per certi versi una presenza domestica più ispirata a una idolatria pagana che potrebbe dirsi, nietzschanamente, dionisiaca. Un diffusore di luce cromatica e di profumi ambientali si cela in un parallelepipe- domus 943 Gennaio January 2011 106 DESIGN do con la superficie incisa da un disegno a righe verticali (anche qui è interessante leggere una certa analogia con la forma assoluta del ventilatore Ariante disegnato da Zanuso tra il 1973 e il 74) dal quale, modellandosi, traspare, come un’anima nascosta, un viso che gonfia le guance come Eolo per dispensare, con il suo soffio divino, aria profumata. “Luce e profumo” leggiamo nella scheda del prodotto , “elementi immateriali d’arredo, determinano nuovi rapporti tra ambiente e stato d’animo”. Dove inizia e finisce il gioco ironico, per diventare pratica New Age di puro piacere edonistico, è una scoperta lasciata all’esperienza sensoriale e intellettuale di ogni utilizzatore. Questa lettura ci rimanda al ruolo catartico di testi quali Siddharta di Herman Hesse e Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig. Accanto a questa gamma di apparecchi ibridi e trasversali leggiamo, nella collezione Rotaliana, altri ‘testi’ interessanti che affrontano, sperimentando linguaggi diversi, la specifica funzione della luce. La forma botanica di tre corolle floreali che s’innestano una nell’altra in una dissolvenza di luce, concepita da Andrea Branzi per la lampada a sospensione Campanula, ci propone un racconto onirico, e un po’ civettuolo, che sembra voler incrociare la leggerezza razionale di alcune lampade di Poul Henningsen (dal 1925 ai primi anni Sessanta) assieme alla sofisticata magniloquenza di certe lampade in vetro soffiato degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. È soprattutto rispetto a questo secondo rimando storico che ci sembra di leggere, tra le righe, il piacere del paradosso trasgressivo alla Pitigrilli. Più ironico e giocoso vuole essere l’effetto luminoso della ‘lanterna’ in silicone Lampion, disegnata da Emmanuel Gallina. Una presenza di luce colorata da appendere liberamente in interni o in esterni, ma anche indifferentemente da appoggiare di traverso su un tavolo o per terra. Attraverso un materiale flessibile, morbido e semitrasparente, la “lanterna cinese” si trasforma in un piccolo ‘banderon’, come una fisarmonica surreale e ludica. Un oggetto-personaggio per un racconto di Julio Cortázar. In questi ultimi anni si distinguono anche alcune nuove riletture – per più estese applicazioni – di qualche interessante modello disegnato da Donegani e Lauda negli anni precedenti al periodo da noi indagato. Si segnalano la versione con diffusore opalino dello smaterializzato luminator Lightwire e le nuove versioni filiformi, con diffusore a calice, delle lampade da terra degli apparecchi della serie Drink. Ma anche la lampada a muro del modello Icselle, che riproduce in un ingigantimento Pop la forma della celebre lampada alogena PAR 56, che si utilizzava una volta come faro sulle automobili e che i fratelli Castiglioni hanno, a suo tempo, saputo impiegare in maniera inedita e spiazzante nel celebre modello Toio (1962): un capostipite indiscusso di quell’“illuminismo sperimentale” sul quale hanno dato prova di cimentarsi, con qualità e continuità, Donegani e Lauda insieme a Rotaliana. Giampiero Bosoni The rotaliana file A look at the case of Rotaliana may help to shed light on today’s relationship between design and small and medium manufacturers. Certainly, the company’s case history provides insight into the possible developments resulting from the mix of design, innovation and industry in Italy. The story begins towards the end of the 1980s with two young entrepreneurs. Working in the rich and industrious region of Trentino (once again in Northeast Italy, although with its own local character), they decided to set up a small business that would specialise in the production of well-made, honest-to-goodness, “classic and traditional” lamps. The company acquired a faithful clientele and business was good. But by the late ’90s, the founders saw that the market was changing, with customers increasingly abandoning them in favour of other, Asian manufacturers. Their products were easily copied by a number of companies – mostly Chinese – that were able to ensure a reasonable product quality and, above all, much lower prices than theirs. The two partners quickly realised that competing to protect In alto: Campanula, design Andrea Branzi, 2009. I tre diffusori sono montati uno sull’altro con distanziali in silicone. In basso: MultiPot, la prima lampada multifunzionale prodotta da Rotaliana, design Donegani e Lauda, 2005. Pagina accanto: Diva, design Dante Donegani e Giovanni Lauda, 2009. È a LED, integrata a un sistema audio progettato specificatamente per i dispositivi iPod e iPhone. • Top: Campanula, designed by Andrea Branzi, 2009. Three flared diffuser bells are mounted on top of each other with silicone spacers. Bottom: MultiPot, the first multifunctional lamp manufactured by Rotaliana, designed by Donegani and Lauda, 2005. Opposite page: Diva, designed by Donegani and Lauda, 2009. This LED light and music system was specifically designed for iPods or iPhones. their “traditional” product would be practically impossible. Consequently they decided that an abrupt change of tack was needed in order to get out of that dead-end situation, concluding that the way forward lay in technological innovation and apt new market strategies. Through friends, they found two good designers in Milan: Dante Donegani (also from the Trentino region) and Giovanni Lauda (from Naples), who very soon became the company’s art directors. In some ways, the situation was very similar to the challenge that numerous long-established Italian firms had faced at the end of World War II. To conquer a place in the totally new market, each of these companies was obliged to forge their own distinctive path towards industrial conversion, in a process that was often heavily influenced by the then budding culture of design. We may conclude that survival today (or better still, the task of reinventing oneself industrially) requires courageous and at times radical choices which may even entail industrial conversion. Rotaliana’s first request to Donegani and Lauda was to renew the company’s collection. Substantially, this operation meant adopting a policy of “contemporary design” while continuing to offer the classic typologies, in the conviction that this strategy would defuse the problem of “easy” imitations. However, this line of attack quickly revealed its weaknesses. On one hand the new collection failed to convince the old customers, who were still interested in more traditional products, and on the other it failed to conquer a share of more contemporary markets because the products, despite their quality and beauty, were not sufficiently original to make their presence felt. In this still uncertain situation, Donegani and Lauda also came up with an unusual product model. Characterised by its curious multifunctional nature, it went decidedly beyond the idea of a typical table or ambient lamp. What they proposed was a vase that could be illuminated. But the major innovation lay in the fact that domus 943 Gennaio January 2011 DESIGN 107 domus 943 Gennaio January 2011 108 DESIGN it would contain, and neatly conceal, several electrical sockets for the chargers of the various mobile electronic devices that fill our lives nowadays. The new, simple and illuminated object was the obvious solution. While the various battery chargers were hidden inside, it was closed with an elegant lid that doubled as a kind of tray to hold cellphones, MP3 players, GPS devices, etc., while they recharged. This type of product did not immediately appeal to the two industrialists, who felt that such objects were too far removed from the world of lighting. After the somewhat disappointing results of the first collection, which had already been renewed in its design, one of the partners nevertheless made the risky decision to persevere with the possibilities opened by that unusual multitasking design. The other partner did not agree, and subsequently quit the company. This led to the creation of a new family of hybrid products named MultiPot. Like all good design objects, they originated from a typological innovation (suggested by new lifestyles) associated with an appropriate technological adaptation and expressed in a controlled, coherent manner in the shape of a simple, translucent vase. It was a success. After this brief account, which illustrates the possible paths of recovery for industry and design in the most typical Italian style, we can observe the linguistic and narrative results of this story, pausing to consider some of the text-products presented in Rotaliana’s collections over the past three years. There has been a recognisable evolution in the original and innovative path pursued by multitasking, hybrid objects. This can be seen in the blossoming of two new product types dictated by a reflection on the themes of iconicity, functional compactness and environmental sensoriality. Donegani and Lauda have for a while been conducting interesting research on the interpenetration of functions and form in an evolutionary proposal of living spaces. The fruits of their work come in the guise of two unusual presences introduced into the domestic theatre. With an iconic quality similar to that of small votive shrines, these multifunctional devices carry a strong poetic and sensorial charge. The apparatus named Diva, when closed, resembles a dumb, solemn and purely contemplative object (a multifaceted reflection of the handsome and matchless Black television set designed by Zanuso in 1969). This silent form was gradually animated to operate as a radio and speaker system, and can be connected to a computer and other sound sources. A small digital screen, hidden behind the aluminium casing, communicates information on these functions. A dock integrated into the base can be extracted to connect iPods and iPhones. In this way, the impression of the votive altar to a god is unveiled in all its emblematic quality. Meanwhile, the LED hidden inside the upper arm segment, which lifts up from the “digital” altar, completes the vague sense of spirituality emanated by this metaphysical object. Eolo, on the other hand, is a different matter. In some ways a domestic presence more inspired by a pagan idolatry, it might, in a Nietzschean way, be described as Dionysiac. A dif- fuser of chromatic light and environmental perfumes is concealed in a parallelepiped, its surface marked by a set of vertical lines (here too it is interesting to note a certain analogy with the absolute form of the Ariante fan designed by Zanuso in 1973-74). The contours of a face are formed through the vertical lines, appearing like a hidden spirit as the cheeks puff up like the facial features of Aeolus (the character who inspired the object’s name), dispensing perfumed air with his divine breath. As the product description reads, “Light and perfume, as immaterial elements of furniture, engender new relations between environment and mood.” Figuring out just where the ironic game begins and ends, to become a New Age practice of pure hedonistic pleasure, is a discovery left to the sensorial and intellectual experience of each user. This interpretation echoes the cathartic role of texts like Siddharta by Herman Hesse, or Robert M. Pirsig’s Zen and the Art of Motorcycle Maintenance. Next to this range of hybrid and transverse devices in the Rotaliana collection, one can also read other interesting “texts”. By experiment- In alto: Lampion, design Emmanuel Gallina, 2009. Ispirata alle lanterne di carta colorata, ha corpo in silicone e lente in policarbonato, caratteristiche che la rendono utilizzabile anche in giardino. Pagina accanto: Lightwire, design Dante Donegani e Giovanni Lauda, 2003. È realizzata in tondino di ferro elettrosaldato. Leggera e trasparente, è la smaterializzazione del luminator modernista, la sua rappresentazione con un programma di modellazione wire-frame di grafica computerizzata. • Top: Lampion, designed by Emmanuel Gallina, 2009. Inspired by coloured paper lanterns, it has a silicone diffuser and transparent polycarbonate support, features that make also make it suited to outdoor use. Opposite page: Lightwire, design Dante Donegani and Giovanni Lauda, 2003. Made of iron rod, it is arc-welded, light and transparent, representing the dematerialisation of the modern luminator. Its design apperas to have been realised with a wire-frame computer graphics program. ing with diverse languages, these deal with the specific function of light. The botanical form of three floral corollas grafted into one another in a fade-in and out of light, conceived by Andrea Branzi for the Campanula suspension lamp, tells an oneiric and rather winsome story that appears to be a cross between the rational lightness of lamps by Poul Henningsen (from 1925 to the early ’60s) and the sophisticated magniloquence of certain blownglass lamps of the 1920s and ’30s. It is above all with regard to this second historical reference that, reading between the lines, we seem to note the pleasure of a transgressive paradox à la Pitigrilli. Designed with a more ironical and humorous note is the luminous effect of the silicone Lampion lantern, conceived by Emmanuel Gallina: a presence of coloured light to be hung freely indoors or out, but also to be placed anywhere on a table or floor. By means of a flexible, soft and semi-transparent material, the “Chinese lantern” is transformed into a little “banderon”, like a surreal and playful mouth organ – an object-character for a story by Julio Cortázar. Recent years have also seen a number of notable reinterpretations – for wider applications – of interesting models designed by Donegani and Lauda prior to the period examined here. For example, it is worth mentioning the opaline diffuser version of the dematerialised Lightwire luminator, and the new filiform versions, with a goblet diffuser, of the floor lamps for the Drink series. But we should also flag up the wall lamp in the Icselle series, which is a giantsize pop reproduction of the celebrated PAR 56 halogen lamp, once used as a headlight on automobiles and exploited by the Castiglioni brothers in a highly original and surprising way in their famed Toio model (1962). This latter was an undisputed family founder of that “experimental enlightenment” with which, with quality and continuity, Donegani, Lauda and Rotaliana have measured and proved their strength. Giampiero Bosoni domus 943 Gennaio January 2011 DESIGN 109
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