6 aprile 2009 BANDIERE A MEZZ`ASTA E NEGOZI CHIUSI

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6 aprile 2009 BANDIERE A MEZZ`ASTA E NEGOZI CHIUSI
autorizzazione: Tribunale di Bologna n. 4277 del 5/6/1973
trimestrale unitalsi emiliano-romagnola
6 aprile 2009
BANDIERE A MEZZ’ASTA E NEGOZI CHIUSI:
L’ITALIA IN LUTTO
Poste Italiane s.p.a. Sped.Abb.Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB - BO
in caso di mancato recapito inviare a Bologna per la restituzione al mittente, previo pagamenti resi
anno 2009, n 2, aprile - maggio - giugno
Fondato nel 1930
I N QUESTO NUMERO
5
3
7
15
27 Il valore di un sorriso
L’Arcivescovo agli ammalati:...
Carlo Caffarra
4
Sabrina Immovilli
29 Benedizione nuovo pulmino
Benedetto XVI: “Maestro”...
Guiscardo Mercati
5
Pier Franco Santandrea
31 Direttive
Don Primo Mazzolari
Italo Frizzoni
7
41
Danio Romagnoli
33 “Striptease” spirituale
XX Convegno Regionale
Valerio Valeri
Simonetta Delle Donne
15 Terremoto
24 Unitalsi, una famiglia
Angelo Torelli
Faenza, Fidenza, Modena, Parma
17 Bella tu sei qual sole, bianca...
39 Riconoscimenti
Giovanni Paltrinieri - Giorgio Rocca
Redazione
20 Oltre... la terra ferma
40 Novità editoriali
Alberto Mazzanti
Redazione
22 Terromoto Abruzzo
41 Ci hanno preceduto
43 Info utili
Galleria immagini
24 Lacrime di gioia
Gianfranco Cammi
Angelo Torelli
44 Preghiera a S. Paolo Apostolo
26 20 anni consecutivi di...
Giovan Battista Pichieri
Marco Piolanti
editore: U.N.I.T.A.L.S.I. Sezione Emiliano Romagnola
direttore responsabile: Italo Frizzoni
direzione redazione amministrazione: Unitalsi Emiliano Romagnola via Irma Bandiera 22 40134 Bologna tel: 051436260
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redazione: Mons. Guiscardo Mercati, Roberto Bevilacqua, Giuliana Calori, Gianfranco Cammi, Rita Coruzzi, Valerio Valeri
hanno collaborato a questo numero: C. Caffarra, S. Delle Donne, I. Frizzoni, S. Immovilli, E. Maletti, C. Mazza, G. Mercati,
A. Nati, G. Paltrinieri, L. Pedretti, M. Piolanti, F. e P. Reali, G. Rocca, D. Romagnoli, P. Santandrea, A. Torelli,V. Valeri.
progetto - elaborazione grafica: Albertazzi, Cammi, Galli - responsabile web: G.Cammi - stampa: Digi Graf Pontecchio M.
foto di: Archivio Unitalsi Nazionale e Regionale, Archivio “La Repubblica”, R. Bevilacqua, G. Paltrinieri, G. Rocca, A. Torelli
in copertina: Agghiacciante scena del terromoto in Abruzzo.
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EDITORIALE
Cardinal Carlo Caffarra
L’Arcivescovo agli ammalati: “non sentitevi mai soli”
■ «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha manda-
mo veramente pensare e dire: «Dio è Amore». La Parola di
Dio ci dice oggi anche un’altra cosa grandiosa e questa riguarda noi. Gesù nel Vangelo ce la dice con queste parole: «questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri
come io vi ho amati».
L’evangelista Giovanni nella seconda lettura ce la dice nel
modo seguente: «carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio». L’amore con cui dobbiamo amarci è «come» l’amore con cui Gesù ha amato noi.
Come dire che noi impariamo che cosa significa
amare e quale è la misura del vostro amore ricevendolo da Gesù stesso:
«rimanete nel mio amore»,
ci dice. Cari fratelli e sorelle, che per una ragione o per un’altra vi siete
posti al servizio dell’infermo, siete chiamati a fargli sentire una vicinanza,
un’affezione che è quella
di Gesù: fargli sentire l’amore di Gesù. Come è
possibile che l’amore
stesso di Dio diventi la misura e la forma del nostro
amore?
Diventa possibile mediante l’Eucarestia.
E’ l’Eucarestia che dona
all’uomo la capacità di misurare il suo amore sull’amore di Dio, poiché è
mediante l’Eucarestia
che noi entriamo nell’atto
oblativo di Gesù. Cari fratelli e sorelle inferme: vedete che vi trovate dentro ad una comunità che
nasce da Dio stesso. Non sentitevi mai soli. Stiamo celebrando i santi Misteri con Maria, la Beata Vergine di S. Luca, che appena giunta dal suo santuario ha voluto incontrare voi, e voi siete venuti ad incontrare Lei. «Nel ventre tuo
si raccese l’amore», ha scritto il poeta di Maria.
E’ vicino a Lei che sentiamo il calore dell’amore di Dio per
noi ed Ella vi ha chiamato per ottenervi dal suo divin Figlio
l’intima convinzione che «Dio è amore».
to il suo Figlio Unigenito nel mondo perché noi avessimo la vita per
lui». Sono parole che ci notificano fatti grandiosi. Il fatto
principale ed originario è che Dio si è manifestato, si è rivelato. Egli ha tolto da Sé il velo che lo rendeva invisibile
ed inattingibile, incomprensibile. Ha manifestato Se stesso.
Come si è manifestato: come onnipotente, come infinitamente sapiente, come somma giustizia? Egli si è manifestato come Amore, «perché Dio è amore». Questo è il Volto di
Dio. Ma Egli ha voluto
che questa manifestazione di Sé non fosse
solo parola, avvenisse
mediante parole.
Ha compiuto un fatto
nel quale la manifestazione che Dio fa di Sé
stesso come Amore, diventa «carne e sangue»:
«Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo
perché noi avessimo la vita
mediante lui». In Gesù
Dio manifesta il suo
Amore per noi nel modo umano, a noi più
comprensibile.
Quando allora voi nei
vangeli sentite narrare
che Gesù sente compassione per gli infermi che gli portano perché li guarisca: che Gesù si commuove profondamente quando incrocia un corteo funebre che portava alla sepoltura il figlio di una
vedova, e le dice: «Non
piangere»: voi pensate
che è Dio stesso che si prende cura dell’uomo infermo,
che si commuove di fronte al pianto di una vedova.
E’ in questo modo che «si è manifestato l’amore di Dio per noi».
«Ha mandato il suo Figlio vittima di espiazione per i nostri peccati».
La manifestazione che Dio fa di Se stesso accade principalmente sulla Croce: accade nel «figlio vittima di espiazione
per í nostri peccati». E guardando cogli occhi della fede Cristo
crocefisso che noi vediamo, sappiamo chi è Dio e possia3
LA PAROLA DELL’ASSISTENTE ECCLESIASTICO
Mons. Guiscardo Mercati *
Benedetto XVI: “Maestro” del nostro pellegrinaggio
■ Cari Amici, abbiamo parlato tante volte del significato del noi uno sguardo a quel futuro davanti al quale il mondo odierno sembra chiudere gli occhi per godere un presente reso
fine a se stesso, senza problemi, ma anche senza prospettive e senza senso. Ci dice ancora Benedetto XVI: “Ognuno
pellegrinaggio. Ora, con il suo viaggio in Terrasanta, il Papa
Benedetto XVI ce ne ha offerto un esempio che merita tutta la nostra attenzione. Noi, infatti, come associazione ecclesiale, abbiamo in lui il nostro primo riferimento, colui che
ci è maestro con la parola e con la vita. In questa lunga settimana trascorsa fra Giordania, Israele e Territori Palestinesi abbiamo visto in lui non il politico — anche se ha trattato
temi della più scottante politica internazionale — ma il pellegrino apostolico aperto all’incontro con tutti, portatore di
pace e di speranza. Sono certo che lo
abbiate seguito con una speciale attenzione, non fermandovi ai brevi (e spesso interessati) resoconti dei più diffusi
quotidiani o dei telegiornali, ma rileggendo per intero i discorsi da lui pronunciati nei diversi incontri avuti in Giordania, Israele e Territori Palestinesi (li
potete trovare, se volete, sul sito
www.vatican.va). Nelle parole di Benedetto XVI ci sono diversi passaggi che
sembrano dettati proprio per noi. Ad
esempio le poche parole con le quali,
presso il Centro Nostra Signora ad Amman, ha descritto il significato del pellegrinaggio quale “profondo desiderio di toc-
di noi è un pellegrino. Siamo tutti proiettati in avanti, risolutamente, sulla via di Dio”. Come immaginare, infatti, un futuro senza Dio?
Sarebbe come camminare incontro a un abisso che immaginiamo nero proprio perché privo di speranza. “La fede e la
ragione — prosegue Benedetto XVI — ci aiutano a vedere un
orizzonte oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole. L’amore incondizionato di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano, mira ad un significato e ad uno scopo per ogni vita umana, suo è un amore che salva (cfr. Gv
12,32). Come i cristiani professano, è attraverso la Croce, che Gesù di fatto ci introduce nella vita eterna e nel fare ciò ci indica la strada
verso il futuro — la via della speranza che guida ogni passo che facciamo lungo la strada,
così che noi pure diveniamo portatori di tale speranza e carità per gli altri”. Credo di poter
leggere queste ultime parole del Papa
come l’indicazione di un esame di coscienza per valutare l’efficienza, in termini di ecclesialità della nostra Unione:
siamo davvero, ogni giorno, portatori di
futuro — cioè di carità e di speranza —
per noi e per quanti stanno intorno a
noi? E questa speranza è quella che
care e trarre conforto dai luoghi dove Gesù visGesù ci addita alla vigilia della croce
se e che furono santificati dalla sua presenza e
cioè la speranza e l’attesa della Risurdi venerarli”. Definizione che, ovviamenrezione, l’unica a dare un senso all’esite, possiamo applicare anche ai luoghi dove Maria ha ma- stenza quotidiana, soprattutto quando è connotata dalla sofnifestato e continua a manifestare il suo ruolo di mediatrice ferenza, dalla malattia, dall’oppressione? Il pellegrinaggio,
della grazia e della salvezza portateci da Gesù. E’ defini- infine, è anche condivisione: nel pellegrinaggio cristiano non
zione che segna un confine netto tra pellegrinaggio e turi- siamo mai soli. Anche se materialmente camminassimo per
smo. Se questo è la ricerca di luoghi ed esperienze che ci conto nostro, in realtà con noi ci sono tutte quelle persone
“svaghino” dalla nostra quotidianità, facendoci in certo qual per le quali noi dobbiamo farci prossimo amoroso, per le
modo uscire da noi stessi, il pellegrinaggio — esattamente quali, cioè, dobbiamo essere specchio dell’amore di Dio. Ebal contrario — è prima di tutto un’esperienza interiore che, bene, in che misura siamo specchio limpido e fedele? In che
attraverso la materialità dei luoghi, ci riporta al nostro rap- misura siamo impegnati a tenerci limpidi da ogni macchia di
porto con Dio e, in Lui, a ritrovare dentro di noi, la verità del interessi personali, di egoismo, di autoaffermazione? In che
nostro esistere come persone singole, come Chiesa, come misura il nostro agire individuale e associativo rispecchia consocietà civile. Per questa ragione il pellegrinaggio “materia- cretamente il canto “Dov’è carità e amore, qui c’è Dio”? Io sarò il
le” — il viaggio che facciamo a Lourdes o a qualunque al- primo a fare questo esame di coscienza. Se lo faremo tutti
tro santuario — è segno dì quell’altro pellegrinaggio che ci insieme, al di là di qualunque vicissitudine che possa tocriporta (per dirla con Sant’Agostino) a rinnovare di giorno in carci, l’Unitalsi sarà sicuramente sempre più se stessa, più
giorno, per mezzo di Gesù Cristo, il nostro “uomo interiore” per fedele al suo carisma, strumento di salvezza nel senso più
risorgere alla vita eterna. Ed è un segno efficace (è sempre ampio ed evangelico della parola. Ed è ciò che vi auguro, a
sant’Agostino a ricordarcelo) purché sia contrassegnato dal- partire dall’intensa stagione dei pellegrinaggi che vivremo in
la grazia di Dio. Capirete perciò il mio continuo richiamo al questa estate.
sacramento della confessione. II pellegrinaggio diventa per
*Assistente Ecclesiastico Regionale
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PERSONAGGI
Italo Frizzoni *
Don Primo Mazzolari
(Cremona 1890 - Bozzolo 1959)
Una voce viva per la Chiesa del nostro tempo
■ Il 14 aprile hanno preso avvio le
manifestazioni celebrative del 50° anniversario della morte di Don Primo
Mazzolari (1959 — 2009), secondo
un programma stabilito dalla Fonda-
ma diocesi di Cremona, dove don Primo fu parroco per 27 anni, dal 1932
alla morte, e nella cui chiesa parrocchiale di San Pietro è sepolto.
Quest’uomo di straordinaria capacità
zione Mazzolari, dalla Regione Lombardia, dal Comune e dalla Parrocchia di Bozzolo unitamente alla Chiesa Ambrosiana.
Alcune iniziative sono iniziate sul finire del 2008 ed altre termineranno
nel 2010 ma tutte serviranno per fare conoscere e capire meglio la figura di questo grande prete sia in Italia che nel mondo.
Bozzolo è il paese, nel Mantovano
sia nell’oratoria che nella scrittura, fu
antesignano del valore delle nuove
forme di comunicazione per avvicinare coloro che avrebbero potuto rinnovare un rapporto con la Chiesa nel
dopoguerra, precursore del Concilio
Vaticano II.
Una figura carismatica di trascinatore, che sostenuta da una vocazione
profonda, sempre rinsaldata e rinnovata anche nei momenti di crisi, vis5
suta con gran forza d’animo, che ha
svolto quotidianamente la sua missione pastorale, con amore e impegno.
E’ stato un prete sempre in prima linea, contro le ingiustizie, accanto ai
bisognosi e ai poveri, che ha vissuto la storia contemporanea da protagonista dalla sua andata al fronte durante la prima guerra mondiale, come cappellano militare al seguito delle truppe, nella resistenza, all’appello al rinnovamento della Chiesa fino
alla promozione della pace al tempo
della guerra fredda.
Le sue idee, esposte in numerose
opere (1) provocatorie, anticiparono,
a volte di decenni, alcune delle grandi svolte dottrinali e pastorali assunte dal Concilio Vaticano II, in particolare quelle riguardanti la “Chiesa
dei poveri”, la libertà religiosa, il pluralismo, il “dialogo con i lontani”, la
distinzione tra errore ed erranti,
creando con la pubblicazione de “Il
compagno Cristo” polemiche e
scandalo nei benpensanti e contrasti
nella Chiesa.
Fu spesso censurato e perseguitato
dalla dittatura fascista e purtroppo,
non sempre apprezzato dalla gerarchia ecclesiastica; a seguito della
pubblicazione della “Lettera ai Vescovi” gli fu proibito dal Vescovo Poma di predicare fuori della sua diocesi, guadagnandosi così la fama di
prete scomodo e di frontiera. Fedele
ai suoi principi, continuò a tener vive
le sue idee, ma non venne mai meno all’obbedienza.
Questa fedeltà gli è valsa, anche se
tardivamente, verso la fine degli anni cinquanta, a ricevere le prime attestazioni di stima da parte delle alte gerarchie ecclesiastiche e l’ammi-
razione di due futuri papi, Paolo VI
che nel 1957 ancora Arcivescovo di
Milano ebbe a dire: “lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava
a stargli dietro. Così ha sofferto lui
e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”, poi quella del Patriarca di Venezia Angelo
Roncalli, divenuto papa Giovanni
XXIII nel febbraio del 1959 che lo ri-
cevette in udienza privata e lo salutò pubblicamente
“Tromba dello Spirito Santo della
Bassa Padana”.
(1) Opere
Pubblicate in vita
Il mio parroco. Confidenze di un povero prete di campagna, 1932
La più bella avventura. Sulla traccia del 'prodigo', 1934
Lettera sulla parrocchia. Invito alla discussione, 1937
Il samaritano. Elevazioni per gli uomini del nostro tempo,
1938
I lontani. Motivi di apostolato avventuroso, 1938
Tra l'argine e il bosco, 1938
La via crucis del povero, 1938
Tempo di credere, 1941
Anch'io voglio bene al Papa, 1942
Dietro la Croce, 1942
Impegno con Cristo, 1943
La Samaritana, 1944
Il compagno Cristo. Vangelo del reduce, 1945
La pieve sull'argine, 1952
Il segno dei chiodi, 1954
La parola che non passa, 1954
Tu non uccidere, 1955 [ora: Edizioni S. Paolo, Cinisello
Balsamo]
La parrocchia, 1957 [La Locusta, Vicenza]
I preti sanno morire, 1958
Pubblicate postume
Si tratta per lo più di carteggi, antologie, raccolte di suoi
discorsi e prediche oppure di scritti apparsi su giornali o
in circostanze occasionali.
La parola ai poveri, 1960 [La Locusta, Vicenza]
Zaccheo, 1960
Della tolleranza, 1961
Della fede, 1961
Viaggio in Sicilia, 1961 [ora: Sellerio, Palermo]
Diario di una primavera (1945), 1961
Lettera a una suora, 1962 [La Locusta, Vicenza]
Preti così, 1966
La chiesa, il fascismo, la guerra, 1966 [Vallecchi, Firenze]
Rivoluzione cristiana, 1966
Discorsi, 1968
Lettere al mio parroco, 1974
Quasi una vita. Lettere a Guido Astori (1908-1958), 1974
Obbedientissimo in Cristo. Lettere al vescovo, 1917-1959,
1974 [Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] Diario. I -II,
1974-1984 [Nuova edizione: Diario I (1905-1915), Il (19161926), III A-B (1927-1937), 1997-2000] Il coraggio del
'confronto' e del 'dialogo', 1979
La carità del Papa. Pio XII e la ricostruzione dell'Italia
(1943-1953), 1991 [Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo]
Lettere alla Signora Maria [Maria Nardi Traldi], 1994 [Edizioni della Fondazione don Primo Mazzolari]
Il Padre Nostro commentato da don Primo Mazzolari, 1996
[Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] Ho paura delle mie
parole. Scritti ai politici, 2000
Con tutta l'amicizia. Carteggio tra don Primo Mazzolari e
Luigi Santucci, 1942.1959 [Edizioni S. Paolo, Cinisello
Balsamo]
Il giornale "Adesso” è stato integralmente ripubblicato, in
ristampa anastatica dalle Edizioni Dehoniane di Bologna.
*Presidente Regionale
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EVENTI
Valerio Valeri
XX Convegno Regionale
”Da Lourdes a...”
Parma 14 marzo 2009
Dopo l’esperienza,
da tre anni a questa parte, del Ritiro Spirituale
regionale a Nevers nel
mese di ottobre e, considerato che il tema del
Santuario di Lourdes per
l’anno 2009 è rappresentato proprio da Bernadette, miglior titolazione non si poteva dare a questo nostro XX°
Convegno regionale,
che ha visto la partecipazione di circa 260 soci provenienti anche dalla vicina Sezione Lombarda. L’accoglienza dei
Padri Domenicani che
reggono il Santuario di
Fontanellato, dedicato
alla Beata Vergine del
Rosario, e degli amici
della Sottosezione di
Parma che hanno preparato colazione e pranzo, è stata calorosa: meno la giornata che inizialmente nebbiosa e fredda ha costretto le nostre “povere” Pina e Silvia, addette all’accoglienza esterna,
a sobbarcarsi una notevole quantità
di gelo “atmosferico”.
Dopo il saluto e il ringraziamento ai
convenuti, da parte del Dr. Mineo,
Presidente della Sottosezione di Parma ed un breve ricordo di Mons. Bonicelli, recentemente scomparso,
hanno ugualmente salutato il Presidente della Sezione Emiliano Romagnola, Italo Frizzoni e il Presidente
della Sezione Lombarda, Germano
Benedusi, che si è detto entusiasta
del tema proposto e ha ricordato come si debbano condividere ed accettare tutte le proposte che vengono fatte in campo unitalsiano, senza
arroccati localismi. “L’Unitalsi deve
andare avanti con il cuore e non con
le regole; unico solo ideale deve essere quello associativo per mettersi
al servizio con umiltà”.
Il Presidente nazionale, Dr. Antonio
Diella, nel suo preambolo, ha anch’egli ricordato l’importanza di questa occasione per parlare della figura di Bernadette e della presenza di
Gesù Cristo dentro l’Unitalsi. “Ripar7
tire con Bernadette, dopo un anno così importante come quello Giubilare,
è un dono e una grande possibilità
per avere il senso chiaro di quello che
si fa e di cosa ne viene, nella vita,
dopo un pellegrinaggio. Da Bernadette impariamo ad innamorarci di
nuovo della nostra vita per non dare
nulla di scontato, ma riguardarci dentro con stupore; siamo persone innamorate di Gesù”.
Il primo dei tanti interventi della giornata è stato condiviso da Suor Benedetta e Suor Marzena, della Congregazione delle suore di Nevers, che
hanno parlato di “Bernadette e Suor
Marie Bernard” cercando di farci comprendere come Bernadette abbia vissuto, concretamente nella vita, il messaggio ricevuto a Lourdes, approfondendo l’amore per Gesù. La “petite
merdeuse”, come veniva indicata
Bernadette dai suoi concittadini, cioè
“la piccola pezzente dei bassifondi”
rappresenta il rispetto di Dio per tutti gli uomini. “Ella scopre, attraverso
Maria, che per Dio, anche la sua misera vita ha valore! Dio non è un dio
lontano, ma sempre vicino all’uomo!
Giunta a Nevers, Bernadette scopre
come servire i poveri e gli ultimi, con
totale atto di fiducia in Dio, fino alla
morte”. 13 anni passò Bernadette a
Nevers vivendo una vita totalmente
e gioiosamente donata. Le sue continue parole furono: “non abbiate altri affari che quelli della carità; altri
interessi che quelli degli ultimi: i peccatori, dopotutto, sono nostri fratelli!”. “Bernadette, per favore, prestaci
i tuoi zoccoli per entrare nella scoperta dell’amore gratuito e sovrabbondante del Padre: per lasciare risuonare nel nostro cuore l’invito a riconciliarci, a condividere, a perdona-
re” La storia di Bernadette è, praticamente, la storia del desiderio di conoscere Gesù fin da piccola, fin dalla Prima Comunione. Nella spiritualità di Nevers, ritroverà il messaggio
di Gesù scoprendo l’inaudita gratuità del Padre. Prende coscienza dell’invito di Dio di mettere i suoi passi
su quelli di Gesù; si sente chiamata
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a consacrarsi in Cristo nel servizio ai
poveri. “Più il povero è disgustoso,
più bisogna amarlo!”.
Il Presidente nazionale, nel suo intervento “Bernadette e il servizio unitalsiano”, riprende qualche tema del
precedente intervento, provando a
segnalarci alcuni aspetti della vita di
Bernadette, per capire cosa dica, oggi, a noi. “Bernadette ha capito, alla
Grotta, quanto poteva essere amata!
La prudenza di Bernadette nell’identificare Aquerò, non ci dice quanto
grande fosse il suo stupore per essere stata amata in maniera, per lei,
eccessiva! Le viene data una promessa di felicità e le viene affidato
un compito. Noi unitalsiani, senza
stupore, non ce ne facciamo niente
della nostra vita! Siamo bravi e belli
per quanto siamo amati! Bernadette
fa una scelta radicale di povertà, pur
sapendo quanto fosse importante il
denaro: riafferma la sua libertà di persona scegliendo il distacco dalle cose della vita! Ella non appartiene al
mondo che contro di lei nulla può fare, anche se il mondo appartiene a
lei. Dio dà un compito, chiedendo te-
stimonianza e presenza diversa per
far comprendere agli altri cosa rimane di quel gesto. Bernadette ha scelto e ha capito la sua vocazione andando a servire gli anziani più poveri: ha compreso cosa Dio voleva per
la sua felicità! Voleva essere felice e
ha compreso che la sua felicità poteva essere solo l’esperienza di Dio!
Tutto quello che aveva ricevuto era
un dono, non una proprietà! Noi non
siamo proprietari di un’esperienza: il
dono di Dio, nella nostra vita, è più
grande di quello che vorremmo possedere noi. Bernadette era libera perché non si affaticava a possedere il
dono avuto. E’ facile fare servizio ai
malati simpatici e ai poveri che dipendono dal nostro gesto di carità!
Importante, invece, è quello che meno ti può gratificare! Quanto di tutto
ciò ora vale anche per noi? Per noi
e per l’Unitalsi è tempo di guardare
a Bernadette come scelta della nostra vita. E’ scavando nel fango che
si vive l’esperienza della liberazione;
scavare sempre più a fondo, a rischio
di romperci le unghie! Il gesto di Bernadette dovrebbe essere quello dell’Unitalsi perché, se noi viviamo co-
me lei, l’esperienza di scavare nel
mondo della malattia e della sofferenza, anche noi ci sporcheremo con
il fango e, il lavaggio con l’acqua pulita, sarà Dio! Bernadette parlava dif-
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ficilmente delle apparizioni; doveva
esserne sollecitata. Aveva l’atteggiamento di star zitta nel cuore e di
aspettare che quel mistero le cambiasse la vita: pregava e serviva! L’incontro di Bernadette con l’Eucaristia
ci dice che è forse tempo di rivedere la nostra capacità di rapportarci davanti a Dio; unire i calli delle mani a
quelli delle ginocchia per rivitalizzare l’Eucaristia. Negli ultimi anni della
sua vita, Bernadette ha vissuto l’esperienza della sola preghiera, perché non in grado di fare altro! Anche
a noi può capitare di non essere più
in grado di svolgere un determinato
servizio e, allora, impariamo da lei
che ha compreso come quello fosse
un passaggio educativo nella sua vita. In fin dei conti, Bernadette è una
santa banale, ordinaria, una come
noi! Non ha cercato applausi e gratificazioni dal mondo. Abbassiamo
dunque anche noi la testa della va-
nagloria associativa per far sì che la
nostra gloria sia la capacità di scavare più a fondo e di restare in ginocchio! Dall’amore da lei vissuto,
dobbiamo comprendere di moltiplicare la nostra gioia, assumendoci la
responsabilità della gioia di coloro
che incontriamo. Bernadette parlava
spesso del Cielo, noi del destino e
dell’eternità, ma era la stessa cosa.
La nostra prospettiva è il Cielo e quindi, dobbiamo appassionarci al Signore per l’immeritato amore ricevuto. Ci lamentiamo spesso che Dio ci
manca, non è con noi e poi, sul più
bello, all’improvviso, prorompe in noi!
Ecco perché dobbiamo imparare ad
amare e ad aprire a Lui il nostro cuore. La nostra povertà deve essere la
capacità di dare una testimonianza
d’amore: solo aprendo il cuore ed
amando davvero potremo trasmetterla e comunicarla!”
L’ultimo intervento della mattinata è
stato proposto dall’Assistente regionale dell’Unitalsi Lombarda, don Giovanni Frigerio e ha riguardato :”il dialogo d’amore tra Dio e Bernadette”.
Don Giovanni è partito dalla pagina
del vangelo riguardante le Beatitudini per affermare che la purezza del
cuore è la completa disponibilità alla
chiamata del Signore; chiamata a seguire ed imitare Gesù. “Bernadette ha
conosciuto un’unione con Dio sem-
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plice e profonda: un’esperienza eccezionale dell’amore di Dio. La sua
Prima Comunione è l’incontro con
Gesù che dona il suo cuore; è un’unione di anima e corpo.Il cuore di Gesù risorto è il corpo mistico di tutta la
Chiesa. Bernadette si unisce spiritualmente a tutte le Messe che si celebrano, ogni momento, in ogni parte del mondo. La povertà è contare
su Dio e sui suoi doni in ogni istante della vita: non contare su noi stessi. Dio ci chiama alla santità e ci offre tutti i mezzi per raggiungerla. Il
messaggio di Lourdes, rivolto ai più
lontani, è la via della purificazione.
Bernadette, malata e buona a nulla
è uno strumento nelle mani di Dio.
La purezza di cuore è stata il segreto del dialogo di Dio con Bernadette.
Tutto posso in colui che mi dà forza,
vale sia per San Paolo che per Bernadette”.
Dopo la Santa Messa presieduta dal
nostro Assistente regionale, Mons.
Guiscardo Mercati, all’interno del bel
Santuario dedicato alla Beata Vergi-
ne del Rosario e concelebrata dai vari sacerdoti presenti al Convegno, si
è dato spazio al momento conviviale che è servito a rifocillare il corpo,
dopo aver rinforzato lo spirito. La celebrazione del Rosario, meditato dal
Priore di Fontanellato, Padre Daniele Mazzoleni, ci ha riportati nel pieno ambito spirituale della giornata ed
è stata di preambolo per il proseguio
pomeridiano del Convegno che ha
visto per primo l’intervento del Vice
Assistente nazionale Mons. Luigi
Marrucci sul tema: “Nella Chiesa con
l’Unitalsi”. Prendendo lo spunto dall’episodio del vangelo riguardante la
guarigione della suocera di Pietro,
Mons. Luigi ha ricordato come la malattia possa essere sia fisica che morale e, come essa serva a verificare
i nostri affetti e a riappropriarci di noi
stessi. “Il Signore, quando si avvicina alla nostra vita, ci prende per mano e ci rialza, donandoci la bellezza
che ci aveva regalato nel battesimo,
non per merito nostro, ma per amore suo.
Appena guarita, la suocera di Pietro,
si mette a servire; sa di essere stata amata e sollevata, quindi serve. E’
proprio perché siamo amati che sia-
mo invitati a servire gli altri! E’ qui
che nasce la nostra locazione unitalsiana e Bernadelte lo sapeva bene!
Se poniamo Gesù al centro della nostra vita, sempre ci salva con i mezzi che ci offre. La fede di Bernadette e il suo cammino spirituale rispecchiano quello di ogni cristiano”.
Continuando, Mons. Luigi si è riferi-
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to al testo uscito dal recente Congresso Eucaristico di Verona presentando 4 punti fondamentali: La
Chiesa nelle relazioni, per cui occorre comunione, corresponsabilità e
dialogo cordiale;
l’attenzione alla persona, cioè cosa
sia e cosa significhi essere uomo.
L’uomo non ha quaggiù la sua dimora, ma deve puntare all’alto; non
è destinato alla fine, ma al fine. Il
vangelo da reinventare; va riletto e
ricompreso da ogni generazione, per
costruire una nuova cultura; deve essere riadattato per l’uomo di quel determinato tempo.
Testimoni del testimone: chi fa parte
di una associazione, come l’Unitalsi,
una volta fatta la scelta, rimane legato alla Chiesa, per cui è necessario far crescere in noi questo senso
di appartenenza alla Chiesa stessa.
“L’Unitalsi è una associazione pubblica accolta nella Chiesa e quindi,
noi che vi apparteniamo, dobbiamo
vivere nella Chiesa, fuori da essa,
moriamo.” Concludendo, Mons. Marrucci ha affermato che il fratello de-
grinaggi ma anche presenza attiva
nel territorio in adempimento alle richieste dei malati in ottemperanza all’articolo 1316 del Catechismo della
Chiesa Cattolica.
L’Unitalsi è perciò scesa in campo
cercando di rompere l’isolamento sociale,secondo il motto “il bene bisogna farlo bene”. Bernadette con la
sua operosità è un modello significativo di vita attiva e contemplativa
insieme, alla quale l’Unitalsi si rivolge con devozione. Questi elencati sono i principali ambiti di azione dell’Unitalsi:
1 ) La principale domanda dei parenti
di un disabile è: chi dopo di noi? Ma
anche: chi durante noi? La creazione delle Case famiglia Unitalsi ha cercato di dare una risposta in questo
senso.
ve essere un peso per il cristiano,
perché solo se è un fardello è importante, se no è una semplice cosa.
Infine, il Vicepresidente Nazionale ha
introdotto “Unitalsi dei progetti”, presente nel territorio nazionale. La svolta statutaria del 1997 ha determinato un cambiamento radicale nella vita dell’associazione: non solo pelle-
2) Servizio Civile Nazionale, laddove
l’Unitalsi educa ai valori di cittadinanza attiva oltre a svolgere funzioni di avamposto ecclesiale.
3) Progetto Bambini (accoglienza dei
familiari di bambini ricoverati in luoghi diversi da quelli di residenza)
4) Attività di promozione sociale (recuperAbile, Ortogiardino, corso di primo soccorso, handicap e sessualità,
formazione responsabili Unitalsi, formazione Amministratori di sostegno).
5) Partecipazione alle attività di Protezione Civile Nazionale
6) Scuola di formazione per Unitalsiani
Secondo il relatore questa nuova
mentalità unitalsiana, questo diverso
modo di condividere la strada con i
disabili è un cammino inarrestabile,
è il cammino dell’Unitalsi.
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Angelo Torelli
Terremoto
Il terremoto è invadente, il terremoto è subdolo, il terremoto è cattivo.
Come tutti imparo del terremoto al
mattino presto dalla radio, come tutti sono molto dispiaciuto e impaurito
per le persone che l’hanno subito,
protagonisti loro malgrado di un evento così sconvolgente e improvviso;
non so ancora che anche per me questo non sarà un terremoto da guardare alla tele. A metà mattina chiedono dalla Sezione di preparare un
equipaggio che si tenga pronto a partire, e allora inizia l’inquietudine, la
stessa di quando mi avvicino alla parete di una montagna sconosciuta,
con il timore che sia più forte di me.
Qui in zona non si trova nessuno disponibile così su due piedi ed è con
sollievo che comunichiamo la cosa a
Bologna: sarà per la prossima occasione. L’idea di non dover andare mi
tranquillizza, o forse no. So benissimo che, se solo lo volessi, potrei partire con un altro equipaggio: “Signore sei tu che stai chiamando?” Questa volta il Signore ha la voce genti-
le di una segretaria e quella arrabbiata di un presidente regionale: un
volontario si è ritirato ed io ho 5 minuti per buttare qualcosa nello zaino; metto tutto il mio eroismo nella
risposta: “Ma non hai proprio trovato
nessun altro?” Poi i dubbi finiscono
di botto: sacco a pelo, qualche indumento caldo: il terremoto insegna la
sobrietà.
Il viaggio non è facilissimo: qualche
ritardo, l’autostrada parzialmente
chiusa e dovunque i lampi gialli e blu
dei mezzi di soccorso in movimento.
Poi improvvisamente muri con grandi crepe e piccoli mucchi di macerie
che lambiscono la strada, anche la
montagna si è scrollata di dosso terra e sassi, scoprendosi debole lei
stessa. Tantissime automobili parcheggiate hanno i vetri appannati all’interno, qualche volontario passeggia aspettando la luce del giorno, altre figure lente come improvvisi fantasmi si muovono avvolte in una coperta. I vigili del fuoco si riposano
sdraiati sul marciapiede, hanno il colore della polvere che copre tutto. La
nostra destinazione è Piazza d’Armi
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a L’Aquila, in piena notte scopriamo
che non è una vera piazza, ma un
campo da atletica vicinissimo al centro, sirene vanno e vengono nel buio
fuori dal campo; sulla pista sportiva
i mezzi dell’Unitalsi che ci hanno preceduto. Ancora prima del sole, si sentono le pale degli elicotteri, un rapido giro per orientarsi: qui i bagni chimici, là l’ospedale da campo, poco
sopra le montagne innevate che in
un altro tempo e in un altro luogo mi
suggerirebbero silenzio e pace, qui
fanno venire in mente solo il freddo.
Il terremoto fa paura.
Il compito dell’Unitalsi è ciò che sa
fare da sempre: l’assistenza a chi non
è autosufficiente: i friulani della protezione civile montano le tende alla
velocità della luce, poi arrivano i letti e siamo noi a prepararli per chi non
riesce da solo, i friulani non sono abilitati a toccare le persone: l’Unitalsi
si. La nostra infermiera fa il primo giro per controllare le terapie che annota su un quadernetto da scuola,
trova una signora che ha dormito col
cagnolino a fianco, avvolto in una coperta, ma il cagnolino è morto e bisogna convincere la signora a lasciare quella che era la sua compagnia. Le persone hanno una giacca
o una vestaglia e sono in ciabatte così come il terremoto le ha buttate in
strada, una delle sorelle regala le sue
calze a due piedi gelati. Una signora sdraiata a terra ci insulta in mille
modi nonostante l’infinita delicatezza
con cui la posiamo sul letto, altri non
ricordano il proprio nome. Con la coda dell’occhio vedo una vestaglia rossa che riconosco in direzione dell’uscita e la rincorro, poi mi avvicino piano e le parlo con voce tranquilla: non
si può tornare a casa, le porgo il braccio per tornare alla tenda blu, sembra rasserenata e intanto penso che
è stato importante che io ci sia sta-
to anche solo per lei. La Provvidenza agisce nel terremoto.
Le sorelle vorrebbero cambiare vestiti e pannoloni, ma manca ancora
tutto, intanto fanno conoscenza con
le persone, le ascoltano. Una famiglia con due persone diversabili ha
trovato un alloggio lontano, proprio
nel paese di origine della segretaria
che mi aveva telefonato a casa, la coincidenza ci fa sorridere mentre la
chiamiamo dal pulmino che utilizziamo per il trasporto, i famigliari sono
davvero grati all’Unitalsi per il servizio e l’efficienza e noi ci alterniamo
alla guida per non rischiare di addormentarci.
Un rapido calcolo: delle ultime 42 ore
ne abbiamo dormita una sola; guardando gli unitalsiani che si spendono senza risparmio, penso che è un
grande privilegio essere circondato
da queste persone. Tra i tanti, Maria
Lilia, presidentessa dell’Abruzzo, riesce a muoversi instancabilmente nel
caos che la circonda ed è sempre
presente. Il terremoto moltiplica le
energie.
Iniziano ad arrivare i materiali donati con generosità, altrove le persone
devono frugare come accattoni tra la
merce scaricata; invece all’Unitalsi
una intuizione felice: si improvvisa un
mercatino dove non servono soldi,
qualcuno seleziona e suddivide, altri
distribuiscono ai banchi improvvisati,
tutto è molto ordinato. “Mangiate senza denaro… “ scriveva Isaia. Adesso
serve biancheria intima, tute e maglioni, poi chiederanno il necessario
per l’igiene; invece arrivano tacchi a
spillo, tailleur, vestiti logori e sporchi
che intasano immediatamente il poco spazio disponibile. Il terremoto libera le coscienze e le cantine.
Qualcuno accompagna alla dialisi o
dal medico, i nostri pulmini consentono una organizzazione flessibile ed
efficace e sono in continuo movimento.
Alcuni dei nostri hanno davvero paura quando una delle scosse li coglie
dentro la farmacia dell’ospedale:
sembrano razzi mentre spingono fuori la signora in carrozzina. Che cosa
è questo silenzio? Non ci sono più le
sirene che corrono per strada: ormai
il triste conteggio e le deboli speranze sono finite. Intanto la sabbia del
salto in lungo si popola dei castelli
dei bimbi, le sorelle ora hanno il necessario per pulire e cambiare, si or-
ganizza la distribuzione dei pasti a chi
non può andare alla mensa, si fa la
ricognizione degli altri campi dove
serve la presenza dell’Unitalsi; tanti
di noi ora sono semplici magazzinieri, ma serve anche questo.
Mille sono i racconti che raccogliamo: “Tanti sacrifici crollati in un attimo…”, “Il ragazzo del piano di sopra
non c’è più…”, “L’Aquila è sparita per
sempre…”, eppure tutti i racconti si
concludono nello stesso modo: “Ma
noi siamo ancora qui, e questo è ciò
che conta!” Il terremoto insegna cosa è davvero importante.
Con gratitudine accogliamo i nostri
sostituti: quattro giorni senza lavarsi,
riposare e mangiare adeguatamente
sono davvero sufficienti, anche se
sappiamo già che il campo ci mancherà.
Una sorella ride di me perchè mi infilo nel sacco a pelo col berretto in
testa, un barelliere appena arrivato
si scandalizza che non ci sia un posto dove i volontari possano dormire
comodamente: “Come si può fare
servizio se non si riposa bene?” Sorrido a mia volta pensando a quanto
abbiamo imparato in quattro giorni. Il
terremoto è una scuola.
Nessun danno ai disabili
ospitati a San Demetrio
Nessun danno ai disabili ospitali a San Demetrio
I disabili che vivevano nella Casa accoglienza a San
Demetrio distrutta dal terremoto sono tutti salvi, evacuati
e trasportati al campo presso lo stadio dell’Aquila. Lo ha
comunicato l’Unitalsi, spiegando che la «Casa Maria
Immacolata di Unitalsi e Caritas diocesana di Giulianova dovrebbe
essere la sede dove verranno ospitate più di 100 persone, tra cui disabili e anziani».
L’associazione sta attualmente svolgendo i compiti assegnati dal Dipartimento della Protezione Civile: trasporto, con mezzi attrezzati e carrozzine, di anziani e disabili dai luoghi di abitazione verso i cinque campi allestisti finora. In via di trasferimento anche i giovani reclusi nella struttura di
detenzione minorile dell’Aquila, risultata anch’essa danneggiata dal sisma. Sei stranieri saranno ospitati presso
l’Istituto penale di Roma «Casal del Marmo». Altri sette andranno a Potenza, Bari e Firenze.
a pagina 22 e 23 galleria di immagini
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SALUS I NFIRMORUM
Giovanni Paltrinieri * - Giorgio Rocca **
Bella tu sei qual sole, bianca più della luna
Nel corso di una settimana a cavallo tra aprile e maggio 2009, due
artisti bolognesi hanno realizzato
quattro opere pittoriche sul muro della terrazza del nono piano del Salus
Infirmorum di Lourdes. Tali lavori so-
no direttamente fruibili dagli ospiti del
Salus, e ben visibili anche dai pellegrini che all’entrata del viale che conduce alla Basilica volgono lo sguardo in alto sul lato destro. Da questa
terrazza si gode una vista stupenda
che va dalla facciata della Basilica,
al viale che ad essa conduce, e sul
fiume Gaves che scorre vivacemente al suo fianco. Volgendo lo sguardo sul lato opposto vediamo la possente mole del castello che sovrasta
la cittadina, e sul fondo le prime alte
propaggini dei Pirenei che sono sovente imbiancate. L’aria è spesso frizzante; quasi ogni pomeriggio il cielo
riserva una pioggia scrosciante. Poi,
nel corso della notte il cielo si rasserena, tanto che al mattino i brillanti raggi solari invadono con forte luminosità l’intera vallata. Questo è il
paese di Bernadette Soubirous, la
fanciulla a cui apparve la Madonna
sopra i rovi di una grotta, centocinquanta anni or sono. Il territorio a quel
tempo era ben diverso da quello attuale: allora era un villaggio di povera gente, posto fuori dalle principali
vie di comunicazione, ben diversamente da come lo vediamo ora. Ma
qui apparve la “Bianca Signora”, il cui
miracolo maggiore è stato quello di
portare qui tanti cuori inariditi e di
averli mutati; qui hanno imparato a
pregare volgendo gli occhi al cielo.
In quest’ottica di forte espressione religiosa i nostri due “Autori” hanno voluto lasciare una loro personale testimonianza artistica sul muro del Salus Infirmorum. La lettura di tali interventi, andando da destra a sinistra
— per chi guarda - lungo la terrazza, è la seguente.
Oltrepassando la porta di vetro a lato degli ascensori ed uscendo all’esterno, incontriamo per primo il “Logo” dell’Unitalsi (opera del pittore
Giorgio Rocca). Si tratta di una immagine policroma di grandi dimensioni: indicando in tal
modo la proprietà del
fabbricato, si evidenziano le finalità di questa
istituzione, volta al trasporto dei malati verso i
luoghi di preghiera mariani.
A seguire, una grande
immagine dipinta della
Vergine di Lourdes
(opera di Giorgio Rocca). La sua bianca figura si stacca dallo scuro
fondale della grotta, attorno al quale spuntano
numerosi fiori sbocciati
nel momento dell’apparizione. Essa sembra
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volgere lo sguardo verso la vera grotta che in linea d’aria è assai vicina,
mentre quasi ai suoi piedi uno striscione a mezzaluna ripete la definizione con cui la Vergine si presentò
a Bernadette: “Io sono l’Immacolata Concezione”.
Proseguendo, incontriamo un grande Orologio Solare (opera di Giovanni
Paltrinieri).
Lo Gnomone (cioè l’asta metallica
che produce l’ombra sul quadrante dipinto in parete), ha una lunghezza di
mm 550. Esso è collocato obliquamente per posizionarsi esattamente
in linea con l’Asse Terrestre, tanto che
idealmente infiggendosi nel muro e
proseguendo la sua corsa all’infinito,
centra la Stella Polare. Fissandosi in
parete, lo gnomone si colloca al centro di un grande Sole, affiancato dalla Luna, e da qui si dipartono le Linee Orarie che gestiscono la misura
del Tempo sul Quadrante grazie all’ombra dell’Asta. L’ombra quindi nel
corso del giorno indica l’Ora
del Luogo, cioè il Tempo indicato dal Sole che sino ad
un secolo fa era l’unico a cui
tutti si riferivano.
Poi, quando alla fine dell’Ottocento si stabilì la regola dei
Fusi Orari di carattere internazionale, il “Tempo Solare”
lasciò il posto a quello “Civile”, successivamente modificato con l’ulteriore variazione dell’Ora Legale. Ne deriva, che quando l’ombra indica le ore 12 precise, è effettivamente Mezzogiorno per
questo luogo, l’arco di tempo
che intercorre tra Alba e Tramonto è esattamente tagliato a metà, ed il Sole in quel
momento è posizionato rispetto all’osservatore in precisa direzione Sud. A causa
del sistema dei Fusi, dell’Ora Legale, della Longitudine
Locale, e di altri fattori astronomici, l’Ora dell’Orologio
Solare non coincide però con
l’Ora Civile: il divario inoltre,
non è costante ma varia di
giorno in giorno, sebbene si
ripeta ogni anno allo stesso
modo.
Per consentire di conoscere
l’ora corrente in Tempo Civile attraverso l’ombra del Sole, dopo aver letto l’Ora sull’Orologio Solare, dovremo
aggiungere l’ammontare dei
minuti indicati in una apposita Tabella dipinta a lato, entro un grande ovale (seconda opera di Giovanni Paltrinieri).
Così ad esempio, supponendo che l’Orologio Solare a
metà di Giugno indichi le ore
12, seguendo il grafico dovremo aggiungere 1h Om, alla quale ne aggiungeremo
un’altra trattandosi di un pe-
riodo in cui vige l’Ora Estiva
(normalmente indicata come
Ora Legale). La effettiva lunghezza dello gnomone si
conclude con una sfera, la
quale ha una particolare funzione.
La sua ombra sul quadrante,
in considerazione alla diversa altezza che assume il Sole nel corso dell’anno, determina il fattore calendariale
dello strumento. Infatti, al 21
giugno (giorno più lungo dell’anno), la sfera descrive nel
corso delle ore la curva in
basso che costeggia le ore
12, 1, 2, 3, 4, indicandoci che
quello è il Solstizio Estivo
(Segno del Cancro). Infatti in
quel giorno il Sole assume la
sua massima altezza sull’orizzonte, e quindi l’ombra dello gnomone è la più lunga
possibile nel corso dell’anno.
Dopo tale data, il percorso
tracciato dalla sfera si accorcia ogni giorno, e la curva che
descrive è sempre meno arcuata, sino a tracciare nel corso delle varie ore una retta.
Tale andamento avviene il primo giorno di Autunno: la durata del giorno è identica a
quella della notte (Segno della Bilancia: Equinozio Autunnale, 23 settembre).
Poi l’ombra, accorciandosi
sempre più, descrive una curva in senso opposto, che trova la sua minima estensione
al Solstizio d’Inverno: 21 dicembre, il giorno più corto
dell’anno.
Dopo tale data le giornate cominciano ad allungarsi, e così il 21 marzo il tracciato corrisponde di nuovo all’Equinozio (questa volta Primaverile),
coincidente sempre con la
retta autunnale sopra-descrit18
ste” superiore, identificata con la forma sferica della cornice.
Oltretutto, nel punto in cui lo gnomone si infigge in parete, e da esso
si generano le linee orarie, è posto
un Sole a cui si sovrappone la Luna,
a motivo del “Motto” dipinto entro il
grande ovale presente a lato dell’Orologio che recita:
“bella tu sei qual sole
bianca più della luna”
Le opere realizzate sulla parete di
questo elevato balcone, realizzate nel
2009, intendono suggellare la conclusione del Centocinquantesimo delle apparizioni. L’ovale attiguo, porta
infatti la doppia data: 1858 — 2008.
ta. E così di seguito, sei mesi l’ombra si accorcia, ed altri sei si allunga, all’infinito. Abbiamo dunque visto
che l’ombra dello Gnomone non serve solo per indicare l’ora, ma sebbene con una certa approssimazione, anche una indicazione calendariale, ed è quindi possibile con uno
strumento solare indicare un certo
giorno dell’anno corrispondente ad
un particolare avvenimento.
Anche l’Orologio Solare del Salus Infirmorum sfrutta questa possibilità, ed
infatti sul quadrante troviamo annotata una data in corrispondenza di
una curva che attraversa l’intero strumento: 11 febbraio. Tale data corrisponde al giorno della prima apparizione della Madonna di Lourdes, ed
è stata scelta per celebrare la sua ricorrenza. Per sottolineare questo fatto, l’Orologio Solare mostra il trac-
ciato che descrive in tale data la sfera dello gnomone, sottolineando
quindi in modo chiaro tale avvenimento. E proprio per dar maggior risalto all’effetto simbologico e mistico
di questo giorno, al quadrante è stata data la forma che vediamo: sotto
la curva dell’11 febbraio l’intera incorniciatura è di forma squadrata per
sottolineare la dimensione “Terrestre”, in opposizione a quella “Cele19
*Giovanni Paltrinieri
meridiane - orologi solari – gnomonica
Le opere firmate da Giovanni Paltrinieri, gnomonista in Bologna.
www.lineameridiana.com
**Giorgio Rocca
l’Arte a Bologna
www.roccagiorgio.it
VIVERE PER GLI ALTRI
Don Alberto Mazzanti *
Oltre... la terra ferma
Bom dia a tutti da Macapa, capitale dell’Amapa, estremo nord del
Brasile, dove, in qualità di prete bolognese Fidei Donum associato al Pime (Pontificio Istituto Missionario per
l’Estero) e a disposizione della diocesi locale, mi trovo ormai da tre mesi. Non è poco e neppure molto, secondo i tempi e i ritmi di qua.
Posso considerarmi ancora dentro il
tempo di ambientamento e formazione e quindi non ho un incarico pastorale definito, fisso. Cioè: non ho
ancora una “mia parrocchia”, o un
luogo stabile di vita e lavoro, ma tutt’ora mi dispongo ad aiutare qui e là,
secondo le necessità contingenti e
più urgenti dei padri del Pime e della diocesi.
Una opportunità in più per studiare,
visitare e conoscere luoghi e realtà
differenti di questa regione amazzonica. Questi sono luoghi di storia e
cultura peculiare, tanto è vero che il
Pime desidera che io rafforzi la mia
preparazione frequentando in agosto
un corso specifico, a Belem o in altra città amazzonica qui.... vicino (si
fa per dire). Regione variegata questa fetta di Amazzonia , che non corrisponde propriamente a quella che
il nostro immaginario collettivo ci suggerisce, per ispirazione di molti films
all’Indiana Jones.
Ci sono sì fiumi e foreste. Ma anche
e soprattutto brulle distese di fazendas e (poche) cittadine moderne. La
romboidale pianura di Amapa è posta esattamente sull’equatore, è il
lembo più estremo del nord Brasile e
quello più orientale dell’Amazzonia,
ovvero: ospita il delta del Rio Amazzoni. Molte strade di terra battuta ma
anche qualche arteria asfaltata. Gli
Indios e le loro riserve stanno all’estremo nord dello Stato, che ancora
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non ho potuto visitare. Un padre del
Pime lavora nella pastorale degli indios da più di trenta anni. Ma la maggior parte della popolazione è cabocla (con sangue indigeno) e di discendenza nordestina (soprattutto
del Maranhào), dato che l’Amazzonia si è popolata grazie a forti spinte immigratorie, di gente di fuori alla
ricerca di terra, oro, legno.
Ma è chiaro che a forza di “grattare”
senza riporre ciò che si è preso, la
terra ne ha risentito negativamente,
a volte “morendo” Anch’io ho avuto
l’occasione di vedere la tristezza delle queimadas, ovvero delle superfici
forestali completamente e abusivamente bruciate per sfruttarle a coltivo di monoculture predatorie (eucaliptus, pini...).
Di oro un po’ se ne trova, nei garimpos, ovvero le impervie zone di estrazione. Ma quanto lavoro schiavo an-
cora c’è qui, nelle fazendas e nei garimpos. Il vicino e grande stato del
Parà detiene il triste primato di schiavi, cioè: gente costretta a lavorare
quasi gratis, senza potersi liberare
dai debiti contratti al momento stesso dell’assunzione capestro (ti abbiamo pagato il viaggio di andata...
ridacci i soldi) e senza poter fuggire.
Tanto, chi controlla, chi difende?...
E chi denuncia e difende, viene ammazzato. Vedi suor Dorothy Stang,
trucidata nel 2006 da un pistoleiro.
A Pasqua sono stato ad aiutare in una
parrocchia di estensioni enormi, terra di fazendas e assentamentos (accampamenti di gente in cerca di terra da coltivare).
Ma per causa di molta pioggia non è
stato possibile girare attraverso strade fangose e con crateri da far invidia a Marte. E dei temuti serpenti...
ne ho visto solo uno, lo sprovveduto
del gruppo, già spiaccicato in mezzo
la strada, sotto il peso di qualche Toyota 4 x 4.
Eh, qui l’acqua è proprio abbondante, sia quella che cade dal cielo sia
quella che corre nei fiumi. In Amapa
fino ad ora tutto sta nella normalità
pluviometrica, ma nel vicino Parà e
nel nordestino Piauí e Maranhào i
senza casa per alluvioni sono numerosi, in questi ultimi giorni. Maggio e giugno corrispondono al nostro
inverno, mesi particolarmente piovosi... tra i dodici mesi piovosi dell’anno equatoriale.... E’ bene ricordare
che la stragrande maggioranza del-
la popolazione vive in città, dove si
concentrano un’alta percentuale di
funzionari pubblici e quella più numerosa di miserabili che vivono in palafitte delle depressioni piene di acqua, le baixadas.
E’ presumibile che la mia collaborazione missionaria si svolgerà nella
pastorale urbana, dove le necessità
paiono più preoccupanti e urgenti, secondo l’opinione corrente della diocesi. Nell’attesa di “gettare le reti”,
ho avuto occasione di accompagnare per qualche giorno il lavoro pastorale tra il povo riberinho, ovvero
la popolazione che vive lungo i fiumi, in piccole comunità raggiungibile
solo di barca e con gente esperta (è
facile incagliarsi).
C’è una parrocchia, Nossa Senhora
dos Navegantes, che è formata
esclusivamente da quasi cento di
queste comunità, sparse in raggio di
diversi km quadrati di fiumi e fiumiciattoli, gli igarapé: un vero labirinto
di acqua. Il parroco, padre Valentino,
del Pime, mediamente naviga per più
di duecento giorni all’anno, visitando
le piccole comunità e facendo il suo
lavoro pastorale.
La barca è la sua casa parrocchiale.
L’amaca (rede), il suo letto. La bimba della foto abita nella comunità di
santo Andrei, nell’igarapé di Fàbrica.
La piccola chiesa, le case (isolate),
tutto è di legno. Il fiume con le sue
basse e alte maree dona ancora buon
pesce (ma allarme: sta diminuendo!).
Il paesaggio molto bello, la foresta
intorno impenetrabile e generosa.
Tra le attuali ricchezze naturali,
è di spicco Vagai, una palma
che dà frutti
ben pagati, perché la polpa è
molto buona da
mangiare e nutritiva e piace
anche al sud,
21
nella metropoli di San Paolo: quindi
è diventato un buon negotio (affare
commerciale) ; è ottima anche per
fare cosmetici, etc.. Di più: dai rametti si estrae altro alimento delizioso: il palmito. Tutti qui raccolgono e
mangiano l’agai na tigela, con zucchero e farina di mandioca...
Mi piace molto l’acai, ma senza zucchero e senza farina, por favor... solito italiano!
Gente di varia provenienza forma il
popolo dei fiumi, buona e semplice,
povera ma mai misera, accogliente
e tranquilla, almeno quella che ho conosciuto. Che per necessità e virtù
si adatta ai ritmi naturali e quindi ha
tempo e voglia di conversare e di riunirsi, di fare... un bagno.
E di fuggire..., se necessario.
Mi riferisco a una sorridente ragazza, che all’ultima notte del corso biblico è letteralmente scappata (di canoa e remo) col fidanzato segreto,
ufficializzando così il loro fidanzamento. Queste sono le prime impressioni sul popolo dei fiumi, sapendo bene che Tv e novela sono
arrivate anche là, grazie ai generatori elettrici.
E che la sirena di alcune modernità
urbane incanta molto, e che in fondo... l’umanità è sempre la stessa,
ovunque....
Al ritorno, ho fatto conoscenza diretta della qui chiamata maresia, ovvero del grande fiume mentre è ben
agitato, con onde e pioggia, per quasi tre ore.
Lo stomaco ha retto bene sul barco
dom Joào, nome in omaggio al defunto vescovo.
Ma l’effetto diuretico è garantito. Siamo quindi approdati sani e salvi nel
porticciolo di Fortaleza, in Santana,
a 22 km da Macapa, e nell’orecchio
mi sono portato a casa la melodia
del canto - programma di questi giorni: .. “..è tempo di ser Igreja...”. Um
abrago!
*d.Alberto Mazzanti.
padrealbertomazz©ig.com.br
LA PAGINA DEI GIOVANI
Angelo Torelli
Lacrime di gioia
Pellegrinaggio Nazionale Giovani a Siracusa
Quando avevano annunciato una
meta insolita e ambiziosa come Siracusa, in tanti avevamo pensato alle difficoltà che questa scelta avrebbe comportato; invece, come spesso
accade, gli ostacoli hanno il merito
di stimolare energie diverse.
Così è stato per tanti aspetti, a partire dalla nutrita “prima volta” dei ferraresi e degli extracomunitari di
S.Marino, passando per le conferme
dei fantastici romagnoli e degli emiliani che contavano anche sulla presenza allegra e vivace dei propri madrelinguisti calabresi.
Alla fine ne è venuta una partecipazione numericamente uguale a quella di Loreto ed Assisi degli anni scorsi (questo è il terzo pellegrinaggio nazionale dei giovani), ma la novità di
una Emilia Romagna che si è spostata tutta insieme ha consentito di
formare un bel gruppo unito sia nel
servizio che nello svago; un aspetto,
questo, che ha dato un sapore ancora più coinvolgente al viaggio e che
sarà da tenere presente per i progetti
futuri.
Quella che sarà l’unica difficoltà ce
la dicono appena usciti dall’aeroporto: “Qui siamo al sud e sulla accessibilità
delle strutture abbiamo ancora molto da fare, a cominciare dai pullman che non hanno gli elevatori per le carrozzine.” Ma l’u-
nica conseguenza di questo piccolo
disagio saranno i lividi sui gomiti degli amici disabili che sbattevano ovunque nelle tante salite e discese dai
mezzi.
Anche una frettolosa guida turistica
ci prova il giorno dopo: “Ci dispiace, ma
chi ha difficoltà motorie non può scendere
nelle catacombe perché la scala è pericolosa.” Ha ha ha! Il ghigno di Billo è più
eloquente di qualunque risposta: “Voi
non conoscete l’Unitalsi” dice quel sorri-
so di traverso mentre la prima carrozzina è già a metà scala. Lo stesso sorriso compare beffardo anche su
altre facce, mentre la solita guida ci
dice che lì sotto è vietato fotografare: ormai è guerra aperta.
Quando riemergiamo ci accorgiamo
che la stupefacente mole del Santuario “Madonna delle lacrime”, che
già ci aveva meravigliato nella notte
dell’arrivo, domina la città da ogni
punto di vista, ma lo fa con la quiete elegante, potente e rispettosa che
Maria ci ha insegnato nel Vangelo e
a Lourdes. Davvero affascinante que24
sta struttura che, pure enorme, riesce
ad essere accogliente come una tenda che Dio ha posato sulla terra, dimora stabile, luminosa e compassionevole.
Sarà questo Santuario il piatto forte
delle giornate siciliane, un centro colorato dai tanti significativi segni che
il coordinamento nazionale ha saputo distribuire: la terra di ogni regione
che viene unita nell’unico sacco e arricchita col sale, la testimone oculare della lacrimazione di quell’umile
icona da cui tutto è cominciato, le
proiezioni che raccontano il cammi-
no e i cammini che ci hanno portato
lì. Poi la fiaccolata notturna per le
strade cittadine che coi suoi mille e
mille cuori viventi cuce trame che
vanno dal mare alla terra, da antichi
palazzi pagani alla testimonianza di
quel Paolo che, passando anche da
qui, ha reso vive le comunità dell’Asia e dell’occidente.
E ancora la festa colorata di tarantelle, di pasta di mandorle e di leggere mongolfiere che salgono nel
buio come prodigiose meduse luminose.
L’ultimo giorno arriva troppo presto e
ci trova in riva al mare, attorno ad un
altare che è una barca e sotto ad una
croce che è un pennone dal quale
spiegare le vele; vero porto dal quale prendere il largo, come fanno let-
teralmente il Vescovo e i rappresentanti delle regioni, saliti a bordo di un
battello per uno scoppiettante saluto
finale.
Se del piatto centrale abbiamo già
detto, il contorno sono stati i segni
grandiosi lasciati dai greci e dai romani e i lustrini lasciati dai politici del
G8 appena concluso, mentre il condimento, ricco, gustoso e abbondante, è stata quella fraternità di ogni attimo che rende commossi e felici di
appartenere all’associazione.
Ancora lacrime agli ultimi saluti in aeroporto, lacrime da occhi che ridono
e che dicono di giorni belli già finiti
ma anche della voglia forte di continuare a scrivere quella stessa storia
che è passata da Siracusa.
25
Marco Piolanti
20 anni consecutivi di “Treno della Grazia”
Quello che è partito il 18 giugno scorso con destinazione Loreto, è stato
il 20° Treno della Grazia consecutivo. Quando nel 1990 ripartì, dopo una
breve esperienza — poi sospesa all’inizio degli anni ‘70, fu una “scom-
de. Perché di servizio si tratta, particolarmente alle “membra più deboli”
che, ricorda S. Paolo; sono le più necessarie. I bambini e i ragazzi sono
stati e restano i protagonisti principali del Treno della Grazia, e fra loro, l’attenzione speciale è rivolta ai
bimbi e ragazzi diversabili. In questi
messa” vinta. Far collaborare associazioni diverse: Unitalsi, ACR (Azione Cattolica Ragazzi), CRF (Centro
Regionale Famiglie), era già impegnativo; a volte, infatti, è faticoso collaborare all’interno di una stessa associazione!...
Ma evidentemente questo pellegrinaggio-campo scuola era cosa gradita al Signore e la sua guida aiutò
ed aiuta a superare personalismi, rinunce, ostacoli e mette nel solco del
più autentico servizio in spirito di fe-
20 anni ne abbiamo incontrati tanti: i
loro sorrisi, le preghiere, le testimonianze, e i silenzi non vuoti negli
sguardi vivi di alcuni di loro, sono stati la garanzia di aver preso una strada giusta.
Nei gruppi, nel canto, nella lode, nel
gioco... in Basilica, in piazza, sotto i
portici, al parco o al mare... le differenze sono state smussate; molte
barriere “mentali”, più ingombranti talvolta di quelle architettoniche, pur ingiuste, sono state attenuate. Lo ab-
...”per fare un uomo ci vogliono 20 anni”cantava una vecchia canzone...
26
biamo sperimentato nella spontaneità dei bimbi e dei ragazzi, uniti e “confusi” in un’unica festa; lo vediamo nel
crescente desiderio d’adolescenti di
“mettersi in gioco” in un’età e in un
contesto spesso non facili per loro; è
presente nella fedeltà di educatori e
personale (sorelle e barellieri) che
con passione svolgono i
rispettivi preziosi servizi.
Il “quadro” poi si arricchisce delle presenze dei
medici, religiose, Sacerdoti assistenti, Vescovi
sia della nostra regione
sia coloro che in questi
anni sono stati Pastori
nella diocesi lauretana.
Le tante famiglie che vi
prendono parte, specialmente quelle provate dalla sofferenza, hanno trovato sostegno e conforto: nella Santa Casa la
presenza amorevole e
consolante della Mamma
celeste è dono per tutti.
Ecco perché il Treno della Grazia è rimasto fedele al nome impegnativo
che si è dato: non confida solo sui doni (...e le
miserie) dei figli pur generosi che lo hanno reso
possibile, ma invoca, dal Dio di ogni
dono, l’aiuto che mai viene meno.
Grazie per questi suoi primi vent’anni e lunga vita a chi ancora “scommette” sull’Amore.
Vi aspettiamo
il prossimo anno
per una nuova “avventura”,
perché la grazia è infinita.
RACCONTO
Sabrina Immovilli
Il valore di un sorriso
Quella notte la terra ha tremato
ed ha portato alla ribalta la sua potenza distruttrice travolgendo nel suo
impeto fra le macerie sogni, speranze, vite. Quella stessa natura capace di stupirci allo sbocciare di un fiore a primavera, farci sorridere davanti
al miracolo della nascita, innamorare al rosso di un tramonto, ci ha sconvolto.
Immobili davanti a quelle immagini
trasmesse in tv ci siamo sentiti impotenti. Troppe le lacrime da trattenere e grande il desiderio di unire le
nostre mani a quelle mani che scavavano senza sosta, che avevano
un’unica speranza di trovare persone da salvare e non corpi da tumulare.
Emozioni forti, difficili da controllare.
In un attimo ho compreso che il mio
posto non poteva essere quello della semplice spettatrice ma doveva essere parte in mezzo a loro per condividere tra freddo, pioggia e fango
le lacrime e la disperazione. Ho compreso che il modello da me faticosamente perseguito per tutta la vita doveva portarmi a scelte forti. Quel Ge-
sù che è morto anche per me non
poteva lasciarmi indifferente.
Il 17 di aprile finalmente mi sono trovata insieme ad altri 8 volontari alla
volta di L’Aquila. Beatrice, Candido,
Laura, Dante, Beppe, Martina, Arnaldo e Dante sarebbero stati per me
non soltanto compagni di viaggio, ma
di servizio nell’amore e nella condivisione. Non voglio però raccontare
la cronaca di una settimana tremenda e meravigliosa al contempo, che
farà per sempre parte del mio vissuto.
Voglio raccontare emozioni, sensazioni, quanto mi resta nel cuore di
questi pochi giorni di servizio al prossimo. Voglio capire cosa raccontare
ai miei ragazzi a scuola essendo docente di Religione Cattolica in un istituto tecnico superiore, oltre ovviamente a quanto visto, sentito, incontrato, provato, vissuto. Cosa è meglio trasmettere a chi pensa che fare volontariato serva solo a persone
che non hanno di meglio da fare nella vita?
Parlerò del valore di un sorriso perché non è facile sorridere quando ti
27
trovi all’interno di un campo sportivo,
Piazza d’Armi, non più teatro di giochi, competizioni, allegria, ma coperto di tende blu, tutte uguali, del Ministero degli Interni. Qui pioggia, fango e lacrime condividono lo spazio
di quanti fino a pochi giorni prima vivevano nella splendida città ora ferita, sofferente, apparentemente morta.
Eravamo chiamati non solo al servizio, ma a portare un po’ di luce dove nemmeno il sole aveva il coraggio di mostrarsi e brillare. Sentivo le
lacrime premere con prepotenza dal
fondo del cuore per sgorgare tra le
palpebre e confondersi con la pioggia incessante. Eravamo tra loro, ma
non potevamo capire fino in fondo la
loro disperazione. Dormivamo al freddo, spesso senza posto in tenda, all’interno dei gelidi furgoni, ma sapevamo che era temporanea la situazione.
A casa avremmo ritrovato le comode
e dolci comodità che loro avevano visto crollare. Chi aveva perso tutto come poteva sorridere? Dove trovava
la forza per farlo? Eppure nonostante la disperazione i loro occhi ci accarezzavano dolcemente. Facevamo
il possibile per sollevarli dalla loro tremenda situazione, eravamo una goccia nell’oceano eppure ci sorridevano.
Amata gente d’Abruzzo come posso
non ricordare la forza, la dignità,
quanto mi hai pur da terra martoriata insegnato? Albina, dolce, esile, impalpabile anziana sprofondata quella notte nella più tetra disperazione.
Incontrarti è stato difficile.
Chiusa nel tuo sordo dolore facevi
scorrere nelle vene il terrore nel vedere la tua casa crollare. Una piccola borsa marrone senza più tracolla
conteneva quanto rimasto di una lun-
ga vita. Da quella notte, trascinata
sotto quella grigia tenda non avevi più
abbandonato la branda.
Uno stratagemma, piccole bugie, la
complicità di tua figlia, il nostro amore ci hanno consentito di farti uscire
allo scoperto su quella carrozzina come una foglia in un vento impetuoso.
Il sole quella mattina brillava e il Gran
Sasso era imponente e splendente.
I tuoi occhi però restavano chini a
guardare il tuo sordo dolore. Pian piano io e Laura ti abbiamo strappato
uno sguardo, una parola, un sorriso.
Sarà impossibile scordare quella luce che ti ha illuminata anche solo per
pochi istanti.
Caro Bruno, quella tua barba così
lunga e bianca e quel cappello dal
quale non ti separavi mai mi ricorderanno la tua fierezza. Il tuo sorriso caldo e rassicurante mi ha aperto la porta dei tuoi ricordi.
Con quanto amore mi hai descritto il
tuo lavoro di scultore durato un’esistenza intera e andato perduto sotto
le macerie in 20 terribile secondi. Con
quanta determinazione pensi ad una
prossima opera. Guardi al futuro.
Eleonora, dolce, sensibile, premurosa dodicenne mi hai regalato la tua
forza. Il terremoto ti ha tolto la casa,
ridotta in macerie, ma non la voglia
di sorridere, correre, giocare.
Ci hai accompagnato nel nostro servizio di mensa all’interno del campo.
Ti sei messa a disposizione per imparare, per non sentirti inutile. Piccoli e brevi ricordi di momenti indimenticabili.
Un signore, l’ultimo giorno nella tendopoli, ha risposto al mio sorriso di
saluto con un abbraccio.
Non ti conoscevo, mi hai sussurrato
un semplice: grazie, senza di voi noi
non saremmo qui.
Ripenso quasi tutti i giorni al viaggio
d’andata. Su quell’autostrada non sapevo bene a cosa sarei andata incontro ma non vedevo l’ora di arri-
vare. Viaggiavo nel furgone solo con
Candido che non conoscevo affatto.
Ad ogni parola che usciva dalla sua
bocca percepivo amore e trasporto
mentre si accingeva a tornare al campo. All’andata non potevo comprendere del tutto le sue emozioni, ora
frati ho potuto simbolicamente riabbracciare il mio Padre spirituale, Padre Costanzo, cappuccino da me conosciuto 22anni fa e deceduto lo
scorso anno.
Nel cimitero monumentale ho sentito quella sua paterna presenza e in
sono diventate parte di me.
Ho lasciato per ultima Beatrice, due
parti dello stesso universo. Il sole e
la luna si sono incontrati in un freddo campo sportivo sferzato dal freddo pungente e dalla pioggia incessante.
Ho condiviso con lei quasi ogni istante della settimana.
Le notti gelate accucciate a dormire
nel furgone in mancanza delle brandine sotto le tende.
Gli abiti inzuppati d’acqua e fango ci
erano compagni nel sacco a pelo incapace di scaldarci.
L’acqua che pioveva sulle brandine
mentre cercavamo di ripararci nel
sacco a pelo sempre più celato dalle coperte impilate per il freddo. Beatrice col suo timido sorriso, i suoi dolci occhi neri che hanno versato lacrime di commozione quanto le lacrime che cadevano dal cielo sempre più cupo.
Mi ha insegnato tantissimo. Grazie ai
quel momento non mi sono sentita
sola pur se in lacrime.
Due mie compagne e volontarie mi
sono state discretamente vicine e mi
hanno regalato un incontro che sognavo da anni di fede e condivisione.
Il caldo e rassicurante sorriso dei giovani frati provenienti dalla Sardegna
ha accompagnato le nostre giornate,
ci ha donato quel conforto che ha
elevato i nostri spiriti, provati dalla
stanchezza e dagli agenti atmosferici.
Hanno creato con la loro fede quello spirito che ci ha maggiormente coesi nei momenti di preghiera.
Ci hanno fatto sentire nel cuore quello Spirito che prepotentemente voleva abitare in noi, nel campo, per farci capire che nonostante la morte e
la distruzione adesso eravamo in
cammino verso la rinascita.
Lo Spirito Santo è stato nostro compagno di viaggio.
28
CERIMONIE
Pier Franco Santandrea
19 aprile 2009: benedizione nuovo pulmino
Eccellenza, carissimi Roberto Visani, Vice sindaco di Imola, Italo Frizzoni, Presidente regionale Unitalsi
Emiliano-Romagnola, ma soprattutto
dott. Alessandro Zavatti, titolare della “Farmacia ai Cappuccini” di Imola
e non ultimi consiglieri, soci,volontari e amici della Sottosezione di Imola il più cordiale saluto e ringraziamento per aver accolto l’invito a presenziare a questo eccezionale avvenimento per la vita della attività di solidarietà verso le persone in difficoltà che l’Unitalsi imolese da anni svolge nel nostro territorio. E’ la quinta
volta che la sottosezione di Imola celebra un simile avvenimento, che è
frutto ed attenzione di tante persone
generose che hanno compreso il va-
lore di quanto cerchiamo di fare verso il prossimo in difficoltà e che hanno voluto contribuire intervenendo
fattivamente, collaborando anche
economicamente, alla prosecuzione
e miglioramento di una originale forma di fraternità che è basata sulla
gratuità sotto ogni profilo: -il mettersi a disposizione per mettere in moto la catena di solidarietà con il proprio impegno personale; -l’offrire l’aiuto a chi è in difficoltà senza gravare
sulle scarse o nulle risorse economiche di chi è costretto a stendere la
mano e chiedere la carità; -saper cogliere e, nel limite del possibile affrontare e risolvere, le problematiche
che si presentano dimostrando nei
fatti che ciò che viene fatto è basa-
29
to sul principio cristiano di “fare agli
altri ciò che vorremmo fosse fatto a
noi”. Posso affermare, come testimone diretto, che gli imolesi, e non
solo loro, hanno conosciuto, apprezzato e condiviso questo nostro impegno e lo hanno sostenuto, lo sostengono e se ne fanno anche carico. Oggi si compie un altro passo nel
miglioramento del servizio con un
nuovo automezzo che ha una storia
che viene da lontano ed è frutto di
un atto di carità che si completa con
questo oggi. Ho vissuto personalmente quanto sto per ricordare, perché è iniziato quando nel lontano
1956 sono entrato a far parte, come
barelliere, dell’Unitalsi imolese. Sotto la presidenza di mons. Carlo Fer-
ri, vi era un gruppo di dame, oggi
chiamate sorelle di carità, che mettevano in pratica ciò che l’azione del
presidente seminava nelle realtà parrocchiali della nostra Diocesi: la presenza del presidente-pastore che tramite i parroci riusciva ad entrare in
contatto con i malati delle nostre realtà e stimolava la partecipazione alle
varie iniziative con particolare riguardo ai pellegrinaggi.
Dopo questo avvio di dialogo, entravano in campo le nostre “dame”: la
segretaria Tina Menzolini Bertozzi, la
contessa Piermattei, Lora Palmonari, la signora Taroni, la signora Berti
Ceroni, e, non ultima, la dottoressa
Giovanna Flamigni Zavatti, farmacista. Voglio spendere un momento nel
sottolineare ciò che, nel silenzio e
nella discrezione, la signora Giovanna faceva: quando si accorgeva che
qualche persona era in difficoltà economica e di conseguenza non poteva sostenere il costo della partecipazione ad una qualche iniziativa, arrivava una misteriosa offerta che ne
copriva l’importo.
Quante volte Giovanna era, assieme
alle altre “dame”, la nostra cassaforte da cui trarre il necessario per aiutare i nostri poveri. Nessuno conosce quanto abbiano profuso per opere di bene, ma il loro seme sparso
dà ancor oggi copiosi frutti.
Oggi ne vediamo un fulgido esempio, che è la continuazione di un cammino scaturito all’interno di una famiglia, la famiglia Zavatti, che prosegue da madre in figlio e rende manifesto il valore di un percorso fatto
di attenzione e di condivisione delle
difficoltà di chi anche oggi non riesce
a vivere in modo decente le proprie
necessità.
E’ mio dovere ricordare come la signora Giovanna sia stata l’iniziatrice
occulta del servizio di trasporto gratuito disabili soli nella nostra realtà.
Ne parlammo nel corso di un incontro di segreteria e poco tempo dopo
il qui presente dott. Alessandro mi
avvicinò e chiese delucidazioni in merito alla possibilità di utilizzo di un pulmino per svolgere il servizio a favore dei disabili.
L’iniziativa si concretizzò in breve con
la donazione del nostro primo pulmino da parte del Lyons Club Valsanterno del quale era presidente. Ancora una volta la famiglia Zavatti si
dimostra mecenate nei nostri riguardi, ma soprattutto attenta a cogliere
i bisogni del nostro territorio ed a farsi carico della loro soluzione, mettendo mano anche al portafoglio.
Occorre infine sottolineare la delicatezza e lo spirito che è alla base di
questa donazione: prima di tutto il
non voler sbandierare che si sono
messi a disposizione dei soldi, eliminando la dicitura “dono di”, che indica la delicatezza del gesto; in secondo luogo lo spirito, veramente cristiano, che è alla base di questa iniziativa: il ricordo di una mamma, la
signora Giovanna, che è di una persona viva, presente oggi in mezzo a
noi con il suo spirito, e non la memoria di un defunto. A nome dell’Unitalsi imolese, dei nostri amici in difficoltà che potranno muoversi con
maggiore facilità e comodità per soddisfare le proprie esigenze, dell’intera comunità imolese che troverà ancor più presente la
mano amica della
nostra associazione, per essere
buoni samaritani
che, pur con i propri limiti e manchevolezze, si fanno
carico di portare
sollievo a coloro
cui la vita chiede
sacrifici al limite
della sopportazione, ma che vengono ricambiati da
chi li riceve con gesti anche piccoli,
30
ma pieni di gratitudine, gioia e ammirazione, un grazie immenso, a lettere maiuscole. Carissimo Alessandro e con lei la sua Famiglia e la sua
Farmacia, che oggi completa la sua
missione, di sollievo alla salute, in
opera di solidarietà e di attenzione
concreta e condivisa verso chi si trova in difficoltà nella salute e nella vita, un vero grazie immenso, del quale conserverò, nel cuore, le confidenze che ci siamo scambiati nel corso del cammino organizzativo di questo stupendo evento e che fanno onore sia alle splendide motivazioni che
l’hanno fatto scaturire che alla evidente manifestazione di apprezzamento e condivisione di quanto l’Unitalsi imolese cerca di fare verso i
poveri e bisognosi della nostra città.
Grazie di cuore a nome dell’intera nostra associazione non solo a livello
locale, ma nazionale ed un abbraccio fraterno, al quale desidero accomunare la sua grande mamma Giovanna. Che il Signore, padre della vita, la benedica e la ricompensi per
questo gesto, con l’augurio di poterla vedere presto, come farmacista,
nella nostra Casa Lourdiana “il Salus” a curare la farmacia dei nostri
ambulatori situati in quella struttura
di accoglienza dei nostri ammalati.
Arrivederci a Lourdes.
L’ANGOLO DEL M EDICO
Danio Romagnoli *
Direttive
Il giorno 21 marzo u.s. si è svolto, come ogni anno, l’incontro regionale dei medici unitalsiani della Sezione Emiliano Romagnola e come
ogni anno, non vorrei essere ripetitivo, il numero dei presenti era veramente esiguo, una decina circa. Evidentemente non è facile per tutti capire che essere medici unitalsiani non
no. La responsabile sanitaria di Sezione ha chiaramente informato di
quanto sia minuzioso e, aggiungo,
gravoso, il ruolo che deve svolgere
durante l’anno, incontri a livello nazionale dove vengono fornite linee
guida sui compiti e le responsabilità
civili e penali dei medici che partecipano ai pellegrinaggi e come la buo-
sumere un ruolo veramente significativo soltanto fondendosi con una
capillare organizzazione.
Ed ecco che, quindi, non ci trovano
affatto impreparati le direttive indicate dai responsabili nazionali in quanto da noi realizzate già da molti anni.
•La lettera che la Dr. Anna Romual-
significa dare la propria disponibilità
per una settimana all’anno, ma, nei
limiti del possibile, essere presenti alle necessità di Sottosezione o Sezione, partecipare ad una riunione
(una all’anno) che dà significative linee guida sul comportamento durante i pellegrinaggi e non, imparare
cosa distingue un medico unitalsia-
na riuscita dei nostri viaggi dipenda
da una organizzazione curata nei minimi particolari. Queste direttive, a livello nazionale, sono state evidenziate solo negli ultimi anni, ma per noi,
della Sezione Emiliano Romagnola,
non sono una novità, anzi, forse siamo stati un trampolino di lancio nel
far capire che il volontariato può as-
di invia a tutti i medici partecipanti ad
ogni pellegrinaggio, con particolare
mandato al responsabile.
•La riunione fatta in treno per una preliminare organizzazione dei servizi dal
primo all’ultimo giorno, durante i viaggi, all’arrivo, alla partenza, durante la
permanenza a Lourdes, sia in ambulatorio che alle varie funzioni.
31
•Il coordinamento sanitario assiduo
per puntualizzare, passo dopo passo, l’organizzazione assistenziale.
•La collaborazione con i volontari della C.R.I. da sempre positiva per l’intensa partecipazione professionale
ed umana.
•L’importanza di momenti di approfondimento spirituale mediante incontri quotidiani sostenuti dall’Assistente Ecclesiale durante i quali vengono, contemporaneamente, predisposti gli ordini di servizio del giorno
successivo, affrontate e chiarite problematiche quotidiane.
•Il rapporto di rispetto con il sistema
sanitario locale in funzione di una fattiva collaborazione.
•Garantire un primo soccorso sia in
ambulatorio che negli alberghi ma
successivamente affidarsi al sistema
nazionale francese.
•L’importanza della presenza di una
figura psicologica-psichiatrica per affrontare casi specifici.
A tutto questo si aggiunge la necessità di eseguire, da parte dei medici
di Sottosezione, uno schema riassuntivo della scheda sanitaria, riportante nome, cognome, patologia, terapia, diete particolari e altre esigenze in modo da rendere più agevole
e meno gravosa l’opera della Dr. Romualdi nel compilare la scheda generale (introdotta da noi da più di dieci anni) indispensabile per rendere
più rapida ed efficace l’assistenza ordinaria o d’urgenza da parte del medico e degli infermieri. Purtroppo,
nonostante i reiterati appelli fatti in
questa rubrica, solo poche Sottosezioni seguono questa normativa la cui
utilità è palese agli occhi di tutti. Chi
segue questa rubrica si sarà reso
conto che nulla di nuovo ci è stato
detto in sede nazionale, tutto questo
è nato spontaneamente già da anni
con successive e continue migliorie
dettate dalla volontà e dall’esperienza dei singoli medici. Pochi giorni fa
ha avuto luogo il terribile sisma del-
l’Aquila, tanto è stato detto ma, soprattutto, tanto è stato fatto e ancora una volta si è avuta una profonda
dimostrazione di dove può arrivare il
volontariato altamente organizzato.
Ed ora presento un contributo del Dr.
Testa da Fiorenzuola al quale ogni
commento sarebbe pleonastico.
“...Da che mondo è mondo, l’umanità di fronte al dolore, ha conosciuto
solo la disperazione o la rassegnazione. Oggi addirittura si giunge ad
ipotizzare l’eutanasia come estremo
rimedio. La compassione di Dio è invece accettazione se pur dolorante,
della croce, di tutte le croci, perché
quello che per noi è condanna, per
Lui si trasfigura fino a diventare valore, il più grande valore che l’uomo
sia in grado di esprimere. Ma il prodigio più grande, quello che rende
possibile questa trasfigurazione della croce, sta a monte. Il Vangelo della croce è prima Vangelo, buona notizia sul senso della storia dell’umanità, sul perché di ogni uomo e della sua vita. A questo livello non c’è
uomo o donna al mondo che non abbia bisogno di “compassione”. Se la
storia è solamente un girare a vuoto
senza un traguardo e senza una direzione, se l’uomo nasce e muore per
caso senza un “perché” allora veramente tutta l’esistenza è un assurdo.
La compassione di Dio pone invece
la storia umana sotto il segno della
speranza, perché non è che la maturazione, se pur lenta e misteriosa
del Regno di Dio che ha in Cristo il
suo principio ed il suo compimento.
Ed è nell’atto stesso di “compatire”
con gli uomini che Dio comunica loro l’energia promotrice di questa maturazione che è l’amore, rendendoli
capaci di diventarne protagonisti attraverso la loro esistenza in qualunque situazione si svolga. E così ogni
persona è al mondo con la vocazione all’amore e ogni vita è missione
di amore. Tutto ciò che una persona
fa, può esserne occasione e stru32
mento. Ma poiché la misura del valore e dell’importanza di una persona è l’amore di cui è capace, c’è un
momento in cui se ne raggiunge il culmine ed è quando la persona stessa
diventa evento totale di amore. E’ il
momento della croce.
...Nessuno, in questa società che
sembra impazzita dietro la smania
dell’efficientismo, del pragmatismo,
del consumismo è più importante di
voi (malati). Voi siete una delle poche riserve di speranza che ci sono
rimaste, perché in questo mondo, così spesso senza cuore, voi siete proprio il cuore. Credo di poter dire di
voi, che “completate nelle vostre
membra ciò che manca alla passione di Cristo”, ciò che S. Paolo diceva di Lui:”mentre i giudei chiedono
miracoli ed i greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, ma che per noi è diventato sapienza, giustizia, santificazione e redenzione”. Voi siete tra noi
i depositari e i testimoni dell’unica autentica sapienza, che è la sapienza
del cuore! Voi siete gli artefici della
vera giustizia che non sta nel produrre e distribuire delle cose, ma nel
produrre e nel diffondere comunione!
Voi siete la nostra santificazione perché, in ogni momento, in voi è vinto
l’egoismo che ci rende schiavi e cresce l’amore che ci rende liberi ...”
Quale sia la posizione dei medici nei
pellegrinaggi dei malati nei vari santuari ci viene ispirata dalla meditazione (“Lettera a cuore aperto a chi
è malato”) riportata più sopra: il privilegio di accompagnare le “riserve
della speranza del nostro mondo”; di
portare gli zoccoli, segno della professione, ma anche analogia con Bernadette che suggerisce un atteggiamento di povertà, di disponibilità, di
offerta, di servizio.
* Medico Responsabile
Sottosezione Bologna
TESTIMONIANZA
Simonetta Delle Donne
“Striptease” spirituale
Col suo consueto tono colloquiale, lunedì 20 aprile, Vittorio Messori
ha intrattenuto il pubblico modenese
con il racconto della sua straordinaria conversione, datata anni sessanta.
Affrontando alcuni problemi spinosi e
dolorosi, che tutti i cattolici convinti
conoscono bene, il noto giornalista ha
spiegato le ragioni del suo “striptease spirituale”, condensato nelle pagine del volume intitolato “Perché credo”, scritto allo scopo di aiutare chi
difende faticosamente e quotidianamente la propria fede cattolica.
Oggi, occorre diventare competenti
anche in questo campo, infatti, se da
un lato il laicismo dilaga per l’operato di tanti anticattolici-anticlericali
specializzati, non di rado gravati da
pesanti sensi di colpa dovuti a fallimenti personali, dall’altro non c’è più
il coraggio di difendere le proprie radici cristiane, prevalgono il timore e
la vergogna e la ricerca di consenso
spinge a fare scelte azzardate e sbagliate: “basti pensare alla miseria di
certa mentalità clericale, che favorisce la mimetizzazione del prete, travestendo i sacerdoti da laici e perfino da clochard, con l’illusione di attirare la gente, che invece ne perde
la stima”
O peggio ancora di quella cultura cattolica che disprezza la vocazione della Chiesa, chiamata ad essere sale
e lievito per l’intera umanità, sempre
e ovunque.
Le parole dello scrittore sono risuonate nell’auditorium del Centro Famiglia di Nazareth suscitando grande emozione e sono state contestualmente avvallate dalla moglie,
Rosanna Brichetti, pure lei giornalista, che ha manifestato tutta la sua
gratitudine al marito per aver risco-
perto la fede, leggendo i suoi libri, e
aver ritrovato conseguentemente il
“senso dello stupore” perduto nel
tempo.
La figura affascinante e sconvolgente di San Paolo, che stiamo esaminando in questo giubileo paolino, dovrebbe aiutarci a prendere confidenza con certe vicende straordinarie
della vita, in cui Cristo irrompe nella
storia delle singole persone, mutandole nel profondo, invece c’è sempre
tanta diffidenza, quando la storia si
ripete e si è recalcitranti anche quando tutto profumava di Gesù.
La signora ha terminato il suo intermezzo dichiarando che
“l’amore di Dio ti scalda il cuore, e,
se lo sperimenti, non te lo dimentichi
più”,
ecco perché, ragionevolmente e senza alcuna vergogna, Vittorio Messori ha definito il suo incontro con Gesù “esperienza mistica” e con espressioni semplici, schiettezza emiliana (è
nato a Sassuolo!) e onestà intellettuale, ha tentato di illustrare il duplice fenomeno, che ha vissuto da protagonista.
Dapprima si è trattato di un’adesione razionale, pressoché immediata,
che in pochi giorni l’ha convinto della veridicità del Vangelo, infondendogli il coraggio di testimoniare a rischio della vita, poi, successivamente, si è resa necessaria l’adesione
del cuore, più lenta, più dolorosa, più
invasiva e in certo qual modo più pretenziosa, in quanto ha richiesto un
lungo cammino di purificazione e di
distacco dal peccato, che tuttora perdura.
A chi lo interroga sui motivi della lunga attesa intercorsa prima di pubblicare la suddetta autobiografia, Vittorio Messori oppone le ragioni del suo
33
passato laico e laicista e descrive la
sua famiglia e il suo mondo torinese,
che rigettavano tutto ciò che era cristiano, ancor più se cattolico, classificandolo “repellente”!
Proprio in quella terra, che diede i
natali al liberismo e al comunismo, il
giornalista imparò che tutto ciò che
riguardava la religione, doveva rimanere recluso nella sfera privata, vergognosamente nascosto a tutti, coltivando quindi un pudore malsano per
moltissimo tempo.
La conferenza di taglio indubbiamente apologetico, organizzata dal
Centro Culturale Cattolico “Il Faro”,
con l’ottica di incoraggiare e formare
i cattolici che combattono la buona
battaglia, ha offerto agli astanti interessati l’opportunità di sottoscrivere
una breve missiva a Benedetto XVI,
a conclusione del Suo quarto anno
di pontificato, sia a titolo di sostegno
che di ringraziamento, viste le difficoltà che il Papa sta incontrando e
che trapelano tra le righe dalla sofferta lettera indirizzata ai Vescovi nel
marzo scorso.
U NITALSI, UNA FAMIGLIA
a cura di Assunta Nati *
Mercedes
FAENZA. Sono felice di vivere la
mia vita anche se costellata di croci.
La vita la ritengo un grosso dono,
tutto è dono, ciò che i miei occhi vedono è bello perché è dono di Dio.
Tutto il creato è da ammirare, purtroppo non troviamo il tempo per ammirarlo, non riusciamo nemmeno a
mandare un grazie verso il cielo. Ci
perdiamo in cammini egoistici diventando ciechi e sordi a tutto e soprattutto alla Parola di Dio. Questa mia
vita è stata tutta una prova che mi
ha fatto scoprire l’amore di Dio, mi
ha fatto scoprire che posso essere
debole ma se voglio anche forte; importante è lasciarsi guidare da Lui per
trovare coraggio e forza. Ogni prova
superata con pazienza e amore è un
passo in più per arrivare al Padre. La
mia vita è un dono come quella di
Matteo e dei suoi fratelli, tutti accolti con amore e offerti, ancora in grembo, al Creatore della vita. Matteo è il
mio primogenito, nato sano, il 7 marzo del 1971. Un giorno, trovandomi
in chiesa, ero ancora in attesa di Matteo, mi venne spontaneo questo pensiero: se questo è gradito a te o Padre, desidero che questo figlio diventi
un uomo tutto tuo, pieno di Spirito
Santo e che parli sempre di Te. A tempo compiuto nacque Matteo, raggiunse l’anno di vita che già camminava spedito. Qualche giorno dopo il
compleanno andammo a fare il vaccino come consigliato a tutti i bambini di quell’età ma nella notte Matteo
si sente male e si procede ad un ricovero immediato. Alle dieci del mattino Matteo va in coma totale e per
tre mesi rimane sotto la tenda ad ossigeno. Comincia in quel momento il
mio e il suo calvario; una sofferenza
piena e pesante, un periodo di circa
15 anni d’ospedale con 18 volte la
prospettiva della fine. Paure continue
e una sofferenza atroce per il piccolo Matteo e per tutti noi. L’ospedale
era diventato la nostra casa, ricoveri su ricoveri alla ricerca di una nuova cura, ma tutto inutilmente. Matteo
aveva raggiunto uno stato di rigidità
tale che non si poteva vestire, le gambe e le braccia non si piegavano, la
sua bocca era storta e non si riusciva a nutrire a sufficienza. La nonna
aveva preparato per lui tanti pigiami
tutti aperti e legati sul retro con nastri, ma quando lo prendevo in braccio e cercavo di tenerlo sulle ginocchia, la rigidità era tale che continuava a scivolarmi e dovevo rimetterlo sdraiato nel suo lettino. I dottori dicevano che non poteva vivere a
lungo, ma nonostante il dolore e la
compassione che quel corpicino mi
faceva volevo tenerlo in vita. Quanto era importante quella vita, importante per noi genitori, per i fratellini
Rita e Luca, per i nonni, lo volevamo
vivo a qualunque condizione. Un giorno, ero molto addolorata, andai con
mio marito al santuario di Ghiandolino dove si venera la Madre della Misericordia e raccontai tutto a don Gigino. Il sacerdote mi ascoltò e poi mi
consigliò di recarmi a Lourdes, n’avrei trovato giovamento. Era in partenza un aereo e decisi di partire con
Matteo. Dentro di me pensavo e mi
ripetevo: “chiedi e ti sarà dato”; vedrai
che torno a casa con la guarigione.
Raggiunta Lourdes, tutte le mattine
andavo con entusiasmo alla Grotta a
chiedere e a pregare, poi un pomeriggio partecipando alla Processione
Eucaristica vissi un momento veramente commovente e sentito. Mi
guardavo attorno e da ogni parte vedevo sofferenza, tanti erano i fratelli
malati che la mia sofferenza mi sembrò la più lieve. Aspettavo con ansia
la Via Crucis e venuto il giorno m’in34
camminai con emozione. Ad ogni stazione mi commovevo a vedere il mio
Gesù così sofferente e sentivo dentro di me qualcosa di strano. Giunta
alla stazione della morte di Gesù, i
miei occhi guardarono fissi la Madonna così espressiva nel suo dolore che mi sembrava mi dicesse: “non
torturate più mio figlio,ora è morto”. Con
grande angoscia mi misi a piangere
con lei unita a Gesù, mi sentii colpevole, piccola, schiacciata da tanto
dolore. Mentalmente pensavo: tu Maria, mamma innocente e senza peccato, vissuta nel silenzio, unita a tuo
Figlio obbediente al Padre fino alla
morte per noi, per me, come posso
io chiedere la grazia di una guarigione? No, non chiedo più la grazia ma
solo la forza e il coraggio di andare
avanti. In quel momento in me esplose la vera grazia: la Madonna mi aveva toccato il cuore, mi aveva dato la
capacità di amare e perdonare tutti,
mi aveva dato la capacità di vedere
Matteo così importante, il mio cuore
era pieno di gioia, di pace e serenità. Tornai a casa convinta che non
mi sarei più ribellata alle avversità,
con una grande grinta e voglia di moltiplicare gli impegni. Passarono altri
anni e Matteo così debole nella sua
crescita si consumava come un cero aggiungendo al suo stato così provato anche la cecità, ma la fede e la
grazia ricevuta spazza via tutto. La
sofferenza di mio figlio e la mia la offro sempre al Padre per la conversione mia e di tutti i peccatori del
mondo. Nella vita ci sono le grandi
gioie ma anche le grandi sofferenze
e ne sono certa se accolte con coraggio non vanno perdute, ci danno
la forza per avvicinarci di più a Maria. Mi sembrava di aver superato
grandi prove ma altre prove mi aspettavano, Matteo aveva 11 anni quan-
do improvvisamente, mio marito Silvano che mi era stato sempre vicino,
senza mai ribellarsi, si ammalò e nel
giro di otto giorni morì. Un altro grosso dispiacere, Silvano, la colonna della mia famiglia non c’era più, mi sentivo divisa a metà, brancolavo nel
buio, non vedevo come aiutare i bambini già addolorati per Matteo, avevano faccine così tristi che facevano
compassione e tenerezza. Nei primi
giorni di vedovanza arrivò mia sorella Mirella con l’intento di aiutarmi ma
appena entrata in casa le dissi: cosa sei venuta a fare, stammi lontana
perché questa volta è veramente
troppo grossa, e non parlarmi di Gesù perché ora veramente mi ha abbandonata. Era questa la reazione
per la perdita di mio marito e mentre
lei si avvicinava continuavo a ripetere la stessa frase. Mia sorella con le
braccia alzate mi disse: “ti prego non
dire così, non puoi lasciare affondare la barca, pensa ai tuoi figli, alla tua famiglia”. Il
suo volto era così rattristato che mi
toccò il cuore e ci ritrovammo accomunate in un forte abbraccio e in un
gran pianto. Staccandomi da lei dissi: “Mirella perdonami, non sapevo cosa dicevo, e anche tu Signore perdona il mio sfogo, pensavo solo a me dimenticando che la
forza viene da Te”. Mi ritrovai più sere-
na e pronta ad accettare la volontà
del Padre, sperimentavo quanto fosse grande l’Amore di Dio che non abbandona mai i suoi figli. La prima volta a tavola senza la presenza del babbo ci guardavamo in faccia senza appetito e piangendo assieme, dolore
e tristezza circolavano fra di noi, poi
prendendo coraggio dissi: “non possiamo rattristarci all’infinito, dobbiamo pregare e andare avanti. Ognuno di noi sente
il proprio dolore, io come moglie, voi come
figli, i nonni come genitori e anche Matteo
avverte la mancanza del babbo ma questo
non toglie che dobbiamo andare avanti, con
l’aiuto di Gesù ce la faremo,poi lo sapete
siamo una famiglia e Gesù Giuseppe e Maria sono sempre in nostra compagnia”. An-
che la mia salute aveva qualche pecca, il cuore sembrava fare qualche
capriccio e i medici volevano farmi
controlli abbastanza frequenti e non
escludevano l’opportunità di un ricovero. Ad ogni controllo mi rattristavo,
senza la presenza di mio marito e la
prospettiva di un ricovero urgente non
avrei saputo come fare, ma al controllo la situazione risultava stabilizzata. Tornando a casa ero quasi commossa per la situazione e rivolgendomi a Gesù gli dissi: “Tu solo conosci
tutto, sai quanto devo lavorare giorno e notte, quanto il mio tesoro Matteo ha bisogno
di me per la sua assistenza ma io credo in
Te. Tu solo sei il dottore, mettiti il camice bianco e cura il mio cuore, io te lo dono e grazie per tutto ciò che farai”. Grazie anco-
ra oggi perché il mio cuore è ancora
stabile e continua a funzionare senza interventi. Se Maria ha toccato il
mio cuore a Lourdes Gesù è rimasto
vicino a me in ogni momento della
mia vita, il Padre Celeste e la Madre
Santa non mi hanno mai lasciata orfana. Ho imparato molto dalla vita di
Matteo e quando lo stringo a me sulle mie ginocchia, lui si rilascia e io
sento il suo corpo abbandonato a me
come in un abbraccio. In questi momenti la gioia è così grande che il
dolore non mi sfiora più e trovo la
forza di andare avanti e ringrazio Dio
per la vita che mi ha dato; come potevo scoprire l’amore di Dio se non
ero nata? Se ci lasciamo conquistare dall’amore di Dio tutto viene trasformato, tutto si rinnova, non potremmo più rinunciare a Lui, sentiremo sempre la Sua presenza nel nostro cammino e la fragilità così grande nella natura umana non riuscirà
ad avere il sopravvento. Io ho sperimentato il Suo amore e a Lui dico grazie per non avermi abbandonata.
Questa è la testimonianza di Mercedes per la giornata della vita, la prima domenica di febbraio e dietro mia
richiesta ha accettato di condividerla
con i lettori dell’Eco di Lourdes.
*Presidente Sottosezione di Faenza
Lella Pedretti *
Veglia
FIDENZA. Il 25 marzo scorso, nella Chiesa di Santa Maria Annunziata si è tenuta una veglia di preghiera in comunione con il Santo Padre
Benedetto XVI, Presieduta da S. E.
R. Mons. Carlo Mazza vescovo di Fidenza. Ci ferisce l’irriverente campagna denigratoria nei confronti di re-
centi affermazioni che il Sommo Pontefice ha fatto a difesa del valore della vita. In nome della vocazione che
l’Unitalsi ha di promozione, sostegno
e difesa di ogni esistenza, noi siamo
riconoscenti al Pontefice per la continua testimonianza e per i richiami
inequivocabili al valore e alla dignità
35
di ogni persona, ovunque si trovi a
vivere e in qualunque condizione sia.
L’esperienza vissuta grazie all’Unitalsi di vicinanza alle vicende umane
di compartecipazione alla sofferenza,
ma anche di gioiosa condivisione, ci
rende riconoscenti e ci sollecita in
questa particolare festa dell’Annun-
ciazione a ringraziare il Papa per le
preziose indicazioni della via da percorrere e ci dispone a intensificare la
preghiera per Lui, per il suo arduo
compito e a implorare dal cielo luce
e forza onde, sostenuto dalla Grazia,
continui a richiamarci a quei valori
che restano indiscutibilmente prioritari e ci educhi, nell’unità di Cristo, a
un autentico servizio alle donne e agli
uomini del nostro tempo. Grazie, Eccellenza, di averci invitato a questo
incontro e di averci dato l’opportunità di riflettere insieme e soprattutto
pregare in questo momento di fragilità nelle idee e nei comportamenti.
Grazie.
*Presidente Sottosezione di Fidenza
Franca e Paola Reali
L’Unitalsi
ad Assisi
FIDENZA. Un pellegrinaggio nella luce di San Francesco, nella luce
di una primavera prorompente, nella
luce di una terra, l’Umbria, dal paesaggio incantato.
Nella luce dello spirito dell’Unitalsi in
cui l’individuo annulla il proprio io per
far posto all’altro, nella luce di un
Amore che non ha dimensione umana.
Un’esperienza spirituale unica!
Cronaca
Dal 23 al 25 aprile si e svolta la gita-pellegrinaggio di primavera con
meta Assisi e dintorni. Il viaggio programmato dalla Sottosezione di Fidenza ha avuto come prima tappa il
Convento del Monte La Verna cui si
è giunti percorrendo la statale adriatica e valicando l’Appennino. Luogo
sacro poiché qui il Santo ricevette le
stimmate e qui si trovano i capola-
vori dei Della Robbia (terracotte invetriate).
Il cammino prosegue raggiungendo
Gubbio, cittadina medioevale prima
abitata dagli Umbri, poi dai Romani
e infine dominio dei Papi. La visita
guidata è disturbata da un violento
temporale cui fa seguito un tramonto infuocato che mostra tutta la potenza di Fratello Sole. Il giorno successivo è interamente dedicato alla
visita di Assisi nel suo duplice aspetto di centro di spiritualità e arte sacra. Momenti salienti: la visita alla Basilica di S. Maria degli Angeli e alle
Basiliche di S. Francesco e S. Chiara.
La Basilica di S. Maria degli Angeli
racchiude tracce di S. Francesco, una
chiesetta da lui ristrutturata e la cella in cui finì la sua esistenza. La Basilica di S. Francesco si erge su una
altura e si presenta costruita su tre
livelli: la cripta che conserva i resti
del Santo, la Basilica inferiore finemente decorata e affrescata dai maggiori artisti di scuola toscana. Le bellissime vetrate che inducono al raccoglimento e alla preghiera hanno fatto da sfondo all’ascolto della S. Messa. E ancora la Basilica superiore che
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racconta episodi della vita del Santo
e di Gesù (scuola di Giotto o Giotto
stesso).
La giornata si conclude con la visita
alla Basilica di S. Chiara, sostenuta
da potenti archi, che conserva le spoglie di S. Chiara e il crocifisso di S.
Damiano, caro a S. Francesco. Passeggiare per le vie di Assisi significa
respirare una atmosfera mistica di pace e di serenità.
Sulla via del ritorno facciamo sosta
a Spello alle pendici del monte
Subasio per ammirare antiche vestigia romane e chiese con affreschi del
Pinturicchio. Tappa ultima del viaggio,
la vivace cittadina di Spoleto con ampie piazze e la magnifica cattedrale
romanica che fa da scenario a importanti manifestazioni culturali (festival dei due mondi), mirabilmente
affrescata da Filippo Lippi e dal Perugino. L’ottima sistemazione alberghiera e i pranzi in ristoranti caratteristici hanno favorito la conoscenza
dei partecipanti fra i quali si è stabilita una profonda intesa di fraternità.
Un vivo ringraziamento alla Presidente che ha saputo coniugare l’aspetto religioso con le bellezze artistiche del territorio.
Simonetta Delle Donne
Cristiane per fede
MODENA. Lunedì 4 maggio il Cardinale Carlo Caffarra dell’Arcidiocesi
di Bologna è venuto a Modena allo
scopo di offrire un suo contributo personale ai “cristiani per fede”, per aiutarli ad affrontare più efficacemente
l’emergenza educativa, drammaticamente dilagante. Dobbiamo riconoscere che spesso usiamo parole molto importanti in modo superficiale,
senza conoscerne il loro significato
profondo e cercando di evitare il coinvolgimento emotivo, per non soffrirne.
Ma il Cardinale ha dipinto un quadro
davvero apocalittico, invitando gli
astanti a non sottovalutare il suddetto fenomeno! Dichiarando di non volersi conformare al pensiero dominante, ha affermato che la nostra società rischia di scomparire, dal momento che i suoi valori fondanti sono sistematicamente sviliti e spesso
addirittura dimenticati, pertanto non
vengono più custoditi gelosamente e,
conseguentemente, non possono essere trasmessi alle nuove generazione: così, senza un passato, il presente diventa pieno di incognite! In
molte famiglie, purtroppo, non si ha
più tempo per nessuno e non si condivide più nulla; regna il permissivismo (con lo scetticismo e l’indifferenza) oppure l’autoritarismo (dove
tutto è imposto e mai proposto); manca completamente il rapporto umano; i genitori rifuggono ogni responsabilità e i figli, spaesati e soli, rimangono coi loro punti interrogativi
senza risposta e facilmente diventano schiavi di tutto e di tutti, a causa
della loro fragilità. Siamo chiamati,
nessuno escluso, a preoccuparci di
questo nichilismo imperante, poichè
tale fenomeno sta minando il presente e pregiudicando il futuro dell’intera società. E’ necessaria una
consapevolezza maggiore delle proprie colpe e una conversione profonda del cuore, perché si realizzi
quanto dettagliato dal profeta Malachia: “egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con
lo sterminio” (Malachia 3,24).
Il testo fa riferimento esplicito alla necessità dell’abbraccio generazionale,
che risulta essenziale per la crescita
umana complessiva e fondante per
la conservazione dell’identità culturale e valoriale. Apparentemente fuori tema, il Relatore, sin dall’inizio, ha
voluto esprimere il suo apprezzamento per gli Ebrei osservanti che anche oggi, rispettando il rito della Pasqua, una volta all’anno, fanno me-
moria della loro liberazione dall’Egitto, allestendo una sorta di rappresentazione familiare, con domande e
risposte precodificate, al fine di conservare la memoria del proprio popolo, cioè l’identità e la fede nel Dio
Liberatore. Naturalmente tutto questo
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è incomprensibile per coloro che, con
l’illusione di lasciare i figli liberi di decidere ogni cosa da adulti, li priva
della formazione, essenziale per la loro crescita. L’oratore, che pubblica le
sue omelie sul sito www.caffarra.it, è
stato invitato proprio in occasione del
Congresso Eucaristico Diocesano e,
per questo motivo, durante la conferenza, ha insistito sulla proposta educativa della Chiesa Cattolica, che si
basa appunto sul rapporto umano, sui
Sacramenti, specialmente sull’Eucaristia, e sulla Carità: non si tratta di
una morale fatta di mere regole, ma
di una proposta rischiosa, che punta
alla maturazione personale! Il Cardinale, con grande franchezza, ha cercato di convincere gli astanti ad abbandonare certe comode lamentazioni, a non scaricare sulla scuola responsabilità, che devono rimanere in
capo alla famiglia e ad agire prontamente al fine di difendere la Tradizione cristiana. Ciò è possibile solo
mediante la testimonianza coraggiosa in ogni ambito della vita. Ciò, inoltre, consente di custodire la Memoria, che nutre la Chiesa Cattolica e
che permette a questa di educare da
secoli intere generazioni. Ecco perché è essenziale che siano rispettate nella loro integrità le feste del Natale e della Pasqua e, a livello istituzionale, si riconoscano le radici cristiane europee!
Speriamo che abbiano sortito effetti
positivi le sollecitazioni paterne
espresse dal Cardinale e che anche
i più diffidenti incomincino a fidarsi
della Chiesa Cattolica e della sua proposta educativa, che è proprio l’invito pressante da Lui rivolto a tutti durante le visite pastorali, che continua
a svolgere nelle famiglie, nonostante i molteplici e gravosi impegni.
Enrico Maletti
Nesti, “un pramzan dal sas”
PARMA. Egregio Sig. Direttore.
In questi giorni ho letto sul suo giornale che Carletto Nesti ha rassegnato
le dimissioni da Presidente di A.D.E.
S.p.A. società del Comune di Parma
che si occupa del servizio dei cimiteri.
Nesti si è dovuto dimettere non solo
per problemi di salute ma anche a
causa dei cambiamenti avvenuti nella Giunta Comunale nei giorni scorsi.
Ora non sono qui a criticare la scelta di questo cambiamento perché non
sarei nemmeno in grado di poterlo
fare, ma mi sento in dovere di comunicare ai Parmigiani lettori della
Gazzetta l’operato di Carletto Nesti
in questi cinque anni di Presidenza
ADE.
Colgo anche l’occasione di ringraziarlo per le cose che ha fatto nei Cimiteri di Parma, che sono sempre
stati luoghi di riposo per i nostri defunti, e lui con la sua professionalità,
coadiuvato dallo staff organizzativo
che dirigeva, è stato capace di trasformare in un luogo di ritrovo e di
aggregazione, rivalutando anche culturalmente questo posto ritenuto da
sempre un campo santo e trasformandolo in un luogo della memoria
di chi nel passato ha costruito Parma.
Nesti ha capito che in una città come Parma senza il rispetto del passato non si può ottenere un gran futuro, è come costruire una casa senza fondamenta, “prìmma o po’ la da
zò”.
Ricordo in questi cinque anni di Presidenza di Nesti, i momenti trascorsi
nell’inserire poesie e testi dialettali in
occasione delle ricorrenze, come
puntualmente nel periodo Natalizio
per i poeti dialettali Renzo Pezzani,
Alfredo Zerbini, Luigi Vicini, Bruno
Lanfranchi e Bruno Pedraneschi, con
la lettura di testi dialettali da parte di
Ettorina Cacciani, Elvira Balestrazzi
e il sottoscritto, per l’occasione della
commemorazione del cinquantesimo
della morte in agosto del 2006 dell’attore dialettale Italo Clerici, nello
stesso giorno abbiamo ricordato anche l’Attore Alberto Montacchini, quel
giorno d’agosto Nesti era riuscito a
riempire la Villetta, sembrava quasi
una prima al Teatro Regio, presente
anche per l’occasione l’allora Sindaco di Parma Elvio Ubaldi.
Da non dimenticare per il giorno dei
morti le Sante Messe pomeridiane
celebrate all’aperto davanti alla Chiesa del Cimitero, sia con Monsignor
Cesare Bonicelli che con l’attuale Vescovo Monsignor Enrico Solmi, seguite dalla lettura da parte mia di un
testo adatto ai giorni dei defunti rigorosamente in dialetto Parmigiano.
La commemorazione di Baldassarre
Molossi mitico direttore della Gazzetta di Parma per 35 anni, anche
per l’occasione Nesti era riuscito a
trasformare la “Vilètta” come un teatro, presenti giornalisti, rappresentanti del Comune e tanti ma tanti
“Pramzàn” che hanno voluto bene al
“Diretór dla Gazètta d Parma”, alla fine della Cerimonia davanti alla tomba di Padre Lino era stata letta la poesia di Renzo Pezzani “Padre Lino”.
Le commemorazioni di Ildebrando
Pizzetti, Luigi Battei, capostipite della Casa Editrice Battei che tutti gli
anni sforna dei libri in dialetto Parmigiano e ancora oggi è diretta dal
pronipote Antonio, il ricordo di Aurora Guarini, benemerita volontaria,
conclusosi anche quello con brani
dialettali e musicali con l’armonica a
bocca di William Tedeschi.
Da ricordare anche la ricorrenza che
Nesti aveva ideato nel campo santo
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dove riposano i bambini, con la lettura della poesia di Fausto Bertozzi
“Al camp di putén” con l’esibizione di
un coro di giovani, le commemorazioni delle Associazioni Parmigiane,
non le cito una alla volta altrimenti rischierei di dimenticarne qualcuna.
Ultima grande manifestazione che ha
riempito di “Pramzàn” il Cimitero è
stata quella dell’inaugurazione della
grotta di Lourdes, collocata proprio
di fronte alla tomba di Padre Lino,
per quell’occasione sono sincero, non
ho mai visto tanta gente alla Villetta.
Ora però egregio Direttore mi fermo,
perché questi miei ricordi sembrano
dedicati a una persona che non c’è
più, invece Carletto Nesti è qui tra
noi e ci rimarrà ancora per tanto tempo, “Fort cme ‘l trón”, fermo ai box
per un controllo come una Ferrari
pronta per partire e vincere un gran
premio, perché da come se ne parla
a Parma e spero che anche il nostro
Sindaco Pietro Vignali la pensi allo
stesso modo.
Fra poco tempo a Carletto Nesti sarà dato un’altro importante incarico
perché di “Pramzàn dal sas” come
questo ne ha bisogno tutta la città.
Colgo l’occasione per augurare buon
lavoro al nuovo Presidente A.D.E.
che subentrerà al posto di Nesti, e di
non dimenticare che in tante occasione di queste cerimonie è stato coinvolto a sfondo culturale anche il nostro amato vernacolo.
RICONOSCIMENTI
UN ITALIANO PER I MIRACOLI
E’ il primo italiano a guidare il prestigioso Bureau Medical di Lourdes, l’istituzione fondata nel
1882 che segnala alle autorità religiose le presunte guarigioni per intercessione
dell’Immacolata. Il nuovo responsabile è Sandro De Franciscis, 53 anni, l’attuale presidente
della Provincia di Caserta. Pediatra (un master in epidemiologia ad Harvard, ricercatore in
aspettativa dell’Università Federico ll di Napoli), ha alle spalle una lunga e variegata camera
politica, che l’ha portato dalla Dc al Partito democratico, passando per la Margherita e l’Udeur
di Mastella. L’annuncio è stato dato dal vescovo di Tarbes e Lourdes, monsigno Jacques
Perrier. De Franciscis è destinato a succedere da aprile al dottor Patrick Theillier, direttore del
Bureau dal 1998. Membro dell’Associazione medici cattolici italiani, dal 2004 al 2005, De
Franciscis è stato segretario generale della Federazione europea delle Associazioni dei
medici cattolici. Inoltre, dal 1987 al 2001, presidente a Caserta dell’Unitalsi, la maggiore
associazione italiana di volontari che portano gli ammalati a Lourdes.
MADRE E FIGLIA PROCLAMATE «DOTTORESSE»
Hanno conseguito la laurea triennale in lettere moderne a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, e sono state proclamate insieme, ricevendo dalla commissione una valutazione di 104
su 110. Non stiamo parlando di due semplici studentesse universitarie, ma di una madre,
Marta Martelli, e una figlia, Rita Coruzzi, che hanno vissuto insieme, passo passo, questa
esperienza. Rita è una 23enne disabile, scrittrice, che in più di un’occasione è stata ospite di
«Porta a porta» dove ha raccontato, suscitando grande commozione, la sua malattia e la conseguente scoperta della fede.Rita si è cimentata con la tesi «Titoli dei discorsi machiavelliani»,
mentre la mamma ha presentato una tesi dal titolo «Motivo dello stupro nella novellistica cinquecentesca». La commissione dell’ateneo dì Parma ha molto apprezzato ìl lavoro di entrambe e, vista l’occasione, ha concesso alle due neo dottoresse una piccola eccezione: «Se avessimo dovuto rispettare l’ordine alfabetico - spiega Marta - Rita avrebbe dovuto discutere per
quarta, e io sarei stata l’ottava. Invece, per farci discutere una di seguito all’altra, i docenti
hanno modificato l’ordine di esposizione dei laureandi». Alla giornata hanno partecipato anche
tanti familiari e amici, che al momento della proclamazione si sono scatenati in un fragoroso
applauso. «E’ stata una giornata splendida - ha aggiunto la madre di Rita - sono venuti a
sostenerci tantissime persone, non ci aspettavamo un seguito del genere. Ci ha fatto davvero
piacere tutto questo, abbiamo capito che in tanti ci vogliono bene». E adesso? Dopo la laurea triennale le due studentesse guardano avanti
e pensano al futuro. Le idee sono molto chiare: «Abbiamo già effettuate entrambe le preiscrizioni per frequentare la specializzazione in giornalismo. Abbiamo tutta l’intenzione di proseguire il nostro percorso di studi». E il giornalismo è proprio la grande passione di Rita. La giovane reggiana è infatti autrice di libri che raccontano della sua esperienza di disabile e del meraviglioso rapporto che ha con Lourdes.
PREMIO AVIS-PADRE LINO
Il 14 maggio del 1924 moriva a Parma Padre Lino. Un’esistenza spesa a colmare le profonde tasche dei disperati con l’aiuto della carità, e a svuotarle fino alle briciole davanti al dramma della povertà. A soli 58 anni, bastonato dalle privazioni, andò incontro a sorella morte.
Morì chiedendo per i suoi poveri. Nelle tasche — dicono le cronache - la corona del rosario e
tante briciole di pane. Il più bel testamento che potesse lasciare un frate, dirà poi il poeta. Lui,
che aveva liberamente scelto la povertà, per i poveri era un fratello, per i disperati una speranza. Padre Lino aveva qualcosa che lo distingueva dagli altri: la Carità. Una Carità sempre
serena e festosa, che lo rese profeta e precursore di tempi nuovi. Per dire grazie a quelle
persone che, facendo propria l’azione ed il messaggio di Padre Lino, sono capaci di trasmettere speranza attorno a sé, ogni anno Padre Lino non viene solo ricordato come anniversario, ma nella sua chiesa dell’Annunziata,
viene consegnato, alla conclusione di una Fiaccolata cittadina, il Premio Padre Lino voluto dall’Avis Comunale di Parma e dagli Amici di
Padre Lino per l’esempio di carità testimoniata da donatori di sangue e da cittadini meritevoli. Quest’anno la famiglia Unitalsiana di Parma ha
avuto la gioia di apprendere che il Premio Padre Lino è stato attribuito al proprio presidente Francesco Mineo, anche per gli incarichi ricoperti
sia all’Ospedale Maggiore di Parma, quale Direttore del Reparto Medicina d’Urgenza e quale Direttore Sanitario dell’Avis di Parma; ha ritirato l’attestato dal Vescovo di Parma, Mons. Enrico Solmi ed è stata letta la seguente motivazione: “A Francesco Mineo per aver fatto propri i
valori evangelici proposti e testimoniati da Padre Lino, dedicando la sua vita agli ammalati, sempre pronto ad aiutare le persone bisognose
di una parola di conforto e di speranza”. Credo sia espresso molto bene il quadro dei valori del nostro Presidente ed amico Francesco Mineo,
dal quale vediamo sempre trasparire la luce della fede viva e della carità attiva; ha uno stile umano che è di testimonianza per le opere
buone, fatte bene, proiettate sul futuro, insomma rende credibile con l’esempio ciò che vale nella vita, espresso con parole persuasive, di alto
contenuto, ma in spirito di umiltà. Il Signore ce lo mantenga a lungo alla guida della Sottosezione per portare a compimento tutte le iniziative
che l’Unitalsi ha nei suoi intendimenti, secondo la propria caratteristica di fedeltà ai messaggi cristiani. (C. Mazza)
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NOVITÀ EDITORIALI
CI HANNO PRECEDUTO
Essi sono certamente in paradiso
e continuano a volerci più bene di prima
a una vigna datami per coltivarla, per produrre frutti, non certo per avere un potere o essere qualcuno, ma per faticare e per servire tutti. E
questo con semplicità. Ci sono riuscito? No di certo, però ho cercato e
ho soprattutto avuto fiducia nel Signore, ho amato e offerto a Dio la mia
vita, le mie gioie e le mie sofferenze. Carissimi, saluto tutti: saluto le
persone ammalate e quelle che sono in carcere; saluto i bambini, i giovani, gli anziani; saluto i presbiteri e i diaconi tanto generosi e preziosi, saluto i ministri istituiti e le persone consacrate; saluto i catechisti e
le catechiste e i molti che esercitano di fatto un ministero nelle nostre
chiese, saluto le famiglie; e saluto i molti che mi hanno aiutato. Ho sentito la vostra simpatia, le vostre preghiere, il vostro desiderio che fossi
più buono, più capace, più attento ad aiutare. Ho fatto quello che ho
potuto, certo potevo fare di più e meglio. In questi anni le preoccupazioni pastorali, ma anche umane e sociali, non sono mancate; soprattutto ho avuto la preoccupazione di capire il travaglio di questa nobile
e antica terra e di aiutare le persone a dare un senso pieno e felice alla propria vita incontrando Gesù Cristo. Dentro di me c’è stata una costante tensione, quella di rendere “testimonianza alla luce” (Gv 1,7), a
Gesù Cristo, ascoltando e leggendo la vita e la cultura della nostra terra segnata sia dalla fede cristiana sia dalla modernità. Avrei voluto avere una vita spirituale vicina a tutte le persone, specie alle loro sofferenze. Sapeste quanti poveri di ogni genere ci sono nella nostra ricca
Parma! Quante volte ho con dolore sperimentato di avere le mani vuote, ma sempre ho anche visto di avere tesori immensi da distribuire: la
speranza, il perdono, il sorriso, la dignità umana, la fede... Ho molti motivi per ringraziare: per la Visita Pastorale, per il restauro e il Giubileo
della Cattedrale, per l’Anno Biblico, per il Grande Giubileo del 2000, per
l’impegno per il diaconato e i ministri istituiti, per la liturgia e per la Parola di Dio, per la carità, per le missioni, per le famiglie, per i giovani,
per il mondo della salute e per quello sociale e politico, per quello della scuola e dell’Università, per la vita consacrata, per i presbiteri e i diaconi, per il Seminario, per le comunità ricche di concordia, di fede e di
missione. Ho anche motivi di sofferenza: i delitti e le prove economiche
vissute in questi anni dalla nostra terra, i molti funerali di presbiteri, le
poche ordinazioni presbiterali, le scarse vocazioni alla vita consacrata,
le molte famiglie in crisi e sfasciate, le tante persone senza speranza,
i molti immigrati preoccupati. Partendo una cosa devo proprio dirvela:
vi ho voluto bene, ho voluto bene a Parma, alla sua storia, ai suoi progetti, ai suoi abitanti. Durante questi anni ho cercato di mettere al centro di tutto Gesù Cristo, il Signore. Senza l’incontro nella fede con lui
non c’è l’originalità cristiana, non c’è la vera vita, e il cristianesimo non
ha nulla da dire e da dare. Un giorno il Signore mi ha preso e io gli ho
dato il cuore. Il Signore mi ha fatto lavorare nella sua vigna, mi ha indicato la strada, mi ha dato energia e vita, adesso mi dice: il tuo servizio è finito, torna a casa. A me sembra di avere ancora forze e progetti, di lasciare tante cose incompiute, soprattutto di lasciare tante persone amate... Ma il Signore mi chiede di partire. E io parto. Avevo forse 20 anni quando ho fatto mia la frase: “Niente chiedere, niente rifiutare”, la frase che mi diceva di essere “disponibile” alla volontà di Dio.
E così adesso parto sereno e pieno di fiducia; so infatti che il Signore
è con me, che il Signore è con voi, che voi siete pieni di fede, che siete suoi amici e che lo Spirito Santo farà fiorire la vostra vita. Il mio augurio è che nella nostra Chiesa vi sia sempre comunione e concordia,
che ci sia grande unità con il vescovo Enrico, con il Papa Benedetto e
la Chiesa di Roma. Sorelle e fratelli, ciao a tutti. Dio il santo e il mise-
Mons.
CESARE BONICELLI
Bergamo, 6 marzo 2009
E’ morto mons. Silvio Cesare Bonicelli, vescovo
emerito di Parma, diocesi
che aveva lasciato nel marzo 2007. La Chiesa di Parma profondamente toccata per la morte di monsignor Cesare Bonicelli e
confortata dalla speranza
che per lui si è realizzato
in pienezza l’incontro con
Dio, si è riunita per due veglie di preghiera e suffragio, presiedute dal vescovo monsignor Enrico Solmi. I funerali si
sono svolti nella Cattedrale di Parma. Nato a Bergamo il
31/3/1932, si era laureato in giurisprudenza all’Università
Cattolica di Milano, svolgendo poi il servizio militare come
ufficiale negli Alpini. Finita la leva era entrato in Seminario,
diventando sacerdote nel 1962. Laureato in diritto canonico, ha svolto numerosi incarichi sia a livello diocesano che
nazionale. Assistente ecclesiastico alla formazione capi Agesci dal 1975 al 1979, nel 1991 era stato ordinato vescovo
e per cinque anni resse la diocesi di San Severo in Puglia.
Alla fine del 1996 fu nominato vescovo di Parma. “Durante il
suo ministero — si legge nella biografia pubblicata sul sito
della diocesi di Parma — ha svolto due visite pastorali all’intera
diocesi, scritto dieci lettere pastorali, compiuto il primo Congresso biblico diocesano, animato numerosi esercizi spirituali per giovani, iniziato il cammino diocesano I8enni,guidato numerosi pellegrinaggi, visitato
i missionari di Parma in terra di missione, guidato il viaggio annuale dei
malati a Lourdes, istituito l’Anno Giubilare della Cattedrale, presieduto
diverse settimane mariane in Cattedrale con l’effigie della Madonna di
Fontanellato, promosso incontri di riflessione con politici e operatori sociali, visitato i carcerati”. In questi undici anni non sono man-
cate le prove personali dovute a problemi di salute e avvenimenti dolorosi che hanno profondamente colpito Parma nel
suo tessuto umano, economico e sociale. Bonicelli, però,
ha portato a termine il suo mandato, presentando al Papa
le sue dimissioni, secondo quanto previsto dal diritto canonico, al compimento del 75° anno d’età, nel marzo 2007.
Lettera di Mons, Cesare S. Bonicelli
Carissimi, quando 11 anni fa ho varcato il confine della diocesi e ho
messo piede in questa terra benedetta avevo nel cuore trepidazione e
amore. Avvertivo il peso del servizio episcopale che mi era affidato e
mi sentivo piccolo. Guardavo alla diocesi di Parma come a un campo,
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ricordioso vi sostenga e vi benedica. Vi saluto uno per uno con affetto
e con riconoscenza, vi sorrido e, stringendovi la mano, vi dico ciao e
addio, arrivederci nella casa di Dio. Il vostro Vescovo Cesare Bonicelli
pre più articolata: negli anni sessanta realizzò e cominciò
ad usare gli studi televisivi, all’interno dei quali iniziò ad essere trasmesso lo Zecchino d’Oro. Nel 1957 fece nascere,
sempre all’Antoniano, il «Centro cattolico per la diffusione
della Parola di Dio», dal 1967 «Società del Vangelo», con
lo scopo di diffondere il Vangelo e la Bibbia nei luoghi pubblici. In seguito diede vita ad «Antoniano Insieme», un centro per bambini affetti da Sindrome di Down. Tra le tante iniziative da lui promosse: le Biennali di Arte sacra contemporanea, il Premio P. e A. Malipiero per la ricerca teologica, la Mostra mondiale Arte dei Ragazzi, la ricostruzione
dell’Eremo di S.Antonio in Albania. All’interno del suo Ordine fu promotore, nel 1972, del Mo.Fra. (Movimento Francescano), con l’intento di creare un orizzonte comune ai tre
Ordini francescani.
In seguito, ha conquistato l’Unione di tutti i Francescani d’Europa. Nel 1995, lasciato l’Antoniano, divenne Rettore del
Santuario di Montepaolo (Fc): grazie al suo intervento l’Eremo offre oggi accoglienza a gruppi nonché la possibilità
di ripercorrere la vita di S. Antonio in 10 affreschi e la sua
permanenza all’Eremo in 18 quadri a mosaico. “Un esempio
di sinergia fra il carisma francescano e la spiritualità diocesana” così
il vescovo ausiliare mons. Vecchi ha definito l’opera di padre Caroli, frate minore, Nel corso della Messa funebre celebrata venerdì nella Basilica di S. Antonio di Padova, una
Messa concelebrata da una cinquantina di sacerdoti, tra i
quali il vicario episcopale per la Carità mons. Allori, alla quale il Vescovo ausiliare, che ha portato il saluto del cardinal
Caffarra, ha assistito poiché a presiederla è stato padre Bravi, vicario generale dell’ordine dei Frati minori; mentre il canto è stato sostenuto dal Piccolo Coro «Mariele Ventre» dell’Antoniano. Tutti segni della notorietà e della stima delle quali padre Ernesto, uno dei «quattro moschettieri» fondatori
dell’Antoniano, godeva. “La vita di padre Caroli - ha sottolineato monsignor Vecchi - è un esempio di come oggi la Chiesa deve
Ricordo degli Scouts e dei Foulard blancs di Parma
Il nostro fratello FB Monsignor Silvio Cesare Bonicelli è “Salito alla Tenda del Padre”. Don Cesare, come voleva che gli
Scouts lo chiamassero, era nato a Bergamo ed a tredici anni era entrato nell’ASCI.
Durante gli incontri che faceva con noi spesso raccontava
la sua “Veglia d’Armi” vissuta la notte dell’ Immacolata del
1945 e quanto lo Scoutismo abbia contribuito alla sua scelta vocazionale di Sacerdote. E’ sempre stato collegato e censito in Associazione. Nel 1991 Papa Giovanni Paolo II lo
nominò Vescovo di San Severo e dal 1996 al 1998 ricoprì
l’incarico di Assistente Ecclesiastico dei Campi Scuola. Il 13
dicembre del 1996 venne trasferito a Parma alla guida della Diocesi e dopo undici di anni di servizio Episcopale, il
30/3/2008 lasciò (per raggiunti limiti d’età) la Chiesa di Parma per rientrare nella sua Bergamo. Don Cesare partecipò
ad innumerevoli pellegrinaggi a Lourdes e nel settembre del
2007 durante il pellegrinaggio nazionale pronunciò la Promessa di Titolare F.B. e in quell’occasione ebbe a dire ad
uno di noi “... ho provato una grande emozione... di quelle che si provano poche nella vita”. Per suo volere il corpo di Don Cesare
riposa nel Cimitero della Villetta di Parma... mentre il suo
spirito ha già raggiunto il suo posto nel cerchio Beati.
Padre
ERNESTO CAROLI
Bologna, 16 aprile 2009
Ezio Caroli, francescano
padre Ernesto, era nato a
Palazzuolo (Fi), il 9/1/1917.
Nel 1930 entrò nei frati a
Cotignola; frequentò a Parma il Liceo Classico poi si
trasferì a Bologna a studiare Teologia. Ancora studente partì per l’Albania come cappellano militare fino
a che, l’8/9/’43, non venne
trasferito in un lager in Germania. Nel lager, dall’incontro
con tanti giovani gli nacque l’idea di fare qualcosa per i giovani; e dalla fame patita, quella di creare una mensa per i
poveri. Creò nel campo una scuola con conferenze, spettacoli, celebrazioni liturgiche e un bollettino.
Tornato in Italia, si laureò in Teologia Morale poi, a Bologna, inaugurò nel 1954 l’Antoniano: la Mensa dei poveri, il
Cinema a sostegno di essa e l’Accademia di Arte drammatica. Fece crescere l’Antoniano che divenne una realtà sem-
muoversi: secondo il principio divino-umano. Così egli è stato un innamorato di Dio, un testimone autentico del Vangelo, e insieme un grande e instancabile animatore, con una vasta fantasia pastorale, che attraverso l’Antoniano ha lasciato un segno indelebile nella nostra città.
Proprio come il Papa oggi raccomanda per la Chiesa: non bisogna lasciar spegnere la “fiamma” di Dio nella nostra società”.
Da parte sua, Padre Bravi ha sottolineato la conformità dell’esistenza di padre Caroli con la vita e gli insegnamenti di
S. Francesco, che aveva seguito fin da giovanissimo nei
Frati minori. “Come Francesco, ha costruito la sua vita sull’ascolto
della Parola di Dio - ha sottolineato padre Bravi - e l’ha messa
in pratica, servendo i fratelli e annunciando a tutti con gioia la forza del
Vangelo”. Questo percorso, ha concluso il vicario dei francescani “l’ha portato a comprendere il valore anche della morte, proprio
come Francesco: essa è l’approdo del suo lungo percorso e, lungi dall’essere l’ultima parola sulla sua esistenza, è per lui la porta verso, la
Vita”. (G.U.)
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Gianfranco Cammi
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L’ACCERTAMENTO DELLE MINORAZIONI CIVILI
La domanda di riconoscimento
La richiesta di riconoscimento di invalidità
va presentata, dall’interessato o da chi lo rappresenta legalmente (genitore. o tutore) o a
chi ne cura gli interessi nel caso degli inabilitati (curatore). alla Commissione dell’Azienda Usl di residenza. La domanda si presenta dopo aver compilato un modulo disponibile presso l’Azienda Usl che è diverso
per i minorenni e i maggiorenni. Alla domanda bisogna allegare una certificazione
medica che riporti la diagnosi e la tipologia
della menomazione. Alla domanda è possibile allegare cartelle cliniche e la documentazione medica in possesso del richiedente.
L’iter di riconoscimento di invalidità deve concludersi entro nove mesi dalla presentazione della domanda.
La convocazione a visita
Entro tre mesi dalla presentazione della domanda di accertamento la Commissione deve fissare la data di convocazione a visita.
Chi ha richiesto l’accertamento riceve una
comunicazione che indica la data e il luogo
dove verrà effettuata la visita. Il disabile convocato per gli accertamenti sanitari richiesti
può motivare, con idonea documentazione
medica, la propria eventuale impossibilità a
presentarsi a visita.
Questa prassi viene solitamente adottata per
persone allettate o per le quali gli eventuali
spostamenti siano di pregiudizio per la propria salute. Ove il soggetto non sia in grado
di farlo personalmente. tale impossibilità può
essere motivata anche da un familiare convivente.
La visita può essere effettuata anche in costanza di ricovero ospedaliero, in particolare nei casi di ricovero in reparti di lungodegenza o di riabilitazione. Nel caso il richiedente sia ricoverato o domiciliato in una
Azienda Usl diversa da quella di effettiva residenza, può essere richiesto l’accertamen-
to in rogatoria. La richiesta di accertamento
va presentata all’Azienda Usl di residenza.
Questa richiederà alla Commissione dell’Azienda Usl ove è domiciliato o ricoverato il
richiedente di effettuare gli accertamenti sanitari del caso e di comunicarne l’esito alla
Commissione competente che provvede ad
emettere il certificato con l’indicazione della
relativa percentuale.
La Commissione Usl
L’invalidità è riconosciuta da una Commissione operante presso ogni Azienda Usl. La
Commissione è composta da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici di cui
uno scelto prioritariamente tra gli specialisti
in medicina del lavoro.
I medici sono scelti tra i medici dipendenti o
convenzionati della Usl territorialmente competente. Alla Commissione partecipa, di volta in volta, un sanitario in rappresentanza rispettivamente dell’Associazione nazionale
dei mutilati ed invalidi civili (ANMIC). dell’Unione italiana ciechi (UIC). dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti (ENS) e dell’Associazione nazionale
delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali (ANFPAS). Ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie.
La visita
Durante la visita è possibile farsi assistere,
a proprie spese, da un medico di fiducia.
La Commissione può, nel corso della visita,
richiedere accertamenti clinici specialistici ulteriori ed acquisire successivamente agli atti gli esiti di tali verifiche prima di perfezionare la pratica. In seguito alla visita per l’invalidità la Commissione Usl trasmette l’esito alla Commissione di Verifica che lo convalida o meno.
La Commissione di Verifica può anche convocare a visita l’interessato per approfondimenti oppure richiedere chiarimenti alla
Commissione dell’Usl. La Commissione di
Verifica ha comunque tempo 60 giorni per
richiedere la sospensione della procedura,
dopodiché vige il principio del silenzio-assenso.
La Commissione Usl trasmette quindi all’interessato il verbale che riporta l’esito della
visita con annotate le procedure da attivare
per l’eventuale ricorso.
Commissioni di verifica
La Legge 2/12/2005, n. 248 (art. 10) ha trasferito all’INPS le funzioni, attribuite prece-
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dentemente al Ministero dell’economia, di verifica dei verbali di invalidità civile. di handicap (Legge 104/1992) e di disabilità (Legge
68/1999). Gestisce tali funzioni attraverso
proprie Commissioni Mediche di verifica presenti su tutto il territorio nazionale.
Le Commissioni di Verifica hanno sostanzialmente le seguenti competenze: 1) ricevere ed esaminare tutti i verbali redatti dalle Commissioni delle Aziende USL. 2) convalidare i verbali oppure sospenderli per accertamenti ulteriori. In tal senso le Commissioni possono richiedere chiarimenti alle
Commissioni delle Aziende USL, oppure convocare direttamente ad ulteriore visita la persona interessata. 3) restituire alle Commissioni delle Aziende USL, i verbali convalidati oppure l’esito dei successivi eventuali accertamenti. Trascorsi 60 giorni dalla ricezione del verbale inviato dalle Commissioni delle Aziende USL, in assenza di sospensione
vige il principio del silenzio assenso e il verbale viene ritenuto accolto. 4) effettuare visite a campione previste dalla normativa vigente.
PIANO VERIFICHE BENEFICI ECONOMICI DI INVALIDITÀ CIVILE. ISTRUZIONI
OPERATIVE
Circolare n. 26 del 23/02/2009. La circolare
riporta le istruzioni operative che dovranno
essere applicate per l’attività di verifica.
1. Esclusione dalle verifiche.
2. Visite domiciliari.
3. Sospensione o revoca della pensione, assegno o indennità..
4. Verifiche reddituali.
5. Verifiche sanitarie.
6. Medico di fiducia.
7. Convenzioni con la Motorizzazione civile.
UNA NUOVA OPPORTUNITA’ DI INTEGRAZIONE SOCIALE E LAVORATIVA
Un ulteriore passo in avanti nella sensibilizzazione a favore delle persone con sindrome di Down. Il 5 Giugno scorso il Coordinatore Nazionale Sergio Silvestre per il CoorDown Onlus (Coordinamento Nazionale
Associazioni delle persone con sindrome di
Down), il Responsabile Procuratore per l’Italia Mathias Sommer e il Direttore Procuratore Amministrativo Stefano Granata per
la DEICHMANN Calzature Srl hanno siglato un importante accordo di collaborazione
presso la sede della Deichmann a Milano.
LA PREGHIERA
Arcivescovo Giovan Battista Pichieri
Preghiera a S. Paolo Apostolo
San Paolo, apostolo delle genti,
testimone della carità
chiamato dal Risorto sulla via di Damasco
ottienici dalla Santissima Trinità
il coraggio di annunciare il Vangelo.
Ad imitazione delle Chiese da te evangelizzate:
Corinto, Galazia, Efeso, Filippi,
Colossi, Tessalonica, Roma
vogliamo essere anche noi
sul nostro territorio diocesano Chiesa missionaria,
casa di speranza aperta a tutti;
Chiesa che diffonde
il buon profumo di Cristo;
Chiesa dal volto più bello e amorevole.
San Paolo, innamorato di Cristo e della Chiesa,
tienici uniti perché il Mistero
generi in noi l’Amore.
Docili all’azione dello Spirito Santo,
vogliamo anche noi poter dire con te:
“sono stato crocifisso con Cristo
e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.
Questa vita che vivo nella carne
io la vivo nella fede
del Figlio di Dio, che mi ha amato
e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20).
San Paolo apostolo, prega per noi.