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CREDIT CRUNCH, CONTRAZIONE
DELLA LIQUIDITÀ E LBO:
QUALI CAMBIAMENTI NEL MERCATO
DEL LEVERAGED FINANCE
[email protected]
■ VITTORIO RICCARDI
Partner di Accord Management
I
l contesto di grande incertezza presente oggi tra gli operatori di
private equity provoca una serie di interrogativi: come si modi-
ficherà il mercato (per numero e valore delle operazioni)?
Quali operazioni saranno finanziabili? Cambieranno il numero e
la tipologia dei soggetti finanziatori? Vi sarà un impatto sui prezzi
di acquisizione? In quale direzione?
In ultimo, il quesito forse più rilevante in questo contesto di mercato del debito: nel medio periodo i fondi di private equity saranno
portati a modificare il loro stesso modus operandi?
Obiettivo di questo lavoro è dare una prima risposta a tali quesiti.
In particolare si focalizzerà l’attenzione sull’impatto e sulle prospettive di sviluppo del mercato del private equity alla luce della
crisi del credito e sulla possibile modificazione dei criteri di strutturazione di un’operazione di LBO.
Tra le molte incertezze del momento permane la sola convinzione
che le regole del gioco valide sino a oggi siano destinate a modificarsi in modo significativo.
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■ VALTER CONCA
Professore associato
di Economia Aziendale
e Gestione delle Imprese,
docente SDA Bocconi,
direttore Laboratorio Private
Equity e LBO
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V. Conca, V. Riccardi
■ PREMESSA
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La crisi che ha recentemente colpito i mercati finanziari sta influenzando la direzione degli impieghi delle istituzioni finanziarie, mettendo in discussione le logiche
sino ad oggi seguite in alcune scelte di finanziamento alle imprese.1
Gli effetti della crisi si stanno manifestando a tutto campo, nell’ambito dell’economia finanziaria e dell’economia reale, e purtroppo non sembrano essersi del tutto
esauriti.2
Il segmento di mercato che pare maggiormente colpito è quello delle operazioni di
debito a supporto delle acquisizioni (leveraged finance), dove si stanno modificando
le condizioni alla base delle strategie delle banche e degli investitori istituzionali.
L’impatto negativo sulle politiche di finanziamento alle imprese è ancora più evidente se riferito allo specifico contesto delle operazioni di LBO, che rappresentano
la parte preponderante degli impieghi del private equity. Secondo recenti stime, nel
2007 le operazioni di LBO hanno inciso per l’88% del valore complessivo degli investimenti complessivi in Italia, contro il 77% degli investimenti in Europa.3
Il problema non è di poco conto: un eventuale ridimensionamento degli LBO non gioverebbe al sistema economico nel suo complesso poiché, nonostante varie critiche
mosse all’operato dei fondi, recenti ricerche rivalutano fortemente il ruolo positivo dei
fondi di private equity (Zingales 2007; Lerner, Gurung 2008; Shapiro, Pham 2008).4
Il contesto di grande incertezza presente oggi tra gli operatori di private equity provoca una serie di interrogativi:
Ω come si modificherà il mercato (per numero e valore delle operazioni)?
Ω quali operazioni saranno finanziabili?
Ω cambieranno il numero e la tipologia dei soggetti finanziatori?
Ω vi sarà un impatto sui prezzi di acquisizione? In quale direzione?
In ultimo, il quesito forse più rilevante in questo contesto di mercato del debito: se
nel medio periodo i fondi di private equity saranno portati a modificare il loro stesso modus operandi.
Obiettivo di questo lavoro è dare una prima risposta a tali quesiti.
In particolare si focalizzerà l’attenzione sull’impatto e sulle prospettive di sviluppo
del mercato del private equity alla luce della crisi del credito e sulla possibile modificazione dei criteri di strutturazione di un’operazione di LBO (Damodaran 2007).5
Lo studio presentato in questo primo lavoro analizza le aspettative degli operatori di
mercato, dedotte dalle risposte di un questionario, confrontato con un analogo campione a livello europeo (Norton Rose 2007).6
Oggetto di una ricerca successiva (attualmente in corso) sarà invece un’analisi quantitativa di dettaglio sui dati degli impieghi e sui singoli parametri di credito nell’ambito del mercato nazionale ed europeo.7
■ LA SITUAZIONE DEL MERCATO EUROPEO DEL LEVERAGED
FINANCE PRE CREDIT CRUNCH
Il mercato del leveraged finance ha vissuto dal 2003 ad oggi una crescita esponenziale (figura 1) con volumi di impieghi passati dai circa 30 md di euro del 2003 ai
140 md di euro del 2007, con un ritmo di crescita pari al 37% annuo (CAGR).
Sino all’estate 2007 il mercato è stato caratterizzato da un eccesso di offerta di debito, da parte sia di operatori bancari sia di fondi di mezzanino (i c.d. lender), eccesso che ha contribuito sicuramente all’attuale crisi.
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1. I risultati della ricerca qui presentata sono stati oggetto di discussione
nel convegno organizzato dalla Divisione Ricerche Claudio Dematté
della SDA Bocconi dal titolo “Il
mercato del private equity e degli
LBO. Gli effetti del credit crunch
sulle leveraged acquisitions”, tenutosi presso la SDA Bocconi il 17 luglio 2008. Si ringrazia per il prezioso contributo alla ricerca Barclays Private Equity, Maisto Associati, Korn Ferry International.
2. Un interessante e dettagliato commento sul ruolo e sulle responsabilità delle istituzioni finanziarie ai
vari livelli è presente nell’editoriale
di A. Sironi “La crisi finanziaria
internazionale un anno dopo: quali
lezioni per le banche e le autorità di
vigilanza”, Economia & Management, n. 5, 2008.
3. Private equity and LBO Research
Update, SDA Bocconi, rapporto interno, 2008. EVCA 2007 European
Private Equity Activity Survey,
2008.
4. Nonostante le numerose critiche apparse da più parti sulla stampa specializzata e varie forme di organizzazioni sindacali, l’importanza del
private equity è dimostrata da diverse ricerche che sottolineano come
i fondi esercitino un ruolo fortemente propulsivo sull’economia in generale, incentivando gli investimenti e
rendendo le imprese partecipate
maggiormente competitive, e influenzando positivamente le assunzioni di personale. Si vedano i contributi di Zingales (2007); Lerner,
Gurund (2008); Shapiro, Pham
(2008).
5. Una sintesi particolarmente efficace
sulla strutturazione di un’operazione di LBO di successo è presente in
Damodaran (2007).
6. Dunnet, Gardfors (2007).
7. La ricerca sull’analisi del debito
negli LBO si sviluppa in due fasi distinte con obiettivi diversi ma convergenti; l’obiettivo finale è rispondere alla domanda se (I fase) e
come (II fase) si modificherà la
struttura del debito di un LBO nel
prossimo futuro.
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Credit crunch, contrazione della liquidità e LBO
Figura 1 Volumi debito
160
140,02
140
115,8
120
Euro miliardi
senior in Europa
2003 - 1Q 2008
Fonte: LCD European
Leveraged Buyout Review,
I quarter 2008
102,95
100
80
60
40
44,37
29,47
20
8,37
0
2003
2004
2005
2006
2007
1Q 2008
La pressione competitiva tra i lender ha determinato una serie di effetti particolarmente significativi, tra i quali:
Ω la crescita dei livelli di leva;
Ω la riduzione degli spread anche attraverso l’introduzione di forme ibride di financing a cavallo tra il senior e il mezzanino (second lien);
Ω l’utilizzo spinto di tranche di debito senior a rimborso “bullet” (rimborso finale
in unica soluzione), che hanno comportato un aumento del grado di rischio dello
stesso finanziatore;
Ω contratti di finanziamento sbilanciati a favore degli sponsor di equity, con un
minor controllo da parte dei lender su eventuali momenti problematici.
L’esistenza di un florido mercato secondario aveva creato una maggiore articolazione del mercato del debito. Sino a quel momento la maggior parte degli operatori specializzati lavorava con una logica fees-based. La modalità operativa consisteva nell’intervento in fase di strutturazione dell’operazione, con l’impegno per la totalità del
debito e l’incasso del 100% delle fees, e con la successiva sindacazione anche totale
del debito e il parziale storno delle fees.
Inoltre, altri operatori non specializzati acquistavano in sindacazione sul mercato secondario impieghi comunque remunerativi.
8. Unicredit, Leveraged Loan Market,
26 gennaio 2008.
9. Nel caso degli operatori di M&A e
degli studi legali non si ritiene di
poter indicare una percentuale di significatività del campione sull’universo degli operatori per l’impossibilità di ottenere informazioni circa
la continuità dei loro interventi in
operazioni di LBO.
Elemento centrale della ricerca è stato un sondaggio strutturato con un questionario inviato a 81 soggetti operanti nel mercato degli LBO. L’indagine ha avuto inizio
il 14 marzo 2008 e si è conclusa il 20 maggio 2008, con un totale di 46 risposte,
pari al 57% del campione.
Il campione di riferimento è composto dai principali attori del mercato: fondi di private equity, banche finanziatrici e fondi di mezzanino, operatori di M&A, studi legali.
La selezione del campione dei fondi di private equity (29 fondi) rappresenta il 41% del
totale dei fondi che negli ultimi due anni hanno effettuato almeno un’operazione nel
mercato nazionale; il campione dei lender (venti contatti) rappresenta invece il 38%
dei principali operatori di mercato (Unicredit 2008).8 Il campione degli operatori di
M&A è costituito da 22 contatti, mentre quello degli studi legali è pari a 10 contatti.9
Per alcune risposte che presuppongono interpretazioni differenti in funzione del
ruolo svolto nell’operazione di LBO si è ritenuto opportuno confrontare le risposte
del campione complessivo con quelle di due cluster: fondi di private equity e lender.
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■ LE ASPETTATIVE DEGLI OPERATORI IN ITALIA:
METODOLOGIA UTILIZZATA
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Infatti, lender e fondi sono partner nella decisione di impiego, ma controparti nella
negoziazione del contratto di finanziamento.
Il questionario è stato strutturato con 23 domande, nel formato multiple choice con
una sola possibilità di risposta, ritenuta necessaria per polarizzare le scelte e meglio
interpretare i risultati del sondaggio.
I macro argomenti investigati hanno riguardato le aspettative degli operatori sui seguenti temi:
1. il trend di mercato e la soglia dimensionale critica di debito;
2. la struttura del debito (evoluzione delle diverse tipologie di tranche di debito, livelli di leverage, costo del debito);
3. le caratteristiche contrattuali.
Sono state dedicate sei domande al punto 1, nove domande al punto 2, otto domande al punto 3.
Il questionario utilizzato per il mercato italiano è stato progettato cercando di ricostruire le domande utilizzate dall’analogo sondaggio europeo per consentire un confronto omogeneo a livello internazionale.
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■ I RISULTATI DELL’INDAGINE: IL TREND DI MERCATO
E LA SOGLIA CRITICA DI FINANZIABILITÀ
Per quanto concerne il trend di mercato, l’opinione generale è che l’attuale situazione di contrazione del credito non vedrà un ritorno alla normalità nel breve periodo,
anche se prevale la convinzione che non verrà compromessa l’operatività dei fondi
di private equity nel medio termine.
La quasi totalità degli operatori (87%) ritiene che il mercato del leveraged finance
non sia tornato ai livelli pre credit crunch e prevede che si ritornerà ai livelli passati solo dopo il 2008, a dimostrazione che il fenomeno non ha natura transitoria. La
difficoltà di reperimento del debito è altresì confermata dalla percezione della contrazione del numero dei lender, che appare nel 63% del campione complessivo. Nel
recente convegno che ha discusso i risultati della ricerca è emerso che il numero
degli operatori bancari a livello internazionale che esercitano attivamente il financing degli LBO è passato da 80 a circa 35.10
La ricerca sottolinea comunque il ruolo determinante dei fondi di private equity
come soggetti attivi di mercato, se si considera che ben il 72% del campione ritiene
improbabile o molto improbabile che le limitazioni sul debito lasceranno maggiori
spazi ai compratori industriali.
Questa considerazione appare tuttavia in contrasto con le opinioni prevalenti
(Nahass 2008) sul ruolo crescente delle acquisizioni corporate e con il dato del mercato delle operazioni di M&A per il 2007, dove la percentuale delle acquisizioni nel
private equity sul totale è in forte calo rispetto al 2006, sia in numero (dal 20,6% al
14,5%) sia in valore (dal 15,9% al 4,4%). In termini di valore si tratta del livello più
basso dal 2002.
Uno dei risultati più interessanti e nel contempo più controversi dell’indagine riguarda la finanziabilità dell’operazione, tema oggi cruciale e pertanto meritevole di
riflessioni più puntuali (figura 2).
Da un lato, il messaggio che si deduce dall’indagine è assai chiaro: la soglia critica
del debito è di 250 ml di euro e ciò vale per l’89% del campione complessivo; al di
sotto di tale soglia la finanziabilità del debito non appare critica.11
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10. “Il mercato del Private equity e
degli LBO. Gli effetti del credit
crunch sulle leveraged acquisitions”, Divisione Ricerche Claudio
Dematté, SDA Bocconi, 17 luglio
2008. Alcune delle riflessioni qui
riportate riflettono gli interventi di
E. Cairo (Barclays P.E.), G. Prato
(WestLB), G. Savoldi (UniCredit
Markets & Inv. Banking), F. Silleni (Centrobanca).
11. Il dato complessivo è confermato
anche dalle risposte dei soli lender
che, nel 93% dei casi, indicano la
soglia critica di 250 ml di euro.
12. La variabilità delle risposte si riscontra anche tra i due cluster private equity e lender, che appaiono
lievemente disallineati nella fascia
tra 500 ml di euro e un miliardo di
debito. Tale fascia è ritenuta critica per un terzo dei lender contro il
25% dei fondi di private equity.
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Credit crunch, contrazione della liquidità e LBO
Il senior debt è una forma di debito a
medio-lungo termine assistito da garanzie reali. Il debito complessivo è strutturato in tre linee: la tranche amortizing
(tranche A), una o due tranche con ripagamento bullet (pagamento in un’unica
soluzione finale), una tranche revolving
per il finanziamento del circolante. La
tranche amortizing ha un ammortamento fisso prestabilito e una durata di circa
sei-sette anni.
Lo spread della tranche amortizing varia
attualmente dal 2% al 2,3%.
SECOND LIEN
Strumento di debito che si colloca a
metà tra il mezzanino e il senior debt.
Gode degli stessi diritti ed è assistito
dalle medesime garanzie del debito senior, ma è a questi subordinato in termini di rimborso. Per questo motivo il
costo è superiore al senior e inferiore al
mezzanino. In linea di massima, lo
spread applicato al second lien è pari a
300-500 bp sul tasso di riferimento.
MEZZANINO
Forma di finanziamento flessibile e ibrida, composta da un mix di debito subordinato (nella forma zero coupond bond
o PIK) e di equity kickers (warrant o opzioni call), che danno la possibilità di beneficiare di eventuali incrementi di valore dell’azione. Il rendimento atteso del
mezzanino è composto da:
Ω un rendimento certo pari alla somma
degli interessi cash annualizzati più
gli interessi non monetari (PIK) che
incrementano il valore nominale del
debito;
Ω un rendimento variabile legato al possibile incremento di valore dell’azione.
Il rendimento di mercato attuale si colloca in una fascia compresa tra il 13% e il
17%, con la componente certa pari a
circa il 10% fissa.
Esiste una soglia
critica dimensionale
di debito oltre la
quale oggi è difficile
finanziare il debito?
11 %
< 250 ml di euro
di debito totale
30 %
tra i 250 ml e 500 ml
di euro di debito totale
34 %
tra i 500 ml e 1 md
di euro di debito totale
> 1 md di euro
di debito totale
25 %
Figura 2 Soglia critica di debito
Fonte: Laboratorio Private Equity e LBO
Tuttavia, sopra la soglia dei 250 ml di euro non vi è univocità di vedute, dal momento
che le risposte si distribuiscono omogeneamente nelle fasce considerate.
La variabilità delle risposte sembra voler indicare che la finanziabilità oltre le differenti soglie critiche dipende dalla situazione di rischio del singolo lender (legata
al volume degli impieghi in LBO in essere) più che dalla appetibilità dell’asset da
finanziare.12
Se prima del credit crunch i comportamenti apparivano sufficientemente allineati
nella valutazione del merito di credito, la ricerca evidenzia un momento di discontinuità dovuto alla maggiore dipendenza da fattori “soggettivi”.
Il profilo di rischio è infatti collegato non solo al rischio del singolo deal, ma al livello di debito complessivo sottoscritto ma non sindacato, variabile che da caso a
caso può sbilanciare la composizione ottimale degli impieghi dei lender.
Questo aspetto è stato al centro dell’attenzione nelle discussioni durante il convegno
citato in precedenza: la maggior parte degli operatori (Cairo di Barclays P.E., Silleni
di Centrobanca, Prato di WestLB) segnalano un fattore di possibile cambiamento
delle regole del gioco: la difficoltà di finanziare tagli di debito significativi spingerà
i lender verso una logica di “club deal”.
Appare chiaro, a questo punto, un nesso di causalità tra il disallineamento dei lender e il vuoto di offerta nell’acquisition financing che, come si spiegherà meglio in seguito, inizia a lasciare spazio a nuovi competitor che stanno entrando progressivamente sul mercato primario.
■ I RISULTATI DELL’INDAGINE: SEGNALI PER UNA
RIMODELLAZIONE DEL DEBITO
L’orientamento complessivo delle risposte indica in modo inequivocabile che è già
in corso un importante cambiamento nella strutturazione tecnica del debito, ovvero
nelle condizioni complessive che delineano il rapporto contrattuale tra prenditore e
finanziatore.
Anche se è ancora presto per capire definitivamente l’assestamento dei cambiamenti, il trend mostra che:
Ω le tranche di debito amortizing assumono sempre maggiore rilevanza rispetto
alle tranche bullet (98% del campione);
Ω scompaiono le linee di debito second lien (94% del campione);
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TRANCHE AMORTIZING
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Ω il mezzanino (con e senza warrant) non modifica la sua posizione di forma di debito complementare al senior (72% del campione).
La perdita di importanza delle tranche bullet dimostra che i finanziatori attualmente non sono più disposti ad assumersi un rischio di rifinanziamento, in un contesto
di mercato che fa intravedere una riduzione dei livelli di leva e un allungamento del
tempo di rifinanziamento delle operazioni.
L’eliminazione del second lien trova ragione nella scomparsa dell’eccesso di offerta
di debito che sino a prima della crisi aveva spinto le banche a proporre linee di credito più competitive (in termini di prezzo e di condizioni contrattuali) rispetto al
mezzanino.
Quanto sta accadendo evidenzia un riequilibrio delle diverse forme di debito che riporta il mezzanino al suo ruolo naturale di forma complementare al debito senior,
con rendimenti in linea al grado di rischio assunto. La conferma della contrazione
dell’offerta di debito viene evidenziata anche dalle risposte del campione relative all’attuale livello di leva finanziaria (misurata dal rapporto Debito totale/EBITDA) e
dalle tendenze di tale rapporto nel breve termine (entro la fine del 2008).
Il 96% del campione ritiene che l’attuale livello di leva finanziaria sia minore rispetto al livello ante crisi. Non vi è univocità nelle risposte circa la tendenza nel breve
termine, dal momento che il 57% del campione prevede una leva stabile, mentre il
41% si aspetta un’ulteriore riduzione. In perfetta coerenza, solo un 2% ritiene che
la leva finanziaria tenderà a crescere.
A livello europeo il confronto tra i livelli di leva nel primo trimestre 2008 evidenzia
una diminuzione del rapporto di leva che appare più marcata nel segmento delle
operazioni di taglio medio, cioè con un enterprise value compreso tra 500 ml e 1 md
(il c.d. upper mid market).
Media del rapporto di leva per deal size (EV)
Possibilità di incrementare lo spread
delle varie tranche di finanziamento in
funzione dell’esito della sindacazione.
CERTAIN FUNDS
A causa della difformità temporale tra signing (firma di tutti i contratti) e closing
(girata delle azioni) la clausola suddetta
concerne l’impegno preso dal lender al
signing che conferma la disponibilità dei
fondi al closing limitando o annullando
l’applicabilità delle clausole MAC (Material Adverse Change).
COVENANT LITE
Si tratta di una limitazione imposta al
lender nell’utilizzo del controllo dei covenants nei casi di violazione degli stessi
(breach). In questi casi il lender non ha
possibilità di intervenire tempestivamente ai primi segnali di crisi del borrower.
MULLIGAN SUI COVENANTS
Possibilità di evitare che una violazione
dei covenants determini l’attivazione
delle clausole contrattuali (per esempio:
imposizione del rimedio del covenant,
decadenza del beneficio del termine, risoluzione e recesso).
I trim. 07
I trim. 08
Lower mid market: EV < 250 ml di euro
5,5
5,3
EQUITY CURE
Upper mid market: EV tra 500 ml e 1 md di euro
6,7
5,8
Clausola che impone l’immissione automatica di equity in presenza di una violazione di alcuni covenants finanziari (in
particolare quelli legati al leverage).
Tabella 1 Trend dei rapporti di leva (Debito totale/EBITDA)
Fonte: LCD European Leveraged Buyout Review, I quarter 2008
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MARKET FLEX
Del tutto analoga è l’influenza sul costo del debito, che viene registrato in aumento
dalla quasi totalità del campione (94%).
Le prime evidenze empiriche tratte da una ricerca in corso sugli aspetti quantitativi del
debito leveraged evidenziano un incremento dello spread delle tranche amortizing di
circa 30 bp, passando dal 2,07% del primo trimestre 2007 al 2,32% del primo trimestre 2008 e dello spread delle tranche bullet di circa 50 bp, passando da 2,51% al 3%.
La parte finale della ricerca è dedicata all’analisi degli aspetti contrattuali delle operazioni di LBO. Tali aspetti sono determinanti poiché si tratta di contrattualizzare i
meccanismi di funzionamento del debito secondo criteri, regole, responsabilità e
tempi ben definiti. Per agevolare la lettura, nel colonnino riportiamo il significato e
le caratteristiche delle principali clausole contrattuali presenti nei contratti di finanziamento di LBO con la terminologia anglosassone tipica di questo mercato, difficile talvolta da tradurre in italiano.
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Credit crunch, contrazione della liquidità e LBO
L’esperienza individua nella presenza di tali clausole e nella loro rigorosa applicazione
una specie di cartina di tornasole della forza negoziale tra le parti, un indicatore di come
si sta muovendo il mercato. Le risposte relative alla modifica della documentazione contrattuale denotano una situazione di non facile interpretabilità; infatti, a una prima domanda di carattere generale solo la metà del campione ritiene che il credit crunch abbia
aumentato la complessità contrattuale, sia in fase di closing sia in fase di sindacazione.
Nel merito della sindacazione (ricollocamento del debito a terzi), la possibilità di cedere il debito è giudicata una condizione necessaria per il buon esito dell’operazione; infatti, l’80% del campione complessivo non ne prevede alcuna limitazione. È bene rilevare l’esistenza di opinioni difformi all’interno del campione di controllo tra fondi di
private equity e lender. La possibilità di sindacare liberamente il debito è ritenuta condizione assolutamente necessaria dalla totalità delle banche, mentre solo il 65% dei
fondi sembra disponibile a concederla. Ciò deriva da esigenze contrapposte. Infatti,
mentre le banche tendono ad assicurarsi ogni possibilità di collocamento, i fondi, al
contrario, hanno interesse a ridurre il numero di interlocutori per un più facile controllo del debito in momenti di difficoltà. Una situazione analoga riguarda l’ambito della
market flex, dove il 76% del campione complessivo ritiene che tale clausola verrà maggiormente utilizzata con opinioni fortemente difformi tra lender (un maggior utilizzo
nel 93% dei casi) e private equity, per i quali l’utilizzo pare meno necessario (65%).
In sintesi, le risposte indicano in modo chiaro che i lender percepiscono un maggior rischio di sindacazione e pertanto reputano assolutamente necessario disporre
di ampi margini di manovra sulla fattibilità dell’operazione. Un ultimo commento
concerne infine le risposte sui meccanismi contrattuali più tecnici.
L’opinione generale è che il credit crunch stia determinando un irrigidimento dei covenants all’interno del contratto (la quasi totalità del campione complessivo ritiene
che non vi saranno più covenants “leggeri”, né deroghe alle conseguenze di una loro
violazione). Covenants “leggeri” sono stati nel passato richiesti dal borrower e accettati dai lender più interessati a chiudere l’operazione per poi vendere più o meno
rapidamente il debito. I lender appaiono oggi più preoccupati di imporre termini
stringenti al contratto per poter assicurare un maggior controllo degli eventuali momenti di crisi del borrower, in una situazione di mercato nella quale, rispetto al passato, sono obbligati a “tenere sui libri” una parte consistente del debito per tempi
più lunghi. Non si rileva una chiara indicazione sull’utilizzo della clausola della disponibilità dei fondi al closing (certain funds), mentre non emergono chiare indicazioni sull’introduzione di meccanismi automatici di equity cure.
precedente indagine, quella europea di Norton Rose si colloca in un
momento precedente (settembre
2007); pertanto, mentre le opinioni “italiane” si basano su trend di
mercato in corso di manifestazione, le opinioni europee, essendo
state rilevate in un momento prossimo alla crisi, possono soffrire di
una valutazione più emotiva.
L’analisi svolta a livello italiano può essere confrontata con un’analoga indagine europea effettuata dallo studio legale Norton Rose su un campione di 105 operatori tra
lender, operatori di M&A, di private equity e hedge fund.13
Per quanto concerne il trend di mercato, il sondaggio Norton Rose è apparso sicuramente più ottimistico. Oltre la metà del campione, infatti, ha ritenuto probabile il
ritorno alla normalità entro il settembre 2008 (meno di dodici mesi). Dall’analisi
delle opinioni dell’indagine italiana, invece, si rileva un’aspettativa di ritorno alla
normalità che va ben oltre i dodici mesi.
Ciò induce ad alcune riflessioni di non poco conto, dal momento che con il trascorrere del tempo e per effetto di ulteriori shock estranei al mercato finanziario, non ultimo l’andamento rallentato dell’economia reale, sono apparsi evidenti tre fenomeni:
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■ OPINIONI A CONFRONTO: IL QUADRO EUROPEO
13. È bene rilevare che, rispetto alla
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1. la dimensione dell’impatto dei subprime sul sistema creditizio europeo va oltre
le prime valutazioni;14
2. la contrazione del credito potrebbe perdurare per tempi più lunghi;
3. permane una forte riduzione della liquidità disponibile per gli LBO.
Nell’ambito dell’evoluzione delle tipologie di debito, anche Norton Rose conferma una
modificazione nella strutturazione dell’acquisition financing, anche se nell’immediatezza della crisi le aspettative di cambiamento sono apparse molto meno severe:
Ω pur con una percentuale di risposte minore (78%) si è segnalata l’aspettativa di
un maggior utilizzo della tranche amortizing rispetto alla tranche bullet;
Ω diversamente da quanto emerso nel sondaggio italiano, l’aspettativa di utilizzo del
second lien rimane assai significativa (46%), mentre l’utilizzo del mezzanino è
ritenuto meno probabile (68%).
Una perfetta simmetria tra le due indagini si rileva per quanto concerne le attese sul
costo del debito, così come le risposte relative alla modifica della documentazione
contrattuale hanno segnalato una convergenza di opinioni verso la maggiore complessità della documentazione contrattuale, sia in fase di closing sia nella fase successiva di sindacazione.
Non sono apparse significative differenze nelle aspettative sulla modificazione delle
caratteristiche contrattuali tra le due indagini, confermando:
Ω l’irrigidimento dei covenants all’interno del contratto;
Ω il maggior utilizzo della market flex;
Ω il mantenimento della clausola di disponibilità dei fondi al closing (certain funds);
Ω l’equilibrio nelle aspettative di introduzione dei meccanismi automatici di equity cure.
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■ I POSSIBILI EFFETTI DEL CREDIT CRUNCH E LE
IMPLICAZIONI SUL MANAGEMENT E SULLE IMPRESE
Le ricerche empiriche trovano una ragione d’essere soprattutto quando sono finalizzate a comprendere l’esistenza di eventuali ricadute sul sistema (nel nostro contesto sulla business community). La loro utilità è legata all’ambizione di poter dare
risposta a problemi e quesiti sui quali il management spesso si interroga.
In questo caso, data la natura dell’oggetto di studio, gli interrogativi che si pongono gli operatori finanziari sono vari e di rilevante portata, anche sul sistema delle
imprese:
Ω su quali fronti inciderà maggiormente il credit crunch?
Ω che durata potrebbe avere la crisi?
Ω quali conseguenze future potrà comportare?
Ω quali cambiamenti interverranno nei comportamenti dei soggetti che interagiscono in questo contesto?
Se alcuni quesiti possono trovare una risposta immediata nei risultati qui esposti,
altri necessitano di analisi e di ricerche diverse e più approfondite.
Per quanto concerne il primo interrogativo non vi è dubbio che l’influenza maggiore sarà esercitata sulla numerosità e sulla frequenza stessa delle operazioni di LBO,
soprattutto quelle di dimensioni maggiori.
La crisi inciderà su vari fronti, ma prevalentemente condizionerà le imprese, i fondi
di private equity, le banche finanziatrici.
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14. Da una recente indagine di R&S
Mediobanca (Il Sole 24 Ore, 27
maggio 2008) si rileva che il maggiore impatto delle svalutazioni
legate alla crisi dei subprime si è
avuto in Europa in UBS, con perdite complessive per 14,8 md di
euro, ben al di sopra delle aspettative precedenti.
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Credit crunch, contrazione della liquidità e LBO
strategia finanziaria degli hedge
fund, che, se prima ottenevano rendimenti interessanti utilizzando la
leva del debito a fronte di impieghi
in segmenti di mercato stabili e
redditizi (immobiliare, mutui),
oggi sembrano orientati a trovare
forme di investimento alternative.
Figura 3 Quali scenari per
l’industria del private equity
Un effetto probabile si manifesterà sul sistema delle imprese, poiché alcuni progetti
di crescita esterna basati su operazioni di LBO saranno preclusi, e pertanto condizioneranno i percorsi di sviluppo programmati. Ciò si rifletterà inevitabilmente sull’operatività dei fondi, che potranno vedere limitata la loro attività. Una ricaduta significativa si avrà anche sul sistema bancario, che potrà valutare l’opportunità di indirizzare gli
impieghi su asset diversi, depotenziando alcune strutture interne dedicate all’acquisition financing. Sempre sul mercato del debito, si può prevedere l’emergere di nuovi
competitor, come i fondi hedge che intervengono in qualità di veri “credit fund”,15 così
come è facile immaginare un ulteriore sviluppo della raccolta dei fondi di mezzanino.
Resta da analizzare, infine, l’impatto sull’industria del private equity.
Al riguardo si possono ipotizzare alcuni scenari di possibile cambiamento: uno scenario di breve periodo definibile di “cambiamento marginale”, uno scenario di lungo
periodo di “cambiamento radicale”. Come illustra la figura 3, lo scenario di cambiamento marginale ipotizza una revisione delle strategie di mercato, che si può articolare in una serie di cambiamenti di carattere prettamente competitivo, come la discesa verso segmenti di mercato tipici delle PMI, l’espansione delle operazioni senza
debito (expansion e replacement), una strategia competitiva basata sulla gestione di
situazioni particolarmente complesse e problematiche (dal turnaround alle “special
situation”), una focalizzazione sector-specific.
Cambiamento marginale:
ridefinizione delle strategie di mercato
Cambiamento radicale:
ripensamento del Private Equity Model
Ω discesa vs segmenti di dimensioni minori
(affollamento del segmento mid market)
Ω operazioni senza debito
(replacement/expansion vs LBO)
Ω strategie di orientamento su target diversi
(turnaround e special situation, MBI)
Ω allungamento dell’holding period
Ω differente remunerazione dei limited partner:
dividendi vs capital gain
Ω holding di partecipazioni quotate
(modello SPAC)
- investment period 24 mesi
- liquidità immediata
- rendimenti attesi inferiori
Ω strategie sector specific
(energia, infrastrutture)
Questi cambiamenti non sembrano minare un mercato con ancora ampie prospettive
di sviluppo, ma vanno nella direzione di adeguare l’operatività dei fondi alle nuove condizioni di contesto. Nel medio periodo, invece, si possono ipotizzare cambiamenti
strutturali in grado di incidere sull’approccio tipico del private equity (PE model), quali
l’allungamento della vita media delle partecipazioni (holding period), la differente remunerazione dei limited partner (dividendi verso capital gain), sino a ipotizzare l’affermarsi di strutture d’investimento che possono offrire maggiore liquidabilità all’investitore compensata da minori rendimenti, come le società create ad hoc per operazioni particolari (le c.d. SPAC - Special Purpose Acquisition Company). È inoltre lecito attendersi che il prolungamento della crisi potrà influenzare la relazione leva-prezzi riducendo la libertà dei fondi di determinare i prezzi di acquisto in modo autonomo (ottica di price maker) sulla base della disponibilità del debito. In ogni caso, l’attuale contesto di mercato obbligherà gli operatori ad affrontare i processi di selezione
delle target e di allocazione delle risorse con maggiore rigorosità strategica e con un’attenzione ancora più stressante ai fondamentali dell’economia reale.
Tra le molte incertezze del momento permane la sola convinzione che le regole del
gioco valide sino a oggi siano destinate a modificarsi in modo significativo. π
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15. Ne è un esempio il cambiamento di
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V. Conca, V. Riccardi
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