Il collaudo dell`impianto

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Il collaudo dell`impianto
Progetto: “Produzione ed estrazione di coloranti naturali da residui della produzione del pomodoro e colture cellulari
fotosintetiche” – BIOCOLOR – CUP: G66D11000470009 - Progetto finanziato con fondi del PSR Sicilia 2007-2013 – Misura
124: Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare, e in quello
forestale.
Newsletter 3
Progetto Biocolor: è stato realizzato l'impianto sperimentale per la produzione di licopene e
clorofilla
Il 2 ottobre del 2013 presso i locali della GelaFruit sono stati effettuati i collaudi dell’impianto per
la produzione di coloranti naturali.
Il Progetto Biocolor, finanziato dal PSR Sicilia 2007/2013 - Misura 214 “Cooperazione per lo
sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare, e in quello
forestale”, prevede l’estrazione di sostanze coloranti da due fonti: gli scarti (principalmente bucce)
della lavorazione del pomodoro e la coltura in appositi impianti di microalghe Spirulina. Per
raggiungere questo obiettivo il programma è passato attraverso tre precedenti fasi progettuali:
• WP1: Selezione e messa a dimora di linee di pomodoro ad elevato contenuto di licopene e
standardizzazione della produzione
• WP2: Progettazione, realizzazione e collaudo di un impianto a scala pilota precompetitiva
per la produzione di colture unicellulari fotosintetiche ricche in coloranti
• WP3: Realizzazione di un impianto a scala pilota per il pretrattamento delle biomasse
vegetali ed algali e delle frazioni solide ottenibili dai residui del pomodoro ed estrazione e
conservazione del prodotto.
Il prototipo, che prevede l’integrazione di
tutte le fasi di trattamento in un unico
sistema multi-funzione, è in grado di
trattare gli scarti della lavorazione del
pomodoro e, insieme, di produrre le alghe
per
successivamente
lavorarle
per
l’estrazione dei coloranti naturali.
L’impianto, come espressamente previsto
dal Progetto Biocolor, è sperimentale e
L'impianto sottoposto a collaudo
impianto produttivo competitivo sul mercato.
come tale non può essere considerato un
Progetto: “Produzione ed estrazione di coloranti naturali da residui della produzione del pomodoro e colture cellulari
fotosintetiche” – BIOCOLOR – CUP: G66D11000470009 - Progetto finanziato con fondi del PSR Sicilia 2007-2013 – Misura
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Le principali funzioni dell’impianto L’impianto è stato progettato e disegnato per la produzione di biomasse fotosintetiche (microalghe
unicellulari) e il successivo trattamento in seguito a operazioni di filtrazione, essiccazione ed
estrazione di sostanze quali la clorofilla ed, eventualmente, le ficocianine. Inoltre, l’impianto è in
grado di effettuare la lavorazione degli scarti di pomodoro derivanti dalle industrie agroalimentari
per l’estrazione del licopene.
Lo schema di funzionamento dell'impianto
La produzione di biomasse fotosintetiche consiste nella coltivazione di microrganismi unicellulari
fotosintetici in condizioni controllate di insufflamento aria, di nutrienti, temperatura, pH e
illuminazione, partendo da inoculi precedentemente selezionati e sufficientemente concentrati.
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fotosintetiche” – BIOCOLOR – CUP: G66D11000470009 - Progetto finanziato con fondi del PSR Sicilia 2007-2013 – Misura
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La raccolta delle biomasse microalgali è svolta eseguendo una filtrazione di tipo meccanico
attraverso una rete filtrante sottoposta a vibrazioni (il macchinario utilizzato viene detto
vibrovaglio).
Successivamente, la fase di essiccazione permette di disidratare la biomassa in modo tale da ridurne
il contenuto d’acqua. In questo modo è possibile sottoporre l’alga secca al trattamento di estrazione
aumentando in modo considerevole il rendimento del processo estrattivo.
La produzione di licopene prende il via dagli scarti della lavorazione del pomodoro provenienti
dalle limitrofe attività conserviere. Qualora non fossero disponibili gli scarti di pomodoro
(prevalentemente bucce e semi) si procede con l’attivazione dell’unità di lavorazione del pomodoro
durante il quale i pomodori vengono trattati per mezzo di una macchina passatrice, così come si è
proceduto nella fase sperimentale di collaudo dell’impianto.
Anche gli scarti di pomodoro sono sottoposti al trattamento di essicazione, che permette di
eliminare l’eccesso d’acqua contenuta in essi e di ottimizzare il rendimento della successiva fase di
estrazione.
L’estrazione è la fase finale del trattamento ed è comune agli scarti di pomodoro e alle masse algali
essiccate. Si otterranno così, licopene ed eventuali altre sostanze di interesse dalle microalghe.
La descrizione dell’impianto Descritto il funzionamento generale dell’impianto, passiamo ora a esaminare più in dettaglio le
diverse componenti l’impianto.
L’impianto è costituito da una serie di unità indipendenti:
Unità di produzione della biomassa algale. Si tratta di quattro fotobioreattori alloggiati
su una struttura metallica portante. Tale unità è attrezzata con tutti i servizi necessari per
favorire e garantire la crescita dei microrganismi fotosintetici.
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Unità di filtrazione della biomassa algale. L’unità è costituita da un vibrovaglio che
permette di separare la biomassa algale in due flussi: un flusso di biomassa concentrato
(che sarà poi avviato alle successive fasi di essiccazione e di estrazione) e un flusso di
liquido chiarificato (che sarà poi avviato all’unità di stoccaggio).
Unità di stoccaggio del liquido chiarificato e dei sali nutrienti (miscela di Zarrouk).
L’unità è costituita da un serbatoio in polietilene della capienza di 1.000 litri.
Unità di lavorazione del pomodoro. L’impianto è pensato per il trattamento di scarti
della lavorazione del pomodoro che sono direttamente forniti dalle industrie limitrofe di
lavorazione del pomodoro. Qualora, per motivi di diversa natura, l’impianto dovesse
essere sprovvisto di scarti di lavorazione si può procedere all’attivazione dell’unità di
lavorazione del pomodoro che prevede la passatura di pomodoro fresco tramite una
passatrice meccanica.
Unità di essiccazione, costituita da un armadio essiccatore per la disidratazione della
biomassa algale e degli scarti di pomodoro.
Unità di estrazione, costituita da un estrattore per l’ottenimento del licopene dagli scarti
del pomodoro e di eventuali altre sostanze di interesse dalle microalghe.
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I fotobioreattori I fotobioreattori costituiscono la parte più affascinante dell’impianto.
Quattro cilindri che sembrano tratti da un film di fantascienza: sono contenitori in plexiglass alti più
di un metro e mezzo e larghi 50 cm che possono contenere 240 litri ciascuno. Ognuno contiene al
suo interno sei colonne che racchiudono le lampade per l’illuminazione. Un’altra colonna posta al
centro consente il passaggio delle utenze destinate
al funzionamento dell’impianto.
Collocati su di una base metallica, fanno parte di
un
apparato
che
è
in
grado
di
gestire
autonomamente tutte le fasi di coltura delle
microalghe, potendo fornire:
•
•
•
Luce, per mezzo di lampade a neon;
Anidride carbonica, tramite insufflaggio di
aria;
Terreno di coltura, tramite acqua arricchita di
sali nutrienti.
I fotobioreattori
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I fotobioreattori non vengono messi in produzione tutti contemporaneamente, ma viene seguito un
processo di messa a regime che consentirà di disporre di una produzione a ciclo continuo,
consentendo così di evitare interruzioni di utilizzo dell’impianto.
Gli schemi che seguono illustrano il processo di inoculo del primo fotobioreattore, sino alla messa a
regime dell’intera batteria dei fotobioreattori:
Si fornisce un inoculo per un primo
fotobioreattore. Il fotobioreattore è
illuminato da 2 lampade a neon 24 ore al
giorno. Nel serbatoio è stoccata la miscela
di sali nutrienti (lo Zarrouk) in quantità
sufficiente per l’intera fase di messa a
regime dell’impianto (circa 750 litri)
Si esegue lo smezzamento della coltura
del PBR 1 nel PBR 2. Lo smezzamento
viene eseguito senza l’ausilio di pompa
sfruttando il principio dei vasi comunicanti.
Si procede con l’integrazione di sali
nutrienti (miscela di Zarrouk) fino a quota
240 litri.
Si procede con l’apertura della valvola che
consente di insufflare aria anche nella
coltura microalgale del PBR 2 e si
accendono due lampade a neon del PBR 2
lasciandole accese 24 h al giorno.
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Dopo due settimane dall’inoculo, aprendo e
chiudendo apposite valvole, si dimezza il
contenuto dei PBR 1 e 2 rispettivamente
nei PBR 3 e 4. Anche in questo caso si
lascia scorrere la coltura per principio dei
vasi comunicanti.
Si procede con l’integrazione di sali
nutrienti (miscela di Zarrouk) fino a quota
240 litri.
Aprendo delle valvole si insuffla aria anche
nella coltura microalgale dei PBR 3 e 4.
Ora tutti i fotobioreattori sono stati inoculati
e sono pronti per la produzione.
La fase di preparazione e di messa a
regime è complessa e delicata, ma,
seguendo con attenzione e scrupolo le
procedure, l’impianto garantisce da questo
momento la produzione di Spirulina.
Le sostanze nutrienti che si aggiungono all’acqua prendono il nome di “Zarrouk”. In che cosa
consiste il Zarrouk?
La miscela di Zarrouk è una soluzione di sali nutrienti e acqua elaborata dal chimico C. Zarrouk nel
1966. Viene utilizzata come terreno di coltura per la crescita dei microorganismi fotosintetici.
Essa è già predisposta in confezioni di sali nutrienti e di micronutrienti che vanno disciolti in
proporzioni prestabilite in acqua all’interno dell’apposito serbatoio di stoccaggio
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Qui di seguito la “ricetta” del Zarouk:
Quelle che seguono sono immagini del processo di messa a regime dell’impianto di produzione di
Spirulina.
Inoculo nel primo fotobioreattore
Primo smezzamento
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Primo smezzamento - ripristino livello
Secondo smezzamento - ripristino livello
Secondo smezzamento
L’impianto messo a regime
L’unità di filtrazione L’unità di filtrazione è basata sulla filtrazione meccanica tramite passaggio di un flusso attraverso
una rete filtrante. Tale operazione permette la separazione della coltura microalgale proveniente dai
PBR in due flussi distinti:
• Il liquido chiarificato, cioè il liquido che attraversa la rete filtrante;
• La “marmellata d’alga” che viene avviata al trattamento successivo.
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Schema delle componenti l’unità di filtrazione
Elemento principale dell’unità di filtrazione è il
vibrovaglio.
Il vibrovaglio è un sistema che combina il
movimento del flusso attraverso una tela filtrante
(movimento verticale indotto dalla forza di
gravità) con il movimento del flusso lungo la tela
filtrante (movimento orizzontale/rotativo indotto
dalle vibrazioni). In questo modo la biomassa
algale ha più tempo per sostare sulla rete filtrante,
Il vibrovaglio in funzione
aumentando così le prestazioni di separazione del
sistema. In fase di impianto a regime è prevista la
filtrazione di circa un quarto di coltura algale al
giorno per ogni PBR, ottenendo così 60 litri da
filtrare per PBR, per il totale di 240 litri da filtrare
giornalmente.
La coltura algale prelevata da un determinato
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fotobioreattore viene vagliata nel vibrovaglio e
separata dal liquido chiarificato per essere raccolta
all’interno di un sacchetto di taffetà e poi essere
avviata alle successive fasi di lavorazione.
Durante la fase di filtrazione la vaschetta dello
scarico
del
vibrovaglio
si
va
riempiendo
progressivamente con il liquido chiarificato. Se si
effettua la ricarica con il liquido chiarificato, ogni
qualvolta che la vaschetta di raccolta del liquido
L’espulsione del liquido chiarificato
chiarificato risulti piena lo si convoglia tramite
pompa al serbatoio di filtrazione, dove sarà stoccato in attesa della successiva fase di ricarica. Se si
effettua la ricarica con lo Zarrouk il liquido chiarificato viene direttamente eliminato tramite pompa
e avviato al pozzetto di scarico.
La ricarica dei bioreattori
Ogni volta che si svuota parzialmente un bioreattore per prelevarne
l’alga da avviare alla filtrazione, occorre ripristinarne il livello
originario, immettendo 60 litri di liquido chiarificato ricavato dalla
fase di filtrazione. Tuttavia, per ottimizzare la produzione algale,
dopo cinque reintegri di livello effettuate con il liquido chiarificato
è prevista una ricarica con Zarrouk che sarà preparata e stoccata nel
Alternanza dei reintegri
serbatoio di stoccaggio.
L’unità di essiccazione L’essiccazione è una fase comune al processo di lavorazione dell’impianto:
che si tratti di scarti di pomodoro o di massa algale, ci si trova avanti a
materiali
ancora
troppo
carichi
di
umidità
convenientemente trattati nella fase di estrazione.
per
poter
essere
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L’armadio essiccatore contiene 20 vassoi e un riscaldatore portatile per la disidratazione degli scarti
del pomodoro e della biomassa microalgale.
Ovviamente, bisogna prestare molta cura nello stendere la massa algale e gli scarti di pomodoro nei
vassoi dell’essiccatore: occorre distribuirli uniformemente in un solo strato, evitando l’ammasso del
materiale, che non consentirebbe una buona essiccazione nei tempi programmati.
Sistemazione della massa algale nei vassoi
Sistemazione degli scarti di pomodoro nei vassoi
Otterremo così i residui secchi dell’alga e del pomodoro.
Bucce di pomodoro essiccate
Microalga Spirulina essiccata
Mentre per ottenere il licopene è necessario sottoporre gli scarti secchi a un’ulteriore lavorazione,
l’estrazione, la biomassa microalgale secca, in seguito a frantumazione per ottenerne una polvere
finissima, può essere direttamente utilizzata come colorante verde alimentare. Tuttavia, anche la
microalga necessita di ulteriori lavorazioni per ottenere altre sostanze. Da progetto è previsto che
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l’unità di estrazione sia adibita all’estrazione del licopene dai pomodori. Si verificherà in una
successiva fase di up-grading dell’impianto la possibilità di svolgere, con lo stesso macchinario,
anche l’estrazione delle ficocianine dalla biomassa algale. Nello specifico si dovranno fare
valutazioni di carattere economico e gestionale poiché, mentre per l’estrazione del licopene dagli
scarti del pomodoro si utilizza come solvente la semplice acqua, per eventuale estrazione della
ficocianina dalla biomassa microalgale occorre utilizzare come solvente l’alcool.
L’unità di estrazione La fase di estrazione delle sostanze di interesse del processo (licopene) avviene tramite l’uso di un
estrattore Naviglio.
L'estrattore funziona alternando una fase di statica a una di dinamica; durante la fase di statica il
solvente estraente viene portato alla pressione di circa 5-7 bar e tenuto in questo stato per un tempo
sufficiente a raggiungere un equilibrio tra la pressione del liquido all’esterno della matrice solida e
il liquido all’interno di essa; alla fase di statica segue una fase di dinamica che è prodotta da uno
spostamento
repentino
dei
pistoni
che
contribuisce
Schema di funzionamento dell’estrattore
a
ridurre
la
pressione.
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E’ in questo momento che si realizza l'estrazione della matrice solida, resa possibile da una
differenza di pressione che si genera tra l’interno e l’esterno del campione (Principio di Naviglio).
Le sostanze estraibili del solido, a ogni ciclo di estrazione, vengono trascinate via per un vero e
proprio effetto di "risucchio". La fase di dinamica consente inoltre un rimescolamento rapido e
completo della matrice solida e una diffusione istantanea delle sostanze estratte in tutta la massa del
liquido evitando così dei fenomeni di sovrasaturazione locali.
In pratica, il procedimento prevede l’introduzione degli
scarti secchi di pomodoro in un sacchetto con maglia da 50
µm, in dotazione con l’estrattore. Si introduce il sacchetto
nella camera dell’estrattore e si avvia la macchina.
Dopo il carico del liquido da parte della pompa la macchina
inizia il ciclo di lavoro. A fine ciclo la macchina provvede
allo scarico del liquido all’interno del serbatoio di scarico.
Conclusa la fase di scarico si può aprire il coperchio,
estrarre il sacchetto e svuotare il serbatoio di scarico.
Premendo infine il tasto “lavaggio” sul pannello di
controllo, la macchina provvede allo scarico del liquido
all’interno del serbatoio di scarico.
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L’estrattore Naviglio in dotazione all’impianto
Abbiamo così ottenuto il liquido contenete i
cristalli di licopene, che dovrà essere ancora
sottoposto
similarmente
a
filtrazione
a
quanto
ed
è
essiccazione,
stato
descritto
precedentemente per le fasi di filtrazione ed
essiccazione.
Volendo, partendo dalla clorofilla essiccata,
potremo ottenere, oltre all’estratto di clorofilla,
anche l’estratto di ficocianina, utilizzando come
solvente l’alcool invece dell’acqua.
Gli estratti di clorofilla e di ficocianina
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Concludendo, il processo di lavorazione degli scarti di pomodoro e della massa algale dell’impianto
realizzato dal Progetto Biocolor consentono di ottenere diverse sostanze utilizzabili, oltre che come
coloranti alimentari, anche come additivo per l’alimentazione animale, nella cosmesi, nel settore
nutrizionale e terapeutico.
Le caratteristiche di maggiore biodegradabilità e compatibilità ambientale che caratterizzano i
coloranti di origine naturale stanno aprendo nuove opportunità di impiego in diversi settori
industriali che tradizionalmente si rivolgono a materie prime provenienti da sintesi chimica.
È un settore economico in rapida crescita, che apre nuove opportunità per l’integrazione del reddito
aziendale delle imprese agricole e agroalimentari.
La galleria fotografica Offriamo qui di seguito una selezione fotografica di alcuni momenti della giornata di collaudo
dell’impianto del Progetto Biocolor.
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