Genitorialità, matrimonio e famiglia nel diritto italiano vigente

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Genitorialità, matrimonio e famiglia nel diritto italiano vigente
Jus-online n. 2/2015
Michele Sesta
Professore ordinario di diritto privato, Università degli Studi di Bologna
Genitorialità, matrimonio e famiglia nel diritto italiano vigente
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La famiglia dopo la riforma della filiazione e del divorzio. – 3.
Genitorialità e convivenza tra genitori dello stesso sesso. – 4. Congedo.
1. Premessa
La Relatio Synodi del 18 ottobre 2014, dedicata a Le sfide pastorali sulla
famiglia nel contesto dell'evangelizzazione, nella sua Prima parte avvia la riflessione
dall'analisi dell'ambito socio-culturale in cui l'istituzione familiare si colloca, con
l'intento di guardare "alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle
sue luci e nelle sue ombre", e, quindi, "ai genitori, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai
parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio".
Il giurista non fatica a ritrovare, in queste parole semplici e concrete, anche un
riferimento agli istituti che da sempre vengono ricompresi nel diritto di famiglia: il
matrimonio, la filiazione, la parentela, l'affinità; e si onora che l'indagine dei Vescovi
prenda le mosse dalla prospettiva che gli è più congeniale.
L’attenzione alla dimensione giuridica e alla sua incidenza sulla realtà
della famiglia si coglie altresì nel riferimento, enunciato dalla Relatio nell’ambito della
ricognizione dei contesti che "pongono sfide particolari", ad "una legislazione civile
che [spesso] compromette il matrimonio e la famiglia"; riferimento che invita a
ricercare il senso e a precisare la portata di tale severa affermazione, specie alla luce
delle continue e anche recenti modificazioni che interessano il diritto di famiglia dei
Paesi occidentali e segnatamente quello italiano.
E' infatti ben noto, vista la risonanza mediatica che suscita ogni
innovazione legislativa o giurisprudenziale, che l'assetto della famiglia è da decenni
in fase di profonda evoluzione, sotto la spinta di molteplici fattori, culturali, sociali
e, più specificamente, giuridici. Quanto all’Italia, basti solamente pensare alle
innovazioni legislative degli ultimi tempi, dalla riforma della filiazione 1 , alla
L. 10 dicembre 2012, n. 219, recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”,
successivamente attuata dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, di “Revisione delle disposizioni vigenti in materia
di filiazione, a norma dell’art. 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”. Sulle innovazioni introdotte dalla
riforma cfr. C.M. Bianca (a cura di), La riforma della filiazione, Padova 2015; M. Sesta, voce Filiazione (diritto
civile), in Enc. dir., Annali, VIII, Milano, 2015, pp. 445 e ss. (in corso di stampa); e già Id., Stato unico di filiazione
e diritto ereditario, in Recte sapere, Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, III, Torino, 2014, p. 1647, e in Riv. dir.
civ., 2014, p. 1; Id., L'accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, in Fam. dir., 2014, p. 454;
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negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio2, al cd. divorzio breve3.
Per non parlare dei ripetuti interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo e
della Corte costituzionale, tra gli altri quelli in materia di procreazione medicalmente
assistita, che hanno rimosso molti dei divieti che erano stati introdotti dalla Legge n.
40/20044; della Corte di cassazione in materia di matrimonio civile e concordatario5
e di convivenze, anche tra persone dello stesso sesso6, e dei giudici di merito, specie
P. Schlesinger, Il D.lgs. n. 154 del 2013 completa la riforma della filiazione, ivi, p. 443; V. Carbone, Il d.lgs. n.
154/2013 sulla revisione delle disposizioni vigenti in tema di filiazione, ivi, p. 447; E. Al Mureden, La responsabilità
genitoriale tra condizione unica del figlio e pluralità di modelli familiari, ivi, p. 466; M. Dogliotti, La nuova filiazione fuori
del matrimonio: molte luci e qualche ombra, ivi, p. 480. V. anche M. Sesta (a cura di), Codice della famiglia, III ed.,
Milano 2015; AA.VV., La nuova disciplina della filiazione, Santarcangelo di Romagna 2015.
2 L. 10 novembre 2014, n. 162, di conversione, con modificazioni, del decreto legge12 settembre
2014, n. 132, recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione
dell'arretrato in materia di processo civile”. Sulle modalità di risoluzione stragiudiziale della crisi coniugale
introdotte dalla legge cfr. M. Sesta, Negoziazione assistita e obblighi di mantenimento nella crisi della coppia, in Fam.
dir., 2015, p. 295; M.N. Bugetti, La risoluzione extragiudiziale del conflitto coniugale, Milano, 2015, passim; F.
Danovi, I nuovi modelli di separazione e divorzio: una intricata pluralità di protagonisti, ivi, 2014, p. 1141; e ancora Id.,
voce Mezzi stragiudiziali di separazione e divorzio, in Codice della famiglia, cit., p. 2521.
3 L. 6 maggio 2015, n. 55, recante “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli
effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”. Per un primo commento della nuova legge si
leggano F. Danovi, Al via il “divorzio breve”: tempi ridotti ma manca il coordinamento con la separazione, in Fam. dir.,
2015, p. 607, e G. Oberto, “Divorzio breve”, separazione legale e comunione legale tra coniugi, ivi, p. 615.
4 Cfr. Corte cost., 8 maggio 2009, n. 151, in Fam. dir., 2009, p. 761, con nota di M. Dogliotti, La Corte
costituzionale interviene sulla produzione e sul trasferimento degli embrioni a tutela della salute della donna, che ha caducato
il limite massimo dei tre embrioni producibili per ogni ciclo terapeutico nonché l’obbligo dell’unico e
contestuale impianto (art. 14, commi 2 e 3, legge 19 febbraio 2004, n. 40, “Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita”), con l’ulteriore conseguenza di rendere, anche nei fatti, praticabile la diagnosi
genetica preimpianto allo scopo di conoscere lo stato di salute dell’embrione onde impiantare i soli embrioni
risultati sani: indagine riservata alle coppie infertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili; per queste ed
altre riflessioni sulla sentenza cfr. M. Sesta, La procreazione medicalmente assistita tra legge, Corte costituzionale,
giurisprudenza di merito e prassi medica, in Fam. dir., 2010, pp. 839 e ss. Successivamente, la Consulta è intervenuta
sulla l. n. 40/2004 decretando l’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa da essa
previsto (art. 4, comma 3, e art. 9, commi 1 e 3): cfr. Corte cost., 10 giugno 2014, n. 162, in Fam. dir., 2014, p.
753, con nota di V. Carbone, Sterilità della coppia. Fecondazone eterologa anche in Italia. Da ultimo, la Corte
costituzionale, nella camera di consiglio del 14 maggio 2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli
artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consentono il ricorso alle
tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili,
rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194,
accertate da apposite strutture pubbliche. In dottrina, sul tema della procreazione medicalmente assistita cfr.
M. SESTA, sub lege 19 febbraio 2004, n. 40 - Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, artt. 1-11, in
Codice della famiglia, cit., pp. 2562 e ss.; Id., La procreazione medicalmente assistita tra legge, Corte costituzionale,
giurisprudenza di merito e prassi medica, cit., pp. 839 e ss.; e già Id., voce Procreazione medicalmente assistita, in Enc.
giur. Treccani, Agg., XIII, Roma 2005.
5 Si veda, in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio, Cass. civ.,
sez. un., 17 luglio 2014, n. 16379, in Corr. giur., 2014, p. 1196, con nota di V. Carbone, Risolto il conflitto
giurisprudenziale: tre anni di convivenza coniugale escludono l’efficacia della sentenza canonica di nullità del matrimonio.
6 Sul tema delle unioni omosessuali cfr. Cass. civ., 15 marzo 2012, n. 4184, in Dir. fam., 2012, p. 696;
Cass. civ., 9 febbraio 2015, n. 2400, in http://www.iusexplorer.it; nonché, nella giurisprudenza costituzionale,
Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, in Iustitia, 2010, p. 311, con nota di M. Costanza, La Corte costituzionale e le
unioni omosessuali, e in Giust. civ., 2010, I, p. 1294; Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170, in Giustizia civile.com,
Editoriale 19 giugno 2014, con nota di L. Balestra, Sugli effetti della rettificazione dell’attribuzione di sesso sul
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con riferimento ai temi dell'affidamento e dell'adozione di minori a coppie
omosessuali7.
Ma il cambiamento non è solo di oggi: da tempo, a seguito della crisi
del modello familiare istituzionale disciplinato dal codice civile italiano del 1942,
l'ordinamento ha progressivamente ampliato l'autonomia dei coniugi nel disporre
della cessazione degli effetti del vincolo matrimoniale, prima attraverso
l'introduzione del divorzio, poi mediante le successive modificazioni della relativa
disciplina e di quella ad esso strettamente collegata della separazione legale, sino –
come si è detto – alla previsione della negoziazione assistita e del c.d. divorzio
breve. Il tratto saliente è che l'odierno sistema, frutto delle riforme degli anni
Settanta e di quelle via via succedutesi sino all'attualità, riconosce a ciascuno dei
coniugi la libertà di attuare sempre e comunque la separazione, cui può seguire
automaticamente e a breve distanza di tempo il divorzio e la creazione di un nuovo
nucleo familiare, fondato o meno sul matrimonio: tanto che, a questo proposito, si
discorre di privatizzazione delle relazioni familiari8.
Occorre altresì considerare che negli ultimi decenni sono in via di
diffusione vari modelli familiari, che si discostano in modo più o meno significativo
da quello tradizionale di famiglia fondata sul matrimonio. Tra di essi, ha assunto
particolare rilievo la convivenza more uxorio, che ricalca i tratti essenziali di una
relazione fondata sul matrimonio ma è priva di una qualsiasi formalizzazione del
rapporto di coppia ed è pertanto sorretta soltanto dalla spontaneità dei
comportamenti dei conviventi. Questa realtà, pur affermandosi in misura crescente,
in Italia è rimasta priva di una disciplina giuridica organica. La questione è da tempo
oggetto di un aspro dibattito tra le forze politiche e nella società civile, ove si
fronteggiano gli argomenti della “libertà” e dei “valori”. Il primo scaturisce
matrimonio preesistente, e in Fam. dir., 2014, p. 861, con nota di V. Barba, Artificialità del matrimonio e vincoli
costituzionali: il caso del matrimonio omosessuale. Con specifico riferimento all’affidamento del figlio ‘naturale’ al
genitore legato a partner dello stesso sesso cfr. Cass. civ., 11 gennaio 2013, n. 601, in Dir. fam., 2013, p. 515, e
in Giust. civ., 2013, I, p. 2508, e in Fam. dir., 2013, p. 570, con nota critica di F. Ruscello, Quando il pregiudizio …
è nella valutazione del pregiudizio! A proposito dell’affidamento della prole alla madre omosessuale; la sentenza offre lo
spunto anche per la riflessione di L. Balestra, Affidamento dei figli e convivenza omosessuale tra “pregiudizio” e interesse
del minore, in Corr. giur., 2013, p. 893.
7 Cfr. Trib. min. Palermo, decreto 4 dicembre 2013, in Fam. dir., 2014, p. 350, con nota di M.
Gennaro, L’affidamento, anche eterofamiliare, di minori ad omosessuali. Spunti per una riflessione a più voci; Trib. min.
Roma, 30 luglio 2014, in Nuova giur. civ. comm., 2015, pt. I, p. 109, con nota di J. Long, L’adozione in casi
particolari del figlio del partner dello stesso sesso; Trib. min. Bologna, 31 ottobre 2013, in Fam. dir., 2014, p. 273, con
nota di F. Tommaseo, Sull’affidamento familiare d’un minore a coppia omosessuale. Sul punto si veda anche C.
Rimini, L'affidamento familiare a una coppia omosessuale: il diritto del minore ad una famiglia e la molteplicità dei modelli
familiari, in Corr. giur., 2014, p. 155.
8 M. Sesta, Privato e pubblico nei progetti di legge in materia familiare, in Separazione, divorzio, affidamento dei
minori: quale diritto per l’Europa? (Atti del Convegno di Bologna, 17-18 aprile 1998), a cura di M. Sesta, Milano,
2000, pp. 3 e ss.
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dall’esigenza di non creare vincoli giuridici a chi non ne vuole; il secondo da quella
di non contaminare il modello di famiglia fondata sul matrimonio scolpito
nell’art. 29 Cost. 9 . La mancanza di una legge che disciplini compiutamente il
fenomeno non significa, tuttavia, che il diritto italiano lo ignori; in base all’art. 2
Cost., dottrina e giurisprudenza tendono ad attribuire alla coppia non unita in
matrimonio la natura di formazione sociale, anche alla luce di quanto disposto
dall’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo cui “il
diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi
nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. La formulazione della norma sembra
riconoscere pari dignità alle più diverse forme di convivenza, anche tra persone
dello stesso sesso. Come si è osservato, al tradizionale favor per il matrimonio si è
sostituita la pari dignità d’ogni forma di convivenza alla quale una legislazione
nazionale decida di dare la sua sanzione, cosicché la tutela della vita familiare è
riconosciuta indipendentemente dalla sussistenza del matrimonio (cfr. artt. 7 e 9,
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; art. 8, Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).
Infine non possono trascurarsi i rilievi comparatistici – che svolgono
oramai un ruolo decisivo in una realtà sempre più caratterizzata dall'uniformità dei
valori e degli stili di vita, al di là dei confini nazionali – i quali evidenziano che nei
Paesi culturalmente vicini all'Italia la tutela prioritaria della sfera individuale ha
portato all’adozione di forme di divorzio immediato ed altresì al riconoscimento
giuridico delle relazioni tra persone dello stesso sesso, anche consentendo loro il
matrimonio, che quindi, in quegli ordinamenti, non presuppone, quale elemento
fondante, la disparitas sexus. Al riguardo, occorre ricordare che nel 2010 la Corte
costituzionale italiana ha riconosciuto che l'unione tra persone dello stesso sesso
può assumere rilevanza giuridica, ma che ciò non renda costituzionalmente
necessitata la previsione del matrimonio, che resta quindi
riservata alla
discrezionalità del legislatore10. Sulla scia di quella decisione, la Corte di cassazione
ha poi affermato che i componenti della coppia omosessuale sono titolari del diritto
alla vita familiare e possono adire i giudici per far valere il diritto ad un trattamento
omogeneo rispetto a quello assicurato dalla legge alla coppia eterosessuale11.
In breve, la situazione che complessivamente emerge da questa
sommaria ricognizione dimostra che l'ordinamento giuridico vigente riconosce una
ampia configurazione giuridica delle relazioni familiari e, quanto a quelle fondate sul
M. Sesta, Una disciplina per le convivenze, ne Il Mulino, 2007, p. 442; A. Morrone, sub art. 2 Cost., in
Codice della famiglia, cit., pp. 33-35.
10 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, cit.
11 V. citazioni in nota 6.
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matrimonio, consegna nelle mani dei coniugi la stabilità del legame e non pone
regole per garantirla contro la volontà anche di uno solo degli interessati. Per
contro, sulla scia della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo,
approvata a New York il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio
1991, n. 176, risultano rafforzati gli strumenti giuridici di tutela dei figli, il cui
conclamato diritto alla bigenitorialità trova affermazione a prescindere dalla natura e
dalla sussistenza di un vincolo giuridico tra i genitori, come meglio si illustrerà nel
prosieguo. Come è stato efficacemente scritto, il fondamento di una consimile
legislazione è che "marriage isn't really the important issue, children are"12.
L'odierno assetto complessivo delle relazioni familiari induce a
chiedersi che cosa residui, nell'ordinamento positivo vigente, del solenne
riconoscimento enunciato dall'art. 29 della Costituzione della famiglia quale società
naturale fondata sul matrimonio. Una disposizione che prometteva una rivoluzione,
per usare le parole di Giuseppe Dalla Torre 13 , che voleva uscire dalla
contrapposizione tra un modello pubblicistico di famiglia funzionale agli interessi
superiori dello Stato ed un modello privatista volto alla tutela delle posizioni
individuali, per approdare al riconoscimento della famiglia come soggetto,
configurando così un modello comunitario che attingesse alla realtà naturale, nella
quale gli interessi individuali e collettivi trovano mediazione ed armonizzazione. A
tanti anni di distanza dalla enunciazione di quella norma, e a quarant’anni dalla
Riforma del diritto di famiglia – che tra luci ed ombre volle dare attuazione ai
principi costituzionali senza però riuscire nell’intento di valorizzare il tratto
comunitario che li caratterizzava – il severo giudizio dei Vescovi sembra dunque
rivolgersi anche all'ordinamento italiano, che pure, rispetto a quelli di altri Paesi
europei, è stato meno incline alle fughe in avanti.
Nel domandarsi quali siano le responsabilità del diritto, e
specificamente della legislazione, nella odierna realtà sociale della famiglia, che
appare permeata da un predominante spirito individualista, occorre tuttavia
considerare che in questa materia, come in altre, la forza del diritto ed in specie
quella della legge è limitata, come la richiamata vicenda dell' art. 29 della
Costituzione e quella della legge sulla procreazione medicalmente assistita
testimoniano. Gli approdi delle predette disposizioni, pur nella loro diversa valenza
formale e di contenuto, palesano che la legge non abbia in sé la forza per
conformare ad un modello predeterminato la realtà sociale che intende disciplinare,
H.D. Krause, Marriage for the New Millennium: Heterosexual, Same Sex - or Not at All? (2000) 34
Family Law Quarterly, p. 271.
13 G. Dalla Torre, Famiglia e costituzione – Riflessioni su una rivoluzione promessa, in Iustitia, 1999, p. 221, il
quale esordisce rilevando che la Costituzione “contiene in materia di famiglia una rivoluzione promessa,
rimasta però più di cinquant’anni una rivoluzione mancata”.
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ma che il diritto – specie il c.d. diritto vivente, quello cioè applicato e tavolta creato
dai giudici – si comporti piuttosto come uno specchio, che finisce per riflettere
l'immagine di ciò che la mutevole realtà sociale gli pone innanzi: in breve, anzichè
conformare, esso risulta conformato dalla realtà effettuale, il che persuade di come
lo strumento giuridico, pur nella sua non trascurabile rilevanza, certo non sia
sufficiente a vincere le sfide sulla famiglia, come bene risulta dalla stessa Relatio, che
invita a volgere lo sguardo verso ben più elevati orizzonti.
2. La famiglia dopo la riforma della filiazione e del divorzio
Benché consapevole della insufficcienza dei suoi mezzi, il giurista non
può fare altro che adoperarli secondo i criteri formali che li governano, e indirizzarli
verso la realizzazione dei principi superiori dell'ordinamento, come quello enunciato
dall'art. 29 Cost.
In questo quadro, alla luce delle recenti riforme legislative e specie di
quelle in tema di filiazione, va analizzato il rapporto fra genitorialità, matrimonio e
famiglia, oggetto di queste pagine, cui la Relatio si riferisce al paragrafo n. 8. Per
comprendere come esso sia in rapida trasformazione basti pensare che in Italia la
percentuale delle nascite fuori del matrimonio, pari al 2,59 nel 1975, anno della
generale Riforma del diritto di famiglia, si è elevata al 23,6 nel 2010, a testimoniare, da
un lato, la progressiva perdita di esclusività e di prestigio della famiglia fondata sul
matrimonio, e, dall'altro, l'accettazione di modelli familiari alternativi14.
Questa circostanza di fatto appare decisiva per comprendere le ragioni
del processo che ha di recente condotto il legislatore italiano a riformare il diritto
della filiazione ed a eliminare la storica distinzione tra figli legittimi, cioè nati nel
matrimonio, e figli naturali, concepiti da genitori non uniti in matrimonio. Il nuovo
art. 315 del codice civile dispone, infatti, che tutti i figli hanno lo stesso stato
giuridico, il che significa che vi è piena identità di condizione giuridica tra i figli,
senza che più rilevi il vincolo matrimoniale tra i genitori. L'art. 315-bis del codice
civile stabilisce inoltre che "il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere
rapporti significativi con i parenti". Se la legge riconosce un consimile diritto al
figlio, ci si chiede nei confronti di chi detto diritto possa essere fatto valere, ed è
ovvio rispondere che il soggetto obbligato al suo soddisfacimento sia il genitore;
anzi, i genitori. Può sembrare singolare che il legislatore abbia proprio ora sentito la
necessità di enunciare, nei termini di diritto e dovere, quella che appare essere una
conseguenza naturale ed ovvia del rapporto di filiazione e che, a prima vista, può
restare insoddisfatta solo in situazioni patologiche, come è confermato dalla legge
M. Sesta, L'accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, cit., p. 454; Id., Manuale
di diritto di famiglia, VI ed., Padova, 2015, p. 3.
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sull’adozione dei minori, la quale stabilisce che "il minore ha diritto di crescere ed
essere educato nell'ambito della propria famiglia".
Comparando le due formule, quella dell'art. 315-bis c.c. con quella
dell'art. 1, l. n. 184/1983, emerge come nella seconda compaia l'aggettivo propria,
riferito a famiglia, che invece non figura nel testo del codice. In questo contesto è
chiaro ciò che il legislatore intende dire, cioè che l'adozione rappresenta l'extrema
ratio e che il figlio deve restare, nei limiti del possibile, nella propria famiglia, cioè
con i genitori che lo hanno messo al mondo. Si potrebbe dire che, nella seconda
ipotesi, la specificazione serve a contrapporre la famiglia naturale a quella adottiva,
mentre, nella prima, ciò non sia necessario, perché la famiglia in cui il figlio deve
essere inserito non può che essere quella dei suoi genitori e che non ce ne siano altre
da prendere in considerazione ai fini dell'attuazione del diritto riconosciutogli.
Tutto ciò porterebbe ad affermare che vi sia sempre o, quantomeno,
di regola, corrispondenza tra genitorialità, cioè l'essere genitori di un determinato
figlio, e famiglia, cioè l'essere tutti partecipi, genitori e figlio, di un’unica famiglia. In
sé, la cosa può sembrare del tutto ovvia e neppure meritevole di riflessione, ed in
effetti così è stato nel costume, come nel diritto, sino a non molto tempo fa. La
stessa Costituzione, nel definire la famiglia come “società naturale fondata sul
matrimonio” (art. 29) e nell'assicurare ai figli nati fuori del matrimonio “ogni tutela
giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima” (art.
30), evidenzia un dato apparentemente indiscutibile, cioè che la famiglia sia una,
quella fondata sul matrimonio, e che i diritti di quei figli nati appunto fuori del
matrimonio sono recessivi rispetto a quelli dei membri della famiglia legittima.
Sennonché il quadro tradizionale, per cui la famiglia è una, quella
fondata sul matrimonio, e che di essa fanno parte figli e parenti legittimi, onde si
realizza piena corrispondenza tra genitorialità e famiglia, da tempo è stato
contraddetto dal legislatore, che, specie di recente, l'ha profondamente modificato.
A ben vedere, già l'introduzione del divorzio aveva portato con sé che
nell'arco della vita della persona potessero darsi più famiglie legittime, tutte fondate
sul matrimonio, ed egualmente protette dal diritto. Ciò è meritevole di
sottolineatura, specialmente con riguardo ai figli del primo matrimonio, posto che lo
scioglimento del vincolo tra i genitori nulla cambia con riferimento alla loro
posizione: essi conservano, infatti, il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e
continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e
assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli
ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art. 337-ter c.c.). Ma come
può essere declinato nei casi in cui il genitore si sia ricostituito una famiglia, legittima
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o naturale che sia, con altro coniuge/partner ed altri figli, il diritto del figlio "di
crescere in famiglia"? È inevitabile che tale diritto si modifichi, considerato che i
suoi genitori non coabitano e che, anzi, uno di loro è giuridicamente tenuto ad
assicurare ai figli della seconda relazione il soddisfacimento del medesimo diritto.
A seguito della riforma della filiazione il panorama si è ulteriormente
complicato15.
Per apprezzare appieno le modificazioni che la recente legislazione ha
prodotto nel rapporto tra genitorialità, matrimonio e famiglia occorre considerare
che la riforma del diritto di famiglia del 1975 aveva già realizzato la parità tra i figli,
mantenendo tuttavia distinta la posizione di quelli legittimi rispetto a quelli naturali,
che, giuridicamente, non entravano a far parte della famiglia, ma mantenevano un
rapporto giuridico unicamente con il genitore che li aveva riconosciuti, senza che
detto rapporto si estendesse all'altro genitore ed ai parenti, specie quelli collaterali.
In altri termini, la relazione giuridica intercorreva tra singolo genitore e figlio, senza
che si creasse un rapporto legalmente rilevante tra i genitori naturali del comune
figlio e tra costui e i parenti dei genitori: addirittura, per il diritto, i fratelli naturali,
figli degli stessi genitori, non erano considerati dal diritto fratelli e, dunque, non
erano giuridicamente collocati in un medesimo contesto familiare: in questo senso,
una piena corrispondenza tra genitorialità e famiglia si realizzava solo nell'ambito
della famiglia matrimoniale, come si legge nel richiamato incipit del paragrafo 5 della
Relatio.
Per contro, il superamento della preesistente prospettiva risulta ben
scolpito in quella che può considerarsi la disposizione centrale dell’intera recente
riforma, enunciata dall’art. 315 del codice, rubricato “Stato giuridico della filiazione”,
il quale stabilisce che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. A ben vedere,
l’enunciazione che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico suona alla stregua di un
vero e proprio principio – così, del resto, lo definisce l’art. 2 della stessa l. n.
219/2012 – e sembra ambire ad integrarsi col testo degli artt. 29 e 30 Cost., dei
quali, invero, modifica gli equilibri sin qui in essere fra le loro variegate e articolate
proposizioni16: quasi come se il legislatore ordinario si sia cimentato in una sorta di
rilettura del testo costituzionale, capovolgendo quel procedimento che un illustre
Sulla recente riforma della filiazione cfr. M. Sesta, Stato unico di filiazione e diritto ereditario, cit., passim.
In argomento cfr. R. Biagi Guerini, Famiglia e Costituzione, Milano 1989; C. Esposito, Famiglia e figli
nella costituzione italiana, in Studi in onore di A. Cicu, II, Milano, 1951, p. 554; M. Bessone, Rapporti etico-sociali, in
Comm. Scialoja-Branca, sub art. 29-31, Bologna-Roma, 1976; A.M. Sandulli, sub art. 29 Cost., in Comm. CianOppo-Trabucchi, Padova, 1992, p. 3; E. Quadri, Famiglia e ordinamento civile, II ed., Torino 1999, pp. 7, 77; G.
Giacobbe, Il modello costituzionale della famiglia nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 2006, I, p. 481; A. Morrone,
sub art. 2 Cost., in Codice della famiglia, cit., pp. 42-43; M. Sesta, sub artt. 29, 30, 31 Cost., in Codice della famiglia,
cit., pp. 83 ss.
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Maestro, quasi cinquant’anni or sono, aveva indicato agli interpreti al fine di
armonizzare il testo del codice civile ai principi della Costituzione17.
Alla richiamata norma dell’art. 315 c.c. – e coerentemente con l’uso
del termine stato18 – si collega quella che, modificando l’art. 74 c.c., stabilisce che “la
parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel
caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è
avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. A detta
disposizione si allaccia, infine, quella che modifica il testo dell’art. 258 c.c., secondo
il quale “il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e
riguardo ai parenti di esso”19.
Dunque, in forza delle norme citate, il soggetto – una volta conseguito
lo stato di figlio a seguito della nascita da genitori coniugati, oppure del
riconoscimento o della dichiarazione giudiziale – diventa parente delle persone che
partecipano allo stipite da cui discendono i suoi genitori: egli, quindi, entra a far
parte della loro famiglia, indipendentemente dal fatto che sia stato concepito nel,
fuori o contro il matrimonio 20 ; sotto questo riguardo, vi è completa identità tra
famiglia matrimoniale e famiglia non matrimoniale, mentre, con riguardo a
quest’ultima, il figlio si trova inserito in due famiglie, quella paterna e quella materna,
tra loro non comunicanti, come sino ad ora di regola accadeva grazie al vincolo di
affinità. Poiché l’affermazione dell’unicità dello stato – salva sempre la formazione
del corrispondente titolo dello stato di filiazione – è incondizionata, così come lo è
quella che fa scaturire il vincolo di parentela dalla mera discendenza biologica, nei
casi di filiazione adulterina ed incestuosa si producono conseguenze assai peculiari.
Nella filiazione adulterina, il figlio diventa fratello (unilaterale) del figlio
P. Rescigno, Per una rilettura del codice civile, in Giur. it., 1968, IV, c. 205.
P. Rescigno, Situazione e status nell’esperienza del diritto, in Riv. dir. civ., 1973, I, p. 209, e ora in
Matrimonio e famiglia. Cinquant’anni del diritto italiano, Torino, 2000, p. 215, il quale avverte come agli stati di
coniuge e figlio “altre situazioni e rapporti si connettano, e in primo luogo la parentela e l’affinità, destinati
anche essi ad assumere pratico rilievo nel regime della famiglia e inoltre nel diritto ereditario”.
19 Riguardo alle innovazioni introdotte dalla riforma cfr. R. Picaro, Stato unico della filiazione. Un
problema ancora aperto, Torino 2013; con riguardo alla disciplina della parentela cfr. M. Velletti, La nuova nozione
di parentela, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 441, e G. Frezza, Gli effetti del riconoscimento, ivi, p. 493.
20 Sul rapporto fra parentela e famiglia cfr. S. Ciccarello, Parentela e affinità, in Tratt. Bessone, IV, Il
diritto di famiglia, a cura di T. Auletta, Torino, 2011, p. 33, il quale osserva come la dimensione propriamente
familiare si “colloca oramai in una logica nucleare che si ferma al rapporto fra i due partners e a quello genitorifigli, rimangono marginali e sono riguardati come il residuo di una civiltà al tramonto, i casi in cui rileva la
famiglia allargata, che ancora trovano applicazione in alcuni istituti del diritto agrario e in poche altre ipotesi”
(art. 230 bis c.c.). In questo quadro, “la parentela, che si qualifica come rapporto, proietta i suoi effetti
essenzialmente sul piano patrimoniale; la famiglia, invece, comunità di affetti, si propone in primo luogo in
dimensione e con contenuto prevalentemente personale”. Cfr., a riguardo, G. Campagna, Famiglia legittima e
famiglia adottiva, Milano 1966, p. 99; R. Perchinunno, voce Parentela e affinità, I, Diritto civile, in Enc. giur. Treccani,
XXX, Roma 1990, p. 1; E. Del Prato, Matrimonio, famiglia e parentela: prospettive di inizio secolo, in Diritto privato,
Studi in onore di Antonio Palazzo, II, Torino 2009, p. 227.
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matrimoniale di ciascuno dei genitori, zio dei figli dei fratelli e così via, con le
connesse conseguenze alimentari e successorie. Inoltre, in base a quanto disposto
dall’art. 316 c.c., egli è soggetto alla responsabilità dei genitori 21 , che l’esercitano
congiuntamente, in parallelo con quella che ciascuno di loro si trovi eventualmente
ad esercitare col proprio coniuge nei riguardi del figlio matrimoniale. In base alle
nuove disposizioni, il genitore coniugato, se non vuole incorrere in responsabilità,
dovrà quindi relazionarsi col figlio concepito fuori dal matrimonio ed
inevitabilmente anche con l’altro genitore ‘naturale’, col quale condivide, di norma,
ed indipendentemente dalla convivenza, la responsabilità genitoriale ex art. 316
c.c.22. In queste ipotesi, tenuto anche conto di quanto disposto dal novellato art. 252
c.c., si crea una sorta di triangolazione di rapporti, considerato che un genitore può
trovarsi tenuto a condividere la funzione genitoriale con il coniuge ed anche con
uno o più soggetti con i quali abbia generato figli, e ciò indipendentemente dalla
sussistenza di convivenza23.
Ciò vale – è il caso di rilevare – anche per il figlio nato da genitori tra
loro parenti che, in base al nuovo testo dell’art. 251 c.c., può essere riconosciuto,
previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo all’interesse del figlio e alla
necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio24. La norma ha creato scalpore,
proprio perché sembra contraddire la regola dell’endogamia, principio in primis
riferito al divieto di contrarre matrimonio tra consanguinei, ma che non può non
riflettersi sul piano della filiazione, che rappresenta una costante universale di
organizzazione della società umana25. Il profilo che si intende lumeggiare è che la
disposizione dell’art. 251 c.c., non tanto in sé considerata, quanto collegata a quelle
di cui agli artt. 74 e 258 c.c., colloca il figlio di genitori incestuosi nel novero dei loro
parenti, che tuttavia provengono da un unico stipite, così consentendo che la stessa
persona sia – rispetto al figlio – ad un tempo padre (in quanto genitore) e nonno,
ovvero padre e fratello, oppure ancora zio e fratello, in quanto rispettivamente
padre, figlio o fratello della donna che lo ha partorito. Di tali, invero sconvolgenti,
Sul tema della responsabilità genitoriale tra vecchio e nuovo sistema cfr. M. Sesta, Per l’esercizio
comune della potestà dei genitori naturali occorre la convivenza, in Fam. dir., 2012, p. 609; Id., L’unicità dello stato di
filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. dir., 2013, p. 231.
22 M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, cit., pp. 237 e 261.
23 Cfr., in argomento, M. Costanza, A margine della riforma della filiazione (legge n. 219/2012), in Iustitia,
2013, p. 121, spec. p. 125.
24 Cfr. T. Auletta, Riconoscimento dei figli incestuosi, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 475; S. Stefanelli,
Attribuzione di status e diritti del figlio incestuoso nell’ordinamento italiano, in Diritto e processo, Annuario giuridico della
Università degli Studi di Perugia, a cura di A. Palazzo, Perugia 2013, p. 337.
25 Il riferimento d’obbligo è alle pagine di C. Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, (1947),
trad. it., II ed., Milano, 2010, p. 49, secondo il quale la proibizione dell’incesto “presenta la caratteristica dei
fatti di natura, e contemporaneamente la caratteristica distintiva – che teoricamente contraddice la precedente
– dei fatti di cultura”. Cfr., altresì, ora, la suggestiva ed approfondita ricostruzione di A. Renda, Il matrimonio
civile. Una teoria neo-istituzionale, Milano 2013, p. 295.
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conseguenze – che producono una sorta di cortocircuito nel sistema della parentela
– dovrà darsi carico il giudice minorile, chiamato in queste fattispecie ad autorizzare
il riconoscimento (ovvero, la dichiarazione giudiziale di genitorialità) 26. Proprio il
caso limite dei genitori incestuosi profila delicati aspetti di compatibilità
costituzionale della novella che, seguendo la – in sé condivisibile – regola che le
colpe dei padri non ricadano sui figli, giunge consapevolmente ad approdi di incerta
coerenza con la struttura di quella società naturale – che, invero, seguendo gli
insegnamenti di Lévi-Strauss, meglio dovrebbe denominarsi “culturale” – i cui diritti
sono riconosciuti e garantiti dalla Costituzione.
Volendo riflettere sui principi costituzionali e prescindendo dai casi
particolari sopra menzionati, può dirsi, in breve, che la più significativa novità
introdotta dal legislatore del 2012 sia da individuarsi nella radicale modifica del
complessivo rapporto tra genitore e figlio non matrimoniale. In precedenza, esso era
trattato alla stregua di una relazione intercorrente esclusivamente tra genitore e
figlio, cui la legge attribuiva più o meno estesi diritti, personali, patrimoniali e
successori. Il figlio restava, però, al di fuori della famiglia del suo genitore, in quanto
il vincolo di parentela, specie in linea collaterale, non era contemplato 27 : oggi,
invece, questi – per la prima volta – entra a tutti gli effetti in famiglia, sia in quella
ristretta, in quanto fratello dei figli dei propri genitori, sia in quella estesa, quale
parente 28 . La relazione si instaura, dunque, non solo con il genitore che ha
riconosciuto il figlio (e con gli immediati ascendenti), ma con l’intera rete parentale,
sia in linea retta che collaterale. Per meglio lumeggiare tale effetto giova richiamare
quanto scriveva un insigne giurista, Alberto Trabucchi, il quale sottolineava che “la
procreazione crea un rapporto bilaterale se si tratta di procreazione fuori della
famiglia legittima; si estende agli altri se si collega al matrimonio” 29 . Mettendo a
confronto tale affermazione con le nuove disposizioni, appare subito evidente il
decisivo mutamento recato.
Alla stregua di quanto precede, sembra a chi scrive che dalle norme
sopra citate risulti radicalmente modificata la nozione di famiglia legale, che, ora,
nell'ordinamento italiano, non appare più necessariamente fondata sul matrimonio,
considerato che i vincoli giuridici tra i suoi membri dichiaratamente prescindono da
Che fu consentita dalla Corte costituzionale con la sentenza 28 novembre 2002, n. 494, in Fam.
dir., 2003, p. 119, con nota di M. Dogliotti, La Corte costituzionale interviene a metà sulla filiazione incestuosa, e in
Familia, 2003, p. 848, con nota di G. Ferrando, La condizione dei figli incestuosi: la Corte costituzionale compie il primo
passo, i cui effetti vengono ora amplificati dalla precitata disposizione in tema di parentela.
27 F. Santoro-Passarelli, Parentela naturale, famiglia e successione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, p. 27; A.
Trabucchi, Natura legge famiglia, in Riv. dir. civ., 1977, I, p. 2.
28 S. Ciccarello, Parentela e affinità, cit., p. 33.
29 A. Trabucchi, Natura legge famiglia, cit., p. 13.
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esso: come è stato scritto di recente “sembra esservi una tendenza sempre più forte
al superamento del matrimonio come luogo costitutivo degli status”30.
Il che è coerente con quanto si è sopra rilevato31, cioè che la disciplina
giuridica del matrimonio rispecchia l'avanzare di una visione privatistica delle
relazioni di coppia, che vuole valorizzate le posizioni individuali e la conseguente
perdita della vis matrimonii, destinato sempre più a diventare un'unione la cui finalità
essenziale sembra costituita dal soddisfacimento di esigenze personali, con la
correlata possibilità di rimuoverlo, anche unilateralmente, una volta che l'interessato
giudichi che tale obiettivo non sia realizzabile. Se la perdita di forza del vincolo
matrimoniale con riguardo alla coppia non è di oggi, anche se ha trovato rinnovata
evidenza nella recentissima novella in tema di divorzio breve, ben più rilevante è la
constatazione della perdita di centralità del matrimonio nella configurazione degli
status familiari e nel relativo disciplinamento giuridico32.
Si pone quindi nuovamente l’interrogativo della coerenza di tale
assetto rispetto a quanto enunciato dal comma primo dell’art. 29 Cost., che pone il
matrimonio quale elemento costitutivo della famiglia, ed anche dall’art. 30, comma
3, Cost., che assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima33. Ci rendiamo conto che
la stessa prospettazione della questione possa sembrare eccentrica, se si pensa che la
legge di cui trattasi è stata auspicata da autorevoli studiosi proprio per attuare
principi costituzionali34 ed è stata approvata con larghissime maggioranze; tuttavia, a
G. Dalla Torre, Famiglia senza identità?, in Iustitia, 2012, I, p. 129.
Cfr. supra, par. 1.
32 Cfr. M. SESTA, L’accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, cit., pp. 454 e ss.
33 Un illustre studioso (C. Esposito, Famiglia e figli nella costituzione italiana, cit., p. 554) chiarì, già
nell’immediatezza dell’entrata in vigore della Carta costituzionale, che l’art. 29 stabilisse una preferenza per la
famiglia fondata sul matrimonio, senza che ciò volesse significare che solo dal matrimonio potesse sorgere la
famiglia, bensì che solo i diritti della famiglia matrimoniale sono garantiti costituzionalmente. Egli chiarì
anche che il termine famiglia, di cui all’art. 29 Cost., fosse stato adottato in senso ristrettissimo, cosicché ne
resta delimitata l’estensione della disposizione contenuta nell’art. 30, comma 3, Cost., da ritenersi riferita
esclusivamente al coniuge e ai figli. Tali condivisibili notazioni non fugano i dubbi che sono stati prospettati
nel testo, considerato che l’estensione della parentela ai figli non matrimoniali ne comporta l’appartenenza alla
famiglia del loro genitore e, quindi, coinvolge i suoi figli matrimoniali.
34 C.M. Bianca, La legge italiana conosce solo figli, in Riv. dir. civ., 2013, p. 1; Id., La riforma del diritto della
filiazione, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 437; V. Carbone, Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam.
dir., 2013, p. 225; A. Palazzo, La riforma dello status di filiazione, in Riv. dir. civ., 2013, p. 245; C.M. Bianca, Tutti i
figli hanno lo stesso stato giuridico, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 507; F. Prosperi, Unicità dello “status filiationis” e
rilevanza della famiglia non fondata sul matrimonio, in Riv. crit. dir. priv., 2013, p. 273; e già C.M. Bianca, Dove va il
diritto di famiglia?, in Familia, 2001, p. 9, e F. Prosperi, La famiglia non “fondata sul matrimonio”, Camerino-Napoli,
1980.
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ben vedere, non pare così agevole conciliarne gli effetti con il modello costituzionale
di famiglia35.
3. Genitorialità e convivenza tra genitori dello stesso sesso
La recente riforma della filiazione ha, dunque, modificato la nozione
stessa di famiglia, che non solo non è più necessariamente fondata sul matrimonio,
ma che può sincronicamente coesistere con più famiglie, quantomeno dal punto di
vista dei figli. Inoltre, sempre a seguito della riforma, ed in specie delle nuove regole
in tema di responsabilità parentale36, la genitorialità si è staccata dal matrimonio e
dalla famiglia, se intesa in senso tradizionale, e può declinarsi in una serie molteplice
di contesti: quello della famiglia matrimoniale, della coppia separata o divorziata, ma
anche della coppia non coniugata, della persona risposata o convivente con altra
persona, della persona singola. Il ricorso a tecniche di fecondazione assistita di tipo
eterologo, oggi ammesse a seguito della recente sentenza della Corte
costituzionale 37, e talvolta praticate all'estero anche da persone singole, magari in
accordo col partner dello stesso sesso, ha ulteriormente contribuito a modificare il
rapporto tra genitorialità, matrimonio e famiglia.
In questo quadro, e per meglio apprezzarne la complessità, vanno
richiamati due recenti provvedimenti l’uno del Tribunale per i minorenni di
Bologna38, l’altro del Tribunale per i minorenni di Roma39.
La decisione bolognese è stata adottata in base alla domanda di una
madre non coniugata, residente da molti anni negli Stati Uniti, la quale ha chiesto al
tribunale di riconoscere validità nell’ordinamento italiano alla sentenza statunitense
con la quale era stata dichiarata l’adozione con effetti legittimanti di una bambina,
divenuta, così, sua figlia.
In senso contrario, F. Prosperi, Unicità dello “status filiationis” e rilevanza della famiglia non fondata sul
matrimonio, cit., p. 277, il quale ritiene che l’unificazione dello stato di figlio rispetti pienamente il dettato
costituzionale e osserva come “la negazione alla filiazione fuori del matrimonio dei rapporti di parentela con i
parenti dei propri genitori costituisca, indubbiamente, una lesione della dignità (sociale) della persona che, in
quanto valore supremo dell’ordinamento (artt. 2 e 3, comma 1, Cost.), è da ritenere sempre e comunque
inammissibile, qualunque sia lo scopo che la motivi, poiché, la dignità della persona da fine ultimo
dell’ordinamento non può mai scadere a strumento per il perseguimento di valori diversi”. In argomento si
vedano anche le considerazioni di M. Bianca, L’uguaglianza dello stato giuridico dei figli nella recente l. n. 219 del
2012, in Giust. civ., 2013, pt. II, p. 207, la quale osserva come la riforma non operi “un appiattimento
indifferenziato di tutte le forme della comunità familiare nel modello della famiglia fondata sul matrimonio”,
senza peraltro dare dimostrazione dell’assunto.
36 M. Sesta, L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi delle relazioni familiari, cit., p. 236; E. Al Mureden, La
responsabilità genitoriale tra condizione unica di figlio e pluralità di modelli familiari, cit., p. 466.
37 Corte cost., 10 giugno 2014, n. 162, cit.
38 Trib. min. Bologna, decreto 21 marzo (dep. 17 aprile) 2013, in http://www.articolo29.it/wpcontent/uploads/2014/09/Decreto-trib-min-bo.pdf; cfr., altresì, Trib. min. Bologna, 31 ottobre 2013, cit.
39 Trib. min. Roma, 30 luglio 2014, cit.
35
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I giudici, chiamati a valutare, fra l’altro, la compatibilità con l'ordine
pubblico del riconoscimento della predetta sentenza di adozione straniera e degli
effetti legittimanti dalla stessa disposti in ordine allo stato di filiazione così creatosi,
sulla base delle disposizioni della richiamata l. n. 184/1983 e delle norme di diritto
internazionale privato, hanno ritenuto che “l’adozione di una sola persona non è
preferita dalla legge ma non è certo esclusa, né è escluso che possa avere in casi
speciali effetti legittimanti; soprattutto non si può in alcun modo sostenere che il
riconoscimento degli effetti legittimanti appaia sconvolgente rispetto al sistema nel
suo complesso”; inoltre, “tale conclusione rappresenta un indubbio vantaggio
nell’interesse della minore, tenuto conto della maggiore stabilità (perché mai
revocabile) e pregnanza che l’adozione legittimante viene ad avere rispetto a quella
non legittimante (in alcuni casi revocabile e senza effetti nei confronti dei parenti
dell’adottante)”. Sulla base di tali motivazioni, la domanda della donna è stata
accolta e la minore ha acquistato, anche nell’ordinamento italiano, lo status di figlio
nato nel matrimonio, pur non rinvenendosi, nel caso specifico, alcun legame
coniugale.
Il Tribunale per i minorenni di Roma ha, invece, riconosciuto la
possibilità, per una donna coniugata in Spagna con la madre della minore in
questione, di adottare quest’ultima (ex art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983), nata
in Spagna da fecondazione eterologa, costituendo anche nei suoi confronti quel
legame giuridico di genitorialità che l’ordinamento italiano riconosce, nel caso di
specie, solo nei riguardi della madre biologica.
Rilevano i giudici che “nella nostra normativa di settore non v’è
divieto alcuno […] per la persona singola, quale che sia il suo orientamento sessuale,
ad adottare. Esclusivamente per l’adozione legittimante (nazionale e internazionale)
viene richiesto che ad adottare siano due persone unite da un rapporto di coniugio
riconosciuto dall’ordinamento italiano; ma nel nostro sistema il legislatore ha
introdotto una seconda forma di adozione – l’adozione in casi particolari –, in base
alla quale, nell’interesse superiore del minore, la domanda può essere proposta
anche da una persona singola”, e che, alla luce dei principi costituzionali e dei diritti
fondamentali garantiti dalla CEDU, risponda al preminente interesse della minore
l’accertamento, anche sul piano giuridico, del rapporto genitoriale di fatto in essere
relativamente alla donna che, pur non avendo alcun vincolo biologico con la minore
ma intrattenendo una stabile relazione con la madre, ha, sin da prima del
concepimento, insieme con quest’ultima, intrapreso e sostenuto il progetto di
maternità, ritenendola madre a tutti gli effetti, condividendo i compiti educativi e
assistenziali e partecipando dell’affetto della bambina, “ricambiandolo parimenti
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entrambe, con slancio ed abnegazione intelligente, per garantire alla minore qualità
della vita in un periodo così importante qual è l’infanzia”.
Queste decisioni si informano al convincimento, espresso dalla Corte
di cassazione 40 , secondo cui alla base delle riserve e degli allarmi da più parti
avanzati contro l’affidamento di bambini a coppie omosessuali “non sono poste
certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso
per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su
una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da
dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque,
correttamente, la corte d’appello ha preteso fosse specificamente argomentata”.
Invero, pare a chi scrive che l’affermazione della Corte debba essere
integralmente rovesciata, poiché il principio di precauzione richiede, in casi quali
quello in esame, la massima prudenza, per evitare dannose fughe in avanti e vere e
proprie sperimentazioni su quegli esseri umani che il diritto proclama titolari di
interessi superiori, sovraordinati a quelli degli adulti, che invece, in concreto,
risultano privilegiati dalle decisioni in rassegna.
4. Congedo
In conclusione, la richiamata riforma della filiazione, ed altresì i
recenti interventi legislativi e giurisprudenziali in materia di separazione, divorzio e
procreazione medicalmente assistita, pur nella loro diversità di ambito, testimoniano
come sia concreto il "pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che
snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia
come un'isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce
secondo i propri desideri come un assoluto" di cui si legge al paragrafo 5 della
Relatio. Un pericolo che, a sommesso avviso di chi scrive, va fronteggiato operando
in positivo nella realtà socio-culturale, piuttosto che confidando nei deboli strumenti
del diritto.
KEY WORDS: family law, marriage, parent-child relationship, separation and divorce, new family
models.
ABSTRACT: The paper analyzes the connection between parenting, marriage and family in light
of the recent legislative reform of Filiation Law, Separation Law and Divorce Law. Despite the fact
that these reforms affect different areas of law, all of them testify the progressive loss of exclusivity
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Cass. civ., 11 gennaio 2013, n. 601, cit.
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and prestige of the family founded on marriage, as well as the correlative acceptance of alternative
family models. The reform of Filiation Law erased the historical distinction between "legitimate"
and "natural" children, so that every child has the same legal status, regardless of the marriage
bond between the parents. Meanwhile, the other reforms greatly expanded the autonomy of
spouses in modifying or terminating the effects of the marriage, through the possibility to obtain
separation or divorce by mutual consent without judicial proceeding, in a very short time. These
reforms raise the question of the coherence of this new structure with regard to what is stated in
art. 29, paragraph 1 of the Constitution, that conceives marriage as a constitutive element of the
family, and also in art. 30, paragraph 3 of the Constitution, that ensures to children born from
unmarried parents legal and social protection "compatible with the rights of members of the
legitimate family".
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