99 - Centro Studi Cinematografici
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SOMMARIO n. 99 Anno XV (nuova serie) n. 99 maggio-giugno 2009 Amici del bar Margherita (Gli) ............................................................ 11 Angeli e Demoni ................................................................................ 18 Antichrist ............................................................................................ 27 Appaloosa .......................................................................................... 32 Battaglia per la Terra in 3D ................................................................ 38 Canto di Paloma (Il) ........................................................................... 46 17 Again – Ritorno al liceo ................................................................ 25 Disastro a Hollywood ......................................................................... 33 Estate ai Caraibi (Un’) ....................................................................... 3 Spedizione in abb. post. (comma 20, lettera C, Legge 23 dicembre 96, N. 662 Filiale di Roma) Fortapàsc .......................................................................................... 15 Franklyn ............................................................................................. 36 Fuga dal Call Center .......................................................................... 47 Si collabora solo dietro invito della redazione Fuori menù ........................................................................................ 21 Garage ............................................................................................... 4 Hannah Montana – The Movie .......................................................... 17 Io & Marley ........................................................................................ 13 Lezioni d’amore ................................................................................. 35 Look Both Ways – Amori e disastri .................................................... 45 Louise-Michel .................................................................................... 42 Notte al museo 2 (Una) – La fuga ..................................................... 20 Quarantena ........................................................................................ 29 Reader (The) – A voce alta ............................................................... 30 Riunione di famiglia ........................................................................... 26 Rocknrolla .......................................................................................... 23 Sacro e profano ................................................................................. 7 Sbirri .................................................................................................. 6 Sogno nel casello (Il) ......................................................................... 5 Star System ...................................................................................... 9 Terazza sul lago (La) ......................................................................... 10 Terminator Salvation .......................................................................... 24 Ti stramo ............................................................................................ 40 Ultimo crodino (L’) .............................................................................. 43 Uninvited (The) .................................................................................. 14 Uomini che odiano le donne .............................................................. 39 Vincere .............................................................................................. 2 Bimestrale di cultura cinematografica Edito dal Centro Studi Cinematografici 00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605 Sito Internet: www.cscinema.org E-mail: [email protected] Aut. Tribunale di Roma n. 271/93 Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici Direttore Responsabile: Flavio Vergerio Direttore Editoriale: Baldo Vallero Cast e credit a cura di: Simone Emiliani Segreteria: Cesare Frioni Redazione: Marco Lombardi Alessandro Paesano Carlo Tagliabue Giancarlo Zappoli Hanno collaborato a questo numero: Veronica Barteri Elena Bartoni Chiara Cecchini Tania Di Giacomantonio Fabio de Girolamo Marini Silvio Grasselli Elena Mandolini Diego Mondella Fabrizio Moresco Francesca Piano Manuela Pinetti Valerio Sammarco Stampa: Tipostampa s.r.l. Via dei Tipografi, n. 6 Sangiustino (PG) Nella seguente filmografia vengono considerati tutti i film usciti a Roma e Milano, ad eccezione delle riedizioni. Le date tra parentesi si riferiscono alle “prime” nelle città considerate. Film Tutti i film della stagione VINCERE Italia/Francia, 2009 Art director: Briseide Siciliano Trucco: Francesco Nardi Acconciature: Patrizia Corridoni Supervisore effetti speciali: Fabio Traversari Effetti visivi: Massimo Cipollina Supervisore effetti visivi: Stefano Marinoni Suono: Gaetano Carito Interpreti: Giovanna Mezzogiorno (Ida Dalser), Filippo Timi (Benito Mussolini), Fausto Russo Alesi (Riccardo Paicher), Michela Cescon (Rachele Guidi), Pier Giorgio Bellocchio (Pietro Fedele), Corrado Invernizzi (dottor Cappelletti), Paolo Pierobon (Giulio Bernardi), Bruno Cariello (Giudice), Francesca Picozza (Adelina), Simona Nobili (Madre Superiora), Vanessa Scalera (Suora Misericordiosa), Giovanna Mori (La Tedesca), Silvia Ferretti (Scarpette Rosse), Corinne Castelli (Lacrime), Patrizia Bettini (La Cantante), Fabrizio Costella (Il piccolo Benito Albino) Durata: 128’ Metri: 3416 Regia: Marco Bellocchio Produzione: Mario Gianani per OffSide/Rai Cinema/Celluloid Dreams Productions in collaborazione con Istituto luce Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 20-5-2009; Milano 20-5-2009) Soggetto: Marco Bellocchio Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Daniela Ceselli Direttore della fotografia: Daniele Ciprì Montaggio: Francesca Calvelli Musiche: Riccardo Giagni Scenografia: Marco Dentici Costumi: Sergio Ballo Produttore esecutivo: Olivia Sleiter Direttore di produzione: Lilia Cioccarelli Casting: Stefania De Santis Aiuto regista: Francesca Polic Greco Operatori: Matteo Carlesimo Operatore Steadicam: Matteo Carlesimo 1 914, Milano. Benito Mussolini è un giovane e arrembante giornalista del quotidiano socialista L’Avanti. Un giorno, mentre sta sfuggendo alle guardie, dopo aver guidato un infiammato corteo da cui si levano inni minacciosi contro il Re, si imbatte per caso in una donna. Lei si chiama Ida Dalser, è originaria della provincia di Trento e gestisce un atelier di moda. Tra i due, che si frequentano clandestinamente, scoppia subito una passione sfrenata, fatta di focosi e concitati incontri amorosi. Nel momento in cui l’Italia si trova a scegliere se partecipare o meno alla Prima Guerra mondiale, Mussolini si schiera a fianco degli interventisti, rinnegando così la sua iniziale posizione di convinto pacifista. Capisce che questa è finalmente l’occasione giusta per dar sfogo alle sue grandi ambizioni politiche. Fonda quindi un nuovo giornale, Il Popolo d’Italia, grazie anche al generoso contributo in denaro della Dalser, disposta a vendere tutti i suoi averi per amore del suo uomo. Due anni più tardi, dalla loro relazione, nasce Benito Albino, che egli riconosce come suo figlio naturale. Nel frattempo, però, Mussolini si è sposato con Rachele Guidi, una donna di umili origini dalla quale ha avuto una figlia, Edda. 2 Quando Ida scopre la verità, offesa e umiliata, cerca in tutti i modi di rivendicare il suo status di unica moglie legittima appellandosi alle autorità. Ma, malgrado i tentativi, più volte andati a vuoto, di riconciliarsi con l’ex amante, la donna viene mandata in esilio assieme a suo figlio piccolo. Condotta a forza a Sopramonte (Trento), a casa della sorella e del cognato Riccardo (cui viene assegnata la tutela del bambino), è sorvegliata giorno e notte dagli uomini di Mussolini. Quest’ultimo, che lei non riuscirà più a vedere, se non attraverso le immagini dei cinegiornali, nel 1922 si insedia al governo, dando inizio alla sua folle e vertiginosa scalata al potere. Il gesto avventato di avvicinarsi al ministro Fedele (braccio destro del Duce) costa alla Dalser l’arresto e l’imprigionamento nel manicomio di S. Clemente a Venezia. Qui, dove viene dichiarata insana di mente, seppur costretta a vivere lontana dal figlio e in condizioni di prostrazione, ha comunque la forza di urlare la propria rabbia per il torto che ha subìto. Nel 1927, dopo essere stata trasferita al nosocomio di Pergine Valsugana, viene definitivamente interdetta. Anche Benito Albino, strappato alle cure dello zio per essere affidato legalmente al podestà fascista Bernardi, finisce per essere rinchiuso, prima in un istituto di suore e poi, alcuni anni dopo, anch’egli in un ospedale psichiatrico. Qui vi morirà nel 1942, cinque anni dopo sua madre, deceduta a seguito di un emorragia cerebrale. Film N el 2006, il quotidiano francese Le Monde, commentando il film Il regista di matrimoni, coniò per il suo autore la seguente definizione: «l’ultimo iconoclasta». Il piacere e la fascinazione per l’immagine (che nei decenni si è fatto vero e proprio culto, come d’altronde è stato per il “maestro” Buñuel) sono il motore trainante di tutto il cinema di Marco Bellocchio. Dallo sconvolgente esordio di I pugni in tasca (1965), all’ultima “fatica” Vincere. Anche in questa pellicola, infatti, non si può non rimanere rapiti dalla magistrale abilità di metteur en scène (inteso come “costruttore di immagini”) dell’artista piacentino. Citiamo solo qualche esempio. Ida Dalser attraversa una Milano scossa dai primi fermenti della Grande Guerra: in un clima convulso di panico generale, in cui masse di dimostranti scappano alla rinfusa, lei emerge da una nuvola di fumo e porta tranquillamente a spasso in carrozzella l’appena nato Benito Albino. O ancora: Mussolini, reduce dalla battaglia sul Carso, giace ferito in un letto in mezzo a una chiesa adibita per l’occasione a ospedale militare. Mentre sul soffitto vengono proiettate le scene relative alla crocifissione del Cristo. Infine, sul magico sfondo di una gelida notte imbiancata dalla neve, un’affranta (anche se mai indomita) Dalser si arrampica alle grate del manicomio per gettare le innumerevoli lettere scritte ma mai recapitate al Duce. Le sequenze sopra descritte (seppur in sintesi per ovvie ragioni di spazio) confermano la ricchezza visiva del linguaggio di Bellocchio, più che mai stratificato: gli inserti di repertorio in bianco e nero, finemente assemblati dalla Calvelli, rischiano, a volte, perfino di sovraccaricare la narrazione. Ma quelle ammalianti immagini rivelano anche l’inesauribile potenziale evocativo. Qui la labile soglia che separa la realtà dall’immaginazione viene ad annullarsi (proprio come auspicavano i benamati surrealisti), in nome di una dimensione quasi lisergica in cui vige uno stato di permanente epifania. A fronte di tutto ciò, appare tempo sprecato disquisire intorno alla verosimiglianza o meno del soggetto. Corrisponde a verità il fatto che i documenti ufficiali attestanti il matrimonio tra Mussolini e la sua amante non siano mai stati ritrovati. Ma è altrettanto legittimo dare atto al regista di avere raccontato le presunte nozze come se fosse una fantasia a occhi aperti della donna. D’altra parte il Maestro di Bobbio non è nuovo alle sfide: ama confrontarsi con pagine di storia scomode e controverse per Tutti i film della stagione poterle poi plasmare a propria immagine e somiglianza. Vi ricordate la fuga di Aldo Moro, scappato ai suoi sequestratori, nel finale a sorpresa di Buongiorno, notte ? Sono pochi gli autori che possono permettersi la libertà di questi slanci onirici. I sogni e gli ideali hanno il potere di cambiare il destino del mondo. Non è un caso, quindi, che Bellocchio abbia scelto un’eroina dimenticata come la Dalser, ribelle e temeraria, per declinare per l’ennesima volta il suo “cinema antagonista”. Le regole e le istituzioni non sono mai andate giù al nostro cineasta più arrabbiato. Sarà per questo che i Festival non lo hanno mai premiato come invece avrebbe meritato... . Il suo sguardo non riconciliato si posa sull’Italia meschina e autoritaria del Ventennio fascista, dove per sopravvivere era necessario recitare una parte, ovvero tacere. Dove chi non era disposto a sottostare ai dettami del regime, veniva bollato come pazzo e recluso a vita come la protagonista, con tanto di camicia di forza. Le matte da slegare – tanto per richiamare alla mente una pellicola cara al regista – compaiono attraverso insistiti flashback dal sapore vagamente sinistro. L’unica donna capace di tenere testa al Dux, nell’interpretazione sofferta e granitica di Giovanna Mezzogiorno, emerge quale vera e propria icona futurista: provocatoria e incendiaria più di qualsiasi verso di Marinetti o tela di Boccioni. Ma anche istintiva, carnale e passionaria, come testimoniano le prolungate scene di ses- so della prima parte del film (amplessi così intensi non si ricordavano dai tempi dello scandaloso Il diavolo in corpo). In queste scene di intimità non è da meno neppure il suo partner, che dispone della sua amante come fosse una preda o un bottino di guerra. Filippo Timi; senza per nulla assomigliare al capopopolo fascista, riesce comunque a veicolare, emozioni e pulsioni dirompenti. Anche solamente col suo sguardo patibolare, con i suoi occhi arroventati di sangue. La recitazione, a tratti fin troppo esasperata nei toni e nei gesti, è un rischio ampiamente calcolato, voluto. Ciò che Bellocchio ha voluto infatti rappresentare è la caricatura e la follia del potere. Basti pensare alle scene in cui un adulto Albino, prima di fronte ai suoi compagni e poi in manicomio (con il volto ferito e i denti rovinati), fa l’imitazione del padre parlando perfino in tedesco. Dinamico, energico e chiaroscurale, nella regia come nel montaggio e nella scelta dei temi musicali, Vincere è un’opera di avanguardia, proprio come è il movimento artistico che si propone di fotografare. Perché sprigiona da ogni inquadratura l’ansia di nuovo, di modernità, l’utopia del progresso. Forse, soltanto nel secondo dopoguerra, il nostro Paese ha conosciuto da vicino e coltivato la stessa fiducia nell’avvenire. Oggi, purtroppo, di quel sano e positivo entusiasmo non è rimasta alcuna traccia. Diego Mondella UNESTATE AI CARAIBI Italia, 2009 Regia: Carlo Vanzina Produzione: International Video 80/Medusa Film. In collaborazione con Sky Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 12-6-2009; Milano 12-6-2009) Soggetto e sceneggiatura: Carlo Vanzina, Enrico Vanzina Direttore della fotografia: Claudio Zamarion Montaggio: Raimondo Crociani Musiche: Manuel De Sica, Luigi Mas Scenografia: Serena Alberi Costumi: Rossella Palma Organizzatore generale: Totò Gallo Suono: Candido Raini Interpreti: Enrico Brignano (Angelo Cerioni), Carlo Buccirosso (Roberto), Biagio Izzo (Vincenzo Acampora), Martina Stella (Laura), Enrico Bertolino (Giacomo), Alena Seredova (Anna), Paolo Ruffini (Max), Paolo Conticini (Tommy), Jayde Nicole (Jennifer, la barista), Maurizio Mattioli (Remo Santucci), Gigi Proietti (Alberto), Sascha Zacharias (Britt Ikea), Maria Lauria (Nunziatina), Francesco Procopio (Antonio), Maurizio Antonini II (sosia Berlusconi) Durata: 110’ Metri: 3116 3 Film M ax, speaker radiofonico, viene lasciato dalla fidanzata che si mette col suo migliore amico. Inconsolabile segue la nuova coppia durante un viaggio ai Caraibi. Qui Max per far ingelosire la sua ex e farla ritornare da lui “affitta” una bellezza del luogo che spaccia per la sua compagna. Il piano riesce alla perfezione ed i due ritornano insieme. Angelo è l’autista di un volgare politico romano. Costretto a subire ogni forma di sopruso dal suo datore di lavoro, durante una vacanza ai Caraibi si ribella, gli ruba i soldi, lo fa arrestare e si gode la vacanza in compagnia di una costosissima escort. A Roby, un impiegato napoletano, viene diagnosticato per errore un tumore. Disperato compie una rapina e scappa ai Caraibi. Il suo medico curante, nonché amico, lo raggiunge in vacanza spiegandogli l’equivoco. Roby felice, ma disperato per i soldi rubati, propone al medico di fingersi suo compagno e stipulare una polizza sulla vita intestata a lui. Il medico accetta e, dopo qualche giorno, inscenano una finta morte. Tutto va come da copione, i due stanno per intascare il denaro, quando arriva, però, la bella figlia del proprietario dell’Ikea con un assegno milionario da destinare a Roby per averle salvato giorni prima la vita. Il “morto” e il medico fanno due conti e decidono che è meglio intascare l’assegno, piuttosto che il premio assicurativo; quindi simulano una “resurrezione” in extremis. La signorina Ikea, alla vista do Roby vivo e vegeto, esulta e gli chiede di tornare in Svezia con lei come suo fidanzato. L’uomo felicissimo acconsente e dona parte dell’assegno al medico. Vincenzo, dentista partenopeo, si barcamena fra una moglie petulante e un’amante insoddisfatta. Con la scusa di un congresso a Miami, parte con l’amante per i Caraibi. Qui, però, incontra la sorella della moglie che gli rovina ogni progetto romantico. Per giustificare la sua presenza nell’isola, allora, le dice che è stato chiamato per curare Silvio Berlusconi. Fortuna vuole che il presidente del Consiglio soggiorni effettivamente lì in quei giorni e abbia mal di denti. Vincenzo, disponibilissimo a curarlo, gli chiede un favore: telefonare alla moglie, qualificarsi e chiedere il permesso di “trattenerlo” ai Caraibi per qualche settimana per farsi curare. La moglie sentendo la voce del premier acconsente e Vincenzo, insieme all’amante, si gode il resto della vacanza in spensieratezza. Alberto vive da anni ai Caraibi. Per campare, insieme a un bambino del posto, mette a segno truffe a danno di ignari turi- Tutti i film della stagione sti. Un giorno in paese arriva una coppia di italiani che vuole adottare il bambino in cambio di 300.000 euro. Alberto è titubante, ma il bambino accetta dicendo che entrambi potranno fare una vita migliore separati. Arrivato il momento di partire, però, decide di rimanere con Alberto e continuare a vivere di espedienti. P olitici corrotti, truffatori, un po’ di malasanità, qualche escort e Silvio Berlusconi salvatore della patria. Questo non è il ritratto del Bel Paese proveniente dalla stampa estera, ma l’ultima fatica cinematografica dei fratelli Vanzina, Un’estate ai Caraibi. Fedeli alla formula scacciapensieri, gli inventori del cinepanettone, hanno confezionato anche per quest’estate un filmettino che farà la gioia degli assidui frequentatori del cinema-discount. A differenza, infatti, del precedente Un’estate al mare che, in qualche modo, omaggiava la commedia italiana e poteva risultare godibile per alcuni aspetti, Un’estate ai Caraibi è un simpatico minestrone di insulsaggini, troppo caldo per essere digerito con l’afa estiva. Le donnine scollacciate, il turpiloquio che sostituisce i dialoghi e altre rozzezze, non scandalizzano ormai più nessuno, ma vale ancora la pena di alzare la voce contro una grettezza culturale che minaccia di ammantare anche quella parte di società non ancora nelle grinfie dei reality. L’Italia è questa, si potrebbe obiettare, e forse i fratelli Vanzina, a cui certo non va insegnato il mestiere, dei cantori di gesta che le generazioni future ringrazieranno. Ringrazieranno e omaggeranno per aver offerto uno spaccato reale dell’Italia balneare d’inizio millennio. Certo la forma lascia a desiderare: la sceneggiatura è faticosa, i comici sono drammaticamente tristi, incluso purtroppo Gigi Proietti, che nella pellicola precedente aveva meritato più di un applauso; le uniche a salvarsi sono le presenze femminili molto credibili nel “difficile” ruolo di Miss Maglietta Bagnata. Particolarmente coraggiosa, viste le ultime vicende, la scelta di inserire fra i vari personaggi il premier Berlusconi (ovviamente un sosia) nel ruolo di “ruffiano aggiustatutto”, perché, oltre al singolo episodio di cameratismo maschile, sottolinea l’inguaribile servilismo della gente semplice al potere. Per il resto, innocuo piattume che non viene risollevato neanche dalle incantevoli spiagge di Antigua volutamente celate dalla macchina da presa per dar risalto alle smorfie, agli sberleffi di un’Italia traballante, capace, però, ancora di ridere delle sue colpe. Francesca Piano GARAGE (Garage) Irlanda, 2007 Regia: Leonard Abrahamson Produzione: Ed Guiney per Element Pictures/Broadcasting Commission of Ireland/ Bord Scannan na hEireann/Film4/Radio Telefís Éireann (RTÉ) Distribuzione: Mediaplex Prima: (Roma 5-6-2009; Milano 5-6-2009) Soggetto e sceneggiatura: Mark O’Halloran Direttore della fotografia: Peter Robertson Montaggio: Isobel Stephenson Musiche: Stephen Rennicks Scenografia: Padraig O’Neill Costumi: Sonya Lennon Produttori esecutivi: Peter Carlton, Andrew Lowe Casting: Amy Rowan Aiuti regista: Sean Griffin, Anna Harrison, Lisa Kelly, John Wallace Art director: Michael Moynihan Trucco: Tom McInerney Acconciature: Anna Gronerus, Noel Sutton Supervisore costumi: Angel Concepcion Interpreti: Pat Shortt (Josie), Anne-Marie Duff (Carmel), Conor Ryan (David), Tommy Fitzgerald (Declan), Andrew Bennet (Sully), Denis Conway (Garda Michael), Tom Hickey (Sig. Skerrit), George Costigan (Dan), John Keogh (Sig. Gallagher), Una Kavanagh (Pauline), Jason Nelligan (Lester), Don Wycherley (Breffni), Suzy Lawlor (Louise) Durata: 85’ Metri: 2610 4 Film Tutti i film della stagione I n una piccola e semideserta cittadina irlandese, Josie lavora presso la stazione di servizio del signor Gallagher. È un uomo solo, ha un’anca fuori posto, cammina male e vive in un modesto alloggio: nonostante ciò, ha conservato l’ingenuità di un bambino, è dotato di un gran cuore e ha il sorriso sempre pronto. La sua vita monotona si svolge tra il lavoro, le soste al negozio di alimentari della graziosa Carmel per cui nutre una segreta passione e le serate al pub in cui i compaesani lo prendono in giro per la serietà e la dedizione che mette nel suo lavoro. Un giorno il signor Gallagher gli presenta David, un quindicenne che lo andrà ad aiutare nei weekend. Ben presto, Josie fa amicizia con David, anch’egli molto solo: dopo il lavoro qualche volta, i due si siedono davanti all’officina a bere una birra. Alcune sere Josie porta le birre a David e ai suoi amici che passano le serate lungo la ferrovia. Una sera al pub, Carmel, mezza ubriaca, invita Josie a ballare con lei e per un minuto si lascia andare ad un abbraccio. Appena Josie corrisponde al suo abbraccio teneramente, la ragazza si ravvede e lo respinge brutalmente. Josie continua la sua vita; una sera va a bere con David in riva al lago e i due si addormentano fino al mattino. Un giorno, un camionista regala a Josie una videocassetta porno. Una sera, Josie, tanto per scherzare, mostra a David la videocassetta ma il ragazzino, infastidito e scioccato, va via. Il giorno dopo, Josie viene prelevato dalla polizia che perquisisce la stazione di servizio e lo conduce in commissariato. C’è stato un esposto da parte dei genitori di David: Josie ha mostrato un film porno a un minorenne e gli ha offerto dell’alcool. Josie cerca di difendersi dicendo che si è trattato solo di un gioco e di qualche lattina di birra dopo il lavoro. Josie è costernato, non capisce nemmeno di cosa lo si accusi, vuole scrivere una lettera di scuse alla madre di David ma il poliziotto gli intima di stare lontano dal ragazzo e dalla sua famiglia e di non recarsi in città. Poco dopo il signor Gallagher va da Josie. Scosso, Josie va vicino al fiume e entra piano piano nell’acqua. J osie è un uomo solo, cammina male, veste male, abita in un squallidissimo e misero alloggio, nessuno lo ascolta sul serio, nessuno lo calcola, né come amico né tantomeno come amante. È lontano anni luce dalla società di oggi e ha delle qualità che oggi non sembrano contare più come l’onestà, la disponibilità, la generosità, l’ingenuità e ha un sorriso per tutti. È a suo modo un “diverso”. Vive le sue giornate in una stazione di servizio isolata dove solo di rado si ferma qualche auto a fare benzina, egli compie sempre gli stessi gesti meticolosi, con grande cura anche quando si tratta semplicemente di mettere di fuori l’espositore con i flaconi di olio lubrificante per auto. Il piccolo paese dell’Irlanda, con il suo piccolo pub, la sua isolata stazione di servizio, fotografate sempre con tonalità grigiastre sono un ovvio corrispondente dello stato d’animo del protagonista e dalla sua grigia e misera esistenza, sempre animata da un sano ottimismo. Ma la provincia irlandese è bigotta e sa raggiungere delle vette di ferocia estrema fino all’inesorabile isolamento di chi è “diverso”. Il simbolismo rappresentato dal cavallo solitario che Josie si ferma ad accarezzare e a cui porge da mangiare sarà anche semplice e magari scontato ma è di una potenza visiva disarmante. Come lo è il dialogo con il vecchio disperato e solo davanti al lago, parlando di “sporche vecchie cose”. Un film piccolo e silenzioso ma durissimo. Il regista irlandese Leonard Abrahamson guarda con una consistente dose di tenerezza al suo personaggio trasformando la sceneggiatura di Mark O’Halloran (con cui aveva già collaborato nel 2004 per Adam and Paul) in una vera elegia della solitudine impreziosendola di un finale che richiama quello di Mouchette, il capolavoro di Robert Bresson del 1967. Una nota di merito tutta particolare va al protagonista, l’attore irlandese Pat Shortt che vanta una importante carriera tra televisione e cinema, praticamente perfetto. Vincitore del Festival di Torino nel 2007, Garage è una perla davvero notevole. Elena Bartoni IL SOGNO NEL CASELLO Italia, 2007 Regia: Bruno De Paola Produzione: Tonino Cappiello, Nicola Spina per Vesevo Film Distribuzione: A.B. Film Prima: (Roma 13-3-2009; Milano 13-3-2009) Soggetto e sceneggiatura: Bruno De Paola Direttore della fotografia: Saverio Guarna Montaggio: Patrizia Ceresani Musiche: Mario De Paola Scenografia: Tony Di Pace Costumi: Imma Simonetti Suono: Alberto Bianchi Interpreti: Clotilde Sabatino (Silvia), Lucio Allocca (Signor Fusco), Mario Porfito (Pietro), Pietro Pignatelli (Marco), Raffaello Tullo (Luca), Carmen Scivittaro (Signora Maria), Raffaele Esposito (Signor De Gregorio), Antonella Morea (Antonietta) Durata: 93’ Metri: 2600 5 Film N apoli. Marco è un giovanotto di trentatré anni che lavora per le autostrade meridionali. Passando le sue giornate tra monotoni turni al casello e le soffocanti premure di sua mamma con cui vive, una calda giornata di fine luglio Marco si imbatte per caso in Silvia, una bella ragazza piena di bagagli che accorre goffamente ad aiutare. Poco dopo, durante una riunione di condominio, Marco scopre che Silvia ha preso in affitto un appartamento nel suo stesso pianerottolo. Per il giovane è il colpo di fulmine e si confessa con l’amico Luca che lavora nella macelleria del padre. La sua felicità però dura poco, quando, tornato a casa, trova la madre disperata perché ha ricevuto una lettera di sfratto. La signora non vuole farsi una ragione: dopo trent’anni, deve lasciare quell’appartamento nel giro di un mese. Deciso a farsi avanti con Silvia prima che sia troppo tardi, Marco riesce a “spedire” la mamma per qualche tempo dai parenti a Paestum. Finalmente solo, il giovane riceve la visita del ragionier De Gregorio, proprietario dell’appartamento, che pretende di riscuotere i soldi dell’affitto del mese successivo in anticipo. Marco finisce per avere un alterco con lui minacciando di non andarsene dall’appartamento. Subito dopo, Marco non riesce a invitare a cena Silvia perché la madre telefona nel momento meno opportuno. Il ragionier De Gregorio si sfoga con il barbiere che gli suggerisce di rivolgersi a una fantomatica Agenzia Esposito. Il ragioniere si reca all’agenzia dove il losco Esposito lo rassicura che risolveranno il suo problema con una terapia d’urto nei confronti dell’inquilino recidivo. Per strada, Marco incontra di nuovo Silvia e tenta di invitarla a cena ma la ragazza è stanca per i suoi misteriosi turni di lavoro notturni e preferisce andare a dormire. Quella sera, Marco riceve il primo “avvertimento”: un fattorino gli consegna un gran numero di pizze che non ha mai ordinato pretendendo il pagamento di un conto salato. Quella stessa notte, il giovane viene tempestato di telefonate anonime e passa la notte insonne. Il giorno dopo Marco racconta a Luca le sue disavventure; poi, tornato a casa, trova la serratura bloccata tanto che è costretto a chiamare i vigili del fuoco. Intanto Esposito rassicura De Gregorio: ora passeranno alle maniere forti con un professionista. Poco dopo, Marco riceve la visita di un tale. Il giovane lo riconosce: è il suo vecchio amico Antonio. L’uomo racconta di lavorare per un’agenzia che aiuta i proprietari delle case a cacciare gli inquilini e confessa di essere lì per minacciarlo. Marco incontra De Gregorio disperato davanti casa di Silvia: tra le mani ha una lettera d’addio della ragazza che ha lasciato improvvisamente l’appartamento. Marco capisce la ragione di tutti quei sabotaggi: De Gregorio si era innamo- Tutti i film della stagione rato di Silvia e voleva cacciarlo di casa per andare ad abitare accanto alla ragazza. Ma ora è tutto inutile, l’abitazione non gli serve più, lo sfratto è revocato. La mamma torna a casa e trova Marco sconsolato per la partenza di Silvia. È la sera del 31 luglio: quella sarà una notte di fuoco per chi lavora al casello autostradale, visto che ormai milioni di viaggiatori decidono di fare le cosiddette “partenze intelligenti” e viaggiare di notte creando il caos sulle autostrade. Naturalmente a Marco tocca il casello quella notte ma lo attende una sorpresa: finalmente lavora insieme alla collega del turno di notte che non ha mai visto, Silvia. D ue cuori e ... un casello. Si, avete capito bene, un casello autostradale. Un classico ‘teatrino alla napoletana’ modellato sul genere di L’amico del cuore, fortunato esordio cinematografico di Vincenzo Salemme datato 1998. Ed ecco anche qui il nostro gruppetto di maschere in salsa partenopea: il protagonista sfortunato con le donne, l’amico-confidente (qui è un giovanotto figlio di un macellaio che di notte, smessi i panni del macellaio, si diletta a fare il deejay), la mamma iperprotettiva e soffocante, il collega con cui passare le interminabili ore di monotono lavoro al casello. A fare da contorno, un teatrino di comparse buffe al punto giusto: il “matto” che chiede l’elemosina al casello e che porta appesi al collo esilaranti messaggi, il ragioniere prepotente padrone di casa, il proprietario di una losca agenzia di “recupero crediti”, l’automobilista in piena crisi di nervi. Il nostro giovanotto vive situazioni tra realtà e sogno, o peggio incubo, come nel caso della divertente scena iniziale dell’ufficio postale. Il povero ‘cocco di mamma’ è in fila con le solite bollette da pagare tra le mani, ma se la deve vedere con clienti che gli fumano in faccia in barba ai divieti, con prosperose signore che, sfinite, gli si gettano con tutto il peso addosso per alleviare la fatica di tante ore in piedi, con impiegati che si prendono tranquille pause caffè con le code interminabili agli sportelli e, infine, con l’irruzione di un gruppo di malviventi per l’immancabile rapina. Scene da “Napul’è mille colori” insomma. Dietro la macchina da presa c’è Bruno De Paola, napoletano di Torre del Greco, classe 1968, qui al suo esordio alla regia cinematografica dopo una lunga carriera come regista di serie televisive. A prestare il volto al “bamboccione” protagonista è Pietro Pignatelli, un lunga gavetta in teatro come interprete di spettacoli di prosa e musical e in televisione come interprete di fiction e spot pubblicitari, ben affiancato dalla deliziosa Clotilde Sabatino, attrice di teatro, televisione e cinema (ricordiamo la sua apparizione nella commedia Un altro anno e poi cresco con Paola Cortellesi). Un racconto lineare, semplice, quotidiano, che vola lieve sulle ali di un sogno d’amore che non ha età, anche e soprattutto ora, nell’era dei bamboccioni, paffutelli e profumati. In quest’epoca di transizione, di precarietà, di flessibilità, di eterno movimento, non c’è da stupirsi se anche una storia d’amore potesse sbocciare nel luogo di passaggio per eccellenza, e cioè un casello autostradale. Elena Bartoni SBIRRI Italia, 2009 Regia: Roberto Burchielli Produzione: Raoul Bova, Chiara Giordano per Sanmarco. In collaborazione con Mauro Parissone, Laura Guglielmetti per H24 Film Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 10-4-2009; Milano 10-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Roberto Burchielli. Con la collaborazione di Duccio Camerini Direttore della fotografia: Gigi Martinucci Montaggio: Elvis Millesi, Alessandro Paseri Musiche: Fabrizio Pippo Lamberti Scenografia: Stefano Giambanco Costumi: Stefano Giovani Interpreti: Raoul Bova (Matteo Gatti), Luca Angeletti (Luca Martani), Simonetta Solder (Sveva Gatti), Alessandro Sperduti (Marco Gatti) Durata: 100’ Metri: 2750 6 Film R oma. Matteo Gatti è un affermato giornalista televisivo di successo, che spesso è assente da casa. Il figlio adolescente, Marco, muore a Milano dopo aver preso una pasticca d’ecstasy. La moglie Sveva, incinta, casca a pezzi. Matteo, deciso a capire chi c’è dietro al giro di droga e per colmare un senso di inadeguatezza, parte per Milano per girare un servizio-inchiesta sulla droga. Sveva gli dice di non tornare più a casa, poiché parte proprio nel momento in cui lei ha più bisogno della sua presenza. A Milano, Matteo, conosce l’UOCD, un’unità speciale di agenti in borghese, in cui viene infiltrato. Col fidato cameraman e camuffato nell’aspetto per non essere riconosciuto, inizia la sua inchiesta. Interrogatori, piccoli inseguimenti, giovani che per motivi svariati si iniziano alla droga (fare il fico con gli amici, problemi a casa); Matteo assiste a tutto questo, senza mai trovare la risposta agognata: chi devo incolpare della morte di mio figlio? Nella sua mente prendono vita diversi ricordi: Marco che gli chiede di andare a Milano con amici, di quando gli aveva recriminato la costante assenza paterna da casa, o di quando si era scordato di andare all’importante finale di calcetto del figlio. Pian piano, impara anche a conoscere le storie personali dei poliziotti: quella della ragazza i cui familiari non erano felici della sua scelta professionale, l’uomo che lo fa per passione, il cosiddetto Cane che, monitorando il comportamento degli spacciatori, fruga per trovare la droga. Matteo si confida col capo della squadra, in merito ad alcuni video anonimi che riceve via mail e che ritraggono la vita del figlio assieme agli amici, in procinto di partire per Milano; viaggio fatto per rivedere alcune ragazze conosciute a Roma. Tutti i film della stagione Sveva, sola a casa, continua a non reagire. Proseguono le indagini. Matteo, è sempre più consapevole della miseria e della solitudine che gira attorno al mercato della droga, ma di quella risposta ancora non c’è traccia. Dopo giorni, capisce che non è stato un buon padre. Manda un videomessaggio alla moglie dicendole che l’ama ancora e che vuole ricominciare una vita assieme; gli risponde dicendo a sua volta che lo ama e lo aspetterà. Durante un’altra retata, Matteo viene chiamato dall’ospedale: Sveva sta per partorire. Il capo della squadra, poco prima che Matteo parta, gli rivela d’avergli inviato lui stesso quei videomessaggi: non si può trovare un vero colpevole, è arrivato il momento di tornare a vivere. Con l’ultimo video, che guarda in treno, Matteo scopre che è stata una coetanea a dare l’ecstasy al figlio e che, fino all’ultimo, si era rifiutato di prenderla. Matteo fa riprendere la nascita della figlia; per sua stessa ammissione, il miglior servizio da lui mai ideato. U n ibrido. Fiction e realtà tentano la fusione. La storia del giornalista Matteo Gatti (finzione) incontra le vere indagini della squadra UOCD ossia l’Unità Operativa Criminalità Diffusa. Raoul Bova si è realmente infiltrato nella squadra per seguirne retate e quant’altro; proprio come Gatti; l’attore si è dovuto altresì camuffare per non farsi riconoscere per le strade di Milano. Il regista Roberto Burchielli è un esperto di realmovie; tanto per fare un nome l’ottimo La vittima e il carnefice girato per RaiTre è opera sua. In Sbirri utilizza un nuovo modo di de- scrivere una storia già raccontata altre volte: un padre che non si dà pace per la morte del figlio e che preso nella ricerca di una risposta a tale dolore, lascia andare alla deriva una già forte crisi familiare. L’aspetto più interessante è la vita di questi sbirri che vengono pagati poco, rischiano molto, ma continuano a lavorare per fare qualcosa di buono, per sentirsi utili. Ciò che proprio non funziona è la storia personale di Matteo: troppo enfatizzata da una recitazione che invece di commuovere, quasi infastidisce. Anche la musica segue la stessa sorte; in alcuni tratti è eccessiva, troppo patetica. Gli unici momenti di fiction che risultano reali, sono i filmini di Marco assieme agli amici. Un’inchiesta giornalistica e un film possiedono un proprio linguaggio indipendente, che in questo tentativo di fusione perdono i loro connotati, lasciando lo spettatore disorientato. Burchielli tenta di unificare tali linguaggi, seguendo la vicenda di Matteo quasi sempre con una cinepresa libera, come fosse lei stessa un documentario. Un film che non riesce ad addentrarsi nelle corde personali, tanto da consentirci un’immedesimazione coi drammi del protagonista. La consapevolezza del proprio fallimento come padre, non segue un percorso in crescita per poi sfociare nel climax; si ha più l’impressione di un assopimento di Matteo e dell’improvviso risveglio finale con grida e urla. Un esperimento alla The Blair Witch Project, sicuramente molto più ambizioso e giusto nella sua denuncia contro la droga, ma che non funziona. Un ibrido, che ha ancora bisogno di tentativi per una buona riuscita. Elena Mandolini SACRO E PROFANO (Filth and Wisdom) Gran Bretagna, 2008 Acconciature: Dejan Cekanovic Effetti speciali trucco: Vesna Giordano Coreografie: Stephanie Roos e Tiffany Olson Interpreti: Eugene Hutz (A.K.), Holly Weston (Holly), Vicky McClure (Juliette), Richard E. Grant (professor Flynn), Stephen Graham (Harry Beechman), Olegar Fedoro (padre di A.K), Inder Manocha (Sardeep), Shobu Kappor (moglie di Sardeep), Francesca Kingdon (Francine), Elliot Levey (Benjamin Goldfarb), Tim Wallers (signor Frisk), Hannah Walters (signora Goldfarb), Clare Wilkie (Chloe), Guy Henry (Lorcan O’Neill), Nunzio Palmara (Nunzio), Luca Surguladze (giovane A.K.), Steve Allen (Mikey), George Keeler (uomo delicato), Ade (DJ), Gogol Bordello (se stessi) Durata: 80’ Metri: 2820 Regia: Madonna Produzione: Semtex Films in coproduzione con Exposure/HSI Distribuzione: Sacher Film Prima: (Roma 12-6-2009; Milano 12-6-2009) Soggetto: Dan Cadan Sceneggiatura: Madonna, Dan Cadan Direttore della fotografia: Tim Maurice-Jones Montaggio: Russell Icke Scenografia: Gideon Ponte Costumi: B. Produttori esecutivi: Nicola Doring, Madonna Casting: Daniel Hubbard Aiuti regista: Tony Fernandes, Ben Howard, Andrew Mannion Operatore: Peter Wignall Trucco: Sinden Dean 7 Film A. K. è un musicista gitano costretto a soddisfare le voglie sadomaso dei suoi clienti per poter finanziare il suo gruppo punk. Nello stesso palazzo abita il professor Flynn, uno scrittore cieco che ha smesso di scrivere e passa le sue giornate nel buio del suo appartamento. Il musicista tenta di spronare il professore a ricominciare a scrivere; è convinto che così stia solo sprecando il suo talento. La giovane Juliette lavora nella farmacia dell’indiano Sardeep, ma il suo sogno è di fare la volontaria in Africa. Juliette divide l’appartamento con A.K. e con Holly, una ballerina di danza classica che, nonostante il suo talento, non riesce a trovare un impiego. A.K. consiglia a Holly di fare la spogliarellista. Sulle prime riluttante, ma spinta dal bisogno di soldi, Holly si reca nel night gestito da Harry Beechman. L’uomo le presenta Francine che chiama una ballerina per farle una dimostrazione di lap-dance. Holly si sente impacciata, è convinta che non riuscirà a essere disinvolta in quel tipo di ballo. Francine la invita a scuotersi e a smetterla di piangersi addosso. A pranzo con il professor Flynn, Holly confessa di non accettare il fatto di doversi spogliare per vivere. Flynn le cita Isadora Duncan e poi le rivela che A.K. è innamorato di lei. Intanto Juliette riceve la visita della sorella che le comunica che andrà a fare il giro del mondo con i soldi della madre. Al lavoro, Juliette riceve le attenzioni di Sardeep che si arrabbia con lei perché le ha trovato delle medicine in tasca. Juliette si licenzia annunciando la sua intenzione di andare in Africa. Holly si esibisce per la prima volta come lap- Tutti i film della stagione dancer e ottiene successo. Intanto A.K. cerca di scuotere il professor Flynn, ma l’uomo lo caccia via. A casa, A.K. discute con Juliette e in quel mentre arriva Sardeep che chiede scusa alla ragazza e le porge una lettera: il Corpo della Pace ha accettato la sua domanda e le offre un lavoro a Nairobi presso una struttura per bambini orfani a causa dell’AIDS. Poi Sardeep le regala il biglietto aereo e la ragazza lo abbraccia. Arriva anche Francine con un’altra busta per Holly: le sue mance. Poco dopo A.K. canta in un locale: tra il pubblico ci sono tutti i suoi amici, tra cui il professor Flynn finalmente sorridente. S acro e profano, istinto e razionalità, follia e normalità, bene e male, paradiso e inferno. Due facce della stessa medaglia? A proposito di questa sua prima esperienza da regista Madonna ha dichiarato: “Terminato il film mi sono resa conto che ogni personaggio rappresenta un aspetto della mia personalità e così l’esperienza si è rivelata tanto artistica quanto terapeutica”. È vero, forse non c’è personaggio nel mondo dello show business più multiforme della signora Ciccone: più di tutto è lei a rappresentare due facce, una star dentro e fuori le regole. E la sua opera prima mette in scena tutto ciò che lei ama e ha sempre amato: travestimenti, musica, ballo, trasgressione, comportamenti sadomaso, ma tutto senza violenze e senza conseguenze pericolose, solo avventure folli compiute tanto per il gusto di divertirsi. Ma c’è sicuramente un altro fattore da considerare. Nella sua vita, la ex material girl ha collezionato tante importanti espe- rienze e lezioni di vita tra cui anche due ex mariti registi come Sean Penn e Guy Ritchie dai quali ha sicuramente imparato molto, soprattutto un bagaglio utile a fare il grande salto dietro la macchina da presa (d’altronde è forse una delle poche cose che non aveva ancora fatto nella sua multiforme attività). Il filmino (attenzione il diminutivo si riferisce soprattutto alla sua breve durata) ha il merito di seminare qui e là qualche gag, qualche effetto musicale ben riuscito (uno su tutti, l’esibizione della lap-dancer Holly sulle note della celebre hit “Baby, One More Time” con indosso lo stesso mini kilt da finta ingenua studentessa di college che indossava la popstar nel video) e qualche nota poetica (il professore-scrittore cieco chiuso nel suo buio appartamento). È un’opera irriverente, ma non troppo, e acuta al punto giusto. La girandola metropolitana è a tratti divertente e i tipi che la animano sono sicuramente buffi (chissà come le saranno venuti in mente, forse scavando nell’album dei ricordi dei primi anni Ottanta, quando era una ragazza in cerca di notorietà e cantava spensierata hit ‘danzereccie’ come “Lucky Star” o “Holiday”? Oppure ricordandosi dei personaggi e situazioni in stile Lock & Stock – Pazzi e scatenati, che resta a tutt’oggi la pellicola migliore dell’ex marito Ritchie?). Su tutti spicca il musicista punk-gitano che si aggira nella giungla londinese vestito in modo inguardabile, sbarcando il lunario come “prostituto” pronto a soddisfare le voglie sadomaso di clienti un tantino problematici per finanziare il suo gruppo rock chiamato “Gogol Bordello”. Vera voce narrante del film, il curioso gitano ucraino (impersonato da Eugene Hutz, musicista nato in una cittadina vicino Kiev, poi emigrato negli Stati Uniti, dove ha portato al successo la sua band punk-rock-gitana dei “Gogol Bordello”) dispensa qua e là alcune “perle” di saggezza che dimostrano come, al di là di facili moralismi, al di là delle bizzarrie, la vita sulla terra sia essenzialmente una lotta continua per la sopravvivenza, un percorso verso il paradiso che passa necessariamente attraverso l’inferno. Filth and Wisdom (titolo originale del film) cioè “sporcizia” e “saggezza”, come dire: per vivere e arrivare alla saggezza sei costretto a sporcarti (come tutti e tre i giovani del film). Si, il film è proprio tutt’uno con la sua regista. Lei, la diva “sporca” ma “saggia” che a cinquant’anni suonati non si concede un momento di pausa. E continua a guardare alla vita con gli occhi dei vent’anni. Sarà questo il segreto della sua eterna giovinezza? Elena Bartoni 8 Film Tutti i film della stagione STAR SYSTEM SE NON CI SEI NON ESISTI (How to Lose Friends & Alienate People) Gran Bretagna, 2008 Regia: Robert B. Weide Produzione: Elizabeth Karlsen, Stephen Woolley per Number 9 Films/Film4/Intandem Films/Aramid Entertainment Fund/Lipsync Productions/UK Film Council Distribuzione: Mikado Prima: (Roma 8-5-2009; Milano 8-5-2009) Soggetto: dal libro Un alieno a Vanity Fair di Toby Young Sceneggiatura: Peter Straughan Direttore della fotografia: Oliver Stapleton Montaggio: David Freeman Musiche: David Arnold Scenografia: John Beard Costumi: Annie Hardinge Produttori esecutivi: Tessa Ross, Gary Smith, Courtney Solomon, Allan Zeman Co-produttori: Laurie Borg, Toby Young Casting: Justine Baddeley, Kim Davis, Jina Jay Aiuti regista: Henry Mackintosh, Matthew Penry-Davey, Lance Roehrig, Ethan Anderson, Simon Downes, Stuart Jones, Charlie Reed Operatore: Jim McConkey Operatore steadicam: Pete Cavaciuti Art directors: Ray Chan, Anthony Gasparro Arredatore: Sara Parks Trucco: Tamsin Dorling, Nana Fischer, Persefone Karakosta, Peter King, Flora Moody, Lucy Sibbick S idney Young è un impacciato giornalista inglese. Lavora per una rivista satirica, ma sogna il mondo dorato di Hollywood. La sua mania per le star lo porta a infiltrarsi in ogni evento mondano, rimediando figuracce che lo rendono famoso in tutto l’ambiente. Le sue peripezie arrivano anche oltreoceano tanto che un famoso direttore statunitense, colpito dalla sua caparbietà, gli propone di scrivere per lui. Per Sidney finalmente si schiudono le porte di Hollywood. Ai party non è più cacciato brutalmente, ma vezzeggiato da star e agenti. I suoi colleghi, però, non sono altrettanto disponibili eccetto Allison che, dopo l’ostracismo iniziale, diventa sua amica e lo aiuta a tirarsi fuori dai guai che puntualmente lo perseguitano anche in terra straniera. Una delle vittime dei suoi modi maldestri è Sophie Maes, starlette in ascesa, di cui Sidney è follemente invaghito. La giovane attrice, però, sembra non interessarsi a lui, fino a quando al giornalista non viene affidato più spazio all’interno della rivista. Sidney è lusingato dalle attenzioni di Sophie e addirittura, qualche giorno prima di una premiazione, le regala l’anello Acconciature: Tamsin Dorling, Colleen Wheeler, Nana Fischer, Peter King, Flora Moody Supervisore effetti visivi: Sheila Wickens Coordinatore effetti visivi: Samantha Tracey Supervisori costumi: Michael Anzalone, Gabrielle Spanswick Supervisore musiche: Karen Elliott Interpreti: Simon Pegg (Sidney Young), Kirsten Dunst (Alison Olsen), Jeff Bridges (Clayton Harding), Danny Huston (Lawrence Maddox), Gillian Anderson (Eleanor Johnson), Megan Fox (Sophie Maes), Max Minghella (Vincent Lepak), Miriam Margolyes (sig.ra Kowalski), Kelan Pannell (Sidney Young bambino), Janette Scott (sig.ra Young), Kelly Jo Charge (presentatrice Apollo Awards), Christian Smith, Thandie Newton (ospiti Apollo Awards), Katherine Parkinson (PR), Miquel Brown (assistente di Clayton), Charlotte Devaney (Bobbie), Margo Stilley (Ingrid), Isabella Calthorpe (Anna), Hannah Waddingham (Elizabeth Maddox), Diana Kent (Rachel Petkoff), Emily Denniston (assistente di Maddox), Ashley Madekwe (Vicky), Lisa McAllister (assistente di Sophie Maes), Julia West (Madre Superiora nel trailer), Charles De Bromhead (giovane prete nel trailer), Jane Perry (sig.ra Harding), Connie Wheeler, Lara Emunds (bambini Harding), Andy Lucas (mago/dentista), Bill Paterson (Richard Young) Durata: 110’ Metri: 2910 di sua madre in cambio della promessa di una notte d’amore. Intanto Allison, stanca dell’ambiente lavorativo, si licenzia per dedicarsi a un giornalismo più di spessore. È la notte della premiazione, Sophie è vicino a Sidney in attesa di sapere se vincerà. Il giornalista, però, inizia a guardare con occhi diversi il mondo dello spettacolo: realizza quanto questo ambiente sia futile e ipocrita e, in un impeto di rabbia, cerca di riprendersi, dal dito di Sophie, l’anello materno. L’attrice, riluttante a riconsegnarlo, inizia a urlare scatenando una furibonda lotta che coinvolge tutti i presenti. Tutte le televisioni riprendono l’accaduto e Sidney viene licenziato in tronco, ma non è triste, anzi, coglie l’occasione per andare da Allison per manifestarle un affetto che lo scintillio di Hollywood aveva per troppo tempo soffocato. E siste ancora “La dolce vita”? No, probabilmente no. La stessa via Veneto, palcoscenico ideale dei sogni degli artisti, sembra ormai soltanto il ricordo della visione felliniana, o, per rimanere in tema, un “amarcord”. Nell’epoca dei reality e dei social network purtroppo non ci resta che sorbirci 9 la dolse vita o, se siamo fortunati, la dolcie vita, entrambe volgari imitazioni di un’epoca, di uno stile di vita che, per ragioni sociali e storiche, non può essere più riproposto. Eppure, mai come in questo periodo la voglia di apparire, o meglio, di essere parte di un determinato circuito influenza la quotidianità di insospettabili individui. Una volta i “divi” lo erano nell’accezione più vera, ora, invece, si sente il bisogno di toccarli, umanizzarli, farli propri anche attraverso una foto scattata per pietà. Questa smania postmoderna è ben rappresentata da Sidney Young, personaggio della pellicola pre-estiva Star SystemSe non ci sei non esisti. Sidney è un giornalista mondano, ma al di là del suo lavoro in una rivista di gossip londinese ha una vera e propria ossessione per lo showbusiness che lo porta a combinare un guaio dopo l’altro anche solo per stringere la mano al divetto del momento. Robert B. Weide, il regista della commedia, sceglie il filone grottesco per raccontare le disavventure di un uomo semplice che cerca di vivere i suoi “15 minuti”, anche di luce riflessa. Ce lo mostra imbranato, simpatico, a volte patetico, ma sempre con un sostrato di dignità che esplode nel finale. Film Le innumerevoli gag, alternate all’eccessivo citazionismo felliniamo, però, non creano l’effetto voluto: la pellicola non conquista, pur lasciandosi guardare e, nel complesso, si può giudicare alquanto mediocre. Tutti i film della stagione Però, bisogna riconoscerlo, descrive bene tutti i personaggi del grande carrozzone hollywoodiano, dal manager arruffone, alla diva sul viale del tramonto, fino alla starlette poco santa e molto peccatrice. Ma non bastano le note di Nino Rota e neanche il bagno di una seducente Megane Fox in piscina a ricreare un’atmosfera. La “dolce vita” è proprio finita. Francesca Piano LA TERRAZZA SUL LAGO (Lakeview Terrace) Stati Uniti, 2008 Coordinatori effetti speciali: John C. Hartigan Supervisori effetti visivi: Dick Edwards (Invisible Effects), Rocco Passionino Coordinatore effetti visivi: Sean Tompkins Supervisore costumi: Satcy Horn Supervisore musiche: Pilar McCurry Interpreti: Samuel L. Jackson (Abel Turner), Patrick Wilson (Chris Mattson), Kerry Washington (Lisa Mattson), Ron Glass (Harold Perreau), Justin Chambers (Donnie Eaton), Jay Hernandez (Javier Villareal), Regine Nehy (Celia Turner), Jaishon Fisher (Marcus Turner), Robert Pine (capitano Wentworth), Keith Loneker (Clarence Darlington), Caleeb Pinkett (Damon Richards), Robert Dahey (Jung Lee Pak), Ho-Jung (Sang Hee Pak), Dallas Raines (conduttore del meteo in TV), Bitsie Tulloch (Nadine), Michael Sean Tighe (manager), Valeri Ross (anziana signora), Dartenea Bryant (donna), Dale Godboldo (Dale), Lynn Chen (Eden), Wiley M. Pickett, Vincent Laresca, Paul Terrell Clayton, Jeff Cockey (agenti), Wrenna Monet, Tabitha Taylor, Khira Thomas (spogliarelliste), Cassius Willis (poliziotto), Vanessa Bell Calloway (zia Dorrie), Cocoa Brown (barista), Marc Chaiet (vicino), Zorianna Kit (reporter tv), Hiep Thi Le (infermiera), Ajay Mehta (dottore), Michael Landes (tenente Bronson) Durata: 110’ Metri: 2850 Regia: Neil LaBute Produzione: James Lassiter, Will Smith per Overbrook Entertainment/Screen Gems Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia Prima: (Roma 31-10-2008; Milano 31-10-2008) Soggetto: David Loughery Sceneggiatura: Howard korder, David Loughery Direttore della fotografia: Rogier Stoffers Montaggio: Joel Plotch Musiche: Jeff Danna, Mychael Danna Scenografia: Bruton Jones Costumi: Lynette Meyer Produttori esecutivi: John Cameron, Jeffrey Graup, David Loughery, Joe Pichirallo Co-produttore: Orin Woinsky Direttore di produzione: John Cameron Casting: Heidi Levitt Aiuti regista: Albert Cho, Donald Murphy, Peter Dress, Renee Hill, Marc Newland Operatore: Paul Sanchez Operatore Steadicam: Kirk R. Gardner Art directors: Paul Sonski, Thomas T. Taylor Arredatore: Don Diers Trucco: Allan A. Apone, Sara Vaughn Barry R. Koper Acconciature: Rhonda O’Neal, Linda Villalobos, Marc Boyle, Linda Stevenson-Khan, Robert L. Stevenson D alla finestra della sua splendida villa immersa nel verde del quartiere residenziale di Lakeview Terrace, Abel Turner scruta l’arrivo, con annesso trasloco, dei nuovi vicini. Da quel che vede si tratta – presumibilmente – di una coppia di afro-americani come lui; l’attraente donna, sulla trentina, è parecchio più giovane del proprio compagno. Quando quest’ultimo è distratto da una telefonata sul cellulare, la donna prende a baciarsi – con fastidiosa disinvoltura – con un giovane traslocatore dalla pelle bianca. Disgustato dalla scena, Abel si allontana dalla finestra e incita i due figli – una ragazza adolescente e un bambino – a sbrigarsi o faranno tardi a scuola. Intanto la coppia della villa accanto, che risponde ai nomi di Lisa e Chris Mattson (il presunto traslocatore), è all’ingresso e si congeda affettuosamente dal terzo uomo, che altri non è che il padre di lei. Abel passa in quel momento con l’auto, e saluta i due con sguardo enigmatico, gelandoli. Chris cor- re subito al lavoro, mentre Lisa, disegnatrice, svolgerà il proprio da casa. La prima notte nella nuova casa non è delle migliori, perché il potente faro anti-ladro di Abel punta proprio sulla camera da letto di Lisa e Chris, impedendo loro di dormire. Il mattino seguente, Chris è deciso a far presente la cosa al vicino, ma trova un messaggio di benvenuto di quest’ultimo sul parabrezza della propria auto, a suo dire parcheggiata in modo erroneo sulla strada comune. “Il rispetto delle regole,” dice sopraggiungendo Abel, poliziotto tutto d’un pezzo, “è molto importante”. Promette comunque di dirigere altrove il faro anti-ladro. Al termine della giornata, i due si incontrano nuovamente, e Abel sorprende Chris ad ascoltare musica rap in macchina, fumando uno spinello. “Domattina ti sveglierai comunque bianco”, gli dice a muso duro. Al calare delle tenebre, la potente luce di Abel illumina ancora a giorno la stanza dei vicini. 10 La notte seguente è anche peggio, perché l’impianto di condizionamento è improvvisamente guasto e in casa non si respira per l’eccessivo caldo. Lisa e Chris scoprono che i fili del motore sono stati tagliati di netto e, lì accanto c’è un mozzicone degli spinelli di Chris. Il giorno dopo, Abel sorprende i due figli che spiano da una finestra i vicini che amoreggiano in piscina; la cosa lo manda su tutte le furie. Nonostante tutto, Lisa fa amicizia con Celia, la figlia maggiore di Abel, che le rivela che in famiglia si vive male da quando è venuta a mancare la mamma e, che il padre è irragionevolmente severo e autoritario con i due figli. Lisa decide d’istinto di invitare l’intera famiglia Turner alla festa di inaugurazione della nuova casa. La situazione pare dunque appianata, ma, la sera del party, Abel si presenta da solo e rovina l’atmosfera gioviale, trattando con saccenza gli amici della coppia (tutti democratici, mentre lui è fiero del suo essere repubblicano) e finisce anche per far liti- Film gare Lisa e Chris tra loro. Intanto i telegiornali da settimane non parlano d’altro che dei violenti incendi che devastano la zona vicino Lakeview Terrace, anche se la situazione sembra sotto controllo. Chris, esasperato dai comportamenti di Abel, passa al contrattacco e acquista, a sua volta, un faro anti-ladro, puntandolo sulla casa di Abel; pianta poi degli alberi al confine tra i giardini, ma il poliziotto, fuori di sé, li abbatte sotto i suoi occhi. L’amicizia tra Lisa e la figlia di Turner diviene sempre più intima; sfidando i divieti paterni Celia trascorre un pomeriggio spensierato in piscina con Lisa, ma Abel si inalbera nel vedere la figlia in bikini e aggredisce anche Lisa, che gliela giura, perché tratta male e senza alcun motivo la ragazzina. La tensione contagia anche Lisa e Chris, che litigano ferocemente: la donna ha smesso di prendere la pillola anticoncezionale – e aspetta un bambino –, senza prima essersi consultata con il marito, che le aveva detto chiaramente di non voler subito dei figli. L’uomo non si sente pronto ad affrontare il giudizio e le intromissioni del resto del mondo in questo nuovo momento della loro vita di coppia. Durante un barbecue dai vicini, Abel manda un balordo di sua conoscenza nella villa vuota di Lisa e Chris con l’ordine di spaccare tutto. La donna però rincasa prima per un malessere, sorprende il vandalo e fa scattare l’allarme. Abel e Chris accorrono insieme, Abel uccide l’intruso a colpi di pistola. Chris, giorni dopo, ritrova il cellulare del balordo, e scopre che le ultime telefonate le ha scambiate con Abel. L’incendio ormai è alle porte di Lakeview Terrace, i vigili del fuoco invitano tutti i residenti ad andarsene. Abel e Chris restano e si affrontano in strada in una sorta di folle duello all’ultimo sangue. L’intervento delle forze di polizia evita il peggio per Chris, già ferito seriamente; Abel muore sotto i colpi d’arma da fuoco dei colleghi, mentre le fiamme stanno per distruggere ogni cosa intorno a loro. L a casa dei sogni, un vicino da incubo: il sottotitolo italiano del film chiarisce, ancor prima che si metta piede al cinema, l’argomento trattato dal thriller firmato Neil LaBute. Eppure rivela soltanto una parte di una storia che sa sfaccettarsi in molteplici punti di vista. La tematica razziale la fa da protagonista ed è affrontata, in questo film, da un punto di vista diverso dal solito; non ci troviamo di fronte, per dirla in poche parole, al classico esponente WASP in lotta di collisione con afroamericani, o altre minoranze etniche. A essere razzista è infatti proprio un veterano poliziotto Tutti i film della stagione afroamericano di Los Angeles e l’oggetto del suo odio è, al momento, una coppia rampante e progressista che si insedia nella villa accanto alla sua, rea ai suoi occhi di aver contratto un matrimonio multietnico, per lui inconcepibile. Ma la realtà non è così semplice e neanche così scontata, perché sono davvero poche le cose che vanno a genio all’integerrimo Abel Turner: i due figli non sono abbastanza rispettosi delle sue regole, le automobili non sono parcheggiate in modo regolare lungo la strada di fronte casa, troppi delinquentelli si aggirano nella “sua” zona. L’ansia di controllo lo pervade e lo comanda, al punto da fargli creare una serie di regole, di rigidi standard di comportamento, che, nella sua mente ormai contorta, devono necessariamente essere rispettati da tutti: in famiglia – e i due figli sono al limite della sopportazione –; sul lavoro – verrà costretto a un periodo di riposo per uso eccessivo della forza –, nella comune vita di ogni giorno – l’uomo si impone turni di vigilanza notturna per controllare il suo quartiere, una piccola e tranquilla zona residenziale che lui immagina sotto assedio di tutto il male del mondo. Come se tutte le paure post 11 settembre si riversassero in un unico individuo, portandolo a vivere eternamente in trincea. L’ansia si trasforma rapidamente in follia e il razzismo è chiaramente una scusa di facciata, che non eviterà, comunque, una lotta violentissima con i giovani malcapitati dirimpettai. L’abilità registica di LaBute è tutta nel saper rendere in modo efficace la sgradevolezza della situazione, di far respirare il fastidio (prima) e il terrore (poi) delle due vittime di turno, naturalmente ben disposte verso il prossimo e ignare dell’esistenza di cotanta cieca perfidia. Persone cosiddette normali, tranquille, in cui è fin troppo facile immedesimarsi, anche grazie ai piccoli difetti – l’impulsività di lui, per esempio – che li caratterizzano. La tensione che il regista costruisce, scena dopo scena, è reale, sempre più incalzante, senza via di scampo. Si parla, almeno all’inizio, di piccoli screzi tra vicini, di beghe quotidiane per il controllo del territorio, di quella protezione della proprietà privata, di cui amano riempirsi la bocca tanti statunitensi, per arrivare al limite del paradosso: il poliziotto Abel non abbandonerà la propria casa neanche di fronte al fuoco, come se un incendio non fosse altro che un nuovo nemico da combattere a ogni costo, da scacciare a mani nude dal proprio terreno. La limitazione e la protezione dello spazio è il vero tema del film, come dalle parole dello sceneggiatore, David Loughery: “Volevo mettermi alla prova e uscire un po’ dalla mia zona di sicurezza, così ho scritto un thriller che affronta problemi che normalmente non vediamo in questo contesto”. Il punto di non ritorno a cui arrivano i protagonisti vuole dunque, essere anche un monito, un invito alla riflessione per lo spettatore, senza ricorrere però a eccessivi moralismi, che, comunque, in un thriller difficilmente avrebbero trovato posto. Manuela Pinetti GLI AMICI DEL BAR MARGHERITA Italia, 2008 Regia: Pupi Avati Produzione: Antonio Avati per Duea Film/Raicinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Pupi Avati Direttore della fotografia: Pasquale Rachini Montaggio: Amedeo Salfa Musiche: Lucio Dalla Scenografia: Giuliano Pannuti Costumi: Steno Tonelli Direttori di produzione: Gianfranco Misiu, Tomaso Pessina Aiuto regista: Roberto Farina Suono: Piero Parisi Effetti visivi: Justeleven Interpreti: Diego Abatantuono (Al), Laura Chiatti (Marcella), Fabio De Luigi (Gian), Luigi Lo Cascio (Manuelo), Neri Marcorè (Bep), Luisa Ranieri (Ninni), Pierpaolo Zizzi (Taddeo), Claudio Botosso (Zanchi), Gianni Ippoliti (Sarti), Gianni Cavina (nonno Carlo), Katia Ricciarelli (Madre di Taddeo), Niki Giustini (Pus), Bob Messini (Mentos), Caterina Sylos Labini (maestra Scaglioni), Maria Pia Timo (Beatrice), Gianni Fantoni (padre di Gian), Lucia Modugno (merciaia) Durata: 90’ Metri: 2500 11 Film L a voce over di Taddeo, un diciottenne che vive vicino al Bar Margherita, in centro a Bologna, ci fa una carrellata dei suoi frequentatori abituali nell’anno 1954. Al, il più carismatico, si divide tra il bar e un night club della zona; Manuelo è ossessivamente attratto dal sesso femminile; Sarti vende impermeabili a preti e suore, mentre Zanchi ha una ditta che produce cravatte; Gianluigi è antennista nell’azienda del padre, ma è anche cantante (in arte Gian) e vorrebbe partecipare al Festival di Sanremo; infine Bep, un po’ ritardato, veste sempre dei guanti da guidatore perché il padre una volta gli ha promesso un’auto. Taddeo sogna di far parte di questa mitica compagnia. Riesce a farsi prestare un’auto con la quale diventa l’autista di Al. Ogni notte deve portarlo al night e poi al ristorante. Questo basta come viatico per entrare a far parte integrante della vita del bar. Taddeo ha una madre e un nonno che decide di punto in bianco di prendere lezioni di pianoforte da una bella insegnante a domicilio. Manuelo gira con un campionario di foto di auto rubate che usa come catalogo. Ma di vendite nemmeno l’ombra. Intanto si sviluppano in parallelo due storie d’amore. Una vede protagonista Bep, che viene accalappiato da una ragazza in cerca di marito. L’altra riguarda Taddeo, innamorato di una coetanea che non ne vuole sapere di lui. Manuelo, sempre intento a portare a termine imprese folli, tenta di percorrere bendato un lungo viale alberato in auto. Naturalmente si schianta prima della fine. Gli viene ritirata la patente. Il nonno invece fa una specie di saggio in casa davanti alle amiche della fi- Tutti i film della stagione glia. Il risultato è pessimo. Gian, che prende sistematicamente lezioni di canto, partecipa alle audizioni per Sanremo accompagnato dall’insegnante. La sua prestazione non sembra suscitare entusiasmi nella commissione. Però, dopo qualche tempo, gli arriva una lettera dalla Rai in cui si comunica che la sua canzone è stata presa al Festival. Bep presenta la sua fidanzata agli amici del bar e tutti si rendono conto che, nella sua ingenuità, si fa completamente sottomettere da lei. Al allora decide di intervenire prima che i due si sposino. Assolda Marcella, una entreneuse del night, perché seduca Bep e lo induca ad allontanarsi dalla fidanzata. Marcella incontra Bep e, senza troppe difficoltà, riesce a trascinarlo in un albergo e a passare con lui una notte d’amore. Gian parte in treno alla volta di Sanremo insieme col padre. Si presenta alla direzione del Festival con la lettera d’invito e tutto sembra andare per il meglio. Tutti a Bologna ascoltano il festival per radio, ma la canzone di Gian non viene trasmessa. Poco prima della fine, Gian si affaccia alla porta del Bar Margherita. Racconta che la lettera era fasulla e che al Festival è diventato lo zimbello dei concorrenti. Si scopre che l’artefice dello scherzo è Zanchi, da tempo indispettito dall’ossessione di Gian per Sanremo. Bep ormai frequenta costantemente Marcella. Il giorno prima del matrimonio, decide di mandare alla fidanzata una lettera in cui spiega a suo modo il motivo per cui non vuole più sposarsi e chiede a Marcella di partire con lui. Il mattino del matrimonio la fidanzata legge a tutti gli invitati la lettera, mentre Bep aspetta invano Marcella in stazione. Arriva invece Al, che gli spiega la vera natura di Marcella. Manuelo riesce finalmente a vendere una delle auto rubate, ma poco tempo dopo viene arrestato. L’uomo è anche un bravo giocatore di biliardo. Partecipa ai tornei in coppia con Al e non perde mai. Con Manuelo in carcere, però, si presenta la necessità di trovare un sostituto per una importante partita. Taddeo suggerisce suo nonno. La partita è una disfatta: il nonno non azzecca un tiro. Al, furioso, non ne vuole più sapere di Taddeo e comincia a evitarlo. Il nonno, inoltre, viene a sapere che la sua insegnante di piano si è sposata e si deve trasferire a Milano. La notizia ha un effetto devastante sul suo fisico, che comincia a deperire a vista d’occhio. Il medico addirittura gli dà pochi giorni di vita. Ma è anche il periodo del compleanno di Taddeo, che vuole a tutti i costi fare una festa a casa, perché è l’unico modo che gli resta per incontrare la ragazza di cui è innamorato. Mentre si svolgono i preparativi per la festa, Taddeo è anche incaricato di cercare l’insegnante di piano per un ultimo incontro col nonno. Mentre gli invitati arrivano e cominciano a ballare, il nonno dà dei soldi all’insegnante per avere le attenzioni sessuali che erano sempre state la vera natura dei loro incontri. La donna dapprima si nega, in quanto ormai sposata, poi cede. È proprio mentre sta ballando con la ragazza dei suoi sogni che Taddeo viene chiamato dall’insegnante. Il nonno è morto fra le sue braccia. Taddeo prosegue con la festa come se nulla fosse, fino a quando torna a casa sua madre che, urlando, caccia tutti i presenti. A rendere omaggio al morto arriva anche Al, che sembra aver perdonato Taddeo. Bep, dopo la figuraccia pubblica col matrimonio, non esce più di casa. Interviene nuovamente Al che porta Bep al night e lo fa incontrare ancora con Marcella, di cui diventa cliente fisso. Foto annuale del Bar Margherita. Sono già tutti in posa, quando arriva di corsa Manuelo, appena uscito dal carcere. Taddeo, però si rifiuta di stare davanti all’obiettivo, perché preferisce guardare il gruppo dal punto di vista della macchina fotografica. È lo stesso Taddeo, nell’ultima sequenza, a spiegarci l’etica implicita della foto annuale del Bar Margherita: un gruppo di persone che mette in scena non tanto se stessa, quanto l’immagine che vuol dare di sé in pubblico. Taddeo insiste a voler guardare dal- 12 Film l’altro punto di vista, a voler assistere all’istante della finzione, con l’intento, a posteriori, di mettere a confronto questa cristallizzazione visiva con la realtà di persone che mostrano inevitabilmente anche un’altra faccia. È infatti proprio la voce over di Taddeo a raccontare i retroscena della compagnia del bar in una delle possibili annate (lui la spaccia per memorabile, ma si sa, ciascuno tende a mitizzare le vicende di cui è stato testimone o protagonista in prima persona) e a evidenziare senza ipocrisie la discrasia che separa la realtà di quegli individui dalla immagine cristallizzata di cui sopra. Una realtà non necessariamente squallida, ma che alterna momenti che potremmo definire ingenui e autentici ad altri, viceversa, cinici e deliberatamente crudeli. E a volte il salto dall’uno all’altro è veramente questione di poco. Soprattutto nelle sequenze chiave del Tutti i film della stagione film, Avati alterna due forme di montaggio che a mio parere contribuiscono a mostrare la doppia faccia (ingenua e cinica) del quotidiano vivere. La prima gioca sull’ellissi temporale, con un conseguente effetto di sospensione e svelamento. La sequenza più esemplificativa è quella del viaggio a Sanremo. Gian parte carico di aspettative per la partecipazione al Festival. Avati interrompe la sequenza un attimo prima che al cantante risulti evidente la burla di cui è stato vittima, per concentrare l’attenzione dello spettatore sulla successiva cruda resa dei conti al bar. Un procedimento simile caratterizza anche la sequenza della lettera d’addio che Bep indirizza alla fidanzata, il contenuto della quale ci viene rivelato solo nella sequenza successiva, o quelle delle lezioni di pianoforte o della morte del nonno, ottenute non tanto attraverso ellissi quanto piuttosto attraverso l’uso del fuoricampo. L’altra forma tecnica usata è il montaggio alternato, volta a mettere uno accanto all’altro i due lati della medaglia. Indicativa è la sequenza del matrimonio mancato, montato in alternanza con l’attesa di Bep alla stazione. Le crude (seppur involontariamente) parole scritte dal futuro sposo affiancate alla sua ingenua speranza di una fuga d’amore: ingenuità e cinismo insieme nello stesso gesto. Discorso simile per l’abbinamento tra i preparativi della festa di Taddeo e il deperimento fisico del nonno, un evento gioioso e uno luttuoso che si affiancano casualmente, la consapevolezza della morte imminente che spinge il nonno a voler rivedere la donna che ha rallegrato l’ultimo anno della sua esistenza con tanto di “proposta indecente” e la volontà di procedere con una festa tanto desiderata quanto inopportuna da parte del nipote. Fabio de Girolamo Marini IO & MARLEY (Marley & Me) Stati Uniti, 2008 Coordinatore effetti speciali: Bruce E. Merlin Supervisori effetti visivi: Ray Mclntyre Jr. (Pixel Magic), Wayne A. Shepherd (At the Post), Edson Williams (Lola Visual Effects) Supervisore musiche: Julia Michels Supervisore costumi: Patricia McLaughlin Interpreti: Owen Wilson (John Grogan), Jennifer Aniston (Jennifer Grogan), Eric Dane (Sebastian), Kathleen Turner (Ms. Kornblut), Alan Arkin (Arnie Klein), Ann Dowd (dr. Platt), Nathan Gamble (Patrick, 10 anni), Haley Bennett (Lisa), Clarke Peters (redattore), Finley Jacobsen (Conor, 8 anni), Lucy Merriam (Colleen, 5 anni), Bryce Robinson (Patrick, 7 anni), Ben Hyland (Conor, 5 anni), Sarah O’Kelly (vicina), Keith Hudson (Big Guy), Haley Hudson (Debby), Tom Irwin (dr. Sherman), Alec Mapa (Jorge), Sandy Martin (Lori), Joyce Van Patten (Mrs. Butterly), Zabryna Guevara (OB/infermiera GYN), Megan Mazaika (segretaria), Haley Higgins (Shannon), Ana Ayora (Viviana), Matthew J. Walters (Billy), Nicole Herold (bagnante), Paul Tei (tizio), Natalie Miller (agente immobiliare), Gaston Renaud (giornalista nella metro), Angelina Assereto (cameriera), Emmett Robin (ragazzo), Dylan Henry (Patrick, 3 anni), Stephen Lee Davis (vicino Steve), Bradley Frishman (Patrick, 20 mesi) Durata: 120’ Metri: 3115 Regia: David Frankel Produzione: Gil Netter, Karen Rosenfelt per Fox 2000 Pictures/Regency Enterprises/Sunswept Entertainment Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009) Soggetto: dal libro di John Grogan Sceneggiatura: Scott Frank, Don Roos Direttore della fotografia: Florian Ballhaus Montaggio: Mark Livolsi Musiche: Theodore Shapiro Scenografia: Stuart Wurtzel Costumi: Cindy Evans Co-produttore: Kevin Halloran Direttore di produzione: Dana Robin Casting: Margery Simkin Aiuti regista: Stephen Lee Davis, Vanessa Hoffman, Greg Gilman, Jessica Franks, Rebecca Baughman, Steve Dale Operatore: Thomas Lappin Operatore steadicam: Bob Gorelick Art director: W. Steven Graham Arredatore: Hilton Rosemarin Trucco: Felice Diamond, Tina Earnshaw, Angela Levin Acconciature: Diane Dixon, Kelsie Gigandet Supervisore effetti speciali: J.C. Brotherhood J ohn e Jenny si sono appena sposati. Stanchi del freddo inverno del Michigan si trasferiscono in Florida per fare i giornalisti in due diverse testate. Come tutte le giovani coppie, progettano un bimbo che però tarda ad arrivare. Così decidono di adottare un cucciolo di labrador, Marley. Il cane è particolarmente vivace, tanto da sconvolgere la vita dei due coniugi. John, in particolare, inizia a scrivere addirittura di lui nei suoi articoli riscontrando un successo enorme fra i suoi lettori. Jenny, intanto, rimane finalmente incinta. La nascita del primo figlio, l’abban13 dono forzato dal lavoro di lei creano tensione nella coppia e Marley con la sua esuberanza non rende le cose più facili. Fortunatamente le divergenze si appianano e presto torna il sereno accompagnato da altri due bambini. Intanto la carriera di John continua a gonfie vele. Gli viene proposto di scrivere in un’importante quotidiano e trasferirsi Film in un’altra città. Dopo le prime perplessità e aiutato da Jenny, accetta. Tutto sembra tranquillo, una sera, però Marley inizia a stare male. Viene portato dal veterinario che, dopo averlo curato avverte i padroni che il prossimo attacco potrebbe essere fatale. Il cane sembra riprendersi, ma dopo poco tempo riprende a stare male. Il veterinario dice a John che non c’è più nulla da fare e che per alleviare le sofferenze del cane converrebbe sopprimerlo. Con immenso dolore della famiglia viene fatta a Marley l’iniezione e, successivamente, un commovente funerale. S cene del genere al cinema non si vedevano da tempo: uomini e donne di ogni età che piangono indecorosamente a pochi minuti dalla fine della proiezione. No, non è il remake di Love Story o di Tutti i film della stagione qualche altra tragedia strappalacrime, Io & Marley di David Frankel è più semplicemente la storia di una famiglia come tante che cerca di educare un cane pestifero. Tutto qui? Sì. La trama, non è certo delle più avvincenti seppur supportata da due attori freschi e simpatici come Jennifer Aniston e Owen Wilson. La crisi di coppia, le frustrazioni lavorative e i bimbi piagnucoloni, inoltre, sanno di visto e stravisto. Eppure... Eppure c’è qualcosa, il “gradiente canino” che cambia completamente le carte in tavola. Solo chi ha avuto e, naturalmente, amato un cane può comprendere certe dinamiche. Sono dominio esclusivo di questa categoria e risultano incomprensibili al resto, a coloro che considerano un cane semplicemente un quadrupede. Io & Marley si rivolge proprio a loro, anzi solo a loro, ripercorrendo una via co- mune che si fa quasi paradigma. Le prime notti insonni, le scarpe mordicchiate, l’impossibilità ad addestrarlo, ma anche il pensiero di aver sbagliato e la dolorosa consapevolezza della fine. Marley, infatti, non è la perfezione canina rappresentata al Cinema da Lassie o Rin Tin Tin, ma neanche l’inverosimile eccesso dell’ingombrante Beethoven. È piuttosto il cane di casa, quello che, con i suoi piccoli vezzi e qualche ululato di troppo allieta l’esistenza di tante famiglie. E dunque analizzando la pellicola in quest’ottica è facile comprendere l’umore in sala di chi, guardando gli occhi di Marley chiudersi per sempre, ha ripensato al proprio Snoopy, Bobby o Fido, con la convinta speranza di rivederlo un giorno, in qualche luogo remoto, per correre ancora insieme. Francesca Piano THE UNINVITED (The Uninvited) Stati Uniti/Canada/Germania, 2009 Regia: Charles Guard, Thomas Guard Produzione: Roy Lee, Laurie MacDonald, Walter F. Parkes per Cold Spring Pictures/DWBC Productions/DreamWorks SKG/ MacDonald-Parkes Productions/The Montecito Picture Company/Vertigo Entertainment Distribuzione: Universal Prima: (Roma 29-5-2009; Milano 29-5-2009) Soggetto: dal film coreano Two Sisters di Kim Jee-woon Sceneggiatura: Craig Rosenberg, Doug Miro, Carlo Bernard Direttore della fotografia: Dan Landin Montaggio: Jim Page, Christian Wagner Musiche: Christopher Young Scenografia: Andrew Menzies Costumi: Trish Keating Produttori esecutivi: Doug Davison, Michael Grillo, Tom Pollock, Ivan Reitman Co-produttori: Casey Grant, Riyoko Tanaka Direttore di produzione: Casey Grant, Michael Grillo Casting: Debra Zane Aiuti regista: Jim Brebner, Justin Elsworth, James Bitonti, Megan M. Shanks, Rhonda Taylor U n ragazzo e una ragazza una sera d’estate si stanno baciando, poi la ragazza decide di tornare a casa. Un terribile incendio e poi più nulla. Sono passati dieci mesi e Anna viene finalmente dimessa dal suo psichiatra dalla clinica in cui è ricoverata. La ragazza, a causa della tragica morte della madre nell’incendio, è tormentata da un sogno ricorrente, chiaro presagio di morte e ha persino provato a suicidarsi tagliandosi le vene. Tornata a casa, trova il padre, scrittore di successo, che nel frattempo si è fi- Operatore: Stephen S. Campanelli Art director: Margot Ready Arredatore: Dominique Fauquet-Lemaitre Effetti speciali trucco: Bart Mixon, Christopher Mark Pinhey Trucco: Gitte Axen Acconciature: Donna Bis Supervisore effetti visivi: Bruce Woloshyn Coordinatore effetti visivi: Alicia Johnson Suono: Karen Schell Interpreti: Emily Browning (Anna), Arielle Kebbel (Alex), David Strathairn (Steven), Elizabeth Banks (Rachel Summers), Maya Massar (Mamma), Kevin McNulty (sceriffo Emery), Jesse Moss (Matt), Dean Paul Gibson (dottor Silberling), Don S. Davis (sig. Henson), Lex Burnham (Iris), Matthew Bristol (David), Danny Bristol (Samuel), Heather Doerksen (Mildred), Alf Humphreys (prete), Ryan Cowie, Troy Rudolph (inserviente), John Prowse (macellaio) Durata: 87’ Metri: 2290 danzato con Rachel, l’infermiera che si occupava della madre malata. Per Anna non è facile accettare la situazione, tanto più che inizia ad avere delle strane visioni. Lo spirito della madre infatti le si manifesta all’interno della casa, mettendola in guardia riguardo alle intenzioni di Rachel. Insieme a lei c’è la sorella maggiore Alex, l’unica a starle vicino e con cui può confidarsi. Inoltre, c’è il ragazzo della spiaggia, innamorato di lei, che sembra sapere cosa successe la sera del terribile incendio e che Anna ha rimosso totalmen14 te. La nuova donna del padre fa di tutto per conquistarsi la simpatia della ragazza e per non perdere quello “status” che si è guadagnata durante la sua permanenza in clinica. Tuttavia, Anna non riesce ad accettarla e, anzi, la crede responsabile della morte della madre. Con l’aiuto della sorella inizia a indagare sul passato della donna e sulla sua non limpida identità. Sembra infatti che alcune perle che porta al collo possano farla identificare con una serial killer, Mildred Kemp, che, per accaparrarsi il marito, aveva ucciso una don- Film na e i suoi tre figli ed è ancora a piede libero. Intanto Anna e il giovane ragazzo fissano segretamente un appuntamento durante la notte, ma il ragazzo non si presenta. Il giorno dopo, viene trovato morto affogato nelle acque della costa. Tutto riconduce a Rachel e Anna e la sorella organizzano un piano per smascherarla. Il padre non vuole sentire ragioni e crede che la figlia non sia ancora guarita e debba tornare in clinica. Anna, dopo uno scontro violento con la donna, riesce a scappare e a raggiungere il commissario di polizia a cui racconta la storia. L’uomo avverte Rachel che durante la notte la riporta a casa. Qui la ragazza viene drogata e, al risveglio, trova Rachel morta, sistemata in un cassonetto. È stata la sorella Alex a ucciderla con un fermacarte. Anna è sconvolta. Arriva il padre e si scopre finalmente la verità. Anna quella famosa sera al ritorno a casa aveva sorpreso il padre con l’infermiera e, involontariamente, aveva provocato l’incendio, durante il quale avevano perso la vita la madre e la sorella. L’immagine di Alex è solo una costruzione della sua mente, come tutto il resto. L’infermiera infatti non era una serial killer, ma una ragazza costretta a cambiar nome per le violenze del suo fidanzato. Colpevole dell’omicidio di Rachel, Anna viene riportata nella clinica psichiatrica, dove ad aspettarla c’è ancora la sua vicina di stanza, tale Mildred Kemp. N onostante il titolo del film richiami alla memoria quello originale La casa sulla scogliera del 1944, in realtà The Uninvited, primo lungometraggio di Charles e Thomas Guard, sembra un remake bello e buono di Two Sisters del coreano Kim Jee-woon. Anche lì, infatti, la vicenda di due sorelle che, tornate a casa da un ospedale psichiatrico a seguito della morte della madre, si trovano a rapportarsi con una sospetta matrigna e con strane presenze all’interno dell’abitazione. Proseguendo la tendenza americana di realizzare pellicole ispirate al cinema horror orientale, i fratelli inglesi Guard, esperti in spot pubblicitari, riprendono un soggetto ormai visto e rivisto. A differenza dell’elegante e complessa pellicola originale campione d’incassi in patria, The Uninvited risulta spogliato di tutte le complessità e arricchito di qualche elemento che ne infoltisce la trama. I due registi concedono maggior spazio alle lugubri visioni di Anna, riuscendo ad affievolire con efficacia le linee di confine tra fantasia, realtà, paranoia e sogno. Il limite tra instabilità mentale e presenze soprannaturali è sicuramente molto labile. Man mano che il film prosegue, aumentano i particolari del racconto, inca- Tutti i film della stagione nalando ora in un senso, ora in un altro le supposizioni su quale sia la sua conclusione, fino all’inaspettato colpo di scena finale. Il film trae ispirazione dal genere horror più classico, al quale vuole rendere omaggio. Dall’hitchcockiano L’ombra del dubbio, dove si ha la sensazione che uno dei membri della famiglia abbia avuto un passato diverso da come viene presentato, al più recente Le verità nascoste di Robert Zemeckis, dall’ossessione della protagonista si cela qualcosa di terrificante. La reale protagonista della pellicola è la villa sul mare, spettatrice e custode di tragici avvenimenti. Se ne trovano spesso nei film horror americani degli ultimi anni. Grandi case dall’aria rassicurante, che trasmettono calore, simbolo di quell’amore virtualmente indissolubile che, almeno in apparenza, lega le famiglie che le abitano. Al loro interno, nelle polverose soffitte, vecchie foto e oggetti legati alla memoria e ai ricordi di persone che non ci sono più. Al loro esterno, il bosco tetro, con grandi sequoie che si ergono come guardiani ultra centenari; lo spazio vitale dell’uomo che si fonde con quello della natura. Il più delle volte c’è anche il lago: proprio vicino alla casa, all’ombra degli alberi, uno specchio d’acqua calmo, che sembra poter purificare ogni cosa e nascondere tutto sotto le proprie acque non proprio limpi- de. A mano a mano che la storia scorre, ci si rende conto che la grande casa di legno rassicurante e il bosco apparentemente protettivo formano, in realtà, una sorta di prigione. Il mondo interno della casa, quello dei legami familiari, dei ricordi, non deve uscire all’esterno; in particolare, non devono uscirne i segreti e i peccati. Il lago può depurare, ma può anche ingoiarti, o far venire a galla tutto ciò che di più intimo vi è nascosto e il bosco può inghiottirti in un abbraccio letale. Nonostante una buona dose di retorica, comunque il film è ben girato e, per fortuna, le immagini sanguinolente sono centellinate, al contrario della moda del momento. Dignitoso anche il cast: nei panni della giovane protagonista c’è Emily Browning, attrice capace di trasmettere l’instabilità e la fragilità del personaggio, Elizabeth Banks, affascinante bionda dallo sguardo ambiguo, perfetta nei panni dell’intrusa (in inglese proprio “uninvited”), in grado di destabilizzare l’armonia familiare, Arielle Kebbel, già esperta in diversi ruoli in film per teenager e infine David Strathairn, attore abbastanza noto che, malgrado l’assai modesta qualità dei dialoghi, si distingue comunque nel ruolo del padre. Veronica Barteri FORTAPÀSC Italia, 2008 Regia: Marco Risi Produzione: Angelo Barbagallo, Gianluca Curti per BiBi Film/Gruppo Minerva International/Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 27-3-2009; Milano 27-3-2009) Soggetto e sceneggiatura: Jim Carrington, Andrea Purgatori, Marco Risi Direttore della fotografia: Marco Onorato Montaggio: Clelio Benevento Musiche: Franco Piersanti Scenografia: Sonia Peng Costumi: Ortensia De Francesco Produttore esecutivo: Gianfranco De Rosa Casting: Dino Giarrusso, Stefania Valestro Aiuti regista: Dino Gianrrusso Effetti speciali: Roberto Ricci Supervisore effetti visivi: Stefano Marinoni Suono: Massimo Simonetti Interpreti: Libero De Rienzo (Giancarlo Siani), Valentina Lodovini (Daniela), Michele Riondino (Rico), Massimiliano Gallo (Valentino Gionta), Ernesto Mahieux (Sasà), Salvatore Cantalupo (Ferrara), Gigio Morra (Carmine Alfieri), Gianfranco Gallo (Donnarumma), Antonio Buonomo (Lorenzo Nuvoletta), Renato Carpentieri (prof. Amato Lamberti), Gianfelice Imparato (pretore Rosone), Daniele Pecci (capitano Sensales), Ivano Marescotti (GianLorenzo Branca), Roberto Calabrese (geometra), Maria Lauria (infermiera), Marcello Mazzarella (emissario Siciliani), Tony Laudadio (Antonio Bardellino), Raffaele Vassallo (Ciro), Ettore Massa (Antonello Maresca) Durata: 106’ Metri: 2860 15 Film T orre Annunziata (Napoli), 1985. Giancarlo Siani è un giovane giornalista precario che scrive di cronaca nera per il quotidiano Il Mattino. Malgrado le raccomandazioni del suo caporedattore Sasà, che cerca di distoglierlo dalla ricerca di scoop sulla criminalità organizzata locale, il ragazzo vuole raccontare la lotta per la spartizione del territorio fra le più potenti famiglie camorriste del posto: Bardellino, Nuvoletta e Gionta. A capo di questa ultima c’è Valentino Gionta, che viene arrestato durante la comunione del figlio e rilasciato appena tre giorni dopo. È su di lui che si concentrano i principali sospetti del cronista che, dalle pagine del giornale per cui lavora, non esita a denunciare lo strapotere del boss. Munito del suo inseparabile taccuino e con al suo fianco l’amico fotografo Rico, è puntualmente presente ogniqualvolta si consuma un assassinio di stampo camorrista. Sul luogo, il più delle volte, riesce a “estorcere” informazioni preziose dalle forze dell’ordine, in particolare dal Capitano Sensales. A seguito dell’omicidio del fratello del pericoloso Carmine Alfieri, si scatena una guerra tra i clan del paese: un commando armato fino ai denti, nascosto in un pullman, irrompe nel territorio nemico compiendo un’autentica strage. Intanto, Siani, illuminato dalle parole del professor Lamberti, inizia a spostare la sua attenzione sulle corrotte istituzioni locali, su cui vorrebbe far avviare un’indagine per presunto voto di scambio. L’amministrazione è inoltre colpevole di connivenza con gli ambienti criminali. Attraverso i suoi articoli, egli mette a nudo i vi- Tutti i film della stagione schiosi rapporti tra politica ed edilizia: contesta, in particolare, al sindaco Cassano, la mancanza di trasparenza nelle gare di appalto, che vengono gestite e truccate dalla camorra. Dopo la cattura del boss Gionta, Siani viene trasferito alla redazione centrale di Napoli, con la promessa di un contratto da giornalista praticante. Qui, nonostante si debba occupare di manifestazioni sindacali, non abbandona il suo interesse per l’inchiesta di Torre Annunziata. Ma proprio quando viene in possesso di uno scottante dossier, consegnatogli dal pretore Rosone, non fa in tempo a pubblicarlo. La sera del 23 settembre del 1985, il ventiseienne Giancarlo Siani viene giustiziato da due sicari sotto casa, mentre è a bordo della sua macchina. I l coraggio di un film come Fortapàsc, forse, non verrà mai premiato abbastanza. Almeno dal distratto pubblico delle sale cinematografiche, impreparato ad accogliere con favore storie di vita moralmente esemplari, spesso e volentieri, al limite del martirio. Ma, d’altronde, il “pensiero unico” imposto negli ultimi anni dalla sempre più invadente fiction televisiva ha abituato gli italiani a credere che gli Eroi siano appannaggio soltanto del piccolo schermo. Papi, santi, carabinieri, medici e comuni mortali vengono infatti omaggiati da platee di milioni e milioni di telespettatori, che per la felicità dei direttori di rete, proni alla religione imperante dell’audience, assistono passivamente a narrazioni che sembrano fatte con lo stampino, in cui trionfa la retorica dei buoni sentimenti. A questo punto, viene da chiederci: e 16 se il film di Marco Risi fosse stato realizzato per la tv? Ci avrebbe guadagnato sicuramente in termini di ascolto, ma, forse, la qualità del prodotto non sarebbe stata la stessa. Qualcuno potrà legittimamente obiettare sull’originalità del copione, ma, malgrado lo sforzo lodevole degli sceneggiatori (Carrington, Purgatori e Risi), è difficile non cadere nella prevedibilità. La vicenda di Giancarlo Siani, come quella di Peppino Impastato raccontata da Marco Tullio Giordana in I Cento Passi (tanto per citare un altro esempio, datato 1999, di come l’impegno civile possa essere rappresentato al cinema con rigore e onestà intellettuale) è maledettamente segnata fin dalla primissima inquadratura. Perfino le parole della struggente canzone di Vasco Rossi Ogni volta, che sentiamo mentre scorrono i titoli di testa, suonano tristemente profetiche. Ma se c’è una forza di cui si alimenta lo stesso film, una traccia peculiare che è in grado di consegnare, prima di tutto, alle generazioni più giovani, e poi (si spera) a futura memoria, è quella della leggerezza. Sembra paradossale parlare di leggerezza in una pellicola cruda e, a tratti, spietata, ancor più di Gomorra, che non risparmia particolari agghiaccianti. Eppure, nella Napoli ai tempi di Maradona, crocevia di sangue, violenza, cinismo e amoralità che pervade indistintamente ogni settore della società civile (dalla politica alla magistratura), quasi fosse un’epidemia, un ragazzo semplice, che come tutti ama divertirsi con il suo migliore amico Rico (Michele Riondino) e flirtare con la fidanzata (Valentina Lodovini), rivendica il suo sguardo lieve e ironico sul mondo marcio che lo circonda. All’inizio, abbiamo l’impressione che il giovane giornalista stia giocando, senza saperlo, a qualcosa di molto più grande e pericoloso di lui. E, invece, Siani mantiene intatto, fino al tragico quanto inevitabile epilogo, quel suo stesso atteggiamento, che – si intenda – non è di incoscienza, ma, al contrario, è proprio di chi usa lucidamente l’“arma” della giovialità come antidoto alla rassegnazione. Libero De Rienzo, chissà perché attore così poco sfruttato dal cinema (sempre più miope) di casa nostra, si cala perfettamente nei panni dello sfortunato cronista di Il Mattino, grazie ad una recitazione molto naturale e istintiva e ad un fisico leggero, appunto, come una piuma ma capace, con le sue incalzanti domande, di lanciare atti d’accusa taglienti come fendenti. Certamente si ricorderà la sua eccel- Film lente interpretazione, così densa di sfumature e profondamente intrisa di generosità e amore per la vita (non da meno anche i suoi colleghi Ernesto Mahieux, Ennio Fantastichini, Gianfelice Imparato, Renato Carpentieri e i fratelli Gallo, che formano un cast di quasi tutti partenopei doc di grande mestiere). Ma è giusto che si ricordi Fortapàsc Tutti i film della stagione anche per la sua incredibile aderenza alla contemporaneità. La precarietà del lavoro (in questo caso giornalistico) è un “cancro” che non si riesce ancora a debellare. Per non parlare, poi, del malcostume di cui è protagonista la classe dirigente di questo Paese, specie quando si tratta di speculare sulla pelle dei poveri terremotati... Insomma, ciò che rattrista, forse ancor di più della morte annunciata di un virtuoso cittadino e lavoratore italiano, è vedere che quel suo accorato appello, rivolto ai giovani liceali a metà degli anni Ottanta – «Voi siete la speranza» – sia miseramente caduto nel vuoto. Diego Mondella HANNAH MONTANA: THE MOVIE (Hannah Montana: The Movie) Stati Uniti, 2009 Acconciature: Jose Zamora, Adruitha Lee, Beka Wilson Supervisore effetti speciali: Everett Byrom III Supervisori effetti visivi: John Fragomeni (Asylum), Gregory D. Liegey (CIS Hollywood) Supervisore musiche: Steven Vincent Supervisori costumi: Stephen K. Randolph, Janet Stirner Ingram Coreografie: Jamal Sims Interpreti: Miley Cyrus (Hannah Montana/Miley Stewart), Billy Ray Cyrus (Robby Ray Stewart), Emily Osment (Lilly Truscott/Lola Luftnagle), Jason Earles (Jackson Stewart), Mitchel Musso (Oliver Oken/Mike Standley III), Moises Arias (Rico), Lucas Till (Travis Brody), Vanessa Williams (Vita), Margo Martindale (Ruby), Peter Gunn (Oswald Granger), Melora Hardin (Lorelai), Jared Carter (Derrick), Barry Bostwick (Mr. Bradley), Beau Billingslea (sindaco), Katrina Smith (moglie del sindaco), Emily Grace Reaves (Cindy-Lou), Jane Carr (Lucinda), Taylor Swift, Gary LeVox, Jay DeMarcus, JoeDon Rooney (se stessi), Joshua Childs (direttore del negozio), Rachel Woods (Phoebe Granger), Natalia Dyer (Clarissa Granger), Jerry Foster (anziano gentiluomo), Adam Gregory (Drew), Shawn Carter Peterson (regista video), Jamal Sims (ballerino del Rodeo Drive), John Will Clay (capitano di pallavolo), D. Todd Hammond (allenatore), Michael Cornacchia (guardia sicurezza), Valorie Hubbard (commessa biglietti) Durata: 102’ Metri: 2750 Regia: Peter Chelsom Produzione: Billy Ray Cyrus, Alfred Gough, Miles Millar per It’s a Laugh Productions/Millar Gough Ink/Walt Disney Pictures Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Prima: (Roma 30-4-2009; Milano 30-4-2009) Soggetto: dai personaggi dell’omonima serie-tv creati da Michael Poryes, Richard Correll, Barry O’Brien Sceneggiatura: Daniel Berendsen Direttore della fotografia: David Hennings Montaggio: Virginia Katz Musiche: John Debney Scenografia: Caroline Hanania Costumi: Christopher Lawrence Produttori esecutivi: David Blocker, Steven Peterman, Michael Poryes Produttore associato: John Albanis Direttore di produzione: Gabriela Vázquez Casting: Lisa Beach, Sarah Katzman Aiuti regista: James Alan Hensz, Brinton Bryan, Heather Grierson, Valerie Johnson, Dave Halls, Stephanie Kinch Operatore: Frank Godwin Art director: Elliott Glick Arredatore: Fontaine Beauchamp Hebb Trucco: Ann-Maree Hurley, Linda Boykin-Williams, Raqueli Dahan, Sandy Jo Johnston, Cheryl Ann Nick, Kate Best, Michelle Vittone L a giovane Miley Stewart è sempre più divisa tra la propria vita di adolescente normale, tra scuola, amici e famiglia, e quella del suo alter ego, la pop star Hannah Montana. Anni prima, per assecondare il suo desiderio di cantare e scrivere canzoni, senza però che questo le impedisse di condurre la propria vita con serenità, il padre di Miley le aveva consentito di tentare la carriera musicale utilizzando questa doppia personalità. Ma la crescente popolarità di Hannah Montana sembra aver fatto perdere di vista a Miley quelli che, secondo il padre, sono i veri valori e quindi Miley è costretta a passare un mese di “vacanza” nella fattoria della nonna paterna nel Tennesee, a contatto con la natura e con la vita reale. La pacifica cittadina di Crowley Cor- ners sta per essere sconvolta dall’apertura di un mega centro commerciale e tutta la cittadinanza vuole mobilitarsi per impedirlo, raccogliendo fondi per acquistare il terreno sul quale dovrebbe erigersi. Hannah Montana viene coinvolta nel progetto e invitata a tenere un grande concerto di beneficienza. Miley si trova così a doversi dividere ancora una volta, correndo spesso il rischio di essere scoperta. Il suo strano comportamento, che nasconde i vorticosi cambi d’abito e di trucco per la sua doppia identità, le alienano le simpatie di Travis, un ragazzo del luogo del quale si è innamorata. Il giorno del concerto, Miley decide di rivelare a tutti chi è Hannah Montanta e, soprattutto, di voler restare per sempre semplicemente Miley, lontana dalla musica pop e dallo star system, 17 ma è il pubblico stesso a reclamare Hannah, convincendola a continuare la carriera musicale. L ’omonima serie in onda su Disney Channel arriva ora immancabilmente nelle sale cinematografiche, visto il successo planetario ottenuto in tv (oltre, si intende, ai vari gadget, cd musicali, vestiti, bambole e affini). Hannah Montana – the Movie è infatti la versione “allargata” della storia della Miley, studentessa di giorno e pop star acclamata da milioni di fan la sera, con il nome e la fantomatica identità di Hannah Montana, bionda e ancheggiante cantante pop. Figlia di un musicista country, testardo e con i piedi per terra, Miley ha visto nel padre proprio il suo Film miglior alleato, quando questi le ha consentito questo stratagemma, che le permette di vivere la propria vita da teenager insieme agli amici e alla famiglia. Purtroppo però il successo dà alla testa e, nonostante il “filtro” della doppia identità, Miley è sempre più portata a restare Hannah Montana, sfruttando tutti privilegi e i vantaggi che ne conseguono. Il padre Billy Ray si vede alla fine costretto a mandarla con la forza nella fattoria della nonna nel Tennesse, per riprendere contatto con la realtà e con le proprie origini. È chiaro il tentativo di non fare di Hannah Montana – the Movie una versione allungata e stiracchiata di un episodio tipo della serie di Disney Channel (spalmato su due ore di durata cinematografica) e bisogna dare atto che, in fin dei conti, ciò è riuscito. Gli sceneggiatori si sono sforzati di inserire nuove avven- Tutti i film della stagione ture della teenager più famosa d’America senza sbilanciarsi troppo con l’inventiva e con la novità (giustamente), ricorrendo alla formula più classica che viene adotta in questo tipo di operazione, quando si passa dall’episodio televisivo al grande schermo. Rimane infatti quello che è il tratto fondamentale della serie e dell’episodio tipo, cioè l’alternanza schizofrenica e folle tra la vita mondana e quella casalinga di Miley – Hannah. I realizzatori si sono presi però più spazio per analizzare meglio i personaggi e mostrare chi sono, da dove vengono, cosa li ha resi così uniti e via dicendo. Nel film ci sono ben 13 nuove canzoni di Hannah Montana, con altrettanti numeri musicali, divertenti e coreografati con cura (soprattutto “Hoedown Throwdown”, che mescola abilmente hip pop e musica country). La rappresentazione della vita rurale del Tennessee è di maniera ma efficace. Il finale lascia un po’ perplessi e non solo per la sua improbabilità (quanti infatti fra il pubblico presente al concerto –brava gente del Tennesse, non c’è dubbio, ma... – sarebbero disposti a mantenere il segreto alla stampa sulla rivelazione di Miley e la vera identità di Hannah Montana?). Hannah Montana – The Movie resta comunque una gradevole commedia per ragazzi (soprattutto ragazze, ma non è escluso che abbia motivi di interesse anche per i maschietti), semplice e mai volgare, realizzata con cura, interpretata abbastanza correttamente e fruibile anche a chi non ha familiarità con la serie tv. I protagonisti Miley Cyrus e Billy Ray Cyrus sono figlia e padre anche nella vita. Chiara Cecchini ANGELI E DEMONI (Angels & Demons) Stati Uniti, 2009 Coordinatore effetti speciali: John S. Baker Supervisori effetti visivi: Mark Breakspear (CIS Vancouver), Ryan Cook (Double Negative), Richard Higham (The Senate VFX), Richard Stammers (MPC), Angus Bickerton Coordinatori effetti visivi: Edward Randolph (The Senate VFX), Toby White (Sony Pictures), Melanie Byrne, Simona De Angelis, Holly Gosnell, Matthew A. Rubin, Rob Shears Supervisore musiche: Bob Badami Supervisori costumi: Augusto Grassi, Helen Monaghan Interpreti: Tom Hanks (Robert Langdon), Ewan McGregor (camerlengo Patrick McKenna), Ayelet Zurer (Vittoria Vetra), Stellan Skarsgård (Comandante Richter), Pierfrancesco Favino (ispettore Olivetti), Nicolaj Lie Kaas (assassino), Armin Mueller-Stahl (Cardinale Strauss), Thure Lindhardt (Chartrand), David Pasquesi (Claudio Vincenzi), Cosimo Fusco (Padre Simeon), Victor Alfieri (Tenente Valenti), Franklin Amobi (Cardinale Lamasse), Curt Lowens (Cardinale Ebner), Bob Yerkes (Cardinale Guidera), Marc Fiorini (Cardinale Baggia), Carmen Argenziano (Silvano Bentivoglio), Howard Mungo (Cardinale Yoruba), Rance Howard (Cardinale Beck), Steve Franken (Cardinale Colbert), Gino Conforti (Cardinale Pugini), Elya Baskin (Cardinale Petrov), Richard Rosetti, Silvano Marchetto (Cardinali del conclave), Thomas Morris (Urs Weber), Jonas Fisch (Adrian Bachman), August Fredrik, Ben Bela Böhm. Paul Schmitz (guardia svizzere), Jeffrey Boehm (Guardia svizzera azzurra), Xavier J. Nathan (Philippe), Steve Kehela (reporter statunitense), Ursula Brooks, Rashmi (reporters inglesi), Yan Cui (reporter cinese), Fritz Michel (reporter francese), Maria Cristina Heller, Pascal Petardi (reporters italiani), Yesenia Adame (reporter messicana), Kristof Konrad (reporter polacco), Masasa Moyo (reporter sudafricano), Ed Francis Martin (reporter sudamericano) Durata: 138’ Metri: 3300 Regia: Ron Howard Produzione: John Calley, Brian Grazer, Ron Howard per Columbia Pictures/Imagine Entertainment Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia Prima: (Roma 15-5-2009; Milano 15-5-2009) Soggetto: dal romanzo omonimo di Dan Brown Sceneggiatura: David Koepp, Akiva Goldsman Direttore della fotografia: Salvatore Totino Montaggio: Daniel P. Hanley, Mike Hill Musiche: Hans Zimmer Scenografia: Allan Cameron Costumi: Daniel Orlandi Produttori esecutivi: Dan Brown, Todd Hallowell, Marco Valerio Pugini Produttori associati: William M. Connor, Kathleen McGill, Louisa Velis Direttori di produzione: Diego Cavallo, Fabiomassimo Dell’Orco, Chris Thompson Casting: Janet Hirshenson, Jane Jenkins Aiuti regista: William M. Connor, Inti Carboni, Kristen Ploucha, Simonetta Valentini, Dennis Burell, Alessandra Fortuna, Paul Schmitz, Nicola Marzano, Scorr R. Meyers Operatori: Karl Morgan, Patrick B. O’Brien, Simon Priestman, Andrew Rowlands Operatore steadicam: Andrew Rowlands Art directors: Alex Cameron, Keith P. Cunningham, Luke Freeborn, Marc Homes, Giles Masters, Dawn Swiderski Arredatori: Robert Gould, Richard Roberts Trucco: Kim Ayers, Alessandro Bertolazzi, John Blake, Joel Harlow, Douglas Noe, Richard Redlefsen, Viola Rock, Nicole Sortillon Acconciature: Gloria Pasqua Casny, Giorgio Gregorini, Gary J. Perticone, Theresa Rivers, Mitchell Stone Effetti speciali trucco: Bart Mixon Supervisore effetti speciali: Daniel Acon, Clay Pinney, Dominic Tuohy 18 Film R oma, Città del Vaticano. Il Papa è morto. Il Camerlengo, distrugge l’anello piscatorio e annuncia il conclave. Ginevra. Cern (Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare) l’equipe del sacerdote scienziato Silvano Bentivoglio riesce nell’inaudito esperimento d’isolare l’antimateria. Pochi attimi più tardi Vittoria Vetra, assistente del vecchio fisico, scopre il cadavere del prelato e il furto dell’inestimabile bottino. Un agente della “Polizia Vaticana” interrompe gli esercizi acquatici del Prof. Langdon per proporgli un delicato incarico investigativo a Roma. Città del Vaticano. L’ispettore Olivetti accoglie Langdon e lo presenta a Richter, Comandante della Guardia Svizzera. Sul corpo di Bentivoglio la dottoressa Vetra ha scoperto il marchio a fuoco d’un ambigramma. Quattro cardinali, “i preferiti”, nella cui cerchia il conclave è pronto a eleggere il nuovo Papa, sono stati rapiti. Il rapimento è stato rivendicato da un messaggio: si tratta degli “Illuminati”, una setta creduta estinta nei secoli passati, osteggiata e letteralmente sterminata dai vertici ecclesiastici. Un cardinale verrà sacrificato allo scoccare di ogni ora, fino alla mezzanotte, finale compimento di un dispositivo rituale che culminerà con l’esplosione dell’antimateria – custodita in un luogo segreto senza la necessaria alimentazione d’una batteria – e della conseguente cancellazione della Cattedra di Pietro e di tutto il piccolo Stato pontificio all’intorno. Langdon e la dottoressa si precipitano negli archivi vaticani, ai quali il professore sogna da tempo di poter accedere per compiere il suo ultimo e più ambizioso studio. Da un libello misconosciuto del celebre Galileo – naturalmente compreso tra gli illustri membri della setta segreta – i due ottengono l’enigma che dovrebbe condurli alle quattro chiese degli Illuminati, luoghi scelti per il sacrifico dei quattro cardinali. Dopo l’erroneo passaggio al Pantheon, Langdon, Vetra e Olivetti giungono a Santa Maria del Popolo dove si trova la Cappella Chigi, opera dei due artisti “eretici” Raffaello Sanzio e Gian Lorenzo Berini. Nella cripta giace il cadavere dell’alto prelato tatuato con la parola “Terra”. Nel frattempo il cardinal Strauss, Grande Elettore del conclave, ha deciso di non interrompere le votazioni rituali; al ritorno in Vaticano della coppia d’investigatori, dal comignolo in San Pietro esce la seconda fumata nera. Il comandante Richter segue le operazioni di Langdon con rigido sospetto, mettendo sotto chiave il Tutti i film della stagione diario di Bentivoglio giunto intanto da Ginevra, nel quale forse si cela la soluzione al mistero. Vittoria Vetra scopre che il Camerlengo è in realtà figlio adottivo del Papa defunto e che la morte del pontefice non è avvenuta per cause naturali. Giunti in tempo sul luogo del secondo assassinio, Lagdaon e Vetra non possono far altro che assistere impotenti al rogo del corpo del cardinale, al feroce dissanguamento dell’Ispettore Olivetti, al massacro dei suoi uomini e alla fuga del killer misterioso. Pochi secondi impediscono, poi, di fermare la terza efferata uccisione, consumata in mezzo alla folla riunita in Piazza San Pietro. Ma Langdon riesce a impedire la morte “dell’acqua”, tuffandosi da solo nella Fontana dei Quattro Fiumi (ancora il Bernini). La base del killer è a Castel Sant’Angelo. L’uomo è braccato, ma ancora una volta – e per l’ultima – riesce a sfuggire agli inseguitori: mentre il professore e la dottoressa corrono sul Passetto per salvare il Camerlengo da morte certa, il killer salta in aria nella sua auto. San Pietro è sul punto di esplodere mentre, in una scena concitata, Richter viene ucciso accusato dal Camerlengo d’essere l’oscuro traditore. Finalmente l’ordigno è scoperto nella cripta della Basilica; è il Camerlengo a cercare la comune salvezza salendo su un elicottero e facendo esplodere l’antimateria a grande altitudine. Scampato alla morte, il giovane irlandese, eroicamente intervenuto a difesa della comunità, è designato elegibile a occupare la “Sede Vacante”. Ma, scomparso il diario di Bentivoglio, resta una videoregistrazione a testimoniare l’impostura del Camerlengo: dalle sue mani ha preso la morte il pontefice colpevole d’aver accolto e approvato la scoperta della “Particella 19 di Dio” da parte dello scienziato sacerdote; suo il piano omicida per ottenere la guida della Chiesa e condurla verso un nuovo oscurantismo. Il mattino seguente, la fumata bianca annuncia il nuova Papa Luca I. “Luca era un medico” dice a Langdon il Cardional Strauss, nuovo Camerlengo, “chissà che questo non possa essere l’auspicio d’una nuova riconciliazione tra scienza e fede”. R on Howard torna nelle sale italiane a pochi mesi dall’uscita del suo precedente – e poco fortunato – Frost/Nixon. Se ci fosse bisogno di specificarlo, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Dan Brown, pubblicato prima di Il Codice Da Vinci, ma arrivato al grande pubblico solo sulla scorta del successo del suo sequel. Per il cinema si è scelto di evitare tanto l’esplicita identificazione del secondo film come seguito del precedente, tanto il complicato recupero dell’originaria cronologia. A guardarlo con occhio d’ingenuo spettatore Angeli e demoni, nonostante il titolo, sembra, nel complesso, meno oscuro e perverso del primo; meno complicato, meno contorto, meno concentrato sulla narrazione del fanta-thriller, più facilmente giocato invece sull’azione a effetto, sul colpo di scena da serie poliziesca, sul finale lineare e conciliatorio. Un film semplice, un po’ mediocre, facile da seguire, ma senza grande soddisfazione. Come troppo spesso accade, le – false – polemiche sorte intorno al film si son rivelate, usciti dalla sala di proiezione, le solite utili facezie che case di produzione, di distribuzione e uffici stampa si occupano di confezionare per attirare il più possi- Film bile la (scarsa) attenzione del pubblico. Non ci sono offese né attacchi veri e propri alla Chiesa Cattolica, né alla religione cristiana. Le offese peggiori le subisce forse l’intelligenza e l’istruzione del pubblico internazionale, ma forse non è cosa così grave. Per di più, non sembra lecito offendersi visto che il tono del film è così palesemente fumettistico-romanzesco e che per di più l’intelligenza e l’istruzione del pubblico si sono dimostrate meritevoli di tanto spregio della verosimiglianza e dell’accuratezza narrative trovandosi spesso gabbate dalle (davvero poco) fantasmagoriche fandonie collezionate nel film. Il ritmo serrato insieme alla ricchezza visiva, ottenuta grazia al grande dispiego Tutti i film della stagione di tecnologie digitali, sono forse le due cose migliori della pellicola. La sceneggiatura di certo è invece il punto più basso, più debole e meno difendibile d’un impianto narrativo povero, poco intelligente e per nulla raffinato, dove solo alcune trovate piuttosto grossolane (qualche dettaglio surrealistico nella messa in scena dei cardinali, il nome del nuovo Papa, ecc.) salvano dalla noia senza appello. In questo goffo zibaldone fintamente barocco, evidentemente ottuso, dotato di scarsa immaginazione, gli interpreti, tutti o quasi attori di livello (Skarsgård, Mueller-Stahl e Mc Gregor tra gli altri) sembrano spaesati e storditi, come il grande attore di teatro catapultato sul palco della filodrammatica: tra grandi smorfie e piccoli gesti per tentare di stare nei panni di cartapesta di personaggi scritti senza alcuna perizia, nessuno ne esce bene, solo qualcuno limita i danni. Al finale si arriva stanchi. Per scoprire che, anche dentro le gerarchie ecclesiastiche, in fondo un futuro migliore è possibile: i giovani sono i cattivi – retrogradi, oscurantisti, violenti e integralisti – ed è da vecchi inermi e un po’ inebetiti – difesi e condotti per la mano dalla luce dell’ateismo – che invece può venire la salvezza comune. Un lieto fine che, senza volerlo, sembra tra i più disperati e orrorifici degli ultimi anni. Silvio Grasselli UNA NOTTE AL MUSEO 2-LA FUGA (Night at the Museum: Battle of the Smithsonian) Stati Uniti, 2009 Effetti speciali trucco: Michelle Lemieux, Craig Lindberg, Ann McLaren Supervisore effetti speciali: Chris Hampton Supervisori effetti visivi: Raymond Chen (Rhythm & Hues), Scott Gordon (CafeFX), Dion Hatch (Digiscope), Dan Deleeuw, Coordinatori effetti visivi: Charise E. Angone, Jennifer Avery (Rhythm & Hues), Shad Davis (Studio), Aaron D. Wright (Cafe FX), Steve Carter, Collin Fowler, Liyr Tobias Johansen, Abbigail Ponek Supervisori costumi: John Casey, Alexandra Krost Interpreti: Ben Stiller (Larry Daley), Amy Adams (Amelia Earhart), Owen Wilson (Jedediah Smith), Hank Azaria (Kahmunrah/il pensatore), Robin Williams (Teddy Roosevelt), Christopher Guest (Ivan il Terribile), Alain Chabat (Napoleone Bonaparte), Steve Coogan (Ottavio), Ricky Gervais (dottor McPhee), Bill Hader (Generale George Armstrong Custer), Jon Bernthal (Al Capone), Patrick Gallagher (Attila), Jake Cherry (Nicky Daley), Rami Malek (Ahkmenrah), Mizuo Peck (Sacajawea), Kerry van der Griend, Matthew Harrison, Rick Dobran (neanderthal), Randy Lee, Darryl Quon, Gerald Wong, Paul Chih-Ping Cheng (unni), Jay Baruchel (Joey Motorola), Mindy Kaling (insegnante), Samuel Patrick Chu, Augustus Oicle, Kai James (adolescenti), Thomas Morley (Darth Vader), George Foreman (se stesso), Josh Byer (gangster Capone), Dave Hospes (astronauta), Keith Powell, Craig Robinson Durata: 105’ Metri: 2820 Regia: Shawn Levy Produzione: Michael Barnathan, Chris Columbus, Shawn Levy, Mark Radcliffe per Twentieth Century-Fox Film Corporation/ 1492 Pictures/21 Laps Entertainment/Museum Canada Productions Distribuzione: 20th Century Fox Prima: (Roma 22-5-2009; Milano 22-5-2009) Soggetto e sceneggiatura: Thomas Lennon, Robert Ben Garant Direttore della fotografia: John Schwartzman Montaggio: Dean Zimmerman, Don Zimmerman Musiche: Alan Silvestri Scenografia: Claude Paré Costumi: Marlene Stewart Produttori esecutivi: Thomas M. Hammel, Josh McLaglen Produttore associato: Ellen Somers Direttore di produzione: Patricia Anne Doherty Casting: Donna Isaacson Aiuti regista: Josh McLaglen, Misha Bukowski, Ashley Bell, Robert Rogers, Gordon Piper, Aliason C. Rosa, Rhonda Taylor Operatori: Chris Banting, Ian Fox Art directors: Michael Diner, Anthony Dunne, Helen Jarvis, Grant Van Der Slagt Arredatore: Lin MacDonald Trucco: Emanuela Daus, Kate Biscoe, Cyndie Boehm, Stephanie Pasicov Acconciature: Susan Boyd, Cydney Cornell S ono passati ormai due anni dalla prima avventura di Larry nel Museo di Storia Naturale di New York. Non più guardiano notturno, Larry è il proprietario della sua omonima azienda di gadget; ma non lavora più con lo stesso entusiasmo con cui gestiva gli abitanti animati del Museo. Dopo mesi, riesce finalmente ad andare a trovare i suoi vecchi amici, ma ha una sorpresa: bisogna rinnovare il Museo con nuove tecnologie, quindi tutte le statue di cera verranno spostate nell’archivio dello Smithsonian Museum a Washington D.C. Purtroppo la statua-Presidente Roosevelt gli confida che al Museo resterà anche l’antica tavoletta egiziana, quella che riesce a dare vita a tutte le statue di cera. Per loro è, quindi, l’ultima notte di vita. La notte seguente, mentre Larry si trova a cena col figlio, riceve una telefonata da Jedediah, piccola statua di cera western, 20 che chiede aiuto: la scimmia ha rubato la tavoletta e ora il perfido principe egizio Kahmunrah, il cui fratello buono Ahkmenrah è parte degli amici di Larry, la vuole per riportare in vita il suo esercito. Larry risponde alla chiamata d’aiuto. Lo aspetta l’avventura di una notte dove grazie all’aiuto di Amelia Earhart, la prima donna ad aver attraversato l’Atlantico con un aereo, cercherà di salvare i suoi amici; in primis, proprio Jedediah che vie- Film ne catturato dal Principe per ricattare Larry. Per salvarlo, Larry dovrà decifrare l’enigma della tavoletta per trovare “la password” con cui il l’egiziano potrà richiamare l’esercito. Amelia, innamoratasi di Larry, gli confida che nei suoi occhi non c’è vita, non c’è passione e tenta quindi di far capire cosa si deve fare per essere felici. Girando in quasi tutte le sezioni animate del Museo, alla fine trovano la soluzione all’enigma. Kahmunrah richiama l’esercito. A salvarli arriva la grande statua di Lincoln che rimanda indietro i guerrieri. Dopo una lunga battaglia fra i buoni e i cattivi, Larry fa ritornare Kahmunrah nel regno dei morti. Infine riporta tutti i suoi amici nel Museo di New York. Amelia e Larry si salutano con un bacio d’addio. Poi, Larry, avendo capito che la felicità risiede nel fare un lavoro che appassioni, vende la sua società; con i soldi ricavati ha finanziato in toto il suo amato Museo, con la promessa che dovranno restare tutte le statue di cera al suo interno e la costante apertura notturna del Museo stesso. Così facendo, per tutti, le statue di cera altro non sono che attori, mentre gli animali degli animatronics. Larry torna a fare il guardiano e incontra una ragazza iden- Tutti i film della stagione tica ad Amelia, con cui avviene il colpo di fulmine. S tesso team artistico del primo film, ma differente risultato. Il regista Shawn Levy confeziona una regia indubbiamente buona, senza sbavature; come esempio di tale lavoro si può menzionare la sequenza della fuga di Larry e Amelia sull’aereo. Così anche gli effetti speciali delle statue e dei quadri animati (che nel primo non c’erano), sono realizzati con altrettanta cura. Quello che non funziona sono alcuni dialoghi, francamente fini a se stessi e che rasentano un basso livello di scrittura. Indubbiamente alcuni adattamenti del doppiaggio italiano non aiutano. Napoleone ad esempio, fa impliciti ma comprensibilissimi riferimenti a Silvio Berlusconi, riferendo che vi sono suoi discendenti in Italia; in alcune scene arriva persino a imitare il modo di parlare del Presidente. Così anche alcune scene potrebbero tranquillamente essere omesse, senza recare danno alla storia stessa. Il merito del soggetto è comunque quello di tentare uno spostamento delle vicende di Larry cercando di non ricalcare troppo il film precedente. Mentre nel primo il protagonista doveva maturare e trovare un lavoro che gli consentisse di ottenere l’affidamento congiunto del figlio, qui deve capire qual è la strada da perseguire per raggiungere la felicità. Altro non poteva essere che non sono i soldi a fare la vera felicità, ma un lavoro che amiamo e che ci dia soddisfazione anche se poco retribuito. Ben Stiller, è ormai un navigato attore delle commedie americane per famiglie; memorabile la sua interpretazione nel film Ti presento i miei (2000). In questa pellicola, però, sembra ormai stanco, col risultato che neanche lui ci crede fino in fondo. Idem per il suo alter ego Owen Wilson; ovunque vi è un attore di solito ritroviamo anche l’altro. Discorso differente per Amy Adams, giovane attrice che è stata protagonista sia di film fantasy (Come d’incanto) che in altri maggiormente importanti come Il dubbio, accanto ai due premi Oscar, Meryl Streep e Philip Seymour Hoffman. Uno di quei casi in cui si poteva tranquillamente evitare un sequel, lasciando negli annali cinematografici un bel film per famiglie. Elena Mandolini FUORI MENÙ (Fuera de carta) Spagna, 2008 Trucco: Susana Sánchez Acconciature: Nuria Vela Supervisore effetti speciali: Juan Ramón Molina Coordinatori effetti visivi: Ferrán Piquer Suono: Sergio Bürmann Interpreti: Javier Cámara (Maxi), Lola Dueñas (Alex), Fernando Tejero (Ramiro), Benjamín Vicuña (Horacio), Cristina Marcos (Marta), Junio Valverde (Edu), Luis Varela (Jaime), Fernando Albizu (Valero), Jorge Alonso (medico), Yiyo Alonso (idraulico), Chus Lampreave (Celia), Carlos Leal (Pascal Sánchez), Alberto Jo Lee (Dae-Su), Alejandra Lorenzo (Alba), Alexandra Jiménez (Paula), Carlos Olalla (Quique), Mariano Peña (Álvaro), Jesús Fuente (direttore del collegio), Santiago Meléndez (cliente arrabbiato), Ana Prada (signora), María Jesús Llorente (moglie cliente), Pepe Martín, Eduardo Molina (bambini), María Tasende, Raquel Ortega (infermiere), Font García, Fernando Cueto (operai), Mari Franç Torres, Alberto Rivas Orio (cantanti), Pascal Cid Arregui (padre calciatore), Eduardo Velasco, Manuel Vidal, Adela huete Durata: 111’ Metri: 2915 Regia: Nacho G. Velilla Produzione: Daniel Écija, Nacho G.Velilla, Tadeo Villalba Hijo per Antena 3 Televisión/Canguro Produzioni Internazionali Cinematografiche/Ensueño Films Distribuzione: Bolero Film Prima: (Roma 24-4-2009; Milano 24-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Oriol Capel, Antonio Sánchez, David S. Olivas, Nacho G. Velilla Direttore della fotografia: David Omedes Montaggio: Angel Hernandez Zoido Musiche: Juanjo Javierre Scenografia: Javier Fernández Costumi: Silvia García Bravo Produttore esecutivo: Javier Méndez Produttori associati: Silvia García-Calvo, Eva Garrido Direttore di produzione: José Ripoll Sánchez Casting: Luis San Narciso, Tonucha Vidal Aiuti regista: Rafael Carmona, Eva Sánchez, Elena Valverde, Mari Franç Torres Operatore steadicam: Yosu Inchaustegui Art director: Javier Fernández Arredatore: Javier Lorenzo P rimo chef dell’esclusivo ristorante la Xantarella de La Chueca, il quartiere gay di Madrid, Maxi è un uomo che vive la cucina con estremo trasporto, elaborando ogni ricetta con furore creativo, all’insegna della filoso- 21 fia della “sessualità” del cibo. L’uomo dopo un matrimonio fallito da cui sono nati l’ormai adolescente Edu e la picco- Film la Alba, ha deciso di vivere liberamente la sua omosessualità e si dedica anima e corpo al suo locale, in trepidante attesa di ricevere il riconoscimento della stellina Michelin. Nonostante il ristorante ultimamente non navighi in ottime acque, Maxi ogni giorno gestisce con allegria e senza perdersi d’animo il suo personale di cuochi con un severo atteggiamento paternalista. Il suo staff è composto dai tipi più eterogenei e bizzarri: una ragazza rasta incinta, alcuni ragazzi asiatici, Ramiro un giovane sboccato e beone e, infine, da Alex, una maître single vivace ed esuberante, ma molto sfortunata in amore. Improvvisamente, l’abitudinaria esistenza dello chef viene scossa dalla morte improvvisa di tumore della ex moglie. Così, da un giorno all’altro, gli vengono affidati quei due figli abbandonati fin da piccoli, a lui quasi sconosciuti. Come se non bastasse, arriva anche un nuovo vicino di casa, Horacio, un ex calciatore argentino bello come il sole. Alex senza perdere troppo tempo si fa avanti per conquistare il cuore del bel calciatore; tuttavia, nonostante l’infinita dolcezza e un fantastico decolletè, proprio non riesce nella sua impresa. Anzi Horacio sembra avere tutt’altre mire. In un attimo infatti, inaspettatamente Maxi e Horacio si trovano l’uno nelle braccia dell’altro, pur non sapendo come giustificarsi agli occhi di Alex. Intanto Edu e Alba si trasferiscono a casa di Maxi e cominciano, loro malgrado, a prender parte alla vita del padre. Edu non condivide molti atteggiamenti di Maxi e gli rinfaccia sempre la sua assenza. L’uomo, inesperto in fatto di figli, cerca di fare il suo meglio, ma sembra ancora in- Tutti i film della stagione capace di prendersi le proprie responsabilità. Intanto Edu comincia a seguire gli allenamenti di Horacio e ai due amanti comincia a pesare la segretezza del loro rapporto. Così, in malo modo, mettono fine alla storia. Maxi diventa sempre più nervoso e intollerante anche con i figli, tanto da allontanarli ancor più da sé. Horacio, infelice e frastornato, durante una trasmissione sportiva, fa outing davanti alle telecamere e riconquista il cuore di Maxi. Ora possono vivere serenamente la loro storia. Finalmente al ristorante arriva la notizia che verrà a cena un ispettore della guida Michelin. All’uomo non sembra vero: tutto deve essere perfetto. Però, proprio quel giorno, è il compleanno di Edu e lui non può di certo mancare come tutti gli altri anni. Quindi lascia il ristorante in mano ai suoi cuochi e in compagnia di Horacio va a trascorrere la giornata con i suoi figli. Nonostante l’intervista per il riconoscimento non vada come previsto, Maxi ha ripreso con sé i suoi ragazzi e con Horacio ormai possono dire di formare una vera famiglia. O pera prima del regista spagnolo Nacho Garcìa Veilla, autore della fiction tv di successo Un medico in famiglia, Fuori menù fa venire in mente Pedro Almodòvar. Non è solo perché il protagonista, Javier Camara, ha recitato nei suoi film, ma anche per l’atmosfera che si respira, a metà strada tra la farsa e il dramma, con un retrogusto sensuale di fondo. Certo in fretta ci si accorge di essere lontani anni luce da Volver o Parla con lei, ma comunque si sorride. È soprattutto l’aspetto di commedia sociale a colpire, articolata con una serie di equivoci e classici cliché, incastrati tra loro. Al tentativo di parlare del delicato rapporto padre-figlio, si aggiunge quello del rapporto omosessuale. Fuori menù però ci tiene a mostrare con orgoglio come il suo paese sia stato negli ultimi anni pioniere delle battaglie per i diritti civili dei gay. Tuttavia la leggerezza del tocco diviene inconsistenza del messaggio. Per realizzare una ricetta di questa difficoltà occorrerebbe una struttura di una tale complessità che il film di Nacho Garcìa Velilla non si sforza più di tanto di costruire. Così che la maturazione di un istinto paterno appare superficiale e alcuni passaggi trovano giustificazione solo attraverso l’alibi narrativo della cornice favolistica, che precede ogni capitolo del film. Alcuni inserti animati provano a dare colore alla pellicola, virandola in una fiaba che mantiene comunque i suoi scomodi accenti realistici. Per fortuna, non guasta un po’ di autoironia e, tra una battuta e l’altra, non ci si prende mai seriamente. La divertente descrizione dell’esercito di cuochi al servizio del protagonista, che, fra un’aragosta e una zuppa, ci rendono parte del loro strampalato vissuto, è l’intuizione più felice del regista, accanto alla verve dei dialoghi che sembra avere particolarmente a cuore. Il film, premiato come miglior Film al Festival di Málaga e miglior attore Javier Camara, rappresenta in tutto la Spagna di Zapatero, dinamica, progressista, piena di spinte contraddittorie, ma al primo posto in fatto di tolleranza. Le potenzialità degli interpreti vengono enfatizzate al massimo. Tra tutti il protagonista Javier Cámara e Lola Dueñas, i due feticci di Almodòvar e il caratterista Fernando Tejero, che rappresentano gli stereotipi di personaggi già visti e vissuti. Convenzionali e poco originali appaiono anche molte situazioni, così come la stessa costruzione narrativa basata sulla triade incontro-conflitto-riappacificazione e il classico finale in corsa contro il tempo, in cui i sentimenti devono per forza di cose prevalere su tutto il resto. L’opera di Velilla, in conclusione, non suggerisce alcun ingrediente o piatto “fuori menù” all’evoluzione della famiglia dei nostri giorni, ma si diverte a prendere nota dei cambiamenti in corso e delle difficoltà che ne conseguono per adattarsi a essi. E lo fa col sorriso sulle labbra e con un sincero ottimismo. Veronica Barteri 22 Film Tutti i film della stagione ROCKNROLLA (RocknRolla) Gran Bretagna, 2008 Regia: Guy Ritchie Produzione: Steve Clark-Hall, Susan Downey, Guy Ritchie, Joel Silver per Warner Bros. Pictures/Dark Castle Entertainment/ Toff Guy Films/Studio Canal Distribuzione: Warner Bros. Italia Prima: (Roma 24-4-2009; Milano 24-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Guy Ritchie Direttore della fotografia: David Higgs Montaggio: James Herbert Musiche: Steve Isles Scenografia: Richard Bridgland Costumi: Suzie Harman Produttori esecutivi: Navid Mcllhargey, Steve Richards Produttori associati: Martin Askew, Mickey De Hara, Lauren Meek Direttore di produzione: Tom Avison Casting: Reg Poerscout-Edgerton Aiuti regista: Max Keene, Matthew Baker, Paul Bennett Operatore/Operatore steadicam: Julian Morson Art director: Andy Nicholson Arredatore: Debbie Moles Trucco: Jenny Harling, Laura McIntosh, Kath Rayner, Kirstin Chalmers L ondra, oggi. Gran parte dei quartieri sono controllati da Lenny Cole, boss della “vecchia scuola” ammanicato a livello politico per gestire, di fatto, tutto il mercato immobiliare della città. Alle porte c’è un accordo con Uri Obomavich, potente e misterioso miliardario russo, disposto a spendere sette milioni di euro per raggirare la burocrazia e avere la possibilità di costruire nel giro di sei mesi. A suggellare l’intesa, Obomavich lascia in prestito a Cole un dipinto d’enorme valore, suo quadro portafortuna. Per disporre della cifra, il russo si rivolge a Stella, affascinante consulente finanziario in grado di spostare grosse somme di denaro bypassando i controlli della finanza. La donna, annoiata da un matrimonio di copertura con un avvocato omosessuale, è in perenne ricerca di emozioni forti: per questo, comunica al malvivente Mr. One Two i dettagli dell’operazione, accontentandosi del 20% della quota. Il colpo va a segno, così il criminale e il suo compare Mumbles riescono a saldare Lenny Cole, con il quale erano in debito di due milioni di euro per un precedente accordo andato a finire male. I soldi vengono consegnati ad Archy, braccio destro del boss e narratore dell’intera vicenda. Che da quel momento sarà impegnato a risolvere anche un’altra questione: il quadro del russo è stato rubato dallo studio di Acconciature: Kirstin Chalmers Supervisore effetti speciali: David Harris Supervisore effetti visivi: Jonathan Privett (Rushes Post Production) Coordinatore effetti visivi: Warwick Hewett (Rushes Post Production) Supervisore musiche: Ian Neil Interpreti: Gerard Butler (One Two), Tom Wilkinson (Lenny Cole), Thandie Newton (Stella), Mark Strong (Archy), Idris Elba (Mumbles), Tom Hardy (Handsome Bob), Karel Roden (Uri Omovich), Toby Kebbell (Johnny Quid), Jeremy Piven (Roman), Ludacris (Mickey), Jimi Mistry (consigliere), Matt King (Cookie), Geoff Bell (Il capo Fred), Dragan Micanovic (Victor), Michael Ryan (Pete), Nonso Anozie (Tank), Gemma Artenton (June), David Bark-Jones (Bertie), David Leon (Malcolm), Bronson Webb (Paul), Kelly George (Danny), Roland Manookian (Bandy), Jamie Campbell Bower (Rocker), Alex Kovas (Chechnyan), Mario Woszcycki (Chechnyan), Mickey De Hara (Turbo), Scott McNess (Johnny, 12 anni), Tim Wallers, Jasper Jacob (avvocati), James Greene (giudice), Johnny Harris (Gary), Tiffany Mulheron (Jackie), David Sterne (barman) Durata: 114’ Metri: 3000 Lenny, nel frattempo infastidito dal mancato pagamento dei sette milioni e, tra le altre cose, dalla notizia (da subito considerata falsa) della morte della famosa rockstar Johnny Quid, suo figliastro, nonché irrecuperabile tossicomane. Neanche a farlo apposta, le piste battute da Archy per capire che fine abbia fatto il dipinto portano proprio a lui: l’incastro si complica; alla partita prendono parte anche Tank (conoscitore di tutti i movimenti della malavita londinese), Mickey e Roman, gestori di una decina di locali notturni, un tempo stretti collaboratori di Johnny Quid. Il quale continua a vivere nascosto insieme al fidato Pedro, tra pipe di crack, deliri filosofici e flashback della sua infanzia non proprio felice con l’arcigno Lenny. Intanto, il russo si rivolge nuovamente a Stella per “far muovere” altri sette milioni, la donna accetta e, come l’altra volta, gira l’informazione a Mr. One Two. Non sarà semplice come in precedenza, però: l’operazione è controllata da due ex soldati e combattenti russi, che venderanno cara la pelle prima di mollare il bottino. Il quadro, nel frattempo, viene sottratto a Johnny da due drogati di passaggio che successivamente lo vendono a Cookie, altro tossico che bazzica la bisca di One Two, al quale regalerà il dipinto per far sì che, a sua volta, lo doni a Stella. Alla notizia del secondo furto dei sette milioni, il russo crede sia tutta opera 23 di Lenny e, per questo, gli fa spezzare le gambe in quattro punti. Poi l’intrigo si scioglie: Mickey e Roman trovano Johnny, Archy viene informato sui reali artefici della doppia rapina. Tutti vengono portati da Lenny, ma la situazione si capovolge quando Johnny svela ad Archy che fu proprio il suo patrigno – che in realtà continua a fare i propri comodi perché tutelato dalla legge in quanto informatore della polizia – a farlo condannare tempo prima a quattro anni di galera. E la tortura riservata per anni ai suoi nemici sarà la stessa che subirà dal suo uomo più fidato. S alutato con particolare entusiasmo alla scorsa edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, ma passato pressoché inosservato alla prima settimana di programmazione nelle sale, RocknRolla di Guy Ritchie – famoso più per i trascorsi da “ex Signor Madonna” che per la carriera da cineasta – segna il ritorno del regista britannico alle atmosfere e alle derive malavitose dei londinesi Lock & Stock e Snatch – Lo strappo. Cercando di dimenticare i tremendi flop dell’indecoroso Travolti dal destino e Revolver (ambientato a Las Vegas), Guy Ritchie si affida nuovamente a coralità, racconto a incastro, montaggio da videoclip e colonna sonora “da urlo” (tra gli altri The Clash, The Sonics e Lou Reed), per ricor- Film darci – ancora una volta – quanto vorrebbe essere Tarantino. Seppur supportato da un cast all’altezza, il film mostra il fianco in breve tempo però, vuoi per una sensazione di déjà-vu insopprimibile, vuoi per la continua indecisione di un regista che, in più di un’occasione, rima- Tutti i film della stagione ne in perenne bilico tra la volontà di osare (senza mai farlo davvero) e il desiderio represso di prendersi maledettamente sul serio, trascinando “l’incastro” ben oltre i limiti necessari e dimenticando con troppa facilità di “chiudere” alcune situazioni lasciate frettolosamente in sospeso (che fine fanno Mr. One Two e compari?). Senza contare la smaccata e perenne ricerca di una scena da regalare ai posteri e la promessa (minaccia?...) che la vicenda del RocknRolla (Johnny Quid/ Toby Kebell) non sia finita qui... Valerio Sammarco TERMINATOR SALVATION (Terminator Salvation) Stati Uniti/Germania/Gran Bretagna/Italia, 2009 Regia: McG Produzione: Derek Anderson, Moritz Borman, Victor Kubicek, Jeffrey Silver per The Halcyon Company/Wonderland Sound and Vision Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia Prima: (Roma 5-6-2009; Milano 5-6-2009) Soggetto: dai personaggi create da James Cameron, Gale Anne Hurd Sceneggiatura: John Brancato, Michael Ferris Direttore della fotografia: Shane Hurlbut Montaggio: Conrad Buff IV Musiche: Danny Elfman Scenografia: Martin Laing Costumi: Michael Wilkinson Produttori esecutivi: Jeanne Allgood, Peter D. Graves, Mario Kassar, Dan Lin, Joel B. Michaels, Andrew G. Vajna Produttori associati: Bruce Franklin, Steve Gaub, April A.Janow, James Middleton, Anjalika Mathur Nigam Co-produttore: Chantal Feghali Direttore di produzione: Don Zeplef Casting: Justine Baddeley, Kim Davis Aiuti regista: Bruce Franklin, Jeff Okabayashi, Bryan Snodgrass, Cyndi Martin Operatore steadicam: George Billinger III Art director: Troy Sizemore Arredatore: Victor J. Zolfo Effetti speciali trucco: Mike Smithson, Rolf John Keppler, Aimee Macabeo, Michael Ornelaz, Arjen Tuiten Trucco: Kimberly Greene, Erin Wooldridge, Georgia Allen, Deidre Parness Acconciature: Betty Lou Skinner 2 003. Prima di essere giustiziato, Marcus Wright, nel braccio della morte, firma il proprio consenso alla dottoressa Serena Kogan affinché, una volta deceduto, il proprio corpo venga messo a disposizione della scienza. Quindici anni più tardi, nel 2018, la civiltà ha conosciuto il Giorno del Giudizio e un esercito di Terminator, in uno scenario post-apocalittico, cerca di portare a compimento lo sterminio uccidendo o catturando i pochi esseri umani rimasti, ora nascosti nelle città desolate, o in deserti inospitali. Leader carismatico della Resistenza, John Connor – l’unico che tempo addietro aveva previsto questo futuro per la sua specie – potrebbe finalmente neutralizzare Skynet (network di intelligenze artificiali che con- Supervisori effetti speciali trucco: John Rosengrant (Stan Winston Studio) Effetti speciali trucco:Laura Elliott, Damian Fisher, Allan B. Holt, Keith Marbory Acconciature: Betty Lou Skinner Coordinatori effetti speciali: Mark Hawker, Michael Meinardus Supervisori effetti visivi: John Dietz, Gregory Yepes (Rising Sun Pictures), Nathan McGuinness, John Fragomeni (Asylum), Ben Snow, Edward Hirsh (ILM), Sebastien Moreau (RodeoFX), Charles Gibson Coordinatori effetti visivi: Joseph Bell, Steve Fait (ILM), Christine Felman (Asylum), Jennie Zeiher (Rising Sun Pictures), Llyr Tobias Johansen Supervisore costumi: Robert Q. Mathews Interpreti: Christian Bale (John Connor), Sam Worthington (Marcus Wright), Moon Bloodgood (Blair Williams), Helena Bonham Carter (dottoressa Serena Kogan), Anton Yelchin (Kyle Reese), Jadagrace (la Star), Bryce Dallas Howard (Kate Connor), Common (Barnes), Jane Alexander (Virginia), Michael Ironside (Generale Ashdown), Ivan G’Vera (Generale Losenko), Chris Browning (Morrison), Dorian Nkono (David), Beth Bailey (Lisa), Victor J. Ho (Mark), Buster Reeves (Tunney), Kevin Wiggins (Generale Olsen), Greg Serano (Hideki), Po Chan (Naima), Babak Tafti (Malik), Bruce Mclntosh (prete), Treva Etienne (Len), Dylan Kenin (Turnbull), Michael Papajohn (Carnahan), Chris Ashworth (Richter), Diego Joaquin Lopez, Zach McGowan (soldati), Greg Plitt (uomo ibrido), Omar Paz Trujillo (guardia), Terry Crews (capitano Jericho) Durata: 115’ Metri: 3050 trolla i Terminator e che, in precedenza, diventando consapevole di se stesso, si è rivoltato contro i suoi stessi creatori), ma prima di annientarlo vorrebbe provare a liberare tutti gli esseri umani tenuti prigionieri, tra i quali Kyle Reese, ancora giovanissimo, ma pedina fondamentale di un prossimo futuro che, anni prima, la madre di John imparò a conoscere. Per farlo, ha un’unica possibilità: fidarsi di uno sconosciuto arrivato dal passato, Marcus Wright appunto, il cui ultimo ricordo è quello di essere stato in prigione e di essersi svegliato in questo nuovo mondo. Facile a dirsi, quasi impossibile a farsi: Marcus Wright è un ibrido, con un cuore e un cervello umani, ma con le parti interiori tipiche di un robot. Ignaro del suo status fino a poco prima l’ingresso nella sede dei ribel24 li, Marcus continua a considerarsi umano, anche se supportato da braccia e gambe di metallo e cerca, in tutti i modi, di convincere Connor della sua buona fede, spiegandogli che l’unica possibilità di riuscita per trarre in salvo Kyle Reese è infiltrarsi con lui a Skynet. Una volta dentro, Marcus scopre di essere stato progettato come nuovo modello di Terminator e che il disegno di Skynet era proprio quello di portare lì dentro John Connor per poterlo eliminare una volta per tutte. Ma la sua parte umana si ribellerà a questo destino e aiuterà il futuro capo della Resistenza a portare in salvo molti umani, tra cui Kyle Reese. Ferito mortalmente, infine, Connor sarà salvato proprio dal “cuore” di Marcus, che deciderà di sacrificarsi per tenerlo in vita. Film Tutti i film della stagione V enticinque anni dopo il primo capitolo scritto e diretto da James Cameron, Terminator Salvation si pone come da sottotitolo (Il futuro ha inizio) quale reboot dell’intera saga; dimenticando senza alcuna difficoltà il precedente Le macchine ribelli (2003) di Jonathan Mostow, questo di McG ha quantomeno il merito di riprendere in mano alcune connessioni filologiche indispensabili per comprendere l’andamento narrativo e lo sviluppo dei personaggi cardine della saga. Di fatto, l’ambientazione al 2018 – undici anni prima rispetto al prologo di Terminator, dove Kyle Reese insieme a un manipolo di uomini tenta di contrastare la furia delle macchine – diventa indispensabile per gettare le basi di un nuovo progetto atto a rilanciare, anche se con caratteristiche dissimili, la portata del già di per sé indimenticabile quadro teorizzato da Cameron. Per il regista di Aliens e Titanic, è vero, la storia di Terminator si concludeva in quella vasca di acciaio fuso che chiudeva il secondo episodio (Il giorno del giudizio, 1991), ma è altrettanto vero che Hollywood non considera chiusa l’epopea e, molto probabilmente, nel prossimo futuro (il 2029...) ritroveremo John Connor costretto a rimandare indietro nel tempo (1984) suo padre, Kyle Reese, per proteggere la sua futura madre, Sarah Connor, dalla potenza del Terminator inviato da Skynet per ucciderla. La magia di questo Terminator Salvation è tutta qui, nel saper incarnare le infinite pos- sibilità del mezzo cinematografico quale vettore capace di trasmigrare nello spazio e nel tempo, autogenerandosi, autodistruggendosi e rigenerandosi milioni di volte. Ma non solo: consapevole di non poter combattere ad armi pari con i due, veri capisaldi della saga (quelli di Cameron), il film di McG sfrutta al massimo i 200 milioni di dollari di budget (il più alto nella storia dei vari Terminator) – non disdegnando momenti di alta spettacolarità, quali l’inseguimento aereo o motociclistico, fino all’apice dello scontro all’interno di Skynet, con il T-800 che riassume le sembianze del primo Schwarzenegger, il cui volto è utilizzato digitalmente sul corpo di un wrestler professionista –, ma ha il coraggio di sapersi affidare ad atmosfere e polverosità degne dei migliori B-movies di tanto cinema sci-fi anni ’70 e ’80, regalando un (nuovo) metaimmaginario post-apocalittico plumbeo e desolante, squarciato, ancora una volta, dalla speranza di poter porre fine al predominio delle macchine sull’uomo. Ritorno al futuro. Valerio Sammarco 17 AGAIN - RITORNO AL LICEO (17 Again) Stati Uniti, 2009 Regia: Burr Steers Produzione: Jennifer Gibgot, Adam Shankman per Offspring Entertainment Distribuzione: Eagle Pictures 2009 Prima: (Roma 15-5-2009; Milano 15-5-2009) Soggetto e sceneggiatura: Jason Filardi Direttore della fotografia: Tim Suhrstedt Montaggio: Padraic Mckinley Musiche: Rolfe Kent Scenografia: Garreth Stover Costumi: Pamela Withers Produttori esecutivi: Jason Barret, Keith Goldberg Co-produttore: Dara Weintraub Direttore di produzione: Dara Weintraub Casting: Lisa Beach, Sarah Katzman Aiuti regista: Lisa C. Satriano, Lisa M. Rowe, David Mendoza, Jessica Lowrey, Efrain Cortes Operatore steadicam: Chris W. Johnson Art director: Tom Reta Arredatore: Natalie Pope Trucco: Erin Wooldridge, Kimberly Greene, Amy Harmon, Amy Lederman Acconciature: Marie Larkin, Melissa A. Yonkey, Kim M. Ferry Coordinatori effetti visivi: Jennifer Avery Supervisore musiche: Buck Damon Supervisore costumi: Micelle Kurpaska Interpreti: Zac Efron (Mike O’Donnell adolescente), Leslie Mann (Scarlett O’Donnell adulta), Thomas Lennon (Ned Gold), Matthew Perry (Mike O’Donnell adulto), Tyler Steelman (Ned Gold adolescente), Allison Miller (Scarlett adolescente), Sterling Knight (Alex O’Donnell), Michelle Trachtenberg (Maggie O’Donnell), Adam Gregory (Dom), Hunter Parrish (Stan), Mario Cassem (Samir), Katerina Graham (Jaime), Tiya Sircar (Samantha), Melissa Ordway (Lauren), Melora Hardin (Preside Jane Masterson), Brian Doyle-Murray (bidello), Josie Loren (Nicole), Jim Gaffigan (allenatore Murphy), Randy Gordon (fotografo), Collette Wolfe (Wendy), Tommy Dewey (Roger), Lorna Scott (segretaria), Kodi Kitchen (hostess), Ellis Williams (ufficiale giudiziario), Diana-Maria Riva (giudice), Jeff Snyder, Angee Hughes (camerieri), Antonio Lewis Todd (arbitro, 1989), Ed Ackerman (poliziotto della scuola), Will Schaub (arbitro), Loren Lester (avvocato di Mike) Durata: 102’ Metri: 2660 25 Film N el 1989, Michael O’Donnell era l’idolo del liceo e nuova promessa del basket. Poco prima della grande finale, Mike viene a sapere che la sua ragazza, Scarlet, è incinta e decide quindi di mollare tutto, posto e università, per sposarsi. Vent’anni dopo, la vita di Mike sta andando a rotoli: lui e Scarlet si sono separati, il lavoro non lo soddisfa, i figli Maggie e Alex non hanno nessun dialogo con lui. Un giorno, Mike capita per caso dalle parti del suo liceo, rimpiangendo la sua vita da adolescente e le sue speranze nell’avvenire, e ha uno strano incontro con un vecchio bidello. Tornato a casa dallo stralunato amico Ned Gold, con il quale convive ora che Scarlet l’ha piantato, Mike scopre di essere tornato diciassettenne! Aiutato da Ned, Mike si iscrive a scuola con il nome di Mark Gold per godersi di nuovo l’occasione irripetibile di poter modificare il proprio passato ma si accorge che questo dono improvviso serve a qualcosa di più importante: vivendo ora “sotto mentite spoglie”, Mark può avvicinare di più i propri figli e scoprire cose di loro che non sapeva, aiutando Maggie a superare le prime delusioni d’amore e spingendo Alex a trovare più sicurezza in se stesso. Divenuto “amico” di Maggie e Alex, Mark frequenta anche Scarlet, scoprendosene ancora innamorato. Il tempo passa e si avvicina intanto la data dell’udienza per la causa di divorzio. Mark si presenta in aula per leggere una lettera scritta da Mike per risvegliare i sentimenti di Scarlet che però scopre la verità. Durante la finale del campionato, Mark fa i modo che sia proprio Alex a segnare il Tutti i film della stagione punto decisivo e, poco dopo, il misterioso bidello lo scioglie dall’incantesimo. Ora Mike è di nuovo felice insieme alla sua famiglia e viene nominato allenatore della squadra di basket della scuola. G iusto vent’anni fa erano di gran moda i film cosiddetti “body swap”, basati sullo scambio magico di ruoli tra padri e figli, oppure sul catapultamento improvviso e inspiegabile in un altro tempo. Tanto per citarne qualcuno, Big con Tom Hanks, Tale padre tale figlio col compianto Dudley Moore e l’idolo delle teenagers del tempo Kirk Cameron, Peggy Sue si è sposata di Francis Ford Coppola (ma già siamo su un terreno diverso ...) e tanti altri, fino al recente 30 anni in un secondo con Jennifer Garner. 17 again – ritorno al liceo ribalta in parte il topos della trama “body swap” per catapultare il quarantenne Matthew Perry, il Chandler della serie culto degli anni ’90 Friends, nei panni disinvolti e sempre più idolatrati del giovane divo del momento Zack Efron, che sembra non riesca – o non voglia – scrollarsi di dosso il ruolo del bello della scuola. Con un’idea di partenza tanto esile e così già ampiamente sfruttata, il risultato poteva essere benissimo un semplice veicolo divistico per Efron dopo i successi planetari della serie High School Musical. Invece il film si sforza di elevarsi un po’ di più dalla consueta “minestra riscaldata” a uso e consumo della star di turno. Zack Efron rivela gustose doti comiche, ancorché acerbe, e riesce a gestire bene da protagonista il film, rubando spesso la scena al bolso Matthew Perry. Il regista Burr Steers (in precedenza attore per Tarantino, sceneggiatore di Come farsi lasciare in dieci giorni e regista di interessanti serie tv) si cimenta anche nella rappresentazione della generazione adolescenziale nella scuola del nuovo millennio, nell’era dei videofonini e di youtube. La regia è spigliata e movimentata, con un buon ritmo e una buona scelta dei tempi comici (anche se strizza un po’ troppo l’occhio al mondo liceale dello già citato High School Musical, tra balletti propiziatori e partite di basket). La sceneggiatura di Jason Filardi saccheggia ampiamente da altri film simili, ma lo fa con intelligenza e dissemina qua e là citazioni più o meno velate a La vita è meravigliosa e Ritorno al futuro. Le gag presenti nel film sono divertenti al punto giusto, lontane dalla volgarità liceale di American Pie e simili. Gli interventi più riusciti riguardano comunque il personaggio di Ned Gold, interpretato da Thomas Lennon, il miglior amico del protagonista ai tempi del liceo che da nerd sfigato è riuscito a diventare milionario grazie al boom della fantascienza, compiendo un percorso inverso, dalla stelle alle stalle, del suo compagno Michael. La lotta a colpi di spada laser di Guerre stellari è sicuramente una delle trovate più riuscite del film. Ovviamente si tratta di un film di carta velina, leggero e spensierato, che però riesce a divertire soavemente e senza scossoni per quasi un’ora e mezza, senza pretese e senza volgarità. Chiara Cecchini RIUNIONE DI FAMIGLIA (En mand kommer hjem) Danimarca, 2007 Operatore steadicam: Karsten Jacobsen Art directors: Magnus Kasting, Manudela Riger-Kusk Trucco: Jenny Fred Supervisori effetti visivi: Michael Holm Supervisori musiche: Michael Baird, Claude Letessier Suono: Kristian Eidnes Andersen Interpreti: Oliver Møller-Knauer (Sebastian), Ronja Mannov Olesen (Maria), Helene Reingaard Neumann (Claudia), Thomas Bo Larsen (Karl Kristian Schmidt), Morten Grunwald (direttore), Gitte Christensen (Sarah Schmidt), Ulla Henningsen (zia Anna), Karen-Lise Mynster (madre), Paw Henriksen (Peter), Shanti Roney (cuoco), Salvatore Mastruzzo (assistente), Said Milanpouri (direttore d’orchestra), Klaus Pagh (borgomastro), Thomas Bo Larsen (cantante), Brigitte Christensen (moglie del cantante) Durata: 100’ Metri: 2630 Regia: Thomas Vinterberg Produzione: Morten Kaufmann per Breidablick Film AB/Nimbus Film Productions Distribuzione: Teodora Film Prima: (Roma 30-4-2009; Milano 30-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Morten Kaufmann, Mogens Rukov, Thomas Vinterberg Direttore della fotografia: Anthony Dod Mantle Montaggio: Soren B. Ebbe, Valdís Óskarsdóttir Musiche: Johan Söderqvist Scenografia: Morten Isbrand, Anja Wessel Costumi: Anne Mette Trolle Co-produttore: Moa Westeson Direttore di produzione: Lina Bach Christensen Casting: Tine Saetter-Lassen Aiuto regista: Bjorn Kopp 26 Film I n una cittadina danese fervono i preparativi per celebrare il 750° anniversario della sua fondazione. L’albergo più importante è in subbuglio per accogliere l’importante cantante d’opera Karl Kristian Schmidt, tornato nella città natia per l’occasione. Viene addirittura chiamato uno chef dalla “nemica” Svezia per garantire la massima riuscita dell’evento, di lì a poco minato sia per le difficili doti caratteriali dell’ospite d’onore, sia per gli avvenimenti personali di un aiuto cuoco, Sebastian, giovane bello e balbuziente, convinto che il padre si sia suicidato quando lui era ancora bambino, cresciuto con la mamma e la zia, diventate poi compagne di vita. Il ragazzo è prossimo al matrimonio con Claudia, ma basterà rincontrare Maria – suo antico amore, scomparsa dopo la morte della madre, ora neoassunta come cameriera nello stesso albergo dove lui lavora – per far vacillare le sue certezze. Sebastian confessa a Claudia di aver fatto l’amore con Maria e viene cacciato di casa. Tornato il giorno dopo per prendere le sue cose, saprà dalla madre – arrivata con la zia per i festeggiamenti della città – che il padre non è mai morto e che, in realtà, è proprio il cantante, Karl Kristian Schmidt. Il quale, nel frattempo, si rifiuta di mangiare e porta stancamente avanti il rapporto con la nuova moglie. Completamente disorientato, Sebastian torna al lavoro e viene incaricato di portare al cantante la colazione. Arrivato al suo cospetto, però, scoppia a piangere. Schmidt – ancora ignaro si tratti di suo figlio – si prende cura del ragazzo e viene a conoscenza del dramma d’amore in cui è coinvolto. Sen- Tutti i film della stagione za mezzi termini, lo convince che la strada da seguire è quella che porta a Maria: per questo, deciderà di invitare entrambi alla cena in suo onore. La stessa sera, però, Maria viene pesantemente umiliata da Claudia e, poco dopo, sale nella stanza del cantante per pulire il bagno, sporcato in precedenza da Sebastian. Dopo una crisi di pianto, Maria si concede a Schmidt, anche stavolta inconsapevole si tratti della ragazza amata da Sebastian. Tutto l’intrigo si risolve a cena quando, seduti allo stesso tavolo, padre e figlio scoprono contemporaneamente ciò che fino a poco prima ignoravano: Sebastian si getta sull’uomo reo di essersi portato a letto la sua amata, poi viene allontanato a forza; Schmidt, tornato “alla vita” dopo aver saputo di essere padre, si esibisce a ottimi livelli con “La Traviata”. Il giorno dopo, si ritrovano su una strada in mezzo al nulla e, dopo un lungo abbraccio, si separano. Uno, Sebastian, al fianco di Maria, l’altro, il cantante, sapendo di avere un figlio. P resentato all’edizione 2008 del Festival Internazionale del Film di Roma, sezione L’altro Cinema/ Extra, Riunione di famiglia è, per ammissione dello stesso regista, “la naturale conseguenza di Festen, il film che avrei fatto successivamente a quello se non avessi ottenuto tutto quel successo”. Thomas Vinterberg, fondatore tra gli altri e insieme a von Trier del “Dogma 95” danese, torna dieci anni dopo a esplorare i legami e i conflitti familiari ma, a differenza di allora, oltre all’abbandono definitivo dei paletti stilistici del “movimento di rivolta” di cui egli stesso si faceva promotore (“Dogma è morto nel momento stesso in cui ha dato vita a ulteriori, nuove convenzioni”, ha spiegato il regista), inserisce al substrato composto di dramma e tragedia una nuova, funzionale, componente ironica (gli aspetti caricaturali dello chef svedese, inserito in un contesto lavorativo, la cucina dell’albergo, che non può non far pensare a un set cinematografico...) mista a lirismo. Esteticamente, il film dà il meglio di sé nei chiaroscuri e nelle scene di forte illuminazione (l’incontro tra Sebastian e Maria, i flashback nei campi con il protagonista bambino), vere e proprie chiavi di volta per un discorso che trova – anche attraverso il linguaggio delle immagini, contraddistinte ancora una volta dalle luci di Anthony Dod Mantle, collaboratore fedele di Vinterberg e recente premio Oscar per The Millionaire di Danny Boyle – un’apertura e uno sguardo verso il riscatto intrecciato dei due personaggi principali, padre e figlio che prima ignoravano la rispettiva esistenza e che, dopo, sapranno affrontare la vita da un punto di vista differente, nuovo, consapevoli entrambi di aver rimesso in carreggiata i propri giorni. Supportato notevolmente dalla prova di tutti gli interpreti (Thomas Bo Larsen passa con disinvoltura dal ruolo di figlio interpretato in Festen al ruolo di padre “redento”), Vinterberg dimostra nuovamente quanto, forse più di ogni altra cosa, nel cinema conti saper dirigere gli attori: anche così, probabilmente, è possibile trasformare un asettico incontro del cast in una ben più scoppiettante riunione di famiglia. Valerio Sammarco ANTICHRIST (Antichrist) Danimarca/Germania/Francia/Svezia/Italia/Polonia, 2009 Co-produttori: Madeleine Ekman, Lars Jönsson, Andrea Occhipinti, Ole Østergaard, Malgorzata Szumowska Direttore di produzione: Rüdiger Jordan Casting: Victoria Beattie, Antoinette Boulat, Leo Davis, Des Hamilton Aiuti regista: Michael Elliott, Richard Styles Art director: Tim Pannen Trucco: Hue Lan Van Duc Acconciature: Antje Bockeloh, Hue Lan Van Duc Coordinatore effetti speciali: Erik Zumkley Supervisori effetti visivi: Peter Hjorth, Anders Refn Coordinatore effetti visivi: Sarah K. Hellström Suono: Kristian Eidnes Andersen Interpreti: Willem Dafoe (marito), Charlotte Gainsbourg (moglie) Durata: 104’ Metri: 2870 Regia: Lars von Trier Produzione: Meta Louis Foldager per Zentropa Entertainments. In coproduzione con Zentropa International Köln/Slot Machine/Memfis Film/ Trollhättan Film AB/Zentropa International Poland/Lucky Red/Liberator Productions. In cooperazione con Filmstiftung NRW/DR/ARTE/Film i Väst/SVT/CMC/Canal+/Det Danske Filminstitut/DFFF/Nordisk Film & TV Found/Polski Institytut Sztuki Filmowej/SFI/ZDF Distribuzione: Key Films Prima: (Roma 22-5-2009; Milano 22-5-2009) V.M.: 18 Soggetto e sceneggiatura: Lars von Trier Direttore della fotografia: Anthony Dod Mantle Montaggio: Asa Mossberg, Anders Refn Scenografia: Karl Júlíusson Produttori esecutivi: Peter Garde, Peter Aalbæk Jensen 27 Film P rologo. Bianco e nero. Un uomo e una donna fanno l’amore. Un bambino, loro figlio, li scopre avvinghiati, piange, poi si butta dalla finestra e si schianta al suolo. La donna è sconvolta dal lutto. Il marito, psicoterapeuta, apparentemente indifferente alla tragedia, cerca di aiutarla a elaborare la perdita e trovare sollievo al suo dolore. La strategia terapeutica consiste nell’individuare le paure più profonde della donna e vincerle. Così l’uomo propone alla moglie di tornare alla loro casa in montagna, nel bosco, in cui la donna era stata l’estate precedente, sola, insieme al figlioletto. Capitolo 2. Pena. (Il caos regna). Arrivati alla baita nel bosco di Eden, inizia il percorso terapeutico che dovrà rintracciare i luoghi delle paure della donna. Inquietanti segni costellano il soggiorno della coppia fin dall’arrivo (l’uomo scorge nel bosco una femmina di cervo che porta tra le zampe il corpo morto penzolante d’un cerbiatto appena nato; poi, ancora, una volpe nascosta nell’erba che si mangia gli intestini e che con voce stentorea annuncia “il caos regna”). Le notti sono piene d’incubi; le passeggiate in mezzo agli alberi e i colloqui con il marito sembrano però far bene alla donna. Capitolo 3. La persecuzione delle donne. In un’atmosfera sempre più cupa e inquietante, dentro la fragilità della donna si va facendo strada un’aggressiva ostilità. Tra i coniugi riprendono gli amplessi, fino a che una sera i due si ritrovano a fare l’amore in mezzo alla foresta, adagiati sulle maestose radici d’un albero morto, circondati, nel bel mezzo dell’orgasmo, da una Tutti i film della stagione misteriosa distesa di cadaveri mezzo sepolti. Il marito, insospettito dal comportamento della moglie, scopre i deliranti documenti che lei ha accumulato in soffitta durante il suo periodo di studio passato, da sola, con il figlio, a scrivere la sua tesi di laurea. Quando poi trova alcune foto in cui il figlioletto compare con le scarpe indossate al contrario, l’uomo sbotta e chiede ragione alla moglie delle strane deformazioni rinvenute sul corpo del piccolo nel corso dell’autopsia. La donna reagisce con violenza alle accuse. In un raptus colpisce il marito ai genitali, tramortendolo; lo masturba e lo sottopone a un sanguinoso intervento, inchiodandogli una mola alla caviglia. L’uomo, risvegliatosi, cerca scampo nella tana d’una volpe. Ancora in mezzo a incomprensibili fenomeni naturali, la donna scova il marito e lo riduce in fin di vita. Capitolo 4. I tre mendicanti. Stesa accanto all’uomo privo di conoscenza e in preda a un’incomprensibile follia autodistruttiva, la donna si recide il clitoride. “Quando arrivano i tre mendicanti” vaticina la donna guardando le stelle in cielo “ qualcuno deve morire”. Il marito guarda sgomento l’arrivo nella stanza dei tre magici animali, il corvo, la volpe e la cerva; poi, alzatosi quasi preso da una trans, inizia una colluttazione che termina con lo strangolamento della moglie. L’uomo, ferito e mezzo morto, si allontana dalla baita in mezzo ai cadaveri. Epilogo. Una didascalia prima della conclusione: “Questo film è dedicato a Andrei Tarkovskij”. Giunto in cima al crinale, nella pallida e opaca luce dell’alba, l’uomo vie- 28 ne lentamente accerchiato da un gruppo di donne il cui numero si stende in mezzo agli alti alberi a perdita d’occhio. L e definizione sono spesso difficili, più di frequente inutili o dannose. È il caso di questo ultimo disturbato e un po’ vigliacco lungometraggio firmato da Lars Von Trier, tornato dietro la macchina da presa dopo un lungo e travagliato periodo di problemi psichici. Von Trier, maestro indiscusso del cinema horror ancor prima che autore di cinema tout court, ha dichiarato in più occasioni d’aver voluto versare nel film paure e fantasie della sua mente sofferente, usando il cinema come luogo di catarsi. Data un’occhiata alle poche immagini provenienti da Cannes – dove la pellicola ha ricevuto un’accoglienza poco positiva –, sembrava lecito aspettarsi quanto meno uno spaventoso raffinato incubo in forma di film. Invece quel che si capisce a una ventina di minuti dall’inizio è che l’unico ad aver avuto paura è stato forse il regista stesso. Nell’incipit ancora una volta Von Trier dimostra il suo talento visivo, la precisione d’uno stile che per troppo compiacimento diventa subito maniera. Fino a che i due coniugi non arrivano in un Eden perfettamente coincidente con l’Ade, sembra che il danese stia tentando la via di un rimescolamento aggiornato di due capolavori rosselliniani: Germania anno zero e Europa ’51. Poi, però, lo spavento, la visione, l’inquietudine dell’incubo prendono il sopravvento. Pianti senza corpo, battiti cardiaci assordanti, nuche che sembra nascondano un indicibile orrore, che alludano a un’assenza nera e perniciosa iniziano a dispiegarsi tra l’apparizione d’un animale parlante e le orrorifiche criptiche dichiarazioni della povera moglie/madre prossima alla dipartita. Lars Von Trier, però, non affonda mai, non s’immerge fino alla cima dei capelli nei suoi tormenti ma resta invece sempre sopra la superficie della ragione. Così le visioni più forti, raccapriccianti, capaci di mettere in subbuglio la coscienza dello spettatore esclusivamente attraverso gli strumenti (estetici) propri del cinema, vengono spezzate, indebolite e quasi contraddette dalla mano del regista, sempre troppo pronta a ritrarsi dall’oscuro precipizio dal quale affiorano appena frammenti d’un profondo e carnalissimo travaglio esistenziale. Evitati i facili rischi dello psicologismo d’accatto, della psicanalisi da due soldi (che pure affiora qui e lì, ma che non si trova mai nelle fondamenta della messa in scena), del cinema basato sulla narrazione amena, Von Trier costruisce un im- Film pianto classico sul quale poter montare un gioco duro e puro di cinema cinema. Poi, però, sembra mancare il coraggio di stare all’idea di partenza: come accade con le tetre ombre degli incubi notturni che vengono facilmente messe in ridicolo e neu- Tutti i film della stagione tralizzate dalla luce della coscienza (e della ragionevolezza) diurna, l’irrazionale, il simbolico e l’allegorico sono qui quasi ridicolizzati dallo sfasamento oscillatorio d’uno sguardo incerto che vanifica l’estasiante esattezza delle oniriche visioni nel film. La misoginia, il presunto satanismo, così come la molto discussa crudeltà della pellicola sono semplici falsità, grossolanità, frutto d’una lettura molto meno che accurata. Silvio Grasselli QUARANTENA (Quarantine) Stati Uniti, 2008 Effetti speciali trucco: Leo Corey Castellano, Toby Lamm, David A. Brooke, Clayton Martinez Supervisori effetti visivi: Edson Williams (Lola Visual Effects), Rocco Passionino Coordinatori effetti visivi: Sean Tompkins Supervisore musiche: Pilar McCurry Supervisore costumi: Laura E. Little Interpreti: Jennifer Carpenter (Angela Vidal), Steve Harris (Scott Percival), Jay Hernandez (Jake), Johnathon Schaech (George Fletcher), Columbus Short (Danny Wilensky), Andrew Fiscella (James McCreedy), Rade Serbedzija (Yuri Ivanov), Greg Germann (Lawrence), Bernerd White (Bernard), Dania Ramirez (Sadie), Elaine Kagan (Wanda Marimon), Marin Hinkle (Kathy), Joey King (Briana), Jermaine Jackson (Nadif), Sharon Ferguson (Jwahir), Denis O’Hare (Randy), Stacy Chbosky (Elise Jackson), Jeannie Epper (signorina Espinoza), Barry Sigismondi (Bob Orton), Rosine ‘Ace’ Hatem (donna ferita), Christian Svensson, Scott Donovan (guardie armate), Michael Potter (capo della polizia), Jane Park Smith (giornalista), Craig Susser (dottore), Bert Jernigan, John Meier (guardie), Doug Jones (uomo contagiato), Shawn Driscoll, Bryan Ross (pompieri), Benjamin Stockham (bambino infettato), Ben Messmer (Griffin) Durata: 89’ Metri: 2530 Regia: John Erick Dowdle Produzione: Sergio Aguero, Clint Culpepper, Doug Davison, Carlos Fernandez, Julio Fernandez, Roy Lee per Andale Pictures/Screen Gems/Vertigo Entertainment Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia Prima: (Roma 30-1-2009; Milano 30-1-2009) V.M.: 14 Soggetto: dalla sceneggiatura di Jaume Balagueró, Luiso Berdejo, Paco Plaza del film Rec del 2007 Sceneggiatura: Drew Dowdle, John Erick Dowdle Direttore della fotografia: Ken Seng Montaggio: Elliot Greenberg Scenografia: Jon Gary Steele Costumi: Maya Lieberman Produttori esecutivi: Drew Dowdle, Carlos Fernandez, Julio Fernandez, Glenn S. Gainor Produttore associato: Nicolas Stern Direttore di produzione: Nicolas Stern Casting: Lindsey Hayes Kroeger, David Rapaport Aiuti regista: Adam Druxman, Jenny Nolan Operatore: Joseph Aguirre Art director: Chris Cornwell Arredatore: Dena Roth Trucco: Toby Lamm, Douglas NoeSandra Rowden Acconciature: Solina Tabrizi A lla reporter televisiva Angela Vidal è stato assegnato l’incarico di realizzare un reportage sull’operato dei pompieri di Los Angeles, seguendo il loro turno di notte. La giornalista e il suo fidato cameraman si recano così in un edificio da cui è arrivata una chiamata di soccorso. Lì si trovano subito davanti a una donna anziana con la camicia da notte sporca di sangue. La donna è affetta da un misterioso virus e aggredisce un poliziotto. Angela, per cercare di documentare integralmente quello che sta succedendo, invita il suo cameraman a riprendere tutto. I vigili del fuoco cercano di portare il poliziotto all’esterno per chiamare un’ambulanza, ma la porta è bloccata. Intanto, un altro pompiere viene improvvisamente colpito. L’anziana donna poi uccide un’altra persona e si scaglia, imbrattata di sangue, contro un agente prima di essere abbattuta. Il nervosismo comincia a contagiare tutti. Angela si scaglia contro il suo collaboratore chiedendogli di vedere tutto ciò che hanno filmato. I vigili del fuoco radunano tutti gli abitanti del palazzo per portarli al piano terra. La polizia ha poi messo il palazzo in quarantena e ha bloccato tutte le vie di uscita. Ciò ha generato una forte tensione tra gli agenti e i pompieri, anche perché ci sono alcuni di loro che hanno bisogno di essere soccorsi. L’isolamento è totale. Il palazzo viene anche sigillato dall’esterno. I cellulari, walkie-talkie e radio non funzionano. Un vigile del fuoco definisce questa situazione con il termine MBN (Minaccia Biologica Nucleare). Angela, intanto, comincia a intervistare gli inquilini del palazzo, tra cui Briana, una bambina di 5 anni. La situazione però degenera. Un altro pompiere è colpito. Il veterinario, che sta visitando tutti i feriti, inizia a rintracciare in un abitante del palazzo i sintomi della rabbia. Un cane aggredisce nell’ascensore un abitante. Un’inquilina in preda a un raptus viene uccisa a colpi di telecamera dal cameraman. Un 29 pompiere è in preda a un raptus e poi anche la piccola Briana viene contagiata. I pochi superstiti cercano una via di salvezza. Un uomo cerca di uscire dall’edificio ma viene colpito dal proiettile di un cecchino dal palazzo di fronte. Angela è sempre di più disperata e crede anche lei di essere stata morsa. Ormai la follia dilaga: persone che volano dalle scale, sopravvissuti che pensano di essere stati contagiati. A un certo punto, Angela e il suo cameraman sono inseguiti e attaccati. La giornalista brancola nel buio. C’è un’aggressione. La telecamera cade a terra. Angela resta sola. Cerca di avvicinarsi all’obiettivo ma poi precipita. D opo il Giappone, ecco la Spagna. L’horror statunitense prosegue la sua programmatica opera di saccheggio. Se precedentemente era toccato a cineasti nipponici come Hideo Nakata e Takashi Shimizu, ora è il turno della Spagna; forse è la cinematografia europea, che Film attualmente sta facendo le più interessanti incursioni sul genere. I nomi di punta sono Aleandro Amenábar e Jaume Balagueró, innanzitutto; ma in questo elenco possono essere inclusi anche il veterano Paul Naschy o Paco Plaza e Juan Antonio Bayona, che si è messo in luce proprio quest’anno con The Orphanage, altro possibile titolo da remake statunitense. Quarantena è il rifacimento di uno degli horror più autenticamente truculenti, Rec (2007) di Balagueró e Plaza, nel quale i due cineasti utilizzavano un unico sguardo (la soggettiva del cameraman) e riprendevano quella sporca inquietudine di The Blair Witch Project, per mostrare i media come una specie di nuovi zombie, quasi una versione riaggiornata di La notte dei morti viventi di Romero. Il sottotesto e la sporcizia che c’erano in Rec, però, in Quarantena si perdono. Il film di John Erick Dowdle (che si era già confrontato con le forme sospese tra il thriller e l’horror con il precedente The Poughkeepsie Tapes del 2007) appare un remake svogliato, sia nella forma che nella Tutti i film della stagione sostanza, nel quale cerca soprattutto di concentrare l’azione all’interno del palazzo isolato di Los Angeles. Forse Dowdle guarda al modello, anche di scrittura, di Quel pomeriggio di un giorno da cani, ma qui non si sente quella sensazione di graduale, ma costante accerchiamento come nel film di Lumet. Se Rec era autenticamente splatter, Quarantena sembra più distratto da elementi esteriori, come quella del fascio di luce verde che si diffonde nell’ambiente e sui volti o dall’amplificazione di elementi sonori che, come è purtroppo avvenuto nell’ultima produzione di horror in serie, anticipano spesso l’effetto prima di farlo vedere. La follia, che man mano dilaga dentro il film, non coinvolge perché tutto appare già preparato. Così i personaggi in preda alla rabbia, il volto sempre più terrorizzato della reporter Angela (interpretata da Jennifer Carpenter, che aveva positivamente sorpreso con la sua interpretazione in The Exorcism of Emily Rose), oppure alcuni flash come il sangue sulla telecamera o la macchina da presa sem- pre più traballante, sono soltanto dei segni, sia di scrittura sia visivi, che prendono forma solo per disordinato accumulo. Il finale, con la caduta della telecamera del cameraman a terra, potrebbe essere anche interpretato da un punto di vista soprattutto teorico: i limiti dello sguardo nei confronti della rappresentazione. Ma Quarantena, anche da questa angolazione, mostra di andare estremamente in superficie. Dall’altra parte, è invece troppo freddo e calcolato e, malgrado la vicinanza estrema con ciò che viene inquadrato, è estremamente distante. Solo un urlo, un improvviso scatto di rabbia, può attrarre l’attenzione anche solo per un momento. Dowdle mostra di avere il fiato corto e la mano pesante e ciò è evidente nel modo in cui mostra le forme del contagio. Non c’è bisogno di essere Cronenberg per creare la minima tensione, ma basta anche un’efficacia artigianale da B-movie. Ma Quarantena sembra avere altre ambizioni. Alla fine non si è capito però quali siano. Simone Emiliani THE READER - A VOCE ALTA (The Reader) Stati Uniti, Geramania, 2008 Trucco: Gabriele Kent-Horspool, Linda Melazzo, Annett Schulze, Anna Von Gwinner, Ivana Primorac Acconciature: Ivana Primorac Supervisore effetti speciali: Adolf Wojtinek Supervisori effetti visivi: Dayne Cowan (Double Negative), Jim Rider (Rhino FX), Mark Dornfeld Coordinatore effetti visivi: Paulina Kuszta Supervisore costumi: Heike Huett Interpreti: Kate Winslet (Hanna Schmitz), Ralph Fiennes (Michael Berg), Jeanette Hain (Brigitte), David Kross (Michael Berg giovane), Bruno Ganz (Professore Rohl), Susanne Lothar (Carla Berg), Alissa Wilms (Emily Berg), Florian Bartholomäi (Thomas Berg), Friederike Becht (Angela Berg), Matthias Habich (Peter Berg), Frieder Venus (dottore), Marie-Anne Fliegel (vicina di Hanna), Hendrik Arnst (operaio alla Woodyard), Rainer Sellien (insegnante), Moritz Grove (Holger), Joachim Tomaschewsky (venditore di francobolli), Barbara Philipp (cameriera), Hans Hohlbein (commesso), Jürgen Tarrach (Gerhard Bade), Kirsten Block, Burghart Klauâner (giudici), Vijessna Ferkic (Sophie), Vanessa Berthold (amica di Sophie), Benjamin Trinks (amico di Holger), Fritz Roth (controllore del tram), Hannah Herzsprung (Julia), Jacqueline Macaulay (lettrice di Heidelberg), Volker Bruch (Dieter Spenz), Karoline Herfurth (Marthe), Max Mauff (Rudolf), Ludwig Blochberger, Jonas Jägermeyr, Alexander Kasprik (gruppo studenti seminario), Torsten Michaelis Durata: 124’ Metri: 3310 Regia: Stephen Daldry Produzione: Donna Gigliotti, Anthony Minghella, Redmond Morris, Sydney Pollack per Mirage Enterprises/Neunte Babelsberg Film/Weinstein Company, The Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 20-2-2009; Milano 20-2-2009) Soggetto: dal romanzo A voce alta diBernhard Schlink Sceneggiatura: David Hare Direttori della fotografia: Roger Deakins, Chris Menges Montaggio: Claire Simpson Musiche: Nico Muhly Scenografia: Brigitte Broch Costumi: Donna Maloney, Ann Roth Produttori esecutivi: Bob Weinstein, Harvey Weinstein Produttori associati: Tarik Karam, Michael Simon de Normier, Nora Skinner Co-produttori: Christoph Fisser, Henning Molfenter, Charlie Woebcken Direttore di produzione: Jan Enderlein Casting: Simone Bär, Jina Jay Aiuti regista: Richard Styles, Josh Newport, Carlos Fidel, Mara Fiedler, Tonja Schürmann, Miguel Pate, David Blazina Operatore: Marcus Pohlus Operatori steadicam: Tilman Büttner, Patrick Kaethner Art directors: Christian M. Goldbeck, Erwin Prib, Yesim Zolan Arredatore: Eva Stiebler G ermania 1958. Il quindicenne Michael Berg è malato di scarlattina. Un giorno, mentre è per strada, si sente male e viene aiutato a tornare a casa da una donna. Dopo un lungo periodo di convalescenza trascorso a casa, 30 decide di andare a ricercare la sua soccorritrice per ringraziarla. Dopo il primo incontro, il ragazzo vie- Film ne subito attratto dalla donna, che è molto più grande di lui. Lei si chiama Hanna Schmitz, vive da sola e fa la bigliettaia del tram. La passione è reciproca. Michael, che frequenta spesso il suo appartamento, di nascosto dalla propria famiglia, stringe con lei una relazione travolgente e appassionata. Dopo i rispettivi doveri (la scuola per il giovane e il lavoro per Hanna), si danno appuntamento per fare l’amore. Oltre al sesso, il rituale prevede anche che il ragazzo si sottoponga a una doccia e che legga ad alta voce pagine e pagine dei classici della letteratura. Col tempo, però, qualcosa comincia a incrinarsi nel loro rapporto. Hanna si dimostra sempre più nervosa e irascibile, mentre il povero adolescente, completamente sottomesso, è costretto a chiedere scusa anche di errori che non ha commesso durante i loro ripetuti litigi. Fino al giorno in cui la donna, senza lasciare alcuna traccia, scompare misteriosamente. Otto anni dopo, Michael è uno studente di Legge e assiste ai processi per i crimini di guerra nazisti. Nel corso di uno di questi, rivede per caso Hanna, nel ruolo di imputata: è accusata di aver lasciato bruciare vive in una chiesa un centinaio di donne prigioniere di Auschwitz, all’epoca in cui era nelle fila delle SS come sorvegliante. Una volta scoperto il suo passato criminale, si trova di fronte a un atroce dilemma: giustiziare o salvare la sua ex amante? Benché sia coinvolto in prima persona nel dibattimento come osservatore, vorrebbe dimostrare ai giudici l’innocenza della Schmitz. La quale, a costo di non rivelare il suo analfabetismo per la vergogna, è disposta a pagare una colpa maggiore di quella reale. Ma, purtroppo, non riesce a evitarle la condanna. Non potendo fare a meno di pensare ancora ad Hanna, a distanza di molti anni decide di mandarle in carcere delle cassette registrate in cui recita i versi dell’Odissea. Lei, che nel frattempo ha imparato a leggere e a scrivere, inizia una corrispondenza epistolare con Berg. I due sembrano riavvicinarsi. Ma proprio il giorno in cui la Schmitz finisce di scontare la sua pena, viene ritrovata impiccata in cella. Tutti i film della stagione di ogni altro passo il subbuglio interiore da cui è scosso il protagonista e, per traslato, un’intera nazione (la Germania), che è costretta a portarsi sulle spalle il peso di un passato irredimibile. E sì perché, in questo toccante romanzo, vicende private segnate dal peccato e dal rimpianto, si riverberano negli interstizi più oscuri della storia recente: le infamie del Terzo Reich, dinnanzi a cui si può solo «ammutolire», continuano a “rivivere” anche nel dopoguerra, nelle aule di tribunale, tramite i processi agli aguzzini dei Lager. Chi poi, come l’autore ne è stato un osservatore privilegiato in quanto magistrato, utilizza con brillantezza la pagina scritta per compiere, finalmente, e forse a nome di tutto un popolo caduto nell’oblio, un’opera di autocoscienza. Dolorosamente, anche al prezzo di logoranti interrogativi personali, che sembrano non avere mai una risposta certa. E non soltanto sulle responsabilità di una generazione inumana come quella artefice dello sterminio degli ebrei, ma sulle ripercussioni psicologiche ed emotive che lasciato in eredità una così tanto «incomprensibile e incomparabile» tragedia. Lo scrittore denuncia, in particolare, lo stato di intorpidimento che indistintamente avvolge vittime e carnefici. Ieri come oggi. Proprio il continuo avvicendarsi di passato e presente è la terra di confine entro il quale si muove nervosamente la regia di Stephen Daldry. Rivelatosi come uno dei talenti più sensibili nel panorama del cinema britannico contemporaneo, in virtù di film riusciti come Billy Elliot (2000) e The Hours (2002), l’autore di formazione teatrale è capace di infondere alle inquadra- «E ro, quindi, in ogni caso colpevole. E se non ero colpevole, perché tradire una criminale non può renderti colpevole, ero colpevole perché avevo amato una criminale». Queste poche parole, tratte dall’omonimo libro di Bernhard Schlink A voce alta - The Reader (1995), rivelano meglio 31 ture la stessa carica di sensualità e sottile perversione che si respira nell’opera di Schlink. Il percorso di espiazione e, al contempo, di ricerca della verità, viene vissuto intensamente dal sempre credibile Ralph Fiennes con tormentata consapevolezza. La stessa con cui deve fare i conti, in continuo bilico tra pensiero e (in)azione, quando si sforza di mantenere in vita una storia d’amore giovanile estrema e morbosa ormai finita, eppure sanguinante ancora come una ferita aperta. Lo scandalo suscitato dalla pellicola per alcune scene di sesso molto forti ed esplicite tra il minorenne Berg (David Kross) e la matura Hanna rischia di intorbidare un testo già di per sé oscuro e decisamente ambiguo, facendo perdere di vista i pregi reali di questa onesta trasposizione. Kate Winslet, l’austera ex kapò nazista indurita dalle grame condizioni di vita, ma con un raffinato gusto letterario (ascolta onnivora da Checov a Omero), è capace di comunicare con le sue esibite nudità rotondeggianti ciò che non riesce a parole: la vitalità e il calore. Il linguaggio del corpo, greve, immediato, senza finzioni, soverchia insomma quello dei sentimenti. Le immagini colpiscono prima alla pancia. E poi al cuore. L’attrice inglese mostra con fierezza, forse per la prima volta in assoluto, la sua anima ruvida e respingente. Grattando grattando, insomma, sotto la scorza esce sempre qualcosa di inaspettato che non credevamo mai neppure lontanamente di avere. E la Winslet, a giudicare da questa prova, pare proprio che l’abbia trovato. Diego Mondella Film Tutti i film della stagione APPALOOSA (Appaloosa) Stati Uniti, 2008 Trucco: Kara Sutherlin, Brad Wilder Acconciature: Mary L. Mastro, Geordie Sheffer, Tara D. Day Coordinatore effetti speciali: Geoffrey C. Martin Supervisore costumi: Robin McMullan Interpreti: Ed Harris (Virgil Cole), Viggo Mortensen (Everett Hitch), Renée Zellweger (Allison French), Jeremy Irons (Randall Bragg), Timothy Spall (Phil Olson), Lance Henriksen (Ring Shelton), Tom Bower (Abner Raines), James Gammon (Earl May), Ariadna Gil (Katie), Gabriel Marantz (Joe Whittfield), Robert Jauregui (Marshall Jack Bell), Timothy V. Murphy (Vince), Luce Rains (Dean), James Tarwater (Chalk), Boyd Kestner (Bronc), Benjamin Rosenshein (ragazzo di città), Cerris Morgan-Moyer (Tilda), Erik J. Bockemeier (‘Fat Wallis’), Freddie Hice, Neil Summers (uomini di Bragg), Tim Carroll (conducente del carro), Bounthanh Xaynhachack (Chin), Art Usher (commesso), Mike Watson (cavaliere notturno), Rex Linn (sceriffo Clyde Stringer), Corby Griesenbeck (Charlie Tewksbury), Adam Nelson (Mackie Shelton), Bob L. Harris (giudice Elias Callison), Martin Connelly (Apache anziano), Danny Edmo (giovane coraggioso), Argos McCallum (sceriffo Russell), Clark Sanchez, Cliff Gravel Durata: 115’ Metri: 3030 Regia: Ed Harris Produzione: Ed Harris, Robert Knott,Ginger Sledge per New Line Cinema/Axon Films/Eight Gauge Productions/Groundswell Productions Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 16-1-2009; Milano 16-1-2009) Soggetto: dal romanzo omonimo di Robert B. Parker Sceneggiatura: Robert Knott, Ed Harris, Robert B. Parker Direttore della fotografia: Dean Semler Montaggio: Kathryn Himoff Musiche: Jeff Beal Scenografia: Waldemar Kalinowski Costumi: David C. Robinson Produttori esecutivi: Sam Brown, Caldecot Chubb, Michael Disco, Toby Emmerich, Michael London Produttore associato: Kathryn Himoff Direttore di produzione: Ginger Sledge Casting: Nicole Abellera, Jeanne McCarthy Aiuti regista: Kaaren F. Ochoa, Chemen Ochoa, Jai James, Kate Marie Boyle Operatore/Operatore steadicam: Ralph Watson Art director: Steve Arnold Arredatore: Linda Lee Sutton V irgil Cole e Everett Hitch percorrono il west come sceriffo e vicesceriffo a imporre la giustizia delle armi e la loro forza morale in borghi e città prive dell’una e dell’altra. Arrivano ad Appaloosa, posto angariato dalla banda di Randall Bragg che spadroneggia nei negozi e nelle strade senza onore né misura e sono subito assoldati dai notabili del luogo ancora sotto shock per l’ultima azione commessa da Randall, cioè l’assassinio dello sceriffo precedente e dei suoi aiutanti, giunti da lui per arrestare due suoi uomini colpevoli, a loro volta, di un altro omicidio. Virgil ed Everett si fanno subito capire dalla banda di Randall che si tiene da quel momento ben lontana, anche se la violenza, talvolta inutile, di Virgil non aumenta certo la simpatia della città per i due uomini di legge. La situazione sembra divenire del tutto sotto controllo, quando Virgil ed Everett arrestano lo stesso Randall sulla spinta delle rivelazioni di un ragazzo della banda disposto a testimoniare in tribunale. Compare intanto ad Appaloosa Allie French, giovane e carnale vedovella senza un soldo, in cerca di piazzamento logistico e sentimentale, subito trovato e bene realizzato: di lei infatti si innamora Virgil che usa i suoi buoni uffici per sistemarla come pianista nell’unico albergo della città; anzi, le cose tra i due vanno così avanti che pensano entrambi di fermarsi lì ad Appaloosa e di mettere su casa. Nel frattempo, ha luogo il processo a carico di Randall che, giudicato colpevole e condannato all’impiccagione, viene trasferito nel carcere di un’altra città sotto la scorta di Virgil ed Everett; a una fermata del treno però si presentano due killer assoldati dai complici di Randall con Allie prigioniera e sotto tiro: propongono a Virgil lo scambio tra il prigioniero e la ragazza, questi è costretto ad accettare. L’inseguimento che ne segue è fruttuoso per più di un motivo: i due sceriffi non solo scovano il gruppo dei malviventi in fuga e riacciuffano Randall ma scoprono che Allie se la faceva con i killer, divertendosi con loro, nuda nel fiume. D’altra parte, già precedentemente, lei, nell’offrirsi a Everett che per onestà e amicizia aveva rifiutato, si era dimostrata per quello che era, cioè disposta a darsi al maschio al momento presente. Randall è rinchiuso provvisoriamente in un carcere di passaggio, ma anche lì le cose non vanno perché la stazione è sotto il controllo dei fuorilegge: il conflitto a fuoco che ne segue vede Randall in fuga e Virgil ed Everett feriti a terra, il primo piuttosto gravemente, la sua gamba sinistra sarà bloccata per sempre. Guariti in qualche modo dalle ferite, i due sceriffi riprendono la loro vita ad Appaloosa in una situazione ben differente: Randall, grazie ai suoi buoni intrallazzi, è stato graziato dal Presidente degli Stati 32 Uniti e ha rilevato l’albergo, rilanciandolo lussuosamente e fa una gran vita; Allie suona ancora il piano in sala e, pur mantenendo la relazione stabile con Virgil, non disdegna le attenzioni di Randall, l’uomo forte e importante della città. È Everett a dare una spallata alla situazione: restituisce la stella da sceriffo, uccide Randall in duello e abbandona a cavallo la città. S trano caso quello del western. Per mezzo secolo ha costituito l’olimpica chiarezza di un mondo naturale fatto di grandi confronti umani e d’azione, l’illusione felice dei sogni dell’infanzia, fondata sulla verità della leggenda; ed è stato anche un mezzo straordinario per fare cinema, il più grande, come dicevano i giovani invasati della nouvelle vague. Poi, con la diversa presa di coscienza sociale alla fine degli anni ’60, con la crisi del sogno americano e quindi dell’epica, il western, quel western si dissolse per rinascere a nuova vita con tagli ferocemente crepuscolari, immersi nel sangue, pieni di significati contraddittori, specchio della durezza e dell’instabilità dei nuovi anni. Poi ancora più nulla, e definitivamente, tranne le rivisitazioni solitarie di Costner e Eastwood, che non hanno mai indicato la rinascita di un genere, ma solo dei preziosissimi omaggi a una stagione ormai perduta. Ora Ed Harris mette sul tavolo la sua Film serietà di cineasta, la sua grande e umanissima forza d’attore e regista per darci la sua idea di western che è legata, è evidente, a quel cinema lontano ma che, nello stesso tempo accoglie quello che c’è oggi, il modo di essere, di parlare, il vuoto, l’incapacità di relazionarsi, l’anormalità di comportamenti senza risposta, addirittura il disagio della nevrosi; perché Harris è un cineasta moderno e non può non fare i conti con tutto questo. Però si tratta di un western, Harris lo sa e procede, così, in questo lavoro a prezzo di una continua, manifesta, diseguale lacerazione. In par tenza non manca niente: i cowboys e i cavalli, le armi, la banda taglieggiatrice, il capo, la città in crescita, i notabili paurosi, lo sceriffo che eccede e si impadronisce del potere, il saloon e il wisky, l’hotel e il pianoforte; e, naturalmente, l’amicizia virile fatta di passato e di silenzi, di sguardi, battute e bicchieri che rendono due uomini fratelli senza tanti Tutti i film della stagione perché; poi l’arrivo dirompente della donna, la presenza che spariglia e impone di ricominciare da capo. Il primo quarto d’ora è straordinario, certo un non nascosto omaggio a Ultima notte a Warlock, ma di questo più gelido, più rarefatto, meno austero e più fermo (nella prima scena del saloon di fronte ai banditi i due sceriffi sono sempre seduti), quindi più violento, di quella violenza di cui è fatta una scena quando non accade quello scoppio che ci si aspetta. Successivamente, inizia il rapporto tra il personaggio di Harris, Virgil e quello della Zelweger, Allie (noiosa e piatta la sua prova d’attrice) e la definizione completa di quest’ultimo e il western prende un’altra strada, fatta di momenti disarmanti e di dialoghi da soap-opera: i due personaggi si appesantiscono, coprendosi e annullandosi a vicenda, gettano alle ortiche qualsiasi ombra di fascino nel compromettere ogni equilibrio narrativo con il resto del film: sono un lui e una lei di oggi, o meglio del mondo di oggi televisivamente rappresentato. Ma Harris sa meglio di noi tutto questo e cosa fa: lascia il personaggio di Everett interpretato da Mortensen (straordinario) a rappresentare il western, a fare da ancora trainante a tutta la storia: più il personaggio di Virgil si scolora con beghe casalinghe e dietro a una donna che non può fare a meno di essere quella che è, più il personaggio di Everett (baffi e pizzetto dei tempi di My darling Clementine e un fucile calibro 8 più adatto ai bisonti) si incupisce, recupera lampi lontani inafferrabili, si blocca dietro una serie di perché senza risposta, fino a che non ce la fa più e agisce: spara al bandito-politicante sfuggito alla forca e che nessuno finora aveva avuto il coraggio di uccidere e si allontana al galoppo dal suo amico di cui non comprende più il vivere, trascinando dietro di sé anche le nostre disillusioni. Fabrizio Moresco DISASTRO A HOLLYWOOD (What Just Happened) Stati Uniti, 2008 Supervisore effetti speciali: Josh Hakian Coordinatore effetti speciali: David Waine Supervisori effetti visivi: Mike Uguccioni Supervisore musiche: Allan Mason Supervisore costumi: Donna Maloney Coreografie: Micelle Elkin Interpreti: Robert De Niro (Ben), Sean Penn (se stesso), Catherine Keener (Lou Tarnow), Bruce Willis (attore), John Turturro (Dick Bell), Robin Wright Penn (Kelly), Stanley Tucci (Scott Solomon), Kristen Stewart (Zoe), Michael Wincott (Jeremy Brunell), Jason Kravits (Pollster), Mark Ivanir (Johnny), Remy K. Selma (Jimmy), Christopher Evan Welch (tipo dello Studio Marketing), Lily Rabe (Dawn), Sam Levinson (Carl), Logan Grove (Max), Alessandra Daniele (Sophie), Karina Friend Buck (Verna), Peter Jacobson (Cal), Moon Bloodgood (Laura), Ari Barak (Aba Peterson), Paul Herman (Jerry), Jonathan Charles Kaplan, Bandon Keener (giovane dello studio esecutivo), Terrance Yates (istruttore di danza), Ron Li-Paz (rabbino), Jacques Maroun (autista francese del taxi), Dey Young (Marilyn), Emily Alpren (assistente di Lou), Marin Hinkle (coordinatore di Vanity Fair), Paul Lieber (fotografo di Vanity Fair), Lindy Booth (hostess), Kate Burton (dott. Randall), William Ragsdale (agente), Jonathan Charles Kaplan Durata: 104’ Metri: 2830 Regia: Barry Levinson Produzione: Mark Cuban, Robert De Niro, Barry Levinson, Art Linson, Jane Rosenthal per 2929 productions/Art Linson Productions/Tribeca Productions Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009) Soggetto: dall’autobiografia di Art Linson Sceneggiatura: Art Linson Direttore della fotografia: Stéphane Fontaine Montaggio: Hank Corwin Musiche: Marcelo Zarvos Scenografia: Stefania Cella Costumi: Ann Roth Produttori esecutivi: Eric Kopeloff, Todd Wagner Casting: Amanda Mackey Johnson, Cathy Sandrich Aiuti regista: Michael Lerman, Peter Thorell, Alyson Latz, Mark Allan, Chip Signore, Yann Thomas Operatori: Peter Hutchison, Jim McConkey Operatore steadicam: Jim McConkey Art director: Anthony D. Parrillo Arredatore: Roya Parivar Trucco: Cheryl Ann Nick, Bill Corso, Fleur Morell, Gerald Quist, Carla White Acconciature: Frances Mathias, Jerry Popolis Effetti speciali trucco: Lee Romaire U n servizio fotografico della rivista Vanity Fair pubblica i trenta uomini più potenti di Hollywood. Tra questi c’è Ben, un produttore cinematografico, non più nel fiore degli anni con alle spalle una brillante carriera di successi. Tuttavia sul set del servizio sta accadendo qualcosa di non previsto. Un flashback ci riporta indietro di una settimana. Ben ha una vita intensa: due matrimoni da gestire con figli al seguito, due film da coordinare con i problemi che ne derivano. Da una parte, c’è da finire Fiercely, un film pulp e visionario di Jeremy, 33 un regista inglese impasticcato e frenetico, interpretato dalla star Sean Penn (che interpreta se stesso). Avendo ricevuto solo critiche al test screening, la pellicola deve trovare il miglior “final cut” per mantenere il posto di apertura al Festival di Cannes. Dall’altro lato, i preparativi per le ri- Film prese di un nuovo film, le cui star non sembra vogliano interagire. Ingaggiato per il suo sex appeal uno tra le più amate star di Hollywood, Bruce Willis, l’attore visibilmente appesantito, si ostina a presentarsi sul set con una irsuta barba da talebano. Il produttore deve, poi, districarsi tra due ex mogli, una figlia adolescente di cui non conosce nulla, e due bambini ancora piccoli, con cui si deve, suo malgrado, improvvisare padre. Se con la prima moglie i rapporti sono molto distaccati, con la seconda, Kelly, nonostante il divorzio e le sedute di psicoanalisi, c’è ancora da entrambe le parti un forte sentimento. Tra agenti che si suicidano e sceneggiatori bizzarri che scrivono soggetti ispirati ai fiori, Ben cerca di convincere il bizzarro regista a cambiare il suo finale, troppo sanguinolento per gli stomaci di un pubblico benpensante. Jeremy, dopo aver improvvisato una delle sue abituali crisi isteriche, pare essersi convinto e accontenta il produttore con un finale meno crudo e quasi commovente. Tutto è pronto per Cannes. Intanto Willis continua ostinatamente a rimanere sulle sue posizioni, nonostante Ben si adoperi in tutti i modi per convincerlo a togliersi la barba. Conteso tra vita professionale e privata (che spesso è costretto a mettere in secondo piano), l’uomo trascorre la sua vita senza un attimo di pausa, passando da una conversazione all’altra attraverso il suo amato cellulare. Finalmente il suo film arriva sulla Croisette. Fa ben sperare il calore con cui è accolto il suo cast, tuttavia quando arriva il gran finale, Ben con stupore, tra i fischi del pubblico, scopre che Jeremy ha lasciato quello originale. L’unica soddisfazione sembra essere che Willis, nonostante il fi- Tutti i film della stagione sico poco atletico, si sia deciso almeno a togliersi la barba. Intanto Ben prova come meglio può a sistemare i pezzi per recuperare almeno il suo rapporto con Kelly. E torniamo sul set dell’inizio di Vanity Fair dove l’importanza di un uomo viene stabilita a seconda della sua posizione all’interno della scritta “power”. Ben, che un tempo era abituato a essere al centro, ora viene collocato in alto a sinistra, prima della lettera “P”, quasi al di fuori della scritta. T ratto dal romanzo “What Just Happened: Amare dal fronte di Hollywood” di Art Linson, noto produttore americano, che ha curato anche la sceneggiatura della versione cinematografica, Disastro a Hollywood è l’ultimo film di Barry Levinson presentato al Sundance Film Festival del 2008, nonché come pellicola di chiusura a Cannes. Regista di film di successo come Good Morning Vietnam, Sleepers, premio Oscar per Rain Man, l’uomo della pioggia, Levinson realizza un prodotto ironico e malinconico al tempo stesso, descrivendoci senza vergogna vizi e virtù della grande fabbrica dei sogni. Il mondo dorato di Hollywood è messo sotto una grande lente di ingrandimento, che, in equilibrio perfetto tra un’osservazione documentaristica e una distaccata e ironica, analizza visceralmente il mondo del cinema. Studiato per non essere una parodia, ma uno sguardo dissacrante, Disastro a Hollywood è, senz’altro, un modo sofisticato e cinico per spoeticizzare il mestiere del far cinema. Spesso Hollywood ha parlato di se stessa mettendo in scena il processo di un film dal punto di vista del tormentone produttivo. Nulla di nuovo, né di sconvolgente 34 viene aggiunto quindi al calderone dei film metacinematografici. Tuttavia, qui più che mai la creatività registica si vende al servizio del dollaro e ai capricci della star di turno (il che poi riconduce sempre e comunque ai soldi che girano). Non si parla più di “autori, registi, né star, solo di un numero, un bel numero” come dice lo stesso protagonista; l’industria americana sforna titoli da esporre in collezione sullo scaffale. Emerge un quadro di una Hollywood desolante, fatto di vanità, capricci, velleità artistiche inappagate e tanti, tanti miliardi. Il film è chiaramente di parte, il produttore è sempre l’unico personaggio “sano”, ma, in realtà, neanche troppo. Ben è infatti una vittima, incastrato in un gioco delle parti di cui lui è solo una delle tante marionette. Ed ecco che le sue menzogne, necessarie per sopravvive e non essere ingoiato dal sistema, appaiono quasi del tutto giustificate. Dell’ attività di un produttore cinematografico ci vengono mostrati quasi tutti i passaggi: dall’approccio intimo che deve mantenere con il regista del proprio film, alla diplomazia che deve saper dimostrare con i capi degli Studios, dal sapersi imporre davanti ai capricci di una grande star, alle capacità di comprensione commerciale di una nuova, per quanto inusuale e stravagante proposta. Peccato che il film, dal punto di vista registico, risenta di una costruzione a tratti eccessivamente lenta, a discapito di quelle situazioni ironiche che avrebbero potuto aggiungere un po’ più di pepe alla visione. Un vero peccato, perché le basi per una critica alla distruzione dei miti della Mecca del cinema c’erano tutte ed erano già pronte per essere sfruttate al meglio. È curioso notare come il fulcro dell’intera storia sembri cambiare a seconda del titolo imposto al film. L’inglese What Just Happened? focalizza il taglio registico e i punti salienti della vita del produttore, caratterizzata da una frenetica routine che lo porta a chiedersi “che cosa succede”. Il titolo italiano, invece, preannuncia già il disastro finale, dove l’importanza di un uomo viene stabilita dalla sua posizione all’interno di una scritta. Punto di forza, un cast d’eccezione. Su tutti Robert De Niro e le sue mille espressioni facciali, che, passando da momenti di isteria, a pause di riflessione, ad atteggiamenti puramente professionali, riesce a rendere Ben davvero irresistibile. Fantastica è inoltre la prestazione di Bruce Willis, quasi irriconoscibile in alcuni momenti, che gioca in maniera sarcastica e graffiante con il suo personaggio da primadonna in lotta per la difesa dei diritti morali della sua barba, regalando allo spettatore momenti spassosi. Curioso, inoltre, il ruolo di John Turtur- Film ro, che interpreta l’agente dei divi, in una percezione completamente diversa da quella a cui lo star system ci ha abituati. Praticamente tutto ciò che un agente non dovrebbe essere: debole, terrorizzato dai Tutti i film della stagione suoi clienti e vittima di atroci disturbi psicosomatici ogni volta che c’è un problema da risolvere. Da non dimenticare Sean Penn, fantastico nel ruolo esasperato di se stesso e il simpaticissimo Stanley Tucci, che come pochi altri sa fare il caratterista. Originale il cameo sonoro (un po’ ruffiano) di Morricone. Veronica Barteri LEZIONI DAMORE (Elegy) Stati Uniti, 2008 Acconciature: Martin Samuel Coordinatore effetti speciali: William H.Orr Supervisori effetti visivi: Vincent Girelli (Luma Pictures) Supervisore musiche: Isabel Coixet Suono: Karen Schell Supervisore costumi: Monique Warren Interpreti: Penélope Cruz (Consuela Castillo), Ben Kingsley (David Kepesh), Dennis Hopper (George O’Hearn), Patricia Clarkson (Carolyn), Peter Sarsgaard (Kenny Kepesh), Deborah Harry (Amy O’Hearn), Charlie Rose (Charlie Rose), Antonio Cupo (giovane uomo), Emily Holmes, Michelle Harrison (studentesse), Sonja Bennett (Beth), Chelah Horsdal (Susan Reese), Marci T. House (infermiera), Julian Richings, Alessandro Juliani, Tiffany Lyndall-Knight (attori in scena), Laura Mennell (ragazza attraente), Andre Lamal (ospite del talk show), Shaker Peleja (studente), Kris Pope (fratello di Consuela), Tania Saulnier (ragazza di George), Michael Teigen (cameriere) Durata: 112’ Metri: 2800 Regia: Isabel Coixet Produzione: Andre Lamal, Gary Lucchesi, Tom Rosenberg per Lakeshore Entertainment Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 30-4-2009; Milano 30-4-2009) Soggetto: dal romanzo L’animale morente di Philip Roth Sceneggiatura: Nicholas Meyer Direttore della fotografia: Jean-Claude Larrieu Montaggio: Amy E. Duddleston Scenografia: Claude Paré Costumi: Katia Stano Produttore esecutivo: Eric Reid Direttore di produzione: Penny Gibbs Casting: Haike Brandstatter, Coreen Mayrs Aiuti regista: Sandra Mayo, Louisa Phung, Misha Bukowski, Rhonda Taylor Operatori: Isabel Coixet, Roberto W. Contreras Art director: Helen Jarvis Arredatore: Lin MacDonald Trucco: Gitte Axen D avid Kepesh, un attempato professore di letteratura, è molto sensibile alla bellezza femminile. Egli di fronte a essa si sente disarmato, si sente accecato senza riuscire a scorgere altro. Nella sua vita ha sempre assecondato l’esigenza di libertinismo e i suoi corsi all’università sono la veste giusta per conoscere nuove ragazze e non scomodarsi troppo. Un giorno, però, entra Consuela che sconvolge tutto: la tranquilla e rodata routine di abbordaggio viene interrotta dalla fanciulla incantevole che è raffinata nel parlare, misurata, dal portamento perfetto. “Consuela è cosciente del proprio fascino, ma non sa come usarlo. Sembra che sappia qualcosa della vita degli adulti, oltre a stare seduta, stare in piedi e camminare”, è il primo pensiero di David che è già conturbato e deciso a conoscerla al party di fine corso. Ma Consuela non è uguale alle altre, è la ragazza che trova affascinanti gli impressionisti, il Goya espressivo e famoso deve guardarlo bene, aguzzando gli occhi (sempre con un senso di fastidiosa perplessità) e mettendocela tutta per cogliere l’idea. Lei sta lì, in attesa della nuova e sorprendente sensazione, del nuovo concetto, della nuova emozione. Così Kepesh le parla, la istruisce, la corteggia. La struggente attrazione che subisce, lo spingono a tecniche di seduzione intellettuali, che conducono a un gioco ammaliante e pericoloso. I due si innamorano focosamente, ma le paure recondite di un uomo al cospetto della vecchiaia vengono confidate solo all’amico. Col passare del tempo, il desiderio di Kepesh nei confronti di Consuela diviene una vera e propria ossessione e, alla fine, i suoi ripetuti sospetti di tradimento finiscono inevitabilmente per allontanarla. Kepesh è un uomo distrutto, ora deve anche fare i conti con l’ineluttabilità del tempo e degli anni che passano; trova rifugio nel lavoro ed è costretto ad affrontare la perdita di vecchi amici... Finché due anni dopo, improvvisamente, Consuela riappare nella sua vita, con una richiesta disperata e urgente che cambierà il corso della loro storia. E legy, vero titolo del film, è approdato sugli schermi d’oltreoceano lo scorso agosto: molto chiacchierato già mesi prima del debutto per le scene di sesso e per i nudi di Penelope Cruz, in Italia è uscito con il discutibile titolo Lezioni d’amore. Adattamento firmato 35 da Nicholas Meyer di un romanzo breve di Philip Roth L’animale morente, il bel titolo è tratto da Byzantium di Yeats: “Consumate via il mio cuore: malato di desiderio / e legato a un animale morente / non sa più cos’è, e accoglietemi / nell’artificio dell’eternità”. La storia è l’analisi di un tormento che non lascia in pace il colto professore, consumato da un passato che avrebbe dovuto conferirgli saggezza invece di iniziarlo alla gelosia e ossessione. Nei versi di Yeats, a perire è l’animale terrestre, ovvero il corpo di un uomo che ha consacrato il suo cuore innamorato all’eternità dell’arte. Mentre nel racconto di Roth, David Kepesh non si lascia andare al destino di un folle amore, quasi a congelare l’illusione di immortalità, allontanando ancora una volta ciò che gli fa paura. La complessità dell’opera letteraria di Philiph Roth, trova in Isabel Coixet una mano votata a storie che esplorano morte e malattia in corpi non rassegnati (La mia vita senza me, La vita segreta delle parole). La regista catalana scolpisce memorabili attimi di fragilità, ma non avvince lo spettatore che rimane triste e perplesso su un dramma fin troppo tragico. Tania Di Giacomantonio Film Tutti i film della stagione FRANKLYN Stati Uniti, 2008 Arredatore: Dominic Capon Operatore: Julian Morson Operatore steadicam: Julian Morson Trucco: Marie Le Bihan, Emma Sheldrick, Wakana Yoshihara Acconciature: Marie Le Bihan, Wakana Yoshihara Supervisore trucco: Bea Millas Supervisore effetti speciali: David Harris Supervisori effetti visivi: Richard Briscoe, Ryan Cook, John Lockwood, Derek Moore, Steve Street Coordinatore effetti visivi: Szvák Antal (Cube Effects) Interpreti: Eva Green (Emilia), Ryan Phillippe (Jonathan Preest), Sam Riley (Milo), Richard Coyle (Dan), Jay Fuller (Monaco), Jeanie Gold (paziente), Bernard Hill (David Esser), Art Malik (Tarrant), Kika Markham (Naomi), Gary Pillai (dottore), Chris Wilson (agente di polizia), Mark Wingett (Frank Grant), Susannah York (Margaret), Andrew Care (operatore di mercato), Sid Karne (ragazzo del caffè) Durata: 94’ Metri: 2542 Regia: Gerald McMorrow Produzione: Jeremy Thomas per Recorded Picture Company/ Aramid Entertainment Fund/Film4/UK Film Council/HanWay Films Distribuzione: Mediafilm Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Gerald McMorrow Direttore della fotografia: Ben Davis Montaggio: Peter Christelis Musiche: Joby Talbot Scenografia: Laurence Dorman Costumi: Leonie Hartard Produttore esecutivo: Peter Watson Co-produttori: Nick O’Hagan, Alexandra Stone Direttore di produzione: Benjamin Greenacre Casting: Nina Gold Aiuti regista: Mick Ward, Simon Downes, Alex Kaye-Besley, Henry Forsyth, Glen Carroll Art directors: David Doran, James Wakefield, Jan Walker I n un imprecisato futuro, Jonathan Preest è il temuto vigilante della Città di Mezzo, un mondo dove la religione è legge. Preest, l’unico ateo in città, è in lotta contro la società ed è ricercato dalla Polizia Ecclesiastica della città. Preest, eroe solitario, viene tradito dal suo informatore Wormsnakes. Dopo un inseguimento sui tetti, viene arrestato dalla Polizia Ecclesiastica. In prigione, Preest pensa alla morte dell’ultima persona che ha cercato di proteggere, Sara, una bambina di otto anni, per mano del suo nemico, l’Individuo. Jonathan giura vendetta. Intanto, nella Londra dei giorni nostri, vive Emilia, una giovane donna che affronta difficili sedute di terapia familiare insieme a una madre che disprezza. In perenne stato di depressione, Emilia vive in un cupo appartamento dove mette in scena, con impressionante regolarità, i suoi tentativi di suicidio che riprende con la telecamera per farne il lavoro finale del suo diploma d’arte. Nella stessa città, si aggira anche Milo, un giovane sofferente che è appena stato abbandonato dalla fidanzata a un passo dal matrimonio. Un giorno, il ragazzo pensa di aver visto per strada l’amore della sua infanzia, Sally. Milo la cerca ovunque, finché la vede di nuovo nella scuola della loro infanzia dove ora Sally insegna. Il ragazzo chiede di rivederla e i due si accordano per incontrarsi per una cena. Poco dopo, Milo fa vista a sua madre raccontandogli dello straordinario incontro, ma la madre gli spiega che Sally era diventata la sua amica immaginaria quando era più piccolo e aveva sofferto per la morte del padre. Intanto, nella Città di Mezzo, Preest viene rilasciato dal capo della Polizia Ecclesiastica Tarrant. La Polizia è infatti stata informata che l’Individuo sta arrivando in città e vuole che Preest lo uccida. Il ragazzo visita Wormsnakes e gli viene detto che sarà l’Individuo a trovarlo. Contemporaneamente a questi fatti, Peter Esser, un uomo profondamente religioso, arriva a Londra in cerca di suo figlio David, un ex militare che ha partecipato alla Guerra del Golfo e che era sotto cure psichiatriche per una serie di gravi problemi nati in lui dopo l’esperienza in guerra. Esser incontra Billy Wasnik, vecchio compagno d’armi di David, e il suo ufficiale superiore, Tarrant. Esser scopre che David nutre un profondo rancore verso di lui dopo la morte della sorella Sara. Wasnik dà a Esser un indirizzo dove potrebbe trovare il figlio. Intanto Milo, consapevole di essersi ingannato, decide comunque di recarsi all’appuntamento con Sally. Peter Esser entra nello stesso ristorante, nella speranza che suo figlio faccia la sua comparsa. Nel frattempo, David irrompe nell’appartamento di Emilia che si trova proprio di fronte al ristorante. Ora è chiaro che la Città di Mezzo è un luogo partorito dall’immaginazione di David Esser e che Jonathan Preest è in realtà David. Nella sua mente, trauma36 tizzata e tormentata, il padre è diventato l’Individuo, ritenuto responsabile della morte della sorella. David ha trasformato suo padre nell’uomo che deve uccidere. Affacciatosi alla finestra dell’appartamento di Emilia, David prende la mira con il suo fucile inconsapevole del fatto che Emilia si trova nel mezzo di un altro tentativo di suicidio e che la stanza si sta riempiendo di gas. Nel ristorante, Milo, saluta per l’ultima volta Sally mentre David spara. Il proiettile manca Esser ma colpisce Milo. Nello stesso momento David vede suo padre e capisce ciò che ha fatto: con un accendino dà fuoco all’appartamento. Emilia riesce a salvarsi, scappa per strada dove incontra Milo ferito. I loro sguardi si incrociano e una scintilla guidata dal destino si accende. F ilm di debutto alla regia dello scrittore Gerald McMorrow autore anche della sceneggiatura originale che ha tirato fuori l’idea di Franklyn poco dopo aver completato il cortometraggio Thespian X del 2002. Sottolineando come amore, fede, redenzione, suspense, bene e male, siano gli elementi alla base di questa “favola urbana”, egli pone al centro della storia un destino che coinvolge e fa incrociare le vite di quattro personaggi completamente diversi e apparentemente distanti, tutti alla ricerca di qualcosa. Imprimendo sulla tela del suo quadro diversi stili, colori, e sapori, McMorrow Film sceglie di dosarli in un serrato montaggio alternato. E così la cupa e inquietante Città di Mezzo, luogo dei fantasmi del giovane Jonathan Preest, vero ‘melting pot’ di architetture, un mondo fantasioso, dove il giovane “giustiziere” si muove tra le ombre di un totalitaristico controllo religioso, si alterna con l’altrettanto dolente e cupa Londra contemporanea, in cui si muovono gli atri tre personaggi della storia. Milo, il giovane tormentato segnato dal fidanzamento fallito, che sopravvive pensando che forse la possibilità di catturare il vero amore sia persa e che pensa di intravedere un raggio di luce nel primo amore immaginario della sua infanzia; il maturo Esser chiuso in un mondo solitario in cerca di un figlio mentalmente instabile che non vede da tempo; la giovane Emilia, anima persa che vive chiusa nel suo appartamento, teatro dei suoi (teatrali) tentativi di suicidio che spaccia per installazioni d’arte ma che in realtà sono grida di aiuto verso una madre ritenuta in parte responsabile delle sue sofferenze di infanzia. E le traiettorie si incrociano un proiettile destinato a un padre che colpisce un giovane sofferente che, in fuga dal colpo sparato, finisce per incrociare il suo sguardo con quello della giovane donna aspirante suicida in fuga dall’esplosione della sua casa. I tre giovani del film sono figure dolenti, statue immortalate nel contorcimento del dolore, tutti hanno eretto barriere e costruito luoghi mentali alternativi alla realtà di un vissuto che li ha lacerati. Una metropoli del futuro dominata dal fanatismo religioso, un amore immaginario e leggiadro, la messinscena artistica autodistruttiva. Il quarto personaggio, l’unico di età più avanzata, è l’unico. Il solo a non aver costruito un mondo alternativo, l’unico che vive il dolore nella sua dimensione presente. Il bilanciamento di ragione e fantasia che il regista ha dichiarato di voler mettere in scena, si avviluppa sui piani paralleli di un racconto che offre la possibilità di leggere gli eventi in due modi. Il piano della ragionevolezza, secondo cui è chiaro che le esistenze parallele dei quattro o la Città di Mezzo siano coincidenze, o il frutto di problemi psicologici o di delusione, e un piano diverso, più alto, il piano di lettura che spiega l’esistenza di incarnazioni di un potere più alto (è il caso di Sally, eterea apparizione, donna della fantasia, del sogno d’amore del fanciullo sofferente per la morte del padre, o di Pastor Bone, Tutti i film della stagione un angelo annunciatore? Un angelo custode?), che si mostrano quando la linea tra i mondi cominciano a confondersi e gli individuo hanno deviato dal loro percorso. E tra angeli custodi, eroi mascherati, mondi dominati dal fanatismo religioso, il punto nodale del film è proprio il tema della fede. Lo stesso regista si è detto fiducioso che la sua storia possa provocare dibattiti sulla possibilità di rivendicare l’innocenza e la fede che gradualmente scompare da noi, quando cresciamo diventando più saggi ma anche più cinici. Spera che possa sollecitare un commento sull’ossessione del mondo per il credo religioso e la follia del potere e del controllo in nome della fede. La Città di Mezzo è un luogo dove tutti devono essere credenti, dove ci sono uffici che pullulano di pratiche per registrare i culti, dove i poliziotti sono preti (la Polizia Ecclesiastica), e dove un eroe mascherato unico abitante ateo della città (ma Preest ha la stessa pronuncia del sostantivo “priest” cioè prete) combatte il Male identificato con un essere chiamato l’Individuo. Un mondo che risente degli influssi dei fumetti, della graphic novel, ma anche di un certo cinema fantasy se è vero che il clima della Città di Mezzo richiama alla mente l’atmosfera di pellicole come Dark City di Alex Proyas e l’iconografia dell’antieroe solitario richiama Darkman di Sam Raimi. Un thriller che si capovolge e si ribalta attraverso una visione del mondo come lo conosciamo verso un mondo che non conosciamo e verso le aree grigie, lì, nel mezzo. 37 Il potere della fede e il potere di manipolazione su chi ha fede può essere riassunto con la massima di Epicuro citata dal regista: “La religione è considerata vera dalle persone comuni, falsa dai saggi e utile ai potenti”. Il film mescola tanti ingredienti: un bel po’ di thriller, una buona dose di fantasy, un pizzico di action movie e un cucchiaino di dramma di sentimenti. Vero leit-motiv è il dolore, quello che lacera, fa perdere il controllo di sé, del proprio spazio, del proprio tempo. E di dolore il mondo di oggi ne ha davvero troppo. La frase finale “Stai sanguinando” indica ancora al sangue che scorre di tante ferite aperte, nel corpo e nell’anima. Riflessione sugli effetti disastrosi della guerra nell’intimo dei cuori e delle famiglie. Che cosa succede davvero dentro i tanti ragazzi mandati a combattere in guerre per cui non sono emotivamente preparati, incapaci e immaturi per affrontare la brutalità di un conflitto. Paul Haggis ha detto queste pesanti parole sui giovani soldati in guerra: “Partono pensando di essere Davide, piccoli eroi che vanno a combattere un nemico enorme, ma quando arrivano nella loro Valle di Ekah si rendono conto, al contrario, che sono loro i Golia, perché hanno loro le armi più potenti. Quando rientrano a casa, cosa è successo al loro cuore? Sono partiti come bravi ragazzi, pensando di essere eroi: tornano sconvolti per ciò che hanno visto, per le atrocità che hanno vissuto e sono distrutti dal punto di vista emotivo e psichico. Tra i veterani c’è un altissimo tasso di suicidi”. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione BATTAGLIA PER LA TERRA 3D (Terra) Stati Uniti, 2007 Supervisore musiche: Bryan Lawson Voci: Evan Rachel Wood (Mala), Dennis Quaid (Roven), Luke Wilson (Jim Stanton) Danny Glover (Presidente Chen), James Garner (Doron), Justin Long (Senn), Amanda Peet (Maria Montez), Danny Trejo (maggiore Barum), Ron Perlman (maggiore Vorin), Mark Hamill (maggiore Orin) Brian Cox (Generale Hemmer), Michael Scovotti (tenente Evans), Rosanna Arquette (professor Lina), Beverly D’Angelo (Wright) Chris Evans (Stewart Stanton), Brian Johnson (tenente Johnson), Vanessa Johansson (Sora), Jim Devoti (colonnello Wheeler), Zoe Sidel (Kima), Brooke Bloom (tecnico Quinn), Tom Connolly (tecnico Williams), Alec Holden (Tulo), Masam Holden (Tumi), Worm Miller (Tuki), Chad Allen (scienziato terriano), David Krumholtz (comandante terriano), Bill Birch, Timi Prulhiere (terriani) Durata: 85’ Metri: 2188 Regia: Aristomenis Tsirbas Produzione: Keith Calder, Ryan Colucci, Dane Allan Smith, Jessica Wu per MeniThings LLC/Snoot Entertainment Distribuzione: Mediafilm Prima: (Roma 29-5-2009; Milano 29-5-2009) Soggetto: Aristomenis Tsirbas Sceneggiatura: Evan Spiliotopoulos Direttore della fotografia: Aristomenis Tsirbas Montaggio: J. Kathleen Gibson Musiche: Abel Korzeniowski Scenografia: Aristomenis Tsirbas Casting: Micelle Morris Animazione: Heather Shrewsbury, Tom Sorem, Tom K. Gurney, Jeremy Collins, Harry Porudominsky, Heather Shrewsbury, Michael Galbraith, Tom Judd, Kevin Koch, Billy Vu-Lam, Shannon Pytlak, Mike Safianoff, Dane Stogner I n un pianeta della galassia, la vita è pacifica, gli abitanti vivono prevalentemente di agricoltura e sfruttano l’energia solare come risorsa energetica. Grandi occhi e una coda al posto delle gambe, si muovono con eleganza, sembrano quasi fluttuare nell’aria. Mala è una giovane dalle spiccate doti inventive; orfana di madre, il padre è il medico rispettato da tutto il popolo. Mentre gioca col suo migliore amico Senn su piccoli deltaplani, Mala è la prima a vedere l’astronave aliena che si posiziona proprio davanti al sole, facendo cadere il pianeta nell’oscurità. Il sovrano riesce a far mantenere la calma al suo popolo, ma gli invasori aspettano solo poche ore per attaccare. Molti vengono rapiti, fra cui il padre di Mala. La ragazza, cercando di farsi catturare anche lei per raggiungere il genitore, alla fine riesce a far schiantare una navicella nemica. Ne esce un uomo, che, stordito dall’impatto, sviene. Mala lo porta a casa e, grazie all’aiuto del robottino dell’umano, Giddy, riesce a salvare il soldato Jim. Quest’ultimo, avendo capito le doti ingegneristiche di Mala, stipula un patto: lei riparerà la navicella e lui la porterà da suo padre. Inizialmente diffidente e aggressivo, Jim impara a conoscere Mala e fidarsi realmente di lei. Giddy le racconta la storia del pianeta di Jim: la Terra. I terrestri l’hanno sfruttata al punto tale da dover colonizzare i due pianeti vicini; secoli dopo i coloni si sono ribellati dando vita a una guerra galattica, col finale annientamento dei tre pianeti. Ciò che resta dell’umanità si trova ora nella grande nave spaziale giunta per invadere, come ultima speranza di so- pravvivenza, il pianeta di Mala, chiamato dagli umani Terra. L’equilibrio fra i due si rompe quando Senn scopre l’alieno in casa dell’amica. Mala, Jim e Giddy fuggono nel luogo dov’è avvenuto l’impatto, ma la navicella è sparita. Seguendone le impronte, arrivano nel luogo proibito del pianeta, dove Mala vede dei quadri raffiguranti scene di guerra fra la sua gente. Con uno stratagemma, riescono a fuggire dal pianeta. Giunti sull’astronave madre degli uomini, Mala resta nascosta nella piccola navicella. Jim ritrova il fratello minore Stewart e il perfido Generale Hemmer, che lo aggiorna sulle condizioni dell’astronave: ormai restano solo due mesi di ossigeno. Intanto Mala, decisa a ritrovare il padre, non aspetta il ritorno dell’amico umano e inizia a girare per l’astronave. Trova una sala, dove i suoi amici vengono analizzati e il padre, che si sacrifica per farla fuggire. Infine, catturata da Hemmer, viene messa in una camera iperbarica con Stewart; l’aria all’interno della camera è quella della Terra di Mala, grazie ad un dispositivo che muta quell’aria in quella della vecchia Terra, Mala morirà, mentre Stewart, si salverà. Jim, ricattato da Hemmer deve decidere chi salvare dei due: salverà il fratello, ma ordina a Giddy di aiutare Mala. Assieme al robottino, Mala ritorna sul suo pianeta per avvertirli di un imminente attacco. Il re le racconta il passato del pianeta: prima erano come gli umani, ma avendo capito i propri sbagli, hanno cambiato in toto la loro vita. I Terriani, decisi a combattere riesumano le armi. Hemmer deciso alla guerra fa scogliere il consiglio, che era contrario, e inizia la battaglia. Fra i due popoli vi è una 38 forte lotta, a cui partecipano anche Mala e Senn. James si trova sul campo, anche se non è più convinto che quella sia la giusta strada. Gli umani, grazie al dispositivo per cambiare l’aria del pianeta, stanno vincendo. James, ormai convinto che non sia giusto uccidere un popolo pacifico, decide di schiantarsi, morendo, contro il dispositivo distruggendolo ed uccidendo Hemmer che si trova al suo interno. Passa del tempo. Il consiglio degli umani e il Re di Terra hanno trovato una soluzione pacifica di convivenza. Gli umani vivranno in una grande cupola dove i Terriani li stanno aiutando a ricostruire il proprio pianeta in piena armonia con la natura. Al centro si trova una grande statua commemorativa di Jim. I ndubbiamente il 3D sta vivendo una seconda stagione ben rigogliosa. Iniziata un po’ in sordina col remake di Viaggio al centro della Terra (2008), passando per ancora più recenti horror, adesso tocca a questo progetto d’animazione low budget. Per Aristomenis Tsirbas si tratta della prima regia di un lungometraggio. Precedentemente aveva lavorato nel settore degli effetti speciali sia per Titanic (1997) che per Hellboy (2004). Battaglia per la Terra è un film che spicca paradossalmente più per i contenuti che non per la forma, che resta comunque ben curata. Diversi sottotesti possono, infatti, esser analizzati in un’opera più comprensibile a un occhio adulto. Una civiltà potente, con armi all’avanguardia arriva a distruggere un mondo pacifico, con abitanti dediti alla madre terra. Dal genocidio dei Film nativi americani, ai più recenti sviluppi mondiali che hanno coinvolto l’America; sono accostamenti facili da riscontrare. Elemento di novità è che per una volta “gli alieni” siamo proprio noi umani. Il punto di vista, attraverso cui è narrata la storia è quello della protagonista Mala. Primo obbiettivo è quindi quello di creare empatia con un mondo a noi sconosciuto. Obiettivo raggiunto da Tsirbas, che nei primi minuti, ci racconta questa terra che sembra quasi un mare privo d’acqua con balene Tutti i film della stagione che possono volare accanto agli abitanti stessi del pianeta. Tutto si muove con calma, quasi un ralenti che porta a rilassare il pubblico, poi turbato dall’arrivo degli invasori che oscurano il sole, fonte unica di sostentamento. Dal punto di vista tecnico, gli umani non hanno tratti ben definiti e non si muovono con la giusta fluidità. Differenti sono i Terriani, caratterizzati da grandi occhi che ricordano quelli dolci di ET. Le sequenze ambientate nello spazio sono ben realiz- zate, così anche l’astronave madre delineata con locali claustrofobici, già visti in film come Alien (1979). Peccato per la breve durata, che non consente una più profondita analisi dei rapporti fra i personaggi e quindi, a sua volta, non permette una maggiore giustificazione di determinati comportamenti. Un film comunque godibile e fruibile da tutti. Elena Mandolini UOMINI CHE ODIANO LE DONNE (Män som hatar kvinnor) Svezia/Danimarca, 2009 Supervisore effetti speciali: Johan HarnesK Supervisore effetti visivi: Tor-Bjorn Olsson Coordinatore effetti visivi: Sarah K. Hellström Suono: Anders Hörling Interpreti: Michael Nyqvist (Mikael Blomkvist), Noomi Rapace (Lisbeth Salander), Lena Endre (Erika Berger), Sven-Bertil Taube (Henrik Vanger), Peter Harber (Martin Vanger), Peter Andersson (avvocato Nils Bjurman), Marika Lagercrentz (Cecilia Vanger), Ingvar Hirdwall (Dirch Frode), Björn Granath (Gustav Morell), Ewa Fröling (Harriet Vanger), Per Oscarsson (Holger Palmgren), Michalis Koutsogiannakis (Dragan Armanskij), Annika Hallin (Annika Giannini), Sofia Ledarp (Malin Erikson), Thomas Köhler (Plauge), Gösta Bredefeldt (Harald Vanger), Jacob Ericksson (Christer Malm), David Dencik (Janne Dahlman), Reuben Sallmander (Enrico Giannini), Georgi Staykov (Alexander Zalachenko), Christian Fiedler (Otto Falk), Margareta Stone (Birgit Falk), Yasmine Garbi (Mimmi Wu), Nina Norén (Agneta Salander), Stefan Sauk (Hans-Erik Wennerström), Fredrik Ohlsson (Gunnar Brännlund), Gunnel Lindblom (Isabella Vanger) Durata: 152’ Metri: 4065 Regia: Niels Arden Oplev Produzione: Soren Staermose per Yellow Bird Films/Nordisk Film/Swedish Television/ZDF Enterprises Distribuzione: BIM Prima: (Roma 29-5-2009; Milano 29-5-2009) V.M.: 14 Soggetto: dal romanzo omonimo di Stieg Larsson Sceneggiatura: Rasmus Heisterberg, Nokolaj Arcel Direttore della fotografia: Eric Kress Montaggio: Anne Østerud Scenografia: Nils Sejer Costumi: Cilla Rörby Produttori esecutivi: Anni Faurbye Fernandez, Lone Korslund, Peter Nadermann, Ole Søndberg, Mikael Wallen Line producer: Susann Billberg-Rydholm Direttore di produzione: Tobias Åström Casting: Tusse Lande Aiuti regista: Daniel Chilla, Maria Billberg Operatori: Victor Davidson Operatori steadicam: Kunt K. Pedersen, Johan Phillips Effetti speciali trucco: Love Larson Trucco: Jenny Fred S toccolma. Il giornalista Mikael Blomkvist perde la causa contro un ricco industriale in seguito ad un articolo pubblicato sulla rivista Millennium in cui si mettevano in risalto alcuni traffici illeciti. Contemporaneamente, l’abile hacker Lisbeth Salander viene ingaggiata per scoprire se il giornalista nasconde qualcosa, o se ci si può fidare di lui. Fatte salve le sue credenziali, Blomqvist viene a sua volta convocato dall’anziano Henrik Vanger, potente magnate ed esponente della famiglia proprietaria di un’intera isola, che vuole affidargli le indagini sulla sparizione della nipote Harriet, avvenuta 40 anni prima. Benché il corpo della donna non sia mai stato ritrovato, lo zio è convinto che sia stata assassinata e che il responsabile sia un membro della sua stessa, disfunzionale famiglia. Il giornalista – che ha ancora qualche mese a disposizione prima della pena detentiva che dovrà scontare – accetta l’incarico e, poco a poco, inizia a fare luce sulla storia di ogni singolo componente dell’intera famiglia Vanger. La svolta nelle indagini arriva quando Blomqvist trova nel diario di Harriet una serie di nomi assegnati a sequenze numeriche: tutto rimanda ad alcuni strani omicidi avvenuti in quel periodo, ma per comprendere il vero legame tra questi e l’appunto della ragazza il giornalista dovrà attendere l’inaspettato aiuto di Lisbeth Salander. Curiosando ancora sui suoi dati sensibili, infatti, la hacker manda un’email a Blomqvist nel momento in cui capisce che il nesso tra i nomi e i numeri è la Bibbia. Da questo momento in poi, i due lavoreranno fianco a fianco per portare a termine l’indagine: Lisbeth lo raggiunge sull’isola e, ancora scandagliando il passato dei vari esponenti della famiglia Van39 ger, arriveranno a comprendere che la verità si potrebbe nascondere dietro le simpatie nazionalsocialiste di Harald Vanger, fratello di Henrik. Il giornalista si porta nella sua casa di notte, ma viene sorpreso. Lisbeth, contemporaneamente, esamina i libri contabili dell’azienda di famiglia, scoprendo, attraverso date e spostamenti, che l’esecutore di tutti quegli omicidi fu Martin, figlio di Harald e ora tra i pochi della famiglia ad aver accolto apparentemente senza problemi l’intrusione nella loro vita di Blomqvist. Sarà proprio lui, infatti, a neutralizzarlo, e dopo averlo portato nel suo “laboratorio” segreto – dove ha continuato per anni a torturare ed uccidere giovani donne, ma non Harriet, fuggita chissà dove dopo essere stata molestata da Harald e dal cugino – tenta di ucciderlo. L’intervento tempestivo di Lisbeth riesce a fermarlo. Martin fugge su un’auto ma la ragazza lo Film insegue e – quando l’uomo finirà fuori strada – non farà nulla per salvarlo dalla morte. Alla fine, Blomqvist capirà che l’ultima foto che ritraeva Harriet in realtà era della cugina di lei, morta anni dopo in Inghilterra. E che, assumendo il suo nome, la donna si nasconde oggi in Australia. La raggiunge e la riporta indietro, dove finalmente potrà riabbracciare l’amato zio Henrik. T ratto dal primo romanzo della trilogia “Millennium” dello svedese Stieg Larsson, Uomini che odia- Tutti i film della stagione no le donne è un discreto thriller, strutturato secondo i canoni classici del genere, sorretto da un impianto – la regia del danese Oplev, le interpretazioni di Noomi Rapace e Michael Nyqvist – tutto sommato funzionale. Paradossalmente più avvincente, anche per una questione di ritmo, nella prima parte – quando, di fatto, i due veri protagonisti della vicenda ancora non si sono incontrati e il mistero portante lascia spazio all’approfondimento dei personaggi (soprattutto Lisbeth Salander, sociopati- ca, bisessuale e dal passato segnato da violenze e molestie) – il film trova nella commistione dei vari linguaggi il vero punto di forza: non è tanto l’adesione più o meno fedele al romanzo, allora, il perno su cui la trasposizione poggia, quanto la volontà di portare avanti un discorso non solo politico (l’incapacità storica, e attuale, della società contemporanea ancora patriarcale di non perpetrare crudeltà nei confronti delle donne), ma anche – appunto – linguistico. La memoria e il progresso, le foto in bianco e nero da una parte, le derive tecnologiche dall’altra, si sovrappongono, trasformando, passo dopo passo, la detection story in qualcosa d’altro, nel recupero del passato di un’intera nazione (la Svezia socialdemocratica, al cui interno germogliavano non solo “timide” simpatie filonaziste) con cui, ancora oggi, alcuni protagonisti della storia sono chiamati a fare i conti. Portato alla luce il misfatto, e riportato a casa “il premio” delle ricerche, tutto però sembra svanire sotto i colpi della mannaia consolatoria e di facile impatto: dall’abbraccio strappalacrime dei due Vanger, fino alla Salander, con parruccone biondo artefice di una clamorosa rapina, passando per Blomqvist tornato alla carica contro l’iniziale obiettivo della sua inchiesta. Valerio Sammarco TI STRAMO Italia, 2008 Regia: Pino Insegno, Gianluca Sodaro Produzione: Guido e Maurizio De Angelis.In collaborazione con Mikado. In associazione con Fabrizio Politi Productions/La Dolce Vita Productions Distribuzione: Mikado Prima: (Roma 28-11-2008; Milano 28-11-2008) Soggetto e sceneggiatura: Francesca Draghetti, Claudio Insegno Direttore della fotografia: Massimiliano Trevis Montaggio: Gianfranco Amicucci Musiche: Maurizio De Angelis, Guido De Angelis Scenografia: Michele Modaferri Costumi: Luciano Capozzi Casting: Ornella Morsilli Aiuto regista: Flavia Carimini Effetti: Enrico Pieracciani Suono: Simone Corelli, Marco Fazzalari, Dario Ramaglia, Anton Giorgio Sabia Canzoni/Musiche estratte: Interpreti: Marco Rulli (Stram), Carlotta Tesconi (Bambi), Stefano Pinto (Tacchino), Pino Insegno (Extramarcio), Daniele Formica (Il Subumaro), Raul Bova (Il dottore), Corinne Clery (nonna), Luca Lionello (Gigio), Patrizia Pellegrino (mamma di Stram), Giampiero Ingrassia (Bigio), Laura Garofoli (ragazza ospedale), Emanuela Aurizi (Robertina), Ughetta D’Onorascienzo (Didi), Aurora Cossio (Fabiana), Noemi Angeloni (Sandra), Matteo Ripaldi (Alberto), Alessandro Bardani (Stefano), Fabiola Biancospino (Tin), Alessandro Sansone (Ricky), Marco De Angelis (Alex), davide Paganini (Jack), Francesco Arienzo (DJ), Teresa Battaglia (Giuggiola), Matteo Pianezzi (Toni), Michele Vannucci (Mauro), Aqlaia Moa (Prof. Martuccia), Roberto Ciufoli, Massimo Vanni (professori), Gianluca Morini (Paolo), Simone Gallo (Amante Madre di Stram), Marco Cataldo (Virgilio il palestrato), Gaia Casanova (fisioterapista) Durata: 93’ Metri: 2630 40 Film S tram è un gran “fico”, gira a bordo della sua moto e passa il suo tempo con gli amici a fare “bravate”. Suo padre, Extramarcio, vuole il resoconto delle sue imprese: si meraviglia se il bilancio di una giornata è “solo” una rissa e lo picchia alla notizia che a scuola ha la media dell’8. Intanto, in un liceo romano è l’ultimo giorno di scuola e i ragazzi dell’ultimo anno si apprestano a preparare gli esami di maturità. Tra di loro, spicca la più secchiona della scuola, Bambi Germogli, orrenda ragazza con il viso devastato dall’acne, un vero incubo per la professoressa Martuccia che, esausta dell’eccessiva bravura di Bambi, ha chiesto il trasferimento all’università “La saccenza”. Gli amici di Bambi sono Stefano, un ragazzo perennemente sotto l’effetto delle canne, Didi, logorroica e petulante, la sorella Robertina, una grassona esuberante, mangia-uomini e cellulare-dipendente. In occasione della festa di compleanno di Giuggiola, le amiche portano Bambi in un salone di bellezza per un trattamento di ricostruzione. La ragazza diventa bellissima. Alla festa nessuno la riconosce e il playboy della scuola, Toni, la corteggia. Ma Stram e la sua banda irrompono alla festa seminando il caos, Stram resta folgorato da Bambi e la porta in camera da letto dove la ragazza, desiderosa di andare al sodo, lo incita con una provocante tenuta sadomaso. Con l’irruzione della polizia, la festa finisce. Toni riaccompagna a casa Bambi, ma la macchinina del ragazzo viene bloccata dalla banda di Stram. Tocca di nuovo a Bambi risolvere la situazione prendendo a calci Stram che, giunto in ospedale, viene molestato da una fisioterapista ninfomane. Pochi giorni dopo, Stram incontra Bambi che è in un bar con gli amici a parlare degli esami imminenti e la invita a uscire con lui. I due vanno a Ponte Milvio: la ragazza ammira quel posto romantico, mentre a Stram rubano la moto lasciando solo il lucchetto della catena. Il ragazzo chiede aiuto al fratello che gli dà le chiavi di una moto da montare. Recuperata la moto, Stram va a fare benzina ma viene abbordato da una ragazza manesca, Tin, che lo invita al “cimitero”. Anche Bambi si reca al “cimitero” che altro non è che un raduno di motociclisti. La gara tra motociclisti viene vinta da Stram. All’arrivo della polizia, Stram e Bambi scappano, ma, ancora una volta, il giovane non riesce a baciare la ragazza. I due vanno poi in un parco acquatico ma neanche lì non succede niente. Stram è incapace di parlare d’amore a Bambi. La ragazza chiede aiuto a Stram per gli esa- Tutti i film della stagione mi. Il giorno degli esami, il giovane si traveste da Bambi e, nonostante la scarsa preparazione, stupisce la commissione con una disquisizione su freni e gomme. Dopo aver saputo che ha passato l’esame con la media dell’8, la ragazza dice a Stram che tra loro è finita. Stram si sfoga col padre che a sua volta confessa al figlio che la sua donna è la professoressa Martuccia. Dopo gli esami, tutti si ritrovano in discoteca: Bambi e Stram fanno la pace. I due giovani si recano a Ponte Milvio e lo trovano pieno di lucchetti. La ragazza dice che la catena degli innamorati è nata quando un imbecille si è fatto rubare la moto legata a quel palo. L’amore trionfa e si ritrovano anche Extramarcio e la professoressa Martuccia. I l gioco di parole del sottotitolo enuncia subito le intenzioni del regista (Pino Insegno coadiuvato da Gianluca Sodaro) e della sceneggiatrice (la fedele compagna di Insegno in tanti anni di “Premiata Ditta” Francesca Draghetti). Ho voglia di - un’ultima notte – da manuale – prima di – tre baci sopra il cielo, la scomposizione è d’obbligo per capire il senso dell’omaggio-parodia. I campioni d’incassi del cinema “giovanilistico” sono al centro del mirino. I titoli di riferimento vanno dal filone mocciano di Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te, Scusa ma ti chiamo amore ai film suoi derivati come Notte prima degli esami, fino a riferimenti sparsi qua e là agli altri ‘cult’ interpretati dal bellone Scarmarcio come Manuale d’amore 2. Neanche a dirlo, il lavoro sui nomi occupa un posto fondamentale. I protagonisti sono Stram, ovvio diminutivo-accrescitivo del divo Scamarcio, e Bambi, evidente storpiatura della Babi protagonista del capostipite della serie Tre metri sopra il cielo, una fanciulla dal look a metà strada tra Katie Saunders e Cristiana Capotondi. Accanto a Stram, c’è poi l’amico Tacchino, fratello gemello del fido Pollo di 3MSC. In materia di stereotipi poi, non manca nulla: Stram è l’eroe bello e maledetto, un ragazzo pieno di interessi (la sua moto, la sua moto, la sua moto), mentre Bambi è la racchia secchiona tutta brufoli che si trasforma in “topa atomica” in un centro estetico (dopo una seduta sotto le grinfie dello scienziato pazzo e sanguinario Daniele Formica), diventando (guarda caso!) una “bulimica” affamata di vita e d’amore, perfetto esempio di una delle tante ragazze di oggi che affrontano la vita con fretta e aggressività, esigendo tutto-e-subito. Il parco-amici, poi, è un campionario 41 della gioventù “mocciana”: si passa dal giovane stralunato dall’effetto delle canne che parla con una zeppola “muccinesca”, al bravo ragazzo ‘pariolino’ con immancabile ‘macchinina’, dalla esuberante logorroica che colleziona gaffe e che non riesce a tenere un segreto, alla grassona ninfomane cellulare-dipendente. Siamo in piena zona parodia intesa nel senso più classico del termine come vera “contraffazione di opera artistica preesistente”. La storia della parodia cinematografica ci ha insegnato infatti che più un genere è fiorente, più prospera la parodia, perché la folla, sottolineava il letterato Alberto Savinio, “ama essere dominata, ma le piace pure di mostrare che prende in giro chi la domina”. Per ammissione degli stessi registi, si è cercato di evitare il pericolo Scary Movie spezzettato cercando di sviluppare un’idea narrativa unica. Accanto al duo di protagonisti immancabilmente giovani e carini, il bel tenebroso Marco Rulli (L’estate del mio primo bacio) e la deliziosa Carlotta Tesconi (protagonista della fiction televisiva “Raccontami”), vanno menzionate una serie di apparizioni illustri su cui spiccano, oltre al già citato Daniele Formica, il divo Raul Bova nei panni di un medico claudicante che fa il verso al “Dottor House”, l’affascinante Corinne Clery nel ruolo-cameo di una “nonnina” liberal in odor di confidenze erotiche e naturalmente Pino Insegno nel ruolo del papà dell’eroe “Extramarcio”. Satira a tratti grottesca, parodia dell’omologazione e della superficialità a metà strada tra demenziale e coatto. Ecco tutto. E tra squilli di cellulare e rombi di moto, alla fine resta davvero solo il profumo triste (e lieve come la più inconsistente delle acque di colonia) della (pretesa) sociologia giovanilistica “mocciana” affacciata su Ponte Milvio. Davvero un “vuoto a perdere”. A proposito, la canzoncina-morale dei titoli di coda la canta J-Ax (si proprio lui, quello dei lontani Articolo 31-Tranqui funky). Ne citiamo solo un passaggio: “Io vorrei darti 3 baci sopra il cielo/Sei alta un metro e mezzo/ e quando ci arrivi al cielo?/Limoneremo al multisala all’americana/Con te che ti fai chiamare Carmen quando sei Carmela/Io del cielo non mi accontento/Ti faccio sentire Saturno dentro/Volevi un quarantenne come Bova/ Ma ti sei fatta uno che sembra Borat/Le Capotondi da noi sono ciocche 40 kg più della quattro ciocche/Il film italiano rinasce adesso/Col tempo delle mele pimpato col lucchetto/ ”. Davvero illuminante. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione LOUISE MICHEL (Louise-Michel) Francia, 2008 Effetti speciali trucco: Frédéric Balmer, Alexis Kinebanyan Supervisori effetti visivi: Chadi Abo, Xavier Perol Suono: Guillaume Le Bras Interpreti: Yolande Moreau (Louise Ferrand), Bouli Lanners (Michel Pinchon), Benoît Poelvoorde (ingegnere Guy), Albert Dupontel (Miro), Joseph Dahan (impiegato delle pompe funebri), Mathieu Kassovitz (proprietario della fattoria), Agnèse Aubé (la vedova), Kafka (Flambart, il vicedirettore), Hervé Desinge (il direttore della fabbrica in Picardie), Fabienne Berne (la segretaria), Terence Debarle (Terence), Yannic Jaulin (l’impiegato di banca), Jacqueline Knuysen (Jackie), Sylvie Van Hiel (Sylvie, la delegata sindacale), Pierrette Broodthaers (Pierrette), Christine Ancelin (Christine), Patricia Sageot (Patricia), Silvie Sageot (Silvie), Béatrice Croisille (Béatrice), Stéphanie Davergne (Stéphanie), Margherite Ducroquet (Margherite), Jackye De Nayer (padrona), Lumir Richet (Lumir), Jean-Michel Carlier, Philippe Arezki, Benoît Delépine (clienti) Durata: 94’ Metri: 2510 Regia: Gustave de Kervern, Benoît Delépine Produzione: Benoît Jaubert, Mathieu Kassovitz per MNP Entreprise. In coproduzione con No Money Productions/arte France Cinéma. Con la partecipazione di Canal+/CinéCinéma/ Centre National de la Cinématographie. Con il supporto di Région Picardie/Département de l’Aisne Distribuzione: Fandango Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009) Soggetto e sceneggiatura: Gustave de Kervern, Benoît Delépine Direttore della fotografia: Hugues Poulain Montaggio: Stéphanie Elmadjian Musiche: Gaëtan Roussel Scenografia: Paul Chapelle Costumi: Cécile Roullier Produttore esecutivo: Elisa Larrière Direttore di produzione: Loïc Jouanjan Aiuti regista: Gérard Bonnet, Cécile Roullier Arredatore: Laurent Weber Trucco: Geraldine Garetier U na fabbrica nella regione francese della Piccardia riduce il personale. Pochi mesi dopo, le operaie sono in allarme, ma il direttore le convoca per una sorpresa: un camice con ricamato sopra il nome di ciascuna. Il dono tranquillizza gli animi. Rientrando a casa, una decina di operaie celebra l’avvenimento in un caffè. La mattina seguente, le operaie si recano al lavoro ma trovano la fabbrica smantellata. La direzione è scomparsa. Il gruppo di operaie si riunisce nello stesso caffè dove la rappresentante sindacale annuncia la cifra che spetta a ciascuna: 2.000 euro per i quarant’anni passati a lavorare in fabbrica. Le donne pensano di unire i loro soldi, 20.000 euro, per finanziare un progetto di reimpiego. Nessuna delle idee proposte sembra però trovare unanime consenso, tranne quella di Louise: pagare qualcuno per uccidere l’ex capo. Le colleghe accettano e la incaricano di trovare il sicario. Pochi giorni dopo Louise si imbatte per caso in Michel Poinon, uno strano tale che dice di lavorare nel campo della sicurezza. L’uomo la porta nel luogo dove vive, un comprensorio di prefabbricati di cui si dichiara ‘security manager’. Louise gli offre 20.000 euro per uccidere il suo ex capo, Michel accetta subito. Il giorno dopo, Michel va a trovare la cugina Jenny, malata terminale di cancro, per chiederle di uccidere il padrone di Louise. La ragazza accetta, ma spara all’uomo sbagliato per suicidarsi subito dopo. Dopo aver parlato con le colleghe, Louise decide di andare a stanare il capo a Bruxelles e parte con Michel. I due si recano presso la sede di una società internazionale dove Michel assolda un altro killer che finisce per sparare ancora alla persona sbagliata. Michel vorrebbe tornare a casa, ma Louise non vuole mollare. Dopo essersi riunita con le colleghe, la donna decide di andare a cercare il padrone sull’isola di Jersey. Lì Louise e Michel si mettono sulle tracce di un facoltoso uomo d’affari. Michel sembra finalmente sparare all’uomo giusto. La strana coppia festeggia. Qualche mese dopo, Michel, che in realtà è una donna, partorisce un bebè. Tutto sembra finito per il meglio, ma non è così. Anche a Jersey, l’uomo ucciso non era quello giusto, il vero padrone è altrove. Una delle colleghe di Louise recluta un cugino serbo che però si autoelimina. Insomma forse tocca proprio a una di loro uccidere il capo. L o scorso 31 marzo François-Henri Pinault, patron del celebre gruppo del lusso PPR, veniva sequestrato da alcuni dipendenti del gruppo per un’ora. Quasi contemporaneamente, alcuni dipendenti del gruppo “Caterpillar” sequestravano per una notte alcuni dirigenti dell’azienda negli uffici di Grenoble: nei giorni precedenti l’azienda aveva annunciato la soppressione di più di settecento posti di lavoro. 42 Solo qualche giorno prima, l’amministratore delegato della Sony francese era stato sequestrato dai dipendenti e costretto a passare una notte nella fabbrica di Pontonx-sur-l’Adour di cui era stata annunciata la chiusura. Louise-Michel è stato pensato e girato prima di questi fatti, ma il film ha anticipato, estremizzandolo, un malessere reale. Comunque sia, una cosa è certa: i registi Benoît Delépine e Gustave de Kervern hanno ammesso di essersi ispirati a un fatto reale; un padrone di una ditta delocalizzò lo stabilimento ventiquattro ore dopo aver deciso di comprare dei camici nuovi per tutte le sue operaie. Una vera beffa che deve aver colpito molto i due registi che hanno apertamente dichiarato di voler fare un film dallo stile libero, “un western sociale”, in cui i buoni più buoni potessero diventare cattivi e dove i cattivi fossero degli irriducibili criminali. “Una commedia ambientata in una realtà sociale a metà strada tra i Dardenne e i fratelli Coen”. Certamente sul piatto della bilancia devono aver “pesato” i lunghi anni di lavoro per la televisione, in cui si sono fatti le ossa scrivendo e interpretando sketch e serie comiche (da ricordare il programma satirico “Groland”) prima di passare al cinema con Aaltra seguito da Avida, due commedie assurde e surreali. Questo film mostra ciò che è doloro- Film sa realtà in un mondo che non ha più potere contro i “poteri forti”, se è vero che in epoca di multinazionali non è semplice fare chiarezza dietro ai nomi di società fantasma, coperte da altre società di comodo con sedi in fantomatici paradisi fiscali. Ad arricchire il piatto già di per sé in salsa piccante c’è poi l’aggiunta di quella “deriva trans-gender”, che si svela solo nel finale a sorpresa e che spiega quel titolo così strano con quei due nomi che possono essere maschili o femminili, separati solo da un trattino: il killer-per-caso (nato bambina e poi ‘mascolinizzatosi’) e l’operaia (un ‘donnone’ un po’ troppo mascolino). Commedia grottesca e a tratti nera (anzi nerissima), il film mescola surrealismo con una consistente dose di spirito anarchico. Tutto è disordine e rovesciamento: tanto le gerarchie padroni-operai, quanto le distinzioni di sesso. E proprio il rovesciamento sessuale avviene in conseguenza del caos delle regole sociali (entrambi i protagonisti cambiano sesso per trovare lavoro). Attorno ai due protagonisti “rovesciati” si muove un universo di personaggi, che strambi è dire poco: l’ingegnere cospiratore e paranoico che ricrea gli avvenimenti dell’11 settembre nel proprio giardino, il proprietario di un agriturismo dove tutto è biologico (e dove i proprietari ricavano il riscaldamento dai loro stessi escrementi), il riccone che al telefono “compra e vende” a getto continuo senza mai scendere dal suo tapis-roulant. E che dire dei malati terminali che si improvvisano giustizieri? I due registi hanno un modo di girare assolutamente anticonvenzionale, fuori dagli schemi, a partire dall’abitudine di lavorare con persone che ammirano, come il caso dei due protagonisti Yolande Moreau (attrice belga dalla prestigiosa carriera teatrale e cinematografica, che ha lavorato con nomi del calibro di Agnès Varda e Jean-Pierre Jeunet) e Bouli Lanners (personaggio bizzarro, pittore e artista autodidatta, attore e regista belga che abbiamo visto nei panni di regista e interprete del curioso e surreale road movie Eldorado Road), o con amici come Mathieu Kassovitz (che del film è anche coproduttore). Per il resto si tratta di scelte dettate sopratutto dall’umanità, come il caso delle colleghe di Louise che sono quasi tutte vere operaie del settore tessile che hanno perso il lavoro. Qui tutto è estremo (come il male mostrato e il suo rimedio), tutto è politicamente scorretto, tutto è anarchia: e la didascalia finale, Tutti i film della stagione omaggio alla più famosa anarchica francese di fine Ottocento (Louise Michel, militante rivoluzionaria, una delle prime femministe della storia francese vissuta tra il 1830 e il 1905), ne è il giusto suggello. “Bisogna essere stupidi per essere ottimisti nel 2008!”, ecco ben riassunta la visione pessimistica e ansiosa del mondo di Kervern e Delépine. Ma esiste un’ancora di salvezza? Forse si e forse risiede nel tentativo di creare nuove idee e, perché no, nuovi desideri, che è poi la sfida dichiarata che sta alla base del loro lavoro per la televisione e per il cinema. “Niente bombe, ma alternative reali” hanno detto: ecco, forse è davvero questa l’anarchia del terzo millennio ... Elena Bartoni LULTIMO CRODINO Italia, 2008 Regia: Umberto Spinazzola Produzione: Mauro Berardi, Luigi Musini, Vittorio Zeviani per Luna Rossa Cinematografica/On My Own Produzioni Cinematografiche Distribuzione: Mikado Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009) Soggetto: Pietro Galeotti Sceneggiatura: Francesco Cenni, Federico Mazzei, Michele pellegrini Direttore della fotografia: Luciano Federici Montaggio: Osvaldo Bargero Musiche: Giuseppe Fulcheri Scenografia: Emanuela Zappacosta Costumi: Francesca Arcangeli Organizzatore generale: Bruno Ricci Aiuto regista: Claudia Bernardini Fonico: Remo Ugolinelli Trucco: Nadia Ferrari Acconciature: Fiorella Novarino Supervisori effetti visivi: Gaia Bussolati Interpreti: Ricky Tognazzi (Crodino), Enzo Iacchetti (Pes), Serena Autieri (Patrizia), Marco Messeri (il commissario), Enzo Provenzano (Nicodemi), Dario Vergassola (Callisto), Elena Sofia Tognocchi Durata: 100’ Metri: 2542 43 Film I n un paesino della bassa Val di Susa, vivono monotone giornate Pes, un operaio delle acciaierie, e Crodino, un autista con velleità da piccolo imprenditore. Ottenuto un prestito bancario per mettere su un’azienda biologica, la Bio Susa, i due si mettono al lavoro per ottenere le necessarie certificazioni. Ma qualcosa va storto: i polli risultano contaminati e gli analisti fanno chiudere l’azienda. Pes e Crodino sono senza un soldo, un lavoro e pieni di debiti con la banca. Per di più, Pes ha una ex moglie che minaccia di non fargli vedere più la figlia e Crodino deve vedersela con la moglie Patrizia, proprietaria di una profumeria. Patrizia è amica di Robertini, il direttore della banca cui Crodino ha chiesto il prestito, che posticipa il pagamento della prima rata del mutuo. Intanto muore Enrico Cuccia, storico direttore di Mediobanca. Mentre vede passare il corteo funebre, Crodino ha un’idea e spiega il suo piano a Pes: rubare la bara di Cuccia e chiedere un riscatto alla famiglia. Sulle prime contrario, Pes finisce per accettare. La notte del colpo, prima di andare al cimitero, Crodino spacca il parabrezza dell’auto di Robertini. Al cimitero, i due trafugano la bara e la portano nel rudere della suocera di Crodino. Dopo aver scattato una polaroid, spediscono una lettera anonima a Roma indirizzata a un certo Paolo Cuccia. Il giorno dopo, Crodino viene arrestato: una telecamera lo ha ripreso mentre compie un atto di vandalismo contro l’auto di Robertini. Dopo poche ore, il direttore di banca ritira la denuncia per intercessione di Patrizia. Intanto, convinto che la polizia abbia scoperto il furto, Pes cerca di sbarazzarsi della bara gettandola giù per la valle, ma Crodino arriva appena in tempo per fermarlo. I due improvvisati malviventi continuano nel loro piano con diverse telefonate anonime a un numero a cui non risponde mai nessuno. I due lasciano messaggi in segreteria chiedendo il versamento della somma richiesta in franchi svizzeri sul conto corrente indicato nella missiva. Poco dopo, la polizia scopre la scomparsa della bara di Cuccia. La notizia rimbalza su giornali e TV. Il maresciallo del paese riceve la lettera anonima che i malviventi hanno spedito a un presunto figlio di Cuccia e viene informato di una serie di messaggi minatori lasciati a una segreteria telefonica di un numero dell’ACEA di Roma. Tutti i film della stagione I messaggi e la lettera risultano provenire da quel paese della Val di Susa. Da Roma arriva il dottor Nicodemi, incaricato di approfondire le indagini. Le impronte lasciate sulla lettera evidenziano che si tratta di incensurati e gli inquirenti pensano di tendere loro una trappola. Il dottor Maranghi di Mediobanca fa un appello in TV. Poco dopo, Crodino telefona all’uomo e lo ricatta chiedendo una grossa somma per l’indomani. Il giorno successivo gli inquirenti localizzano la cabina da cui i due malviventi chiamano. Il maresciallo e Nicodemi si recano alla cabina situata sulla piazza di fronte al bar abituale di Pes e Crodino. I due richiamano Maranghi da una cabina diversa: l’uomo prende tempo accampando una scusa. Alla successiva chiamata, i due vengono individuati. Pes viene preso mentre Crodino scappa e va a nascondere la bara scavando una buca alla Bio Susa dove trova bidoni contenenti rifiuti tossici: è stata la diossina a uccidete i polli del loro allevamento. Intanto la polizia trova Crodino con la bara alla Bio Susa. Sul camioncino che li porta in galera, Pes osserva laconicamente che chi nasce povero è destinato a morire povero. D i tentate truffe mal riuscite l’Italia è piena e questo film ne racconta una, quella di due ingenui che sognavano una vita migliore e che circa otto anni fa (era il marzo 2001) tentarono un colpo ma(ld)estro: rubare la bara del notabile nonché manovratore dell’alta finanza italiana Enrico Cuccia. A dire il vero la storia presenta delle somiglianze con quella raccontata da Calo Mazzacurati nel 2000 in La lingua del santo, dove due poveri falliti (i ben più convincenti Fabrizio Bentivoglio e Antonio Albanese) tentavano il trafugamento di una preziosa reliquia, la lingua di Sant’Antonio da Padova. Anche lì si creavano situazioni tra il comico e il paradossale proprio quando i due poveri diavoli dovevano trattare il riscatto con un industriale del salume in cerca di pubblicità. In entrambi i casi c’è il tentativo di raccontare un presente disastrato, popolato di disperati, ma mentre Mazzacurati coglieva (almeno in parte) nel segno quando lanciava frecciatine intrise di veleno verso il “miracolo del Nord-Est d’Italia”, Spinazzola, pur dimostrando di conoscere bene la realtà dei luoghi che descrive (ben coadiuvato 44 dagli sceneggiatori Michele Pellegrini, Francesco Cenni, Federico Mazzei) e pur mantenendo lo stile asciutto nel raccontare ciò che, sebbene strano, è davvero cronaca, finisce per non convincere del tutto. Effettivamente nel film di Umberto Spinazzola, i due malviventi da strapazzo sembrano parenti stretti di Totò, Peppino e i fuorilegge (da cui copiano lo stesso vecchio metodo per scrivere lettere anonime ritagliando le lettere da giornali e riviste) più che dei due disperati falliti protagonisti di La lingua del santo. Un “braccio” (l’operaio Pes, diminutivo di Giampaolo Pesce) e una “mente” (il risoluto Crodino sopranominato così dal nome del suo aperitivo preferito) come nel classico schema della storica commedia all’italiana. Due criminali da strapazzo con poco di tutto, privi tanto della giusta dose di “balordaggine” quanto della necessaria dose di astuzia e la Val di Susa, una zona che ha una storia molto particolare. È una valle incastonata fra le montagne che negli ultimi anni è diventata un luogo di grosse tensioni sociali: il movimento NO TAV, gruppi di anarchici e insurrezionalisti, misteriose sette sataniche, il sospetto di dosi massicce di diossina presenti nel sottosuolo. Ce n’è abbastanza per rendere l’idea di un luogo strano, sicuramente inquieto, dove la ricerca di “rottura” convive con la piatta quotidianità di piccoli paesi di montagna dove non succede mai niente. Ma la storia folle di due criminali molto ingenui (telefonano a un omonimo di Cuccia Jr. cercando il numero sull’elenco!) non decolla pur cercando un compromesso tra la vena picaresca e il velo di malinconia che sottende alla misera storia dei due, forse perché davvero siamo troppo lontani sia dal vecchio padre Monicelli, sia dal più giovane Mazzacurati. Tra i personaggi di contorno ne spiccano due: il maresciallo cui dà vita un ottimo Marco Messeri e l’agente di Stato mandato da Roma, Nicodemi, cui presta il volto un efficace Enzo Provenzano. A servire “l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo” il barista Dario Vergassola, ma qui non impazzisce davvero nessuno, soprattutto quando tutto finisce con la più scontata delle morali. Riconsolatevi con un Crodino che è meglio. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione LOOK BOTH WAYS - AMORI E DISASTRI (Look Both Ways) Australia, 2005 Regia: Sarah Watt Produzione: Bridget Ikin per Hibiscus Films Distribuzione: Fandango Prima: (Roma 19-6-2009; Milano 19-6-2009) Soggetto e sceneggiatura: Sarah Watt Direttore della fotografia: Ray Argall Montaggio: Denise Haratzis Musiche: Amanda Brown Scenografia: Rita Zanchetta Costumi: Edie Kurzer Produttore esecutivo: Andrew Myer Produttore associato:Barbara Masel, Vicki Sugars Direttore di produzione: Leone Cichoc Casting: Angela Heesom Aiuti regista: Chris Odgers, Clair Parker, Brad Lanyon Operatore: Nick Matthews Art director: Simon McCutcheon Arredatore: Toni Forsyth Supervisore trucco e acconciature: Tracy Phillpot Supervisore effetti speciali: Peter Stubbs Supervisore effetti visivi: Peter Webb A delaide (Australia). Durante un torrido fine settimana si intrecciano i destini di tre abitanti della zona. Meryl, un’artista sola e spiantata, mentre è di ritorno dal funerale del padre, immagina che il treno dal quale è appena scesa sia coinvolto in un incidente. In effetti, accade proprio così: il telegiornale dice che, a causa di un deragliamento, sono morti alcuni passeggeri e ci sono anche numerosi feriti. Sul luogo della disgrazia accorrono Andy e Nick, rispettivamente giornalista e fotografo del quotidiano locale. I due indagano, però, sulla misteriosa morte di un uomo finito sotto il convoglio. Il giovane cronista sostiene che sia stato un suicidio, mentre il suo capo riporta la notizia come se si trattasse di una pura fatalità. Meryl viene interrogata come testimone, mentre la moglie della vittima, sgomenta di fronte alla tragedia, viene immortalata dal fotografo. Dopo quel primo incontro, Meryl e Nick si rivedono e iniziano a frequentarsi. Fra loro nasce subito una forte intesa. È dovuta, molto probabilmente, a una paura che li accomuna entrambi: la morte. L’uomo, da quando ha scoperto di avere un cancro, non fa che vedere il male in ogni persona che incroci per strada, oltre a essere assillato dal ricordo del padre morente. Non riesce a confessare la verità ai suoi colleghi di lavoro, né tanto meno al- Supervisore musiche: Julie Hodges Animazione: Emma Kelly Interpreti: William McInnes (Nick), Justine Clarke (Meryl Lee), Anthony Hayes (Andy Walker), Lisa Flanagan (Anna), Andrew S. Gilbert (Phil), Daniella Farinacci (Julia), Maggie Dence (Joan), Edwin Hodgeman (Jim), Sacha Horles (Linda), Andreas Sobik (conducente del treno), Mary Kostakidis (giornalista SBS), Robby Hoad (Rob), Leon Teague (dottore), Elena Carapedis (Maria), Tamara Lee (poliziotta), Irena Dangov (moglie del conducente del treno), Jacquelynne Willcox (reporter), Laura Peisley (Emily), Alex Rafalowicz (figlio del conducente del treno), Jacqueline Cook (Miriam), Olive Gilbert (Jasmine ‘Jas’), Miranda Gilbert (Sophie), Lucia Mastrantone (Cathy), Isabella Reimer (Maddie), Jordan Leovic (Oliver), Edwin Hodgeman (Jim), Maggie Dance (Joan), Violet Gilbert (bambina di Phil), Joshua Clarke (ragazzo sulla sedia a rotelle), Taimi Allen (madre incinta), Eliza Lovell (madre spaventata), Rocky Feo (padre del bambino malato), James Edwards (cameriere), Philip Spruce (attore) Durata: 100’ Metri: 2650 l’anziana madre. A malincuore, è costretto a usare il “pretesto” della malattia per lasciare la ragazza, a cui non può garantire una relazione duratura. Anche lei, scossa dal lutto di famiglia e dall’incidente al quale ha assistito, immagina continuamente scenari di sofferenza e distruzione. Perfino Andy sta attraversando un momento di crisi nella sua vita: umiliato e oppresso dalla ex moglie che gli impedisce di vedere i due figli, deve, in aggiunta, affrontare una gravidanza non desiderata della compagna, l’infermiera Anna. I tre si rincontrano al termine del weekend, sotto una pioggia torrenziale: Nick rivede prima il suo amico giornalista che sta (forse) tentando di buttarsi sotto un treno, e poi Meryl. Con questa ultima, dopo aver troncato bruscamente la storia, si lascia andare a un appassionato bacio pacificatorio. A vete mai immaginato di essere attaccati da un pescecane mentre siete in acqua? Oppure, vi è mai capitato di pensare che il treno sul quale state viaggiando possa uscire improvvisamente fuori dai binari? Tutto questo e molto altro ancora, come terremoti, morti e sciagure di vario genere, sono possibili in Look Both Ways – Amori e disastri (al solito la traduzione italiana pecca di originalità... per non parlare della tempestività 45 dell’uscita nelle nostre sale: quattro anni dopo!). Ma partiamo dal titolo. Con la dicitura “look both ways”, appunto, si intende – “guardare in entrambe le direzioni”. Questo segnale, che compare nella scena iniziale, è un avviso rivolto non solo al capotreno, ma anche agli “imprudenti” passeggeri che si trovano nelle vicinanze delle rotaie. E chi non lo rispetta (in questo caso rimane il mistero: sarà stata colpa del ferroviere o dell’uomo che faceva jogging?), può provocare terribili conseguenze.... Proprio l’incidente del treno costituisce l’evento scatenante, attorno al quale Sarah Watt fa convergere tre storie di ordinaria paranoia e solitudine quotidiana. Grazie ai suoi disegni a mano dai colori pastosi e dai tratti essenziali, realizza simpatiche sequenze animate, in cui si concretizzano fobie più o meno inconsce di una giovane donna. La pittrice, dall’aria perennemente sfasata e dotata di una fantasia a dir poco lugubre, ha il volto di Justine Clarke, una brillante attrice-cantante, nonché presentatrice di programmi per bambini. L’opera prima della regista australiana (che con i suoi corti di animazione ha spopolato nei festival di mezzo mondo), ondeggia tra realtà e immaginazione, a dimostrazione del fatto che “look both ways” vale anche come saggia regola con cui bisognerebbe guardare alla vita. Dove si nasconde, allora, la verità sulle tristi vicen- Film de del prologo? Nel sogno a occhi aperti di Maryl, oppure nella fotografia della moglie della vittima? Quella immagine, pubblicata il giorno dopo la sventura in prima pagina, quasi a voler premiare l’ultimo (?) scoop di Nick, ricorre incessantemente lungo tutto il film con la stessa enigmaticità di cui era portatrice la celebre foto di Blow-up scattata nel parco. Oltre ai quadri dell’artista e ai già citati bozzetti, che si mescolano col mondo reale attraverso i coloratissimi murales urbani, c’è infatti molto spazio per le diapositive, che scorrono con ritmo febbrile a rievocare stagioni di vita vissute dal fotoreporter malato. Tutti i film della stagione Una parte fondamentale la gioca pure la musica. Le canzoni scandiscono le fasi più drammatiche, unendo in un unico grande afflato la totalità dei personaggi: da quelli già ricordati agli altri (non meno emblematici), come l’infermiera, il direttore del giornale, il capotreno, la vedova. L’ultimissima scena richiama, seppur lontanamente, un momento saliente di Magnolia: tutti quanti piangono in preda alla disperazione, o ai sensi di colpa, bagnati da un diluvio provvidenziale, mentre in sottofondo risuonano le note di una malinconica ballata aussie. Come nel capolavoro di Paul Thomas Anderson, anche qui ci si interroga con sottile ironia su temi universali quali la morte, la malattia, la famiglia, il destino. E la cineasta Watt lo fa avvalendosi di una geniale quanto stravagante commistione di arti. È vero che allo spettatore può venir voglia di alzarsi dalla poltrona e scappar via, tanta è l’angoscia che inducono i pensieri catastrofici dei protagonisti. Ma, forse, il metodo migliore per esorcizzare le proprie ipocondrie è proprio quello di vederle rappresentate sul grande schermo. A volte, il cinema può essere davvero terapeutico. Questa piccola pellicola indipendente ne è un felicissimo esempio. Diego Mondella IL CANTO DI PALOMA (La teta asustada) Spagna/Perù, 2009 Regia: Claudia Llosa Produzione: Antonio Chavarrías, Claudia Llosa, José María Morales per Oberón Cinematográfica/Vela Producciones/Wanda Visión S.A. Distribuzione: Archibald Enterprise Prima: (Roma 8-5-2009; Milano 8-5-2009) Soggetto e sceneggiatura: Claudia Llosa Direttore della fotografia: Natasha Braier Montaggio: Frank Gutiérrez Musiche: Selma Mutal Scenografia: Susana Torres, Patricia Bueno Costumi: Ana Villanueva I n una baraccopoli della periferia di Lima, la ventenne Fausta assiste la madre negli ultimi momenti della sua vita. La donna, cantando, le ricorda che lei è stata svezzata con il “latte del dolore”, perché nata negli anni ’80, periodo caratterizzato dal terrorismo e da reiterate violenze sulle donne, stuprate proprio come accadde alla donna, vittima di uno stupro quando incinta della figlia e che vide morire sotto i suoi occhi il marito. Cresciuta con questa continua paura, terrorizzata all’idea di dover subire qualcosa di simile, la ragazza non riesce a liberarsi dal giogo di un’esistenza che la rende incapace di vivere socialmente e ha fatto del suo corpo un vero e proprio “terreno”, tanto da inserire nella propria vagina una patata, con la quale difendersi da eventuali violenze; patata il cui tubero ha iniziato a germinare e che, di tanto in tanto, le procura degli svenimenti. Fausta vorrebbe offrire alla madre un Direttore di produzione: Delia García Art directors: Patricia Bueno, Susana Torres Trucco: Luciana Salomón Interpreti: Magaly Solier (Fausta), Susi Sánchez (Aída), Efraín Solís (Noé), Marino Ballón (zio Lúcido), Antolín Prieto (figlio di Aída), Bárbara Lazón (Perpétua), Karla Heredia (Severina), Delci Heredia (zia Carmela), Anita Chaquiri (nonna), Fernando Caycho (Melvin), Leandro Mostorino (Jonny), María Del Pilar Guerrero (Máxima), Edward llungo (Marcos), Daniel Núñez (Amadeo), Summy Lapa (Chicho) Durata: 94’ Metri: 2710 funerale e una degna sepoltura, ma i pochi soldi della famiglia sono stati tutti investiti per l’imminente matrimonio della cugina. Lo zio le chiede però di seppellire il corpo prima delle nozze e allora la ragazza, oltre a dare una mano nell’agenzia che organizza matrimoni degli zii, inizia a lavorare anche come cameriera presso una ricca pianista in una villa di Lima. Qui conosce il giardiniere, uomo che, poco a poco, riesce a stabilire con lei un rapporto fatto di poche parole ma comunque capace di allentare quel terrore atavico insito nella ragazza. Nel frattempo, la pianista – preoccupata per il concerto che dovrà tenere fra qualche settimana – stabilisce con Fausta un patto particolare: ogni volta che lei canterà le regalerà una perla di una preziosa collana. Sarà proprio la melodia di una di quelle canzoni inventate a garantirle la riuscita del concerto, ma, quando, di ritorno in macchina, Fausta farà presente che quella era la 46 sua canzone, la donna chiederà al figlio di farla scendere in mezzo alla strada, abbandonandola nella notte. Impaurita, la ragazza cerca riparo, fugge, alla fine sviene. La mattina seguente, il giardiniere la trova di fronte alla villa, ancora addormentata. Se la carica sulle spalle e la porta in ospedale. Qui sarà operata, le toglieranno la patata, ma per tutto il tempo dell’intervento stringerà nel palmo della mano le perle che le spettavano di diritto, prese dalla casa della pianista la sera prima. Finalmente potrà seppellire la madre. Lungo il cammino verso la sepoltura, però, farà fermare il furgone e adagerà il suo corpo sulla sabbia, di fronte all’oceano. P rimo film peruviano ad aggiudicarsi l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, Il canto di Paloma (La teta asustada in originale) è il secondo lungometraggio della trentatreenne Claudia Film Llosa (Madeinusa, inedito in Italia), che per il ruolo della protagonista si affida anche in questa occasione a Magaly Solier, brava a dare vita a un personaggio – così come il film – sospeso nello spazio e nel tempo, incarnazione di un contrasto che, proprio in un paese tanto incantato quanto misero, porta dentro di sé la magia e il dolore di una tradizione e di un passato impossibili da cancellare. Ed è proprio il contenimento, il trattenere la cifra stilistica su cui la regista punta per raccontare il disagio di un’esistenza segnata dalla paura e dalla sofferenza, da una “malattia” che – radicata nell’immaginario popolare andino – si trasmette attraverso il latte materno. Suggestivo nel racconto di luoghi e usanze (i festeggiamenti nuziali, le nenie cantate dalla stessa protagonista, i barrii polverosi), il film antepone alla piattezza di una narrazione, tutto sommato lineare e “povera”, la magia di suoni e Tutti i film della stagione volti difficilmente dimenticabili, affidando alla musicalità prima che ai dialoghi il nerbo portante dell’intera struttura. Scelta coraggiosa, così come quella della Archibald Enterprise che ha deciso di distribuire in Italia il film. Per fortuna la- sciando in lingua originale almeno le canzoni che accompagnano, di volta in volta, l’evoluzione della vicenda e del personaggio principale. Valerio Sammarco FUGA DAL CALL CENTER Italia, 2008 Regia: Federico Rizzo Produzione: Franco Bocca Gelsi, Gianfilippo Pedote, Enzo Coluccio, Egidio Artaria per Cooperativa Gagarin/Ardaco. Distribuzione: Gagarin Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009) Soggetto: Federico Rizzo, Emanuele Caputo Sceneggiatura: Federico Rizzo, Emanuele Caputo, Nerina Fiumanò, Alessandro Leone Direttore della fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Manuel Donninelli, Carlotta Cristiani, Valentina Andreoli Musiche: Michele Salvemini Brani colonna sonora: Caparezza, Tre Allegri Ragazzi Morti, Peppe Voltarelli, Le Luci della Centrale Elettrica, Jimsonweed, Superpartner, Guido Tognarini Scenografia: Valentina Pavan, Alessio Baskakis Costumi: Antonella Frazzetta Produttore esecutivo: Franco Bocca Gelsi Produttori associati: Pierfrancesco Fiorenza, Gabriella Pedranti Co-produttore: Pierfrancesco Fiorenza G ianfranco Coldrin si è appena laureato in vulcanologia con 110 e lode. Una ragazza che ama, Marzia e la nonna che lo ha cresciuto dopo la dipartita dei genitori, morti in cima a un vulcano, completano la sua esistenza. La Nonna si trasferisce dal nonno di Marzia: sono anni che i due sono segretamen- Direttore di produzione: Rinaldo Bassi, Jacopo Linetti Aiuto regista: Sarah Pastori Operatori: Daniele Azzola Art directors: Alessio Baskakis, Valentina Pavan Trucco: Tea Bakota Suono: Roberto Mozzarelli Montaggio del suono e mix: Giorgio Vita Levi Interpreti: Angelo Pisani (Gianfranco Coldrin), Isabella Tabarini (Marzia), Natalino Balasso (istruttore), Paolo Pierobon (geometra Palma), Debora Villa (Kelly Le Truc), Diego Pagotto (Popeye), Paolo Riva (Calindri), Tatti Sanguineti (psicologo aziendale), Peppe Voltarelli (responsabile antitaccheggio), Luis Molteni (prof. Culacchio), Estelo Pupa (Gill), Raman Turhan (amministratore condominio), Martin Giantullio (nonno di Marzia), Laura Magni (nonna di Gianfranco), Emanuele Asprella, Pedro Sarubbi (direttore call center erotico), Andrea Riva De Onestis (Franco Bocca Dirosa), Cristian Lo Cicero, Matteo Gianoli (amico concerto), Roberta Arrigoni Durata: 95’ Metri: 2670 te innamorati. Gianfranco e Marzia, laureanda in giornalismo e cameriera in un ristorante, vanno così a convivere. Tre mesi dopo la laurea, Gianni ancora non ha trovato un lavoro idoneo ai suoi studi; viene quindi spinto dalla ragazza a trovarne uno che consenta a entrambi di mangiare. Dopo un colloquio viene assun47 to al call center di una società che si occupa di indagini di mercato. Nessuno degli assunti si rende conto che, oltre a lavorare per la suddetta ditta, sono anche monitorati come soggetti di scommesse clandestine. La paga è talmente minima che Gianni è costretto anche a fare pulizie in casa di filippini; assieme a Marzia non riesce Film neanche a farsi dare un prestito in banca per comprarsi un’auto. Marzia scopre di essere rimasta incinta; è così costretta a trovare di nascosto da Gianni, un secondo lavoro come telefonista erotica. Le tensioni portano problemi seri all’interno della coppia, che decide di dividersi dopo l’ennesimo litigio; Gianni si trasferisce a casa del nonno di Marzia. Gianni, che ha anche iniziato ad avere allucinazioni a lavoro, trova così il diario segreto della madre: scopre che era rimasta incinta durante il ’68, col risultato che nessuno sa chi sia il suo vero padre. Declassato al lavoro, perché è arrivato un vulcanologo più in gamba di lui, Gianni va a vivere a casa di alcuni colleghi. Un giorno, gli viene richiesta un’intervista sul lavoro. È Marzia. Dopo un po’ di tensione, la ragazza gli rivela la gravidanza. Gianni le fa capire che la ama ancora e che vuole tornare con lei. L’intera storia è intervallata da filmati di uomini e donne che raccontano la loro esperienza nei call center. N on lasciarsi ingannare dal titolo. Fuga dal call center, non offre solo un semplice sguardo su di una nuova categoria lavorativa, ma un vero Tutti i film della stagione e proprio spaccato dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Due gli aspetti da prendere in considerazione: la storia di Gianfranco e i filmini realizzati in b/n, riguardanti le reali esperienze e le relative impressioni di chi, nei call center, vi lavora veramente. La storia personale del protagonista è ben strutturata con colpi di scena nei giusti tempi di sceneggiatura. Decisamente lineare a livello temporale, non subisce intrecci nella fabula; nessun flashback dei genitori neanche nel momento della rivelazione sulla sconosciuta identità paterna. Occhio alla sequenza del colloquio di lavoro e di quello successivo con lo psichiatra: decisamente divertente quanto surreale. Una buona sceneggiatura, che ci regala una visione asettica di questo piccolo universo rispetto a quella più patinata, delineata nel precedente Tutta la vita davanti di Paolo Virzì. Bravo Angelo Pisani che con quell’aria trasognata unita a due grandi occhiaie, ben si cala nel personaggio di Gianfranco a cui tutto sembra cadergli dal cielo. La colonna sonora è ben studiata e composta essenzialmente da canzoni italiane, i cui brani sottolineano ed enfatizzano le emozioni della giovane coppia. I filmati, che nel film si scoprono essere girati da Marzia stessa, disegnano questo nuovo universo dei call center, ben tratteggiato nella sua alienante quanto demoralizzante realtà. In questo contesto, i lavoratori diventano una categoria a se stante; un anno vissuto al suo interno diventa una nuova naja da superare (tanto per parafrasare un’affermazione dello psichiatra) e c’è per chi, quest’anno, diventa il lavoro di una vita. Quello che stupisce guardando questa parte documentaristica, è che la maggior parte degli impiegati intervistati altro non sono che trentenni o persone anche più grandi; non più quindi, come si potrebbe immaginare, liceali o universitari che lavorano per integrare la paghetta, ma uomini e donne che non riescono a trovare un posto migliore, o che sono ancora in attesa del lavoro dei loro sogni, quello per cui hanno studiato. Il regista Federico Rizzo riesce a far funzionare questi due aspetti, senza mai farli cozzare, passando dall’uno all’altro con estrema naturalezza. Elena Mandolini VALUTAZIONI PASTORALI Amici del bar Margherita (Gli) – consigliabile / semplice Angeli e Demoni – complesso / problematico Antichrist – sconsigliato / non utilizzabile / negativo Appaloosa – complesso / problematico Battaglia per la Terra in 3D – n.c. Canto di Paloma (Il) – consigliabileproblematico / dibattiti 17 Again – Ritorno al liceo – consigliabile / brillante Disastro a Hollywood – consigliabile / problematico Estate ai Caraibi (Un’) – futile / semplice Forteapasc – consigliabile-problematico / dibattiti Franklyn – complesso / velleitario Fuga dal Call Center – consigliabileproblematico / dibattiti Fuori menù – Futile / superficiale Garage – n.c. Hannah Montana – The Movie – consigliabile / semplice Io & Marley – consigliabile / semplice Lezioni d’amore – complesso-problematico / dibattiti Look Both Ways – Amori e disastri – consigliabile / problematico Louise-Michel – complesso / problematico Notte al museo 2 (Una) – La fuga – consigliabile / semplice Quarantena – futile / violento Reader (The) – A voce alta – complesso-problematico / dibattiti Riunione di famiglia – complesso / problematico 48 Rocknrolla – futile / violento Sacro e profano – n.c. Sbirri – consigliabile / problematico Sogno nel casello (Il) – n.c. Star System – consigliabile / brillante Terazza sul lago (La) – accettabile / problematico Terminator Salvation – consigliabile / semplice Ti stramo – inconsistente / banalità Ultimo crodino (L’) – consigliabile / semplice Uninvited (The) – consigliabile / semplice Uomini che odiano le donne – complesso / scabrosità Vincere – complesso-problematico / dibattiti
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