6 aprile 2009 BANDIERE A MEZZ`ASTA E NEGOZI CHIUSI
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6 aprile 2009 BANDIERE A MEZZ`ASTA E NEGOZI CHIUSI
autorizzazione: Tribunale di Bologna n. 4277 del 5/6/1973 trimestrale unitalsi emiliano-romagnola 6 aprile 2009 BANDIERE A MEZZ’ASTA E NEGOZI CHIUSI: L’ITALIA IN LUTTO Poste Italiane s.p.a. Sped.Abb.Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB - BO in caso di mancato recapito inviare a Bologna per la restituzione al mittente, previo pagamenti resi anno 2009, n 2, aprile - maggio - giugno Fondato nel 1930 I N QUESTO NUMERO 5 3 7 15 27 Il valore di un sorriso L’Arcivescovo agli ammalati:... Carlo Caffarra 4 Sabrina Immovilli 29 Benedizione nuovo pulmino Benedetto XVI: “Maestro”... Guiscardo Mercati 5 Pier Franco Santandrea 31 Direttive Don Primo Mazzolari Italo Frizzoni 7 41 Danio Romagnoli 33 “Striptease” spirituale XX Convegno Regionale Valerio Valeri Simonetta Delle Donne 15 Terremoto 24 Unitalsi, una famiglia Angelo Torelli Faenza, Fidenza, Modena, Parma 17 Bella tu sei qual sole, bianca... 39 Riconoscimenti Giovanni Paltrinieri - Giorgio Rocca Redazione 20 Oltre... la terra ferma 40 Novità editoriali Alberto Mazzanti Redazione 22 Terromoto Abruzzo 41 Ci hanno preceduto 43 Info utili Galleria immagini 24 Lacrime di gioia Gianfranco Cammi Angelo Torelli 44 Preghiera a S. Paolo Apostolo 26 20 anni consecutivi di... Giovan Battista Pichieri Marco Piolanti editore: U.N.I.T.A.L.S.I. Sezione Emiliano Romagnola direttore responsabile: Italo Frizzoni direzione redazione amministrazione: Unitalsi Emiliano Romagnola via Irma Bandiera 22 40134 Bologna tel: 051436260 fax: 051436371 sito web: www.unitalsiemiliaromagna.it email: [email protected] redazione: Mons. Guiscardo Mercati, Roberto Bevilacqua, Giuliana Calori, Gianfranco Cammi, Rita Coruzzi, Valerio Valeri hanno collaborato a questo numero: C. Caffarra, S. Delle Donne, I. Frizzoni, S. Immovilli, E. Maletti, C. Mazza, G. Mercati, A. Nati, G. Paltrinieri, L. Pedretti, M. Piolanti, F. e P. Reali, G. Rocca, D. Romagnoli, P. Santandrea, A. Torelli,V. Valeri. progetto - elaborazione grafica: Albertazzi, Cammi, Galli - responsabile web: G.Cammi - stampa: Digi Graf Pontecchio M. foto di: Archivio Unitalsi Nazionale e Regionale, Archivio “La Repubblica”, R. Bevilacqua, G. Paltrinieri, G. Rocca, A. Torelli in copertina: Agghiacciante scena del terromoto in Abruzzo. 2 EDITORIALE Cardinal Carlo Caffarra L’Arcivescovo agli ammalati: “non sentitevi mai soli” ■ «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha manda- mo veramente pensare e dire: «Dio è Amore». La Parola di Dio ci dice oggi anche un’altra cosa grandiosa e questa riguarda noi. Gesù nel Vangelo ce la dice con queste parole: «questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati». L’evangelista Giovanni nella seconda lettura ce la dice nel modo seguente: «carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio». L’amore con cui dobbiamo amarci è «come» l’amore con cui Gesù ha amato noi. Come dire che noi impariamo che cosa significa amare e quale è la misura del vostro amore ricevendolo da Gesù stesso: «rimanete nel mio amore», ci dice. Cari fratelli e sorelle, che per una ragione o per un’altra vi siete posti al servizio dell’infermo, siete chiamati a fargli sentire una vicinanza, un’affezione che è quella di Gesù: fargli sentire l’amore di Gesù. Come è possibile che l’amore stesso di Dio diventi la misura e la forma del nostro amore? Diventa possibile mediante l’Eucarestia. E’ l’Eucarestia che dona all’uomo la capacità di misurare il suo amore sull’amore di Dio, poiché è mediante l’Eucarestia che noi entriamo nell’atto oblativo di Gesù. Cari fratelli e sorelle inferme: vedete che vi trovate dentro ad una comunità che nasce da Dio stesso. Non sentitevi mai soli. Stiamo celebrando i santi Misteri con Maria, la Beata Vergine di S. Luca, che appena giunta dal suo santuario ha voluto incontrare voi, e voi siete venuti ad incontrare Lei. «Nel ventre tuo si raccese l’amore», ha scritto il poeta di Maria. E’ vicino a Lei che sentiamo il calore dell’amore di Dio per noi ed Ella vi ha chiamato per ottenervi dal suo divin Figlio l’intima convinzione che «Dio è amore». to il suo Figlio Unigenito nel mondo perché noi avessimo la vita per lui». Sono parole che ci notificano fatti grandiosi. Il fatto principale ed originario è che Dio si è manifestato, si è rivelato. Egli ha tolto da Sé il velo che lo rendeva invisibile ed inattingibile, incomprensibile. Ha manifestato Se stesso. Come si è manifestato: come onnipotente, come infinitamente sapiente, come somma giustizia? Egli si è manifestato come Amore, «perché Dio è amore». Questo è il Volto di Dio. Ma Egli ha voluto che questa manifestazione di Sé non fosse solo parola, avvenisse mediante parole. Ha compiuto un fatto nel quale la manifestazione che Dio fa di Sé stesso come Amore, diventa «carne e sangue»: «Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché noi avessimo la vita mediante lui». In Gesù Dio manifesta il suo Amore per noi nel modo umano, a noi più comprensibile. Quando allora voi nei vangeli sentite narrare che Gesù sente compassione per gli infermi che gli portano perché li guarisca: che Gesù si commuove profondamente quando incrocia un corteo funebre che portava alla sepoltura il figlio di una vedova, e le dice: «Non piangere»: voi pensate che è Dio stesso che si prende cura dell’uomo infermo, che si commuove di fronte al pianto di una vedova. E’ in questo modo che «si è manifestato l’amore di Dio per noi». «Ha mandato il suo Figlio vittima di espiazione per i nostri peccati». La manifestazione che Dio fa di Se stesso accade principalmente sulla Croce: accade nel «figlio vittima di espiazione per í nostri peccati». E guardando cogli occhi della fede Cristo crocefisso che noi vediamo, sappiamo chi è Dio e possia3 LA PAROLA DELL’ASSISTENTE ECCLESIASTICO Mons. Guiscardo Mercati * Benedetto XVI: “Maestro” del nostro pellegrinaggio ■ Cari Amici, abbiamo parlato tante volte del significato del noi uno sguardo a quel futuro davanti al quale il mondo odierno sembra chiudere gli occhi per godere un presente reso fine a se stesso, senza problemi, ma anche senza prospettive e senza senso. Ci dice ancora Benedetto XVI: “Ognuno pellegrinaggio. Ora, con il suo viaggio in Terrasanta, il Papa Benedetto XVI ce ne ha offerto un esempio che merita tutta la nostra attenzione. Noi, infatti, come associazione ecclesiale, abbiamo in lui il nostro primo riferimento, colui che ci è maestro con la parola e con la vita. In questa lunga settimana trascorsa fra Giordania, Israele e Territori Palestinesi abbiamo visto in lui non il politico — anche se ha trattato temi della più scottante politica internazionale — ma il pellegrino apostolico aperto all’incontro con tutti, portatore di pace e di speranza. Sono certo che lo abbiate seguito con una speciale attenzione, non fermandovi ai brevi (e spesso interessati) resoconti dei più diffusi quotidiani o dei telegiornali, ma rileggendo per intero i discorsi da lui pronunciati nei diversi incontri avuti in Giordania, Israele e Territori Palestinesi (li potete trovare, se volete, sul sito www.vatican.va). Nelle parole di Benedetto XVI ci sono diversi passaggi che sembrano dettati proprio per noi. Ad esempio le poche parole con le quali, presso il Centro Nostra Signora ad Amman, ha descritto il significato del pellegrinaggio quale “profondo desiderio di toc- di noi è un pellegrino. Siamo tutti proiettati in avanti, risolutamente, sulla via di Dio”. Come immaginare, infatti, un futuro senza Dio? Sarebbe come camminare incontro a un abisso che immaginiamo nero proprio perché privo di speranza. “La fede e la ragione — prosegue Benedetto XVI — ci aiutano a vedere un orizzonte oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole. L’amore incondizionato di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano, mira ad un significato e ad uno scopo per ogni vita umana, suo è un amore che salva (cfr. Gv 12,32). Come i cristiani professano, è attraverso la Croce, che Gesù di fatto ci introduce nella vita eterna e nel fare ciò ci indica la strada verso il futuro — la via della speranza che guida ogni passo che facciamo lungo la strada, così che noi pure diveniamo portatori di tale speranza e carità per gli altri”. Credo di poter leggere queste ultime parole del Papa come l’indicazione di un esame di coscienza per valutare l’efficienza, in termini di ecclesialità della nostra Unione: siamo davvero, ogni giorno, portatori di futuro — cioè di carità e di speranza — per noi e per quanti stanno intorno a noi? E questa speranza è quella che care e trarre conforto dai luoghi dove Gesù visGesù ci addita alla vigilia della croce se e che furono santificati dalla sua presenza e cioè la speranza e l’attesa della Risurdi venerarli”. Definizione che, ovviamenrezione, l’unica a dare un senso all’esite, possiamo applicare anche ai luoghi dove Maria ha ma- stenza quotidiana, soprattutto quando è connotata dalla sofnifestato e continua a manifestare il suo ruolo di mediatrice ferenza, dalla malattia, dall’oppressione? Il pellegrinaggio, della grazia e della salvezza portateci da Gesù. E’ defini- infine, è anche condivisione: nel pellegrinaggio cristiano non zione che segna un confine netto tra pellegrinaggio e turi- siamo mai soli. Anche se materialmente camminassimo per smo. Se questo è la ricerca di luoghi ed esperienze che ci conto nostro, in realtà con noi ci sono tutte quelle persone “svaghino” dalla nostra quotidianità, facendoci in certo qual per le quali noi dobbiamo farci prossimo amoroso, per le modo uscire da noi stessi, il pellegrinaggio — esattamente quali, cioè, dobbiamo essere specchio dell’amore di Dio. Ebal contrario — è prima di tutto un’esperienza interiore che, bene, in che misura siamo specchio limpido e fedele? In che attraverso la materialità dei luoghi, ci riporta al nostro rap- misura siamo impegnati a tenerci limpidi da ogni macchia di porto con Dio e, in Lui, a ritrovare dentro di noi, la verità del interessi personali, di egoismo, di autoaffermazione? In che nostro esistere come persone singole, come Chiesa, come misura il nostro agire individuale e associativo rispecchia consocietà civile. Per questa ragione il pellegrinaggio “materia- cretamente il canto “Dov’è carità e amore, qui c’è Dio”? Io sarò il le” — il viaggio che facciamo a Lourdes o a qualunque al- primo a fare questo esame di coscienza. Se lo faremo tutti tro santuario — è segno dì quell’altro pellegrinaggio che ci insieme, al di là di qualunque vicissitudine che possa tocriporta (per dirla con Sant’Agostino) a rinnovare di giorno in carci, l’Unitalsi sarà sicuramente sempre più se stessa, più giorno, per mezzo di Gesù Cristo, il nostro “uomo interiore” per fedele al suo carisma, strumento di salvezza nel senso più risorgere alla vita eterna. Ed è un segno efficace (è sempre ampio ed evangelico della parola. Ed è ciò che vi auguro, a sant’Agostino a ricordarcelo) purché sia contrassegnato dal- partire dall’intensa stagione dei pellegrinaggi che vivremo in la grazia di Dio. Capirete perciò il mio continuo richiamo al questa estate. sacramento della confessione. II pellegrinaggio diventa per *Assistente Ecclesiastico Regionale 4 PERSONAGGI Italo Frizzoni * Don Primo Mazzolari (Cremona 1890 - Bozzolo 1959) Una voce viva per la Chiesa del nostro tempo ■ Il 14 aprile hanno preso avvio le manifestazioni celebrative del 50° anniversario della morte di Don Primo Mazzolari (1959 — 2009), secondo un programma stabilito dalla Fonda- ma diocesi di Cremona, dove don Primo fu parroco per 27 anni, dal 1932 alla morte, e nella cui chiesa parrocchiale di San Pietro è sepolto. Quest’uomo di straordinaria capacità zione Mazzolari, dalla Regione Lombardia, dal Comune e dalla Parrocchia di Bozzolo unitamente alla Chiesa Ambrosiana. Alcune iniziative sono iniziate sul finire del 2008 ed altre termineranno nel 2010 ma tutte serviranno per fare conoscere e capire meglio la figura di questo grande prete sia in Italia che nel mondo. Bozzolo è il paese, nel Mantovano sia nell’oratoria che nella scrittura, fu antesignano del valore delle nuove forme di comunicazione per avvicinare coloro che avrebbero potuto rinnovare un rapporto con la Chiesa nel dopoguerra, precursore del Concilio Vaticano II. Una figura carismatica di trascinatore, che sostenuta da una vocazione profonda, sempre rinsaldata e rinnovata anche nei momenti di crisi, vis5 suta con gran forza d’animo, che ha svolto quotidianamente la sua missione pastorale, con amore e impegno. E’ stato un prete sempre in prima linea, contro le ingiustizie, accanto ai bisognosi e ai poveri, che ha vissuto la storia contemporanea da protagonista dalla sua andata al fronte durante la prima guerra mondiale, come cappellano militare al seguito delle truppe, nella resistenza, all’appello al rinnovamento della Chiesa fino alla promozione della pace al tempo della guerra fredda. Le sue idee, esposte in numerose opere (1) provocatorie, anticiparono, a volte di decenni, alcune delle grandi svolte dottrinali e pastorali assunte dal Concilio Vaticano II, in particolare quelle riguardanti la “Chiesa dei poveri”, la libertà religiosa, il pluralismo, il “dialogo con i lontani”, la distinzione tra errore ed erranti, creando con la pubblicazione de “Il compagno Cristo” polemiche e scandalo nei benpensanti e contrasti nella Chiesa. Fu spesso censurato e perseguitato dalla dittatura fascista e purtroppo, non sempre apprezzato dalla gerarchia ecclesiastica; a seguito della pubblicazione della “Lettera ai Vescovi” gli fu proibito dal Vescovo Poma di predicare fuori della sua diocesi, guadagnandosi così la fama di prete scomodo e di frontiera. Fedele ai suoi principi, continuò a tener vive le sue idee, ma non venne mai meno all’obbedienza. Questa fedeltà gli è valsa, anche se tardivamente, verso la fine degli anni cinquanta, a ricevere le prime attestazioni di stima da parte delle alte gerarchie ecclesiastiche e l’ammi- razione di due futuri papi, Paolo VI che nel 1957 ancora Arcivescovo di Milano ebbe a dire: “lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a stargli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”, poi quella del Patriarca di Venezia Angelo Roncalli, divenuto papa Giovanni XXIII nel febbraio del 1959 che lo ri- cevette in udienza privata e lo salutò pubblicamente “Tromba dello Spirito Santo della Bassa Padana”. (1) Opere Pubblicate in vita Il mio parroco. Confidenze di un povero prete di campagna, 1932 La più bella avventura. Sulla traccia del 'prodigo', 1934 Lettera sulla parrocchia. Invito alla discussione, 1937 Il samaritano. Elevazioni per gli uomini del nostro tempo, 1938 I lontani. Motivi di apostolato avventuroso, 1938 Tra l'argine e il bosco, 1938 La via crucis del povero, 1938 Tempo di credere, 1941 Anch'io voglio bene al Papa, 1942 Dietro la Croce, 1942 Impegno con Cristo, 1943 La Samaritana, 1944 Il compagno Cristo. Vangelo del reduce, 1945 La pieve sull'argine, 1952 Il segno dei chiodi, 1954 La parola che non passa, 1954 Tu non uccidere, 1955 [ora: Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] La parrocchia, 1957 [La Locusta, Vicenza] I preti sanno morire, 1958 Pubblicate postume Si tratta per lo più di carteggi, antologie, raccolte di suoi discorsi e prediche oppure di scritti apparsi su giornali o in circostanze occasionali. La parola ai poveri, 1960 [La Locusta, Vicenza] Zaccheo, 1960 Della tolleranza, 1961 Della fede, 1961 Viaggio in Sicilia, 1961 [ora: Sellerio, Palermo] Diario di una primavera (1945), 1961 Lettera a una suora, 1962 [La Locusta, Vicenza] Preti così, 1966 La chiesa, il fascismo, la guerra, 1966 [Vallecchi, Firenze] Rivoluzione cristiana, 1966 Discorsi, 1968 Lettere al mio parroco, 1974 Quasi una vita. Lettere a Guido Astori (1908-1958), 1974 Obbedientissimo in Cristo. Lettere al vescovo, 1917-1959, 1974 [Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] Diario. I -II, 1974-1984 [Nuova edizione: Diario I (1905-1915), Il (19161926), III A-B (1927-1937), 1997-2000] Il coraggio del 'confronto' e del 'dialogo', 1979 La carità del Papa. Pio XII e la ricostruzione dell'Italia (1943-1953), 1991 [Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] Lettere alla Signora Maria [Maria Nardi Traldi], 1994 [Edizioni della Fondazione don Primo Mazzolari] Il Padre Nostro commentato da don Primo Mazzolari, 1996 [Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] Ho paura delle mie parole. Scritti ai politici, 2000 Con tutta l'amicizia. Carteggio tra don Primo Mazzolari e Luigi Santucci, 1942.1959 [Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo] Il giornale "Adesso” è stato integralmente ripubblicato, in ristampa anastatica dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. *Presidente Regionale 6 EVENTI Valerio Valeri XX Convegno Regionale ”Da Lourdes a...” Parma 14 marzo 2009 Dopo l’esperienza, da tre anni a questa parte, del Ritiro Spirituale regionale a Nevers nel mese di ottobre e, considerato che il tema del Santuario di Lourdes per l’anno 2009 è rappresentato proprio da Bernadette, miglior titolazione non si poteva dare a questo nostro XX° Convegno regionale, che ha visto la partecipazione di circa 260 soci provenienti anche dalla vicina Sezione Lombarda. L’accoglienza dei Padri Domenicani che reggono il Santuario di Fontanellato, dedicato alla Beata Vergine del Rosario, e degli amici della Sottosezione di Parma che hanno preparato colazione e pranzo, è stata calorosa: meno la giornata che inizialmente nebbiosa e fredda ha costretto le nostre “povere” Pina e Silvia, addette all’accoglienza esterna, a sobbarcarsi una notevole quantità di gelo “atmosferico”. Dopo il saluto e il ringraziamento ai convenuti, da parte del Dr. Mineo, Presidente della Sottosezione di Parma ed un breve ricordo di Mons. Bonicelli, recentemente scomparso, hanno ugualmente salutato il Presidente della Sezione Emiliano Romagnola, Italo Frizzoni e il Presidente della Sezione Lombarda, Germano Benedusi, che si è detto entusiasta del tema proposto e ha ricordato come si debbano condividere ed accettare tutte le proposte che vengono fatte in campo unitalsiano, senza arroccati localismi. “L’Unitalsi deve andare avanti con il cuore e non con le regole; unico solo ideale deve essere quello associativo per mettersi al servizio con umiltà”. Il Presidente nazionale, Dr. Antonio Diella, nel suo preambolo, ha anch’egli ricordato l’importanza di questa occasione per parlare della figura di Bernadette e della presenza di Gesù Cristo dentro l’Unitalsi. “Ripar7 tire con Bernadette, dopo un anno così importante come quello Giubilare, è un dono e una grande possibilità per avere il senso chiaro di quello che si fa e di cosa ne viene, nella vita, dopo un pellegrinaggio. Da Bernadette impariamo ad innamorarci di nuovo della nostra vita per non dare nulla di scontato, ma riguardarci dentro con stupore; siamo persone innamorate di Gesù”. Il primo dei tanti interventi della giornata è stato condiviso da Suor Benedetta e Suor Marzena, della Congregazione delle suore di Nevers, che hanno parlato di “Bernadette e Suor Marie Bernard” cercando di farci comprendere come Bernadette abbia vissuto, concretamente nella vita, il messaggio ricevuto a Lourdes, approfondendo l’amore per Gesù. La “petite merdeuse”, come veniva indicata Bernadette dai suoi concittadini, cioè “la piccola pezzente dei bassifondi” rappresenta il rispetto di Dio per tutti gli uomini. “Ella scopre, attraverso Maria, che per Dio, anche la sua misera vita ha valore! Dio non è un dio lontano, ma sempre vicino all’uomo! Giunta a Nevers, Bernadette scopre come servire i poveri e gli ultimi, con totale atto di fiducia in Dio, fino alla morte”. 13 anni passò Bernadette a Nevers vivendo una vita totalmente e gioiosamente donata. Le sue continue parole furono: “non abbiate altri affari che quelli della carità; altri interessi che quelli degli ultimi: i peccatori, dopotutto, sono nostri fratelli!”. “Bernadette, per favore, prestaci i tuoi zoccoli per entrare nella scoperta dell’amore gratuito e sovrabbondante del Padre: per lasciare risuonare nel nostro cuore l’invito a riconciliarci, a condividere, a perdona- re” La storia di Bernadette è, praticamente, la storia del desiderio di conoscere Gesù fin da piccola, fin dalla Prima Comunione. Nella spiritualità di Nevers, ritroverà il messaggio di Gesù scoprendo l’inaudita gratuità del Padre. Prende coscienza dell’invito di Dio di mettere i suoi passi su quelli di Gesù; si sente chiamata 8 a consacrarsi in Cristo nel servizio ai poveri. “Più il povero è disgustoso, più bisogna amarlo!”. Il Presidente nazionale, nel suo intervento “Bernadette e il servizio unitalsiano”, riprende qualche tema del precedente intervento, provando a segnalarci alcuni aspetti della vita di Bernadette, per capire cosa dica, oggi, a noi. “Bernadette ha capito, alla Grotta, quanto poteva essere amata! La prudenza di Bernadette nell’identificare Aquerò, non ci dice quanto grande fosse il suo stupore per essere stata amata in maniera, per lei, eccessiva! Le viene data una promessa di felicità e le viene affidato un compito. Noi unitalsiani, senza stupore, non ce ne facciamo niente della nostra vita! Siamo bravi e belli per quanto siamo amati! Bernadette fa una scelta radicale di povertà, pur sapendo quanto fosse importante il denaro: riafferma la sua libertà di persona scegliendo il distacco dalle cose della vita! Ella non appartiene al mondo che contro di lei nulla può fare, anche se il mondo appartiene a lei. Dio dà un compito, chiedendo te- stimonianza e presenza diversa per far comprendere agli altri cosa rimane di quel gesto. Bernadette ha scelto e ha capito la sua vocazione andando a servire gli anziani più poveri: ha compreso cosa Dio voleva per la sua felicità! Voleva essere felice e ha compreso che la sua felicità poteva essere solo l’esperienza di Dio! Tutto quello che aveva ricevuto era un dono, non una proprietà! Noi non siamo proprietari di un’esperienza: il dono di Dio, nella nostra vita, è più grande di quello che vorremmo possedere noi. Bernadette era libera perché non si affaticava a possedere il dono avuto. E’ facile fare servizio ai malati simpatici e ai poveri che dipendono dal nostro gesto di carità! Importante, invece, è quello che meno ti può gratificare! Quanto di tutto ciò ora vale anche per noi? Per noi e per l’Unitalsi è tempo di guardare a Bernadette come scelta della nostra vita. E’ scavando nel fango che si vive l’esperienza della liberazione; scavare sempre più a fondo, a rischio di romperci le unghie! Il gesto di Bernadette dovrebbe essere quello dell’Unitalsi perché, se noi viviamo co- me lei, l’esperienza di scavare nel mondo della malattia e della sofferenza, anche noi ci sporcheremo con il fango e, il lavaggio con l’acqua pulita, sarà Dio! Bernadette parlava dif- 9 ficilmente delle apparizioni; doveva esserne sollecitata. Aveva l’atteggiamento di star zitta nel cuore e di aspettare che quel mistero le cambiasse la vita: pregava e serviva! L’incontro di Bernadette con l’Eucaristia ci dice che è forse tempo di rivedere la nostra capacità di rapportarci davanti a Dio; unire i calli delle mani a quelli delle ginocchia per rivitalizzare l’Eucaristia. Negli ultimi anni della sua vita, Bernadette ha vissuto l’esperienza della sola preghiera, perché non in grado di fare altro! Anche a noi può capitare di non essere più in grado di svolgere un determinato servizio e, allora, impariamo da lei che ha compreso come quello fosse un passaggio educativo nella sua vita. In fin dei conti, Bernadette è una santa banale, ordinaria, una come noi! Non ha cercato applausi e gratificazioni dal mondo. Abbassiamo dunque anche noi la testa della va- nagloria associativa per far sì che la nostra gloria sia la capacità di scavare più a fondo e di restare in ginocchio! Dall’amore da lei vissuto, dobbiamo comprendere di moltiplicare la nostra gioia, assumendoci la responsabilità della gioia di coloro che incontriamo. Bernadette parlava spesso del Cielo, noi del destino e dell’eternità, ma era la stessa cosa. La nostra prospettiva è il Cielo e quindi, dobbiamo appassionarci al Signore per l’immeritato amore ricevuto. Ci lamentiamo spesso che Dio ci manca, non è con noi e poi, sul più bello, all’improvviso, prorompe in noi! Ecco perché dobbiamo imparare ad amare e ad aprire a Lui il nostro cuore. La nostra povertà deve essere la capacità di dare una testimonianza d’amore: solo aprendo il cuore ed amando davvero potremo trasmetterla e comunicarla!” L’ultimo intervento della mattinata è stato proposto dall’Assistente regionale dell’Unitalsi Lombarda, don Giovanni Frigerio e ha riguardato :”il dialogo d’amore tra Dio e Bernadette”. Don Giovanni è partito dalla pagina del vangelo riguardante le Beatitudini per affermare che la purezza del cuore è la completa disponibilità alla chiamata del Signore; chiamata a seguire ed imitare Gesù. “Bernadette ha conosciuto un’unione con Dio sem- 10 plice e profonda: un’esperienza eccezionale dell’amore di Dio. La sua Prima Comunione è l’incontro con Gesù che dona il suo cuore; è un’unione di anima e corpo.Il cuore di Gesù risorto è il corpo mistico di tutta la Chiesa. Bernadette si unisce spiritualmente a tutte le Messe che si celebrano, ogni momento, in ogni parte del mondo. La povertà è contare su Dio e sui suoi doni in ogni istante della vita: non contare su noi stessi. Dio ci chiama alla santità e ci offre tutti i mezzi per raggiungerla. Il messaggio di Lourdes, rivolto ai più lontani, è la via della purificazione. Bernadette, malata e buona a nulla è uno strumento nelle mani di Dio. La purezza di cuore è stata il segreto del dialogo di Dio con Bernadette. Tutto posso in colui che mi dà forza, vale sia per San Paolo che per Bernadette”. Dopo la Santa Messa presieduta dal nostro Assistente regionale, Mons. Guiscardo Mercati, all’interno del bel Santuario dedicato alla Beata Vergi- ne del Rosario e concelebrata dai vari sacerdoti presenti al Convegno, si è dato spazio al momento conviviale che è servito a rifocillare il corpo, dopo aver rinforzato lo spirito. La celebrazione del Rosario, meditato dal Priore di Fontanellato, Padre Daniele Mazzoleni, ci ha riportati nel pieno ambito spirituale della giornata ed è stata di preambolo per il proseguio pomeridiano del Convegno che ha visto per primo l’intervento del Vice Assistente nazionale Mons. Luigi Marrucci sul tema: “Nella Chiesa con l’Unitalsi”. Prendendo lo spunto dall’episodio del vangelo riguardante la guarigione della suocera di Pietro, Mons. Luigi ha ricordato come la malattia possa essere sia fisica che morale e, come essa serva a verificare i nostri affetti e a riappropriarci di noi stessi. “Il Signore, quando si avvicina alla nostra vita, ci prende per mano e ci rialza, donandoci la bellezza che ci aveva regalato nel battesimo, non per merito nostro, ma per amore suo. Appena guarita, la suocera di Pietro, si mette a servire; sa di essere stata amata e sollevata, quindi serve. E’ proprio perché siamo amati che sia- mo invitati a servire gli altri! E’ qui che nasce la nostra locazione unitalsiana e Bernadelte lo sapeva bene! Se poniamo Gesù al centro della nostra vita, sempre ci salva con i mezzi che ci offre. La fede di Bernadette e il suo cammino spirituale rispecchiano quello di ogni cristiano”. Continuando, Mons. Luigi si è riferi- 11 to al testo uscito dal recente Congresso Eucaristico di Verona presentando 4 punti fondamentali: La Chiesa nelle relazioni, per cui occorre comunione, corresponsabilità e dialogo cordiale; l’attenzione alla persona, cioè cosa sia e cosa significhi essere uomo. L’uomo non ha quaggiù la sua dimora, ma deve puntare all’alto; non è destinato alla fine, ma al fine. Il vangelo da reinventare; va riletto e ricompreso da ogni generazione, per costruire una nuova cultura; deve essere riadattato per l’uomo di quel determinato tempo. Testimoni del testimone: chi fa parte di una associazione, come l’Unitalsi, una volta fatta la scelta, rimane legato alla Chiesa, per cui è necessario far crescere in noi questo senso di appartenenza alla Chiesa stessa. “L’Unitalsi è una associazione pubblica accolta nella Chiesa e quindi, noi che vi apparteniamo, dobbiamo vivere nella Chiesa, fuori da essa, moriamo.” Concludendo, Mons. Marrucci ha affermato che il fratello de- grinaggi ma anche presenza attiva nel territorio in adempimento alle richieste dei malati in ottemperanza all’articolo 1316 del Catechismo della Chiesa Cattolica. L’Unitalsi è perciò scesa in campo cercando di rompere l’isolamento sociale,secondo il motto “il bene bisogna farlo bene”. Bernadette con la sua operosità è un modello significativo di vita attiva e contemplativa insieme, alla quale l’Unitalsi si rivolge con devozione. Questi elencati sono i principali ambiti di azione dell’Unitalsi: 1 ) La principale domanda dei parenti di un disabile è: chi dopo di noi? Ma anche: chi durante noi? La creazione delle Case famiglia Unitalsi ha cercato di dare una risposta in questo senso. ve essere un peso per il cristiano, perché solo se è un fardello è importante, se no è una semplice cosa. Infine, il Vicepresidente Nazionale ha introdotto “Unitalsi dei progetti”, presente nel territorio nazionale. La svolta statutaria del 1997 ha determinato un cambiamento radicale nella vita dell’associazione: non solo pelle- 2) Servizio Civile Nazionale, laddove l’Unitalsi educa ai valori di cittadinanza attiva oltre a svolgere funzioni di avamposto ecclesiale. 3) Progetto Bambini (accoglienza dei familiari di bambini ricoverati in luoghi diversi da quelli di residenza) 4) Attività di promozione sociale (recuperAbile, Ortogiardino, corso di primo soccorso, handicap e sessualità, formazione responsabili Unitalsi, formazione Amministratori di sostegno). 5) Partecipazione alle attività di Protezione Civile Nazionale 6) Scuola di formazione per Unitalsiani Secondo il relatore questa nuova mentalità unitalsiana, questo diverso modo di condividere la strada con i disabili è un cammino inarrestabile, è il cammino dell’Unitalsi. 12 13 14 Angelo Torelli Terremoto Il terremoto è invadente, il terremoto è subdolo, il terremoto è cattivo. Come tutti imparo del terremoto al mattino presto dalla radio, come tutti sono molto dispiaciuto e impaurito per le persone che l’hanno subito, protagonisti loro malgrado di un evento così sconvolgente e improvviso; non so ancora che anche per me questo non sarà un terremoto da guardare alla tele. A metà mattina chiedono dalla Sezione di preparare un equipaggio che si tenga pronto a partire, e allora inizia l’inquietudine, la stessa di quando mi avvicino alla parete di una montagna sconosciuta, con il timore che sia più forte di me. Qui in zona non si trova nessuno disponibile così su due piedi ed è con sollievo che comunichiamo la cosa a Bologna: sarà per la prossima occasione. L’idea di non dover andare mi tranquillizza, o forse no. So benissimo che, se solo lo volessi, potrei partire con un altro equipaggio: “Signore sei tu che stai chiamando?” Questa volta il Signore ha la voce genti- le di una segretaria e quella arrabbiata di un presidente regionale: un volontario si è ritirato ed io ho 5 minuti per buttare qualcosa nello zaino; metto tutto il mio eroismo nella risposta: “Ma non hai proprio trovato nessun altro?” Poi i dubbi finiscono di botto: sacco a pelo, qualche indumento caldo: il terremoto insegna la sobrietà. Il viaggio non è facilissimo: qualche ritardo, l’autostrada parzialmente chiusa e dovunque i lampi gialli e blu dei mezzi di soccorso in movimento. Poi improvvisamente muri con grandi crepe e piccoli mucchi di macerie che lambiscono la strada, anche la montagna si è scrollata di dosso terra e sassi, scoprendosi debole lei stessa. Tantissime automobili parcheggiate hanno i vetri appannati all’interno, qualche volontario passeggia aspettando la luce del giorno, altre figure lente come improvvisi fantasmi si muovono avvolte in una coperta. I vigili del fuoco si riposano sdraiati sul marciapiede, hanno il colore della polvere che copre tutto. La nostra destinazione è Piazza d’Armi 15 a L’Aquila, in piena notte scopriamo che non è una vera piazza, ma un campo da atletica vicinissimo al centro, sirene vanno e vengono nel buio fuori dal campo; sulla pista sportiva i mezzi dell’Unitalsi che ci hanno preceduto. Ancora prima del sole, si sentono le pale degli elicotteri, un rapido giro per orientarsi: qui i bagni chimici, là l’ospedale da campo, poco sopra le montagne innevate che in un altro tempo e in un altro luogo mi suggerirebbero silenzio e pace, qui fanno venire in mente solo il freddo. Il terremoto fa paura. Il compito dell’Unitalsi è ciò che sa fare da sempre: l’assistenza a chi non è autosufficiente: i friulani della protezione civile montano le tende alla velocità della luce, poi arrivano i letti e siamo noi a prepararli per chi non riesce da solo, i friulani non sono abilitati a toccare le persone: l’Unitalsi si. La nostra infermiera fa il primo giro per controllare le terapie che annota su un quadernetto da scuola, trova una signora che ha dormito col cagnolino a fianco, avvolto in una coperta, ma il cagnolino è morto e bisogna convincere la signora a lasciare quella che era la sua compagnia. Le persone hanno una giacca o una vestaglia e sono in ciabatte così come il terremoto le ha buttate in strada, una delle sorelle regala le sue calze a due piedi gelati. Una signora sdraiata a terra ci insulta in mille modi nonostante l’infinita delicatezza con cui la posiamo sul letto, altri non ricordano il proprio nome. Con la coda dell’occhio vedo una vestaglia rossa che riconosco in direzione dell’uscita e la rincorro, poi mi avvicino piano e le parlo con voce tranquilla: non si può tornare a casa, le porgo il braccio per tornare alla tenda blu, sembra rasserenata e intanto penso che è stato importante che io ci sia sta- to anche solo per lei. La Provvidenza agisce nel terremoto. Le sorelle vorrebbero cambiare vestiti e pannoloni, ma manca ancora tutto, intanto fanno conoscenza con le persone, le ascoltano. Una famiglia con due persone diversabili ha trovato un alloggio lontano, proprio nel paese di origine della segretaria che mi aveva telefonato a casa, la coincidenza ci fa sorridere mentre la chiamiamo dal pulmino che utilizziamo per il trasporto, i famigliari sono davvero grati all’Unitalsi per il servizio e l’efficienza e noi ci alterniamo alla guida per non rischiare di addormentarci. Un rapido calcolo: delle ultime 42 ore ne abbiamo dormita una sola; guardando gli unitalsiani che si spendono senza risparmio, penso che è un grande privilegio essere circondato da queste persone. Tra i tanti, Maria Lilia, presidentessa dell’Abruzzo, riesce a muoversi instancabilmente nel caos che la circonda ed è sempre presente. Il terremoto moltiplica le energie. Iniziano ad arrivare i materiali donati con generosità, altrove le persone devono frugare come accattoni tra la merce scaricata; invece all’Unitalsi una intuizione felice: si improvvisa un mercatino dove non servono soldi, qualcuno seleziona e suddivide, altri distribuiscono ai banchi improvvisati, tutto è molto ordinato. “Mangiate senza denaro… “ scriveva Isaia. Adesso serve biancheria intima, tute e maglioni, poi chiederanno il necessario per l’igiene; invece arrivano tacchi a spillo, tailleur, vestiti logori e sporchi che intasano immediatamente il poco spazio disponibile. Il terremoto libera le coscienze e le cantine. Qualcuno accompagna alla dialisi o dal medico, i nostri pulmini consentono una organizzazione flessibile ed efficace e sono in continuo movimento. Alcuni dei nostri hanno davvero paura quando una delle scosse li coglie dentro la farmacia dell’ospedale: sembrano razzi mentre spingono fuori la signora in carrozzina. Che cosa è questo silenzio? Non ci sono più le sirene che corrono per strada: ormai il triste conteggio e le deboli speranze sono finite. Intanto la sabbia del salto in lungo si popola dei castelli dei bimbi, le sorelle ora hanno il necessario per pulire e cambiare, si or- ganizza la distribuzione dei pasti a chi non può andare alla mensa, si fa la ricognizione degli altri campi dove serve la presenza dell’Unitalsi; tanti di noi ora sono semplici magazzinieri, ma serve anche questo. Mille sono i racconti che raccogliamo: “Tanti sacrifici crollati in un attimo…”, “Il ragazzo del piano di sopra non c’è più…”, “L’Aquila è sparita per sempre…”, eppure tutti i racconti si concludono nello stesso modo: “Ma noi siamo ancora qui, e questo è ciò che conta!” Il terremoto insegna cosa è davvero importante. Con gratitudine accogliamo i nostri sostituti: quattro giorni senza lavarsi, riposare e mangiare adeguatamente sono davvero sufficienti, anche se sappiamo già che il campo ci mancherà. Una sorella ride di me perchè mi infilo nel sacco a pelo col berretto in testa, un barelliere appena arrivato si scandalizza che non ci sia un posto dove i volontari possano dormire comodamente: “Come si può fare servizio se non si riposa bene?” Sorrido a mia volta pensando a quanto abbiamo imparato in quattro giorni. Il terremoto è una scuola. Nessun danno ai disabili ospitati a San Demetrio Nessun danno ai disabili ospitali a San Demetrio I disabili che vivevano nella Casa accoglienza a San Demetrio distrutta dal terremoto sono tutti salvi, evacuati e trasportati al campo presso lo stadio dell’Aquila. Lo ha comunicato l’Unitalsi, spiegando che la «Casa Maria Immacolata di Unitalsi e Caritas diocesana di Giulianova dovrebbe essere la sede dove verranno ospitate più di 100 persone, tra cui disabili e anziani». L’associazione sta attualmente svolgendo i compiti assegnati dal Dipartimento della Protezione Civile: trasporto, con mezzi attrezzati e carrozzine, di anziani e disabili dai luoghi di abitazione verso i cinque campi allestisti finora. In via di trasferimento anche i giovani reclusi nella struttura di detenzione minorile dell’Aquila, risultata anch’essa danneggiata dal sisma. Sei stranieri saranno ospitati presso l’Istituto penale di Roma «Casal del Marmo». Altri sette andranno a Potenza, Bari e Firenze. a pagina 22 e 23 galleria di immagini 16 SALUS I NFIRMORUM Giovanni Paltrinieri * - Giorgio Rocca ** Bella tu sei qual sole, bianca più della luna Nel corso di una settimana a cavallo tra aprile e maggio 2009, due artisti bolognesi hanno realizzato quattro opere pittoriche sul muro della terrazza del nono piano del Salus Infirmorum di Lourdes. Tali lavori so- no direttamente fruibili dagli ospiti del Salus, e ben visibili anche dai pellegrini che all’entrata del viale che conduce alla Basilica volgono lo sguardo in alto sul lato destro. Da questa terrazza si gode una vista stupenda che va dalla facciata della Basilica, al viale che ad essa conduce, e sul fiume Gaves che scorre vivacemente al suo fianco. Volgendo lo sguardo sul lato opposto vediamo la possente mole del castello che sovrasta la cittadina, e sul fondo le prime alte propaggini dei Pirenei che sono sovente imbiancate. L’aria è spesso frizzante; quasi ogni pomeriggio il cielo riserva una pioggia scrosciante. Poi, nel corso della notte il cielo si rasserena, tanto che al mattino i brillanti raggi solari invadono con forte luminosità l’intera vallata. Questo è il paese di Bernadette Soubirous, la fanciulla a cui apparve la Madonna sopra i rovi di una grotta, centocinquanta anni or sono. Il territorio a quel tempo era ben diverso da quello attuale: allora era un villaggio di povera gente, posto fuori dalle principali vie di comunicazione, ben diversamente da come lo vediamo ora. Ma qui apparve la “Bianca Signora”, il cui miracolo maggiore è stato quello di portare qui tanti cuori inariditi e di averli mutati; qui hanno imparato a pregare volgendo gli occhi al cielo. In quest’ottica di forte espressione religiosa i nostri due “Autori” hanno voluto lasciare una loro personale testimonianza artistica sul muro del Salus Infirmorum. La lettura di tali interventi, andando da destra a sinistra — per chi guarda - lungo la terrazza, è la seguente. Oltrepassando la porta di vetro a lato degli ascensori ed uscendo all’esterno, incontriamo per primo il “Logo” dell’Unitalsi (opera del pittore Giorgio Rocca). Si tratta di una immagine policroma di grandi dimensioni: indicando in tal modo la proprietà del fabbricato, si evidenziano le finalità di questa istituzione, volta al trasporto dei malati verso i luoghi di preghiera mariani. A seguire, una grande immagine dipinta della Vergine di Lourdes (opera di Giorgio Rocca). La sua bianca figura si stacca dallo scuro fondale della grotta, attorno al quale spuntano numerosi fiori sbocciati nel momento dell’apparizione. Essa sembra 17 volgere lo sguardo verso la vera grotta che in linea d’aria è assai vicina, mentre quasi ai suoi piedi uno striscione a mezzaluna ripete la definizione con cui la Vergine si presentò a Bernadette: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Proseguendo, incontriamo un grande Orologio Solare (opera di Giovanni Paltrinieri). Lo Gnomone (cioè l’asta metallica che produce l’ombra sul quadrante dipinto in parete), ha una lunghezza di mm 550. Esso è collocato obliquamente per posizionarsi esattamente in linea con l’Asse Terrestre, tanto che idealmente infiggendosi nel muro e proseguendo la sua corsa all’infinito, centra la Stella Polare. Fissandosi in parete, lo gnomone si colloca al centro di un grande Sole, affiancato dalla Luna, e da qui si dipartono le Linee Orarie che gestiscono la misura del Tempo sul Quadrante grazie all’ombra dell’Asta. L’ombra quindi nel corso del giorno indica l’Ora del Luogo, cioè il Tempo indicato dal Sole che sino ad un secolo fa era l’unico a cui tutti si riferivano. Poi, quando alla fine dell’Ottocento si stabilì la regola dei Fusi Orari di carattere internazionale, il “Tempo Solare” lasciò il posto a quello “Civile”, successivamente modificato con l’ulteriore variazione dell’Ora Legale. Ne deriva, che quando l’ombra indica le ore 12 precise, è effettivamente Mezzogiorno per questo luogo, l’arco di tempo che intercorre tra Alba e Tramonto è esattamente tagliato a metà, ed il Sole in quel momento è posizionato rispetto all’osservatore in precisa direzione Sud. A causa del sistema dei Fusi, dell’Ora Legale, della Longitudine Locale, e di altri fattori astronomici, l’Ora dell’Orologio Solare non coincide però con l’Ora Civile: il divario inoltre, non è costante ma varia di giorno in giorno, sebbene si ripeta ogni anno allo stesso modo. Per consentire di conoscere l’ora corrente in Tempo Civile attraverso l’ombra del Sole, dopo aver letto l’Ora sull’Orologio Solare, dovremo aggiungere l’ammontare dei minuti indicati in una apposita Tabella dipinta a lato, entro un grande ovale (seconda opera di Giovanni Paltrinieri). Così ad esempio, supponendo che l’Orologio Solare a metà di Giugno indichi le ore 12, seguendo il grafico dovremo aggiungere 1h Om, alla quale ne aggiungeremo un’altra trattandosi di un pe- riodo in cui vige l’Ora Estiva (normalmente indicata come Ora Legale). La effettiva lunghezza dello gnomone si conclude con una sfera, la quale ha una particolare funzione. La sua ombra sul quadrante, in considerazione alla diversa altezza che assume il Sole nel corso dell’anno, determina il fattore calendariale dello strumento. Infatti, al 21 giugno (giorno più lungo dell’anno), la sfera descrive nel corso delle ore la curva in basso che costeggia le ore 12, 1, 2, 3, 4, indicandoci che quello è il Solstizio Estivo (Segno del Cancro). Infatti in quel giorno il Sole assume la sua massima altezza sull’orizzonte, e quindi l’ombra dello gnomone è la più lunga possibile nel corso dell’anno. Dopo tale data, il percorso tracciato dalla sfera si accorcia ogni giorno, e la curva che descrive è sempre meno arcuata, sino a tracciare nel corso delle varie ore una retta. Tale andamento avviene il primo giorno di Autunno: la durata del giorno è identica a quella della notte (Segno della Bilancia: Equinozio Autunnale, 23 settembre). Poi l’ombra, accorciandosi sempre più, descrive una curva in senso opposto, che trova la sua minima estensione al Solstizio d’Inverno: 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno. Dopo tale data le giornate cominciano ad allungarsi, e così il 21 marzo il tracciato corrisponde di nuovo all’Equinozio (questa volta Primaverile), coincidente sempre con la retta autunnale sopra-descrit18 ste” superiore, identificata con la forma sferica della cornice. Oltretutto, nel punto in cui lo gnomone si infigge in parete, e da esso si generano le linee orarie, è posto un Sole a cui si sovrappone la Luna, a motivo del “Motto” dipinto entro il grande ovale presente a lato dell’Orologio che recita: “bella tu sei qual sole bianca più della luna” Le opere realizzate sulla parete di questo elevato balcone, realizzate nel 2009, intendono suggellare la conclusione del Centocinquantesimo delle apparizioni. L’ovale attiguo, porta infatti la doppia data: 1858 — 2008. ta. E così di seguito, sei mesi l’ombra si accorcia, ed altri sei si allunga, all’infinito. Abbiamo dunque visto che l’ombra dello Gnomone non serve solo per indicare l’ora, ma sebbene con una certa approssimazione, anche una indicazione calendariale, ed è quindi possibile con uno strumento solare indicare un certo giorno dell’anno corrispondente ad un particolare avvenimento. Anche l’Orologio Solare del Salus Infirmorum sfrutta questa possibilità, ed infatti sul quadrante troviamo annotata una data in corrispondenza di una curva che attraversa l’intero strumento: 11 febbraio. Tale data corrisponde al giorno della prima apparizione della Madonna di Lourdes, ed è stata scelta per celebrare la sua ricorrenza. Per sottolineare questo fatto, l’Orologio Solare mostra il trac- ciato che descrive in tale data la sfera dello gnomone, sottolineando quindi in modo chiaro tale avvenimento. E proprio per dar maggior risalto all’effetto simbologico e mistico di questo giorno, al quadrante è stata data la forma che vediamo: sotto la curva dell’11 febbraio l’intera incorniciatura è di forma squadrata per sottolineare la dimensione “Terrestre”, in opposizione a quella “Cele19 *Giovanni Paltrinieri meridiane - orologi solari – gnomonica Le opere firmate da Giovanni Paltrinieri, gnomonista in Bologna. www.lineameridiana.com **Giorgio Rocca l’Arte a Bologna www.roccagiorgio.it VIVERE PER GLI ALTRI Don Alberto Mazzanti * Oltre... la terra ferma Bom dia a tutti da Macapa, capitale dell’Amapa, estremo nord del Brasile, dove, in qualità di prete bolognese Fidei Donum associato al Pime (Pontificio Istituto Missionario per l’Estero) e a disposizione della diocesi locale, mi trovo ormai da tre mesi. Non è poco e neppure molto, secondo i tempi e i ritmi di qua. Posso considerarmi ancora dentro il tempo di ambientamento e formazione e quindi non ho un incarico pastorale definito, fisso. Cioè: non ho ancora una “mia parrocchia”, o un luogo stabile di vita e lavoro, ma tutt’ora mi dispongo ad aiutare qui e là, secondo le necessità contingenti e più urgenti dei padri del Pime e della diocesi. Una opportunità in più per studiare, visitare e conoscere luoghi e realtà differenti di questa regione amazzonica. Questi sono luoghi di storia e cultura peculiare, tanto è vero che il Pime desidera che io rafforzi la mia preparazione frequentando in agosto un corso specifico, a Belem o in altra città amazzonica qui.... vicino (si fa per dire). Regione variegata questa fetta di Amazzonia , che non corrisponde propriamente a quella che il nostro immaginario collettivo ci suggerisce, per ispirazione di molti films all’Indiana Jones. Ci sono sì fiumi e foreste. Ma anche e soprattutto brulle distese di fazendas e (poche) cittadine moderne. La romboidale pianura di Amapa è posta esattamente sull’equatore, è il lembo più estremo del nord Brasile e quello più orientale dell’Amazzonia, ovvero: ospita il delta del Rio Amazzoni. Molte strade di terra battuta ma anche qualche arteria asfaltata. Gli Indios e le loro riserve stanno all’estremo nord dello Stato, che ancora 20 non ho potuto visitare. Un padre del Pime lavora nella pastorale degli indios da più di trenta anni. Ma la maggior parte della popolazione è cabocla (con sangue indigeno) e di discendenza nordestina (soprattutto del Maranhào), dato che l’Amazzonia si è popolata grazie a forti spinte immigratorie, di gente di fuori alla ricerca di terra, oro, legno. Ma è chiaro che a forza di “grattare” senza riporre ciò che si è preso, la terra ne ha risentito negativamente, a volte “morendo” Anch’io ho avuto l’occasione di vedere la tristezza delle queimadas, ovvero delle superfici forestali completamente e abusivamente bruciate per sfruttarle a coltivo di monoculture predatorie (eucaliptus, pini...). Di oro un po’ se ne trova, nei garimpos, ovvero le impervie zone di estrazione. Ma quanto lavoro schiavo an- cora c’è qui, nelle fazendas e nei garimpos. Il vicino e grande stato del Parà detiene il triste primato di schiavi, cioè: gente costretta a lavorare quasi gratis, senza potersi liberare dai debiti contratti al momento stesso dell’assunzione capestro (ti abbiamo pagato il viaggio di andata... ridacci i soldi) e senza poter fuggire. Tanto, chi controlla, chi difende?... E chi denuncia e difende, viene ammazzato. Vedi suor Dorothy Stang, trucidata nel 2006 da un pistoleiro. A Pasqua sono stato ad aiutare in una parrocchia di estensioni enormi, terra di fazendas e assentamentos (accampamenti di gente in cerca di terra da coltivare). Ma per causa di molta pioggia non è stato possibile girare attraverso strade fangose e con crateri da far invidia a Marte. E dei temuti serpenti... ne ho visto solo uno, lo sprovveduto del gruppo, già spiaccicato in mezzo la strada, sotto il peso di qualche Toyota 4 x 4. Eh, qui l’acqua è proprio abbondante, sia quella che cade dal cielo sia quella che corre nei fiumi. In Amapa fino ad ora tutto sta nella normalità pluviometrica, ma nel vicino Parà e nel nordestino Piauí e Maranhào i senza casa per alluvioni sono numerosi, in questi ultimi giorni. Maggio e giugno corrispondono al nostro inverno, mesi particolarmente piovosi... tra i dodici mesi piovosi dell’anno equatoriale.... E’ bene ricordare che la stragrande maggioranza del- la popolazione vive in città, dove si concentrano un’alta percentuale di funzionari pubblici e quella più numerosa di miserabili che vivono in palafitte delle depressioni piene di acqua, le baixadas. E’ presumibile che la mia collaborazione missionaria si svolgerà nella pastorale urbana, dove le necessità paiono più preoccupanti e urgenti, secondo l’opinione corrente della diocesi. Nell’attesa di “gettare le reti”, ho avuto occasione di accompagnare per qualche giorno il lavoro pastorale tra il povo riberinho, ovvero la popolazione che vive lungo i fiumi, in piccole comunità raggiungibile solo di barca e con gente esperta (è facile incagliarsi). C’è una parrocchia, Nossa Senhora dos Navegantes, che è formata esclusivamente da quasi cento di queste comunità, sparse in raggio di diversi km quadrati di fiumi e fiumiciattoli, gli igarapé: un vero labirinto di acqua. Il parroco, padre Valentino, del Pime, mediamente naviga per più di duecento giorni all’anno, visitando le piccole comunità e facendo il suo lavoro pastorale. La barca è la sua casa parrocchiale. L’amaca (rede), il suo letto. La bimba della foto abita nella comunità di santo Andrei, nell’igarapé di Fàbrica. La piccola chiesa, le case (isolate), tutto è di legno. Il fiume con le sue basse e alte maree dona ancora buon pesce (ma allarme: sta diminuendo!). Il paesaggio molto bello, la foresta intorno impenetrabile e generosa. Tra le attuali ricchezze naturali, è di spicco Vagai, una palma che dà frutti ben pagati, perché la polpa è molto buona da mangiare e nutritiva e piace anche al sud, 21 nella metropoli di San Paolo: quindi è diventato un buon negotio (affare commerciale) ; è ottima anche per fare cosmetici, etc.. Di più: dai rametti si estrae altro alimento delizioso: il palmito. Tutti qui raccolgono e mangiano l’agai na tigela, con zucchero e farina di mandioca... Mi piace molto l’acai, ma senza zucchero e senza farina, por favor... solito italiano! Gente di varia provenienza forma il popolo dei fiumi, buona e semplice, povera ma mai misera, accogliente e tranquilla, almeno quella che ho conosciuto. Che per necessità e virtù si adatta ai ritmi naturali e quindi ha tempo e voglia di conversare e di riunirsi, di fare... un bagno. E di fuggire..., se necessario. Mi riferisco a una sorridente ragazza, che all’ultima notte del corso biblico è letteralmente scappata (di canoa e remo) col fidanzato segreto, ufficializzando così il loro fidanzamento. Queste sono le prime impressioni sul popolo dei fiumi, sapendo bene che Tv e novela sono arrivate anche là, grazie ai generatori elettrici. E che la sirena di alcune modernità urbane incanta molto, e che in fondo... l’umanità è sempre la stessa, ovunque.... Al ritorno, ho fatto conoscenza diretta della qui chiamata maresia, ovvero del grande fiume mentre è ben agitato, con onde e pioggia, per quasi tre ore. Lo stomaco ha retto bene sul barco dom Joào, nome in omaggio al defunto vescovo. Ma l’effetto diuretico è garantito. Siamo quindi approdati sani e salvi nel porticciolo di Fortaleza, in Santana, a 22 km da Macapa, e nell’orecchio mi sono portato a casa la melodia del canto - programma di questi giorni: .. “..è tempo di ser Igreja...”. Um abrago! *d.Alberto Mazzanti. padrealbertomazz©ig.com.br LA PAGINA DEI GIOVANI Angelo Torelli Lacrime di gioia Pellegrinaggio Nazionale Giovani a Siracusa Quando avevano annunciato una meta insolita e ambiziosa come Siracusa, in tanti avevamo pensato alle difficoltà che questa scelta avrebbe comportato; invece, come spesso accade, gli ostacoli hanno il merito di stimolare energie diverse. Così è stato per tanti aspetti, a partire dalla nutrita “prima volta” dei ferraresi e degli extracomunitari di S.Marino, passando per le conferme dei fantastici romagnoli e degli emiliani che contavano anche sulla presenza allegra e vivace dei propri madrelinguisti calabresi. Alla fine ne è venuta una partecipazione numericamente uguale a quella di Loreto ed Assisi degli anni scorsi (questo è il terzo pellegrinaggio nazionale dei giovani), ma la novità di una Emilia Romagna che si è spostata tutta insieme ha consentito di formare un bel gruppo unito sia nel servizio che nello svago; un aspetto, questo, che ha dato un sapore ancora più coinvolgente al viaggio e che sarà da tenere presente per i progetti futuri. Quella che sarà l’unica difficoltà ce la dicono appena usciti dall’aeroporto: “Qui siamo al sud e sulla accessibilità delle strutture abbiamo ancora molto da fare, a cominciare dai pullman che non hanno gli elevatori per le carrozzine.” Ma l’u- nica conseguenza di questo piccolo disagio saranno i lividi sui gomiti degli amici disabili che sbattevano ovunque nelle tante salite e discese dai mezzi. Anche una frettolosa guida turistica ci prova il giorno dopo: “Ci dispiace, ma chi ha difficoltà motorie non può scendere nelle catacombe perché la scala è pericolosa.” Ha ha ha! Il ghigno di Billo è più eloquente di qualunque risposta: “Voi non conoscete l’Unitalsi” dice quel sorri- so di traverso mentre la prima carrozzina è già a metà scala. Lo stesso sorriso compare beffardo anche su altre facce, mentre la solita guida ci dice che lì sotto è vietato fotografare: ormai è guerra aperta. Quando riemergiamo ci accorgiamo che la stupefacente mole del Santuario “Madonna delle lacrime”, che già ci aveva meravigliato nella notte dell’arrivo, domina la città da ogni punto di vista, ma lo fa con la quiete elegante, potente e rispettosa che Maria ci ha insegnato nel Vangelo e a Lourdes. Davvero affascinante que24 sta struttura che, pure enorme, riesce ad essere accogliente come una tenda che Dio ha posato sulla terra, dimora stabile, luminosa e compassionevole. Sarà questo Santuario il piatto forte delle giornate siciliane, un centro colorato dai tanti significativi segni che il coordinamento nazionale ha saputo distribuire: la terra di ogni regione che viene unita nell’unico sacco e arricchita col sale, la testimone oculare della lacrimazione di quell’umile icona da cui tutto è cominciato, le proiezioni che raccontano il cammi- no e i cammini che ci hanno portato lì. Poi la fiaccolata notturna per le strade cittadine che coi suoi mille e mille cuori viventi cuce trame che vanno dal mare alla terra, da antichi palazzi pagani alla testimonianza di quel Paolo che, passando anche da qui, ha reso vive le comunità dell’Asia e dell’occidente. E ancora la festa colorata di tarantelle, di pasta di mandorle e di leggere mongolfiere che salgono nel buio come prodigiose meduse luminose. L’ultimo giorno arriva troppo presto e ci trova in riva al mare, attorno ad un altare che è una barca e sotto ad una croce che è un pennone dal quale spiegare le vele; vero porto dal quale prendere il largo, come fanno let- teralmente il Vescovo e i rappresentanti delle regioni, saliti a bordo di un battello per uno scoppiettante saluto finale. Se del piatto centrale abbiamo già detto, il contorno sono stati i segni grandiosi lasciati dai greci e dai romani e i lustrini lasciati dai politici del G8 appena concluso, mentre il condimento, ricco, gustoso e abbondante, è stata quella fraternità di ogni attimo che rende commossi e felici di appartenere all’associazione. Ancora lacrime agli ultimi saluti in aeroporto, lacrime da occhi che ridono e che dicono di giorni belli già finiti ma anche della voglia forte di continuare a scrivere quella stessa storia che è passata da Siracusa. 25 Marco Piolanti 20 anni consecutivi di “Treno della Grazia” Quello che è partito il 18 giugno scorso con destinazione Loreto, è stato il 20° Treno della Grazia consecutivo. Quando nel 1990 ripartì, dopo una breve esperienza — poi sospesa all’inizio degli anni ‘70, fu una “scom- de. Perché di servizio si tratta, particolarmente alle “membra più deboli” che, ricorda S. Paolo; sono le più necessarie. I bambini e i ragazzi sono stati e restano i protagonisti principali del Treno della Grazia, e fra loro, l’attenzione speciale è rivolta ai bimbi e ragazzi diversabili. In questi messa” vinta. Far collaborare associazioni diverse: Unitalsi, ACR (Azione Cattolica Ragazzi), CRF (Centro Regionale Famiglie), era già impegnativo; a volte, infatti, è faticoso collaborare all’interno di una stessa associazione!... Ma evidentemente questo pellegrinaggio-campo scuola era cosa gradita al Signore e la sua guida aiutò ed aiuta a superare personalismi, rinunce, ostacoli e mette nel solco del più autentico servizio in spirito di fe- 20 anni ne abbiamo incontrati tanti: i loro sorrisi, le preghiere, le testimonianze, e i silenzi non vuoti negli sguardi vivi di alcuni di loro, sono stati la garanzia di aver preso una strada giusta. Nei gruppi, nel canto, nella lode, nel gioco... in Basilica, in piazza, sotto i portici, al parco o al mare... le differenze sono state smussate; molte barriere “mentali”, più ingombranti talvolta di quelle architettoniche, pur ingiuste, sono state attenuate. Lo ab- ...”per fare un uomo ci vogliono 20 anni”cantava una vecchia canzone... 26 biamo sperimentato nella spontaneità dei bimbi e dei ragazzi, uniti e “confusi” in un’unica festa; lo vediamo nel crescente desiderio d’adolescenti di “mettersi in gioco” in un’età e in un contesto spesso non facili per loro; è presente nella fedeltà di educatori e personale (sorelle e barellieri) che con passione svolgono i rispettivi preziosi servizi. Il “quadro” poi si arricchisce delle presenze dei medici, religiose, Sacerdoti assistenti, Vescovi sia della nostra regione sia coloro che in questi anni sono stati Pastori nella diocesi lauretana. Le tante famiglie che vi prendono parte, specialmente quelle provate dalla sofferenza, hanno trovato sostegno e conforto: nella Santa Casa la presenza amorevole e consolante della Mamma celeste è dono per tutti. Ecco perché il Treno della Grazia è rimasto fedele al nome impegnativo che si è dato: non confida solo sui doni (...e le miserie) dei figli pur generosi che lo hanno reso possibile, ma invoca, dal Dio di ogni dono, l’aiuto che mai viene meno. Grazie per questi suoi primi vent’anni e lunga vita a chi ancora “scommette” sull’Amore. Vi aspettiamo il prossimo anno per una nuova “avventura”, perché la grazia è infinita. RACCONTO Sabrina Immovilli Il valore di un sorriso Quella notte la terra ha tremato ed ha portato alla ribalta la sua potenza distruttrice travolgendo nel suo impeto fra le macerie sogni, speranze, vite. Quella stessa natura capace di stupirci allo sbocciare di un fiore a primavera, farci sorridere davanti al miracolo della nascita, innamorare al rosso di un tramonto, ci ha sconvolto. Immobili davanti a quelle immagini trasmesse in tv ci siamo sentiti impotenti. Troppe le lacrime da trattenere e grande il desiderio di unire le nostre mani a quelle mani che scavavano senza sosta, che avevano un’unica speranza di trovare persone da salvare e non corpi da tumulare. Emozioni forti, difficili da controllare. In un attimo ho compreso che il mio posto non poteva essere quello della semplice spettatrice ma doveva essere parte in mezzo a loro per condividere tra freddo, pioggia e fango le lacrime e la disperazione. Ho compreso che il modello da me faticosamente perseguito per tutta la vita doveva portarmi a scelte forti. Quel Ge- sù che è morto anche per me non poteva lasciarmi indifferente. Il 17 di aprile finalmente mi sono trovata insieme ad altri 8 volontari alla volta di L’Aquila. Beatrice, Candido, Laura, Dante, Beppe, Martina, Arnaldo e Dante sarebbero stati per me non soltanto compagni di viaggio, ma di servizio nell’amore e nella condivisione. Non voglio però raccontare la cronaca di una settimana tremenda e meravigliosa al contempo, che farà per sempre parte del mio vissuto. Voglio raccontare emozioni, sensazioni, quanto mi resta nel cuore di questi pochi giorni di servizio al prossimo. Voglio capire cosa raccontare ai miei ragazzi a scuola essendo docente di Religione Cattolica in un istituto tecnico superiore, oltre ovviamente a quanto visto, sentito, incontrato, provato, vissuto. Cosa è meglio trasmettere a chi pensa che fare volontariato serva solo a persone che non hanno di meglio da fare nella vita? Parlerò del valore di un sorriso perché non è facile sorridere quando ti 27 trovi all’interno di un campo sportivo, Piazza d’Armi, non più teatro di giochi, competizioni, allegria, ma coperto di tende blu, tutte uguali, del Ministero degli Interni. Qui pioggia, fango e lacrime condividono lo spazio di quanti fino a pochi giorni prima vivevano nella splendida città ora ferita, sofferente, apparentemente morta. Eravamo chiamati non solo al servizio, ma a portare un po’ di luce dove nemmeno il sole aveva il coraggio di mostrarsi e brillare. Sentivo le lacrime premere con prepotenza dal fondo del cuore per sgorgare tra le palpebre e confondersi con la pioggia incessante. Eravamo tra loro, ma non potevamo capire fino in fondo la loro disperazione. Dormivamo al freddo, spesso senza posto in tenda, all’interno dei gelidi furgoni, ma sapevamo che era temporanea la situazione. A casa avremmo ritrovato le comode e dolci comodità che loro avevano visto crollare. Chi aveva perso tutto come poteva sorridere? Dove trovava la forza per farlo? Eppure nonostante la disperazione i loro occhi ci accarezzavano dolcemente. Facevamo il possibile per sollevarli dalla loro tremenda situazione, eravamo una goccia nell’oceano eppure ci sorridevano. Amata gente d’Abruzzo come posso non ricordare la forza, la dignità, quanto mi hai pur da terra martoriata insegnato? Albina, dolce, esile, impalpabile anziana sprofondata quella notte nella più tetra disperazione. Incontrarti è stato difficile. Chiusa nel tuo sordo dolore facevi scorrere nelle vene il terrore nel vedere la tua casa crollare. Una piccola borsa marrone senza più tracolla conteneva quanto rimasto di una lun- ga vita. Da quella notte, trascinata sotto quella grigia tenda non avevi più abbandonato la branda. Uno stratagemma, piccole bugie, la complicità di tua figlia, il nostro amore ci hanno consentito di farti uscire allo scoperto su quella carrozzina come una foglia in un vento impetuoso. Il sole quella mattina brillava e il Gran Sasso era imponente e splendente. I tuoi occhi però restavano chini a guardare il tuo sordo dolore. Pian piano io e Laura ti abbiamo strappato uno sguardo, una parola, un sorriso. Sarà impossibile scordare quella luce che ti ha illuminata anche solo per pochi istanti. Caro Bruno, quella tua barba così lunga e bianca e quel cappello dal quale non ti separavi mai mi ricorderanno la tua fierezza. Il tuo sorriso caldo e rassicurante mi ha aperto la porta dei tuoi ricordi. Con quanto amore mi hai descritto il tuo lavoro di scultore durato un’esistenza intera e andato perduto sotto le macerie in 20 terribile secondi. Con quanta determinazione pensi ad una prossima opera. Guardi al futuro. Eleonora, dolce, sensibile, premurosa dodicenne mi hai regalato la tua forza. Il terremoto ti ha tolto la casa, ridotta in macerie, ma non la voglia di sorridere, correre, giocare. Ci hai accompagnato nel nostro servizio di mensa all’interno del campo. Ti sei messa a disposizione per imparare, per non sentirti inutile. Piccoli e brevi ricordi di momenti indimenticabili. Un signore, l’ultimo giorno nella tendopoli, ha risposto al mio sorriso di saluto con un abbraccio. Non ti conoscevo, mi hai sussurrato un semplice: grazie, senza di voi noi non saremmo qui. Ripenso quasi tutti i giorni al viaggio d’andata. Su quell’autostrada non sapevo bene a cosa sarei andata incontro ma non vedevo l’ora di arri- vare. Viaggiavo nel furgone solo con Candido che non conoscevo affatto. Ad ogni parola che usciva dalla sua bocca percepivo amore e trasporto mentre si accingeva a tornare al campo. All’andata non potevo comprendere del tutto le sue emozioni, ora frati ho potuto simbolicamente riabbracciare il mio Padre spirituale, Padre Costanzo, cappuccino da me conosciuto 22anni fa e deceduto lo scorso anno. Nel cimitero monumentale ho sentito quella sua paterna presenza e in sono diventate parte di me. Ho lasciato per ultima Beatrice, due parti dello stesso universo. Il sole e la luna si sono incontrati in un freddo campo sportivo sferzato dal freddo pungente e dalla pioggia incessante. Ho condiviso con lei quasi ogni istante della settimana. Le notti gelate accucciate a dormire nel furgone in mancanza delle brandine sotto le tende. Gli abiti inzuppati d’acqua e fango ci erano compagni nel sacco a pelo incapace di scaldarci. L’acqua che pioveva sulle brandine mentre cercavamo di ripararci nel sacco a pelo sempre più celato dalle coperte impilate per il freddo. Beatrice col suo timido sorriso, i suoi dolci occhi neri che hanno versato lacrime di commozione quanto le lacrime che cadevano dal cielo sempre più cupo. Mi ha insegnato tantissimo. Grazie ai quel momento non mi sono sentita sola pur se in lacrime. Due mie compagne e volontarie mi sono state discretamente vicine e mi hanno regalato un incontro che sognavo da anni di fede e condivisione. Il caldo e rassicurante sorriso dei giovani frati provenienti dalla Sardegna ha accompagnato le nostre giornate, ci ha donato quel conforto che ha elevato i nostri spiriti, provati dalla stanchezza e dagli agenti atmosferici. Hanno creato con la loro fede quello spirito che ci ha maggiormente coesi nei momenti di preghiera. Ci hanno fatto sentire nel cuore quello Spirito che prepotentemente voleva abitare in noi, nel campo, per farci capire che nonostante la morte e la distruzione adesso eravamo in cammino verso la rinascita. Lo Spirito Santo è stato nostro compagno di viaggio. 28 CERIMONIE Pier Franco Santandrea 19 aprile 2009: benedizione nuovo pulmino Eccellenza, carissimi Roberto Visani, Vice sindaco di Imola, Italo Frizzoni, Presidente regionale Unitalsi Emiliano-Romagnola, ma soprattutto dott. Alessandro Zavatti, titolare della “Farmacia ai Cappuccini” di Imola e non ultimi consiglieri, soci,volontari e amici della Sottosezione di Imola il più cordiale saluto e ringraziamento per aver accolto l’invito a presenziare a questo eccezionale avvenimento per la vita della attività di solidarietà verso le persone in difficoltà che l’Unitalsi imolese da anni svolge nel nostro territorio. E’ la quinta volta che la sottosezione di Imola celebra un simile avvenimento, che è frutto ed attenzione di tante persone generose che hanno compreso il va- lore di quanto cerchiamo di fare verso il prossimo in difficoltà e che hanno voluto contribuire intervenendo fattivamente, collaborando anche economicamente, alla prosecuzione e miglioramento di una originale forma di fraternità che è basata sulla gratuità sotto ogni profilo: -il mettersi a disposizione per mettere in moto la catena di solidarietà con il proprio impegno personale; -l’offrire l’aiuto a chi è in difficoltà senza gravare sulle scarse o nulle risorse economiche di chi è costretto a stendere la mano e chiedere la carità; -saper cogliere e, nel limite del possibile affrontare e risolvere, le problematiche che si presentano dimostrando nei fatti che ciò che viene fatto è basa- 29 to sul principio cristiano di “fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi”. Posso affermare, come testimone diretto, che gli imolesi, e non solo loro, hanno conosciuto, apprezzato e condiviso questo nostro impegno e lo hanno sostenuto, lo sostengono e se ne fanno anche carico. Oggi si compie un altro passo nel miglioramento del servizio con un nuovo automezzo che ha una storia che viene da lontano ed è frutto di un atto di carità che si completa con questo oggi. Ho vissuto personalmente quanto sto per ricordare, perché è iniziato quando nel lontano 1956 sono entrato a far parte, come barelliere, dell’Unitalsi imolese. Sotto la presidenza di mons. Carlo Fer- ri, vi era un gruppo di dame, oggi chiamate sorelle di carità, che mettevano in pratica ciò che l’azione del presidente seminava nelle realtà parrocchiali della nostra Diocesi: la presenza del presidente-pastore che tramite i parroci riusciva ad entrare in contatto con i malati delle nostre realtà e stimolava la partecipazione alle varie iniziative con particolare riguardo ai pellegrinaggi. Dopo questo avvio di dialogo, entravano in campo le nostre “dame”: la segretaria Tina Menzolini Bertozzi, la contessa Piermattei, Lora Palmonari, la signora Taroni, la signora Berti Ceroni, e, non ultima, la dottoressa Giovanna Flamigni Zavatti, farmacista. Voglio spendere un momento nel sottolineare ciò che, nel silenzio e nella discrezione, la signora Giovanna faceva: quando si accorgeva che qualche persona era in difficoltà economica e di conseguenza non poteva sostenere il costo della partecipazione ad una qualche iniziativa, arrivava una misteriosa offerta che ne copriva l’importo. Quante volte Giovanna era, assieme alle altre “dame”, la nostra cassaforte da cui trarre il necessario per aiutare i nostri poveri. Nessuno conosce quanto abbiano profuso per opere di bene, ma il loro seme sparso dà ancor oggi copiosi frutti. Oggi ne vediamo un fulgido esempio, che è la continuazione di un cammino scaturito all’interno di una famiglia, la famiglia Zavatti, che prosegue da madre in figlio e rende manifesto il valore di un percorso fatto di attenzione e di condivisione delle difficoltà di chi anche oggi non riesce a vivere in modo decente le proprie necessità. E’ mio dovere ricordare come la signora Giovanna sia stata l’iniziatrice occulta del servizio di trasporto gratuito disabili soli nella nostra realtà. Ne parlammo nel corso di un incontro di segreteria e poco tempo dopo il qui presente dott. Alessandro mi avvicinò e chiese delucidazioni in merito alla possibilità di utilizzo di un pulmino per svolgere il servizio a favore dei disabili. L’iniziativa si concretizzò in breve con la donazione del nostro primo pulmino da parte del Lyons Club Valsanterno del quale era presidente. Ancora una volta la famiglia Zavatti si dimostra mecenate nei nostri riguardi, ma soprattutto attenta a cogliere i bisogni del nostro territorio ed a farsi carico della loro soluzione, mettendo mano anche al portafoglio. Occorre infine sottolineare la delicatezza e lo spirito che è alla base di questa donazione: prima di tutto il non voler sbandierare che si sono messi a disposizione dei soldi, eliminando la dicitura “dono di”, che indica la delicatezza del gesto; in secondo luogo lo spirito, veramente cristiano, che è alla base di questa iniziativa: il ricordo di una mamma, la signora Giovanna, che è di una persona viva, presente oggi in mezzo a noi con il suo spirito, e non la memoria di un defunto. A nome dell’Unitalsi imolese, dei nostri amici in difficoltà che potranno muoversi con maggiore facilità e comodità per soddisfare le proprie esigenze, dell’intera comunità imolese che troverà ancor più presente la mano amica della nostra associazione, per essere buoni samaritani che, pur con i propri limiti e manchevolezze, si fanno carico di portare sollievo a coloro cui la vita chiede sacrifici al limite della sopportazione, ma che vengono ricambiati da chi li riceve con gesti anche piccoli, 30 ma pieni di gratitudine, gioia e ammirazione, un grazie immenso, a lettere maiuscole. Carissimo Alessandro e con lei la sua Famiglia e la sua Farmacia, che oggi completa la sua missione, di sollievo alla salute, in opera di solidarietà e di attenzione concreta e condivisa verso chi si trova in difficoltà nella salute e nella vita, un vero grazie immenso, del quale conserverò, nel cuore, le confidenze che ci siamo scambiati nel corso del cammino organizzativo di questo stupendo evento e che fanno onore sia alle splendide motivazioni che l’hanno fatto scaturire che alla evidente manifestazione di apprezzamento e condivisione di quanto l’Unitalsi imolese cerca di fare verso i poveri e bisognosi della nostra città. Grazie di cuore a nome dell’intera nostra associazione non solo a livello locale, ma nazionale ed un abbraccio fraterno, al quale desidero accomunare la sua grande mamma Giovanna. Che il Signore, padre della vita, la benedica e la ricompensi per questo gesto, con l’augurio di poterla vedere presto, come farmacista, nella nostra Casa Lourdiana “il Salus” a curare la farmacia dei nostri ambulatori situati in quella struttura di accoglienza dei nostri ammalati. Arrivederci a Lourdes. L’ANGOLO DEL M EDICO Danio Romagnoli * Direttive Il giorno 21 marzo u.s. si è svolto, come ogni anno, l’incontro regionale dei medici unitalsiani della Sezione Emiliano Romagnola e come ogni anno, non vorrei essere ripetitivo, il numero dei presenti era veramente esiguo, una decina circa. Evidentemente non è facile per tutti capire che essere medici unitalsiani non no. La responsabile sanitaria di Sezione ha chiaramente informato di quanto sia minuzioso e, aggiungo, gravoso, il ruolo che deve svolgere durante l’anno, incontri a livello nazionale dove vengono fornite linee guida sui compiti e le responsabilità civili e penali dei medici che partecipano ai pellegrinaggi e come la buo- sumere un ruolo veramente significativo soltanto fondendosi con una capillare organizzazione. Ed ecco che, quindi, non ci trovano affatto impreparati le direttive indicate dai responsabili nazionali in quanto da noi realizzate già da molti anni. •La lettera che la Dr. Anna Romual- significa dare la propria disponibilità per una settimana all’anno, ma, nei limiti del possibile, essere presenti alle necessità di Sottosezione o Sezione, partecipare ad una riunione (una all’anno) che dà significative linee guida sul comportamento durante i pellegrinaggi e non, imparare cosa distingue un medico unitalsia- na riuscita dei nostri viaggi dipenda da una organizzazione curata nei minimi particolari. Queste direttive, a livello nazionale, sono state evidenziate solo negli ultimi anni, ma per noi, della Sezione Emiliano Romagnola, non sono una novità, anzi, forse siamo stati un trampolino di lancio nel far capire che il volontariato può as- di invia a tutti i medici partecipanti ad ogni pellegrinaggio, con particolare mandato al responsabile. •La riunione fatta in treno per una preliminare organizzazione dei servizi dal primo all’ultimo giorno, durante i viaggi, all’arrivo, alla partenza, durante la permanenza a Lourdes, sia in ambulatorio che alle varie funzioni. 31 •Il coordinamento sanitario assiduo per puntualizzare, passo dopo passo, l’organizzazione assistenziale. •La collaborazione con i volontari della C.R.I. da sempre positiva per l’intensa partecipazione professionale ed umana. •L’importanza di momenti di approfondimento spirituale mediante incontri quotidiani sostenuti dall’Assistente Ecclesiale durante i quali vengono, contemporaneamente, predisposti gli ordini di servizio del giorno successivo, affrontate e chiarite problematiche quotidiane. •Il rapporto di rispetto con il sistema sanitario locale in funzione di una fattiva collaborazione. •Garantire un primo soccorso sia in ambulatorio che negli alberghi ma successivamente affidarsi al sistema nazionale francese. •L’importanza della presenza di una figura psicologica-psichiatrica per affrontare casi specifici. A tutto questo si aggiunge la necessità di eseguire, da parte dei medici di Sottosezione, uno schema riassuntivo della scheda sanitaria, riportante nome, cognome, patologia, terapia, diete particolari e altre esigenze in modo da rendere più agevole e meno gravosa l’opera della Dr. Romualdi nel compilare la scheda generale (introdotta da noi da più di dieci anni) indispensabile per rendere più rapida ed efficace l’assistenza ordinaria o d’urgenza da parte del medico e degli infermieri. Purtroppo, nonostante i reiterati appelli fatti in questa rubrica, solo poche Sottosezioni seguono questa normativa la cui utilità è palese agli occhi di tutti. Chi segue questa rubrica si sarà reso conto che nulla di nuovo ci è stato detto in sede nazionale, tutto questo è nato spontaneamente già da anni con successive e continue migliorie dettate dalla volontà e dall’esperienza dei singoli medici. Pochi giorni fa ha avuto luogo il terribile sisma del- l’Aquila, tanto è stato detto ma, soprattutto, tanto è stato fatto e ancora una volta si è avuta una profonda dimostrazione di dove può arrivare il volontariato altamente organizzato. Ed ora presento un contributo del Dr. Testa da Fiorenzuola al quale ogni commento sarebbe pleonastico. “...Da che mondo è mondo, l’umanità di fronte al dolore, ha conosciuto solo la disperazione o la rassegnazione. Oggi addirittura si giunge ad ipotizzare l’eutanasia come estremo rimedio. La compassione di Dio è invece accettazione se pur dolorante, della croce, di tutte le croci, perché quello che per noi è condanna, per Lui si trasfigura fino a diventare valore, il più grande valore che l’uomo sia in grado di esprimere. Ma il prodigio più grande, quello che rende possibile questa trasfigurazione della croce, sta a monte. Il Vangelo della croce è prima Vangelo, buona notizia sul senso della storia dell’umanità, sul perché di ogni uomo e della sua vita. A questo livello non c’è uomo o donna al mondo che non abbia bisogno di “compassione”. Se la storia è solamente un girare a vuoto senza un traguardo e senza una direzione, se l’uomo nasce e muore per caso senza un “perché” allora veramente tutta l’esistenza è un assurdo. La compassione di Dio pone invece la storia umana sotto il segno della speranza, perché non è che la maturazione, se pur lenta e misteriosa del Regno di Dio che ha in Cristo il suo principio ed il suo compimento. Ed è nell’atto stesso di “compatire” con gli uomini che Dio comunica loro l’energia promotrice di questa maturazione che è l’amore, rendendoli capaci di diventarne protagonisti attraverso la loro esistenza in qualunque situazione si svolga. E così ogni persona è al mondo con la vocazione all’amore e ogni vita è missione di amore. Tutto ciò che una persona fa, può esserne occasione e stru32 mento. Ma poiché la misura del valore e dell’importanza di una persona è l’amore di cui è capace, c’è un momento in cui se ne raggiunge il culmine ed è quando la persona stessa diventa evento totale di amore. E’ il momento della croce. ...Nessuno, in questa società che sembra impazzita dietro la smania dell’efficientismo, del pragmatismo, del consumismo è più importante di voi (malati). Voi siete una delle poche riserve di speranza che ci sono rimaste, perché in questo mondo, così spesso senza cuore, voi siete proprio il cuore. Credo di poter dire di voi, che “completate nelle vostre membra ciò che manca alla passione di Cristo”, ciò che S. Paolo diceva di Lui:”mentre i giudei chiedono miracoli ed i greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, ma che per noi è diventato sapienza, giustizia, santificazione e redenzione”. Voi siete tra noi i depositari e i testimoni dell’unica autentica sapienza, che è la sapienza del cuore! Voi siete gli artefici della vera giustizia che non sta nel produrre e distribuire delle cose, ma nel produrre e nel diffondere comunione! Voi siete la nostra santificazione perché, in ogni momento, in voi è vinto l’egoismo che ci rende schiavi e cresce l’amore che ci rende liberi ...” Quale sia la posizione dei medici nei pellegrinaggi dei malati nei vari santuari ci viene ispirata dalla meditazione (“Lettera a cuore aperto a chi è malato”) riportata più sopra: il privilegio di accompagnare le “riserve della speranza del nostro mondo”; di portare gli zoccoli, segno della professione, ma anche analogia con Bernadette che suggerisce un atteggiamento di povertà, di disponibilità, di offerta, di servizio. * Medico Responsabile Sottosezione Bologna TESTIMONIANZA Simonetta Delle Donne “Striptease” spirituale Col suo consueto tono colloquiale, lunedì 20 aprile, Vittorio Messori ha intrattenuto il pubblico modenese con il racconto della sua straordinaria conversione, datata anni sessanta. Affrontando alcuni problemi spinosi e dolorosi, che tutti i cattolici convinti conoscono bene, il noto giornalista ha spiegato le ragioni del suo “striptease spirituale”, condensato nelle pagine del volume intitolato “Perché credo”, scritto allo scopo di aiutare chi difende faticosamente e quotidianamente la propria fede cattolica. Oggi, occorre diventare competenti anche in questo campo, infatti, se da un lato il laicismo dilaga per l’operato di tanti anticattolici-anticlericali specializzati, non di rado gravati da pesanti sensi di colpa dovuti a fallimenti personali, dall’altro non c’è più il coraggio di difendere le proprie radici cristiane, prevalgono il timore e la vergogna e la ricerca di consenso spinge a fare scelte azzardate e sbagliate: “basti pensare alla miseria di certa mentalità clericale, che favorisce la mimetizzazione del prete, travestendo i sacerdoti da laici e perfino da clochard, con l’illusione di attirare la gente, che invece ne perde la stima” O peggio ancora di quella cultura cattolica che disprezza la vocazione della Chiesa, chiamata ad essere sale e lievito per l’intera umanità, sempre e ovunque. Le parole dello scrittore sono risuonate nell’auditorium del Centro Famiglia di Nazareth suscitando grande emozione e sono state contestualmente avvallate dalla moglie, Rosanna Brichetti, pure lei giornalista, che ha manifestato tutta la sua gratitudine al marito per aver risco- perto la fede, leggendo i suoi libri, e aver ritrovato conseguentemente il “senso dello stupore” perduto nel tempo. La figura affascinante e sconvolgente di San Paolo, che stiamo esaminando in questo giubileo paolino, dovrebbe aiutarci a prendere confidenza con certe vicende straordinarie della vita, in cui Cristo irrompe nella storia delle singole persone, mutandole nel profondo, invece c’è sempre tanta diffidenza, quando la storia si ripete e si è recalcitranti anche quando tutto profumava di Gesù. La signora ha terminato il suo intermezzo dichiarando che “l’amore di Dio ti scalda il cuore, e, se lo sperimenti, non te lo dimentichi più”, ecco perché, ragionevolmente e senza alcuna vergogna, Vittorio Messori ha definito il suo incontro con Gesù “esperienza mistica” e con espressioni semplici, schiettezza emiliana (è nato a Sassuolo!) e onestà intellettuale, ha tentato di illustrare il duplice fenomeno, che ha vissuto da protagonista. Dapprima si è trattato di un’adesione razionale, pressoché immediata, che in pochi giorni l’ha convinto della veridicità del Vangelo, infondendogli il coraggio di testimoniare a rischio della vita, poi, successivamente, si è resa necessaria l’adesione del cuore, più lenta, più dolorosa, più invasiva e in certo qual modo più pretenziosa, in quanto ha richiesto un lungo cammino di purificazione e di distacco dal peccato, che tuttora perdura. A chi lo interroga sui motivi della lunga attesa intercorsa prima di pubblicare la suddetta autobiografia, Vittorio Messori oppone le ragioni del suo 33 passato laico e laicista e descrive la sua famiglia e il suo mondo torinese, che rigettavano tutto ciò che era cristiano, ancor più se cattolico, classificandolo “repellente”! Proprio in quella terra, che diede i natali al liberismo e al comunismo, il giornalista imparò che tutto ciò che riguardava la religione, doveva rimanere recluso nella sfera privata, vergognosamente nascosto a tutti, coltivando quindi un pudore malsano per moltissimo tempo. La conferenza di taglio indubbiamente apologetico, organizzata dal Centro Culturale Cattolico “Il Faro”, con l’ottica di incoraggiare e formare i cattolici che combattono la buona battaglia, ha offerto agli astanti interessati l’opportunità di sottoscrivere una breve missiva a Benedetto XVI, a conclusione del Suo quarto anno di pontificato, sia a titolo di sostegno che di ringraziamento, viste le difficoltà che il Papa sta incontrando e che trapelano tra le righe dalla sofferta lettera indirizzata ai Vescovi nel marzo scorso. U NITALSI, UNA FAMIGLIA a cura di Assunta Nati * Mercedes FAENZA. Sono felice di vivere la mia vita anche se costellata di croci. La vita la ritengo un grosso dono, tutto è dono, ciò che i miei occhi vedono è bello perché è dono di Dio. Tutto il creato è da ammirare, purtroppo non troviamo il tempo per ammirarlo, non riusciamo nemmeno a mandare un grazie verso il cielo. Ci perdiamo in cammini egoistici diventando ciechi e sordi a tutto e soprattutto alla Parola di Dio. Questa mia vita è stata tutta una prova che mi ha fatto scoprire l’amore di Dio, mi ha fatto scoprire che posso essere debole ma se voglio anche forte; importante è lasciarsi guidare da Lui per trovare coraggio e forza. Ogni prova superata con pazienza e amore è un passo in più per arrivare al Padre. La mia vita è un dono come quella di Matteo e dei suoi fratelli, tutti accolti con amore e offerti, ancora in grembo, al Creatore della vita. Matteo è il mio primogenito, nato sano, il 7 marzo del 1971. Un giorno, trovandomi in chiesa, ero ancora in attesa di Matteo, mi venne spontaneo questo pensiero: se questo è gradito a te o Padre, desidero che questo figlio diventi un uomo tutto tuo, pieno di Spirito Santo e che parli sempre di Te. A tempo compiuto nacque Matteo, raggiunse l’anno di vita che già camminava spedito. Qualche giorno dopo il compleanno andammo a fare il vaccino come consigliato a tutti i bambini di quell’età ma nella notte Matteo si sente male e si procede ad un ricovero immediato. Alle dieci del mattino Matteo va in coma totale e per tre mesi rimane sotto la tenda ad ossigeno. Comincia in quel momento il mio e il suo calvario; una sofferenza piena e pesante, un periodo di circa 15 anni d’ospedale con 18 volte la prospettiva della fine. Paure continue e una sofferenza atroce per il piccolo Matteo e per tutti noi. L’ospedale era diventato la nostra casa, ricoveri su ricoveri alla ricerca di una nuova cura, ma tutto inutilmente. Matteo aveva raggiunto uno stato di rigidità tale che non si poteva vestire, le gambe e le braccia non si piegavano, la sua bocca era storta e non si riusciva a nutrire a sufficienza. La nonna aveva preparato per lui tanti pigiami tutti aperti e legati sul retro con nastri, ma quando lo prendevo in braccio e cercavo di tenerlo sulle ginocchia, la rigidità era tale che continuava a scivolarmi e dovevo rimetterlo sdraiato nel suo lettino. I dottori dicevano che non poteva vivere a lungo, ma nonostante il dolore e la compassione che quel corpicino mi faceva volevo tenerlo in vita. Quanto era importante quella vita, importante per noi genitori, per i fratellini Rita e Luca, per i nonni, lo volevamo vivo a qualunque condizione. Un giorno, ero molto addolorata, andai con mio marito al santuario di Ghiandolino dove si venera la Madre della Misericordia e raccontai tutto a don Gigino. Il sacerdote mi ascoltò e poi mi consigliò di recarmi a Lourdes, n’avrei trovato giovamento. Era in partenza un aereo e decisi di partire con Matteo. Dentro di me pensavo e mi ripetevo: “chiedi e ti sarà dato”; vedrai che torno a casa con la guarigione. Raggiunta Lourdes, tutte le mattine andavo con entusiasmo alla Grotta a chiedere e a pregare, poi un pomeriggio partecipando alla Processione Eucaristica vissi un momento veramente commovente e sentito. Mi guardavo attorno e da ogni parte vedevo sofferenza, tanti erano i fratelli malati che la mia sofferenza mi sembrò la più lieve. Aspettavo con ansia la Via Crucis e venuto il giorno m’in34 camminai con emozione. Ad ogni stazione mi commovevo a vedere il mio Gesù così sofferente e sentivo dentro di me qualcosa di strano. Giunta alla stazione della morte di Gesù, i miei occhi guardarono fissi la Madonna così espressiva nel suo dolore che mi sembrava mi dicesse: “non torturate più mio figlio,ora è morto”. Con grande angoscia mi misi a piangere con lei unita a Gesù, mi sentii colpevole, piccola, schiacciata da tanto dolore. Mentalmente pensavo: tu Maria, mamma innocente e senza peccato, vissuta nel silenzio, unita a tuo Figlio obbediente al Padre fino alla morte per noi, per me, come posso io chiedere la grazia di una guarigione? No, non chiedo più la grazia ma solo la forza e il coraggio di andare avanti. In quel momento in me esplose la vera grazia: la Madonna mi aveva toccato il cuore, mi aveva dato la capacità di amare e perdonare tutti, mi aveva dato la capacità di vedere Matteo così importante, il mio cuore era pieno di gioia, di pace e serenità. Tornai a casa convinta che non mi sarei più ribellata alle avversità, con una grande grinta e voglia di moltiplicare gli impegni. Passarono altri anni e Matteo così debole nella sua crescita si consumava come un cero aggiungendo al suo stato così provato anche la cecità, ma la fede e la grazia ricevuta spazza via tutto. La sofferenza di mio figlio e la mia la offro sempre al Padre per la conversione mia e di tutti i peccatori del mondo. Nella vita ci sono le grandi gioie ma anche le grandi sofferenze e ne sono certa se accolte con coraggio non vanno perdute, ci danno la forza per avvicinarci di più a Maria. Mi sembrava di aver superato grandi prove ma altre prove mi aspettavano, Matteo aveva 11 anni quan- do improvvisamente, mio marito Silvano che mi era stato sempre vicino, senza mai ribellarsi, si ammalò e nel giro di otto giorni morì. Un altro grosso dispiacere, Silvano, la colonna della mia famiglia non c’era più, mi sentivo divisa a metà, brancolavo nel buio, non vedevo come aiutare i bambini già addolorati per Matteo, avevano faccine così tristi che facevano compassione e tenerezza. Nei primi giorni di vedovanza arrivò mia sorella Mirella con l’intento di aiutarmi ma appena entrata in casa le dissi: cosa sei venuta a fare, stammi lontana perché questa volta è veramente troppo grossa, e non parlarmi di Gesù perché ora veramente mi ha abbandonata. Era questa la reazione per la perdita di mio marito e mentre lei si avvicinava continuavo a ripetere la stessa frase. Mia sorella con le braccia alzate mi disse: “ti prego non dire così, non puoi lasciare affondare la barca, pensa ai tuoi figli, alla tua famiglia”. Il suo volto era così rattristato che mi toccò il cuore e ci ritrovammo accomunate in un forte abbraccio e in un gran pianto. Staccandomi da lei dissi: “Mirella perdonami, non sapevo cosa dicevo, e anche tu Signore perdona il mio sfogo, pensavo solo a me dimenticando che la forza viene da Te”. Mi ritrovai più sere- na e pronta ad accettare la volontà del Padre, sperimentavo quanto fosse grande l’Amore di Dio che non abbandona mai i suoi figli. La prima volta a tavola senza la presenza del babbo ci guardavamo in faccia senza appetito e piangendo assieme, dolore e tristezza circolavano fra di noi, poi prendendo coraggio dissi: “non possiamo rattristarci all’infinito, dobbiamo pregare e andare avanti. Ognuno di noi sente il proprio dolore, io come moglie, voi come figli, i nonni come genitori e anche Matteo avverte la mancanza del babbo ma questo non toglie che dobbiamo andare avanti, con l’aiuto di Gesù ce la faremo,poi lo sapete siamo una famiglia e Gesù Giuseppe e Maria sono sempre in nostra compagnia”. An- che la mia salute aveva qualche pecca, il cuore sembrava fare qualche capriccio e i medici volevano farmi controlli abbastanza frequenti e non escludevano l’opportunità di un ricovero. Ad ogni controllo mi rattristavo, senza la presenza di mio marito e la prospettiva di un ricovero urgente non avrei saputo come fare, ma al controllo la situazione risultava stabilizzata. Tornando a casa ero quasi commossa per la situazione e rivolgendomi a Gesù gli dissi: “Tu solo conosci tutto, sai quanto devo lavorare giorno e notte, quanto il mio tesoro Matteo ha bisogno di me per la sua assistenza ma io credo in Te. Tu solo sei il dottore, mettiti il camice bianco e cura il mio cuore, io te lo dono e grazie per tutto ciò che farai”. Grazie anco- ra oggi perché il mio cuore è ancora stabile e continua a funzionare senza interventi. Se Maria ha toccato il mio cuore a Lourdes Gesù è rimasto vicino a me in ogni momento della mia vita, il Padre Celeste e la Madre Santa non mi hanno mai lasciata orfana. Ho imparato molto dalla vita di Matteo e quando lo stringo a me sulle mie ginocchia, lui si rilascia e io sento il suo corpo abbandonato a me come in un abbraccio. In questi momenti la gioia è così grande che il dolore non mi sfiora più e trovo la forza di andare avanti e ringrazio Dio per la vita che mi ha dato; come potevo scoprire l’amore di Dio se non ero nata? Se ci lasciamo conquistare dall’amore di Dio tutto viene trasformato, tutto si rinnova, non potremmo più rinunciare a Lui, sentiremo sempre la Sua presenza nel nostro cammino e la fragilità così grande nella natura umana non riuscirà ad avere il sopravvento. Io ho sperimentato il Suo amore e a Lui dico grazie per non avermi abbandonata. Questa è la testimonianza di Mercedes per la giornata della vita, la prima domenica di febbraio e dietro mia richiesta ha accettato di condividerla con i lettori dell’Eco di Lourdes. *Presidente Sottosezione di Faenza Lella Pedretti * Veglia FIDENZA. Il 25 marzo scorso, nella Chiesa di Santa Maria Annunziata si è tenuta una veglia di preghiera in comunione con il Santo Padre Benedetto XVI, Presieduta da S. E. R. Mons. Carlo Mazza vescovo di Fidenza. Ci ferisce l’irriverente campagna denigratoria nei confronti di re- centi affermazioni che il Sommo Pontefice ha fatto a difesa del valore della vita. In nome della vocazione che l’Unitalsi ha di promozione, sostegno e difesa di ogni esistenza, noi siamo riconoscenti al Pontefice per la continua testimonianza e per i richiami inequivocabili al valore e alla dignità 35 di ogni persona, ovunque si trovi a vivere e in qualunque condizione sia. L’esperienza vissuta grazie all’Unitalsi di vicinanza alle vicende umane di compartecipazione alla sofferenza, ma anche di gioiosa condivisione, ci rende riconoscenti e ci sollecita in questa particolare festa dell’Annun- ciazione a ringraziare il Papa per le preziose indicazioni della via da percorrere e ci dispone a intensificare la preghiera per Lui, per il suo arduo compito e a implorare dal cielo luce e forza onde, sostenuto dalla Grazia, continui a richiamarci a quei valori che restano indiscutibilmente prioritari e ci educhi, nell’unità di Cristo, a un autentico servizio alle donne e agli uomini del nostro tempo. Grazie, Eccellenza, di averci invitato a questo incontro e di averci dato l’opportunità di riflettere insieme e soprattutto pregare in questo momento di fragilità nelle idee e nei comportamenti. Grazie. *Presidente Sottosezione di Fidenza Franca e Paola Reali L’Unitalsi ad Assisi FIDENZA. Un pellegrinaggio nella luce di San Francesco, nella luce di una primavera prorompente, nella luce di una terra, l’Umbria, dal paesaggio incantato. Nella luce dello spirito dell’Unitalsi in cui l’individuo annulla il proprio io per far posto all’altro, nella luce di un Amore che non ha dimensione umana. Un’esperienza spirituale unica! Cronaca Dal 23 al 25 aprile si e svolta la gita-pellegrinaggio di primavera con meta Assisi e dintorni. Il viaggio programmato dalla Sottosezione di Fidenza ha avuto come prima tappa il Convento del Monte La Verna cui si è giunti percorrendo la statale adriatica e valicando l’Appennino. Luogo sacro poiché qui il Santo ricevette le stimmate e qui si trovano i capola- vori dei Della Robbia (terracotte invetriate). Il cammino prosegue raggiungendo Gubbio, cittadina medioevale prima abitata dagli Umbri, poi dai Romani e infine dominio dei Papi. La visita guidata è disturbata da un violento temporale cui fa seguito un tramonto infuocato che mostra tutta la potenza di Fratello Sole. Il giorno successivo è interamente dedicato alla visita di Assisi nel suo duplice aspetto di centro di spiritualità e arte sacra. Momenti salienti: la visita alla Basilica di S. Maria degli Angeli e alle Basiliche di S. Francesco e S. Chiara. La Basilica di S. Maria degli Angeli racchiude tracce di S. Francesco, una chiesetta da lui ristrutturata e la cella in cui finì la sua esistenza. La Basilica di S. Francesco si erge su una altura e si presenta costruita su tre livelli: la cripta che conserva i resti del Santo, la Basilica inferiore finemente decorata e affrescata dai maggiori artisti di scuola toscana. Le bellissime vetrate che inducono al raccoglimento e alla preghiera hanno fatto da sfondo all’ascolto della S. Messa. E ancora la Basilica superiore che 36 racconta episodi della vita del Santo e di Gesù (scuola di Giotto o Giotto stesso). La giornata si conclude con la visita alla Basilica di S. Chiara, sostenuta da potenti archi, che conserva le spoglie di S. Chiara e il crocifisso di S. Damiano, caro a S. Francesco. Passeggiare per le vie di Assisi significa respirare una atmosfera mistica di pace e di serenità. Sulla via del ritorno facciamo sosta a Spello alle pendici del monte Subasio per ammirare antiche vestigia romane e chiese con affreschi del Pinturicchio. Tappa ultima del viaggio, la vivace cittadina di Spoleto con ampie piazze e la magnifica cattedrale romanica che fa da scenario a importanti manifestazioni culturali (festival dei due mondi), mirabilmente affrescata da Filippo Lippi e dal Perugino. L’ottima sistemazione alberghiera e i pranzi in ristoranti caratteristici hanno favorito la conoscenza dei partecipanti fra i quali si è stabilita una profonda intesa di fraternità. Un vivo ringraziamento alla Presidente che ha saputo coniugare l’aspetto religioso con le bellezze artistiche del territorio. Simonetta Delle Donne Cristiane per fede MODENA. Lunedì 4 maggio il Cardinale Carlo Caffarra dell’Arcidiocesi di Bologna è venuto a Modena allo scopo di offrire un suo contributo personale ai “cristiani per fede”, per aiutarli ad affrontare più efficacemente l’emergenza educativa, drammaticamente dilagante. Dobbiamo riconoscere che spesso usiamo parole molto importanti in modo superficiale, senza conoscerne il loro significato profondo e cercando di evitare il coinvolgimento emotivo, per non soffrirne. Ma il Cardinale ha dipinto un quadro davvero apocalittico, invitando gli astanti a non sottovalutare il suddetto fenomeno! Dichiarando di non volersi conformare al pensiero dominante, ha affermato che la nostra società rischia di scomparire, dal momento che i suoi valori fondanti sono sistematicamente sviliti e spesso addirittura dimenticati, pertanto non vengono più custoditi gelosamente e, conseguentemente, non possono essere trasmessi alle nuove generazione: così, senza un passato, il presente diventa pieno di incognite! In molte famiglie, purtroppo, non si ha più tempo per nessuno e non si condivide più nulla; regna il permissivismo (con lo scetticismo e l’indifferenza) oppure l’autoritarismo (dove tutto è imposto e mai proposto); manca completamente il rapporto umano; i genitori rifuggono ogni responsabilità e i figli, spaesati e soli, rimangono coi loro punti interrogativi senza risposta e facilmente diventano schiavi di tutto e di tutti, a causa della loro fragilità. Siamo chiamati, nessuno escluso, a preoccuparci di questo nichilismo imperante, poichè tale fenomeno sta minando il presente e pregiudicando il futuro dell’intera società. E’ necessaria una consapevolezza maggiore delle proprie colpe e una conversione profonda del cuore, perché si realizzi quanto dettagliato dal profeta Malachia: “egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio” (Malachia 3,24). Il testo fa riferimento esplicito alla necessità dell’abbraccio generazionale, che risulta essenziale per la crescita umana complessiva e fondante per la conservazione dell’identità culturale e valoriale. Apparentemente fuori tema, il Relatore, sin dall’inizio, ha voluto esprimere il suo apprezzamento per gli Ebrei osservanti che anche oggi, rispettando il rito della Pasqua, una volta all’anno, fanno me- moria della loro liberazione dall’Egitto, allestendo una sorta di rappresentazione familiare, con domande e risposte precodificate, al fine di conservare la memoria del proprio popolo, cioè l’identità e la fede nel Dio Liberatore. Naturalmente tutto questo 37 è incomprensibile per coloro che, con l’illusione di lasciare i figli liberi di decidere ogni cosa da adulti, li priva della formazione, essenziale per la loro crescita. L’oratore, che pubblica le sue omelie sul sito www.caffarra.it, è stato invitato proprio in occasione del Congresso Eucaristico Diocesano e, per questo motivo, durante la conferenza, ha insistito sulla proposta educativa della Chiesa Cattolica, che si basa appunto sul rapporto umano, sui Sacramenti, specialmente sull’Eucaristia, e sulla Carità: non si tratta di una morale fatta di mere regole, ma di una proposta rischiosa, che punta alla maturazione personale! Il Cardinale, con grande franchezza, ha cercato di convincere gli astanti ad abbandonare certe comode lamentazioni, a non scaricare sulla scuola responsabilità, che devono rimanere in capo alla famiglia e ad agire prontamente al fine di difendere la Tradizione cristiana. Ciò è possibile solo mediante la testimonianza coraggiosa in ogni ambito della vita. Ciò, inoltre, consente di custodire la Memoria, che nutre la Chiesa Cattolica e che permette a questa di educare da secoli intere generazioni. Ecco perché è essenziale che siano rispettate nella loro integrità le feste del Natale e della Pasqua e, a livello istituzionale, si riconoscano le radici cristiane europee! Speriamo che abbiano sortito effetti positivi le sollecitazioni paterne espresse dal Cardinale e che anche i più diffidenti incomincino a fidarsi della Chiesa Cattolica e della sua proposta educativa, che è proprio l’invito pressante da Lui rivolto a tutti durante le visite pastorali, che continua a svolgere nelle famiglie, nonostante i molteplici e gravosi impegni. Enrico Maletti Nesti, “un pramzan dal sas” PARMA. Egregio Sig. Direttore. In questi giorni ho letto sul suo giornale che Carletto Nesti ha rassegnato le dimissioni da Presidente di A.D.E. S.p.A. società del Comune di Parma che si occupa del servizio dei cimiteri. Nesti si è dovuto dimettere non solo per problemi di salute ma anche a causa dei cambiamenti avvenuti nella Giunta Comunale nei giorni scorsi. Ora non sono qui a criticare la scelta di questo cambiamento perché non sarei nemmeno in grado di poterlo fare, ma mi sento in dovere di comunicare ai Parmigiani lettori della Gazzetta l’operato di Carletto Nesti in questi cinque anni di Presidenza ADE. Colgo anche l’occasione di ringraziarlo per le cose che ha fatto nei Cimiteri di Parma, che sono sempre stati luoghi di riposo per i nostri defunti, e lui con la sua professionalità, coadiuvato dallo staff organizzativo che dirigeva, è stato capace di trasformare in un luogo di ritrovo e di aggregazione, rivalutando anche culturalmente questo posto ritenuto da sempre un campo santo e trasformandolo in un luogo della memoria di chi nel passato ha costruito Parma. Nesti ha capito che in una città come Parma senza il rispetto del passato non si può ottenere un gran futuro, è come costruire una casa senza fondamenta, “prìmma o po’ la da zò”. Ricordo in questi cinque anni di Presidenza di Nesti, i momenti trascorsi nell’inserire poesie e testi dialettali in occasione delle ricorrenze, come puntualmente nel periodo Natalizio per i poeti dialettali Renzo Pezzani, Alfredo Zerbini, Luigi Vicini, Bruno Lanfranchi e Bruno Pedraneschi, con la lettura di testi dialettali da parte di Ettorina Cacciani, Elvira Balestrazzi e il sottoscritto, per l’occasione della commemorazione del cinquantesimo della morte in agosto del 2006 dell’attore dialettale Italo Clerici, nello stesso giorno abbiamo ricordato anche l’Attore Alberto Montacchini, quel giorno d’agosto Nesti era riuscito a riempire la Villetta, sembrava quasi una prima al Teatro Regio, presente anche per l’occasione l’allora Sindaco di Parma Elvio Ubaldi. Da non dimenticare per il giorno dei morti le Sante Messe pomeridiane celebrate all’aperto davanti alla Chiesa del Cimitero, sia con Monsignor Cesare Bonicelli che con l’attuale Vescovo Monsignor Enrico Solmi, seguite dalla lettura da parte mia di un testo adatto ai giorni dei defunti rigorosamente in dialetto Parmigiano. La commemorazione di Baldassarre Molossi mitico direttore della Gazzetta di Parma per 35 anni, anche per l’occasione Nesti era riuscito a trasformare la “Vilètta” come un teatro, presenti giornalisti, rappresentanti del Comune e tanti ma tanti “Pramzàn” che hanno voluto bene al “Diretór dla Gazètta d Parma”, alla fine della Cerimonia davanti alla tomba di Padre Lino era stata letta la poesia di Renzo Pezzani “Padre Lino”. Le commemorazioni di Ildebrando Pizzetti, Luigi Battei, capostipite della Casa Editrice Battei che tutti gli anni sforna dei libri in dialetto Parmigiano e ancora oggi è diretta dal pronipote Antonio, il ricordo di Aurora Guarini, benemerita volontaria, conclusosi anche quello con brani dialettali e musicali con l’armonica a bocca di William Tedeschi. Da ricordare anche la ricorrenza che Nesti aveva ideato nel campo santo 38 dove riposano i bambini, con la lettura della poesia di Fausto Bertozzi “Al camp di putén” con l’esibizione di un coro di giovani, le commemorazioni delle Associazioni Parmigiane, non le cito una alla volta altrimenti rischierei di dimenticarne qualcuna. Ultima grande manifestazione che ha riempito di “Pramzàn” il Cimitero è stata quella dell’inaugurazione della grotta di Lourdes, collocata proprio di fronte alla tomba di Padre Lino, per quell’occasione sono sincero, non ho mai visto tanta gente alla Villetta. Ora però egregio Direttore mi fermo, perché questi miei ricordi sembrano dedicati a una persona che non c’è più, invece Carletto Nesti è qui tra noi e ci rimarrà ancora per tanto tempo, “Fort cme ‘l trón”, fermo ai box per un controllo come una Ferrari pronta per partire e vincere un gran premio, perché da come se ne parla a Parma e spero che anche il nostro Sindaco Pietro Vignali la pensi allo stesso modo. Fra poco tempo a Carletto Nesti sarà dato un’altro importante incarico perché di “Pramzàn dal sas” come questo ne ha bisogno tutta la città. Colgo l’occasione per augurare buon lavoro al nuovo Presidente A.D.E. che subentrerà al posto di Nesti, e di non dimenticare che in tante occasione di queste cerimonie è stato coinvolto a sfondo culturale anche il nostro amato vernacolo. RICONOSCIMENTI UN ITALIANO PER I MIRACOLI E’ il primo italiano a guidare il prestigioso Bureau Medical di Lourdes, l’istituzione fondata nel 1882 che segnala alle autorità religiose le presunte guarigioni per intercessione dell’Immacolata. Il nuovo responsabile è Sandro De Franciscis, 53 anni, l’attuale presidente della Provincia di Caserta. Pediatra (un master in epidemiologia ad Harvard, ricercatore in aspettativa dell’Università Federico ll di Napoli), ha alle spalle una lunga e variegata camera politica, che l’ha portato dalla Dc al Partito democratico, passando per la Margherita e l’Udeur di Mastella. L’annuncio è stato dato dal vescovo di Tarbes e Lourdes, monsigno Jacques Perrier. De Franciscis è destinato a succedere da aprile al dottor Patrick Theillier, direttore del Bureau dal 1998. Membro dell’Associazione medici cattolici italiani, dal 2004 al 2005, De Franciscis è stato segretario generale della Federazione europea delle Associazioni dei medici cattolici. Inoltre, dal 1987 al 2001, presidente a Caserta dell’Unitalsi, la maggiore associazione italiana di volontari che portano gli ammalati a Lourdes. MADRE E FIGLIA PROCLAMATE «DOTTORESSE» Hanno conseguito la laurea triennale in lettere moderne a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, e sono state proclamate insieme, ricevendo dalla commissione una valutazione di 104 su 110. Non stiamo parlando di due semplici studentesse universitarie, ma di una madre, Marta Martelli, e una figlia, Rita Coruzzi, che hanno vissuto insieme, passo passo, questa esperienza. Rita è una 23enne disabile, scrittrice, che in più di un’occasione è stata ospite di «Porta a porta» dove ha raccontato, suscitando grande commozione, la sua malattia e la conseguente scoperta della fede.Rita si è cimentata con la tesi «Titoli dei discorsi machiavelliani», mentre la mamma ha presentato una tesi dal titolo «Motivo dello stupro nella novellistica cinquecentesca». La commissione dell’ateneo dì Parma ha molto apprezzato ìl lavoro di entrambe e, vista l’occasione, ha concesso alle due neo dottoresse una piccola eccezione: «Se avessimo dovuto rispettare l’ordine alfabetico - spiega Marta - Rita avrebbe dovuto discutere per quarta, e io sarei stata l’ottava. Invece, per farci discutere una di seguito all’altra, i docenti hanno modificato l’ordine di esposizione dei laureandi». Alla giornata hanno partecipato anche tanti familiari e amici, che al momento della proclamazione si sono scatenati in un fragoroso applauso. «E’ stata una giornata splendida - ha aggiunto la madre di Rita - sono venuti a sostenerci tantissime persone, non ci aspettavamo un seguito del genere. Ci ha fatto davvero piacere tutto questo, abbiamo capito che in tanti ci vogliono bene». E adesso? Dopo la laurea triennale le due studentesse guardano avanti e pensano al futuro. Le idee sono molto chiare: «Abbiamo già effettuate entrambe le preiscrizioni per frequentare la specializzazione in giornalismo. Abbiamo tutta l’intenzione di proseguire il nostro percorso di studi». E il giornalismo è proprio la grande passione di Rita. La giovane reggiana è infatti autrice di libri che raccontano della sua esperienza di disabile e del meraviglioso rapporto che ha con Lourdes. PREMIO AVIS-PADRE LINO Il 14 maggio del 1924 moriva a Parma Padre Lino. Un’esistenza spesa a colmare le profonde tasche dei disperati con l’aiuto della carità, e a svuotarle fino alle briciole davanti al dramma della povertà. A soli 58 anni, bastonato dalle privazioni, andò incontro a sorella morte. Morì chiedendo per i suoi poveri. Nelle tasche — dicono le cronache - la corona del rosario e tante briciole di pane. Il più bel testamento che potesse lasciare un frate, dirà poi il poeta. Lui, che aveva liberamente scelto la povertà, per i poveri era un fratello, per i disperati una speranza. Padre Lino aveva qualcosa che lo distingueva dagli altri: la Carità. Una Carità sempre serena e festosa, che lo rese profeta e precursore di tempi nuovi. Per dire grazie a quelle persone che, facendo propria l’azione ed il messaggio di Padre Lino, sono capaci di trasmettere speranza attorno a sé, ogni anno Padre Lino non viene solo ricordato come anniversario, ma nella sua chiesa dell’Annunziata, viene consegnato, alla conclusione di una Fiaccolata cittadina, il Premio Padre Lino voluto dall’Avis Comunale di Parma e dagli Amici di Padre Lino per l’esempio di carità testimoniata da donatori di sangue e da cittadini meritevoli. Quest’anno la famiglia Unitalsiana di Parma ha avuto la gioia di apprendere che il Premio Padre Lino è stato attribuito al proprio presidente Francesco Mineo, anche per gli incarichi ricoperti sia all’Ospedale Maggiore di Parma, quale Direttore del Reparto Medicina d’Urgenza e quale Direttore Sanitario dell’Avis di Parma; ha ritirato l’attestato dal Vescovo di Parma, Mons. Enrico Solmi ed è stata letta la seguente motivazione: “A Francesco Mineo per aver fatto propri i valori evangelici proposti e testimoniati da Padre Lino, dedicando la sua vita agli ammalati, sempre pronto ad aiutare le persone bisognose di una parola di conforto e di speranza”. Credo sia espresso molto bene il quadro dei valori del nostro Presidente ed amico Francesco Mineo, dal quale vediamo sempre trasparire la luce della fede viva e della carità attiva; ha uno stile umano che è di testimonianza per le opere buone, fatte bene, proiettate sul futuro, insomma rende credibile con l’esempio ciò che vale nella vita, espresso con parole persuasive, di alto contenuto, ma in spirito di umiltà. Il Signore ce lo mantenga a lungo alla guida della Sottosezione per portare a compimento tutte le iniziative che l’Unitalsi ha nei suoi intendimenti, secondo la propria caratteristica di fedeltà ai messaggi cristiani. (C. Mazza) 39 NOVITÀ EDITORIALI CI HANNO PRECEDUTO Essi sono certamente in paradiso e continuano a volerci più bene di prima a una vigna datami per coltivarla, per produrre frutti, non certo per avere un potere o essere qualcuno, ma per faticare e per servire tutti. E questo con semplicità. Ci sono riuscito? No di certo, però ho cercato e ho soprattutto avuto fiducia nel Signore, ho amato e offerto a Dio la mia vita, le mie gioie e le mie sofferenze. Carissimi, saluto tutti: saluto le persone ammalate e quelle che sono in carcere; saluto i bambini, i giovani, gli anziani; saluto i presbiteri e i diaconi tanto generosi e preziosi, saluto i ministri istituiti e le persone consacrate; saluto i catechisti e le catechiste e i molti che esercitano di fatto un ministero nelle nostre chiese, saluto le famiglie; e saluto i molti che mi hanno aiutato. Ho sentito la vostra simpatia, le vostre preghiere, il vostro desiderio che fossi più buono, più capace, più attento ad aiutare. Ho fatto quello che ho potuto, certo potevo fare di più e meglio. In questi anni le preoccupazioni pastorali, ma anche umane e sociali, non sono mancate; soprattutto ho avuto la preoccupazione di capire il travaglio di questa nobile e antica terra e di aiutare le persone a dare un senso pieno e felice alla propria vita incontrando Gesù Cristo. Dentro di me c’è stata una costante tensione, quella di rendere “testimonianza alla luce” (Gv 1,7), a Gesù Cristo, ascoltando e leggendo la vita e la cultura della nostra terra segnata sia dalla fede cristiana sia dalla modernità. Avrei voluto avere una vita spirituale vicina a tutte le persone, specie alle loro sofferenze. Sapeste quanti poveri di ogni genere ci sono nella nostra ricca Parma! Quante volte ho con dolore sperimentato di avere le mani vuote, ma sempre ho anche visto di avere tesori immensi da distribuire: la speranza, il perdono, il sorriso, la dignità umana, la fede... Ho molti motivi per ringraziare: per la Visita Pastorale, per il restauro e il Giubileo della Cattedrale, per l’Anno Biblico, per il Grande Giubileo del 2000, per l’impegno per il diaconato e i ministri istituiti, per la liturgia e per la Parola di Dio, per la carità, per le missioni, per le famiglie, per i giovani, per il mondo della salute e per quello sociale e politico, per quello della scuola e dell’Università, per la vita consacrata, per i presbiteri e i diaconi, per il Seminario, per le comunità ricche di concordia, di fede e di missione. Ho anche motivi di sofferenza: i delitti e le prove economiche vissute in questi anni dalla nostra terra, i molti funerali di presbiteri, le poche ordinazioni presbiterali, le scarse vocazioni alla vita consacrata, le molte famiglie in crisi e sfasciate, le tante persone senza speranza, i molti immigrati preoccupati. Partendo una cosa devo proprio dirvela: vi ho voluto bene, ho voluto bene a Parma, alla sua storia, ai suoi progetti, ai suoi abitanti. Durante questi anni ho cercato di mettere al centro di tutto Gesù Cristo, il Signore. Senza l’incontro nella fede con lui non c’è l’originalità cristiana, non c’è la vera vita, e il cristianesimo non ha nulla da dire e da dare. Un giorno il Signore mi ha preso e io gli ho dato il cuore. Il Signore mi ha fatto lavorare nella sua vigna, mi ha indicato la strada, mi ha dato energia e vita, adesso mi dice: il tuo servizio è finito, torna a casa. A me sembra di avere ancora forze e progetti, di lasciare tante cose incompiute, soprattutto di lasciare tante persone amate... Ma il Signore mi chiede di partire. E io parto. Avevo forse 20 anni quando ho fatto mia la frase: “Niente chiedere, niente rifiutare”, la frase che mi diceva di essere “disponibile” alla volontà di Dio. E così adesso parto sereno e pieno di fiducia; so infatti che il Signore è con me, che il Signore è con voi, che voi siete pieni di fede, che siete suoi amici e che lo Spirito Santo farà fiorire la vostra vita. Il mio augurio è che nella nostra Chiesa vi sia sempre comunione e concordia, che ci sia grande unità con il vescovo Enrico, con il Papa Benedetto e la Chiesa di Roma. Sorelle e fratelli, ciao a tutti. Dio il santo e il mise- Mons. CESARE BONICELLI Bergamo, 6 marzo 2009 E’ morto mons. Silvio Cesare Bonicelli, vescovo emerito di Parma, diocesi che aveva lasciato nel marzo 2007. La Chiesa di Parma profondamente toccata per la morte di monsignor Cesare Bonicelli e confortata dalla speranza che per lui si è realizzato in pienezza l’incontro con Dio, si è riunita per due veglie di preghiera e suffragio, presiedute dal vescovo monsignor Enrico Solmi. I funerali si sono svolti nella Cattedrale di Parma. Nato a Bergamo il 31/3/1932, si era laureato in giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano, svolgendo poi il servizio militare come ufficiale negli Alpini. Finita la leva era entrato in Seminario, diventando sacerdote nel 1962. Laureato in diritto canonico, ha svolto numerosi incarichi sia a livello diocesano che nazionale. Assistente ecclesiastico alla formazione capi Agesci dal 1975 al 1979, nel 1991 era stato ordinato vescovo e per cinque anni resse la diocesi di San Severo in Puglia. Alla fine del 1996 fu nominato vescovo di Parma. “Durante il suo ministero — si legge nella biografia pubblicata sul sito della diocesi di Parma — ha svolto due visite pastorali all’intera diocesi, scritto dieci lettere pastorali, compiuto il primo Congresso biblico diocesano, animato numerosi esercizi spirituali per giovani, iniziato il cammino diocesano I8enni,guidato numerosi pellegrinaggi, visitato i missionari di Parma in terra di missione, guidato il viaggio annuale dei malati a Lourdes, istituito l’Anno Giubilare della Cattedrale, presieduto diverse settimane mariane in Cattedrale con l’effigie della Madonna di Fontanellato, promosso incontri di riflessione con politici e operatori sociali, visitato i carcerati”. In questi undici anni non sono man- cate le prove personali dovute a problemi di salute e avvenimenti dolorosi che hanno profondamente colpito Parma nel suo tessuto umano, economico e sociale. Bonicelli, però, ha portato a termine il suo mandato, presentando al Papa le sue dimissioni, secondo quanto previsto dal diritto canonico, al compimento del 75° anno d’età, nel marzo 2007. Lettera di Mons, Cesare S. Bonicelli Carissimi, quando 11 anni fa ho varcato il confine della diocesi e ho messo piede in questa terra benedetta avevo nel cuore trepidazione e amore. Avvertivo il peso del servizio episcopale che mi era affidato e mi sentivo piccolo. Guardavo alla diocesi di Parma come a un campo, 41 ricordioso vi sostenga e vi benedica. Vi saluto uno per uno con affetto e con riconoscenza, vi sorrido e, stringendovi la mano, vi dico ciao e addio, arrivederci nella casa di Dio. Il vostro Vescovo Cesare Bonicelli pre più articolata: negli anni sessanta realizzò e cominciò ad usare gli studi televisivi, all’interno dei quali iniziò ad essere trasmesso lo Zecchino d’Oro. Nel 1957 fece nascere, sempre all’Antoniano, il «Centro cattolico per la diffusione della Parola di Dio», dal 1967 «Società del Vangelo», con lo scopo di diffondere il Vangelo e la Bibbia nei luoghi pubblici. In seguito diede vita ad «Antoniano Insieme», un centro per bambini affetti da Sindrome di Down. Tra le tante iniziative da lui promosse: le Biennali di Arte sacra contemporanea, il Premio P. e A. Malipiero per la ricerca teologica, la Mostra mondiale Arte dei Ragazzi, la ricostruzione dell’Eremo di S.Antonio in Albania. All’interno del suo Ordine fu promotore, nel 1972, del Mo.Fra. (Movimento Francescano), con l’intento di creare un orizzonte comune ai tre Ordini francescani. In seguito, ha conquistato l’Unione di tutti i Francescani d’Europa. Nel 1995, lasciato l’Antoniano, divenne Rettore del Santuario di Montepaolo (Fc): grazie al suo intervento l’Eremo offre oggi accoglienza a gruppi nonché la possibilità di ripercorrere la vita di S. Antonio in 10 affreschi e la sua permanenza all’Eremo in 18 quadri a mosaico. “Un esempio di sinergia fra il carisma francescano e la spiritualità diocesana” così il vescovo ausiliare mons. Vecchi ha definito l’opera di padre Caroli, frate minore, Nel corso della Messa funebre celebrata venerdì nella Basilica di S. Antonio di Padova, una Messa concelebrata da una cinquantina di sacerdoti, tra i quali il vicario episcopale per la Carità mons. Allori, alla quale il Vescovo ausiliare, che ha portato il saluto del cardinal Caffarra, ha assistito poiché a presiederla è stato padre Bravi, vicario generale dell’ordine dei Frati minori; mentre il canto è stato sostenuto dal Piccolo Coro «Mariele Ventre» dell’Antoniano. Tutti segni della notorietà e della stima delle quali padre Ernesto, uno dei «quattro moschettieri» fondatori dell’Antoniano, godeva. “La vita di padre Caroli - ha sottolineato monsignor Vecchi - è un esempio di come oggi la Chiesa deve Ricordo degli Scouts e dei Foulard blancs di Parma Il nostro fratello FB Monsignor Silvio Cesare Bonicelli è “Salito alla Tenda del Padre”. Don Cesare, come voleva che gli Scouts lo chiamassero, era nato a Bergamo ed a tredici anni era entrato nell’ASCI. Durante gli incontri che faceva con noi spesso raccontava la sua “Veglia d’Armi” vissuta la notte dell’ Immacolata del 1945 e quanto lo Scoutismo abbia contribuito alla sua scelta vocazionale di Sacerdote. E’ sempre stato collegato e censito in Associazione. Nel 1991 Papa Giovanni Paolo II lo nominò Vescovo di San Severo e dal 1996 al 1998 ricoprì l’incarico di Assistente Ecclesiastico dei Campi Scuola. Il 13 dicembre del 1996 venne trasferito a Parma alla guida della Diocesi e dopo undici di anni di servizio Episcopale, il 30/3/2008 lasciò (per raggiunti limiti d’età) la Chiesa di Parma per rientrare nella sua Bergamo. Don Cesare partecipò ad innumerevoli pellegrinaggi a Lourdes e nel settembre del 2007 durante il pellegrinaggio nazionale pronunciò la Promessa di Titolare F.B. e in quell’occasione ebbe a dire ad uno di noi “... ho provato una grande emozione... di quelle che si provano poche nella vita”. Per suo volere il corpo di Don Cesare riposa nel Cimitero della Villetta di Parma... mentre il suo spirito ha già raggiunto il suo posto nel cerchio Beati. Padre ERNESTO CAROLI Bologna, 16 aprile 2009 Ezio Caroli, francescano padre Ernesto, era nato a Palazzuolo (Fi), il 9/1/1917. Nel 1930 entrò nei frati a Cotignola; frequentò a Parma il Liceo Classico poi si trasferì a Bologna a studiare Teologia. Ancora studente partì per l’Albania come cappellano militare fino a che, l’8/9/’43, non venne trasferito in un lager in Germania. Nel lager, dall’incontro con tanti giovani gli nacque l’idea di fare qualcosa per i giovani; e dalla fame patita, quella di creare una mensa per i poveri. Creò nel campo una scuola con conferenze, spettacoli, celebrazioni liturgiche e un bollettino. Tornato in Italia, si laureò in Teologia Morale poi, a Bologna, inaugurò nel 1954 l’Antoniano: la Mensa dei poveri, il Cinema a sostegno di essa e l’Accademia di Arte drammatica. Fece crescere l’Antoniano che divenne una realtà sem- muoversi: secondo il principio divino-umano. Così egli è stato un innamorato di Dio, un testimone autentico del Vangelo, e insieme un grande e instancabile animatore, con una vasta fantasia pastorale, che attraverso l’Antoniano ha lasciato un segno indelebile nella nostra città. Proprio come il Papa oggi raccomanda per la Chiesa: non bisogna lasciar spegnere la “fiamma” di Dio nella nostra società”. Da parte sua, Padre Bravi ha sottolineato la conformità dell’esistenza di padre Caroli con la vita e gli insegnamenti di S. Francesco, che aveva seguito fin da giovanissimo nei Frati minori. “Come Francesco, ha costruito la sua vita sull’ascolto della Parola di Dio - ha sottolineato padre Bravi - e l’ha messa in pratica, servendo i fratelli e annunciando a tutti con gioia la forza del Vangelo”. Questo percorso, ha concluso il vicario dei francescani “l’ha portato a comprendere il valore anche della morte, proprio come Francesco: essa è l’approdo del suo lungo percorso e, lungi dall’essere l’ultima parola sulla sua esistenza, è per lui la porta verso, la Vita”. (G.U.) 42 I NFO UTILI Gianfranco Cammi Ciò che può servire PUBBLICO REGISTRO AUTOMOBILISTICO: SERVIZIO A DOMICILIO I cittadini diversamente abili impossibilitati a raggiungere l’ufficio del pubblico registro automobilistico potranno, previo appuntamento, effettuare le pratiche automobilistiche al proprio domicilio. Per fissare un appuntamento telefonare allo 0514134482 oppure accedere al sito internet www.up.aci.it/bologna L’ACCERTAMENTO DELLE MINORAZIONI CIVILI La domanda di riconoscimento La richiesta di riconoscimento di invalidità va presentata, dall’interessato o da chi lo rappresenta legalmente (genitore. o tutore) o a chi ne cura gli interessi nel caso degli inabilitati (curatore). alla Commissione dell’Azienda Usl di residenza. La domanda si presenta dopo aver compilato un modulo disponibile presso l’Azienda Usl che è diverso per i minorenni e i maggiorenni. Alla domanda bisogna allegare una certificazione medica che riporti la diagnosi e la tipologia della menomazione. Alla domanda è possibile allegare cartelle cliniche e la documentazione medica in possesso del richiedente. L’iter di riconoscimento di invalidità deve concludersi entro nove mesi dalla presentazione della domanda. La convocazione a visita Entro tre mesi dalla presentazione della domanda di accertamento la Commissione deve fissare la data di convocazione a visita. Chi ha richiesto l’accertamento riceve una comunicazione che indica la data e il luogo dove verrà effettuata la visita. Il disabile convocato per gli accertamenti sanitari richiesti può motivare, con idonea documentazione medica, la propria eventuale impossibilità a presentarsi a visita. Questa prassi viene solitamente adottata per persone allettate o per le quali gli eventuali spostamenti siano di pregiudizio per la propria salute. Ove il soggetto non sia in grado di farlo personalmente. tale impossibilità può essere motivata anche da un familiare convivente. La visita può essere effettuata anche in costanza di ricovero ospedaliero, in particolare nei casi di ricovero in reparti di lungodegenza o di riabilitazione. Nel caso il richiedente sia ricoverato o domiciliato in una Azienda Usl diversa da quella di effettiva residenza, può essere richiesto l’accertamen- to in rogatoria. La richiesta di accertamento va presentata all’Azienda Usl di residenza. Questa richiederà alla Commissione dell’Azienda Usl ove è domiciliato o ricoverato il richiedente di effettuare gli accertamenti sanitari del caso e di comunicarne l’esito alla Commissione competente che provvede ad emettere il certificato con l’indicazione della relativa percentuale. La Commissione Usl L’invalidità è riconosciuta da una Commissione operante presso ogni Azienda Usl. La Commissione è composta da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro. I medici sono scelti tra i medici dipendenti o convenzionati della Usl territorialmente competente. Alla Commissione partecipa, di volta in volta, un sanitario in rappresentanza rispettivamente dell’Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili (ANMIC). dell’Unione italiana ciechi (UIC). dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti (ENS) e dell’Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali (ANFPAS). Ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie. La visita Durante la visita è possibile farsi assistere, a proprie spese, da un medico di fiducia. La Commissione può, nel corso della visita, richiedere accertamenti clinici specialistici ulteriori ed acquisire successivamente agli atti gli esiti di tali verifiche prima di perfezionare la pratica. In seguito alla visita per l’invalidità la Commissione Usl trasmette l’esito alla Commissione di Verifica che lo convalida o meno. La Commissione di Verifica può anche convocare a visita l’interessato per approfondimenti oppure richiedere chiarimenti alla Commissione dell’Usl. La Commissione di Verifica ha comunque tempo 60 giorni per richiedere la sospensione della procedura, dopodiché vige il principio del silenzio-assenso. La Commissione Usl trasmette quindi all’interessato il verbale che riporta l’esito della visita con annotate le procedure da attivare per l’eventuale ricorso. Commissioni di verifica La Legge 2/12/2005, n. 248 (art. 10) ha trasferito all’INPS le funzioni, attribuite prece- 43 dentemente al Ministero dell’economia, di verifica dei verbali di invalidità civile. di handicap (Legge 104/1992) e di disabilità (Legge 68/1999). Gestisce tali funzioni attraverso proprie Commissioni Mediche di verifica presenti su tutto il territorio nazionale. Le Commissioni di Verifica hanno sostanzialmente le seguenti competenze: 1) ricevere ed esaminare tutti i verbali redatti dalle Commissioni delle Aziende USL. 2) convalidare i verbali oppure sospenderli per accertamenti ulteriori. In tal senso le Commissioni possono richiedere chiarimenti alle Commissioni delle Aziende USL, oppure convocare direttamente ad ulteriore visita la persona interessata. 3) restituire alle Commissioni delle Aziende USL, i verbali convalidati oppure l’esito dei successivi eventuali accertamenti. Trascorsi 60 giorni dalla ricezione del verbale inviato dalle Commissioni delle Aziende USL, in assenza di sospensione vige il principio del silenzio assenso e il verbale viene ritenuto accolto. 4) effettuare visite a campione previste dalla normativa vigente. PIANO VERIFICHE BENEFICI ECONOMICI DI INVALIDITÀ CIVILE. ISTRUZIONI OPERATIVE Circolare n. 26 del 23/02/2009. La circolare riporta le istruzioni operative che dovranno essere applicate per l’attività di verifica. 1. Esclusione dalle verifiche. 2. Visite domiciliari. 3. Sospensione o revoca della pensione, assegno o indennità.. 4. Verifiche reddituali. 5. Verifiche sanitarie. 6. Medico di fiducia. 7. Convenzioni con la Motorizzazione civile. UNA NUOVA OPPORTUNITA’ DI INTEGRAZIONE SOCIALE E LAVORATIVA Un ulteriore passo in avanti nella sensibilizzazione a favore delle persone con sindrome di Down. Il 5 Giugno scorso il Coordinatore Nazionale Sergio Silvestre per il CoorDown Onlus (Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down), il Responsabile Procuratore per l’Italia Mathias Sommer e il Direttore Procuratore Amministrativo Stefano Granata per la DEICHMANN Calzature Srl hanno siglato un importante accordo di collaborazione presso la sede della Deichmann a Milano. LA PREGHIERA Arcivescovo Giovan Battista Pichieri Preghiera a S. Paolo Apostolo San Paolo, apostolo delle genti, testimone della carità chiamato dal Risorto sulla via di Damasco ottienici dalla Santissima Trinità il coraggio di annunciare il Vangelo. Ad imitazione delle Chiese da te evangelizzate: Corinto, Galazia, Efeso, Filippi, Colossi, Tessalonica, Roma vogliamo essere anche noi sul nostro territorio diocesano Chiesa missionaria, casa di speranza aperta a tutti; Chiesa che diffonde il buon profumo di Cristo; Chiesa dal volto più bello e amorevole. San Paolo, innamorato di Cristo e della Chiesa, tienici uniti perché il Mistero generi in noi l’Amore. Docili all’azione dello Spirito Santo, vogliamo anche noi poter dire con te: “sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20). San Paolo apostolo, prega per noi.