060 - cataldo - Medi K - Servizi e Formazione per il mondo della salute
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EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3) Orientamenti terapeutici nel trattamento riabilitativo dei legamenti collaterali P. CATALDO, V. MALTESE, C. BRUCATO, C. VENZA, G. LETIZIA MAURO Cattedra di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Palermo. Palermo Introduzione Le lesioni del legamento collaterale mediale (LCM) e del collaterale laterale (LCL) del ginocchio, strutture anatomiche aventi la funzione di fornire un freno alla deviazione in varo e in valgo rispettivamente, sono di comune riscontro, rappresentando circa il 25-40% di tutte le lesioni legamentose a carico di tale articolazione1. Le lesioni capsulo-legamentose del ginocchio possono presentarsi a qualunque età, mostrando un pattern bimodale di incidenza: 20-34 anni e 55-65 anni2. Tali lesioni provocano instabilità articolare e movimenti preternaturali che nel tempo, specie se in associazione a lesioni meniscali e cartilaginee, possono essere causa di fenomeni degenerativi artrosici più o meno severi in funzione dell’età, del peso dell’individuo e dell’attività sportiva3. Rappresentano un’evenienza molto frequente nella pratica sportiva, anche negli sport non da contatto come il tennis, l’atletica e il nuoto, e possono determinarsi attraverso due meccanismi: trauma diretto e indiretto. Le lesioni da trauma diretto, che avvengono in sport da contatto (calcio, basket, rugby), si verificano usualmente in seguito ad un violento movimento di valgo-rotazione esterna, interessando inizialmente il legamento collaterale mediale. In particolar modo, il fascio superficiale subisce una distensione a livello della sua inserzione tibiale mentre quello profondo, più rilevante dal punto di vista meccanico per la stabilità del compartimento interno, viene stirato insieme al legamento posteriore obliquo (POL), in corrispondenza dell’inserzione femorale4. Qualora il trauma produca una rottura completa di queste strutture e non esaurisca con essa la sua forza lesiva, la seconda struttura interessata è il legamento crociato anteriore (LCA) o, in casi più rari, il legamento crociato posteriore (LCP) ed eventualmente i menischi e, nel caso di una varizzazione forzata del ginocchio, si ha anche il coinvolgimento del legamento collaterale laterale. In traumi particolarmente violenti è possibile un coinvolgimento globale di tutte le strutture capsulo-legamentose del ginocchio, ivi comprese quelle del compartimento esterno. Le lesioni da trauma indiretto sono di più frequente riscontro e possono verificarsi attraverso: – valgo-rotazione esterna: si determina durante un cambio di direzione o nella ricaduta da un salto, interessando dapprima il legamento collaterale mediale ed il legamento posteriore obliquo, quindi il legamento crociato anteriore5,6; – varo-rotazione interna: provoca la lesione del legamento crociato anteriore e, quindi, anche del legamento collaterale laterale. Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 Figura 1. – Gradi di lesione del LCM. A seconda della gravità del trauma e dell’entità del danno a carico dei legamenti, possiamo distinguere tre gradi di lesione legamentosa (Fig. 1): – 1° grado: si verifica un parziale allungamento del legamento collaterale oltre la sua normale riserva di elasticità, e solo una parte delle fibre viene danneggiata; il ginocchio è dolente a causa dello stiramento delle terminazioni nervose sensitive, tuttavia conserva la sua resistenza meccanica e mantiene la stabilità articolare; – 2° grado: rappresenta un quadro clinico più severo, caratterizzato dalla rottura di più fibre che interessano vari livelli e strati della compagine legamentosa, con evidenti focolai emorragici; la continuità del legamento è conservata ma la sua resistenza meccanica è ridotta; è presente una spiccata sintomatologia algica ma il ginocchio continua a conservare la stabilità articolare; – 3° grado: caratterizzata da interruzione completa del legamento, con conseguente tumefazione, dolore e, soprattutto, un quadro di significativa instabilità articolare a causa della comparsa di una lassità articolare patologica. Quest’ultima, in caso di lesione di III grado del LCM (Fig. 1), può essere giudicata: lieve (1+), moderata (2+) o grave (3+) in proporzione all’entità dello spostamento dei capi ossei durante l’esecuzione dei test di lassità. EUROPA MEDICOPHYSICA 1 CATALDO ORIENTAMENTI TERAPEUTICI NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DEI LEGAMENTI COLLATERALI Tabella I. – Protocollo riabilitativo. Fase Durata Obiettivi Programma I I week Riposo funzionale; crioterapia; bendaggio compressivo; ionoforesi; chinesiterapia passiva; contrazione isometrica ed elettrostimolazione muscolo quadricipite; WBAT con tutore II II week III III week IV IV week V V-VI weeks – – – – – – – – – – – – – – – – Controllo dolore Prevenzione ipotonotrofia muscolo quadricipite Mantenimento ROM Coordinazione neuromotoria Ripristino ROM Potenziamentoa muscolare Stimolazione propriocettiva Potenziamento muscolare Stabilizzazione dinamica articolare e neuromuscolare Coordinazione neuromotoria ed equilibrio Stimolazione propriocettiva Potenziamento muscolare Stimolazione propriocettiva Ritorno alle capacità funzionali pre-lesione. Ripresa gesto atletico specifico Ritorno all’attività competitiva La riabilitazione rappresenta uno strumento di fondamentale importanza nella terapia delle lesioni dei legamenti collaterali7, costituendo un mezzo insostituibile per ottenere la guarigione e il recupero funzionale del paziente. In genere, le lesioni del LCL, che possono essere isolate o in associazione a lesioni di altre strutture del ginocchio, sono meno frequenti e guariscono più lentamente, rispetto a quelle del LCM di pari grado. Il programma riabilitativo per queste ultime, specie se responsabili di importante instabilità articolare, ha sovente una durata maggiore, comportando una ripresa completa ed un ritorno alla pratica sportiva più tardivi8. Scopo del presente studio è stato quello di dimostrare l’efficacia di un programma riabilitativo, formulato secondo la nostra esperienza, nel trattamento delle lesioni di I e II grado dei legamenti collaterali del ginocchio. Materiali e metodi Sono stati reclutati presso l’U.O. di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università degli Studi di Palermo, nel periodo di tempo compreso tra Maggio e Settembre 2007, 34 sportivi non agonisti (16 di sesso femminile e 18 di sesso maschile), di età compresa tra i 18 e i 35 anni (media: 28,5), con lesione del legamento collaterale del ginocchio di I-II grado (27 con lesione del LCM e 7 con lesione del LCL). Criteri di inclusione sono stati i seguenti: diagnosi clinica di lesione del legamento collaterale mediale o laterale, confermata dalla RMN; sintomatologia insorta da non più di 48 ore (lesione acuta). Criteri di esclusione: fratture osteocondrali del piatto tibiale; osteonecrosi dell’epicondilo femorale; osteonecrosi del condilo tibiale; condizioni flogistiche (malattie sistemiche). Ognuno dei pazienti selezionati ha eseguito un trattamento riabilitativo della durata complessiva di sei settimane, formulato secondo la nostra esperienza (Tab. I), volto al recupero dell’articolarità e della deambulazione, al rinforzo muscolare e alla ripresa del gesto atletico. La valutazione clinica è stata eseguita alla visita basale (To) e al termine del trattamento riabilitativo (T1). In aggiunta alla tradizionale scala Analogico-Visiva (VAS) per quantificare l’entità della sintomatologia algica, abbiamo utilizzato la scala IKS (International Knee Society Rating System) che consente di eseguire una valutazione qualitativa del dolore e che prende in con- 2 Esercizi isotonici ed elettrostimolazione quadricipite; esercizi a catena chiusa; idrochinesiterapia e corsa in acqua profonda; marcia veloce sul tapis roulant con tutore Programma di corsa con tutore; tavolette propriocettive e schemi diagonali PNF; pliometria; esercizi di potenziamento muscolare; corsa in acqua profonda; cyclette Esercizi di potenziamento muscolare; deambulazione con tutore Deambulazione; test Isocinetico siderazione i parametri clinici (articolarità) e di funzionalità (autonomia di marcia, salita scale) (Tab. II). È stato possibile suddividere il protocollo riabilitativo previsto per le lesioni di I e II grado in cinque fasi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche peculiari di ciascun soggetto, (Tab. I): – prima fase di massima protezione (I settimana); – seconda fase di protezione moderata (II settimana); – terza fase di minima protezione (III settimana); – quarta fase di mantenimento (IV settimana); – quinta fase: recupero dei gesti atletici specifici (V-VI settimana). I FASE - Gli obiettivi della riabilitazione nella fase iniziale, immediatamente dopo la lesione, consistono nel controllo della sintomatologia, nella prevenzione degli effetti dell’immobilizzazione, quali l’ipotonotrofia del muscolo quadricipite femorale, e nel mantenimento dell’articolarità e della coordinazione neuro-motoria9. Si è osservato, infatti, che il dolore associato alla lesione legamentosa determina un’inibizione muscolare riflessa del quadricipite, e in particolar modo del vasto mediale. Nei primi giorni è essenziale il rispetto del riposo funzionale, avvalendosi della Crioterapia ad intermittenza, dell’applicazione di bendaggio compressivo, di sedute di Ionoforesi medicata con FANS per il controllo del dolore e della tumefazione articolare. Fondamentale, sin dall’inizio, è il mantenimento delle condizioni fisiche generali attraverso la chinesiterapia passiva e del tonotrofismo muscolare, tramite esercizi di contrazione isometrica del quadricipite e mediante l’impiego dell’elettrostimolazione. L’utilizzo di tutore articolato a ginocchiera bloccato a 20° ha la finalità di consentire alcuni gradi di movimento, prevenendo in tal modo la rigidità articolare, e di proteggere il ginocchio da eventuali stress durante il carico parziale. Viene incoraggiata, infatti, sin dai primi giorni, la deambulazione precoce con bastoni canadesi secondo quanto tollerato dal paziente (WBAT: weight bearing as tolerated), allo scopo di prevenire l’ipotrofia muscolare, accelerare la guarigione legamentosa e stimolare la vascolarizzazione della cartilagine articolare. II FASE - A partire dalla seconda settimana, gli obiettivi fondamentali del programma riabilitativo consistono nel ripristino dell’articolarità e nel potenziamento muscolare. Oltre agli esercizi eseguiti con il progressivo incremento della resistenza e a quelli isotonici, si continua con l’elettrostimolazione selettiva del muscolo quadricipite10. Gli esercizi a catena cinetica chiusa eseguiti in questa prima fase (mini-squats da 0 a 45°, affondi frontali, step-ups laterali) stabi- EUROPA MEDICOPHYSICA October 2008 ORIENTAMENTI TERAPEUTICI NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DEI LEGAMENTI COLLATERALI Tabella II. – International Knee Society Rating System (To e T1). N° pazienti a To Dolore a) Nessuno b) Lieve o occasionale c) Solo facendo le scale d) Camminando e facendo le scale e) Moderato f) Occasionale g) Continuo h) Grave Articolarità 90° di flessione Funzionalità Cammino a) Illimitato b) Più di 1000 metri c) 500-1000 metri d) Meno di 500 metri e) Confinato in casa f) Impossibile Scale a) Normale salita e discesa b) Normale salita, discesa con il corrimano c) Salita e discesa con il corrimano d) Impossibile N° pazienti a T1 (6 weeks) 0 0 8 14 8 2 2 0 8 12 4 8 1 1 0 0 14 32 0 18 9 7 0 0 22 8 3 1 0 0 0 27 5 2 21 10 3 0 lizzano l’articolazione tibio-femorale e, insieme agli esercizi per il mantenimento dell’equilibrio, contribuiscono al miglioramento della propriocezione11.. In questa fase è possibile, inoltre, iniziare ad avvalersi dell’idrochinesiterapia che favorisce un rilasciamento muscolare completo e migliora la coordinazione, stimolando le capacita aerobiche generali attraverso l’impiego della corsa a bassa intensità in acqua profonda. Se è avvenuta la completa risoluzione della sintomatologia algica e della tumefazione del ginocchio, si potrà anche iniziare, in questa fase, una marcia veloce sul tapis roulant a basse velocità, sempre avvalendosi del tutore articolato a ginocchiera, col fine di favorire la ripresa della coordinazione durante le varie fasi temporali della deambulazione e di ottenere una stimolazione propriocettiva ad impegno crescente del ginocchio. III FASE - Se è stato ottenuto il recupero completo dell’articolarità del ginocchio, si può iniziare il programma riabilitativo della terza settimana che mira ad incrementare il potenziamento muscolare e la stabilizzazione dinamica dell’articolazione del ginocchio, con l’obiettivo di consentire al paziente di deambulare senza tutore e senza stampelle. Viene intrapreso un programma di corsa, iniziando con la corsa in linea retta su terreno morbido e pianeggiante, per poi continuare progressivamente con la corsa, accelerazioni e decelerazioni, traiettorie curvilinee. Durante queste esercitazioni si utilizza il tutore articolato a ginocchiera bloccato a 45°, per evitare abnormi sollecitazioni sul legamento collaterale che ha subìto la lesione. Gli esercizi di cambio di direzione e di agilità, insieme a quelli eseguiti con l’ausilio delle tavolette propriocettive e agli schemi diagonali PNF (Facilitazioni Neuromuscolari Propriocettive), hanno la finalità di migliorare la coordinazione neuromotoria, l’equilibrio e la stabilizzazione neuromuscolare dinamica. Per incrementare la forza, la potenza e la resistenza muscolare dell’arto inferiore, di notevole utilità sono gli esercizi eseguiti secondo il Metodo Pliometrico, che sfrutta il “pre-stiramento” muscolo-tenVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 CATALDO Tabella III. – Valori scala VAS (To e T1). VAS To T1 0-2 2-4 4-6 6-8 8-10 2 5 15 10 2 18 14 1 1 0 dineo (la contrazione concentrica preceduta da uno stiramento dello stesso muscolo contratto), al fine di stimolare le proprietà neuromuscolari con sollecitazioni intense e brevissime. I box pliometrici vengono impiegati, infatti, per far compiere al paziente dei piccoli saltelli, al fine di migliorare la stabilità muscolare e consentire la cocontrazione del quadricipite e dell’hamstring12. Durante la terza settimana, inoltre, vengono incrementati gli esercizi di potenziamento muscolare (affondi diagonali, squats, step, flesso-estensione del ginocchio, contrazioni dell’hamstring), e si aumenta l’impegno con attrezzi di potenziamento specifici come la leg-press e la step-machine a bassa resistenza13; si eseguono altresì gli esercizi attivi dell’anca e si continuano le sedute di corsa in acqua profonda. Inoltre, se il recupero del ROM è stato completo, si fanno eseguire sedute di cyclette della durata di 30-40 minuti che consentono un lavoro a basso impatto in assenza di carico sull’articolazione, permettono l’esecuzione di esercizi a catena cinetica chiusa e contribuiscono a migliorare la mobilità e la stabilità articolare e la performance cardiovascolare. IV FASE - Nella fase del mantenimento, che corrisponde alla quarta settimana del percorso riabilitativo, vengono continuati gli esercizi per il raggiungimento della stabilità articolare e le stimolazioni propriocettive, al fine di promuovere uno stimolo rigenerativo sulla componente muscolare e legamentosa, determinando in tal modo il graduale ritorno alle capacità funzionali che l’atleta possedeva prima di subìre la lesione. In questa fase viene generalmente impiegato per la deambulazione un tutore articolato a ginocchiera, che viene poi dimesso dopo 23 settimane. V FASE – Recuperata la performance muscolare, misurata mediante il Test Isocinetico, inizia la fase conclusiva della rieducazione che si svolge sul campo durante la quinta e la sesta settimana, e che costituisce l’ultima tappa che conduce al recupero completo. L’isocinetica è una metodica che permette, attraverso particolari attrezzature computerizzate, di misurare la forza espressa da un arto durante un determinato movimento. Requisiti fondamentali per la ripresa del gesto atletico specifico e, dunque, per il ritorno all’attività competitiva sono: – recupero del ROM articolare completo; – assenza di instabilità articolare; – forza muscolare pari almeno all’85% dell’arto controlaterale; – propriocettività normale; Risultati Dall’analisi dei dati ottenuti si è evidenziata una notevole riduzione della sintomatologia algica, un significativo recupero dell’articolarità del ginocchio ed un netto miglioramento funzionale nella popolazione di sportivi non agonisti al termine del trattamento riabilitativo (T1). Per quanto riguarda la scala IKS, i dati più significativi (Tab. II) sono rappresentati dalla riduzione della categoria “dolore camminando e facendo le scale” dal 41% (14 casi su 34) al 23,5% (8 casi su 34) e dalla riduzione della categoria “cammino per più di 1000 metri” dal 52,9% (18 casi su 34) al 23,5% (8 casi su 34). EUROPA MEDICOPHYSICA 3 CATALDO ORIENTAMENTI TERAPEUTICI NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DEI LEGAMENTI COLLATERALI Per la valutazione quantitativa del dolore, mediante la scala VAS, abbiamo preso in considerazione 5 categorie (0-2; 2-4; 4-6; 6-8; 810). I risultati più significativi sono relativi alla categoria 0-2 (da 2 casi a To a 18 casi a T1) e alla categoria 4-6 (da 15 casi a To ad 1 caso a T1). Conclusioni Il nostro protocollo riabilitativo, impiegato nel trattamento delle lesioni dei legamenti collaterali di I e II grado, si è rivelato di notevole efficacia, consentendo il ripristino dell’articolarità completa e la rapida ripresa del gesto atletico specifico in una percentuale elevata di soggetti. L’applicazione di tale schema non può prescindere dal rispetto delle caratteristiche individuali di ciascun soggetto e, per tale ragione, pur prevedendo una precisa sequenza e una tempistica ben codificata, deve essere sempre individualizzato. Bibliografia 1. 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