Slide - Paolo Lattanzio, Blog
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Management dell’innovazione tecnologica Lezione 13 Prof. Paolo La8anzio [email protected] www.paolola8anzio.net Argomen= • Collaborazione: DistreC – Cluster – Network • Interpretazione del processo innova=vo • Modelli di Schumpeter Possibili finalità strategiche dell’innovazione • Migliorare la qualità dei prodoC • Incorporamento di nuovi materiali • Risposta alle mosse di concorren= • Ingresso in nuovi merca= • Adeguamento a nuove norma=ve I network collabora.vi I network collaborativi svolgono un ruolo importante nella realizzazione di innovazioni di successo Possono presentarsi in varie forme: joint venture concessione di licenza (licensing) associazioni di ricerca programmi di ricerca congiunti sponsorizzati network per lo scambio di conoscenze network informali Si me8ono in comune risorse: DVD + Le8ori, Palm computer e licenze per SO Le 3 =pologie di collaborazione • Proge8azione interna all’impresa e coinvolgimento del fornitore in fasi preliminari; proge8azione strategica e non decentrabile: impresa possiede competenze • Proge8azione congiunta: non si rinuncia alla proprietà dell’innovazione, ma si ampliano le competenze con quelle del fornitore • Proge8azione di un componente totalmente affidata al fornitore (decentramento): il fornitore oCene economie di scala e possiede competenze ed esperienze superiori all’impresa Fon. di innovazione interne ed esterne Le fonti di innovazione interne ed esterne sono complementari Le imprese che svolgono R&S interna fanno al contempo molto ricorso alle reti di collaborazione esterna La R&S in-house contribuisce a costruire la capacità di assorbimento dell’impresa consentendo un apprendimento e un uso più efficace della conoscenza acquisita da fonti esterne. Prossimità fisica • Società della conoscenza • Velocità circolazione dell’informazione MA • Vicinanza: scambi direC, condivisione conoscenza tacita, fiducia, norme e consuetudini comuni • EffeC virtuosi: nascita nuove imprese, aCra nuove imprese, prodoC complementari, indo8o, alta specializzazione, a8raCvità, servizi: Economie di agglomerazione Le strategie di collaborazione per l’innovazione In caso di concorrenti multipli – ovvero di imprese che si confrontano in più aree di business – il confine tra concorrenti e produttori di beni complementari diventa vago. Ad esempio, Kodak e Fuji sono concorrenti nel mercato delle pellicole fotografiche. Fuji però rappresenta anche un produttore di un bene complementare per Kodak nel mercato delle macchine fotografiche. Cluster Spill‐over • È una rete di imprese connesse fra loro e is=tuzioni associate operan= in determina= campi, concentrate territorialmente che competono e cooperano tra loro • Meccanismi di diffusione della conoscenza: verso altre aziende e verso territorio • Sono esternalità posi=ve Gli spillover tecnologici Gli spillover tecnologici si manifestano quando i benefici delle attività di ricerca di un’impresa (o di un’altra istituzione oppure di un cluster o di una regione) si riversano su altre imprese (istituzioni, cluster o regioni) Fattori che sembrano incidere sugli spillover tecnologici L’efficacia dei meccanismi di protezione dell’innovazione (quali brevetti, marchi e segreti commerciali) La natura della base di conoscenze necessarie per condurre i processi di innovazione (la conoscenza tacita non si diffonde facilmente all’esterno dell’azienda) Il grado di mobilità del capitale umano Clustering dipende da • Natura della tecnologia • Cara8eris=che del se8ore • Densità della specializzazione disponibile • Is=tuzioni • Cultura locale • Capitale sociale • Risorse umane Interazioni Formazione e ricerca scien=fica Clien= Fornitori Sistema finanziario Impresa innova=va Poli=che tecnologiche I cluster tecnologici • Sono re. di imprese connesse tra loro e di is.tuzioni associate operan= in determina= campi, concentrate territorialmente, dove competono e allo stesso tempo cooperano, collegate da elemen= di condivisione e di complementarità. L’ambito territoriale può variare da area urbana fino a intero Paese, o perfino a8raversare i confini nazionali (come il distre8o biotecnologico dell’Oresund, fra Svezia e Danimarca) I cluster tecnologici I cluster con un elevata produttività dei processi di innovazione possono innescare un circolo virtuoso: • stimolando la nascita di nuove imprese nell’area e attraendone altre già esistenti • incentivando lo sviluppo di mercati di fornitura e di distribuzione per soddisfare le esigenze del cluster • attirando risorse umane più specializzate incoraggiando il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi per la comunità L’intensità del processo di concentrazione territoriale delle attività innovative (clustering) dipende da fattori quali: La natura della tecnologia le caratteristiche del settore il contesto culturale della tecnologia Oltre 50 progetti Da 25 a 50 progetti Da 10 a 24 progetti Da 4 a 9 progetti Meno di 4 progetti Oltre 40 progetti Da 5 a 7 progetti Da 3 a 4 progetti Da 1 a 2 progetti Interazioni ver=cali: clien=/fornitori • • • • Fon= dell’innovazione Tecnologia incorporata in beni/componen= Apprendimento interaCvo Domanda qualificata • • • • relazioni stabili, fiducia ‐ minore incertezza ‐ minori cos= di transazione ‐ codici, linguaggi comuni conoscenza tacita Concentrazione aCvità innova=ve • Vantaggi da agglomerazione: ‐ Specializzazione flessibile ‐ Esternalità sta.che ‐ Esternalità dinamiche • Specializzazione flessibile – Prossimità (geografica e culturale) riduce i cos= di transazione e favorisce la specializzazione • Forte divisione del lavoro tra imprese • Integrazione di fasi produCve, abilità e competenze entro il sistema piu8osto che ver=calmente entro l’impresa Economie esterne (Esternalità) • Vantaggi compe==vi che originano all’esterno dell’impresa ma all’interno del territorio, Sta.che (“marshalliane): • Riduzione cos=: • accesso a mercato di fa8ori produCvi specializza= (Macchinari, componen=, servizi con maggiore varietà e/o minore costo) • Lavoro: Minori cos= di ricerca e di formazione on‐the‐job, Servizi di supporto, “customisa=on” • Accesso ad informazione specifica sulla domanda e sui merca=; • Accesso a capitale fisso “sociale”: Infrastru8ure di comunicazione, trasporto energia, Is=tuzioni e beni pubblici (scuole, centri servizi, associazioni); Incen=vi “sociali” all’efficienza (peer pressure, pres=gio sociale, facilità di confrontare i risulta=) Fa8ori per la crescita di un distre8o • RUOLO DEL PUBBLICO • Poli=che di governo per favorire aziende in termini di cos= e inves=men= in istruzione e formazione • Capacità e possibilità di indirizzare lo sviluppo del distre8o su se8ore strategico negli anni futuri, creando presuppos= per vantaggio compe==vo • RUOLO DELL’UNIVERSITA’ • Approfondita formazione universitaria e di ricerca • Trasferimento tecnologico Fa8ori per la crescita di un distre8o • RUOLO DELLE AZIENDE • Sviluppare capacità imprenditoriali e organizza=ve • Ingen= fondi di finanziamento iniziali concentra= su un unico obieCvo specifico (Silicon Valley: industria dei semicondu8ori) • Presenza di intermediari (consulen=, facili=es) che agevolano lo scambio di informazioni tra aziende e all’esterno rendendo variabili mol= cos= tradizionalmente fissi (ad es. consulenza legale, outsourcing amministra=vo) • La presenza di una industria rilevante che in fase iniziale svolge il ruolo di catalizzatore Fa8ori per la crescita di un distre8o • RUOLO DELLA RETE • Cooperazione e interdipendenza con altri distreC • Prossimità geografica del mercato di riferimento • Sistema industriale frammentato che riduce barriere all’entrata e incoraggia sperimentazione e vede l’emergere di grandi aziende capaci di aumentare l’effe8o mol=plicatore (brand della zona, creazione di una classe di managers, stabilizzazione della domanda) C’è Sassuolo e il distre8o delle piastrelle di ceramica per l’Italia come case‐study principale ma nel “viaggio” di Porter a8raverso l’Italia emergono mol= altri cluster Il Cluster a' la Porter (1990) è un fenomeno diffuso in mol= paesi industrializza=. Il caso della Germania La storia prosegue Arriva poi il momento del “viaggio” del Sole 24 Ore nei sistemi produCvi italiani Il distretto del biotech a Milano Conta il 49% delle imprese nazionali e il 72% degli addetti del settore Nasce a seguito della crisi dell’industria farmaceutica negli anni Novanta dai processi di concentrazione e di dismissione delle grandi multinazionali Le risorse finanziarie provengono da venture capitalist internazionali e dalle istituzioni pubbliche Il caso Brembo LA STORIA Brembo è un’impresa italiana leader mondiale nella tecnologia degli impianti frenanti a disco. Nasce come azienda familiare a carattere quasi artigianale e nel corso del tempo conquista traguardi sempre più importanti: nel 1965, diventa fornitore Alfa Romeo a partire dal 1972, con una fornitura per la MotoGuzzi, il marchio Brembo compare per la prima volta sulle motociclette. nel 1975 Enzo Ferrari sceglie i freni dell’azienda bergamasca per equipaggiare le vetture della scuderia in Formula1. attualmente a Brembo si sono affidati nella Formula 1, oltre a Ferrari, scuderie come Toyota, BMW-Sauber, Toro Rosso, Red Bull, Honda e nel campo motociclistico, tutti i principali costruttori: Honda, Suzuki, Yamaha, Kawasaki, Ducati, Aprilia, KTM. Il caso Brembo LE FONTI DELL’INNOVAZIONE: I clienti • La partnership con Ferrari nello sviluppo dell’innovazione era stata decisiva per entrambe le imprese: ha permesso di sviluppare una tecnologia più raffinata ed esclusiva, migliorando sia le prestazioni di frenata, il comfort e la durata dei materiali, oltre che il peso complessivo del mezzo. • Nel 2007, Brembo aveva cominciato a collaborare con il primo produttore mondiale di auto, Toyota. Le risorse umane Brembo è un’impresa giovane, dinamica, con dipendenti molto motivati. Il caso Brembo Gli elementi di fondo della strategia di Brembo: adottare un processo industriale integrato verticalmente essere competitive nel mercato globale attraverso la focalizzazione verso segmenti di nicchia sviluppare relazioni di collaborazione con partner prestigiosi e crescere attraverso accordi e acquisizioni. ridisegnare la geografia della costellazione del valore, delocalizzando le produzioni standard e concentrando le fasi nobili della catena. puntare sull’innovazione di prodotto, realizzata grazie ai cospicui investimenti in ricerca tecnologica. scommettere sul Parco scientifico e tecnologico Kilometro Rosso. L’azienda ha deciso di concentrare nel Parco il suo patrimonio di conoscenze nella progettazione, ideazione, sperimentazione di prodotti innovativi e materiali avanzati attraverso processi di fertilizzazione incrociata fra la rete di istituzioni e di imprese. Il caso Ferrari – Ferrari è il marchio italiano più conosciuto la mondo – Il fondatore, un innovatore come Enzo Ferrari che del suo mestiere parlava come di “costruire sogni per i matti” – La prima vettura di nome Ferrari nacque nel 1947 (la 125 Sport) – Esclusività, lusso e alto livello tecnologico sono i fattori chiave che differenziano il prodotto Ferrari Il caso Ferrari Gli elementi di fondo della strategia dell’innovazione Ferrari: - La massa critica di investimenti in innovazione I forti investimenti in R&S mostrano un costante orientamento verso la ricerca applicata - Le relazioni di collaborazione per lo sviluppo dell’innovazione tecnologica Con Alenia Spazio e Augusta, per esempio, Ferrari esplora le frontiere dell’aerodinamica e sperimenta materiali innovativi; con Bridgestone ricerca migliori prestazioni per i pneumatici; con Brembo sviluppa i sistemi frenanti; con Magneti Marelli è impegnata nel miglioramento dei sistemi di accensione e della strumentazione elettronica di bordo Il sistema innova=vo Sistemi Innova=vi Regionali Approccio “recente” ‐ emergere cluster industriali regionalmente cara8erizza= (anche nell’high tech; moda, alimen=, etc) ‐ promozione di cluster industriali per lo sviluppo economico ‐ crescente decentralizzazione (devoluzione) del potere poli=co e territorializzazione di programmi ed en= ‐ domanda di governance locale per la compe==vità globale Hi‐tech cluster: gli abilitatori fondamentali Hi‐tech Cluster Università: ricerca ed alta formazione Pubblico: commiQenza, finanziamento, deregolamentazione, strategia Azienda: management, competenza di business, capitali priva. Silicon Valley: da= sinte=ci • Composizione: sistema industriale frammentato e specializzato; coesistenza di grandi e piccole aziende; le aziende più grandi sono fonte di start‐ up. Estensione: un raggio di 60 Km • Popolazione: 1.600.000 abitan= nell’area della SV; in USA, 82 tra scienzia=, ingegneri e tecnici della R&S per 10.000 unità di forza lavoro; in SV, 29.3% lavoratori hi‐tech sul totale forza lavoro • Aree di sviluppo: semicondu8ori, ele8ronica, PC, ICT Silicon Valley: università • Il contributo della Stanford University fu necessario; Stanford ha orientato la formazione verso le esigenze espresse dal mercato. In par=colare: – ha fornito ai ricercatori importan= suppor= finanziari, u=lizzando fondi federali – ha fornito alle aziende capitale intelle8uale altamente specializzato – ha favorito la comunicazione tra aziende e mondo accademico Silicon Valley: aziende e VC • La spinta iniziale alla nascita di aziende fu data dal se8ore militare • Le aziende grandi sono fonte di start up (da Intel e Fairchild sono nate 80 aziende di semicondu8ori; il 70% di fondatori di società a rapida crescita provengono da società già affermate) • La maggioranza delle start up sono finanziate da Venture Capital • La ricerca delle aziende è più mirata alla sperimentazione e all’ “hands‐on engineering” che agli aspeC teorici (ricerca applicata) • Cara8eris=ca peculiare è stata quella di imparare a ges=re la scienza e le scoperte scien=fiche per scopi commerciali (si crea una classe di “technology managers”) Silicon Valley: pubblico • L’intervento del Governo fu significa=vo in molte decisioni di inves=mento e di successi commerciali. • In par=colare, lo Stato fu: – finanziatore della ricerca: fece fluire verso l’industria mol= finanziamen= per la R&S (incen=vi governa=vi per la ricerca nell’ambito della Difesa; nel 1999, 34.5 miliardi di $ fu il budget del Governo per la R&S) – commi8ente: a8raverso commesse militari ad aziende hi‐tech (es. miniaturizzare i circui= ele8ronici per scopi militari) Silicon Valley: lezioni • Lo sviluppo della tecnologia a8raverso grandi aziende ha consen=to la formazione di una classe di manager della scienza e lo sviluppo della capacità di trasformare la scienza in business • Ingen= finanziamen= iniziali da parte del se8ore pubblico • Ampio spazio alla formazione di talen= tecnologici • Fu importante per SV aver puntato, grazie al commi8ente militare, su un se8ore commercialmente strategico negli anni a venire (semi condu8ori) creando i presuppos= per un forte vantaggio compe==vo Possibili svantaggi della collaborazione/alleanze ObieCvi divergen= o difficoltà di coordinamento Difficoltà nell’integrazione delle stru8ure Problemi di comunicazione Insufficienza dell’absorp=ve capacity, ossia della capacità di saper interpretare le informazioni provenien= dall’esterno • Diverso potere contra8uale • Comportamen= opportunis=ci • Sindrome del “not invented here” (rifiuto =pico di un’unità di proge8azione molto coesa e che lavora insieme da tempo) • • • • Joseph Schumpeter • Primo ad approfondire il ruolo delle innovazioni nelle economie industriali (Capitalism, Socialism and Democracy) • Per lui l’imprenditore è la figura di collegamento tra scienza e mercato, ma con il lancio dell’ output innova=vo nasce tu8a una serie di imitatori che copiano il prodo8o e determinano una flessione delle rendite originarie per cui saranno indispensabili altre innovazioni per indurre nuovi posizionamen= nel mercato, nuove profi8abilità e nuove rendite. • Ne nasce una compe=zione dinamica che chiama distruzione creatrice per la quale lo sviluppo economico si realizza con la distruzione dei fruC del vecchio processo e con la creazione di nuovi asseC. Le 5 =pologie di innovazione ‐ Innovazione è introduzione di “nuove combinazioni” che conducono ad almeno una delle seguen= alterna=ve: 1. Introduzione di nuove merci (innovazioni di prodo8o) 2. Cambiamen= nelle tecniche di produzione di merci già esisten= (innovazioni di processo) 3. Apertura di nuovi merca= 4. Scoperta di nuove fon= di offerta (nuovi fa8ori produCvi) 5. Qualsiasi cambiamento nell’organizzazione dell’aCvità economica (fordismo, società per azioni, creazione di grandi magazzini) ovvero tu8o ciò che consente “di fare le cose differentemente” (Toyo=smo). 42 Innovazione e sviluppo nella teoria shumpeteriana • Schumpeter dis=ngue ne8amente la crescita dal processo di sviluppo. La prima ha luogo con le stesse funzioni di produzioni preceden= e si estrinseca con la crescita del reddito mentre la stru8ura dell’economia resta costante • Il processo di sviluppo invece comporta mutamen= stru8urali di rilievo: le vecchie funzioni di produzione sono sos=tuite dalle nuove rese possibili da processi innova=vi radicali o incrementali. Tali processi innova=vi non sono impos= dall’esterno ma sorgono per inizia=va dello stesso sistema economico. 43 Demand pull Technology push • La maggior parte delle • Certe innovazioni non innovazioni sono invece sono determinate da spinte dall’offerta che a fa8ori tecnologici di sua volta crea le offerta ma sono spinte condizioni per lo sviluppo dalla domanda: sono le della domanda. Esempi esigenze dei consumatori sono l’industria a determinare il sen=ero dell’automobile e dello sviluppo tecnologico dell’ele8ronica. E’ stata la e delle innovazioni. Casi di nascita dei nuovi beni che ha indo8o una crescita innovazioni spinte dalla della domanda per quei domanda si ritrovano in beni campo chimico e farmaceu=co. 44 Modelli di interpretazione dell’innovazione tecnologica. • Schumpeter elabora due approcci: “La teoria dello sviluppo economico” 1919 e “Capitalismo socialismo e Democrazia” 1942. • Gli imprenditori‐innovatori assumono ruolo chiave. • Dis=ngue tra invenzione, innovazione e imitazione. • L’imprenditore traduce e sfru8a l’invenzione scien=fica e sfru8a per un certo periodo i vantaggi, ma innovazione è difficilmente difendibile dall’imitazione. • I profiC sono il premio degli aC innova=vi del piccolo imprenditore. Poi il profi8o alimenta l’aCvità innova=va. • La grande dimensione d’impresa rende l’innovazione più difendibile. • La concezione sia del primo che del secondo Schumpeter sta perdendo capacità interpreta=va dei processi innova=vi. • L’innovazione non è più un problema dimensionale ma di stock di conoscenze. • Modello re=colare: oggi sono importan= i contaC con gli altri soggeC • L’innovazione non si deve ad un esclusivo lavoro interno alla singola impresa ma è il risultato di uno scambio con l’esterno (altre imprese, centri di ricerca….) Le dimensioni dell’impresa e le variabili di struQura Essere grandi conviene? Nel 1942 Schumpeter sostenne che le capacità di innovazione delle grandi imprese sono maggiori di quelle delle piccole imprese grazie: • All’accesso più agevole ai finanziamenti • Ai maggiori volumi di vendita sui quali ripartire i costi di R&S La grande dimensione consente inoltre: • maggiori economie di scala e di apprendimento • l’assunzione di progeC rischiosi o di grandi proporzioni This work is licensed under a Crea=ve Commons A8ribu=on‐ NonCommercial‐NoDerivs 2.5 License.